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TWF - Tex Willer Forum

[51/53] Sangue Navajo


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Non posso fare altro che unirmi al coro entusiasto di lettori per questa storia. Vorrei aggungere una nota di valore per il simpatico giornalista Floyd

racconta senza paura la verità sull'omicidio dei Navajos; Hope e Barlow per ritorsione gli scaglieranno una folla inferocita, poi quasi lo uccidono di persona. Bonelli sceglie apposta di risparmiarlo: un personaggio così sarebbe veramente tristissimo vederlo morire
Una figura di valore, determinato ad affermare la verità e che si conquista pienamente il rispetto di Tex e anche quello del lettore.
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  • 3 mesi dopo...

Storia interessantissima che rappresenta il crocevia tra il Tex ruspante degli albori e quello più moderno che conosciamo attualmente. La sceneggiatura è molto più romanzata rispetto alle precedenti e si denota una grande cura nei dettagli, oltre a personaggi comprimari descritta con grande accuratezza. Credo che a partire da Sangue Navajo nasca l'evoluzione strutturale di Tex, con gli albi a strisce che iniziano a stare stretti. Il finale lo avrei immaginato differente con una resa dei conti con i due cattivi, ed in più avrei sceneggiato anche la degradazione ufficiale del Colonnello Elbert. Nel complesso ritengo che sia appena al di sotto del massimo che tuttavia non esito ad assegnare per quanto ha significato nella crescita futura del nostro beniamino.

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  • 1 anno dopo...

storia epica e disegni straordinari.

 

Ricordo che acquistai Sangue Navajo in un vecchio negozietto di fumetti. Avevo sette- otto anni e rimasi folgorato dalla scena iniziale quando i corpi dei giovani indiani uccisi vengono mostrati al nostro eroe.

 

Albi così hanno fatto la storia di Tex! Sui disegni del Maestro che cosa si può dire??? Unico.

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  • 9 mesi dopo...

Letta per la seconda volta a distanza di un bel po' di tempo dalla prima, posso dire che ricordavo una bella avventura : ebbene, posso dire che "Sangue Navajo" ha IMHO tutti i crismi del capolavoro. Anche limitandosi alla pura azione la storia sarebbe di ottimo livello: Tex, tostissimo, mette sotto scacco l' esercito con un capolavoro di strategia, arrivando a radere al suolo Fort Defiance ( ripagato peraltro in oro ! ) e a catturare intere guarnigioni messe poi a pascolare nella Valle Della Luna !Diversi elementi, tuttavia, fanno sè che "Sangue Navajo" abbia un valore aggiunto : si potrebbe in primis citare tutta l' attualissima riflessione sul marciume politico ( il governatore Blister che non agisce contro Hope e Barlow per motivi elettorali ) e il ruolo della stampa ( che qui rappresenta la parte 'buona' , a differenza di storie successive - di cui "Sangue Navajo" anticipa molti temi - come " In Nome Della Legge" e " Tucson! " ) . Il genio di GLB è però nel delineare le figure di Hope e Barlow, il cui atto criminale contro i giovani e innocenti navajo è totalmente privo di logica. Non sembra muoverli n° l' odio razziale ( di cui tuttavia sono affetti) n° una malvagit? profondamente insita nel loro animo : sembra si tratti proprio di quella 'banalit? del male' di cui negli stessi anni ( l' albo a striscia è del 1961 ) parla Hannah Arendt a proposito del criminale nazista Eichmann: l' uccisione dei ragazzi indiani sembra essere compiuta per noia e sembra un atto consuetudinario. L' atmosfera cupa della storia ( neppure scevra di elementi crudi , come la 'tosatura' del guerrafondaio Elbert) è tuttavia alleggerita da scene cariche di ironia ( Carson, incaricato dal comando dei rangers di fermare Tex, trova il suo pard impegnato in un ' gran consiglio di guerra' a base di poker con alcuni soldati catturati) e da buffe didascalie ( " Agile come un gattopardo, Tex si inerpica verso la sommit? degli spalti", si narra mentre Tex sta andando in 'visita di cortesia' a Fort Defiance) . Abbastanza curiosa la scena dell' incontro tra Carson - altrettanto curiosamente chiamato 'lunghi capelli d'argento' da un navajo a pag.107 di "Guerriglia" - e il comandante dei Rangers Merrival : quando quest'ultimo gli ordina di trovare Tex in quanto 'era vostro amico, e come tale forse vi dar? il tempo di parlargli, prima di tagliarvi la gola', il nostro Kit sembra essere realmente spaventato da questa eventualit? !Ottima la gestione di Kit Willer e Tiger ( che talvolta si lamenta dell' ordine di Tex di non mietere vittime tra i soldati ) , forse un po' affrettato ( come spesso accadeva nelle prime storie di GLB ) il finale. Quanto a Galep, è il solito discorso : l 'umanit? dei suoi volti e la bellezza dei suoi paesaggi lo rendono un artista insuperabile. In sintesi, IMHO:Soggetto: 10Sceneggiatura: 10Disegni: 10

 

Rileggendo questa storia oggi (complice un'influenza) ho avuto modo di fare le stesse considerazioni di Don Fabio, qui proposte in un'analisi impeccabile che ripercorre punto per punto gli aspetti salienti della trama e i punti di forza e di originalità della sceneggiatura: anch'io sono rimasto piacevolmente colpito dall'attualità di simili testi, che spaziano dalle logiche della politica (spesso marce, come in questa storia) al ruolo dei media, dalla "banalità del male" (eccellente, pard, solo questa citazione rende il tuo contributo di estremo valore) all'ironia che coinvolge soprattutto il vecchio Carson. E qui mi riallaccio ad altre considerazioni:

 

 

5) Interessante e singolare l'atteggiamento di Kit Carson, che sembra davvero credere che Tex possa essere impazzito. In seguito, quando raggiunger? il campo di Tex, per il suo atteggiamento ironico sembra far ritenerne che abbia sempre pesato che Tex fosse tutt?altro che pazzo. Il suo ruolo sarà certo più marginale nella vicenda, ma mi è piaciuto non poco che ci fosse anche lui. Evidentemente scrivendo la storia, GLB deve aver correttamente ritenuto che in una storia di questo respiro (forse la sua più ambiziosa sotto molti punti di vista). -ave_

 

Anch'io sono stato felicissimo di vederlo apparire in questa storia, e anche a me piace pensare che GLB volesse troppo bene a Carson per lasciarlo fuori da una storia della cui importanza lo sceneggiatore doveva essere ben consapevole. Una storia da far leggere a tutti coloro che, non conoscendo Tex, volessero farsi un'idea del personaggio. In questa storia vediamo un Tex archetipico, un Tex puramente texiano.

 

Sui disegni: sono tutti di Galep? In alcune vignette, ho la sensazione che lui abbia disegnato solo la testa di Tex, e ciò deriva da alcune pose non del tutto naturali. Questa era una pratica diffusa all'epoca, pratica che IMHO non sempre ha avuto esiti felici, come per l'appunto le vignette a cui facevo riferimento prima. Non so se anche questa storia, come molte di quel periodo, oltre a Galep abbia avuto altri ghost writer. Penso di sì.

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  • 4 anni dopo...

L'edizione cartonata di Sangua Navajo è stata un graditissimo regalo ricevuto nei giorni scorsi.

Questa sera, così, mi sono tuffato in questa storia così intensa.

A dire il vero, volevo leggerne solo qualche pagina, ma gli eventi narrati mi hanno catturato, ed eccomi a scriverne, dopo averla letta tutta di un fiato, in piena notte.

Mi associo al coro di lodi. Anche per me il voto da assegnare è 10.

Mi ha molto colpito, come qualcuno non ha mancato di notare in questo forum, la banalità del male, che porta all'uccisione di cinque giovani navajo senza un vero perché.

Alla fine, Tex riesce ad avere giustizia per i suoi ragazzi. Ma ci vuole una vera e propria guerra indiana in cui, pur non versando sangue, Aquila della Notte deve adoperare tutte le sue abilità strategiche.

I disegni di Galep meritano, ca va sans dire, il massimo dei voti. 

 

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  • 1 mese dopo...

Allora...Veramente una bella storia, incalzante nel ritmo, con tematiche all'epoca (anni '60) forti ma nello stesso tempo attuali nel 2020 (la stampa, il razzismo, le verità infangate), personaggi ben definiti, alcuni siparietti. Ho dato "solo" 7,5 per due motivi : non mi ha emozionato come le mie due preferite (Il passato di Carson e Fuga da Anderville) e per Galep. Galep è un mostro sacro, è la Storia di Tex e dobbiamo sempre ringraziarlo ma il suo tratto non mi "acchiappa" (Villa e Civitelli sì). Però tanta roba questa storia dei due maestri.

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Riletta anch'io nell'edizione cartonata a colori. Un GLB all'apice della forma e un Galep superlativo. Una storia che ti prende dall'inizio alla fine

dove Tex deve combattere contro tutto e tutti per avere giustizia, ma alla fine vince su tutta la linea. E' la dimostrazione pratica di quella famosa

frase di GLB " Ho scritto una nuova storia di Tex: arriva Tex e le suona a tutti".

Massimo dei voti naturalmente.

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  • 3 mesi dopo...

La storia narrata in queste pagine è stata pubblicata la prima volta, nel formato a strisce, nel periodo dal 19 ottobre 1961 al 15 febbraio 1962 e successivamente, nell'attuale formato, a gennaio e febbraio 1965.

Risale cioè ai tempi in cui in America, e non solo là, l’unico indiano buono era l’indiano morto.

Le prime pellicole cinematografiche cosiddette “revisioniste” dei nativi americani furono girate,  “Piccolo grande uomo” nel 1969 e “Soldato blu” nel 1970, quasi un decennio dopo.

Il Tex difensore degli indiani è in assoluto il primo eroe, di carta o di celluloide, che tratta i nativi americani, e tutti gli altri “colored” (neri o gialli che siano) alla stregua di tutti gli altri esseri umani.

Non esistono cliché, ci sono indiani buoni e indiani cattivi e lo stesso è per i bianchi, i neri, i gialli.

Mancano solo gli arcobaleno ma, se ci fossero, per loro varrebbe la stessa regola.

E questo la dice lunga sul carattere di Gian Luigi Bonelli perché Tex è Bonelli e Bonelli è Tex.

E in questa storia c’è tutto il Tex/Bonelli e, se volete farvi un quadro dell’eroe, dovete assolutamente leggere “Sangue Navajo” (consiglio inutile perché sicuramente l’avete letta tutti quanti).

Tex è generoso, altruista, giusto, intelligente e sicuramente molto altro.

E’ un ottimo stratega, anche senza conoscere la storia antica romana con l’astuzia di Quinto Fabio Massimo e anche, caratteristica che ce lo fa amare ancora di più, insofferente alla disciplina militare fine a sé stessa e intollerante verso la presunzione di onnipotenza, “dote” di tutti i palloni gonfiati.

Scatena una guerra indiana che non può assolutamente vincere, eppure non solo la vince, ma la vince, in modo assolutamente plausibile, senza spargimenti di sangue e trattando i prigionieri di guerra con talmente tanta umanità da far sembrare la Convenzione di Ginevra come un opuscolo scritto dai nazisti.

In queste pagine si racconta anche della stupidità di alcuni, per fortuna pochi, appartenenti alla cosiddetta “razza superiore” che, per puro divertimento e con la consapevolezza assoluta della mancanza di una pena, uccidono cinque giovani Navajo che gareggiavano in una innocente corsa con il cavallo di ferro.

Una razza che si sentiva superiore, non solo nella finzione narrativa, ma anche nella realtà, un secolo dopo l’abolizione della schiavitù in un periodo in cui stava nascendo un’era nuova per l’umanità, un’era migliore, in cui lo sfruttamento dei propri simili sarebbe cessato, in cui l’umanità si sarebbe mossa a grandi passi sulla strada delle grandi scoperte, della tecnologia, della pace, della solidarietà.

In un mondo senza guerre, senza razze (che scientificamente nell’uomo non esistono), dove le differenze culturali possono solo migliorare i rapporti tra le popolazioni che sono sempre meno distanti, dove i figli devono rispondere solo delle proprie azioni e non anche di quelle dei loro padri e la quantità di melanina non deve essere considerata in alcun modo.

Bello, vero?

Se mai si arriverà a tutto questo, mi piacerebbe pensare che il Grande Vecchio vi abbia in qualche modo contribuito.

  • Grazie (+1) 1
  • +1 4
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Condivido tutto quello che dice Letizia.

Questa storia che lessi da bambina ha influito sulla mia educazione e sui valori a cui faccio riferimento da adulta.

Siamo tutti uguali e tra di noi ci sono i maramaldi, gli eroi e tutta la grande massa che fa sempre il propio dovere.

Ma niente dipende dal colore della pelle, se non il fatto di essere oggetto di persecuzione.

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  • 1 mese dopo...

A distanza di secoli, ho avuto il piacere di rileggermi questo grande classico della texianità che, come ha ben osservato @Tenente Cordoba in un post di ormai diversi anni addietro (a proposito, che fine ha fatto il forumista Tenente?), costituisce di fatto una sorta di spartiacque tra il Tex risoluto, impetuoso e pronto letteralmente a tutto dei primissimi numeri e quello, sempre fermamente risoluto ma al contempo più riflessivo e calcolatore, che si impara a conoscere via via che la saga prende forma e si sviluppa sino ai giorni nostri, complici probabilmente l'età più matura e, soprattutto, la sempre maggiore partecipazione del figlio Kit alle sue imprese e la conseguente esigenza di instradarlo sulla retta via e mitigarne il temperamento focoso.

 

Tale storia è senza alcun dubbio una delle più esplicative dellle caratteristiche d'insieme di Tex inteso come personaggio, e dunque trasmettitore di valori. Il Nostro dapprima non esita a fuggire da Fort Defiance facendosi scudo dell'ottuso colonnello Elbert, quintessenza dell'ufficiale presuntuoso e sostanzialmente incapace, oltre che non del tutto in buona fede, dopodiché pone in atto un vero e proprio capolavoro di tattica e guerriglia non violenta, gabbando e mettendo in condizione di non nuocere le varie pattuglie di militari che si introducono nei territori navajo senza versare una sola goccia di sangue (il solo a versare sangue è di fatto Kit Willer, colpito di striscio alla fronte da quell'idiota gallonato di Elbert), riuscendo poi a far apprezzare le sue ragioni ai militari "prigionieri" e, con l'aiuto dell'onesto e coraggioso giornalista Martin Floyd, promuovendo una campagna di stampa pro navajos che si rivela talmente efficace da indurre gli alti papaveri dell'esercito ad annullare le operazioni militari e, contestualmente, a costringere il governatore Blister a promuovere un'inchiesta sull'episodio increscioso dello spietato omicidio dei cinque innocenti ragazzi navajos, che diede inizio alle ostilità. 

 

In conclusione, dunque, la Giustizia finisce per trionfare e si abbatte implacabile sia sul colonnello Elbert, costretto a lasciare con sommo disonore l'esercito, che soprattutto sui due assassini Sam Hope e Bart Barlow: riguardo a questi ultimi due, ho trovato molto scenografica ed adeguata al loro rango la morte che si infliggono reciprocamente, che li rivela definitivamente per gli sciacalli egoisti ed amorali che sono. Giustizia che si impone grazie al decisivo sostegno di Floyd, che rischia due volte la vita in difesa della verità, ma fortunatamente riesce a cavarsela.

 

Molto suggestivi, soprattutto nelle espressioni e nei primi piani dei personaggi, i disegni di Galep, capace di imprimere sui volti emozioni in grado di giungere nitide sino al lettore. E pazienza per l'inesattezza grafica nel raffigurare i navajos con i costumi tipici degli indiani delle praterie, tra teepee e copricapi di piume, inesattezza in fondo comprensibile data la scarsità di fonti e documentazione cui attingere all'epoca. 

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  • 3 mesi dopo...

“Sangue Navajo” è stata pubblicata quasi 50 anni fa, tra il 1961 e il 1962.

 

On 9/8/2020 at 12:37, Letizia dice:

Le prime pellicole cinematografiche cosiddette “revisioniste” dei nativi americani furono girate,  “Piccolo grande uomo” nel 1969 e “Soldato blu” nel 1970, quasi un decennio dopo.

Il Tex difensore degli indiani è in assoluto il primo eroe, di carta o di celluloide, che tratta i nativi americani, e tutti gli altri “colored” (neri o gialli che siano) alla stregua di tutti gli altri esseri umani.

 

Esatto. Questa è infatti una storia che va contestualizzata nel periodo in cui è stata scritta per capirne l’importanza, per valutarne gli elementi anticipatori e apprezzarne fino in fondo la bellezza. Un vero e proprio manifesto del Tex pensiero (del Bonelli pensiero) del suo concetto di giustizia, del suo antirazzismo, del suo essere contro la guerra (la rivolta è non violenta), contro ogni autoritarismo, così come contro ogni marciume politico. Ma allo stesso tempo è una godibilissima storia d’azione, tesa, emozionante, con un ritmo sostenuto, senza momenti vuoti, con una trama articolata, matura.

Una storia eccezionale fin dalla copertina: Tex rivolto verso il lettore, in posa, con una mano sulla spalla di Tiger, entrambi con i fucili appoggiati, non con armi in pugno e in posizione dinamica, come di solito. Sembra quasi anticipare le copertine statiche e in posa di Ken Parker.

E qui Tex, in effetti, come il biondo scout di Berardi e Milazzo, è totalmente dalla parte dei nativi contro tutto e tutti, con la differenza che Ken Parker quando in “Omicidio a Washingthon” denuncia al Congresso americano lo sterminio dei pellirossa finisce con una pallottola in testa, che gli farà perdere la memoria (ma siamo in un’altra epoca, nel 1977), mentre qui Tex scatena una guerra indiana, ma senza neppure un morto, riuscendo alla fine ad ottenere giustizia. E GL Bonelli è bravissimo a farci immergere nella vicenda come fosse un’impresa quasi possibile, attivando la nostra sospensione dell’incredulità al punto da darci l’impressione di leggere una storia quasi verosimile (nonostante i totem nei villaggi navajo!).

In alcuni commenti letti, si dice che Tex non sia mai stato così riflessivo e maturo come in questa storia, rispetto al Tex impulsivo dei primi albi: è vero solo in parte, perché già in altre storie il nostro aveva dimostrato la sua intelligenza strategica e la sua visione “politica”, a partire per esempio dall’ "Eroe del Messico", durante la rivoluzione con Montales, anche lì un concentrato di azione unita alla riflessione. Certamente qui Tex risulta più sicuro e autorevole sia nel muovere ogni pedina, che nel pianificare tutte le mosse, e lo dice chiaramente lui stesso: “Una campagna militare come quella che si prospetta… richiede molti sacrifici e denaro… avrà bisogno dell’autorizzazione del Ministero della guerra… lasciate che l’opinione pubblica venga informata della realtà dei fatti e poi vedrete… Se non avessi saputo queste cose non mi sarei certo addossato la responsabilità che ho ora sulle spalle.”

 

On 12/8/2011 at 22:02, Carlo Monni dice:

Decisamente realistico il comportamento sia dei giornalisti di Washington, che dei politici ritratti in questa storia. I primi si buttano sulla notizia anche per poter attaccare un'Amministrazione che non gradiscono; i secondi, con assoluto cinismo ed opportunismo, prendono le decisioni più opportune per salvarsi le poltrone? il che era esattamente quello che Tex voleva.

 

Non un semplice atto di ribellione, quindi, ma una partita ben calcolata che si gioca sia sul piano militare, che mediatico (altrettanto importante è il personaggio del giornalista Floyd, con cui, non a caso, si conclude la storia).

Il paragone con “Vendetta indiana”, pur con un soggetto simile, è secondo me un po’ superficiale, essendo quest’ultima una storia appunto di vendetta e soprattutto di antimilitarismo (il nemico è il folle razzista colonnello Arlington), mentre “Sangue Navajo” è una storia di giustizia e il nemico è un intero “sistema”, rappresentato non solo dai militari, ma soprattutto dai due assassini dei ragazzi navajo (due ricchi notabili, stimati cittadini), così come dal governatore, dai politici, dagli affaristi, dalla gente comune e dalla loro mentalità di superiorità razziale, per cui gli indiani sono solo un intralcio al progresso, e chi non la pensa così viene zittito (il tentato linciaggio del giornalista). Insomma un affresco sociale che va al di là dello scontro indiani contro militari.

L’altra differenza tra le due storie è che in “Vendetta indiana” prevale la rabbia (per esempio nel pestaggio di Arlington), in “Sangue Navajo”, alla vista dei corpi dei giovani uccisi, prevale la compassione (Tex che si toglie il cappello commosso); la rabbia arriverà solo quando Kit verrà ferito a tradimento dal Colonnello (che per questo verrà rapato a zero).

Insomma una grandissima storia, e in sole 193 pagine, meno di due albi attuali!

GL Bonelli avrà avuto i suoi limiti (come tutti) ma non scriveva storie né semplici né ripetitive (soprattutto se confrontate con il fumetto popolare del 1961).

  • +1 3
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<span style="color:red;">8 ore fa</span>, Poe dice:

né ripetitive

beh, secondo me invece questo era uno dei suoi difetti.Non che questo rendesse necessariamente le storie meno belle, e comunque non è il caso di questa.

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23 minuti fa, Grande Tex dice:

beh, secondo me invece questo era uno dei suoi difetti.

Cioè il non scrivere storie ripetitive e' un difetto di GLB? Dimmi che ho capito male. :old:

<span style="color:red;">23 minuti fa</span>, Grande Tex dice:

Non che questo rendesse necessariamente le storie meno belle, e comunque non è il caso di questa.

Cioè qui  ci hai ripensato:dubbioso:

Già che  ci sono, io a questa storia ho dato 10, una delle più belle di tutta la saga. 

Modificato da Loriano Lorenzutti
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<span style="color:red;">6 ore fa</span>, Loriano Lorenzutti dice:

Cioè il non scrivere storie ripetitive e' un difetto di GLB? Dimmi che ho capito male. :old:

Cioè qui  ci hai ripensato:dubbioso:

Già che  ci sono, io a questa storia ho dato 10, una delle più belle di tutta la saga. 

Intendevo dire che uno dei suoi difetti era appunto scrivere storie un po' ripetitive. Non è però il caso di questa, quanto magari di altre coi soliti prepotenti di città

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  • 1 anno dopo...

Riletta con estremo piacere questa storia simbolo del miglior Tex di sempre. Attribuire 10 e lode è quasi riduttivo in questo caso, perché il voto andrebbe accompagnato da una disamina su tutto quanto di positivo, epico e moderno essa rappresenti. Concordo con tutte le analisi precedenti, in particolare con quelle di @Carlo Monni e @Letizia

 

Storia mito da leggere assolutamente !

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  • 6 mesi dopo...

Letta ieri per la prima volta (!) nella versione oscar Mondadori degli anni 70 accompagnata da una efficace introduzione di Ranieri Carano.

In questo caso il piccolo formato del volume mi ha consentito una lettura serrata, tutta d'un fiato.  

La storia tiene incollato il lettore dall' inizio alla fine. Ci sono pochi morti nella trama, contrariamente alle "stragi" di tante storie recenti; si vedono espedienti geniali e personaggi indimenticabili (con le varie sfaccettature dell'animo umano).

La figura del giornalista, il militare prigioniero che non si spiega come Tex farà a sfuggire alla legge, gli indiani incoscienti e giocherelloni che si avvicinano al treno, un Tex rischia tutto e "giocatore di poker" per tutta la storia, Carson tenuto nascosto e fatto comparire dagli autori al momento giusto: quando si parla di "vero Tex" questa storia non può essere trascurata.

Sceneggiatura e disegni eccezionali, io ho dato 9 e avrei dato 10 ma l' unica cosa un po' sgradevole che mi ha trattenuto è stata la boriosità con cui Tex ha ostentato il suo "oro dei Navajos" un paio di volte nella storia, cosa che lo rende in un certo senso avvantaggiato nelle sue manovre perché gli permette nel finale di ammorbidire gli animi del governo. Ma è una cosa di poco conto rispetto all' importanza delle scelte del protagonista e del messaggio comunicato, cioè non piegarsi sempre alle facili soluzioni e se necessario scendere in campo contro tutti per avere giustizia (quante volte si vorrebbe essere così!). 

Sono contento di non aver mai letto prima questa storia perché leggendola ora ho ricevuto un dono da un passato irripetibile. 

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