Può darsi che l’episodio fiume ambientato nelle amate lande canadesi, sia davvero il “canto del cigno” di Nizzi sulla saga. Da lì al suo primo congedo, storie di pari livello non ne compose più e del suo recente ritorno, ancora è troppo prematuro prevedere se il vecchio sceneggiatore potrà nuovamente avvicinarsi a una tale cifra qualitativa. Di certo “Athabasca Lake” non tiene il confronto con “Le rapide del Red River” uno dei fiori all’occhiello nel curriculum dell’autore, ma rimane comunque una più che discreta prova, concepita peraltro in un momento molto difficile dal punto di vista prettamente artistico. Dopo tanti anni fu pubblicata una vera maratona narrativa su quattro albi, ma l’ottimo soggetto e una degna sceneggiatura (non esente da lievi pecche, ma in fondo veniali) garantirono una piacevole lettura. Molto bello l’incipit, con l’ingiusta degradazione di Jim Brandon per un presunto tradimento, inventato ad hoc per toglierlo di mezzo e non intralciare una congiura di alto rango. L’arrivo dei nostri in Canada, sarà costellato da un agguato dietro l’alto; scene piacevoli ma che sanno un po’ di revival con situazioni simili del passato. Pian piano che si macinano le numerose tavole, la storia entra nel vivo, con il congiungersi di Tex e pards con Jim e “l’odissea canadese” per laghi e fiumi necessaria per l’arrivo a Ottawa, meta in cui poter smascherare i pezzi grossi alle redini della congiura e dimostrare l’innocenza del colonnello. Molto avvincente il trucchetto dell’equipaggio adottato sul lago e l’elusione dei controlli grazie al doppiofondo della barca dell’amico di Larouche. Proprio il predone fluviale convertito, rappresenta un bel personaggio, molto simpatico e funzionale nell’economia della storia. E’ vero che salta troppo presto la barricata per soldi, ma alla fine si rivela prezioso grazie ai suoi consigli e la folta schiera di amici (forse anche troppi!) che nei momenti cardine del piano aiutano moltissimo i nostri. Di contraltare alcuni avversari non vengono sfruttati e caratterizzati come si deve (vedi Larkin, attivissimo nel primo albo e poi ridotto a un fardello da trasportare su e giù per la regione) e anche Grossjean si riduce a una comparsa. Tex, Carson e Jim agiscono bene, un po’ defilati ma utili Kit e Tiger, il navajo per proferire la prima parola bisogna attendere quasi 70 pagine all’inizio. Il finale meritava più spazio e appare alquanto veloce, ma tutto sommato non inficia la prova. Ho solo trovato la soffiata del sergente Ross un po’ forzata per rivitalizzare la trama nella fase finale: che l’individuo per soldi spifferi ai villain i piani dei nostri è plausibile, ma che Tex e soci lo lascino libero di farlo dopo averglieli fatti conoscere è un’ingenuità colossale. I disegni di Fusco, giunto, mi pare, alla sua ultima prova sulla saga prima del pensionamento, si mantengono efficaci e confermano la sua grande dimestichezza negli scenari nordici della serie. Ovviamente il fisiologico calo grafico è palese ma l’esito finale è comunque di degna fattura, e conferma il grande professionismo dell’indimenticato artista ligure. Il mio voto finale è 8