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TWF - Tex Willer Forum

[691/692] Cuore Apache


Messaggi consigliati/raccomandati

<span style="color:red;">10 ore fa</span>, ymalpas dice:

Non penso che le storie in 220 tavole nascano dal fatto che si tema che lettori occasional siano abituati a letture "all at once". O almeno non solo da quello. Più che altro  è una questione redazionale, incastrare storie comporta molto lavoro in più e poi non sempre i disegnatori, con la loro lentezza, aiutano.

 

Se una storia di due albi ha una conclusione che va oltre le 220 pagine, mettiamo occupi le 10 prime pagine del terzo albo, se la storia è valida, il lettore sarà obbligato a comprare  un albo in più per poter leggere la conclusione anche se magari non era interessato a farlo per i più svariati motivi (per esempio nuova storia con i disegni di Font o Ginosatis). Una delle regole d'oro del feuilleton ottocentesco  pubblicato nei quotidiani a puntate era proprio quello di rimandare al giorno dopo la conclusione della vicenda creando e alimentando continuamente la suspence. Questo artificio si nota anche nelle primissime storie di Tex a striscia, dove l'interesse dell'editore e di GL Bonelli è di assicurarsi in primo luogo che il lettore compri la settimana dopo la nuova striscia. Nel nuovo Tex Magazine che come forum pubblicheremo alla fine della settimana, c'è un artciolo che ti spiega per filo e per segno come GL Bonelli riusciva ad evitare, settimana dopo settimana, la fuga dei lettori, ma ben al contrario faceva si che il numerio di appassionati crescesse mano a mano che passava il tempo.

Leggerò volentieri il magazine e in particolare questo articolo. Grazie per la segnalazione!

 

Tuttavia, se da una parte c'è la capacità dell'autore nel catturare i lettori, vorrei aggiungere che il pubblico a cui GLB si rivolgeva è piuttosto diverso da quello di oggi. Complici altre forme di svago (televisione poi internet e social network),  il numero di potenziali lettori del tuo fumetto è calato negli anni e spesso la lettura è sporadica e considata di secondo piano.

 

La mia sensazione è che quell'aspetto di serialità che lavora sulla suspanse e a mantenere alto l'interesse per la puntata successiva sia oramai dominio delle serie tv e in parte di serie youtube. Io continuo a preferire il fumetto, ma credo di far parte della minoranza. Per questo ipotizzavo che il numero di occasionali o comunque con scarse conoscenze della serie costituisca una percentuale rilevante rispetto ad anni fa.

Come giustamente dici però, ci sono anche motivi tecnici che fanno preferire  un numero di pagine standard.

 

Su carta, questi aspetti sopravvivono meglio altrove come, per esempio, nei fumetti (manga) giapponesi e in alcuni comics americani. Nei primi la ricerca dello spunto che cattura per gli episodi successivi (cliffhanger) è ancora più marcata, viste le molte serializzazioni settimanali.

 

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<span style="color:red;">10 ore fa</span>, Dix Leroy dice:

Tex deve rimanere fedele a se stesso, ai suoi canoni e alle caratteristiche che sono immutabili.

Tex ormai dura da troppi anni e non può piacere per forza tutto, perché egli è mutato a seconda di cosa piaceva a chi lo realizzava.

Questa storia a me sembra di Tex perché non si può prendere un altro protagonista e fargli vivere la stessa storia: non finirebbe allo stesso modo, quindi egli è stato necessario.

Ma quelle volte che Tex arriva, fa e briga, ma chiunque (eroe ovviamente) al suo posto avrebbe fatto lo stesso,avendo ugualmente una bella storia da leggere, la buttiamo?

E' esattamente ciò che sto andando a dire da qualche giorno. Tex ha caratteristiche immutate e non soltanto è l'autore il fulcro del successo. Tex ha cambiato lettori e a cambiato società. La società odierna non è quella degli anni '50. Che sia una storia differente dal solito è indubbio, che non sia il Tex dei Bonelli è indubbio, che sia Tex leggermente più in disparte è indubbio ma è comunque una storia di Tex perchè Tex rimane il centro della storia, la chiave di volta, se avessero messo un altro personaggio sarebbe stato solo ininfluente!

Cita

Io ho letto solo una manciata di storie di Superman anni quaranta/cinquanta e continuo a ritenerle orrende, eppure adoro Superman!

Nell'ampio bacino di lettori di Tex sono ipercerto che ci siano dei casi come te con Superman! Perchè bisogna ritenersi superiore ad un altro lettore se lui preferisce le storie più moderne? Sarà un fatto di società, magari le storie più vecchie le conosce poco, magari preferisce tratti diversi da Galep, fatto sta che qualcuno che preferisce le storie moderne c'è, qualsiasi siano le motivazioni che stanno dietro a questo parere. Amen, de gustibus...

<span style="color:red;">11 ore fa</span>, Barbanera dice:

Mah,se ti può consolare frequentando questo forum ed altri simili ho capito che,seppur leggessi Tex da 27 anni,tanti aspetti del personaggio mi erano sfuggiti.il confronto mi piace,anche duro,basta sia educato.quindi tieni duro!

Penso che ci sia sempre da imparare ad ogni età.

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15 ore fa, Dix Leroy dice:

 

con la madre di Johnny (se non a mostrarci che anche gli Apaches avevano famiglie "allargate"),

e ricordavo che tra gli indiani chi aveva problemi mentali non veniva emarginato, poiché più

in contatto degli altri con il "Grande Spirito".

 

Gli uomini forse. Le donne ne dubito molto.

 

Cita

Siamo sicuri che le provviste dispensate alle riserve fossero marchiate come quelle destinate

all'esercito? A chiunque verrebbe la tentazione di non darle in beneficenza, oppure ai soldati

verrebbe il pensiero che vengano sottratte ingiustamente alle loro scorte!

 

 

Se erano provviste fornite direttamente dall'amministrazione statunitense - Dipartmento degli Affari Indiani, immagino - erano marchiate sì.

Forse non US Army (esercito) ma certo US DoIA o qualcosa del genere.

Poi chi 'comprava' al dettaglio nello store del paese comprava 'sfuso', o il commerciante disonesto trasferiva il contenuto dalle casse o dai sacchi marchiati ad altri non marchiati, od altro

Modificato da gilas2
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Per essere precisi,i la dizione corretta è B.I.A. ovvero Bureau of Indian Affairs, che dalla sua istituzioni nel 1824 sino al 1849 era parte del Dipartimento (ovveroMinistero) della Guerra  e dal 1849 è stato trasferito al Dipartimento degli Interni.

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Il Monni, giusto lei.

Non trova che il tratto di Ginosatis sia molto simile a quello di Barry Kitson?
A me lo ricorda molto anche se ho rovistato un po' le mie raccolte prima di trovare

gli albi e ricordarne il nome. D'altra parte non compro più "americanate" da parecchio tempo.

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On 11/6/2018 at 17:00, Kershaw dice:

Il finale de Le Colline dei Sioux Nizzi l'ha preso paro paro dal serial televisivo, ormai mitico, La Conquista del West, negli episodi che vedono come coprotagonista il Capo Santangkai interpretato da Ricardo Montalban.

Per quanto riguarda la storia di Cuore Apache sono d'accordo con Ymalpas e tutti coloro che l'hanno più o meno criticata. Il fatto che di regola non possa dipanarsi per più di due albi non dovrebbe essere così penalizzante per uno sceneggiatore che sappia il proprio mestiere. Io ogni volta che leggo una storia di Ruju mi chiedo quanto ne sappia sul West e se poi gli piaccia oppure no. Qui parte da un assunto che è già errato fin dalle premesse. La battaglia di Apache Pass è del luglio 1862 e Cochise è morto in riserva nel giugno del 1874. Quindi se Johnny quando l'hanno portato via aveva solo quattro anni, volendo dare per buona la presenza di Cochise, dovrebbe averne solo 16 al momento dell'azione. Inoltre la sua formazione è stata quella di un bianco per almeno 18/20 anni e quindi come è possibile che il suo sangue apache possa costituire una parte così fondamentale della sua catarsi finale? In più dopo essere stato radiato da West Point ha studiato da avvocato, non ha sentito subito il richiamo delle sue origini, quindi la sua cultura e formazione sono da uomo bianco e dovrebbero consentirgli di capire che la strada della rivolta è ormai una battaglia persa per i nativi. Meglio per tutti se si battesse contro i soprusi nelle aule di tribunale. Invece il ragazzo sceglie di tornare alle sue origini, illudendosi di poter assaltare i ranch e rubare derrate alimentari da portare nella riserva senza uccidere alcuno, quasi fosse un novello Robin Hood. Mi pare che Ruju conosca poco il popolo apache. A pag. 58 il guerriero torturato si lamenta? Ma dove lo mettiamo lo stoicismo che era proprio di tutti i nativi, ma di questi in particolare? A pag.63 Howi dice che Johnny parla la loro lingua con un accento strano. Ma come, è stato assente per vent'anni e dopo pochi giorni già si esprime con l'idioma apache? E la vecchia madre di Johnny che si para davanti a Carson esortandolo a lasciar stare il suo bambino? E Tex che le si rivolge chiamandola signora? O Johnny che la chiama buona donna? Siamo nel vecchio West o tornati ai tempi della piccola fiammiferaia? Purtroppo sono tante le mancanze per farne una buona storia. Per non parlare della partecipazione dei pards e di Cochise, ridotti alla stregua di meri comprimari, che arrivano troppo tardi per salvare Johnny. Ymalpas ha ragione nel dire che questo non è Tex. Un mio amico, che ne ha abbandonato la lettura dopo il N. 200, sostiene che quando si cerca di gonfiare la parte dei comprimari significa che non si ha più molto da dire sul character principale. Speriamo dunque che il prosieguo dell'annata ci riserbi qualcosa di meglio.

 

Quoto quasi tutto, sulla storia. Non concordo con quel tuo amico sui comprimari: i comprimari del primo Boselli, ad esempio, erano eccellenti ed erano incastonati in grandi storie. Erano credibili, avevano motivazioni concrete, verosimili, si muovevano come uomini e non marionette. Glenn Corbett, il sublime Shane, Ray Clemmons, ma anche il più recente Jethro. Se poi mi propini quest'avvocato che, sporcatasi la faccia, diventa il peggiore degli apache, il problema non è il comprimario, ma la concezione della storia in sé! 

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<span style="color:red;">9 ore fa</span>, Leo dice:

i comprimari del primo Boselli, ad esempio, erano eccellenti ed erano incastonati in grandi storie. Erano credibili, avevano motivazioni concrete, verosimili, si muovevano come uomini e non marionette. Se poi mi propini quest'avvocato che, sporcatasi la faccia, diventa il peggiore degli apache, il problema non è il comprimario, ma la concezione della storia in sé! 

Guarda che Cuore Apache è di Ruju, non di Boselli...

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  • 1 mese dopo...

Penso anch'io che la storia sia molto buona, ma presenti il fondamentale difetto di avere come vero protagonista Johnny, con Tex come mero comprimario.

 

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Storia poco più che sufficiente di un Ruju che sicuramente conosce la materia, non fa errori grossolani, però da' l'impressione di non osare, offrendo un finale amaro, ma senza pathos. A dire il vero, tutta la storia manca di pathos ed inoltre vede i due pards troppo passivi rispetto agli eventi. Ci sono, è vero, un po' di scazzottate e sparatorie che li vedono protagonisti, ma è come se fossero di contorno alla trama principale, orchestrata invece da un altro soggetto.
E dire che aveva avuto la fortuna di avere un gran disegnatore, a suo agio con il tema trattato, a cui va invece il mio plauso incondizionato.
Voto alla storia: 6,5
Voto ai disegni: 9,5

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  • 2 mesi dopo...

Concordo con chi la considera una storia inverosimile, data la formazione culturale di Johnny Wharton ed una grossa occasione mancata di sfruttare meglio le oltre 200 pagine del bravo Ginosatis

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  • 2 anni dopo...

Fa un po’ specie notare che, per il settantesimo anniversario di Tex, sulla regolare, il primo gettone di presenza dello sceneggiatore principale (nonché curatore) si ebbe solo nell’albo celebrativo a colori di settembre. Un paradosso che in effetti pesò un po’, perché è indubbio che l’assenza di Borden influì sul livello qualitativo della programmazione. Nulla togliendo a Ruju, che recitò la parte del leone nel 2018, firmando ben sette albi su nove fino a settembre, però a mio avviso le prove da lui scritte in quel periodo pagano una lieve involuzione creativa. Uno stallo d’ispirazione, forse dovuto all’incremento di scrittura, che lascia il segno in alcune trame opache e poco accattivanti. “Cuore Apache” a parer mio non è nemmeno classificabile nell’ipotetica “Zona Ruju” da me spiritosamente coniata, visto che il livello si attesta qualche gradino sotto della consueta media. L’autore fin dall’esordio ha mostrato di curare molto la caratterizzazione dei personaggi principali e specie all’inizio, questo aspetto si è notato con comprimari molto funzionali e interessanti. Anche per la prova in questione, le sue intenzioni suppongo fossero queste, ma stavolta l’esito non è affatto positivo. Il giovane apache Johnny, vero protagonista della trama, dopo una promettente premessa, scade tavola dopo tavola e a fine lettura, tirando le somme, non si può non notare una buona dose d’incoerenza nella sua caratterizzazione. Mi accodo a tutti i pareri precedenti che denotano perplessità in merito alle azioni del ragazzo, visto che davvero sembra implausibile che un rampollo allevato all’est e iscritto perfino a West point (al netto di vessazioni subite dai commilitoni per il colore della pelle che lo porteranno all’espulsione dell’accademia, ma pur sempre deciso e capace di riscattarsi con gli studi in legge), di colpo rinneghi la sua educazione e ceda a un non chiaro richiamo ancestrale che lo porta a divenire un banale predone con le pigne nel cervello. Nel primo albo, Johnny ci viene mostrato dall’autore come un ragazzo in gamba e pure l’onestà che palesa nel rifiutare la corruzione pur di aiutare i suoi fratelli rossi, depone a suo favore. Anche Tex non ha dubbi nel battezzarlo come un elemento a posto, in caso contrario non gli avrebbe offerto una tale investitura per sostituire l’ineffabile Barckley. Inaspettatamente lo scenario cambia radicalmente nel corso di poche tavole. Johnny incontrando tre teste calde apache, non si sa perché, si beve il cervello e comincia a prendere decisioni scellerate, che lo condurranno al sepolcro in maniera poco decorosa tutto sommato. Un abile stratega distintosi a West Point, come fa a credere di poter assaltare ranch in quattro gatti, solo per procurare derrate alimentari e senza spargere sangue? Davvero uno smilzo gruppetto di spelacchiati coyotes ai suoi occhi potevano rappresentare la base di una rivoluzione contro le angherie del popolo bianco? Agisce così per il legame con le sue origini? Non credo, visto la freddezza mostrata nei confronti della madre, ma dunque quale droga ha assunto Johnny per uscire così di testa? Purtroppo stavolta Ruju si è fatto prendere la mano e il suo desiderio di stupire il lettore altera la plausibilità del personaggio e ottiene l’esito opposto, visto che realmente si fa fatica a parteggiare per il giovane. Anche il finale, studiato per suscitare un forte pathos, a me appare freddo ed evidenzia la scelleratezza di Johnny che un tale epilogo se l’è cercato con fastidiosa ostinazione. Per completare il quadro della valutazione, il contributo di Tex e Carson non brilla, ma anche su questo aspetto si è già molto parlato in precedenza e non mi soffermerò più di tanto. Cochise addirittura non pervenuto, tanto valeva non tirarlo in ballo. Modesta pure la causa che dovrebbe scatenare disordine nella terra degli apache, visto che i due addetti della ferrovia ci vengono in fondo mostrati come due perfettissimi idioti, come è pure assurdo che il truffaldino mercante non sostituisca i sacchetti dell’esercito, facendosi così beccare con le mani del sacco. Altra scena che ho poco apprezzato è quella che vede Johnny sparare alle spalle del soldato in fuga e il futuro compagno di scelleratezze che si complimenta, dicendogli che diventato uno dei loro: il popolo apache è quindi riassunto con un così codardo gesto? A maggior ragione, che fine ha fatto il fiuto di Tex, visto la sua topica di valutazione? E perché i due pards non sono mai padroni della situazione, anzi vengono relegati a semplici spettatori degli eventi? Detto questo, è ovvio che stavolta reputo la prova di Ruju insufficiente, anzi son certo che se la stessa fosse stata scritta dall’ultimo Nizzi o da Faraci le imprecazioni dei fans delusi non si sarebbero contate. Da salvare solo la superba prova grafica di Ginosatis, che si conferma un gran bel disegnatore. Tratto pulito e dettagliato, con influenze classiche ma non datato. Buon bilanciamento delle vignette, discreta rappresentazione dei pards e uno stile alquanto personale e immediatamente riconoscibile. Particolare pure l’usanza di marcare i riquadri delle vignette con un pennino molto spesso, non sono tanti gli autori a farlo; nel suo caso sembra che dia più risalto e profondità alle splendide vignette. Un artista davvero dotato che merita appieno la vetrina sulla saga più famosa. Il mio voto finale 4

  • +1 1
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