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San Antonio Spurs

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Tutto il contenuto pubblicato da San Antonio Spurs

  1. Né il Morisco né il prozio di "Crisantemi", Eusebio, mi appaiono a rischio anche perché mi sa che per la serie "Lacrima, tristi" in Bonelli abbiano già dato con l'ultima uscita di Zagor. Io do per scontata solo la dipartita del gonzo messicano di guardia fuori dalla casa del Morisco/del losco inviato sul campo da Mefisto e il successivo impiego come vettore per il viaggio intitolato "Narbas is back!".
  2. Riassunto a modo mio Irrisolto il dubbio su come Mefisto e la sua band abbiano toccato terra lasciando i resti del relitto nel lago sparsi e a spargere false certezze, ecco Padma che elogia le Poste americane ritenendo un telegramma strumento migliore di informazione della sua immagine astrale. Che Tom Devlin sapeva benissimo che cosa fosse e ci piacerebbe sapere quanto sarà costato allo stato della California informare via telegrafo Tex & C. di quello che era successo. Manco il tempo di riflettere su una folgorazione (come se la caveranno gli amministratori della riserva Navajo nella normale ma ormai semestrale amministrazione, in assenza del principale azionista e dei suoi tre soci?), che la scena diventa la prigione di Yuma. Frequentata come la Bastiglia il 14 luglio 1789 (sette detenuti e quattro di quelli della nostra storia li vediamo sgranchirsi le gambe a pagina 11) ha un direttore che ha perso la testa per Lily Dickart, altra classe rispetto alle «ragazzette messicane giù al villaggio»: si suppone per un qualche “Mais oui” o “Je t’aime” infilato ogni tanto, si maligna per qualche artefizio di quelli che il pettegolezzo storico attribuì a Wallis Simpson come elemento perturbatore dell’algido Eduardo VIII. Mal gliene incolse e farà una brutta fine annunciata, poco dopo che i due fratelli Dickart si sono ritrovati, con lei imbronciata per il ritardo nella liberazione e lui che prima la prende in giro («Per curare la misteriosa forma di follia che ti affligge… La convinzione di essere la sorella di un mago tornato dalla morte Ah! Ah! Ah!». E qui Mefisto - anzi Steve, come si ostina a chiamarlo lei facendogliele girare - racconta di come in sintesi avesse cambiato vita, chiudendo nel cassetto i ricordi di Tex e dei suoi pards per dedicarsi unicamente a far soldi e a divertirsi sfruttando la Top of the Tops dei delinquenti in giro per gli States. Proprio ai suoi storici nemici non ci pensava, quando questi globetrotters arrivano a sfiorarlo a San Francisco provocandogli uno stranguglione e un ritorno alle antiche passioni: catturarli un po’ alla volta e poi anticipare di un secolo abbondante il canaro della Magliana, anche per dare una mano a Cretinetti Yama, che è pur sempre suo figlio anche se è evidente che come tutti i maschi deve aver preso dalla mamma. Gli scazzi fra fratelli continueranno lungo tutto il viaggio, con Lily che soffre il mal di mare e si deve sentire presa per i fondelli quando approda nell’isola misteriosa dopo che il fratello le ha promesso qualcosa di meglio di Parigi. Là vivono i Komkaak, gli Hualpai del terzo millennio ma con facce meno truci e senza bonghi (dunque non possono suonare la canzoni di Battisti per le turiste davanti ai falò, la sera, sulla spiaggia) e Lily incontra Ruth in una scena da Eva contro Eva: «Sono certo che diventeremo amiche», «Mmm… sicuro! - ribatte la Dickart - Sei stata su quest’isola tutto questo tempo da sola insieme ai selvaggi, carina!» e immaginiamo il tono di voce della doppiatrice di Marlene Dietrich mascherata in “Testimone d’accusa” («Un bacetto, cocco?»). L’ipotesi che le due finiscano con lo strapparsi i capelli non è quotata dai bookmakers del Regno Unito. Nel frattempo arriva il nipotino Blacky («Puoi chiamarmi Yama, zia Lily», che è come chiamarsi Reginaldo e presentarsi come Macho 23), odore di the e biscotti la domenica pomeriggio guardando i cartoni animati di Gustavo. Piccolo spazio per una scena di razzismo e con il tasto Rewind la linea torna al pokerissimo dei nostri eroi, tale perché arricchito da Padma,il bisnonno del Tai Mei visto in Kill Bill. Da pagina 26 fa parte del gruppo, a pagina 29 Kit Willer lo chiama “Mister Padma”, due vignette prima di un fatto clamoroso: Tiger chiama Tex con il suo nome di battesimo, venendo meno alle consegne boselliane di riferirsi a lui solo come Aquila della Notte. Più tardi, mentre i pards mangiano e bevono e Carson vede proiettata nella vedova Morales la procace Maria Pilar della sua gioventù (Magazine n.1), il santone digiuna e prova un primo viaggio extracorporeo, fallito il quale loda la saggezza di Tiger definito “fratello navajo”. Gli va bene il secondo tentativo. In tutti i sensi, perché serve ad avvertire il Morisco del loro appropinquarsi all’ora di cena. Si ignora se nel contatto sia compresa anche la condivisione del menu che però viene affidato ad Eusebio e che annaffiato dal consueto Sangre de Toro viene gradito anche da Padma: niente germogli e acqua di fonte, ci sta che ci scappi anche il caffè e l’ammazzacaffè, mentre fuori nella prateria ci sono già due scagnozzi di Mefisto (uno, in verità, l’altro è il classico sfigato di passaggio, unico a ignorare che farà la fine che merita chi si imbarca da peon in certe imprese criminose). Dopo il ruttino, Padma si prepara al secondo viaggio negli allegri luoghi del resort chiamato “2 novembre” con El Morisco, Tex e Carson assistenti ciascuno per il suo genere di saggezza. Quella di Tex «interpreta il mondo e somministra la giustizia», Padma dixit, mentre per Carson si parla in maniera fra l’inatteso e il mieloso di «Saggezza di chi vive il mondo con innocenza, senza tuttavia farsi invischiare dalla sua rete di illusioni». Kit e Tiger vanno fuori a farsi una paglia e Padma torna a canticchiare strofe in stile “Gangnam Styile di Psy, ma mentre il suo viaggio nell’aldilà fra i sette saggi di pietra e Mazinga Robot sembra concludersi con un altro fallimento ecco che riappare Narbas, il soggetto della ricerca negli abissi. Un Festival della Magia che neanche quello del circo nel principato di Monaco e l’alleanza si amplia e si rafforza, con un “ma” grande quanto il reggiseno della mamma di Blacky-Yama («La megera», secondo la cognata Lily: Narbas ha bisogno di ripercorrere il cammino inverso a quello che aveva visto Mefisto tornare dall’inferno e prendere il suo posto/il suo corpo. Così vuole la promessa che venga trovato un corpo in cui reincarnarsi. Fortunati Kit e Tiger che sono fuori a battagliare con due spie; Tex finge di guardare un quadro appeso alla parete, Carson toglie della polvere inesistente dagli stivali, El Morisco fischietta l’inno nazionale egiziano ed Eusebio invoca tutti i suoi antenati dal Big Bang in poi. Pronostico: nessuno dei buoni ammazzerà qualcuno per consentire a Narbas di rubargli anema e core, sarà uno dei ribaldi a fare da contenitore per il ritorno in vita, Pedro, dopo che la sua l’avrà persa a causa del serpentuoso compare Kino, autorizzato da Mefisto (che ha appreso della presenza di Padma) a sterminare tutti i presenti in casa. Arrivederci al prossimo numero, dove compariranno rurales ostili ed è quasi certo che Mefisto baci finalmente Ruth mentre Lily fa un pensierino a Mandip che però vive solo per Yama al quale ogni sera canta la canzone che Oronzo Canà dedicava ad Aristoteles per farlo addormentare senza saudade. Giudizio parziale, perché limitato ad un albo su quattro: ottima narrazione per numerosi personaggi che non si sovrappongono mai e che hanno ciascuno una funzione importante (a livelli diversi, ovviamente). Anche l’arrapato direttore Behan ha un suo perché, come il Pedro vittima sacrificale e il Kino ambiguo e viscido Q.B. In quanto a Yama, o per meglio dire al suo ologramma, Mefisto non perde l’occasione di ricordargli il suo status a mezza via fra il gregario e l’apprendista: «Tu fallisti dove io riuscirò». Mai un calo di tensione e presenze dei personaggi ben calibrate. Civitelli conferma la sua straordinaria poliedricità di rappresentazione sia dei volti che dei diversi ambienti e sfondi, particolarmente nella parte in notturna a casa del Morisco. Mi hanno colpito le quasi tridimensionalità dell’ultima vignetta di pagina 109 e della prima di pagina 113; e la gamma di espressioni attribuite a Carson: ultima vignetta a pagina 30 e 32, quarta a 37, ultime due a 63, quarta a 64 e 80, prime tre a 81, seconda a 85, 93 e 97, quinta a 110, quarta a 111 e terza a 112 dove però il top è la faccia sorpresa e un po’ sbigottita di Tex. Magistrale anche quella conclusiva l’albo: una porta che si apre nel buio: miglior “continua” non poteva esserci.
  3. Pagina 9, Behan a Lily: "Si dice che tuo fratello incantasse la gente con i suo sguardo". Pagina 22, Behan a Mefisto: "Fulmini! Voi siete il fratello di Lily, steve Dickart. Alias...".
  4. San Antonio Spurs

    [Color Tex N. 21] La gazza ladra

    Ohibo! Detto questo, cioè niente, passo ad una notarella: i tratti del signore e della signora Hoskins a pagina 21 mi hanno ricordato quelli del fratello e della cognata di Ethan Edwards in "Sentieri selvaggi". Laura Zuccheri ha fatto un eccellente lavoro, mostrandosi a suo agio in ogni tipo di sequenza. Il colore forse non le giova, staremo a vedere quelli del prossimo cartonato che la stessa Laura ha detto di avere appena finito e che saranno colorati da Annalisa Leoni , però viene da considerarlo importantissimo per valorizzare le scene sul Carnevale. Curiosa la sequenza del duello finale, soprattutto per l'assenza di elementi sullo sfondo, che mi ha riportato indietro a certi Tex della numerazione ancora in doppia cifra. La storia è originale, ben sviluppata e meglio gestita e non mi lamento per un presunto spazio inferiore alle attese (o ai meriti della Zuccheri) riservato al Carnevale, perché trovo che sia proposto a sufficienza e poi, e poi c'è l'inedito Tex "paterno" che predice al figliolo che la Gazza Ladra tornerà a svolazzare intorno a loro e lo fa con un sorriso furbetto, come lo era quello di Kit nell'ultima vignetta della pagina precedente sventolando la lettera ricevuta. A Manuela Montoya devono essere fischiate le orecchie: «Kit, ma che cos'ha quella buzzicona di tanto speciale?».
  5. Eccola l'emozione mai provata: arrivare in edicola e non aspettare fuori, per la prima volta. Entrare dentro e aprire con studiata (bocciato!) calma il box con le nuove uscite di oggi. tenere in mano quella copia, chiudere gli occhi, sospirare e fare quello che non facevo da mesi (c'era il sito, per le anteprime) e che non avevo mai fatto prima (ero giornalista, mica giornalaio): andare a guardare subito la copertina del prossimo numero e farlo da edicolante. Un'emozione e una vita che ti rincorre da dietro, ti raggiunge e ti sorpassa: hai in mano Tex e non c'è disco di Mike Oldfield o spiaggia di Lampedusa che tenga. Colpo di tosse, sistematina alla T Shirt e i dati che forse non tutti aspettavano ma che probabilmente a tutti interessano. Copie consegnate: 20. Copie di altre riviste Bonelli arrivate nei giorni scorsi: 10 Tex Color e 10 Tex Willer Extra, 3 Zagor e 3 Dampyr. Tanto vi dovevo, tanto lo aspettavo questo momento.
  6. Propongo una modifica riparatrice: il cambio del titolo in "Quel tronfio di Mefisto"
  7. Una definizione di "Trionfo" dalla Treccani: Nella storia dell’arte, raffigurazione pittorica o scultoria, generalmente di vaste proporzioni, a glorificazione di personaggi celebri, di santi o anche a esaltazione delle virtù, o a ricordo della morte Ecco, io sto con questo testo escluso tutto quello compreso fra "generalmente" e "virtù, o".
  8. Come nei concerti della serie Pavarotti&Friends, in effetti. Sembrano storie ad invito: entrate nel mondo di Tex, avrete il vostro quarto d'ora di notorietà (per citare Andy Warhol e continuare con i paragoni con il mondo reale). Logico che prima si pensi alla storia in cui far entrare Tex e i pards e che ci sia comunque una ricerca per proporre qualcosa di nuovo e diverso, però l'impressione condivisa è appunto quello non di una marginalità di Tex ma di una sua copresenza. Non potrebbe esistere una storia con lui in scena 98 pagine su 100 (è una cifra usata a mo' di percentuale), ma anch'io avverto un calo della sua presenza a vantaggio di personaggi che a volte non durano che lo spazio di un'avventura, un albo o anche meno.
  9. Disegni a fasi alterne, con qualche personaggio dalla figura a volte deformata e la conferma al sospetto che Freghieri avrebbe potuto dare il meglio di sé in un'ipotetica serie chiamata Texa con protagonista una procace eroina del West e le sue discinte amiche. Gli eventuali avversari, arrapati bruti con l'ormone a palla ma la lussuria frenata dalla cupidigia (prima il dovere, poi il piacere) sono comunque stati ampiamente utilizzati in questa storia. Prevedibile come il menu di una piadineria a Cesenatico, il che non significa scarsa qualità ma prodotto senza sorprese e non è che da una arzdora romagnola ci si aspetti dei nachos, vanno sempre bene prosciutto, squacquerone e rucola, ma solo quello no. Tutte le radiocronache sportive raccontano una competizione, e le parole sono sempre più o meno le stesse, ma quando Sandro Ciotti ci infilava dentro un "Ventilazione inapprezzabile" o "Risultato a occhiali" il prodotto migliorava anche se poi magari sparava un "Siamo giunti al minuto che intercorre fra il 16° e il 18°". Ho apprezzato il Tex che va a fare il bagno e quando esce scopre che gli hanno rubato il "costume", omaggio alla commedia all'italiana: da Alberto Sordi "Nando" in "Un giorno in pretura" a Fernandel "Don Camillo". Ma se non è un omaggio è uno scivolone che rivaluta il Tex sul battello in mutande di... Lo dico? Non lo dico?
  10. Una curiosità che non ricordavo: nel 1989 per Pigna uscì un Diario di Tex contenente questa storia, ma in bianco e nero e penso che questa versione - che con il senno di poi e con 50 e passa anni dopo mi piace più della versione colorata - non sia mai stata proposta altrove. P.S. Con questo intervento raggiungo il numero di albi mensili, due bis inclusi.
  11. A Mefisto poi ci vorrebbero effetti speciali e superpoteri. Magari anche la riappacificazione con un Narbas da scoprire esperto di Kamasutra. Lo so, il caldo fa di questi scherzi.
  12. Gramsci addirittura definiva il Conte "oppiaceo". E fermiamoci anche qui come per il calcio, perché è noto che Dumas si faceva aiutare da un altro scrittore Auguste Maquet - non si sa quanto, ma si sa abbastanza come - e il vaffanculo vero di Borden qui potrebbe essere in agguato anche solo per una battuta male interpretata.
  13. Io trovo bellissimo quando Nando Martellini al 3-2 in Italia-Brasile si impappina emozionato più di tutti e urla "Ed è il pareggio... Di nuovo Rossi!". Ma fermiamoci subito con il calcio, che in questo forum è più subdolo di un messicano che finge di dormire in una posada.
  14. Non svelo un segreto nel dire che come Dumas era pagato a numero di righe, così Borden guadagna un tanto a parola. Gli sceneggiatori del "Bang Bang?" Tutti ricchi di famiglia. P.S. Dumas era solito lamentarsi: «Sono uno degli uomini della nostra epoca al quale sono state contestate più cose». E scriveva di Edmond Dantes, mica di Tex Willer. Il problema è che si sarebbe potuto risolvere tutto con un "Andate affanculo", ma non si poteva.
  15. A proposito dei dialoghi, ogni giudizio dovrebbe tener conto di una peculiarità del fumetto: quella della vignetta, che è né più né meno un fermo immagine di un'azione più lunga del tempo di un singolo "scatto". La durata presunta dell'azione è determinata (o suggerita) dalla quantità di parole pronunciate, ma senza una tempistica certa. Perché ci sono frasi smorzate, con pause, con vocali magari allungate (no, non il famigerato "corsivo" idiota di questi tempi), diverse se faceti parte di una spiegazione o di un litigio. Questo lo dico senza emettere un giudizio sulla "qualità" in questo o in quell'altro albo, ma per sottolineare un impegno ben preciso per lo sceneggiatore obbligato a bilanciare il "detto" con il "visto". E' scontato valga anche per il disegnatore, che però generalmente gode di una maggiore omogeneità o al quale sono comunque permessi "stacchi" giustificati da diverse angolazioni e agevolati da piani ravvicinati. Voglio dire, facendo un esempio sportivo, se paragoniamo una sparatoria fra bande a una partita di calcio anche teletrasmessa, diversa è la visuale fra chi segue la gara allo stadio e chi a casa sua; come se l'attenzione si sposta su Carson che copre Tex noi permettiamo/sappiamo che quest'ultimo non appaia, "tagliato" da qualche scena. Dunque comprendo bene Borden quando spiega il perché di certe frasi concatenate: perché vanno considerate in un prolungamento oltre il tempo di un singolo "clic". Che poi siano meno verbose, ricordiamoci anche dei primi tempi con la presenza cospicua di didascalie, oggi praticamente assenti o comunque molto ridotte.
  16. Vuoi che non li consideri assist per parlare (bene) di David Lynch?
  17. In quasi 74 anni di Tex hai visto - in ordine sparso - Thugs, Vikinghi, Beduini, Cinesi, Maori, Orientali vari, rappresentanti di ogni popolazione precolombiana, extraterrestri, dinosauri, anaconda da far invidia a Rocco Siffredi, mutanti, zombie, rettiliani e dimentico certamente qualcos'altro (meduse, vespe e lombrichi giganti a memoria li escludo). E dopo 74 anni e 740 numerii mensili (di questa collana) scopri che Tex è (anche) questo? Secondo me, sono i 40 centesimi a darti fastidio, a 4 euro tondi avresti stabilito il primato stagionale di lancio dell'albo.
  18. Al di là vero e del verosimile c'è solo la situazione immaginaria letta di recente su Facebook: Mefisto che manda gli Hualpai a disturbare suonando i bonghetti per tutta la notte sotto le finestre dell'albergo dove pernottano i pards.
  19. San Antonio Spurs

    [Color Tex N. 21] La gazza ladra

    E noi Boomers a rimpiangere il View Master, l'Hit Organ Bontempi e i prodotti della Same Govj.
  20. Provo a tornare all'attualità.
  21. Scrivi ancora con il T9?
  22. Opinione interessante, per un particolare che meriterebbe approfondimenti. Detto da un ignorante in materia, premessa scontata, ma rapito dalla bravura di Civ.
  23. Discutibile. Nonostante la pronta risposta di Borden, più di aggiunta che di completamento, più optional che dotazione necessaria. Comprensibile, tuttavia, se intenzionato a soddisfare la curiosità di eventuali, nuovi lettori o ad ovviare alla senescenza di altri, ma allora perché in precedenza buttare nella mischia le visioni contemporanee dei tanti Mefisto che furono? O per meglio dire: dei vari Mefisto che abbiamo conosciuto? Un ripasso per Tex? Un atto di masochismo di Mefisto per la serie "Anch'io sono stato giovane e poi, sì, non ho usato creme antirughe e anticellulite"?
  24. Facciamo mestieri diversi, intendo noi e loro, la perplessità la condivido.
  25. Sono cose diverse: possibilità, opportunità, volontà. Io 'sta gran voglia di precipitarmi a commentare non l'ho mai avuta e alle risorse sia pure facilissime (grazie per il ripasso) continuo a preferire l'intervento successivo e detto questo mi congedo appositamente per un po' a riflettere sulla parola Tag (in tedesco, Giorno).
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