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TWF - Tex Willer Forum

[Maxi Tex N. 21] Nueces Valley


natural killer
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  • 1 mese dopo...

Letto ma non digerito, mi sbilancio in una serie di considerazioni a caldo.

 

1 Una trama lineare, non evidentemente e artificiosamente arrotolata su se stessa, giova certissimamente al nostro curatore. Non manca la solita parte didascalica in cui si ricevono spiegazioni noiose e assolutamente non desiderate su come funziona il trasporto di una mandria e sulla differenza tra i famigerati Apaches e i Thurpos di Orotelli e sulla situazione politica della bassa valle del Tirso. Sarebbe stato pretendere troppo. Però la storia è avvincente è non prende all'anima, anzi, coinvolge abbondantemente.

 

2) Onestamente conoscere l'infanzia di Tex, vederlo nel pancione e bambino adolescente per me ha suonato come un qualcosa di posticcio e inserito a posteriori, non mi è suonato naturale affatto, e vederlo con l'eterno ritorno del Jim che gli fa da balia conferma la mia ipotesi che Boselli si piace e si esalta quando l'eroe è un altro. Poco da fare, se scrivesse liberi sarebbe un dio. Insomma preferivo che questa parte di Tex rimanesse indeterminata piuttosto che svelata in una sorta di Okhlaoma, un libero su Tex.

 

3) devo dire che la storia è scritta, concepita e disegnata molto bene. Innegabilmente c'è quel tanto di politicamente scorretto, dal grido "carboncino" alla sgualdrina spogliata e gettata in acqua da renderla saporita e l'azione è quella giusta.  Singolare, corale, imprevedibile, movimentata e senza dubbio degna di una banda di scavezzacolli.

 

4) La parte finale è quella meno convincente, e forse è un bene, perché i finali non erano il punto di forza del Tex di un tempo.

 

5) Anche io ho notato una certa assonanza più generale di quanto ho asserito poc'anzi con il maxi di Berardi, mi riservo di rileggerle entrambe per capire perché.

 

Insomma mi è piaciuta, bella, ben scritta e ben disegnata.

 

 

 

 

Modificato da Wasted Years
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Ma insomma...

Lo scrittore ti manda un suo libro autografato con dedica e tu ci fai una recensione!

Appendilo sul muro e falla finita! (il corniciaio dovrà farla piuttosto spessa quella cornice!)

Di sicuro non ne riceverai più.

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1 ora fa, Dix Leroy dice:

Ma insomma...

Lo scrittore ti manda un suo libro autografato con dedica e tu ci fai una recensione!

Appendilo sul muro e falla finita! (il corniciaio dovrà farla piuttosto spessa quella cornice!)

Di sicuro non ne riceverai più.

Bah, Boselli è stato carinissimo, seriamente, e so che si è divertito molto a scoprire che sono incorreggibile, nel tuo caso, spalanca gli auricolari: Prrrrrrrrrrrrrrrrrr. Wasted years recensisce anche i baci, ragazze diffidate.

Riporto dallo shout

Ess, manco avessi recensito negativamente la Gioconda. Mi sono divertito a fare un pezzo dei miei.Se fossi stato il rompi che ero non avrei agito così. E  poi la differenza tra i sioux e i merdules di ottana me la voglio leggere in un albo comprato con i miei soldie e comunque nueces valley è un bel leggere.contenti? Mi ricorda addirittura Nolitta chè Boselli ce l'ha quel tocco.

mi complimento con l'autore.
è il miglior albo di Tex che vorrei non fosse mai stato scritto
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Ah, quello lo seguivo sempre per radio, quando c'era 610.

Ma tu non sai di cosa sto parlando io :P

Lillo & Greg apparirono come "guest stars" bel radiodramma "Tex contro Mefisto",

adattamento radiofonico della storia che parte dal 501.

(Tex era interpretato da Francesco Pannofino)

Loro fanno due sgherri che fanno una brutta fine, e la loro voce si riconosce subito.

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  • 8 mesi dopo...

Nueces Valley, un anno dopo

 

Queste righe avrei dovuto scriverle esattamente un anno fa, quando “Nueces Valley” uscì in edicola, un po’ di soppiatto, nella collana “Maxi”. Cercherò, per quanto possibile, dopo tutto questo tempo, di restituire alle mie parole l’entusiasmo e perfino la commozione che questo albo mi ha dato.

Inizio col dire che aspettavo questa storia con enorme interesse. Era la nascita di Tex, qualcosa a cui non avrei mai pensato di assistere. Ho seguito sui forum dedicati ogni notizia e piccola anticipazione riguardo l’albo. Non conoscevo bene Pasquale Del Vecchio e mi chiedevo se i suoi disegni sarebbero stati all’altezza di un’uscita così prestigiosa. Le preview facevano ben sperare, però, e io contavo i giorni come quando ero un ragazzino e attendevo con ansia l’ultimo album del mio gruppo rock preferito.

La mattina del 6 ottobre 2017 mi recai in edicola più presto del solito e provai subito una grandissima emozione nel tenere quel “librotto” storico tra le mani. Penso di non esagerare se dico che in tutta la mia vita di lettore di Tex nessun albo è stato così lungamente atteso e pregustato. In seguito, solo “The Love Bunglers”, di Jaime Hernandez,, mi farà provare dei sentimenti fortissimi, pur per ragioni completamente diverse.

Le origini di Tex sembravano scritte una volta e per sempre nel “Passato di Tex”, una storia a cui ero legato da quand’ero ragazzino e che conoscevo a memoria per averla letta e riletta un’infinità di volte. Ma adesso c’era un “prima” che contava di andare molto indietro agli eventi del Tex ventenne. Non stavo davvero nella pelle e di ritorno a casa – approfittando di una mattinata libera – mi apprestai alla lettura intimidito e ancora incredulo per ciò che avevo tra le mani. Le prime pagine, con un’introduzione apposita di Mauro Boselli e gli schizzi preparatori di Del Vecchio furono già un ottimo biglietto da visita. Avevo troppa voglia di leggere la storia, ma mi costrinsi ad aspettare ancora un po’ e non saltai alcuna pagina. Il Tex giovane di Del Vecchio, ritratto a pag. 11, era straordinario. Tutte le illustrazioni erano belle, ma principalmente quel primo piano di Tex, sul quale mi soffermai più e più volte gongolando: “Ci siamo! E’ fatta! E’ lui! Sììì... grande!!”. E seguivano le pose di Ken Willer, ritratto in apertura a pag. 5, gli studi su Mae e gli altri personaggi. L’introduzione di Boselli era puntuale ed esaustiva. Le note storiche sullo scenario geografico che doveva fare da sfondo all’infanzia di Tex erano estremamente coinvolgenti. Non più un anonimo nome sperduto nel territorio del Texas, ma una storia nella storia tratteggiata con pennellate vivide che lasciavano presagire una lettura assolutamente speciale, indimenticabile. Ero lì, seduto nel salotto della mia casa, con una mattinata a disposizione ed un albo epocale tra le mani. “Non ci posso credere, ma sta avvenendo…”, dicevo tra me e me. “Sto leggendo l’inizio di tutto…”.

Repubblica del Texas, 1838. Si apre come un grande classico d’avventura western. Gli esploratori e i pionieri da cui partì la nostra Grande Epopea. Sapevo di Jim Bridges e del suo ruolo nella storia. Mi piacque tantissimo trovare in Tex un periodo storico della Frontiera antecedente a quello abitualmente trattato. Mi vennero in mente alcune belle pagine del capolavoro di Gino D’Antonio. Fino a pag. 59, dove Tex appare per la prima volta nel pancione della mamma, l’albo scorre via e avvince in maniera davvero sorprendente, grazie ad una sceneggiatura perfetta, classica com’era giusto che fosse un western atemporale, in grado di collocarsi nei quasi settecento numeri di Tex senza smuovere né stravolge nulla ma al tempo stesso dare ragione di tutto. Capolavoro. Sto leggendo un vero gioiellino, va tutto bene, tutto bene… I disegni di Del Vecchio sono davvero spettacolari. Tratto pulito e altamente descrittivo, rappresentano un punto di congiunzione tra Civitelli e Villa, forse i due artisti a cui sono maggiormente legato. Claudio Villa, in verità mi aveva un po’ deluso per una copertina che finora rappresentava l’unica pecca, non essendo a mio parere particolarmente curata né evocativa (molto migliore, a confronto, quella che l’Autore realizzerà per la riedizione in volume successivamente data alle stampe).

Ken e Mae Willer funzionano alla perfezione. Fino ad allora mi ero sempre immaginato Ken Willer come un uomo anziano con i baffi bianchi, perché in genere le figure maschili di Galep quando raggiungevano una certa età portavano i baffi (più di rado la barba).  Questo Ken giovane assomigliava molto a Tex, come in effetti avrebbe dovuto essere, un Tex coraggioso ma anche saggio e di un’alta caratura morale. Grazie anche alla matita di Del Vecchio ho ritrovato nella fisionomia di Ken Willer quella fermezza di posizioni e quell’idealismo che caratterizzerà il Tex adulto. Ken è più pacato di Tex, e in questo Sam gli è più vicino, ma sul piano dei valori e dei convincimenti, tutto ciò che sappiamo di Tex appartiene a Ken e da lui gli è tramandato. La dolcezza di Mae la ritrovo invece in qualche tratto un po’ “femmineo” del giovane Kit, i cui tratti somatici rimandano a lei ancor più che alla madre navajo Lilyth.

Ci sono delle pagine di quest’albo che sono davvero meravigliose. La tavola n. 65, che ci presenta Tex e Sam bimbetti al funerale della madre. Caratterizzazione assolutamente azzeccata. E poi la n. 93 con un giovanissimo Tex addormentatosi nel suo primo turno di notte con un piatto (di fagioli?) sul petto. Sembra davvero di assistere ad uno di quei vecchi e indimenticati film con James Stewart o John Wayne. E’ tutto perfetto, sceneggiatura e disegni si accompagnano alle perfezione e io mi fermo ogni tanto sprizzando felicità per quest’opera così convincente.

L’albo si divide narrativamente in tre parti. La prima, che occupa la metà dell’albo, riguarda Tex bambino ed è a mio pare la più riuscita, per la quale mi sentirei di dare un “dieci più” tanto è perfetta in ogni sua angolazione. La seconda parte, che occupa due terzi del restante albo vede invece Tex adolescente, un Tex alle prime armi e per questo ancora capace di errori, come poi il figlio Kit. Questa parte è molto interessante per gli sviluppi che potrebbe avere in futuro, in quanto vi appaiono dei personaggi che rappresentano una prima versione dei “quattro pards” a cui siamo abituati tutt’ora. E’ una parte più abbozzata in cui solo Damned Dick appare caratterizzato compiutamente.  Hutch e Rod sono invece meno delineati e servono al momento solo per arricchire lo scenario dell’adolescenza di Tex.

La terza e ultima parte vede salire in cattedra Jim Bridges quando l’azione si sposta al tempo corrente. Ad una prima lettura ho ritenuto questa la parte più debole e ha un po’ smorzato l’entusiasmo provato in precedenza. Tuttavia ad un esame più approfondito quelle pagine finali, talvolta un po’ inverosimili per l’età avanzata del personaggio, danno insieme compiutezza ad un’opera che vede nella “Nueces Valley” appunto, ovvero in uno scenario storico-geografico e nella schiatta di pionieri che lo popola, il suo reale ed autentico protagonista. Jim Bridges a cui Tex concede l’onore di chiudere la storia e di rappresentare l’epopea del West dà a mio avviso la cifra di un eroe che è leggenda sì, eppure “suo malgrado”. Il Tex che fa un passo indietro nei confronti del più anziano eroe e mito d’infanzia, è in fondo ciò che realmente vuol essere: un uomo caratterizzato da un alto senso del dovere e della giustizia, ma anche una figura schiva che non ama mettersi in mostra e parlare di sé. Ecco perché la storia della sua infanzia viene narrata a corollario di un’impresa più nobile e seria. C’è Jim Bridges a cui bisogna dare una mano e a lui, al Vero Eroe del West, è dedicata la ballata di Johnny Horton. In questo non prendersi tutta la scena, nel fare un passo indietro quando occorre, nell’essere (forse) un eroe con “e” minuscola, ovvero senza la consapevolezza di esserlo e la tracotanza che ciò spesso comporta, c’è il Tex che io sento più vicino. Che stimo e che vorrei avere come amico. A Boselli e Del Vecchio il voto più alto per una delle storie più belle. Sicuramente la più importante e difficile e quella che, personalmente, porto oggi nel cuore. (Voto 10)

Modificato da Texan
  • +1 2
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  • 3 settimane dopo...

Bellissimo Maxi! E aggiungo, finalmente!

Solitamente mi intrigano tutte le storie ambientate nel passato e che svelano un pezzetto di vita, giovanile o no, vissuta dal protagonista. Se poi la stessa è anche avvincente come questa,
un minuto di applausi.

Sembra di leggere una storia di GLB, scritta con i suoi tempi e
con il suo linguaggio.

Perfetta costruzione della famiglia del futuro ranger il cui padre non poteva non essere così carismatico. Il fratello mantiene il carattere già delineato dal suo creatore. Giusto, invece, non svelare di più sulla mamma se non quello che si vede o si intuisce.
Mi è piaciuto, inoltre, il riferimento a Davis, personaggio, ricordiamolo, creato da Nizzi.

Se può servire, esorto Boselli a regalarci qualche altra perla come questa e come l'ultimo Texone, che riempiano i numerosi buchi della vita di Tex. Mi aspetto, tra l'altro, forse nella collana Magazine, un approfondimento dell'avventura vissuta con
Carson, appena accennata da Bridger.

Molto azzeccati i disegni di Del Vecchio raffiguranti Tex giovane e famiglia. Mi piace un po' meno quando raffigura il Tex attuale, mentre sono sempre ottimi gli altri tre padre.
Voto alla storia: 8,8

Voto ai disegni: 8,5

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  • 1 anno dopo...

A distanza di due anni, ho riletto questo romanzo di formazione. Un'opera che è un purissimo condensato di western e al contempo la premessa perfetta della vita del Tex che conosciamo. Non voglio aggiungere nulla a quanto già detto nei precedenti post, il grosso dei quali ispiratissimi dall'eccelsa qualità della storia che commentano, se non una segnalazione di un errorino e una richiesta per Borden:

 

L'ERRORE: a pag.37, il Maggiore dice di aver combattuto gli Shawnee sotto il generale Tippecanoe. Ma Tippecanoe è il nome del luogo della battaglia, non del generale che la combatté. La Storia del West, lettura di questi mesi, docet  :D

 

LA RICHIESTA: a pag.233, Jim Bridger rievoca uno scontro, avvenuto nel '66, che lo stesso Jim combatté contro una dozzina abbondante di avversari affiancato da un giovane Carson: vedremo mai questa storia?

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<span style="color:red;">11 minuti fa</span>, Leo dice:

L'ERRORE: a pag.37, il Maggiore dice di aver combattuto gli Shawnee sotto il generale Tippecanoe. Ma Tippecanoe è il nome del luogo della battaglia, non del generale che la combatté. La Storia del West, lettura di questi mesi, docet  :D

 

Ne abbiamo già parlato: dopo la omonima battaglia il Generale e futuro Presidente degli Stati Uniti per un mese William Henry Harrison si guadagnò il soprannome di Vecchio Tippecanoe. Nessun errore quindi.

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13 minuti fa, Leo dice:

A distanza di due anni, ho riletto questo romanzo di formazione. Un'opera che è un purissimo condensato di western e al contempo la premessa perfetta della vita del Tex che conosciamo. Non voglio aggiungere nulla a quanto già detto nei precedenti post, il grosso dei quali ispiratissimi dall'eccelsa qualità della storia che commentano, se non una segnalazione di un errorino e una richiesta per Borden:

 

L'ERRORE: a pag.37, il Maggiore dice di aver combattuto gli Shawnee sotto il generale Tippecanoe. Ma Tippecanoe è il nome del luogo della battaglia, non del generale che la combatté. La Storia del West, lettura di questi mesi, docet  :D

 

 

 

Ti  sbagli, saputello. :PVenne chiamato da tutti Tippecanoe in onore della battaglia!

 

Toh, Monni mi ha preceduto di un secondo scarso.

Modificato da borden
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<span style="color:red;">8 minuti fa</span>, borden dice:

Ti  sbagli, saputello. :PVenne chiamato da tutti Tippecanoe in onore della battaglia!

 

Toh, Monni mi ha preceduto di un secondo scarso.

 

Ok ok ammetto volentieri la mia faciloneria. E alla mia domanda, non c'è risposta?  ;)

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  • 1 anno dopo...

Quando mi capita di riprendere in mano le storie di GL Bonelli o Nizzi, belle o brutte che siano, il mio giudizio, rispetto alla prima volta che le avevo lette, di solito non cambia: se mi erano piaciute continuano a piacermi, se mi avevano deluso continuano a deludermi. Con quelle di Nolitta, invece, il ricordo che ne avevo risulta migliore di come mi appaiono adesso; cioè, con poche eccezioni, ora trovo che siano meno interessanti di come mi erano sembrate all’inizio.

Le storie di Boselli, all’opposto, più le rileggo più le apprezzo. Non solo quelle belle, anche le meno riuscite a una seconda rilettura si rivelano comunque migliori. Probabilmente perché sono avventure più complesse, con più personaggi e più sfumature, che si colgono e si apprezzano meglio con calma e più attenzione nelle riletture.

 

Tutta ‘sta premessa per dire alla fine una cosa semplice: “Nueces Valley” mi era piaciuta un sacco la prima volta e mi piace ancora di più oggi che l’ho ripresa in mano. Indubbiamente se facessi il gioco della mia classifica personale scoprirei che ha guadagnato molte posizioni, piazzandosi ora tra i posti più alti di tutta la saga settantennale di Tex (ma non riesco a buttare giù una mia classifica dettagliata, troppo difficile).

 

In questa storia troviamo le età della vita: l’infanzia e la prima giovinezza (Tex), la maturità (Ken Willer, Jim Bridger, Tex attuale) e la vecchiaia (Jim Bridger). Poi c’è la morte (Mae), purtroppo prematura.

 

Una storia di rapporti umani, di amore coniugale, di genitori e figli, di “maestri” e "allievi", ma soprattutto di amici.

La terza parte con Jim Bridger ottantenne non è un’appendice inutile, è la chiusura del cerchio (la vecchiaia, come detto), ma anche il ritorno dell’amico (Tex) che deve ripagare il suo debito di riconoscenza, perché l’essenza dell’amicizia - continua a dirci Boselli nelle sue storie - è non dimenticarsi degli amici col passare del tempo (come purtroppo accade spesso) e riconoscere che abbiamo nei loro confronti un debito di riconoscenza, se vera amicizia è stata.

 

Molti i momenti memorabili, troppi. Provo a segnalare alcune tra le pagine più riuscite (dal Maxi del 2017).

(E un grazie a Pasquale Del Vecchio!!)

-          pag. 21  Jim Bridger che cavalca da solo nella prateria assolata verso il tramonto

-          p. 62  Mae che si tocca il pancione e dice: “Nascerà in maggio”

-          p. 65  i visi di Tex e Sam al funerale della madre

-          p. 73  Gunny Bill che dice che all’occorrenza lui fa anche da madre

-          p. 93  Tex undicenne che si addormenta mentre mangia i fagioli, dopo il primo giorno dietro la mandria

-          p. 112  il primo scontro a fuoco di Tex ragazzino, a cavallo dietro Jim Bridger, che gli evita di cadere

-          p. 128  Ken Willer che dà lezioni di antirazzismo

-          p. 137  Ken Willer sulla tomba della moglie a raccontarle come crescono i figli

-          p. 141  Tex a 17 anni che sembra nato con la pistola in pugno

-          p. 179  San Francisco

-          p. 218  la ragazza che voleva incastrare Tex e gli amici gettata nella baia

-          p. 225  il vecchio Jim Bridger che si fa rispettare

-          p. 231  Tex che gli dice: “Non sono più un ragazzo da un pezzo”

-          p. 265  la ballata a suon di pugni di Jim Bridger, che a 80 anni non è ancora finito

-       p. 270 (l’ultima, la più toccante) il viso di Mae, con un velo di tristezza, che chiede: “Ma in quella terra           selvaggia, come crescerà nostro figlio?"

            Poi i pionieri in marcia...

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E dopo i tanti elogi che ho fatto nel post precedente, ora qualche critica.

Il difetto principale di Boselli, secondo me, sono i dialoghi troppo lunghi e non sempre necessari, scritti o per paura che il lettore non capisca o per ansia di voler dire tutto (un po’ la sindrome del “secchione”, che a una semplice domanda del prof si sente in dovere di riassumere tutto il libro!).

 

Naturalmente non mi riferisco agli ottimi dialoghi che permettono di mettere in luce il carattere dei personaggi, le sfumature della loro psicologia o il contesto in cui si muovono, che sono fondamentali e interessanti, e anzi fanno spesso la differenza se confrontati con le sceneggiature più “piatte” di altri autori.

Parlo di quei dialoghi che rallentano l’azione e appesantiscono inutilmente la lettura.

 

Un esempio: nello scontro iniziale tra Jim Bridger in solitaria e i Comanche (da p. 22 a p. 35 del Maxi) metà dei baloons con i pensieri del mountain man potevano, a mio parere, essere tolti e la sequenza avrebbe funzionato bene lo stesso, anzi anche meglio.

A p. 23 Jim pensa, osservando i nemici di nascosto: “Il tipo sta senza dubbio spiegando al leader che ha visto le tracce dei carri! Vuole convincerlo ad attaccare i pionieri.”  Frase, secondo me inutile, in quanto la situazione è abbastanza chiara al lettore senza la spiegazione. O perlomeno poteva essere riassunta in un più efficace e drammatico: “Vogliono attaccare la carovana!”

 

A p. 25 “Ora è meglio filarsela… Ma non senza recuperare il mio coltello e il suo tomahawk… costui poteva non essere solo” Anche qui i disegni di Pasquale Del Vecchio non hanno bisogno di commenti, si vede bene che Jim sta recuperando le armi.

Subito dopo: “E’ improbabile che quel guerriero fosse l’unico a pattugliare i dintorni nel campo…”

Frase totalmente inutile, è stato appena detto che probabilmente il guerriero non era solo.

 

A p. 28 scontro a fuoco coi Comanche e Jim si rivolge al cavallo: “Magari a te non dispiacerebbe cambiare padrone e diventare uno di quei cavalli dipinti dei Quahadi Comanche…” Frase inutile. Ma ancora meno interessante quella dopo: “Sappi però che avresti vita breve. I comanche sono eccellenti cavalieri, ma padroni spietati”.

Ecco questa è quello che dicevo prima, la sindrome di chi deve raccontarti a tutti i costi come vengono trattati i cavalli dai Comanche anche quando non è proprio il caso, visto che in quel momento il nostro eroe sta rischiando la pelle e a noi non interessa una cippa dei loro cavalli!

 

Insomma di ballons da togliere per rendere più fluida e tesa l’azione ce ne sarebbero parecchi, secondo me (ballons che tra l’altro libererebbero spazio per gli ottimi disegni).

Infine, l’ultima osservazione: a p. 26 Jim urla ai Comanche: “Quel cavallo è mio, razza di bricconi!”

Ecco, non dico di usare il linguaggio scurrile della serie “Deadwood DicK”, tipo "figli di p...", ma anche “razza di bricconi” non mi sembra proprio il massimo dell’efficacia. Un po’ troppo vintage, diciamo.:furiosi75:

Modificato da Poe
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