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Mostrando i contenuti con la più alta reputazione il 11/11/2018 in tutte le sezioni

  1. Condivido il giudizio espresso già da molti sulla storia. Una delle migliori di Boselli e anche dell'intera saga. Non ripeto, pertanto, gli apprezzamenti, che devono intendersi pienamente condivisi. Sottolineo, solamente, per amor di discussione e non di polemica, ciò che mi differenzia da alcune delle principali analisi prima espresse. Affermare, in modo tranchant, che con questa storia risalta una volta di più la sostanziale ingiustizia del sistema statunitense di fine ottocento (alludendo, in realtà all'intero arco della repubblica a stelle e strisce) significa attribuire a Boselli ciò che Boselli sicuramente non ha inteso affermare, oltre che dare una lettura della storia buona per pamphlet da Editori Riuniti anni '70. L'epoca e i luoghi delle gesta di Tex vedono, senza dubbio, i nativi in posizione di sconfitti (confinati in riserve), ma se da ciò si vogliono trarre giudizi sugli usa, del tempo, allora va aggiunto: - il sistema delle riserve avrebbe potuto essere (e a volte lo fu davvero), il modo meno cruento e, tutto sommato, rispettoso delle "culture" native, per risolvere il conflitto tra mondi incompatibili (piccola notazione marginale: chissà perché molti di quelli che si commuovono al pensiero della perdita delle tradizioni, delle identità etniche e culturali dei popoli indigeni, sono anche critici verso le tematiche identitarie oggi in voga in Europa. Mi ricorda il paradosso dell'anrtopologo, descritto da Lèvy.Strauss ne Tristi Tropici: gli antropologi sono sommamente rispettosi di ogni aspetto delle culture indigene che studiano, si ribellano alle tradizioni della civiltà in cui vivono «Spesso sovversivo tra i suoi e ribelle agli usi tradizionali, l’etnografo appare rispettoso fino al conservatorismo appena la società in questione si trova a essere diversa dalla sua». Tex non ne è affetto, certamente, egualmente pronto ad imbracciare le armi contro qualsiasi cosa senta come ingiusta, quale che ne sia il fondamento o l'origine...); - la conquista e il dominio, manu militari, dei più forti e/o intraprendenti sui più deboli e/o arretrati è una costante della storia e non è un'esclusiva dell'occidente e, tanto meno, di Usa od Europa (lo si dimentica troppo spesso, un po' come avviene quando ci si riferisce alla schiavitù, limitandosi ai circa tre secoli della tratta atlantica, scordando tutto il resto, più duraturo e ampio e, significativamente, molto, molto meno studiato...) - non va mai dimenticato che il mondo degli amerindi, sia precolombiano sia post scoperta-conquista, era tutt'altro che idilliaco e pacifico. Senza citare le aberrazioni azteche o maya, anche nelle epoche più recenti è evidente che l'suo della guerra tribale che poteva tradursi in scaramucce isolate ma anche in veri massacri o pulizie etniche era tutt'altro che sconosciuto nelle Americhe. Aggiungo che anche a me è dispiaciuto vedere sparire di scena Torrence, figura nobile ed eroica (direi con una modalità che, mutatis mutandis, abbiamo rivisto nella fine di Shane de Gli Invincibili). La figura del soldato si presta sempre, in modo particolare, alla rappresentazione di figure estreme, negative o positive, o problematiche.
    1 point
  2. La prima parte di questa storia doppia non è male e scivola via abbastanza piacevolmente, con l'ambientazione insolita che ricorda il primo Texone, un Gros-Jean in ottima forma, e diverse tavole dedicate alla descrizione del lavoro e della vita dei taglialegna che ho trovato decisamente riuscite. Nizzi non rinuncia nemmeno in questa storia all'elemento del giallo, e anzi fa della caccia all'infiltrato misterioso il perno della prima parte. Ma se "Le foreste dell'Oregon" è tutto sommato un buon primo albo, "I fucili di Shannon" è invece uno dei più penosi tra quelli che ho letto di recente. Qui Nizzi rovina tutto quanto di buono aveva costruito nella prima parte. Al di là dell'ignobile finale (di cui, come ora sappiamo, Nizzi non ha colpe), il resto è un polpettone che si trascina privo di mordente. L'identità della spia viene subito svelata con un'imbeccata senza che Tex ci metta nulla del suo, poi si continua con situazioni quasi imbarazzanti, e avversari talmente inconsistenti che Tex non ha nemmeno bisogno di sparare un solo colpo di pistola. Titolo dell'albo, poi, assolutamente incomprensibile. Insomma, una lettura ben poco appagante. Voto 5.
    1 point
  3. Deludente storia, con un finale sconcertante, Tex non sembra agire da Tex e che questo lo faccia Nizzi, che tanto ha dato alla storia del nostro Ranger, lascia ancor più l'amaro in bocca. I disegni poco più che sufficienti, con qualche personaggio troppo caricaturale. Voto 6 (stiracchiato).
    1 point
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