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Io e Tex

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  1. Gulliver...

    [726/727] Il pistolero vudu

    In realtà, da quanto ho compreso, i procedimenti di stampa attuali sono nel complesso meno costosi di quelli di una ventina d'anni fa, se non altro perché possono essere più precisamente modulati. Prova ne è il fatto che la soglia minima di copie sotto la quale una collana viene chiusa si è notevolmente abbassata negli anni: gli investimenti possono essere ponderati con più precisione. Dunque, i costi della materia prima e le competenze tecniche richiedono più denaro, ma il tuo ragionamento mi pare di poter dire che non è corretto.
  2. Penso intenda dire che pareggerebbe le vendite con il Tex inedito, non con le spese per mandarlo in edicola.
  3. LOL. Peccato, sarebbe stato più romantico pensare a una genesi stratificata🤣
  4. La tua ipotesi mi sembra decisamente interessante e credo vi possa essere del vero nel pensare che questa storia abbia avuto una gestione travagliata e che i due albi pubblicati ne risentano parecchio. D'altra parte, però, non risponde alle perplessità che ho esposto nella pagina precedente: fosse come dici tu, più che una storia sarebbe una situazione, senza alcuna cornice. Perché Tex e i pards si trovano in Canada con Gros-Jean sul battello? Non verrebbe detto. Perché qualcuno attacca il giovane imprenditore? Non ci sarebbe il tempo di chiarirlo. Chi lo vuole fallito? Il colpevole rimarrebbe nell'ombra fino all'epilogo, il che va bene per un racconto dalle tinte gialle ma in un western puro come questo farebbe l'effetto del segreto di pulcinella. Dunque, al di là della loro qualità specifica, le prime 46 pagine e altre sequenze successive nell'economia della storia sono utili a sostenerne l'impianto. Senza contare che, se Nizzi si fosse reso conto dell'impossibilità di confezionare un prodotto adatto al Color, già consapevole del finale troppo stringato, gli sarebbe stato più facile dilatare quello che creare dal nulla una prima parte mai prevista e che in qualche modo inquadra tutto ciò che avviene dopo. Insomma, sfruttando il tuo spunto del rimaneggiamento, mi viene più facile pensare a un soggetto nel cassetto per anni, a sequenze già sceneggiate (magari proprio la prima parte, e dal Nizzi di fascia 500), cui il Nizzi degli ultimi anni aggiunge i restanti due terzi della storia. Si ha così una lunga parte d'azione piuttosto vivace e un epilogo forzato dovuto non solo alla gabbia delle 224 tavole, ma anche alla difficoltà di tirare le fila di un soggetto già debole di suo e in più pensato una decina d'anni prima.
  5. L'impressione alla lettura dei due albi insieme è che Nizzi nello scrivere il soggetto non avesse in mente una trama, ma semplicemente una situazione. Tutto ciò che non riguarda direttamente l'odissea dell'imbarcazione tra nemici che la insidiano e rapide impreviste, infatti, ha un che di posticcio, di forzato, d'inserito attorno per puro dovere di contesto. Questo pregiudica fatalmente la lettura, anche perché non c'è equilibrio tra i tempi della storia: tanto la parte che precede il viaggio sul battello è lenta e dilatata quanto il finale che la segue pare sacrificato per le poche pagine che gli sono concesse. Il risultato è che si rimane in superficie, i membri della cricca non vengono approfonditi e il loro piano resta perlopiù abbozzato, con tutto ciò che ne consegue nella soddisfazione del lettore, che vede i protagonisti risultare vincitori sull'organizzazione in maniera troppo sbrigativa. I dialoghi in sé non mi sono dispiaciuti, al di là del veramente fastidioso riferimento a bistecche e patatine. Detto questo, il corpo centrale sull'odissea della Belle Star funziona e diverte, dunque alla fine si ha comunque la consapevolezza di aver letto una storia di Tex, seppur non brillante e anzi con varie debolezze. Testi senza infamia e senza lode, da 6,5. Un buon Mastantuono ai disegni.
  6. Gulliver...

    Claudio Nizzi

    Diciamo così: Tex alla fine vince sempre, ma, se con GB vinceva la guerra vincendo quasi sempre ogni singola battaglia, con Nolitta e il Nizzi post-crisi arriva perlopiù a vincere la guerra avendo vinto un numero spesso irrisorio di battaglie. Il rischio connesso alla loro scrittura, dunque, è dare al lettore l'idea che Tex non si sia propriamente meritato la vittoria finale, cosa che con GBonelli non succede mai, neanche nelle pochissime occasioni in cui una battaglia viene effettivamente persa (il duello con slealtà de "La sconfitta", la botta in testa in "Il grande intrigo", etc).
  7. Gulliver...

    Claudio Nizzi

    Trovo molto interessante il discorso aperto da Diablero sulle differenti generazioni di lettori e sul loro Tex di formazione. Riconosco che c’è del vero, se mi volto indietro vedo facilmente come la mia concezione dei personaggi sia stata tutta condizionata dai primi anni in cui li ho avvicinati. Ho sviluppato un approccio al fumetto Bonelli, non a ciascun personaggio in particolare ma a tutto quel mondo assieme, che poi nelle sue linee essenziali non è più cambiato. Non è tanto una questione di gusti in senso stretto - il giudizio critico con il passare del tempo ovviamente cambia - ma proprio di inquadramento ideologico. Ho avvicinato i Bonelli nel 2006, quando andavo in seconda media e poco prima di iniziare a conoscere e leggere i forum, tra cui TWO (mi chiamavo “jacopo93”). Avevo capito che mi piacevano i fumetti, dunque naturale che cercassi la miglior qualità: presto mi fu chiaro che per le serie storiche non l’avrei trovata se non nei vecchi albi e nelle ristampe. Tex fu quello cui mi fu più facile avvicinarmi, dato che mio nonno collezionava la NR, allora giunta al 160/170 e che usciva due volte al mese. Avevo solo l’imbarazzo della scelta, infatti in pochi mesi lessi pressoché tutte le storie della golden age, ricavandone una forte impronta. D’altra parte, quel Tex per me divenne sì la normalità, ma in chiaroscuro. Per la mia sensibilità di dodicenne del terzo millennio, alcuni aspetti non mi piacevano: le storie erano perlopiù troppo lunghe, i dialoghi erano verbosissimi e la grafica d’antan appesantiva. Per i numeri ex-striscia sotto il 90, con le vignette ancora più compatte, avevo un completo rigetto, non riuscii a prenderli in mano se non molto tempo dopo (questo credo tra l’altro sia alla base del mio completo disinteresse per i tremendi stravolgimenti di Tex che starebbe attuando Boselli secondo i più accesi degli sparuti forumisti di TWO rimasti gli ultimi anni). Soprattutto, raramente empatizzavo con i personaggi, mi sembrava si prendessero tutti troppo sul serio. Insomma, il Tex con cui mi sono battezzato e che amo è quello di GB, qualsiasi versione se ne distanzi per me resta apocrifa, ma non posso dire sia mai diventato il “mio” fumetto. Quell’anno, avvicinai anche il fratello western Zagor, ne lessi per un po’ l’inedito ma arrivato al 500 cifra tonda me ne allontanai senza rimpianti: incredibile a dirsi, ma che non fosse una collana in salute già mi sembrò evidente allora. I due personaggi cui più mi legai furono così quelli di cui in quel periodo iniziarono le ristampe: il Dylan Dog di Sclavi (talmente originale da non essere ripetibile) e il Mister No di Nolitta e Castelli. In particolare quest’ultimo, che di Nolitta fu la creatura a mio parere più matura e che infine mi insegnò cosa cercavo: un compromesso di genere tra spensieratezza e drammaticità, un eroe che fosse il migliore ma non il più forte, storie lunghe ma con il gusto per i ritmi rilassati. E’ dunque su queste basi, che ho riconosciuto come le mie preferenze in fatto di fumetti, che mi approccio oramai a ogni storia Bonelli, anche di Tex. Quel che mi capita, dunque, è d’adorare storie come “Giungla crudele”, pur essendo perfettamente consapevole che nulla hanno a che vedere con il Tex più puro, e d’essere singolarmente indulgente per molte scene che lettori più impostati di me giudicherebbero come grandi mancanze di rispetto al personaggio. Li capisco, mi è perfettamente chiaro come Diablero si possa sdegnare così ampiamente della produzione del secondo Nizzi (voialtri, che capite l’equazione “Tex di Nizzi” = “Tex si slaccia il cinturone”, pensate che lui sia prevenuto contro Nizzi perché a voi non sorge quello che per lui è un assoluto automatismo, cioè “Tex si slaccia il cinturone” = “Brutta storia di Tex”). Quel che importa a me però è solo di divertirmi, al di là di quale sia il logo di copertina. Quindi ecco: se non mi diverto, può essere solo perché la storia è scritta male. In quest’ottica, io credo che il Tex di Nolitta e quello del secondo (e terzo) Nizzi molto spesso siano semplicemente scritti male, cioè siano stonati rispetto al contesto. Fare un personaggio molto più fallibile del Tex di GB e inserirlo in un contesto gbonelliano può darsi sia per alcuni un errore ideologico, ma a mio parere è senz’altro e in primis un errore tecnico. Mister No ha scritto in fronte sin dall’inizio che non salverà il mondo, la gente attorno lo considera un illuso, l’impresa è disperata e le storie raccontano di come lui, eroicamente, non s’arrenda all’evidenza per un senso morale superiore: questo ha senso. Il Tex di “Caccia all’uomo” è circondato da personaggi che lo considerano un supereroe, è sempre descritto come un satanasso abituato all’impossibile, eppure alla fine non salva comunque dall’impiccagione Faccia d’angelo: questa è una presa in giro per il lettore. In storie di questo genere l’incoerenza è intrinseca, è come se il personaggio principale vivesse al di sopra delle proprie possibilità. In altre, invece, pur rimanendo la stessa impostazione ideologica “umanizzante”, mi pare che il minor eroismo di Tex sia calibrato molto meglio. In questi casi, se c’è il giusto brio, la storia non di rado mi lascia molto contento. Il Nizzi di epoca 400 secondo me nel prendere botte in testa non appare così pallone gonfiato come nella centuria successiva, è più basso profilo di quello degli anni successivi. Fateci caso: il Tex di Nizzi più fantozziano è quello che riceve le lodi più sperticate da chi gli sta attorno, quasi come se il Nizzi post-500, perso ormai completamente il polso della narrazione, cercasse di compensare con le parole quel che nella sceneggiatura non si vede nei fatti. C’è uno squilibrio evidente, che di solito è quel che fa più innervosire. Sull’unità d’azione hai ragione, Diablero, non ricordavo gli esempi che mi hai fatto e in effetti credo sia uscito qui il mio orientamento nolittiano😅 Ripensandoci, mi era già venuto in mente nei giorni scorsi l’inizio de “Gli eroi di Devil Pass”. A proposito, quell’assolutamente gbonelliano non citare Aquila della Notte se non con reverente timore da parte dei suoi navajos per tutta la prima lunghissima sequenza, tra l’altro, crea una forte suspance che è del tutto funzionale al seguito della storia. Si induce nel lettore l’attesa di un eroe che c’è, che viene prima nominato e poi quando compare mantiene le promesse. Più o meno la stessa cosa, in piccolo, capita in “Tex 500”: miti indiani, un sacrilegio da vendicare, attesa di fuoco e fiamme..poi però lì la montagna partorisce un topolino. Il contrasto è da parodia, e non ci credo propria sia voluto. P.S. Dagli appunti che presi ormai anni fa, leggo che giudicai “I predatori del Grande Nord” come la storia peggiore della fascia 300-400, di sicuro anche in proporzione alla carne al fuoco. Mi stupisce un giudizio tanto severo perché so che viene considerata molto bene dalla stragrande maggioranza dei lettori, ma la ricordo molto poco. A pelle, direi che la mia stroncatura poteva essere motivato solo dalla presenza in quantità abnorme dei difetti del Nizzi successivo. Al di là dei gusti personali, vi risulta? (Diablero, potresti rileggere questa per dare il colpo di grazia alla tua residua benevolenza verso l’autore: o la va o la spacca) P.P.S. Valerio, mi pare di capire che quel che Diablero sta riconsiderando del Nizzi pre-400 sia la qualità complessiva delle sue storie, non l'utilizzo più o meno Gbonelliano che fa di Tex e dei suoi pards. Insomma, detto alla mia maniera, il lato prettamente tecnico dei suoi lavori, non l'aspetto ideologico.
  8. Gulliver...

    Claudio Nizzi

    Ho letto con interesse tutta l’ultima decina di pagine. Da una parte dispiace vedere come i toni un po’ troppo accesi talvolta sfocino in attacchi personali, dall’altra nessun dubbio sul fatto che discussioni così sono il sale di un forum. Dall’esterno, mi sono molto divertito, forse anche perché io personalmente mi trovo in mezzo ai due grandi partiti, i pro e gli anti-Nizzi. Non credo ci sia da parlare per nessun forumista di pregiudiziali verso l’autore, perlomeno in senso spregiativo, credo però che l'approccio di Nizzi si presti ad essere di per sé divisivo. Anzi, forse è proprio per questo che Boselli lo ha fatto tornare a scrivere Tex, perché una certa fazione radicale di lettori quella chiave di lettura l'apprezza e la considera la più classica dell’epoca moderna, mentre si sente sperduta di fronte a quasi tutte le altre. Mi sembra corretto che anche questo gruppo dai gusti così conservatori venga accontentato, ogni tanto, e che la gestione di un personaggio passi dalla volontà di raccontarlo secondo approcci differenti, talvolta anche contraddittori tra loro. Per quanto mi riguarda, io credo che di Nizzi ci siano almeno tre fasi di carriera, non due. -La prima fase è quella coperta dalle copertine di Galep, diciamo, anche se credo che (generalizzando) al suo interno vi si possano distinguere altre due diverse fasi. Inizialmente, infatti, le sfumature da romanzo giallo sono tanto marcate che le storie di western hanno quasi solo la cornice: a salvarne, come storie di Tex, è il manierismo di andare a riprendere con insistenza vecchi nemici, vecchi amici, vecchie battute e vecchie trovate. E’ solo successivamente, direi dal 320 circa, che Nizzi acquista un’effettiva padronanza del genere western. Aumentano le storie con gli indiani, i nuovi nemici e si canonizza anche uno stile che guarda sì al GB dell’epoca d’oro ma insieme lo rinnova, involontariamente e probabilmente inconsapevolmente. Due differenze tra le altre, quelle che ai miei occhi più risaltano, sono la mancanza di atmosfere soprannaturali e una maggiore freschezza di sceneggiatura, che mi rende la lettura dei suoi Tex molto più leggera di quella dei Tex degli anni ’60/’70 ma ha un rovescio della medaglia nella mancanza d’epicità. Si crea, insomma, una nuova routine, uno stile neo-classico aggiornato ed efficace, con i suoi limiti ma ben nascosti. I risultati, in tutta questa fase dagli esordi al 400, sono perlopiù ottimi, in piena coerenza con i grandi risultati di Nizzi su Mister No e Nick Raider: gli anni '80 sono il culmine qualitativo dell'autore. -La seconda fase va dal ritorno di Nizzi a Tex dopo la crisi del ’93 alla tanto temuta mefistolata, che a me personalmente non dispiace ma che aprì gli occhi a molti sull’involuzione dell’autore. E’ un decennio, più o meno, caratterizzato da pochi alti, pochi bassi e molte storie mediocri. Ricordo al riguardo un commento sul vecchio forum che potrei quotare parola per parola, se ancora ci fosse: il topic credo fosse quello di commento a “Al di sopra della legge” (456/7), Tommaso forse l’autore. Vi si diceva, in sostanza, che le debolezze di quegli albi, e io direi di tutto il periodo, erano gli stessi che poi avrebbero caratterizzato il centinaio successivo, ma diversa era la capacità di nasconderli perché c’era una quota di mestiere ancora indubbio. Dunque si assiste a un impoverimento fortissimo delle soluzioni narrative, ma in costruzioni dove l’impianto generale ancora regge, la verosimiglianza rimane e le sceneggiature tappano ulteriormente le pezze. Concorreva poi a nasconderle anche una benevolenza ancora molto forte tra i lettori: Nizzi, come dicevo, fino alle delusioni del 500 e di Mefisto nelle varie fanzine online era perlopiù difeso, su UBC per dire andarono avanti a oltranza a parlare di sfida ad armi pari tra lui e Boselli, e generalmente chi si mostra critico su questo periodo lo fa a posteriori. D’altra parte, comprendo anche chi lo bocciò sin da subito, perché è qui che fa la comparsa una rilettura dell’universo texiano personalissima, che mescola a uno stile di sceneggiature che rimane ancorato a GB un concetto subdolamente filo-nolittiano (Tex e Carson diventano più fallibili che con GB, ma laddove Nolitta puntava quasi a fare degli anti-eroi organici con Nizzi si hanno solo degli eroi incapaci): le cause sono la maggior autonomia accordata a Nizzi nella casa editrice e il suo scarso feeling con Tex, l’effetto uno slittamento sempre meno silenzioso dei personaggi principali verso un sovvertimento dei loro caratteri naturali. -La terza fase è quella del definitivo declino. Non è vero, come diceva Diablero, che il Nizzi post-’93 va preso tutto insieme perché ad essere andata in crisi era la sua volontà di rispettare le caratteristiche di un personaggio che non ha mai amato sino in fondo. Nel periodo della svolta post-500 non affonda più solo Tex: l'albo unico a colori d'epilogo per Nick Raider, personaggio creato dallo stesso Nizzi quasi vent’anni prima, è stato uno dei punti più bassi del fumetto Bonelli del nuovo millennio, e lì non ci sono volontà di rispettare il canone, poca congenialità o pigrizia che tengano. L’involuzione di quest’autore è dunque deflagrante, ed è un’involuzione tutta tecnica. C’è sì la lettura personalissima del mondo texiano già proposta negli anni precedenti, e che già mandava in bestia i lettori più legati al Tex eroe di GB, ma si moltiplicano anche le incongruenze e le sceneggiature si fanno sempre più logore e banali. Solo alcune storie si salvano, soprattutto con il diradarsi delle pubblicazioni, anche se non abbastanza per pensare a un ritorno di Nizzi in pompa magna sulla scena. Contemporaneamente, dal 2002 in poi, nei forum si radicalizza il conflitto tra pro-Nizzi e pro-Boselli: quest’ultimo è in grado di proporre una versione aggiornata agli anni duemila del Tex tutto-eroe GBonelliano, che ha nell’epicità e nelle mancanze storiche di Nizzi i suoi punti di forza, l’altro invece è il paladino di quei lettori che del Tex di GB vogliono sia rispettata un’unità d’azione di sapore aristotelico e una routine seriale nelle sceneggiature cui Nizzi, effettivamente, sembra venire incontro. Il confronto, tuttavia, è bacato in partenza, perché pone a confronto un autore nel pieno del suo vigore creativo a un altro ormai irrimediabilmente sul viale del tramonto. Poiché due differenti sono alla base i modi d’intendere Tex, il confronto non trova né vincitori né vinti, nonostante lo squilibrio enorme di qualità a favore dell’attuale curatore. In ultima analisi, le valutazioni sul secondo e sul terzo Nizzi sono inficiate da uno scadimento delle sue capacità tecniche che non ci permette d’avere una visione chiara del “suo” Tex, se non a spanne. E se, purtroppo, nella vulgata il “suo” Tex rimane insolubilmente legato alle poco fortunate prove dell’autore in cui questo ci viene mostrato, a scanso di equivoci io credo davvero che nel giudicarle dal punto di vista artistico non si possa prima non chiarire in quale apprezzamento si tenga l’approccio teorico di questo Nizzi al personaggio Tex.
  9. Gulliver...

    Ho Visto Tex Su...

    Scusate ma ho qualche problema con i link all'immagine. Volevo segnalare che il grande Giovanni del trio comico ieri se n'è uscito con un video dove indossa proprio la maglietta di Tex! Tra i commenti, se si cerca bene, compare anche il messaggio di Claudio Villa. https://ibb.co/zQ1rKgP
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