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ymalpas
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Apro questa discussione dove postare articoli di pubblico dominio in cui parli di Tex Willer o dei suoi autori. Ricordo di specificare sempre e comunque la fonte.

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Articolo tratto da : http://www.smemoranda.it/agenda/1991/16_me... arca_in_america

Data : 1991

Testo di : Sergio Bonelli



Tex sbarca in America


Io la conosco bene, l'America.
Tex Willer è mio fratello. Proprio lui, il famoso ranger, quello che gli indiani chiamano Aquila della Notte e i desperados "puro veleno".
Insomma, dopo la nascita di Tex, anch'io in America sono stato di casa, Per la verità, era proprio fatta in casa, quella nostra America.
S?, c'erano gli indiani, gli sceriffi, i ranch, i canyon. Ma a indiani e sceriffi giocavano tutti i ragazzi degli anni Quaranta cresciuti con i film di Tom Mix e Ken Maynard (nel decennio precedente, ahimè, si giocava ancora a romani e cartaginesi).
I ranch somigliavano stranamente alle cascine della Bassa, quelle immerse nella nebbia in inverno e nell'afa umida in estate, dove è più facile vedere buoi, vacche e solidi cavalli padani, piuttosto che bisonti, longhorns e mustangs.
E i canyons, anche quelli avevano un'aria familiare, come le forre e i canaloni dell'Appennino Ligure, il nostro Far West dietro l'angolo, magari ancor più insellato e impraticabile di quello vero.
I padri di Tex, come sapete sono due,: Giovanni Luigi Bonelli ( che è anche padre mio) gli ha dato la parola, è lui che scrive i testi del fumetto; Aurelio Galeppini (più noto come Galep) è il disegnatore e gli ha dato il volto.
Quando, insieme, nel 1948, diedero vita a Tex, Bonelli e Galep conoscevano il West dai film, e soprattutto da quelli di serie B (il grande western degli anni Cinquanta, quello che piaceva anche a critici seri, non era ancora nato). Perciò, per documentarsi, andavano spesso al cinema.
Il loro era un lavoro, che diamine! E siccome videoregistratori e home-video erano ancora da inventare, portavano penna e taccuino. Nel buio, prendevano appunti, facevano schizzi.
Il più sfortunato dei due era certo Galep, che doveva disegnare. "Guarda quel cappello, Galep! - diceva Bonelli - Guarda quel fucile!" E Galep buttava già, alla cieca, i disegni.
Poi, a casa, chi riusciva a decifrare quegli incomprensibili schizzi? E Galep, coscienziosamente, si aiutava imitando il cappello di feltro del nonno cacciatore e il fucile con cui tirava alle anatre.
Cosè sono andate le cose, più o meno. Comunque, il loro West di fantasia aveva una sua verità che i lettori, in misura crescente, avvertivano. E il gusto di Bonelli e Galep era sicuro.
Se dovevano ispirarsi a un film di serie B, andavano a vedere i primi John Wayne e lasciavano perdere i vari cowboy con la chitarra.
Perchè non usavano i libri, per documentarsi?, potrebbe chiedersi qualcuno. Libri? Libri illustrati sul West, nell'Italia del primo dopoguerra? S?, i libri esistevano, ma bisognava andarseli a comprare in Inghilterra e America (e quelli illustrati scarseggiavano comunque).
Il primo a farlo fu Rino Albertarelli, pioniere del fumetto italiano, anche di quello western, con il suo Kit Carson degli anni Trenta. Io ne seguii l'esempio. Era cominciata la nostra scoperta dell'America. Già alla fine degli anni Cinquanta, G. L. Bonelli immaginava le storie di Tex con la Guida Fodor del Vecchio West e pile di cartine geografiche accanto alla macchina da scrivere.
I luoghi erano tutti veri (con preferenza per quelli dai nomi più suggestivi, come "Foresta pietrificata" o "Deserto dipinto"), e se Tex doveva andare da una localit? all'altra, cavalcava quelle tante miglia e ci metteva quelle tante ore, n° più n° meno. La cartina faceva testo.
Da parte sua, Galep disegnava vere Colt e veri Winchester, vere bottiglie di whisky (non più improbabili fischi di Chinati come ai primordi) e realistici torrioni rocciosi dell'Arizona (non più il profilo del Catinaccio su cui, al posto del Navajos, era facile immaginare i rocciatori di Lecco o di Cortina). Con un'eccezione, però: finch? i western antireroici e crepuscolari del glia nni Sessanta non mostrarono cowboy in deshabill', ignorava (e noi con lui) che i rudi uomini del West portavano come biancheria intima, di preferenza, maglietta e mutandoni lunghi di flanella.
Cosè Tex, sotto la camicia e i jeans, indossè un'italica canottiera e italici boxer, che al massimo, a Hollywood, si permetteva Marlon Brando in Un tram chiamato desiderio.
E poich? in fondo gli donano di più, continua a indossarli tuttora. Anche i lettori scoprivano l'America insieme a noi della Casa editrice. E se un tempo Tex poteva permettersi tutt'al più un esotico, ma facilmente comprensibile Adi?s amigos, oggi lui e i suoi pards possono esprimersi tranquillamente come fanno nella tavola riprodotta qui a fianco.
Tiger Jack chiama correttamente Bunkhouse il dormitorio dei cowboys. Il figlio di Tex definisce volontari che inseguono i banditi con l'esatto termine di posse.
Tex, con la parola marshall, si riferisce a un eroico tutore della legge che ha funzioni diverse dallo sceriffo, e così via. I lettori di Tex sanno che il travois è un mezzo di trasporto indiano trainato dal cavllo, cyhe la Gatling e lo Howitzer sono armi micidiali, che lo hogan è abitazione diversa dal tepee, e sono in grado di non perdere l'orientam, ento tra i vari riferimenti geografici alla riserva Navajo.
Possiamo persino permetterci ricercatezze come usare i termini originali per fuorilegge e cani della prateria. Solo ogni tanto, però.
La tavola pubblicata è stata fatta apposta dal sottoscritto e Tex, abitualmente non parla in un miscuglio italoinglese come il Partigiano Johnny di Fenoglio.
Ma neppure come l'americano a Roma di Sordi, oramai. Ha scoperto davvero l'America. O forse l'America ha scoperto Tex? Mah! Di sicuro so soltanto che mio padre è stato nel west, per la prima volta in vita sua, solo tre anni fa, in compagnia del sottoscritto. Attraversando in auto la Monument Valley, mi accorsi che, invece di guardare il paesaggio, leggeva un libro. Western, ovviamente.
Mi indignai. "Ma come, Bonelli? Non guardi la Mionument Valley?" Lui alz? gli occhi. "Ma sè, ma sè la conosco bene..."
Eh già. Sciocco io a non averci pensato. Lui ci vive da quarant'anni.

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Articolo tratto da : http://www.smemoranda.it/agenda/1993/16_me... ila_della_notte

Data : 1993

Testo di : Sergio Bonelli



Aquila della notte


Già, a cosa serve la notte? A guardare videocassette, a scrivere sceneggiature di fumetti, a leggere libri e quotidiani.
Oggi sarebbe questa la mia risposta. Ma non è sempre stato così. Un tempo facevo il viveur, il nottambulo, il conte Danilo delle notti milanesi (almeno ci provavo).
Mi piacerebbe raccontarvi la mia grande scalata sociale dalle balere della profonda periferia meneghina ai tavoli del Chez Maxim parigino. Ma non interesserebbe nessuno.
E francamente, dando una rapida, molto rapida, occhiata allo specchio, direi che la figura appesantita e l'occhio da pesce lessato che mi ritrovo attualmente toglierebbero credibilit? alla rievocazione.
In fondo vengo ospitato su queste pagine perchè sono un editore di fumetti. Perciò vi parler? delle notti di un personaggio a fumetti. No, non Dylan Dog.
D'accordo, lui è sicuramente un tipo notturno, e dopo il tramonto conduce una vita molto intensa, con incontri piacevoli e altri che lo sono molto meno. No, parlare di Dylan Dog sarebbe troppo facile.
E poi le sue notti non hanno segreti: le potete trovare ogni mese in edicola. Vi dir? invece delle notti di un personaggio non meno amato e molto più riservato sulle sue attività notturne: il nostro caro, vecchio Tex.
L'argomento delle notti di Tex è un vero tormentone, per il sottoscritto. A ogni incontro con i lettori, a ogni mia partecipazione a un Festival dell'Unit? o all'inaugurazione di un oratorio di paese, c'è sempre qualcuno che mi fa la domanda: e le donne?
Che cosa faceva Tex con la moglie indiana Lilyth, che era anche un bel pezzo di figliola? E che cosa fa quando bazzica le focose atmosfere dei saloon, tra il balenare delle scollature e delle giarrettiere delle sciantose?
Be', la mia risposta ufficiale è anche quella di mio padre Gianluigi Bonelli, il creatore di Tex: "Tex è un uomo normale, con gli istinti di un uomo normale, ma preferisce andare a donne tra un'avventura e l'altra".
Insomma, lo fa ma non lo dice, con la discrezione di un vero gentleman della prateria. E quello che fa quando i lettori hanno richiuso l'albo sono solo affaracci suoi. Cosè saranno scoraggiate le malelingue che insinuavano scherzosamente di rapporti particolari di Tex con il vecchio Kit Carson o con Tiger Jack.
Lilyth, per Aquila della Notte, era una vera moglie, in tutti i sensi (almeno una delle loro notti ha avuto un frutto, il giovane Kit), e il loro era stato un romantico matrimonio alla pellerossa, con tanto di cerimonia di sangue. Alla vita matrimoniale di Tex e Lilyth ho voluto dedicare la pagina che tutti i texofili avrebbero voluto leggere ma che io non ho mai avuto il coraggio di pubblicare sulle pagine di Tex.
Ve la presento qui: una delle misteriose notti di Tex, preparata con la complicità un po' riluttante del suo creatore grafico Aurelio Galleppini e nonostante la totale disapprovazione di Bonelli padre. La vedete nella pagina accanto.
Nelle notti di Tex, insomma, accadevano fatti che non sono mai stati raccontati. Altri li abbiamo raccontati, però, con quella ricchezza di particolari che ha permesso a Tex di raggiungere il n.380 e la bellezza di ben 45389 tavole a fumetti.
Nelle notti di Tex ci sono le fiammate degli spari di Colt e Winchester, ci sono le apparizioni dell'uomo-lupo Diablero e degli enigmatici Figli della Notte, gli incantesimi delle streghe e le magie di Mefisto. Ci sono le cavalcate notturne nella prateria, magari all'inseguimento di un folle assassino travestito da scimmione e che agita una sciabola malese.
Ci sono gli attacchi ai ranch dei signorotti prepotenti, con Tex e Carson che rubano i cavalli ai cowboy addormentati (loro non lo sanno, che la notte non è fatta per dormire) e poi danno fuoco a tutta la baracca. Ci sono le gelide nuotate nei fiumi per salire di nascosto sulle bische galleggianti, e le eroiche difese in fortini, templi in rovina, canyon e foreste pietrificate per resistere agli attacchi indiani, mentre nel cielo scuro si disegnano le traiettorie delle frecce incendiarie.
Già, a questo proposito, c'è un popolare detto (se l'abbia pronunciato per la prima volta un serio antropologo o uno scrittore di romanzi western, questo non ve lo so dire), secondo il quale gli indiani non combattono mai di notte. Figuratevi se avessimo dovuto tenerne conto!
Avremmo dovuto rinunciare ad alcune delle più belle sequenze d'azione notturna. Per fortuna, a volte ci viene in aiuto il cinema. In La mia pistola per Billy, di Ted Kotcheff, si svolge il seguente dialogo tra Gregory Peck e un tizio nascosto come lui sotto un carro (fuori ci sono gli indiani). Il tizio:"Gli indiani non combattono mai di notte: è contrario alla loro religione."
"A me quelli non sono sembrati poi tanto religiosi!", gli risponde Peck.
La notte non è fatta per dormire.
Nemmeno per gli Apaches.

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  • 3 settimane dopo...
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In questi giorni in cui si celebra in tutta Italia il sessantennale di Tex, non può non far piacere rileggere ( o leggere per la prima volta ) le parole del compianto Raffaele Cormio, che nella rivista Eureka del lontano maggio 1968, cercava di descriverlo a quel numero di appassionati, pochi e quarantenni ( e per questo legati alla generazione di fumetti degli anni trenta ), che ancora non ne conoscevano le gesta. Di Cormio si parla invece in una specifica discussione a lui dedicata e aperta nella sezione degli autori. Buona lettura...

ymalpas




TEX WILLER HA VENT?ANNI

Di Raffaele Cormio





Vent?anni sono trascorsi da quando, in un lontano giorno del settembre 1948, Tex Willer faceva capolino da dietro una roccia, pronto ad iniziare una frizzante avventura contro il bandito Coffin.

Fuorilegge suo malgrado, questo inesauribile personaggio, diede il è la è ad una vera e propria moda che Della Corte nel suo saggio introduttivo ha giustamente definito è western all'italiana è a fumetti.

Di temperamento impulsivo, sincero, appassionato ai problemi del suo prossimo, sempre pronto a rischiare il proprio per raddrizzare i torti che speculatori senza scrupoli commettevano a danno dei più deboli, Tex è riuscito in tutto questo tempo ad essere sempre fedele a questa linea di condotta, pur seguendo una inevitabile evoluzione, in linea con la progressiva maturazione fisica che peraltro si è magicamente per lui fermata alla quarantina.

Vittima di un'atroce ingiustizia, riuscir? poi a ritrovare quella dignit? che sembrava essergli stata preclusa per sempre, diventando un ranger e portando a termine le più impensate e difficili missioni.

Assieme a Kit Carson, scout anch?egli dei Texas Rangers, ha diviso epiche gesta tra pellirosse e messicani, rancheros e gunmen, attraversando immense distese verdeggianti per passare alle sterili sabbie del deserto, inzaccherandosi nelle paludi delle Everglades, facendo sibilare i proiettili della sua colt, che sa usare con rara abilità, con aspra decisione ma sempre al servizio di una giusta causa.

Dopo diverso tempo venne alla ribalta Kit, figlio di Willer e di una indiana figlia del gran capo dei Navajos. Quando la legge della vita gli rap? la moglie divenne lui stesso capo coaudivato nelle mansioni dal lido Tiger. è Aquila della notte ?, così è chiamato dai suoi amministrati, ha combattuto anche in una avventura contro il governo degli Stati Uniti, che non si era dovutamente sensibilizzato ai problemi della sua gente.

? inevitabile che tutti gli eroi di carta riescano sempre a vincere, Tex non è da meno anche se, sul suo cammino, ha dovuto spesso affrontare parecchi ossi duri.

Tra i suoi avversari più temibili si schierano la è Mano Rossa ?, i fratelli Dalton e Mefisto. Quest?ultimo è tornato spesso alla ribalta, anche di recente, per ingarbugliare, nella sua satanica veste, la matassa di più avventure. è curioso constatare come Mefisto, il mago per eccellenza, rappresenti, a brevi linee, l'iter inverso di Mandrake. Quest?ultimo, come è noto, esord' nelle strips nelle vesti di un vero e proprio mago, dotato di poteri soprannaturali, un Faust ultima maniera, per diventare in seguito un semplice illusionista, abile fin che si vuole ma assolutamente contrastante con la specifica struttura originaria che aveva immediatamente fatto presa sul grosso pubblico.

Mefisto, al contrario, esordisce come illusionista, e nemmeno tanto abile a dire il vero, per riapparir? poi come profondo conoscitore di arti magiche, a lui svelate da un monaco tibetano scacciato dai suoi perchè ritenuto indegno di vivere nella loro comunit?.

Il testo, sempre spumeggiante e pieno di una sagace aggressivit?, è sempre stato ben corredato da un disegno fresco e mobile, specie da parte, del co-autore Aurelio Galleppini.

La mano felice di quest?ultimo fu, dopo alcuni anni, sostituita per un breve periodo da quella di Mario Uggeri, uno dei nostri migliori illustratori. Le avventure di Tex vennero sempre più richieste dai suoi ammiratori e per far fronte all'elevato numero di pagine da realizzare, si dovette ricorrere all'innesto di altri è cartoonists è che trassero tutti ispirazione dal Galleppini.

Francesco Gamba, Virgilio Muzzi,. Letteri e Ticci seppero tuttavia inserirsi con tale maestria nella realizzazione dei disegni da non far notare al pubblico l'inevitabile stacco che è sempre riscontrabile da una mano all'altra.

Il continuo e inevitabile rinnovarsi delle generazioni dei lettori, impose molteplici ristampe delle primissime avventure che continuano ancor oggi con immutato successo. La serie attuale ha una periodicità mensile.

Sono da allora passati vent?anni ma, nonostante l'inarrestabile marcia del tempo, lo spirito del suo creatore, Gian Luigi Bonelli, è rimasto immutato. Uno spirito sempreverde, pieno di entusiasmo, uno spirito che è la caratteristica principale del è suo personaggio ?, di Tex.

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  • 2 mesi dopo...
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DIABOLIK CONTRO TEX

di Gianfranco Manfredi

Fonte: http://www.gianfrancomanfredi.com/lezioni/seriale. html

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[...] Analizziamo ora in breve due fumetti italiani esemplari , sotto il punto di vista del rapporto tra letteratura seriale e fumetto: Diabolik e Tex.
Alcuni titoli della prima serie di Diabolik: Il Re del Terrore, L'inafferrabile criminale, Il treno della Morte, Lo sguardo che uccide, L'assassino dai mille volti.
Alcuni titoli di Tex: La Montagna Misteriosa, L'enigma del feticcio, La Gola della Morte, Il Veliero Maledetto.
Basterebbe questo a evidenziare un legame diretto con la narrativa pulp seriale, per esempio quella dei romanzi Nerbini a fascicoli che avevano titoli come: La caverna delle torture, Il treno fantasma, L'isola della Morte, La Torre Maledetta, L'uomo dai mille volti? e si potrebbe continuare a lungo.
Certo in Diabolik ci sono anche titoli meno pulp che rimandano più al giallo tradizionale come Il Grande ricatto o Delitto Perfetto. E in Tex la maggior parte dei titoli rimarca il genere western: La terra promessa, Dodge City, Incendio allo Star-O, Vigilantes eccetera.
Nel mix dei riferimenti, comunque, i titoli a forti tinte rappresentano una ricorrenza che anche a distanza di decenni continua a denunciare un legame ereditario preciso con il feuilleton e il romanzo popolare a fascicoli.
Ma è altrettanto forte e visibile questo legame nella forma e nella struttura narrativa degli albi?
Diabolik, personaggio creato da Angela e Luciana Giussani, comincia ad uscire in edicola nell'estate del 1962, e al principio non è altro che la trasposizione a fumetti di Fantomas. Il debito è più letterario che cinematografico. Infatti le sorelle Giussani non si riferiscono assolutamente ai film di Feuillade, nei quali (tra l'altro) Fantomas appare sempre nelle fattezze dei personaggi che va ad impersonare, non in calzamaglia nera. La calzamaglia nera, Feuillade l'aveva usata per Musidora, protagonista della serie Le Vampires, serie piuttosto affine a Fantomas perchè non trattava affatto di vampiri, ma di una banda di criminali battezzatasi con quel nome. D'altro canto, Diabolik si distacca anche dalla sua radice letteraria perchè rispetto all'eterno trasformismo di Fantomas, si presenta anche e soprattutto con il suo volto e il suo costume (come l'Uomo Mascherato). Questa differenza si fa nel tempo sempre più marcata e va ben al di l' dell'abito, Diabolik prende sempre più le distanze dal modello letterario originale per assumere caratteristiche proprie.
La struttura grafica è molto innovativa, nella sua semplicit? ed efficacia: due vignette una sull'altra.
Il modello non è cinematografico, ma casomai quello del fotoromanzo. Le immagini tendono a una certa staticit? e raramente si dipanano per sequenze.
Il problema sopra richiamato del conflitto tra testo e immagine viene risolto azzerando progressivamente l'autonomia dell'immagine, nel senso che l'immagine serve solo a raffigurare i personaggi e le situazioni, non li interpreta. La scelta è quella di mantenere uno stile grafico unitario, dotato di caratteristiche forti, ma semplici e suscettibili di replica. Si è scelto di rendere insomma più anonimo il ruolo del singolo disegnatore, seguendo un modello di serialit? fondato sulla ripetizione: tanto nella struttura fissa della narrazione, quanto nel disegno. Il risultato di comunicazione è di una certa freddezza che si sposa però molto bene alle caratteristiche di un racconto criminale che viene condotto come una cronaca.
Da un lato il disegno e la creativit? dei singoli disegnatori vengono totalmente asserviti alla storia, dall'altro la storia si scandisce per immagini bloccate, fotografiche, tutte concentrate sul contenuto essenziale, cioè il focus della situazione che inghiotte ogni altra suggestione (d'ambiente, di luci e ombre, o di caratterizzazione psicologica).
Difficile considerare Diabolik un prodotto letterario. Narrativo lo è sicuramente, ma i codici che usa per raccontare sono molto diversi sia da quelli della letteratura che da quelli del cinema. Unica cosa che lo lega al cinema, ma più che al cinema al telefilm seriale, è un Format di ferro.
Tex, creato da Gianluigi Bonelli, nasce in epoca precedente, nel 1948, ma sulla base di un'eredit? e di una tradizione già consolidate. Anzitutto Gianluigi Bonelli è un romanziere che già prima di pubblicare fumetti ha pubblicato dei romanzi d'avventura pienamente inseriti nella tradizione del romanzo popolare e del feuilleton. In secondo luogo, è un profondo conoscitore di cinema. Entrambi questi debiti sono riconoscibilissimi in Tex. Se il tipo di soggetti guarda esplicitamente da un lato al cinema western dall'altro ad autori letterari come Zane Grey, è nei dialoghi che Gianluigi Bonelli si rivela un vero maestro. L'uso del linguaggio iperbolico, così caratteristico del west e in particolare della cultura texana, gli è straordinariamente famigliare. Sulla collana di Tex in formato albo, per molti numeri è comparso un interessantissimo glossario delle espressioni tipicamente western. Un esempio. Si spiega il significato di: Paint the Tonsils. ?Passare una mano di vernice sulle tonsille. Espressione scanzonata per indicare una bevuta di whisky.? Alla base del modo di parlare di Tex c'è dunque una ricerca di linguaggio e basterebbe già solo questo a denunciarne la radice letteraria. Il linguaggio in Tex non è la mera comunicazione di un contenuto, è espressione letteraria, e solo come tale può venire gustato, nella sua autonomia dal disegno. D'altro canto i disegni esprimono stili molto vari (interpretano la storia in modi differenti) cioè il modello di serialit? di Tex non sacrifica mai l'originalità dell'opera dei singoli disegnatori. La compresenza di elementi opposti ( testo e disegno) non suscita dissidio perchè ha come riferimento unitario il linguaggio cinematografico, considerato vero codice della narrazione per immagini. L'alternarsi del giorno e della notte, degli interni e degli esterni, l'importanza delle scenografie, il movimento dei personaggi negli ambienti, la scansione dinamica delle singole sequenze, il taglio mai pretestuoso delle inquadrature, le vivaci alternanze di campo, il realismo della rappresentazione, tutto ciò che in Tex sta a fondamento del racconto e si esprime attraverso le immagini, viene dal cinema. Se dunque Tex ha la letteratura ( quella di frontiera soprattutto) come origine, origine che resta ben visibile nell'ampiezza e nella tessitura romanzesca delle storie oltre che nei dialoghi, si appoggia anche su un testo (invisibile al lettore) che è sceneggiatura, non letteratura, e che affonda le sue radici nel cinema.
Di contro, il Format di Tex è variabilissimo: negli albi di Gianluigi Bonelli un episodio più terminare nel bel mezzo di un albo e di l' cominciarne un altro . E successivamente anche se si è scelto un criterio diverso, le nuove e distinte edizioni ( Serie normale, Almanacco, Speciali, Maxi e Giganti) hanno comunque fatto uso di format multipli e di lunghezze variabili. In questo Tex è il fumetto che più di ogni altro resta vicino a un modello letterario: la storia che si narra dura quello che deve durare a giudizio dell'autore (uno, due, tre o più episodi, per una quantit? di pagine non rigidamente predeterminata).

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Sergio Bonelli, premiato con una Laurea Honoris Causa!Forse è proprio in queste occasioni che si inizia a prendere atto di quanto, e con quali modalit?, il fumetto stia iniziando a diventare parte integrante dell'industria culturale italiana. La laurea honoris causa in Scienze della Comunicazione conferita a Sergio Bonelli il 26 aprile scorso dimostra un'apertura del mondo accademico nei confronti del medium fumetto e un importante riconoscimento ad un editore, icona dell'industria fumettistica italiana. Per rendere l'idea di quelle che sono le identit? di carta che si celano dietro il marchio Bonelli basta fare solo qualche nome: da Tex, inventato per altro dal padre Gianluigi nel 1948, a Zagor; da Martin Myst?re a Mister No, fino a Nathan Never e a Ken Parker. La consegna della laurea è il coronamento di un'idea nata all'interno dell'?Universit? del fumetto?, iniziativa proposta da ?Romicsè, il Festival internazionale del fumetto e dell'animazione, diretto da Luca Raffaelli e organizzato da Castelli Animati e da Fiera Roma. Per la laudatio a Sergio Bonelli, presso l'Aula Magna del Rettorato della ?Sapienza? di Roma erano presenti il professor Renato Guarini, Rettore; il professor Mario Morcellini, Preside della Facolt? di Scienze della comunicazione e il professor Alberto Abruzzese - presidente anche del comitato scientifico dell'Universit? del fumetto, composto da Sergio Brancato, Orio Caldiron, Stefano Cristante, Gino Frezza. La motivazione ufficiale del collegio accademico, per il conferimento di questo speciale titolo, ha fatto riferimento al contributo di Bonelli alla costruzione dell'industria culturale italiana nella seconda metà del '900: proseguendo il lavoro del padre Gianluigi, Sergio Bonelli è riuscito infatti a creare e a mantenere un'importante casa editrice, diventata nel tempo un vero modello di impresa di comunicazione nel quadro della società italiana. Ma la Sergio Bonelli Editore non è soltanto la casa editrice che da un punto di vista strettamente gestionale è riuscita a crescere e a rinnovarsi nel tempo. La Bonelli, forte di una storia editoriale che dura da più di cinquant'anni, ha contribuito più di altri a formare una coscienza italiana sul fumetto, un immaginario di eroi di carta, di avventure, di storie scritte e disegnate da bravissimi artisti, con eccellenti livelli qualitativi e un ottimo rapporto qualità/prezzo. Afferma Bonelli di aver deciso cosa fare realmente nella vita, quando, interrotta l'Universit?, si è dedicato a ciò che più lo interessava e che era stata la sua passione dall'inizio: i fumetti. All'inizio si occupava anche di scrivere le sceneggiature delle storie, con il celebre pseudonimo di Guido Nolitta ha firmato alcune delle più belle avventure di Tex, Mister No, Zagor; poi con l'aumentare delle responsabilità, ha deciso di dedicarsi a tempo pieno nella gestione della casa editrice. E i risultati non sono tardati a venire: più di venticinque milioni di lettori, ventitre testate pubblicate e l'affetto e il seguito di un pubblico che da anni compra regolarmente i classici bonelliani. Con un susseguirsi di emozioni e di applausi, il suo amato pubblico lo ha supportato anche nella consegna della laurea honoris causa: una testimonianza di fedelt? che dura oramai da più di mezzo secolo. Concetta Pianura

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Addio a G. L. Bonelli"Vi racconto mio padre, Tex" - Gianluigi Bonelli nel ricordo di Sergio Bonelli (in arte Guido Nolitta). di MassimilianoClementeGianluigi Bonelli fa il suo ingresso sulla terrazza di un grande albergo di Cervinia. è l'inverno del ?62 o del ?63. Il creatore di Tex Willer indossa l'amato Stetson a tesa larga, il più famoso fra i cappelloni dei cowboy, e un pendaglio navajo. Un abbigliamento insolito, a duemila metri. Un uomo alto, prestante, gli si avvicina. è Vittorio Gassman. Sta prendendo il sole, spavaldo e indifferente, e tutti gli stanno alla larga, timorosi di disturbarlo. Ma stavola è il "mattatore" a fare il primo passo, vuole conoscere chi gli sta rubando la scena. Bonelli non è un timido e per mezz?ora chiacchiera amabilmente con l'attore: ?Sembravano due amiconi?, ricorda il figlio Sergio, che era presente?. Quanta strada dalla casa di ringhiera di Porta Magenta a Cervinia, poi all'America del Far West, raccontata mille volte e visitata in età matura quasi con distrazione. La stessa America che aveva fatto piangere Arnoldo Mondadori (?Guarda quanta strada abbiamo fatto?), a Gianluigi Bonelli non faceva impressione. ?Era totalmente milanese?, lo ricorda il figlio maggiore Sergio all'indomani della scomparsa, a meno di un mese dal novantaduesimo compleanno. Milanese in tutto. Nella curiosità, nella voglia di scoprire cose nuove, nell'intraprendenza nutrita di lavoro e fantasia, in quella dose di spacconaggine che nei caratteri simpatici si manifesta come gradevole bauscioneria. E come tanti "veri" milanesi, non era milanese per niente. La famiglia, infatti, era di Guastalla e nei bar degli anni Trenta gli uomini lo guardavano con sospetto, Bonelli, perchè parlava solo italiano. Alle donne, invece piaceva. A vent?anni Gianluigi frequenta la balera Monte Rosa di piazzale Lotto, che oggi è un ristorante brasiliano. è un grande ballerino, re del tango, e passa per il Rodolfo Valentino del quartiere. Sergio Bonelli, che Milano era quella di suo padre? ?Quella marginale di Porta Magenta. Si abitava in una casa di ringhiera in via Rubens, nel quartiere di migliaia di operai della fabbrica De Angeli. La Tea, mia mamma, famiglia del Polesine, stava in via Trivulzio?. La Tea. Lina Buffolente, la prima fumettista donna italiana, la ricorda ?come una madonnina di una bellezza incredibile, dolce e delicata?. Gianluigi, come ?un uomo piacente, sempre abbronzato, un po' rodomonte e molto? birbante. Mia mamma lo vide subito?. Riprende il figlio Sergio: ?A mio padre piacevano i bar, dove trovava i personaggi di periferia e immaginava risse impossibili per gli angusti locali di Milano ma buone per i grandi saloon. Boxava in palestra ma non ha mai detto una parolaccia n° bevuto fino a quaranta anni. A diciotto anni mi porta all'hotel Duomo per il mio primo whisky. Credo fosse il primo anche per lui. Poi vede l'attore Buster Crabbe, ex Tarzan, ubriaco. E corre a parlargli?. Nel ?35 Bonelli è impiegato dall'editore di fumetti Lotario Vecchi. ?? redattore, scrive novelle e racconti rosa, è fra i pochi a tradurre dall'inglese. Nel ?37/38 collabora con il Vittorioso di Roma. Per due terzi lo scrive lui, senza firmare nulla. Più di Tex, è questo il periodo che mi sta a cuore. Rileggendolo, si vede che mio padre aveva una marcia in più. Io? Pap? viene a prendermi a scuola, la faccia segnata dai pugni. In palestra, allora, i campioncini volevano emergere. E se quella faccia non piaceva a me, piaceva alle commesse della Standa, dell'Upim?. Suo padre lavorava moltissimo. ?Non lo vedevo molto, però mi ha insegnato a nuotare in piscina, al Lido. Nel ?39, mentre i signori nuotavano alla marinara, lui era l'unico a battere il crawl, sapendo per di più cosa voleva dire. Mi portava a sciare. E in barca a vela, dove non ho mai imparato a tirare una cima. Mi veniva a vedere giocare a calcio, nella Ezio Biondi di via Biondi al Sempione, in lega giovanile. Un vero campionato, con i risultati sulla Gazzetta. Il calcio non gli piaceva, poco maschio. Spesso si andava al cinema, con la mamma, al Nazionale in piazza Piemonte o al Magenta in via Sanzio. Dieci minuti a piedi, il centro era troppo lontano. Film di avventure, King Kong l'avrà visto tre volte?. Gianluigi Bonelli è controcorrente. Si veste da cowboy, inventa Tex, un fumetto per un pubblico maturo, divorzia nel dopoguerra.?Ma non è mai una macchietta. Alle donne fa il baciamano, ha uno stile romantico, tutto dischi francesi, musica tzigana (il mio tormento) e rose rosse. Tutti hanno la Lambretta? Lui gira con l'Isomoto, un motorino carenato che riscalda troppo e si ferma sempre. Invece della Cinquecento compra di seconda mano una Fiat decappottabile, come un'auto americana. Mia madre la chiamava cardensèn, il credenzone?. Il suo ricordo più bello? ?Ne scelgo due. Quindicenne, nel ?47 sono in collegio a Genova, dov?ero sfollato. La mamma poteva venire una volta ogni tanto e il momento più drammatico era la domenica, quando gli altri ragazzi ricevevano la visita dei genitori all'ora di colloquio (il collegio era come una prigione). Ma qualche volta arrivava lui, simpatico, sportivo, ammirato da tutti... Poi il viaggio in America che aveva sempre rimandato, io lui e mio fratello Giorgio, avuto da un'altra donna. Non gli importava della Monument Valley, era contento di stare con i figli, che con storie così diverse gli volevano bene. Eravamo tutti sereni, questa è la parola vera?.

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Tex in AmericaDal sito del magazinePanorama:Chiamatemi Tex KillerFaccia alla Charlton Heston. Tosto come Clint Eastwood. Ecco l'eroe creato da Bonelli disegnato da Joe Kubert. di MARCO GIOVANNINI 9/2/2001Morto Tex, viva Tex! Come per i re e per i papi, anche per i ranger non c'è tempo per le lacrime. di MassimilianoClemente? appena scomparso (a 92 anni) Gianluigi Bonelli, il suo creatore, e il più famoso personaggio a fumetti italiano si prepara alla più impegnativa delle sue avventure. Per la prima volta varcher? l'Atlantico, sarà disegnato da un artista americano e sarà finalmente pubblicato in Usa, paradiso in terra del fumetto. La storia, intitolata Il cavaliere solitario, il prossimo giugno apparir? prima in Italia, in bianco e nero, in quella serie annuale chiamata Texone (224 tavole giganti), e poi in America, a colori e a puntate, divisa in quattro albi di quel formato conosciuto dagli appassionati come comic book, col titolo The four killers. Per questo esordio è stato arruolato Joe Kubert, 74 anni, uno dei maestri del fumetto contemporaneo. è non solo una bandiera di due delle più grandi case editrici made in Usa, la Dc e la Marvel, ma è anche il rettore di una sorta di universit? internazionale del fumetto, la Joe Kubert school of cartoon and graphic, ospitata nei tre piani di un palazzone di mattoni rossi di Dover, New Jersey. ?In un giorno d'estate un solitario cavaliere avanza in una nuvola di polvere?. Comincia così l'avventura, sceneggiata da Claudio Nizzi. Le prime parole di Tex sono per il suo fido destriero: ?Coraggio fratello, è stata una lunga galoppata, ma tra un paio d'ore potremo tirare il fiato?. Ovviamente non sarà così, perchè nel West di Tex non c'è tempo per battere la fiacca, tanto è vero che, dopo un'infinit? di inseguimenti e sparatorie, solo nell'ultima vignetta può esclamare: ?? dunque finita amici, avevo giurato sulla vostra tomba che vi avrei vendicato e ho mantenuto la promessa. Ora è tempo di tornare a casa?. Kubert, che ha pubblicato la sua prima storia nel ?39, quando aveva appena 12 anni, è un disegnatore classicheggiante che ama il grande Alex Raymond (quello di Flash Gordon) a cui si ispirava anche il più famoso degli illustratori di Tex, Aurelio Galleppini. Ma è anche un duro, stile vigoroso e dinamica violenza: ?Se disegno un pugno, voglio che lo senta sia il personaggio che lo prende sia il lettore?. è interessante stuzzicare il disegnatore su questa icona del fumetto made in Italy, amato da generazioni che comprendono nipoti e nonni. Dopo cinquantatre anni vende ancora, fra novità e ristampe, 350 mila copie al mese. E il quotidiano Il Foglio, in contemporanea con l'elezione del duro George Bush jr. alla Casa Bianca, ha appena inaugurato la rubrica Texana. ?Capisco il suo successo?, dice Kubert ?Tex è un fumetto all'antica, niente a che vedere con i supereroi moderni che hanno bisogno dello psicoanalista e lo rendono indispensabile anche ai lettori?. Kubert aveva preventivato due anni di lavoro, ce ne ha messi cinque, avvicinando il record di Magnus, che dopo otto anni sped' alla redazione un famoso telegramma: ?Finito. Magnusè. Da quando l'editore Sergio Bonelli (figlio di Gianluigi) decise di affiancare al Tex mensile questo speciale d'autore, realizzato da disegnatori famosi, la difficolt? è stata inserirsi nella loro produzione già piena. Da Moebius si è beccato una risposta zen: ?Due anni? Avrei bisogno di due vite?. Fisicamente la nuova edizione del vecchio eroe ritorna un po' alle origini, quando Tex si chiamava Killer e non Willer e faceva più paura. Anche se disegnatore ed editore concordano sul fatto che non ha niente di John Wayne, il re dei cowboy made in Usa, dibattono sul modello ispiratore. ?Psicologicamente ricorda Clint Eastwood, faccia scavata nella roccia e stessa forza interiore?, dice Kubert. ?A me pare Charlton Heston, ossa grandi, zigomo e mascella giusti, occhio da serpente che promette guai?, corregge Bonelli.

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Una ballata del deserto dipintoNon dar? giudizi sulla storia. Pregi e difetti di Nizzi sono ormai noti ai lettori di Tex. Mi soffermer? invece su alcune suggestioni, sottolineate soprattutto dall'apporto grafico del bravo Bruno Brindisi, presenti nella storia "I predatori del deserto", Texone estivo del 2002. di MassimilianoClementeNon so se Nizzi lo avesse previsto, ma le analogie con la celebre ballata prattiana si sprecano, e Brindisi ha saputo coglierle al volo. Di seguito riporto i personaggi del Texone con la loro "versione prattiana". Monkey - Rasputin Kirby - Corto Maltese (qui è biondo, ma a parte questo è lui spiccicato) Il Predicatore - Il Monaco Liza - Pandora Kit Willer - Cain

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  • 2 settimane dopo...
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Tex ci invita nel suo saloon

L' eroe creato da Bonelli e' al centro di una mostra che ricrea l' atmosfera di un set cinematografico. Naturalmente in puro stile western!

Articolo pubblicato sul Corriere della Sera l' 8 settembre 1993


"La ballata di Tex" quattro anni dopo. Torna a Milano, alla Sala Azzurra dell' Idroscalo, la mostra dedicata a Tex Willer, il piu' popolare fumetto western italiano, creato da Gianluigi Bonelli nel lontano 1948.

La mostra, inaugurata a Mantova nel gennaio dell' 89, e' gia' stata allestita a Milano, al Palazzo della Triennale, nel luglio di quell' anno. Ma sia l' infelice collocazione nel calendario, sia la sede, forse impropria, non facilitarono l' affluenza di pubblico. Per questo motivo, l' editore Sergio Bonelli e l' Assessorato allo Sport e Turismo della Provincia hanno pensato di riproporla nel contesto di "Estate all' Idroscalo".

La mostra ha girato le principali citta' italiane e ha affrontato una prestigiosa trasferta in Brasile. E gia' stata vista da 350mila persone. Grandi e piccoli, lettori di "Tex" di ieri e di oggi, hanno cosi' la possibilita' di vedere, o rivedere, una delle piu' ricche esposizioni dedicate a un eroe di carta.

Il curatore Claudio Bertieri, coadiuvato dallo scenografo Gianni Polidori (recentemente scomparso), l' ha concepita come un grande set cinematografico in cui sono ricostruiti i luoghi deputati del genere western: il saloon, la miniera, l' ufficio dello sceriffo, la bottega del maniscalco. Il gioco continua sui pannelli della mostra, nei quali vengono messe a confronto foto d' epoca e il loro corrispettivo ricreato, con realismo o fantasia, dai disegnatori di Tex, in testa a tutti Aurelio Galleppini, in arte "Galep".

La mostra e' inoltre completata da una ventina di tavole originali, realizzate da nomi di prestigio del fumetto italiano, ciascuno dei quali ha disegnato Tex "a modo suo". Esposti, tra gli altri, disegni di Crepax, Toppi, Giardino, Staino, Silver, Munoz, Bonvi, Magnus.

Avvicinare Gianluigi Bonelli oggi non e' facile, data l' eta' avanzata del "papa' " di Tex. Tuttavia, con l' aiuto del figlio Sergio (anch' egli autore di numerose storie), siamo riusciti a fargli avere alcune domande, cui ci ha cortesemente risposto a breve giro di fax. Per prima cosa, gli abbiamo chiesto se si aspettava, 45 anni fa, che il fumetto appena creato avrebbe avuto tanto successo. "Nessuno di noi immaginava . ci ha risposto . che l' albetto a strisce che stavamo presentando sul mercato avrebbe avuto una vita editoriale tanto lunga. Non ebbi nemmeno la malizia di fare una scaletta per impostare il futuro del personaggio. Un senso di casualita' tipico di quegli anni". Ma il West di Tex e' piu' debitore alla storia o al cinema? "Ho sempre privilegiato il mondo della fantasia. La presenza in questa mostra di set cinematografici mi sembra un doveroso omaggio a quell' ispirazione che, inevitabilmente, mi e' venuta dai film degli Anni ' 40 e ' 50: le pellicole con i cowboys classici, interpretati da attori come Gary Cooper, John Wayne e Randolph Scott. Comunque, piu' che nei confronti del cinema, mi sento debitore verso i grandi scrittori avventurosi degli Anni ' 30. Primo fra tutti quello Zane Grey che, sconosciuto da noi, e' stato invece in America un vero e proprio colosso del genere western, autore di romanzi straordinari".

A Sergio Bonelli abbiamo invece chiesto se, col tempo, nelle mani sue e dell' attuale sceneggiatore Claudio Nizzi, il personaggio di Tex sia cambiato e come. "Nonostante gli sforzi . ci ha confessato . qualche cambiamento c' e' stato: e' diventato un po' riflessivo, meno irruente. Questo anche perche' , a nostro giudizio, cinema e Tv hanno creato un tipo di lettore piu' interessato all' aspetto psicologico e, di conseguenza, a trame meno dinamiche ma piu' complesse. Inoltre, si e' cercato un maggior confronto tra fantasia e realta' , per trasmettere, col divertimento, una dose di informazione".

Marco Piccardi

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Tex Willer, il comunista

L' editore del fumetto ( Sergio Bonelli ) pubblicizza " IL MANIFESTO " ed e' ancora polemica fra i lettori.


MILANO . Ma Tex Willer e' di sinistra? La risposta istintiva in un incallito "texofilo" sarebbe: "E chi se ne frega?". In un "texofilo" di sinistra, o che perlomeno legge il manifesto, invece, la reazione e' , ovviamente, problematica. Per uno, il ranger e' un presunto difensore di deboli e oppressi; per un altro, e' un "lottatore contro i soprusi che in 40 anni non ha mai cambiato linea" (capito hai, Cossutta?). Insomma, e' di nuovo polemica sul quotidiano che si definisce comunista, a neppure 15 giorni da un altro dibattito su un tema appassionante, anzi intrigante, indimenticabile, aperto nientemeno che dal presidente del consiglio di amministrazione dello stesso giornale, Valentino Parlato: avere la colf e' di destra o di sinistra? Non e' chiaro come quella querelle si sia conclusa, anche perche' ieri su il manifesto si e' aperta quella riguardante Tex, dall' esito ugualmente incerto, come ogni fumetto (sia pure impegnato) che si rispetti. Di sicuro vi e' che Tex fa discutere piu' di Dario Fo, Franca Rame e Alba Parietti. Tutto ha inizio il 22 gennaio quando il giornale dedica meta' dell' ultima pagina a Sergio Bonelli, 60 anni, responsabile del' omonima casa editrice che pubblica Mister No, Zagor e i mitici Dylan Dog e Tex. Bonelli, figlio del fondatore Gianluigi, oggi 83 anni, e' ritratto mentre legge Tex con al fianco la scritta: "Leggo sempre il manifesto perche' rivolge particolare attenzione ad argomenti che mi affascinano e che mi aiutano professionalmente, come quelli dell' avventura e del fantastico. Per cui mi abbono. Abbonatevi anche voi". Nei giorni precedenti lo stesso invito era stato lanciato da personaggi e gruppi diversi (Altan, Parietti, Fo, Rame, Siusy Blady, Silvio Orlando, Angese, Paolo Rossi, Gialappa' s band, Avanzi...). Ma nessuno ci aveva badato. Ieri, sul giornale, ecco che sul "testimonial" Bonelli compaiono due lettere contrastanti, che poi diventano una sorta di referendum sul pistolero. Un lettore (Ezio Di Sanza, Napoli) accusa: la cultura di Tex e de il manifesto (e della sinistra) sono all' opposto; un altro (Luca Brasca, Firenze) e' entusiasta. Il quotidiano, astutamente, "spara" il dibattito, titolando a tutta pagina "Ma Tex e' di sinistra?". "Ma che ne so io . sbotta Sergio Bonelli, tra il divertito e lo scocciato (e comunque sollevato per non essere lui l' omonimo primario ospedaliero ferito a rivoltellate lunedi' a Milano) .. Povero Tex, sono 40 anni che gliene dicono di tutti i colori. Nel ' 68 poi ogni parola veniva passata al microscopio. Ma son passati 30 anni, e sono stupito che l' argomento salti di nuovo fuori in tempi di disimpegno, rilassamento generale. Anch' io sarei capace di estrapolare frasi singole dalla Bibbia o dai Promessi Sposi e attaccarvi sopra un' etichetta. E pensare che e' tutta una vita che sto attento a calibrare le parole, le situazioni, a spogliarmi delle mie idee e ideologie per non influenzare ne' offendere nessuno. Io ho solo la presunzione di raccontare storie che appassionino, me per primo, senza voler approfittare mai, per nessuna ragione, della tribuna potenziale che ho a disposizione". Allora come mai ha accettato (gratuitamente) di fare da testimonial' "Ma perche' me lo hanno chiesto. Io, da fumettaro di professione, con il manifesto ho un frequente, simpatico e spesso critico rapporto epistolare perche' esso e' uno dei pochi quotidiani che segua con assiduita' il mondo dei fumetti, della fantasia, dell' avventura. Ma io sono un borghese, lettore di tanti quotidiani (Gazzetta dello Sport esclusa), soprattutto del Corriere. E se Il Corriere della Sera me lo avesse chiesto, sarei stato disponibile". Tex non sara' quindi una tribuna elettorale? "Ma per carita' ! In 35 anni non ho mai abusato della potenza del mio eroe. Non ho mai manifestato le mie preferenze politiche e neppure quelle calcistiche, anche se mi considero un competente del pallone. Ma quante volte sono stato tentato di proporre la formazione della Nazionale...".

Costantino Muscau


Articolopubblicato sul Corriere della Sera il 29 gennaio 1992

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  • 1 mese dopo...
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Un'avventura che comincia a Pamplona, negli Anni Cinquanta, accanto a Hemingway e a Deborah Kerr ''Io, piccolo Tex, al caffe' con Papa''


di ALBERTO GEDDA

La STAMPA, 30 Agost 2008.


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La libreria e' sterminata: un intero appartamento a due passi dalla Fiera ?storica? di Milano. Migliaia di volumi che riflettono interessi disparati ma riconducibili tutti a una grande curiosita'. Dalle Lettere di Cicerone alle pompe di benzina negli Usa, dall'etnografia ai grandi viaggi, dagli indios amazzonici ai nativi del Nordamerica all'epopea del Far West. Naturalmente. Perche' questo e' l'appartamento libreria di Sergio Bonelli, il signore del fumetto italiano, nato a Milano nel 1932. Piu' sotto, nello stesso palazzo, c'e' la redazione dove nascono Tex Willer, Dylan Dog, Martin Myste're, Zagor, Nathan Never, Julia, Dampyr, Brendon, Magico Vento, Jan Dix... e anche in queste stanze, tra decine di redattori e uffici, ci sono ordinati scaffali di libri che portano verso l'altra grande libreria della redazione, vero cuore di questa fabbrica della fantasia. E qui, tra sculture e quadri, soldatini e juke box Wurlitzer, slot machine e coccodrilli di bronzo, Bonelli e' al lavoro sul tavolone invaso da pile di sceneggiature e montagne di pagine fumettate da controllare. ?Sono nato e cresciuto in mezzo ai fumetti e ai libri. I fumetti li portava a casa mio padre, Giovanni Luigi Bonelli, vulcanico sceneggiatore, scrittore, anima del Vittorioso. E anche i libri me li portava lui perche', come mia mamma Tea, ci teneva a che io leggessi, che fossi curioso di conoscere e di scoprire attraverso le pagine dei grandi autori?. Quali? ?Facciamo un passo indietro. Mio padre si e' sempre considerato un romanziere prestato al fumetto e mai piu' restituito. Ha scritto alcuni romanzi di stile salgariano (I fratelli del silenzio, Le tigri dell'Atlantico, Il Crociato nero) e uno western, Il Massacro di Goldena, ora ristampato e allegato all'albo di Tex in edicola a giorni. Lui aveva una grande passione per la letteratura di genere medievale, mentre per l'editore Lotario Vecchi traduceva Jack London e poi si immergeva nei suoi romanzieri preferiti: Spillane, Chandler, Hammett, Cheney...?. E quali di questi libri suo padre le passava da leggere? ?Nessuno. Pero' c'era una valanga di fumetti che venivano commentati in casa dai maggiori autori: Paparella, Albertarelli, Molino, Canale, Chiletto. Finche' un giorno papa' mi fece trovare la ''Scala d'oro'' della Utet. Una serie di libri che ha fatto sognare moltissimi bambini degli Anni Trenta con L'Asino d'oro, Bertoldo, Alice nel Paese delle Meraviglie... Ero affascinato soprattutto dalle illustrazioni di Gustavino, Moroni Celsi, Bernardini. Una grande collana (che e' conservata nell'alloggio libreria, ndr) che papa' aveva comperato a rate. Poi arrivo' anche la ''Bibliotechina Salani'' e mi innamorai di Salgari?. Tanti libri per un ragazzo immerso nei fumetti. ?I fumetti non distolgono certo dai libri ma, anzi, allenano a leggere. Quando trovai in casa la ''Collana Romantica Sonzogno'', partii nell'avventura sconfinata di Zane Grey (che mio padre adorava), del Bozambo di Edgar Wallace, She di Rider Haggard.. . e arrivai a Joseph Conrad: il suo Cuore di tenebra e' ancor oggi il mio feticcio, la mia inseparabile coperta di Linusè. E siamo agli anni del liceo. ?Scopro Hemingway, Scott Fitzgerald, Faulkner e mi prendo una grande cotta per Furore di John Steinbeck. Non avrei mai immaginato che, qualche anno piu' tardi, a Pamplona (dov'ero arrivato dopo cinque giorni di viaggio in auto da Milano con l'amico Paolo Ferrari), mi sarei ritrovato in un Cafe' seduto accanto a Ernest Hemingway, Anthony Quinn, Orson Welles e alla splendida Deborah Kerr. Allora, negli Anni Cinquanta, i turisti erano rari e quei pochi erano coccolati dagli spagnoli che avevano una grande ammirazione per Hemingway. Lui ne aveva capito l'anima soprattutto con Un'estate pericolosa, scrivendo di due toreri: Luis Miguel Dominguin e Antonio Ordonez. Hemingway era un uomo affascinante, che persino fisicamente sovrastava tutti e che tutti rispettavano?. Pamplona e' l'inizio dei viaggi che l'hanno portata quasi ovunque, dalla foresta brasiliana al deserto sahariano. ?Mi e' sempre piaciuto viaggiare, conoscere gente e abitudini, correndo qualche rischio per dare il giusto sale all'"esplorazione". Per questo mi sono sempre mosso con amici esperti, soprattutto archeologi, etnologi. E poi il viaggio, per me, e' sempre intimamente connesso con la lettura, perche' prima di partire mi immergo nei libri che parlano dei luoghi che visitero' e dai quali, poi, portero' a casa un mucchio di volumi sugli argomenti piu' diversi. Ho almeno cinquanta titoli sugli Zulu', e altrettanti sui Cangaceiros, sui Thugs o sulla rivolta dei Boxer... Cosa me ne faccioè Mah! Forse ne sarebbero sufficienti uno o due per argomento, di sicuro saprei quanto mi basta, pero' sono fatto cosi': mi riempivo le valigie di libri che poi mi trascinavo dietro appesantendo notevolmente il mio bagaglio?. Che libri si portava in questi viaggi avventurosi? ?Lo stretto indispensabile. Guide, testi di approfondimento su quanto volevo vedere, conoscere: del resto mi ero gia' letto quasi tutto a casa. Adesso per documentarti basta andare su Internet e dalla rete ti arriva di tutto su tutto e cosi' guardo i miei libri con affetto e malinconia: li conosco uno per uno, di ciascuno ricordo la vetrina o la bancarella dove ci siamo incontrati. Saro' nostalgico, ma continuo a preferire lo sfoglio di un libro allo schermo di un computer che, tra l'altro, non saprei neppure accendere...?. Dopo l'innamoramento per Hemingway e per i grandi della letteratura americana cosa e' venuto? ?Molto. Negli anni tra il liceo e l'universita' scopro Giovanni Papini, Ignazio Silone, Alberto Savinio, Giovanni Comisso... autori che scrivono di cose comuni, della straordinaria quotidianita', che mi portano in una dimensione piu' intima. Sono loro molto grato, anche perche' mi hanno dato un "codice" di lettura che non ho piu' abbandonato insieme ai fumetti e al cinema, altro mio grande amore. Mi sono formato in una lettura attenta e selettiva, anche se in Casa editrice acquistiamo decine di libri ogni mese?. E questo ?codice? cosa le fa scegliere per le sue letture private? ?Diciamo piuttosto cosa non mi fa scegliere. Diffido dei best sellers, dei romanzi strillati dalla pubblicita' e dai media che poi trovi allineati sotto gli ombrelloni. E diffido degli autori troppo presenti, in tivu' e sui giornali, in una trottola continua. Preferisco rileggere, anziche' leggere perche' lo impone il mercato. Cosi' il Codice Da Vinci di Dan Brown prende la polvere mentre, per l'ennesima volta, ritorno ne Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati. Da molti anni mi sono indirizzato sulla saggistica: cinema, guerre coloniali, viaggi (Bruce Chatwin e Cino Boccazzi che scrive di Sahara) e naturalmente western, grazie alle mie spedizioni negli Usa e alla straordinaria biblioteca storica che ho acquistato da Rino Albertarelli. E, soprattutto, amo leggere gli autori amiciò. Nel senso? ?Nel senso che do la preferenza a chi conosco, a chi sento vicino. Oreste del Buono mi piace quando scrive di storie al femminile che ricordano certi film di Pietro Germi, apprezzo il raffinato Gianni Clerici e Alberto Ongaro che e' anche un bravo sceneggiatore di fumetti. E poi ci sono gli scrittori che ti porti nel cuore e che ti attraversano la vita?. Chi, ad esempio? ?Mario Soldati, Graham Greene, Boris Vian, alcuni scritti di Alberto Arbasino. Sul comodino, come si dice, ho Tempo di uccidere e Diario notturno di Flaiano e Lo Straniero di Albert Camusè. Un lettore attento, selettivo, innamorato comunque dei libri, della scrittura. Questo la facilita nella sua professione di editore e di sceneggiatore (con lo pseudonimo G. Nolitta ha scritto storie di Zagor, Tex, Mister No e altre) all'interno della sua grande bottega del Fantastico e dell'Avventura? ?Mah! Naturalmente leggo tutti i fumetti che pubblichiamo, ed e' un lavorone come puo' vedere dal mio tavolo, ma li correggo quando sono gia' disegnati. Fatico a visualizzare una lunga sceneggiatura, mi trovo meglio con i soggetti di poche pagine che trasformo automaticamente in immagini cinematografiche che mi permettono di valutare l'idea narrativa. Come autore ho il panico della pagina bianca, eppure di testi ne devo scrivere un mucchio per prefazioni, presentazioni e rubriche varie. Ma mi conforta il fatto di sapere che chi mi leggera' e' un amico: perche' in questi anni, tanti anni, si e' instaurato tra me e il lettore un bel rapporto e cio' mi mette a mio agio, non mi crea ansia. Cosi' posso raccontare e ricordare, serenamente, rifacendomi all'aneddotica di fumetti, letteratura, cinema. E' il privilegio dell'esperienza. Con il conforto di migliaia di libri. Tutti conosciuti e amati?. La vita. Sergio Bonelli, figlio d'arte (suo padre Giovanni Luigi e' l'artefice di ?Tex?), e' nato a Milano il 2 dicembre 1932. Editore (negli Anni Sessanta approdo' alla guida della Cepim, che diverra' la Sergio Bonelli editore) e sceneggiatore di fumetti, dal western al fantasy alla fantascienza. Le opere. Con lo pseudonimo Guido Nolitta, Sergio Bonelli ha scritto storie di Zagor (creato nel 1961), Tex, Mister No (nasce nel 1975, il fumetto e' ambientato in Amazzonia, a Manaus). Ha, tra l'altro, anche scommesso su fantascienza (?Nathan Never?), fantasy (?Zona X?), horror (?Dylan Dog?).

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Quel fumetto tra cinema e romanzo ecco perchè Tex Willer piace a tutti

di MICHELE SERRA

Repubblica è 31 gennaio 2007


Se quasi tutti vogliamo bene a Tex Willer è anche perchè la sua lunga saga editoriale è sempre riuscita a sottrarsi alle stucchevoli classificazioni "politiche" che hanno via via contaminato (e banalizzato) molti degli oggetti della cultura popolare. Tex non è di destra n° di sinistra. Non lamenta discriminazioni da parte della "egemonia culturale della sinistra". N° vanta l' ambiguo merito di essere "politicamente scorretto" per il semplice fatto di essere un rude cow-boy che risolve a cazzotti e a pistolettate quasi tutti i conflitti in cui incorre. Tex è unicamente Tex, ha lo stesso calibro ludico (e la stessa fisionomia, direi) dei soldatini di plastica o di stagno con i quali ci si diletta da bambini. Ecco, Tex è precisamente un gioco, una toy-story che sovente lega l' infanzia all' età adulta. Il grande merito di Sergio Bonelli, suo autore e tutore, è di avere concepito con grande serietà questo gioco, di averlo munito di scenari di spessore cinematografico, di una densit? narrativa da "vero" romanzo d' avventure, con tanto di sfumature sentimentali e psicologiche, co-protagonisti ciascuno dotato di una sua storia, il classico "piccolo mondo" bene architettato senza il quale nessun personaggio ha l' agio di vivere a lungo. Nessun gioco, del resto, vale davvero se non è serio, come sanno bene i bambini che ci si applicano con laboriosa passione, e come sanno bene gli adulti quando siano giocatori. Per questo gli albi di Tex, in molte case, sono bene allineati sugli scaffali, con il rispetto che si deve a ciò che dura. L' arte popolare produce di questi piccoli miracoli di cura, luoghi "leggeri" che incarnano però il talento e la dedizione di chi li produce, e la conseguente gratitudine di chi li frequenta. Bonelli è un ottimo conoscitore della letteratura d' avventura americana. Se Tex non è mai stato considerato "fumetto d' arte", gode però da sempre della considerazione (anche critica) che si deve al pop ben confezionato, alla maestria produttiva che dovrebbe essere sempre applicata anche ai prodotti di massa, e invece lo è molto di rado. Se tutti gli autori di cultura popolare (penso soprattutto alla televisione) lavorassero con la stessa cura, lo stesso rispetto per il prodotto (e per il pubblico) incarnati da Tex, avremmo molte meno occasioni per lamentarci della dozzinalit? che ammorba lo sguardo collettivo. In un colloquio di pochi anni fa, Bonelli introdusse, nella mia devozione al fumetto come genere, un elemento sorprendente, al quale non avevo mai pensato: una storia a fumetti - disse - è comunque piuttosto complicata da interpretare. Per lo sguardo televisivo dei nostri giorni, la pagina ricca e frammentata del fumetto è ostica, perchè bisogna collegare logicamente i disegni, la parola scritta, le didascalie. Ricostruire la storia. La flessione commerciale del fumetto (che ebbe il suo grande boom negli anni '60 e '70) può dunque essere ricondotta al complessivo ripiegamento culturale del quale abbiamo percezione: perfino un fumetto popolare, privo di implicazioni "snob", rischia di slittare nel novero dei prodotti "colti", tanto incolta minaccia di essere la media dei consumi di massa, inerti, passivi. Del resto basta sfogliare uno degli albi di Tex per coglierne l' accuratezza grafica, l' ottima qualità del disegno, la forza evocativa dei fondali, la grana narrativa mai sciatta, i dialoghi efficaci e spesso divertenti. Di prodotti italiani pop ugualmente di vaglia ce ne sono pochissimi. Bisogna risalire a trenta e più anni fa, al cinema internazionale di Sergio Leone o a quello molto nazionale ma magistrale e della commedia all' italiana, per trovare la stessa eccellenza applicata a linguaggi extra-colti, diciamo così, cioè per larghissimi pubblici. In questo senso Tex è un sopravvissuto, espressione degli anni migliori della cultura popolare italiana. E il fatto che continui a godere di ottima salute ci rallegra molto. E' un piccolo segno di vivezza in un Paese che comincia davvero a sentirsi vecchio.

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E Tex uccise il "Corrierino"




Il settimanale che educ? i figli della borghesia è morto. Il ranger anarcoide resta il fumetto più amato d'Italia





Cent?anni dalla nascita sono un anniversario molto particolare. Nel senso che lo si può celebrare da vivi o da morti. A pochi giorni di distanza ci sono stati il centenario della nascita di Giovanni Luigi Bonelli, lo sceneggiatore di fumetti creatore dell'eroe western Tex (nato il 22 dicembre 1908), e del ?Corriere dei Piccoli?, lo storico settimanale a fumetti (che ha esordito il 27 dicembre dello stesso anno).

Ma Bonelli pur se defunto (ma da non troppi anni, è morto nel 2001) è ancora vivissimo: ?Tex? è sempre il mensile a fumetti più venduto in Italia, è la testata di punta della Sergio Bonelli Editore (Sergio è il figlio), leader con la Disney del mercato italiano.

Invece, ?Il Corriere dei Piccoli? (che ha chiuso definitivamente nel 1995) sembra quasi sparito dalla memoria della nostra cultura popolare. Certo, le Poste l'8 novembre 2008 hanno fatto uscire un francobollo commemorativo, nello stesso mese Rizzoli ha pubblicato ?Il secolo del Corriere dei Piccoli? con la ristampa integrale di vari numeri del settimanale. Ma ?Il Corriere dei Piccoli? è irreversibilmente morto. E probabilmente grazie al ?peccato originale? delle sue origini. Nasce infatti, all'inizio come allegato del ?Corriere della Sera?, con uno scoperto intento pedagogico, per inculcare i valori dell'Italietta monarchica nelle menti dei figli della nascente borghesia. Non a caso venivano sè pubblicate strisce a fumetti americane (come Bib? e Bib?, in originale The Katzenjammer Kids), ma sostituendo le nuvolette con filastrocche in rima baciata giudicate più ?educative?.

Ci sono stati in effetti grandi fumetti nella storia del ?Corrierino? (come veniva familiarmente chiamato), il Signor Bonaventura di Sergio Tofano è entrato nell'immaginario di più generazioni di lettori, a partire dagli anni Sessanta il settimanale ha ospitato grandi autori italiani come, fra gli altri, Hugo Pratt, Benito Jacovitti e Grazia Nidasio. Ma è sempre stato il settimanale comprato da mamma e pap? per i figli, non il fumetto che i ragazzi leggono di nascosto dai genitori come il ?Tex? delle origini.

Il personaggio creato nel 1948 da Bonelli e dal disegnatore Aurelio Galleppini è stato subito bersagliato dalla censura, come racconta Sergio Bonelli nel libro intervista con Franco Busatta ?Come Tex non c'è nessuno? (Mondadori). Donne troppo scollate, troppe sparatorie. Massimo Fini in ?Il ribelle dall'A alla Z? (Marsilio) scrive: ?Si intuiva che le donne gli erano tutt'altro che indifferenti. Non lo si vedeva in alcun modo, ma si sapeva che Tex scopava?.

Tex è quello che agli italiani piacerebbe essere: è invincibile, insofferente a ogni autorit?, rispettoso soltanto delle leggi che lui stesso si è dato, nemico di tutti i potenti, essenzialmente anarcoide. Lo stesso Bonelli, ?il Vecchio? (come lo chiamavano in redazione), narratore di razza, ha detto: ?Tex è un raddrizzatore di torti uso a dar ragione a chi ce l'ha, senza badare al resto?. Quando Tex pesta a sangue senatori corrotti, allevatori criminali, generali boriosi realizza le aspirazioni segrete di molti lettori.

Ecco perchè da oltre sessant?anni se ne va in giro per l'America con la sua combriccola (i ?pardsè, li chiama lui), l'amico di sempre Kit Carson, il figlio Kit e l'indiano Tiger Jack a raddrizzare torti e a divertire i lettori. Se mai rinascer? il ?Corrierino?, come auspicano schiere di ex lettori, dovr? togliersi il ?peccato originale? del pedagogismo e mettere nel suo Dna un po' della sana anarchia di Tex.


Articolo di STEFANO PRIARONE - La Stampa, 15 Gennaio 2009.

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Sergio Bonelli: Cosè creo Tex un giusto che difende i deboli



Articolo di Stefano Rossi, pubblicato il 29 gennaio 2007 su Repubblica.



Sergio Bonelli, 74 anni, è il principale editore di fumetti italiano. Figlio del creatore di Tex, Gianluigi Bonelli, è stato anche uno sceneggiatore che definire prolifico è poco, avendo scritto 5.160 pagine per Tex e 35.000 in totale (?veramente me ne mancano 25 per arrivare a quel numero?), tutte con lo pseudonimo di Guido Nolitta, un nome pescato a caso quarant' anni fa dall' elenco telefonico di Milano. Nel 2004 è stato insignito di una laurea honoris causa in Scienze delle Comunicazioni dalla Sapienza di Roma. Con questa ristampa di Repubblica tornano in edicola volumi e albi pubblicati dal 1948 in poi. Stavolta, però, sono a colori. ?? una cosa in più che vogliamo dare al lettore. Ho sempre fatto così con ogni numero 100 e multiplo di 100 delle mie serie e in questo caso ci possiamo avvalere di tecniche tipografiche avanzate?. è quindi al tempo stesso una novità e una tradizione bonelliana. ?Abbiamo scelto un colore non invadente e c' è un motivo. Le vignette di Aurelio Galleppini sono molto ricche, piene di particolari, disegnate con una tecnica che esalta il bianco e nero. Il colore è bello quando non viene usato per comodit?, per coprire le magagne di un bianco e nero scadente. Io, che ritengo di impiegare alcuni tra i migliori disegnatori d' Europa e forse del mondo, voglio far apprezzare nelle mie tavole ogni segno, ogni pennellata. Anche per Galleppini, dunque, il colore deve contribuire a valorizzare il disegno ed è quanto abbiamo cercato di fare con questa nuova uscita?. I primi albi di Tex sono la fondazione di un mito che resiste da sessant' anni. ?? storia che Gian Luigi Bonelli all' inizio puntasse di più su un eroe mascherato, Occhio Cupo. Inoltre, all' epoca c' era la concorrenza di parecchie altre serie western, molte scritte proprio da mio padre. Il pubblico era di ragazzini, tanto che il Piccolo Sceriffo dell' editore Torelli vendeva molto bene?. Eppure... ?Eppure Tex regge e conosce un successo sempre maggiore. Il vero boom giunge con il cambio di formato dalle strisce all' albo, e di pubblicazione da settimanale a mensile. Il nuovo formato, con più pagine, si adatta meglio alla scrittura letteraria di Bonelli senior, mentre il pubblico è cresciuto d' età e chiede storie adulte, non per bambini?. Cosè il ranger prende il volo. ?Malgrado di Tex dicessero che fosse troppo "scritto". Ma era la sua forza. Mio padre leggeva di tutto, da Jack London ai romanzi western di Zane Grey e Louis L' Amour, fino a Mike Spillane. Si devono anche al genere hard boiled i dialoghi diretti, moderni e un po' ruvidi di Tex. E fu così che sulla porta di una chiesa, ad Alassio, vidi il cartello con le letture sconsigliate. Tex era ammesso "per adulti con riserva"?. Quali sono le domande che non vuole più sentire? ?Quelle che ignorano il patto di complicità fra autore e lettore, per cui è la fantasia del lettore a riempire i vuoti lasciati dall' autore, come succede in una sequenza in cui l' eroe spara a più non posso. So anch' io che deve ricaricare, ma lo fa fra una vignetta e l' altra. Non mi piace sentirmi chiedere se Tex va a donne, se è di destra o di sinistra, se verr? mai in Italia. Sono più benevolo sul dilemma della pronuncia: Viller o Uiller. Anch' io dico Mandrache?. Ha mai pensato di scrivere l' ultimo episodio come ha fatto per Mister No, e di tenerlo da parte per la chiusura della saga, quando mai avverr?? ?No, e non lo farà mai. Non avrei il coraggio di decidere al posto di mio padre il destino di un personaggio che era così suo, anche se conoscendolo posso immaginare che avrebbe fatto scomparire Tex in modo epico e misterioso?. Qual è il segreto della longevit? di Tex? ?L' affetto per un' epoca, quella western, che suscita ancora nostalgia, la nostalgia di un mondo difficile nel quale un uomo giusto difende i deboli, in nome di valori universali che nella società odierna sembrano, ma non sono, passati di moda?.

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L'arte sacra di Aurelio Galeppini



Articolo di Gianni Olla per La Nuova Sardegna è 07 maggio 2004



Domani e domenica, in occasione di ?Monumenti aperti? (la manifestazione che invita i cittadini a visitare musei, siti archeologici, chiese storiche e altre bellezze vecchie e nuove della città), la lista dei luoghi segnalati include un titolo apparentemente misterioso: ?Cappella dell'istituto San Vincenzo de? Paoli: tele e Via Crucis di Galleppini?.

Per chi non lo sapesse Aurelio Galleppini, scomparso nel 1994 all'età di 77 anni, è stato il creatore della figura di Tex Willer, inventato nel 1948 dallo scrittore Gian Luigi Bonelli. Suo non è più (dal ?94 appunto) il disegno nelle copertine degli albi mensili (che hanno superato i cinquecento numeri e che ancora risultano tra i più venduti nell'universo del fumetto italiano), ma le inquadrature delle prime pagine rappresentano il marchio esplicito che l'editore ha segnalato anche con una scritta: Tex è un personaggio di Gian Luigi Bonelli realizzato da Aurelio Galleppini. Ma negli anni cagliaritani Tex non era ancora nato. Galep, così si firmava quando divenne famoso (e così segn° nel 1984, al suo ritorno in città per una mostra, le tele di San Vincenzo, che aveva quasi dimenticato) visse negli Anni 20 a Iglesias con la famiglia e torn° in Sardegna alla fine della guerra. Si arrangià insegnando disegno privatamente (ma tenendo anche un corso al liceo artistico di Cagliari), costruendo libri d'arte con l'amico Marcello Serra, ma soprattutto realizzando reclames per i locali cinematografici o per le attività commerciali più disparate. In occasione di una mostra esposta qualche anno fa al Lazzaretto (?Galleppini prima di Tex?) Bepi Vigna recuperò molti pezzi che si ritenevano perduti e qualche preziosa testimonianza.

Tutto questo materiale, e altro ancora rinvenibile negli archivi delle case editrici nazionali, indica che nel 1945/46 Galep era già molto dotato e soprattutto molto quotato in campo nazionale. Queste qualità da grande illustratore non sono visibili, paradossalmente, nei primi albi di Tex. Almeno per i primi dieci numeri, i disegni sembrano un po' tirati via sul piano grafico: manca soprattutto quella ricchezza di particolari, di dettagli, di ombreggiature, di chiaroscuri che rimangono il controcanto fondamentale della chiarezza con cui ha sempre visualizzato i personaggi.

Ma, ovviamente, la sua presenza a Cagliari in veste di pittore religioso di gloriosa memoria non deve farci parlare di capolavori ritrovati. Non solo altre volte, infatti, si è parlato di queste tele, ma certamente il giudizio più motivato può semplicemente sottolineare che nel Novecento, epoca di riproducibilit? tecnica dell'arte, anche i pezzi unici risentono del clima generale: cioè il potere delle immagini seriali (cinema, fumetti, illustrazioni per libri e romanzi) che obbediscono a criteri di fruibilit? di massa. Dunque l'inserimento della ?Stazione Galep? nel viaggio attraverso l'arte e la storia cittadina, è semmai un segno di opportuna curiosità culturale, antisnobistica e antielitaria.

Tre sono i cicli dipinti dal disegnatore: il primo, e principale, è dedicato alla storia vincenziana. Quattro sono le grandi tele: una sulla sinistra e tre sulla destra della cappella. La più interessante è purtroppo guastata dall'umidit? delle pareti (le tele sono troppo vicine al muro): si vede Maria Madaleine Fontaine, superiora vincenziana, salire al patibolo nel 1794, negli anni del terrore giacobino. In una disposizione grafica obliqua, al vertice si trova il boia, che sembra già un bellissimo ?vilain° da film o da fumetto. E sebbene l'eroina del quadro sia la religiosa, si nota una accenno di drammaturgia visiva che assegna un posto rilevante al cattivo, da sempre più interessante e più attraente dei buoni.

A fianco di questa tela, un'immagine meno drammatica: suore vincenziane che fanno la carit? all'uscita della chiesa. E, ai margini della parete, un'ultima tela, più piccola, racconta l'apparizione della madonna a Santa Luisa di Marillac, altra suora vincenziana. Infine sulla parete di fronte, appare finalmente San Vincenzo assieme alla cofondatrice dell'ordine, Santa Caterina di Laborieux. Il secondo ciclo sta in alto, sopra l'altare, con due lunette che rappresentano la madonna. Infine il terzo ciclo è una Via Crucis completa delle sue dodici stazioni realizzate a olio su cartoncino.

Difficile e neanche interessante sarebbe ripercorrere le storie che stanno dietro ai quadri: Galleppini si è fatto guidare dai libri ufficiali che glorificano l'ordine religioso, impostando le tele su un'iconografia tradizionale, a metà strada tra l'immagine edificante ottocentesca e l'illustrazione letteraria. Di quest?ultima resta, soprattutto nella tela di San Vincenzo, l'antistaticit? delle posture, il gusto per il movimento mutuato appunto dall'illustrazione.

Invece, sono assolutamente di rilievo le formelle della Via Crucis: la narrazione evangelica consent? a Galleppini di lavorare come fosse di fronte a una vera story board. Il gusto plastico e coloristico sarebbe probabilmente piaciuto a Pasolini - che nei suoi film rif? continuamente Pontormo e Rosso Fiorentino - sia per la disposizione spaziale delle figure, sia per le pennellate di colore (i rossi, i turchesi, i gialli, i rossi, i verdi smeraldo) che quasi sbordano dal disegno facendo risaltare ancora di più la drammaturgia esplicita della passione.

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Tex, nella fabbrica delle storie del West


di Stefano Rossi


Repubblica è 28 gennaio 2007



L' editore Sergio Bonelli la definisce spesso "la fabbrica dei sogni". Una fabbrica con una sede immateriale, la rete di contatti fra sceneggiatori e disegnatori che creano le storie delle varie testate, e una sede fisica, gli uffici di via Buonarroti a Milano, dove i redattori verificano, controllano e correggono, sotto la supervisione del direttore generale Decio Canzo e dello stesso Bonelli, che legge ogni singola pagina di ciascun albo. Per Tex la lavorazione è particolarmente complessa, poich? si tratta di un character così ben definito da poter essere trattato quasi come una persona vera. ?Non esiste una ricetta?, spiega Claudio Nizzi, che lo scrive da 23 anni, ?posso usare un personaggio secondario apparso in episodi precedenti, oppure attingere da precedenti storici per inventare un seguito di fantasia. Immagino sempre le sceneggiature a misura del disegnatore. C' è chi tratteggia meglio le scene all' aperto, chi è più espressivo nel far recitare i personaggià. Un equilibrato dosaggio fra consuetudini narrative di genere ed elementi originali è la miscela di Mauro Boselli, l' altra prima firma delle avventure texiane: ?Il western è ripetitivo per natura, è l' iterazione dei temi a creare le basi del mito. La ripetizione consente al lettore di entrare in un mondo che riconosce, tanto più nella dimensione atemporale di Tex. Per introdurre una novità, bastano due righe in un libro di storia?. Anche per Tito Faraci, scrittore sperimentato di fumetti ma autore texiano all' esordio, con cinque albi in lavorazione, ?fissati l' inizio e la fine della storia, in mezzo c' è una strada con molte possibili deviazioni, che cerco di esplorare?. La fabbrica è sempre aperta. Ogni storia copre due o tre albi, per 220 o 330 tavole. Uno sceneggiatore ne manda avanti anche una mezza dozzina, inviando le pagine di testo alla quindicina di disegnatori che lavorano per la serie regolare. In base ai loro tempi, dalle 20 tavole mensili dei più veloci alle 7-8 dei più lenti, si calendarizzano le uscite. Arredi, attrezzi, veicoli, paesaggi, tutto è frutto di un' accurata documentazione. Tex non impugna una pistola qualunque ma una Colt Frontier calibro 44/40 e lo fa perchè la Frontier utilizza le stesse munizioni del suo fucile, il Winchester 73. Cosè, quando deve ricaricare, ogni pallottola è quella buona. Ecco perchè per i cattivi impiombarlo è cosa maledettamente difficile. Portare tutto il lavoro di preparazione su foglio è un' alchimia a volte misteriosa persino per Claudio Villa, autore di tutte le copertine texiane dal 1994, comprese quelle (inedite) delle uscite di Repubblica: ?Ho bisogno di qualche giorno per staccarmi dal disegno che ho pensato nella mia testa e vedere cosa ho fatto davvero. Tex sogno di vederlo sempre a colori come nelle mie copertine, ma so anche che il bianco e nero viene animato dalla fantasia del lettore. Il mio Tex è il frutto di anni passati a cercare di conoscerlo e il suo viso ne esprime la psicologia: occhi non stretti da cattivo ma nemmeno spalancati da ingenuo, un naso arcuato e deciso, una solidit? fisica che d' sicurezza?. Un altro grande disegnatore, Fabio Civitelli, aggiunge: ?Lo scenario ideale è il deserto. Perchè? Non c' è niente e si fa prima. A parte gli scherzi, sceneggiatore e disegnatore, se collaborano bene, si scambiano idee e suggerimenti. In più ora c' è Internet, con le immagini di città del West dell' 800?. Altri tempi da quando Aurelio Galleppini disegnava le Montagne Rocciose guardando le Dolomiti.

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TEX, L'ARCITALIANO



L'eroe di Bonelli e Galep ha compiuto 60 anni




Il più grande italiano a fumetti è texano e vive in Arizona, dove è agente indiano, capo dei Navajos e ranger del Texas (da buon italiano accumula cariche diverse).

Tex Willer compie sessant?anni: è infatti il 1948 quando arriva in edicola un albetto in formato striscia diverso dal familiare formato ?gigante? adottato un decennio dopo. E? scritto da Giovanni Luigi Bonelli e disegnato da Aurelio Galleppini (Galep).

Il successo non è immediato, arriva davvero solo negli anni Sessanta con il passaggio al formato gigante. E ancora adesso vende più di duecentomila copie al mese, è il mensile di punta della Sergio Bonelli Editore (Sergio è il figlio di Giovanni Luigi), leader con la Disney del mercato italiano del fumetto.


Tex è stato (scioccamente) etichettato come fascista negli anni Settanta per i suoi metodi poco garantisti, è stato amato da icone di sinistra come il sindaco di Bologna Sergio Cofferati, ma in realtà è soprattutto italiano. Un italiano diverso dal Sordi o dal Tognazzi della commedia all'italiana.


Spesso i personaggi più famosi in un determinato Paese riflettono il carattere di un popolo: Superman, creato dagli ebrei desiderosi di assimilazione Jerry Siegel e Joe Shuster, è l'alieno (non a caso alien in inglese significa anche immigrato) che diventa più americano degli americani, potentissimo e al tempo stesso gentile, come è (o vorrebbe essere) la superpotenza Usa.


Tex è quello che agli italiani piacerebbe essere: è invincibile, insofferente a ogni autorit?, rispettoso soltanto delle leggi che lui stesso si è dato, nemico di tutti i potenti, essenzialmente anarcoide. Lo stesso Bonelli, narratore di razza, ha detto ?Tex è un raddrizzatore di torti uso a dar ragione a chi ce l'ha, senza badare al resto?. Quando Tex pesta a sangue senatori corrotti, allevatori criminali, generali boriosi, realizza le aspirazioni segrete di molti lettori.


Non ci sono donne accanto a Tex: la moglie, l'indiana Lilyth, figlia del capo dei Navajos, muore presto, fa il suo dovere di sfornare l'erede Kit e di renderlo il leader degli indiani Navajos che sono la sua famiglia, il suo clan, visto che da vero italiano Tex è familista.


Cosè, privo di moglie rompiscatole (gli italiani possono dire di voler essere dei tombeur des femmes, ma in realtà amano soprattutto giocare con i loro amici) può andare in giro per l'America con la sua combriccola (i pards, li chiama lui), l'amico di sempre Kit Carson, il figlio Kit (copia più giovane del padre, ci chiediamo perchè non lo abbia chiamato Pier Tex) e l'indiano Tiger Jack a raddrizzare torti.
E, facendolo, si diverte e diverte i lettori.
Da sei decenni.



Articolo di Stefano Priarone, Novembre 2008

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  • 2 settimane dopo...
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Un'eroe creato pensando all'epopea western!



Articolo apparso su La Nuova Sardegna è 09 settembre 2008



Tutto cominciò per caso. Nel giugno 1948 Aurelio Galleppini, illustratore già famoso, che viveva a Cagliari di commesse ecclesiastiche (suoi gli affreschi alla cappella di S. Vincenzo de Paoli, con una magnifica Via Crucis che ha già la struttura visiva del Tex maturo) e di cartelloni pubblicitari, va a Milano da Tea Bonelli, moglie di Gian Luigi e proprietaria della casa editrice L'Audace. Il progetto editoriale al quale è associato prevede l'uscita autunnale di due serie di fumetti: il primo, dal titolo ?Occhio cupo', avrebbe dovuto essere il fiore all'occhiello della casa: l'eroe una sorta di Robin Hood che agisce durante le guerre settecentesche franco-inglesi nel Canada. Un fumetto dalle pretese quasi aristocratiche. Nei ritagli di tempo, però, Bonelli e il futuro Galep lavorano all'altro progetto, Tex Willer: il nome è forse una derivazione di Tex Avery, illustratore e regista di ?cartoonsè. Il cognome una deformazione di ?killer?, che fu accantonato per non spaventare la censura. In ogni caso, il Tex iniziale è un eroe contro: un fuorilegge, sebbene di animo buono. Ma l'aspetto importante di tutta la vicenda è che i due inventori - e la stessa Tea Bonelli - non ci credono tanto e non gli prestano molta cura. Le storie sono un po' tirate via il disegno di Galep è poco lavorato con il volto del protagonista ripreso da un attore western, Randolph Scott, che, anno dopo anno, finir? per includere - anche per merito di altri disegnatori - diverse figure: Gary Cooper, Joel McCrea, il giovane Wayne di ?Ombre rosse? (soprattutto per la divisa standard: camicia e fazzoletto), James Stewart. Dodici numeri dopo ?Occhio cupo' chiuse i battenti, mentre Tex otteneva un successo strabiliante e inatteso. In ogni caso, già con il numero 3 degli albi, in cui appare il giovane Steve Dickart, alias Mefisto - l'antagonista per eccellenza dell'eroe - il respiro dei racconti si fa ampio, storicamente interessante (? di scena la guerra tra Usa e Messico per i confini del Texas), e con una caratterizzazione dei personaggi che costringe Galep a lavorare di matita e china con molta più attenzione al lato visivo. Pian piano il fumetto prender? le caratteristiche che lo hanno reso famoso: i racconti mutuati dalla letteratura popolare e dal cinema western, la costruzione di un'America ?finzionale? ma spesso basata su riscontri storici e geografici (nelle vignette gli asterischi che citano una frase o un fatto storico si sprecano), la grande gamma di personaggi, una sorta di moralit? di tipo nuovo che prende l'avvio dal fatto che Tex si sposa con una ragazza indiana e diventa il capo bianco dei Navajos, difendendo da allora la sua tribù e gli altri pellerossa perseguitati. Le ragioni del successo iniziale? Forse la grande astinenza ?nazionalista? del periodo fascista. Come si sa il western, complici anche intellettuali della fronda, era considerato, nel Ventennio, una sorta di manifesto libertario, e nel 1939, quando ?Ombre rosse? riusc? ad uscire nelle sale italiane prima del definito embargo, fu considerato da uno spettatore come Tullio Kezich, quasi un film di opposizione antifascista. Insomma, nel dopoguerra, nessuno sfuggiva all'americanizzazione della cultura popolare. Bene o male Bonelli e Galleppini riuscirono nell'impresa di nazionalizzare il western senza ricorrere alle trovate circensi e alle banalit? politico-ideologiche del western italiano di vent?anni dopo.

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Tex Willer, la leggenda con la stella



Articolo di Luca Raffaelli apparso su Repubblica è 26 gennaio 2007



C' è una differenza sostanziale fra Tex e i supereroi del fumetto americano. Non si tratta della mancanza in Tex di superpoteri (in fondo, anche prendere sempre la mira giusta e allo stesso tempo riuscire a schivare sempre le pallottole degli altri è un superpotere, anche se non dichiarato). Il fatto è che Tex (il primo febbraio, in edicola, il primo volume in regalo con Repubblica) ha una stella sul petto. è un ranger, cioè uno sceriffo a tutto campo. Dunque, rappresenta la Legge, lo Stato. Non si tratta di un giustiziere solitario, di un cittadino desideroso di vendetta, di un massacratore che si vuole fare "giustizia" con le proprie mani. No, lui rappresenta una riconosciuta autorit? all' interno di un luogo selvaggio com' è il west e in particolare com' è il west raccontato da Gianluigi Bonelli: un luogo del mito in cui trovano spazio moltissimi elementi tipici della letteratura popolare, dal Salgari di Sandokan al Kipling del Libro della giungla, dal Dumas dei Tre moschettieri al Rice Burroughs di Tarzan. E poi del cinema, ovviamente, e non è un caso che Tex abbia il volto ispirato a Gary Cooper. E poi, ultimo ma determinante, anche dell' Italia in ricostruzione del dopoguerra. Come si sa, i ranch del west sono per lungo tempo disegnate da Galleppini ricordando le fattorie della maremma toscana, ma sono tipicamente italiani anche mobili e suppellettili che si trovano nelle case e negli alberghi del west di Tex. Fino a certi lapsus grafici unici e meravigliosi: come quello che si vedrà nell' ottavo volume: laddove Galleppini avrebbe dovuto mostrare un fiaschetto di latta tipico dei cowboy, disegn° invece un fiaschetto italiano da Chianti, con tanto di vimini intrecciato intorno. E sono tanti anche i riferimenti religiosi del primo Tex, dove le pistole ?sgranano il loro rosario di morte?, il cattivo viene chiamato ?serpente? e lo si uccide spedendolo all' inferno. Non a caso due dei primi, grandi antagonisti di Tex si chiamano Mefisto e Satania. Non c' è dubbio, peraltro, che Tex abbia una natura "divina", che davvero il suo compito sia quello ?di difendere i deboli e gli oppressi e di punire i malvagi, senza discriminazione di razza o di religione!?, come egli stesso proclama. Quando, come si vedrà nel primo numero, nasce fuorilegge, questo accade solo perchè è vittima di un' accusa infamante. E siccome Tex si ritiene senza alcun dubbio possibile dalla parte del giusto, quando diventer? ranger - sempre nel primo numero - anche il suo comandante dovr? subire le sue intemperanze. Nel secondo gli scriver? una lunga, dura lettera che contiene questo passaggio: ?Come tutore della legge voi dovete rispettarla e ciò vi lega le mani. Vi avverto però che da oggi servir? solo la causa della mia giustizia?. Ma con il tempo le cose miglioreranno. Tex ha il tempo di partecipare alla rivoluzione messicana, di sposare Lilyth, figlia del capo dei Navajo (di cui diventer? capo egli stesso con il nome di "Aquila della notte") e anche di ritornare fuorilegge, prima di riprendere la stella di ranger e di cominciare a portarla sul petto con orgoglio. Intanto da Lilyth, che muore improvvisamente di malattia, ha il figlio Kit, che nel giro di qualche avventura diventa adolescente e poi raggiunge l' età sufficiente e necessaria per poter partecipare alle avventure e bere un intero boccale di birra. Insieme al "vecchio" Kit Carson che, al contrario di Tex, può lamentarsi delle scomodit? cui un eroe spesso è costretto ed è capace di colorite imprecazioni (come ?peste, corna e fulmini lubrificati!?) e all' indiano Tiger Jack, che invece è introverso e silenzioso, former? la squadra di pard, cioè di fedeli compagni d' avventura. D' altra parte, Bonelli credeva molto nella forza del gruppo e ?nell' uno per tutti, tutti per uno?.

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Tex sarebbe orgoglioso ma lascerebbe a casa la Colt.
L'Ambrogino a Sergio Bonelli!



Articolo di Stefano Rossi apparso su Repubblica è 07 dicembre 2008



Sergio Bonelli, l' editore di Tex, Dylan Dog e decine di altre pubblicazioni a fumetti, molte delle quali in edicola da decenni, è appena rientrato da un viaggio di lavoro a Parigi e vi torner? oggi pomeriggio, subito dopo la consegna dell' Ambrogino d' Oro. A 76 anni, compiuti martedì scorso, Bonelli è operativo tutti i giorni, nel suo ufficio con i juke box Wurlitzer, i coccodrilli di ferro battuto, le pile di libri marcati da post it a forma di nuvoletta. La premiano e lei ha da fare. Molto milanese, no? ?Soprattutto indica che non pensavo proprio di essere premiato, anche se naturalmente mi fa molto piacere. Se n' era parlato in passato, ma ormai non me lo aspettavo più. Sarebbero stati contenti i miei genitori. Mio padre magari avrebbe sminuito la cosa, com' era sua abitudine, ma in fondo sarebbe stato l' attestato del fatto che loro, e anche io, tutta la famiglia insomma, in vita nostra abbiamo lavorato molto. Se mio padre è più noto per aver creato il personaggio di Tex, penso soprattutto a mia madre Tea, che è stata una delle prime donne imprenditrici del dopoguerra. Una bella signora molto dolce, ma con una grinta non indifferente?. La motivazione di un Ambrogino a Sergio Bonelli non deve arrampicarsi sugli specchi. Lei è nato e ha lavorato qui. ?Ammetto che la milanesit? del premio mi sta a cuore. Ho l' orgoglio di avere portato in giro per il mondo delle pubblicazioni con il nostro indirizzo di via Buonarroti. La prima casa-redazione, prima della guerra, era in via Rubens. Tex è nato nel '48 in un appartamento di via Saffi. Ho frequentato le elementari a 300 metri da dove ho l' ufficioè. De Niro non poteva dire lo stesso. ?Infatti era sbagliato dare l' Ambrogino a lui. Io mi sento uno di Porta Magenta, di quando da ragazzini correvamo dietro al Gamba de legn' , il tram a vapore. C' erano i campi con le lucertole e la roggia con le libellule. Ricordo i soldati americani giocare a baseball nei prati vicino a piazza Brescia. Ripetevano una frase che avrei capito solo molto tempo dopo: let' s go, andiamo. Amo molto Parigi, Londra, New York, però potrei vivere solo qui?. Questo è stato l' anno dell' Ambrogino negato a Enzo Biagi. Tanto che Elio e le Storie Tese hanno rifiutato polemicamente la benemerenza. ?Non mi sento di entrare in valutazioni tecniche, sul regolamento degli Ambrogini, o politiche, che non mi appartengono. Da lettore di molti giornali, di Biagi avevo molta stima, lo seguivo con fedelt?. Posso solo dire che vorrei che l' Ambrogino tornasse a una dimensione quasi artigianale?. Vale a dire? ?Mi piacerebbe una cosa vicina alla città, ai suoi abitanti, alla sua storia. Mi piace pensare a una continuit? con il passato, a quando i miei genitori andavano alla balera di piazzale Lotto come un Jean Gabin e una Mich?le Morgan di una qualche banlieue. Perchè da noi andare in tram, allora, non era un' avventura da poco. Lo prendevamo a Natale, quando mia madre mi portava in piazza Duomo a vedere gli orsacchiotti meccanici nelle vetrine della Rinascente?. Se Milano è cambiata tanto, oggi al suo Tex non piacerebbe. ?Ma no, oggi Tex lascerebbe in pace la Colt e andrebbe dai carabinieri a fare denuncia, come tutti. Dylan Dog non ci potrebbe abitare, Milano non è misteriosa come Londra, non sale il fumo dal Tamigi. Mentre Mister No ha una chance in più ma dovrebbe incarnarsi nella penna di uno scrittore giovane che ce la descriva in modo non convenzionale, cogliendone i fermenti nuovi?. Che cosa significa questo Ambrogino per lei? ?? un riconoscimento al mondo del fumetto, snobbato fino a non molti anni fa dalla cultura ufficiale come nemico della lettura. Lo dedico ai miei colleghi editori che tengono duro e sono ancora in edicola?.

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  • 3 mesi dopo...
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?Io e il mio amico Tex?


Tratto dalla Gazzetta di Modena è 22 marzo 2009


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Dalla via Emilia al West, cantava ormai molti anni fa Francesco Guccini. Un titolo profetico per Claudio Nizzi, fiumalbino doc, modenese d'adozione e autore delle sceneggiature del più famoso personaggio a fumetti italiano: Tex Willer, il Ranger del Texas che lo scorso settembre ha compiuto sessant?anni, davvero senza dimostrarli. E mentre Tex si avvicina alla terza età, il suo autore, che di anni ne ha invece 70, cerca strade espressive inedite, iniziando una nuova carriera come narratore e sfornando la sua prima opera: il divertente romanzo ?L'Epidemia?. Tutti, da bambini, abbiamo fantasticato e sognato, immedesimandoci nel favoloso mondo dei fumetti. E quante volte ci è capitato di immaginare storie, calarci nei panni dei personaggi e costruire trame dove noi eravamo gli eroi, capaci di imprese al limite dell'impossibile. Proprio per tutta questa serie di motivi, abbiamo sempre guardato con un misto di ammirazione e invidia, verso chi queste storie le ha costruite, narrate e disegnate. Per i figli degli anni Sessanta, c'era, e c'è ancora, una figura che ha accompagnato il nostro crescere, il nostro diventare adulti, come un amico fedele, o, per meglio dire, usando il suo stesso linguaggio, come un ?pard'. è Tex Willer, l'indistruttibile Ranger del Texas, granitico, infallibile, politicamente scorretto e accompagnato da una fortuna sfacciata, che lo ha portato a essere ferito di striscio alla tempia almeno 150 volte, ma mai in modo grave, tanto che bastava un sorso di whisky per rimetterlo in sesto. Tex, il protagonista di un mondo costellato da compagni fidati, come il ?vecchio reprobo?, Kit Carson, il figlio, Kit, il Navajo Tiger Jack e i forzuti, se pur non sveglissimi, Pat e Gros-Jean. Ma anche popolato da nemici terribili, come il più famoso, Mefisto, e suo figlio, Yama, vendutisi alle forze del male. è facile, quindi, immaginare l'emozione che può provare un vecchio texofilo, quando ha la possibilità di entrare nella piccola stanza dove il suo eroe nasce e cresce storia per storia: la stanza da lavoro di Claudio Nizzi. Una parete quasi interamente ricoperta con tutti i numeri della serie. Di fronte, per terra una pila infinita di sceneggiature e, di fianco, la scrivania di Nizzi, fiumalbino di nascita, modenese di residenza e con tanto vissuto dietro le spalle. Un personaggio lontano dalle luci della ribalta e che, a settant?anni, ha deciso, come solo chi è ancora giovane dentro, proprio come Tex, che pochi mesi fa ha spento le 60 candeline, di rimettersi in discussione e di incamminarsi, un po' per gioco, un po' seriamente, lungo una nuova strada, quella del romanzo. Pochi mesi fa, così, è uscita la sua prima fatica: ?L'Epidemia?, che ha come sottotitolo: ?I peccatori di Borgo Torre?, un agile e divertente racconto, edito da Mobydick editore, ambientato negli anni ?50, in un immaginario, ma neanche poi troppo, paese del Frignano, nel quale, all'improvviso, le integerrime donne che lo abitano sono colte da un'incontrollabile e inspiegabile epidemia di lussuria, che si interseca con una serie di storie parallele, nelle quali non mancano lettere anonime, spie, chiacchiere da paese e, financo, il morto. Un libro scritto con la leggerezza e la levit? di un dolce fatto in casa e che si legge, e non è uno scontato modo di dire, tutto d'un fiato, come un boccale di birra fresca in un'afosa giornata d'estate. ?Mah, si vede che a settant?anni era arrivata per me l'ora di cambiare - dice Nizzi - Dopo tante sceneggiature di Tex, nelle quali, per forza di cose, c'erano dei vincoli legati alla natura del personaggio, ho avvertito la necessit? di sganciarmi dalla routine e di lavorare senza essere obbligato da uno schema. Devo dire che mi sono divertito parecchio, nello scrivere L'Epidemia, e che ci riprover? presto, con una nuova storia?. Lei è di Fiumalbo. Quanto c'è del suo paese, in questo suo primo romanzo? ?Il paese del libro, a partire dal nome, è completamente di fantasia, così come lo sono le vicende che vengono narrate. Non avrei mai potuto ambientare una storia così nel mio paese. è innegabile, però, che certi fatti, certi personaggi, certe situazioni, mi abbiano dato l'ispirazione. Si pesca nel magazzino dei ricordi dell'infanzia e ci si lascia trasportare. Del resto ho vissuto a Fiumalbo fino al 1954, in pratica negli anni in cui è ambientata la storia e, poich? uno scrittore deve narrare di ciò che conosce meglio, si sa che ognuno di noi resta segnato a vita dagli anni giovanili. Gli anni Cinquanta erano ancora relativamente vicini al periodo fascista, nella cui retorica ho trovato un fertile bacino di spunti?. Lei ha detto di scrivere per sè, per la voglia di rimettersi in gioco, ma i suoi libri saranno letti da altri. Cosa pensa di trasmettere? ?Viviamo in un tempo nel quale la maggior parte dei romanzi sono noiosi, non raccontano niente e mortificano il piacere della lettura. Ho cercato di dare al lettore qualcosa di leggibile, scorrevole, senza essere sciatto, e con una trama avvincente, aiutato da tanti di anni di esperienza nel mondo dei fumetti?. I fumetti, la sua vita. Facciamo un po' di storia, dagli inizi fino a Tex. ?I miei primi lavori, uscirono nel ?62, su Il Vittorioso, storica testata di ispirazione cattolica. Nel 1969, poi, ho iniziato a collaborare con Il Giornalino, ma fino al 1980, anno nel quale sono diventato redattore per il settore fumetti, ho sempre mantenuto il mio posto di lavoro alla Fiat Trattori di Modena, città dove abito dal 1962. Per Il Giornalino ho creato molti personagi, come Larry Yuma, capitan Erik e Rosco & Sonny e ho lavorato con i migiori disegnatori italiani. Sempre nell'80, ho iniziato la collaborazione con Sergio Bonelli Editore, subito con due storie della serie Mister No, poi ereditando il non facile compito di scrivere quelle di Tex, perchè il suo creatore, Gian Luigi Bonelli, era ormai avanti con l'età. Da allora, sono circa 150 le sceneggiature che ho prodotto, senza contare altri personaggi venuti alla luce, come Nick Raider e Leo Pulp?. Parlando di Tex, le storie sono caratterizzate da una quasi totale assenza di personaggi femminili. è per questo che il suo romanzo è un po' ?birichino?? ?Magari inconsciamente, ma può essere davvero così. In Tex, a parte le signore del male, le donne sono del tutto bandite. Sergio Bonelli diceva che quando spuntava la biondina di turno nella storia, lui si annoiava. Forse non aveva torto e credo sia per questo che oggi non ne vuole, nelle storie?. Ahim?, anche Tex si sta piegando al politicamente corretto. ?S?, capisco che i tempi siano cambiati, ma penso che si stia un po' esagerando. Abbiamo dovuto limitargli le sigarette ed evitargli le tradizionali bevute, senn° le varie associazioni protestano. è vietato anche dire ?palla di neve? a un uomo di colore o ?limoncino? a un cinese, altrimenti si è accusati di razzismo. Ma via, erano solo espressioni goliardiche... In quanto al fumo, poi, nel West si inalava veramente di tutto?. Ma come avrà preso il Ranger più famoso delle strisce la svolta narrativa di Nizzi, il quale, di passaggio, nel 1995 è stato insignito dello Yellow Kid, che è un po' l'Oscar dei fumetti? Proviamo a immaginarlo, chiedendo preventivamente scusa a lui, per evitare di essere presi a colpi di colt, e a Nizzi stesso per aver osato tanto. è sera e Tex e Kit Carson stanno bivaccando non lontano dalla città di Laredo. Sul fuoco la caffettiera borbotta e Tex dice a Carson: ?Sai, vecchio cammello, quel satanasso di Nizzi ha scritto un romanzo?. ?Grande matusalemme ballerino! non posso crederci. Sangue di Giuda, l'ho sempre saputo che quel ragazzo aveva dei numeri. Domattina, appena arrivati in città andr? al general store di Joe e gli dir? di scovarmene una copia?. ?Sai che ti dico, vecchio gufo? Dovremo proprio invitarlo a pranzo, una di queste volte. Andremo al saloon sulla Main Street. Bistecca alta due dita, una montagna di patatine fritte e birra a fiumi?. ?Già, poi demoliremo una torta di mele, che io sia dannato se non lo faremo. Del resto quel vecchio tizzone se lo merita: un po' gli dobbiamo la vita?.

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Tex Willer ha sessant'anni


Articolo di Gianni Brunoro apparso sul Mattino di Padova è 09 settembre 2008


<div align="justify">Mesi prima che, nel 1950, il film L'amante indiana rovesciasse l'ottica del rapporto fra ?visi pallidi? e ?musi rossi?, suscitando sorpresa nella critica, Tex Willer era arrivato al medesimo atteggiamento pro-pellirosse. E? un indice di quanto il personaggio fosse fin dai suoi esordi aperto a tematiche innovatrici. In effetti, in quell'anno il personaggio creato da Gianluigi Bonelli aveva sposato una ragazza Navajo, figlia di un grande capo di quel popolo, diventandone egli stesso un membro col nome di Aquila della notte. Tex ha dunque dimostrato molto precocemente il senso e il valore della sua ?modernit??, per cui non c'è da meravigliarsi se egli è ancora ben vivo oggi, dopo sessant?anni esatti da quel settembre 1948 quando ne usc? il primo episodio. Si trattava allora di un albetto denominato ?a striscia? per il suo formato minuscolo, perchè a quel tempo la carta era troppo preziosa e costosa per poterla sprecare. Niente a che vedere con la lussuosa edizione in edicola proprio da oggi, l'episodio intitolato ?Sul sentiero dei ricordi?, scritto da Claudio Nizzi, massimo erede di Bonelli e suggestivamente illustrato da Fabio Civitelli, uno dei più apprezzati nel gruppo dei disegnatori ?storiciò che realizzano Tex. Un volume che non solo è del tutto insolitamente a colori, ma che ha anche in allegato un prezioso omaggio dell'editore ai lettori, che hanno fatto la fortuna della casa editrice. Si tratta di un vero e proprio romanzo di Tex, intitolato ?Il massacro di Goldena?, pubblicato nel 1951 dallo stesso Bonelli. Il quale, prima di ?cadere prigioniero? di questa sua fortunata creatura, aveva ambizioni di romanziere (con alcuni titoli già al suo attivo), tanto da autodefinirsi ?uno scrittore prestato al fumetto e mai più restituito?. Sono alcuni degli elementi capaci di spiegare il ?fenomeno Tex?, vale a dire un eroe di carta praticamente unico al mondo. Innanzitutto per longevit?, perchè sono abbastanza rari quelli che superano i pochi anni di presenza sul mercato. Ma soprattutto per giungere oggi ai sessant?anni di vita editoriale senza mostrare segni di invecchiamento. Ci sono infatti in edicola più collane di ristampe, compresa una in allegato al quotidiano la Repubblica. Il numero oggi in edicola è celebrativo anche di un suo particolare aspetto. Perchè Tex, dopo avere sposato Lilyth, la figlia del capo Navajo, ne è anche rimasto precocemente vedovo dopo pochi anni (a causa di una epidemia di vaiolo, intenzionalmente diffusa da certi loschi trafficanti di whisky, nei cui confronti la vendetta di Tex si abbatter? poi implacabile). Dunque in quest?ultimo episodio, corrispondente al n.575 della serie, durante una lunga cavalcata di trasferimento, Tex è insieme ai suoi ?pard', vale a dire il figlio Kit, il ?collega? di sempre Kit Carson e il fedele amico pellerossa Tiger Jack. E, trovandosi una sera di fronte ai ruderi di una antica missione, essa gli suscita un'ondata di ricordi, da lui rievocati in un lungo flash-back. E? appunto una pericolosa avventura vissuta insieme a Lilyth. E fra l'altro, l'occasione del ricordo gli mette addosso un certo spleen, che ce lo fa vedere sotto una luce inattesa, nel senso che l'episodio si conclude con un Tex crepuscolare, in preda a un momentaneo accesso di malinconia. Molto fugace, si presume. Il mese prossimo sarà di nuovo in pista contro delitti e fuorilegge. - Gianni Brunoro

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