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[91] Vendetta Indiana


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63 utenti hanno votato

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Non esiste regola senza eccezione, difatti anche la mia consueta ritrosia nei confronti delle storie autoconclusive brevi, viene spazzata come foglie secche al vento, dalla gemma narrativa in oggetto. Come definire "vendetta indiana"? Un cult? Una pietra miliare della saga? L'ennesima perla di Bonelli in provvidenziale stato di grazia? Non saprei dire, in caso fate voi, so solo che la lettura di questa splendida sceneggiatura lascia il segno e fa comprendere, in parte, i motivi che stanno alla base dell'immenso e longevo successo della saga. In poche pagine è condensato tutto il pensiero dell'autore: l'antimilitarismo, il rifiuto di ogni forma di razzismo, il desiderio di far trionfare la giustizia a prescindere della legge e dei regolamenti, la vendetta, anche crudele, contro la malvagità e poi il ritmo serrato, la strategia, dialoghi essenziali ed esplosivi. Tex in poche parole! Non uno sbirro giustizialista, non un facinoroso senza pietà per i marmittoni incolpevoli, ma un angelo della giustizia, spedito tra le lande selvagge del west per punire i malvagi, in barba ai regolamenti, e tutelare chi non ha colpe sebbene indossi una divisa. Il nostro eroe non ha connotazione politica alcuna, è solo un uomo giusto che si batte contro l'arroganza e le ingiustizie. Proprio per questo aspetto non cadrà mai di moda e continuerà a cavalcare spedito lungo i sentieri del successo. Chiusa la digressione, c'è da dire che lo spunto di trama è simile all'altro capolavoro "Sangue Navajo" di qualche anno prima, ma riesce comunque a farsi apprezzare, senza portare a comparare le due storie. Qui il tutto è incentrato nel piano certosino e perfetto per punire l'ottusità e l'odio del borioso colonnello Arlington. Bellissima la scena nel suo ufficio, in cui basta solo un attimo a Tex per capire di trovarsi al cospetto del consueto ufficiale con le pigne nel cervello. Il sangue degli Utes grida al cielo vendetta e Tex non si tira di certo indietro, ma per evitare il probabile bagno di sangue, dovuto all'ennesima rivolta indiana, spende tutto il suo prestigio e acume strategico, per ideare un piano di guerriglia atto a umiliare il rancoroso colonello e risparmiare i suoi commilitoni che hanno la sola colpa di eseguire ordini. Bonelli non vuole mostrarci tutte le giacche azzurre come ottusi portatori di stellette, infatti non mancano gli ufficiali che avallano i progetti del ranger, con buon senso, consci di essere sottoposti a un comandante inetto e pericoloso. In poche pagine l'autore riesce di par suo, a imbastire una sceneggiatura scoppiettante. Facendo leva sulla scarsa preparazione di Arlington, pieno di boria ma scarso di cervello, Tex lo conduce fuori pista e dopo varie peripezie, lo umilia e lo fa giustamente radiare dal comando generale. Ma il vero capolavoro è la sequenza finale con la cruda vendetta (doverosa aggiungerei) di Nashiya nei confronti dell'odioso Arlington, reo di aver trucidato il suo uomo e il suo villaggio. La vignetta finale in cui la fiera figlia di Nuvola Rossa depone lo scalpo nemico, sul tumulo funerario del marito, è pura poesia e sconfessa, a mio parere, chi sostiene che Bonelli non fosse capace di scrivere scene epiche ed emotivamente coinvolgenti. La figura di Nashiya, sebbene ai margini della vicenda, è splendida e prova quanto l'autore fosse un asso a delineare le caratterizzazioni femminili, mai banali, sempre profonde e di spessore, da qualsiasi parte di barricata fossero poste. La storia rappresenta pure il debutto di Ticci sulla saga e già solo questo basterebbe a renderla celebre. Il tratto del maestro è ancora in “costruzione”, molto giolittiano e lontano dal suo attuale stile, comunque s'intravede tutto già il suo immenso talento. Prospettive accattivanti, espressività facciali avvincenti, paesaggi mozzafiato, dinamicità all'ennesima potenza. Un predestinato che diverrà con merito la colonna portante della serie e punto di riferimento per quasi tutti i suoi giovani colleghi. Non mi dilungherò oltre, d'altronde in ogni mio commento relativo alle sue opere grafiche, non manca mai l'elogio per un maestro impareggiabile del fumetto e non occorrono altre parole per descrivere la mia immensa stima. Il mio voto finale è 10

Modificato da Condor senza meta
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13 ore fa, Condor senza meta dice:

Non esiste regola senza eccezione, difatti anche la mia consueta ritrosia nei confronti delle storie autoconclusive brevi, viene spazzata come foglie secche al vento, dalla gemma narrativa in oggetto.

 

Il bello è che quella che per te è una storia autoconclusiva e pure breve, per me e presumo per tutti quelli che erano bambini nel 1967 ed anche prima non lo è affatto. Io ricordo ancora l'emozione di aspettare una settimana  per vedere come si sarebbe conclusa la vicenda. E per la cronaca sono tante le avventure di quel periodo che hanno una lunghezza simile ma tu non ci hai fatto caso perche spalamate su due albi o addirittura tre in certi casi,

Modificato da Carlo Monni
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1 hour ago, Carlo Monni said:

 

Il bello è che quella che per te è una storia autoconclusiva e pure breve, per me e presumo per tutti quelli che erano bambini nel 1967 ed anche prima non lo è affatto. Io ricordo ancora l'emozione di aspettare una settimana  per vedere come si sarebbe conclusa la vicenda. E per la cronaca sono tante le avventure di quel periodo che hanno una lunghezza simile ma tu non ci hai fatto caso perche spalamate su due albi o addirittura tre in certi casi,

A questo proposito ho un dubbio (che potrei risolvere facilmente confrontando con le strisce originali che ho di quella storia, ma sono stratificate da decenni fra scatoloni impilati e mi ci vorrebbero ore per ritrovarle...): la storia ora proprio di quella lunghezza esatta per stare in un albo di Tex Gigante (all'epoca, cioè 376 strisce), o ne sono state tolte o aggiunte?

 

Sospetto che fosse proprio di quella lunghezza o al massimo siano state aggiunte due strisce, perchè "stranamente" la quinta striscia che la compone, "Vendetta indiana", non è dedicata completamente a quella storia, che termina prima della fine della striscia, e le ultime 26 strisce sono dedicate a "rinnegati", l'inizio della storia "la carovana dell'oro", quindi la lunghezza dovrebbe essere appunto 80x5-26=374 strisce.

 

Perché non farla direttamente di 400 strisce (5 albi completi) se non si pensava già alla pubblicazione in albo?

 

Il mio sospetto è che, visto che la serie a striscia era agli sgoccioli e che immagino che alla Bonelli si fosse già deciso da tempo che sarebbe stata chiusa, "vendetta indiana" (affidata tra l'altro ad un nuovo disegnatore esordiente) sia stata la prima storia pensata direttamente per la pubblicazione in formato "gigante"  (anche se poi, quando si passo davvero ai giganti inediti, il numero di pagine fu ridotto a 114 e "vendetta indiana" fu il penultimo albo pubblicato con il vecchio numero di pagine). Pensando che le tracce della pubblicazione "a striscia" per cui erano pensate si notano ancora per diversi albi giganti inediti, questo posticipa il momento della scrittura di "vendetta indiana" rispetto alle storie contemporanee. Insomma, sospetto che sia più contemporanea alle storie del "periodo d'oro" (che in effetti per molti inaugura) e che sia stata pubblicata prima per sfruttare gli ultimi albi con quel numero di pagine.

 

 

 

(anche perchè l'ultima striscia, "vendetta indiana", fu pubblicata nel febbraio 1967 e il primo albo di "massacro" fu pubblicato nell'ottobre 1969, e dubito che Ticci abbia impiegato 32 mesi per disegnare "massacro" che dura solo 155 pagine)

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<span style="color:red">1 ora fa</span>, Diablero dice:

A questo proposito ho un dubbio (che potrei risolvere facilmente confrontando con le strisce originali che ho di quella storia, ma sono stratificate da decenni fra scatoloni impilati e mi ci vorrebbero ore per ritrovarle...): la storia ora proprio di quella lunghezza esatta per stare in un albo di Tex Gigante (all'epoca, cioè 376 strisce), o ne sono state tolte o aggiunte?

 

Rispondo al tuo dubbio, avendo ancora una buona memoria visiva: furono aggiunte due strisce, o meglio quattro vignette che allungano, sia pure di poco, la corsa mortale del Colonnello Arlington.

 

<span style="color:red">1 ora fa</span>, Diablero dice:

Il mio sospetto è che, visto che la serie a striscia era agli sgoccioli e che immagino che alla Bonelli si fosse già deciso da tempo che sarebbe stata chiusa, "vendetta indiana" (affidata tra l'altro ad un nuovo disegnatore esordiente) sia stata la prima storia pensata direttamente per la pubblicazione in formato "gigante"

 

Io non ne sono affatto convinto. Credo che la chiusura della collana a striscia sia stata una scelta più estemporanea. Non dimenticare che praticamente tutte le storie che GL Bonelli scrive almeno sino a "Tra due bandiere"  erano state pensate per la pubblicazione a striscia. Lo si vede chiaramente dal ritmo che hanno almeno nella parte iniziale. 

La mia idea, sicuramente più romantica della tua, è che a Sergio fosse piaciuta così tanto da volerne fare un'edizione in volume ma non avendone all'epoca le risorse optò per l'albo singolo. A tale scopo sconvolse l'ordine di pubblicazione  delle ristampe e fece manipolare anche le pagine delle altre storie, facendo togliere o rimontare vignette e strisce pur di arrivare allo scopo. Nell'albo "Fuga nella notte" immediatamente precedente, l'ultimo capitolo "Una manciata di smeraldi" è lungo oltre un centinaio di strisce ma in origine era di 80. A suo tempo feci la comparazione tra le due edizioni (e prima che tu lo dica, sì: ero fatto così anche a 10 anni:lol:)e se la memoria non fa i capricci, non fu aggiunto nulla, fu tutto) un trucco di maontaggio e ingrandimenti.

 

<span style="color:red">1 ora fa</span>, Diablero dice:

(anche perchè l'ultima striscia, "vendetta indiana", fu pubblicata nel febbraio 1967 e il primo albo di "massacro" fu pubblicato nell'ottobre 1969, e dubito che Ticci abbia impiegato 32 mesi per disegnare "massacro" che dura solo 155 pagine)

No di certo. Ha realizzato anche buona parte di "Sule piste del Nord"  perché di certo non ha fatto 358 pagine in 12 mesi,

Ticci all'epoca arrivava a  stento a venti pagne al mese ed era considerato lento. Come cambiano i tempi!:laugh:

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3 hours ago, Carlo Monni said:

Rispondo al tuo dubbio, avendo ancora una buona memoria visiva: furono aggiunte due strisce, o meglio quattro vignette che allungano, sia pure di poco, la corsa mortale del Colonnello Arlington.

 

Bene! Dovevano allungarla di più, è ancora troppo corta!   :indiano:

 

3 hours ago, Carlo Monni said:

Io non ne sono affatto convinto. Credo che la chiusura della collana a striscia sia stata una scelta più estemporanea. Non dimenticare che praticamente tutte le storie che GL Bonelli scrive almeno sino a "Tra due bandiere"  erano state pensate per la pubblicazione a striscia. Lo si vede chiaramente dal ritmo che hanno almeno nella parte iniziale. 

La mia idea, sicuramente più romantica della tua, è che a Sergio fosse piaciuta così tanto da volerne fare un'edizione in volume ma non avendone all'epoca le risorse optò per l'albo singolo. A tale scopo sconvolse l'ordine di pubblicazione  delle ristampe e fece manipolare anche le pagine delle altre storie, facendo togliere o rimontare vignette e strisce pur di arrivare allo scopo. Nell'albo "Fuga nella notte" immediatamente precedente, l'ultimo capitolo "Una manciata di smeraldi" è lungo oltre un centinaio di strisce ma in origine era di 80. A suo tempo feci la comparazione tra le due edizioni (e prima che tu lo dica, sì: ero fatto così anche a 10 anni:lol:)e se la memoria non fa i capricci, non fu aggiunto nulla, fu tutto) un trucco di maontaggio e ingrandimenti.

 

Mi sa che hai ragione tu, avevo un vago ricordo (dai tempi in cui, da bambino, avevo notato per la prima volta quegli strani "allungamenti" dei disegni) che le strisce arrivassero a dopo il numero cento, ma sono andato a controllare la storia successiva di Ticci, ed ecco, a pagina 71 di "inferno a Robber City",  il segno di cambio di striscia mascherato...

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Se ci si prendel la briga di contare le strisce in "La caccia" o "El Morisco" ci si accorge che almeno all'inizio ogni 80 c'è uno stacco segno evidente che la sceneggiatura era stata pensata per gli albi a striscis.

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10 ore fa, Carlo Monni dice:

 

Il bello è che quella che per te è una storia autoconclusiva e pure breve, per me e presumo per tutti quelli che erano bambini nel 1967 ed anche prima non lo è affatto. Io ricordo ancora l'emozione di aspettare una settimana  per vedere come si sarebbe conclusa la vicenda. E per la cronaca sono tante le avventure di quel periodo che hanno una lunghezza simile ma tu non ci hai fatto caso perche spalamate su due albi o addirittura tre in certi casi,

Hai perfettamente ragione Carlo, sono consapevole che la tempistica delle storie a striscia fosse completamente differente, ma per ovvie ragioni anagrafiche, l'ho sempre letta solo nel formato gigante, di conseguenza mi viene naturale incorrere in "errore". Sul fatto che anche altre storie fossero brevi ma spalmate su più albi, ovvio che l'ho notato, ma lo stacco, quanto meno, ti costringe all'attesa e dilata i tempi di lettura. La platea di lettori di Tex è così ampia che ognuno ha avuto modo di approcciarsi alle storie di Bonelli in maniera differente: chi in diretta nel formato a strisce, chi nelle ristampe del gigante e chi nel recente formato Classic, ciò che comunque accomuna tutti è il fluire di storie davvero molto belle e avvincenti. 

 

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Beh, sui tempi di lettura bisogna ricordare che le strisce erano settimanali, quindi in realtà "vendetta indiana" uscì anche all'epoca per un solo mese. Solo che invece di leggerlo tutto in una volta te ne leggevi 26 pagine alla settimana! 

(sai che pizza con i tempi decompressi che hanno le storie Bonelli oggi...  in un albo vedresti al massimo Tex e Carson che si mangiano una bistecca! :laugh: )

 

Più in generale, leggendo Tex nei giganti si falsa la durata dei periodi della striscia...  nei primi 26 albi da 160 pagine di fumetto, pubblicavano 15 strisce ciascuno, quasi QUATTRO MESI di storie. Per quello sembrano così "frenetici" (e un po' ripetitivi) ai lettori "moderni". In soli 26 albi "bruciarono" 390 strisce, quasi 8 anni di storie, arrivando alle storie del 1956!  poi con il 27 ridussero a 128 pagine (12 albi a striscia, 3 mesi ristampati in un solo mese!)

 

(non ho mai capito perchè dal numero 47 inserirono il frontespizio, "sballando"  il rapporto albi-strisce e costringendosi ad aggiungere una striscia iniziale e una finale con riassunti e annuncio numero successivo. Comunque non cambia molto i calcoli, con 8 strisce in meno vuol dire che ogni 4 albi ne ristampi 47 invece di 48)

 

Chiaramente non poteva durare, con la serie gigante che "guadagnava" 3 anni sulle strisce ogni anno di pubblicazione, quindi nel 1964 con la serie "nebraska" si iniziano ad arruolare altri disegnatori (il primo numero della Nebraska è di Nicolò) e si cambia il formato delle strisce in un brossurato di 80 pagine. Quando questo avviene la ristampa è già al numero 45, il numero 1 della "nebraska" verrà ristampato nel 63, quindi erano già ad un solo anno e mezzo fra strisce e gigante! Se non cambiavano formato finivano le strisce in meno di 2 anni...

 

Con quel cambio di formato, la serie gigante non guadagnava terreno tanto rapidamente. Con il frontespizio ogni albi di Tex Gigante ristampava 376 strisce, 4512 in un anno, ma in 52 strisce da 80 pagine ogni anno venivano stampate 4160 strisce di Tex, quindi la serie gigante guadagnava "solo" 352 strisce all'anno, meno di un albo gigante.

 

Ecco, tutta questa pappardella (che dice cose che gran parte dei forumisti già conoscono) per spiegare una "sensazione" che avevo all'epoca: che c'è stato, prima del "periodo d'oro", un certo calo degli albi giganti, sia un po' come qualità dei disegni (con un galep sempre più affannato che doveva farsi aiutare sempre più da Gamba e altri) che come narrazione (Bonelli, avendo 80 strisce invece di 32, "allunga" un po' la narrazione che non è più così rapida, e in un albo gigante invece di ristampare 3 mesi di storie ne ristampano solo 1, quindi grosso modo solo un terzo degli eventi, e quindi i primi albi giganti che ristampano questo formato sembrano "scarsi di eventi".

 

Questo non solo falsa la "percezione" di molti sull'effettivo valore delle storie prima del numero cento, ma anche la durata temporale di questo "calo".

 

Gli albi giganti dal numero 1 al numero 62 non ristampano "poco più della metà del periodo a striscia di Tex", ne ristampano 16 anni su 19, l'85%. Ristampano 820 strisce su 973. I successivi 28 albi (fino a "fuga nella notte") ristampano solo le strisce dal 1964 al 1966, un periodo molto più breve.  Cioè, questo leggero "calo" (e parlo di "calo" solo in media con quello che è venuto prima o dopo, perchè anche in questo periodo ci sono storie bellissime come quella di Zhenda o Incubi) viene ingigantito in proporzione dal leggere la serie sugli albi giganti,

 

Per me "vendetta indiana" può benissimo rappresentare l'inizio virtuale del "periodo d'oro", quando ad un GL Bonelli che ormai ha "preso le misure" agli albi  da 80 strisce (e poco dopo non avrà più manco quelli sceneggiando direttamente per gli albi giganti), con l'arrivo di Ticci si associa un "parco disegnatori" abbastanza ampio da non dover più fare le corse facendo inchiostrare Galep da Gamba.

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Ottimo intervento @Diablero, ho trovato molto interessante la tua ricostruzione e concordo pienamente sul fatto che la storia in questione inaugura "l'età dell'oro bonelliana". Il passaggio poi al formato gigante, ha permesso all'indimenticato autore di trovare il giusto equilibrio fra intreccio e ritmo narrativo e i capitoli epici della saga abbonderanno. 

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  • 1 mese dopo...

Bellissima storia, GLB è riuscito a condensare in un albo una storia che sembra lunga almeno due. Spettacolarmente drammaticamente le prime sequenze dell'assalto delle giacche blu al campo indiano. Di Bonelli padre avevo letto solo "tra due bandiere" e leggendo i commenti sul forum riguardo il Tex Bonelliano mi aspettavo un'Aquila della Notte più istintivo, invece l'ho trovato sì deciso, ma comunque saggio e riflessivo. Il rispetto e la stima che riscuote sia fra gli indiani che fra molti membri dell'esercito fa si che sia il regista della vendetta ma raramente lo vede protagonista in prima linea. Una cosa non mi ha convinto a pieno, ossia la troppa ottusaggine del colonnello, pare anche poco probabile che non abbia nessun "leccapiedi" alle sue dipendenze.

Favorevolmente colpito dai disegni di Ticci, conoscendo solo alcune sue opere "recenti" non avrei capito che fosse lui alle matite se non leggendo i crediti. Devo dire che, con particolare riguardo ai volti, tendo adesso a preferire il primo Ticci al secondo.

Nessun commento sulle copertine letto lo speciale che raccoglie più storie. Copertina dello speciale appena sufficiente 

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  • 11 mesi dopo...

"Vendetta Indiana" è stato in assoluto il mio primo albo di Tex letto e che mi ha fatto appassionare al fumetto. Per me è una delle migliori avventure dei primi cento numeri per la sceneggiatura di Glb e i disegni del maestro Ticci. Questa storia raccoglie tutti quegli elementi che hanno reso longevo ed unico il nostro amato ranger. Tex riesce con la sua autorità e saggezza a frenare i propositi di vendetta dei suoi fratelli rossi verso le giacche azzurre che hanno distrutto il villaggio di Black Elk. Tex agisce senza perdere tempo ed affronta il borioso colonello Arlington nel suo stesso forte dandogli anche una lezione memorabile durante la notte, grazie anche all'aiuto dei soldati "mezzi ciechi e sordi". Il colonello Arlington è l'archetipo del comandante incapace, arrogante e smanioso di gloria che crede di essere un padreterno solo perché indossa una divisa. Il piano di Tex per punire l'illustre "Napoleone"è semplicemente geniale, coordina gli indiani in modo perfetto affinché si portino a spasso le truppe fino alla città morta, nel frattempo Tex distrugge una intera batteria di cannoni e con le freccie dei prodi navajos brucia Fort Lewis dimostrandosi misericordioso verso i soldati, colpevoli solo di aver obbedito degli ordini. Carson riesce a convincere il generale di Fort Garland a destituire il colonello prima che la frontiera si tinga di sangue, alla fine Arlington si renderà conto come dice Tex che a volte un pezzo di carta fa più male di una pallottola e stroncherà tutta la sua carriera. La scena finale è piena di pathos con Nashiya che vendica il suo compagno ed adesso sarà libero di correre lungo le celesti praterie.

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  • 1 anno dopo...

Sempre un piacere rileggere i grandi classici come "Vendetta indiana", prima storia disegnata da Ticci.

Interessante vedere come in sole 126 pagine GLBonelli costruisca una vicenda complessa e avvincente, con tanti personaggi ben delineati, una storia corale in cui Tex ha chiaramente il ruolo principale ma meno centrale del solito (chi pensa che le storie corali in Tex le abbia inventate Boselli dovrebbe rileggersela), perché qui viene lasciato molto spazio sia all'antagonista Arlington e ai suoi ufficiali, sia agli Utes di Delgado e Mano Rossa, così come ai Navajos e in particolare alla figlia di Nuvola Rossa (è lei che compie la vendetta nel finale, non Tex).

 

Aquila della Notte non è sempre in scena, non uccide nessuno, sfoga la sua rabbia malmenando l'ottuso comandante in una delle sue solite "visitine notturne", pianifica la guerriglia da abile stratega, distrugge l'artiglieria del nemico e spara appena qualche colpo di pistola soltanto per far fuggire i cavalli dei militari. Eppure, anche quando non c'è, la sua presenza si fa sempre sentire, tutte le azioni sono progettate da lui e tutti i discorsi importanti (per convincere gli indiani a frenare la loro giusta rabbia, o per far arrendere i militari) sono da lui pronunciati.

 

Qui Tex, oltre che stratega, è sostanzialmente un saggio, diplomatico uomo di pace (bella la scena della riunione dei capi alla Testa di Pietra): il colpevole del massacro degli Utes deve essere mandato davanti a una corte marziale, ma gli indiani non devono subire altre vittime né tantomeno deve essere sparso sangue di militari innocenti (Tex distingue sempre le colpe dei capi da quelle dei sottoposti). "Il sangue degli innocenti non dovrà ricadere su altri innocenti", dice a Nuvola Rossa che preme invece per scatenare una guerra.

Tex, insomma, agisce all'opposto dell'ottuso e criminale colonnello Arlington, che ha distrutto il villaggio di Black Elk convinto che nascondesse pericolosi ribelli, senza fare la minima distinzione tra guerrieri da una parte, e donne, anziani e bambini dall'altra.

 

Di fatto Arlington è chiaramente un ipocrita: all'inizio dice che vuole eliminare i ribelli predoni Utes che fanno scorrerie contro i ranch e i convogli, ma il suo è chiaramente un pretesto per sfogarsi contro il pacifico Black Elk e per  "spazzare l'intero villaggio dalla faccia della terra". Dopo la strage, ucciderebbe persino i prigionieri di guerra se non fosse frenato dai suoi ufficiali. E' chiaramente solo un militare borioso e criminale, incapace di vedere che le sue azioni non faranno che "far divampare un incendio che richiederebbe poi torrenti di sangue per essere spento", come dice il generale Denver (che sembra anticipare il futuro generale Davis di Nizzi) deferendolo al tribunale militare.

 

 

 

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Un episodio storico è alla base di questa avventura di Tex: il massacro dei Cheyennes di Black Kettle (Pentola nera) sul fiume Sand Creek ad opera del Colonnello John M. Chivington diventa in queste pagine il massacro degli utes di Black Elk (Cervo nero: un nome ben più ‘rappresentativo’, trattandosi di un fumetto!) sul fiume Mac Elmo Crek, ad opera del Colonnello T.H. Arlington; accadde il 29 novembre 1864. C’era davvero la bandiera americana che sventolava sul villaggio indiano e Black Kettle sopravvisse, contrariamente a quello che accade qui al capo ute, solo per morire pochi anni più tardi, in un altro massacro simile, ad opera del ‘Generale’ (in realtà Colonnello) George Armstrong Custer, sul Washita River.

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