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  1. Poe

    [762/764] Il Mistero del Monte Rainier

    Definisco meglio: per periodo d'oro di Tex io intendevo - e di solito si intende - la fascia dal n 100 al 200. E' evidente che il ritmo delle prime storie a striscia di Tex non è quello attuale: vorresti riproporlo tale e quale oggi? Sarebbe impossibile, lo diceva anche Boselli quando ha iniziato la serie "Tex Willer". Ma mi sa che siamo tutti OT.
  2. Poe

    [762/764] Il Mistero del Monte Rainier

    Secondo me, Diablero, sei tu che mescoli le cose perché alla fine vuoi sempre andare a parlare delle cose che più ti stanno a cuore, ossia la tendenza ad allungare il brodo degli sceneggiatori d'oggi e la tendenza allo spiegazionismo eccessivo. Critiche giuste e che più o meno tutti condividiamo (chi si diverte a leggere storie con poche idee ma "dilatate" artificialmente oppure con dialoghi inutili ed eccessivi?), ma che non erano il centro di questa discussione. Qui non si parlava della NARRAZIONE di una storia e del suo ritmo, si era partiti da un discorso di "equilibrio tra testi e disegni" e di pagine con balloons (e io ho aggiunto anche di didascalie) troppo pieni di parole, ponendo come modello positivo in senso opposto GLB e i suoi dialoghi (o didascalie) sintetici. Ora, le pagine che ho postato di GLB sono sintetiche dal punto di vista narrativo, non c'è dubbio, su questo hai perfettamente ragione, ma non lo sono certo nei testi, che si soffermano con abbondanza di dettagli sugli stati d'animo dell'apache, sui suoni che ode, sul nitrito disperato del cavallo che poi si affievolisce, seguito da un silenzio minaccioso, e poi ci descrive il soffio rauco del diablero, o la lucertola che è incantata dal muoversi della bocca di Milta, ecc. ecc. (tutte cose che nessun disegno riuscirebbe a rendere e nemmeno i pensieri dei personaggi basterebbero). Ma va bene così, sono didascalie "letterarie", è uno stile da romanzo che io apprezzo, ma non lo porrei come esempio per gli sceneggiatori odierni: se venisse usato da uno sceneggiatore odierno, sai le critiche di pallosità di quasi tutti i lettori (anche quelli più tradizionalisti)! Per quanto riguarda i dialoghi troppo lunghi e i ballons carichi di parole (che NON vuol dire necessariamente che siano inutilmente spiegazionistici) facevo notare che anche GLB non scherzava a volte, vedi per es. certe disquisizioni di trenta/quaranta pagine tra El Morisco e i pards. Ma anche questo è uno stile narrativo che a me non dà fastidio (finché si dicono cose interessanti), ma che oggi soprattutto le giovani generazioni - ma non solo - sopportano poco, perché da un fumetto si vogliono più immagini e meno parole. Dimenticando che sei vuoi creare personaggi che non siano bidimensionali devi per forza farne venire fuori il carattere attraverso i dialoghi. Certo. Ma questo è il ritmo delle storie di Tex del periodo d'oro (che la storia ti sia piaciuta o meno è un altro discorso, ma non si può dire che succeda poco). Ragionando così anche "Terra promessa" poteva essere raccontata in soli due albi invece che in tre e mezzo!... Non confondiamo "il brodo allungato" con la narrazione classica estesa tipica di Tex (che non è Ken Parker o Magico Vento).
  3. Poe

    [762/764] Il Mistero del Monte Rainier

    Anch'io!... Ma, come dicevo, non è una critica, è lo stile narrativo dell'epoca, più letterario, ma non lo definirei "sintetico". Ok, ho postato tavole con didascalie belle piene per far vedere che in GLB i testi erano spesso sovrabbondanti, ma potrei postare (non ho tempo adesso) un sacco di altre tavole in cui anche i dialoghi erano altrettanto lunghi, in particolare nelle storie di El Morisco (vedi per esempio "Il fiore della morte" e tante altre) in cui i balloons strabordano di parole e ci sono pagine e pagine di disquisizioni tra El Morisco e i pards. Oppure nel secondo e terzo albo di "Tucson", ecc. ecc. ecc. Ripeto ancora a scanso di equivoci: non è una critica a GLB, a me è sempre piaciuto il suo stile, ma non era così "agile" come si dice adesso.
  4. Poe

    [762/764] Il Mistero del Monte Rainier

    Spesso compaiono paragoni con GLB che era "sintetico" nei dialoghi, non prolisso, ecc. ecc. Be' non è propriamente esatto, anche GLB - quando lo riteneva opportuno - riempiva pagine e pagine di dialoghi, di balloons e didascalie. Non è una critica, è una costatazione e va bene così, all'epoca lo stile era quello. Le sceneggiature più asciutte, sintetiche e cinematografiche sono iniziate - almeno alla Bonelli/Cepim - con Ken Parker alla fine degli anni '70. Per esempio in queste pagine non definirei GLB "sintetico", visto che le abbondanti didascalie spiegano per filo e per segno cosa sta avvenendo nelle vignette, anche quando è una scena d'azione e anche quando non ce ne sarebbe bisogno (cosa normale all'epoca, che adesso darebbe molto fastidio):
  5. Poe

    [762/764] Il Mistero del Monte Rainier

    Il mondo è bello perché è vario, e anche i giudizi sulle storie. Però in certi casi non capisco bene le critiche: Come sarebbe che non c'è un mistero? Tutto questo primo albo è basato proprio su un'atmosfera di mistero (come dice anche il titolo) di cosa sia celato sul monte Rainer: sono davvero sopravvissuti alcuni Gundhar? Sono loro che uccidono i cercatori d'oro che s'inoltrano nella foresta oppure, come più probabilmente, qualcun altro che non vuole venga violata la sua vetta? Quale segreto nascondono il geologo russo e il suo strano assistente? Gli esseri simili a rettili che erano giunti dallo spazio sono ancora vivi? E che intenzioni hanno? Sono rimasti intatti i macchinari visti ne "Un mondo perduto" e avranno un loro ruolo? E le pietre che provocano ustioni? Chi è "il demonio che ha preso Reuben" come dice l'uomo sfigurato che appare nell'ultima vignetta dell'albo? Ecc. ecc. ecc. Tutto questo albo è fatto di misteri su misteri che si accumulano di pagina in pagina. Si potrebbero fare diversi esempi di storie classiche in cui i pards entrano in scena piano piano e il primo albo è dedicato alla preparazione dell'azione e alla presentazione dei comprimari, o degli avversari: se non ricordo male nel primo albo di "Diablero" i Nostri non fanno quasi niente, se non avvicinarsi alla zona dove agiscono i Diableri, mentre tutto l'albo è dedicato proprio a loro e a El Morisco che si reca dagli Apaches minacciati. Oppure il primo albo della "Congiura" è fatto solo di dialoghi tra i pards che arrivano a Frisco e via via incontrano Mike Tracy, Sam Brennan, e poi l'avvocato Bixler e infine Barbanera in carcere: quasi niente azione, ma solo preparazione di quello che avverrà in seguito (l'evasione). In realtà qui in 110 pagine di cose se ne vedono tante, abbiamo fatto la conoscenza di numerosi nuovi personaggi: i due fratelli indiani Salish, Holt e la sua banda, il geologo russo, l'avido proprietario della mandria poi pentito, lo sceriffo, il ritorno di Gros-Jean, la sorpresa di Mamie, un mezzo linciaggio di Tiger, lupi minacciosi nella foresta, uno stampede disastroso, uno scontro a fuoco che coinvolge Kit Willer e Tiger... direi che di cose ne sono accadute parecchie e non ci si è annoiati. Il ritmo della storia è quello classico dei tempi d'oro di GLB. Poi l'azione vera e propria che coinvolgerà i Nostri nella foresta è abbastanza ovvio che la vedremo presto nel secondo albo, visto che si sono appena addentrati nel cuore di tenebra. Qui è chiaro che la scelta di Boselli, avendo a disposizione tre albi, è quella di preparare bene il lettore, di creare attesa e allo stesso tempo di chiarire il contesto, per cui il flash-back sulla precedente storia sul monte Rainer era inevitabile (e comunque ben sintetizzato), anche perché secondo me persino i vecchi esperti lettori di Tex si erano scordati quella che non è proprio tra le più memorabili avventure di GLB... In più, oltre al tema "mysterioso", io ci ho visto anche echi dal film "Terra lontana" di A. Mann, con i cercatori d'oro di Dawson City che hanno bisogno di carne per sfamarsi e James Stewart che ha il compito di consegnare la mandria di bovini, tra ladri di bestiame, banditi, sceriffi e affaristi senza scrupoli, tutti impazziti per l'oro. E mi sembra che qui Boselli sia ben riuscito ad amalgamare il tema fantastico con quello più realistico e terra terra della corsa all'oro.
  6. Poe

    [762/764] Il Mistero del Monte Rainier

    Ottimo primo albo, che lascia ben sperare per il seguito. Bocci non è tra i miei autori preferiti (anche su Dampyr gli preferisco i vari Majo, Luca Rossi, Genzianella, Dotti), ma è questione solo di gusti personali, obiettivamente è un grande artista e qui fa un lavoro eccellente. La storia è perfetta per i suoi disegni che creano un'atmosfera cupa, tenebrosa e allo stesso tempo fredda, perfetta per una storia di Tex fantastica/fantascientifica (il capolavoro di Bocci su Dampyr è l'albo "Terra di nessuno", inquietante horror bellico ambientato durante la Prima guerra mondiale, che ti lascia un certo senso di disagio anche dopo la lettura). Le scene ambientate nella foresta e tra i lupi sono magnifiche e spettacolari, ma ho apprezzato anche le p. 56-57 dove Bocci riesce a descrivere i macchinari fantascientifici in modo stilizzato e sfumato, quasi astratto, che rendono bene l'idea di qualcosa di incomprensibile e sconosciuto per Tex e gli altri, una fantascienza insomma che si confonde con la magia ancestrale e l'esoterismo. Per il resto l'albo crea subito quell'attesa e quel mistero che ti fa venir voglia di leggere subito anche il secondo, con il giusto dosaggio tra spiegazioni non eccessive e scene d'azione. Anche il ritorno a sorpresa di un vecchio personaggio è gradito, mi chiedo solo se sia solo un cameo oppure avrà un ruolo anche nel seguito. Ultima cosa: le pietre che provocano sulla pelle macchie che sembrano ustioni sono le stesse viste anche nella prima, celebre storia fantascientifica di Tex firmata da GLB (n. 55-56 "Last Hope"): che Boselli alla fine azzardi un collegamento tra questa storia con quella storica dell'alieno misterioso? Vedremo... Il prossimo albo, osservando le tavole in anteprima, mi intriga molto (totem nella foresta, spiriti indiani e minacciose presenze),sperando che Boselli riesca a mantenere questa atmosfera inquietante e allo stesso tempo accennata, non troppo esplicita. Di sicuro questo sequel de "Un mondo perduto" sarà migliore dell'originale, a mio parere una delle peggiori storie di un GLB ormai in vistosa fase calante (per non parlare del duo Nicolò/Monti ai disegni, non proprio nella loro prova più riuscita: con un Gros-Jean irriconoscibile).
  7. Poe

    [395/397] Il Testimone

    In estrema sintesi: un soggetto molto interessante e drammatico sceneggiato come una storia di routine. Tutto parte dall’omicidio di un indiano pawnee, unico testimone di una strage della sua tribù, avvenuta anni prima, i cui responsabili (minatori che vogliono impossessarsi dell’oro della zona) non sono mai stati scoperti. Ma ora il Pawnee ha rivisto e riconosciuto il capo dei massacratori, per cui deve essere messo a tacere. L’inizio è la parte migliore: il razzismo dei passeggeri del treno verso i due indiani, la terribile dinamica dell’omicidio, la rabbia di Tex e il racconto dolente di Ke-tah (la vedova pawnee), che rievoca il massacro di Mariposa Creek, sembrano preludere a una storia avvincente di forti conflitti ed emozioni, invece il tutto si incanala subito nel solito poliziesco cittadino nizziano, fatto di indagini dei due pards a passeggio per le vie del paese, di dialoghi con vari personaggi secondari che li indirizzano facilmente alla soluzione, di spioni (ben tre!) che li seguono continuamente di nascosto origliando dalle finestre senza che mai loro se ne accorgano, di lettere segrete che rivelano ogni cosa senza neanche un po’ di suspence o di azione, e con un Carson a cui Tex deve sempre spiegare tutto per filo e per segno, che brilla di luce propria solo quando si siede al ristorante davanti a una torta di mele (a questo punto era meglio un Tex in solitaria come faceva Nolitta). Restano comunque alcune situazioni che ravvivano la trama: il personaggio del padrone della scuderia, Bilding, tormentato dai rimorsi, e alcuni dialoghi rivelatori, in particolare del capo dei massacratori Gettinger, sindaco e proprietario delle miniere, che cerca di placare i sensi di colpa di Bilding: ” Noi non siamo degli assassini, ricordalo! Siamo dei pionieri. Un pugno di selvaggi si opponeva all’avanzata della civiltà e noi li abbiamo spazzati via… Tutto qui!... Da quel giorno un patto di solidarietà ci lega gli uni agli altri!” E di fatto il ranch di Gettinger è stato costruito (simbolicamente) proprio dove un tempo c’era il cimitero dei Pawnee. La storia procede a ritmo blando, con gli avversari che eliminano gli anelli deboli della banda cercando di farli passare per incidenti naturali (“incidenti” a cui neanche il detective più sprovveduto avrebbe creduto, figuriamoci due famosi rangers ) e quando si decidono ad eliminare Tex e Carson lo fanno col classico agguato tra le rocce che i Nostri (continuamente con la guardia abbassata, nonostante le numerose provocazioni fatte ai nemici!) non sospettano minimamente, e da cui si salvano per la solita mira da coscritti dei killers (in sei con fucili a ripetizione da pochi metri! ). Nel finale Tex si fa gabbare anche dal maggiordomo e viene salvato dall’improbabile arrivo all’ultimo secondo di Ke-tah. (Ah… c’è anche il secondo killer che è stato assoldato all’inizio per uccidere il testimone sul treno, che sparisce ad un certo punto e non si sa più che fine abbia fatto.) Insomma, il soggetto poteva essere sviluppato meglio, con più fantasia, e la cittadina con i suoi abitanti arricchitisi grazie a una strage (Boselli su una trama simile ha scritto il più ispirato Texone “La vendetta delle ombre”) poteva essere descritta con più efficacia. Il ritratto che ne emerge, comunque, è senza speranza. Nessuno sembra salvarsi dal conformismo, tranne lo stalliere Dudley, tutti tranquillamente dediti ai loro interessi (dal telegrafista allo sceriffo), disposti a tutto pur di nascondere il loro passato criminale, e intenti solo a sfruttare fino in fondo anche i superstiti Pawnee (Bilding che sarà anche preda dei rimorsi ma che assume il pawnee Nachite come suo sottoposto soltanto perché “lo considerava un mulo volenteroso e obbediente”). Anche i Pawnee sono rappresentati come ormai sconfitti, remissivi e rassegnati al loro ruolo, abituati da tempo ad essere trattati con razzismo o con paternalismo. Alla fine anche la triste vendetta indiana di una fiera ma sconfortata Ke-tah (che decide di andarsene via da quella gretta e grigia cittadina) non fa che chiudere in modo malinconico una storia di bassa umanità di provincia.
  8. Poe

    [523/525] I Lupi Rossi

    Ho avuto tempo per pensare Comunque, Cavallo Bianco e Colpo Coraggioso sono senz’altro da considerarsi tra i grandi personaggi di tutta la serie, secondo me, personaggi di cui vediamo la parabola esistenziale nel corso del tempo, prima giovanissimi guerrieri nel loro periodo di formazione all’interno della tribù, poi rivali irriducibili (per quanto reciprocamente rispettosi), infine, anni dopo, uomini delusi nelle loro aspettative: Cavallo Bianco amareggiato da come i bianchi hanno ingannato i Pawnee, usandoli e poi derubandoli; Colpo Coraggioso ridotto a recitare in un circo e a bere per dimenticare il suo passato glorioso. Entrambi sconfitti ma autocritici, convinti alla fine che sarebbe stato molto meglio allearsi tra loro piuttosto che farsi la guerra a vicenda. Il lieto fine però li ritrova uniti e speranzosi a ricostruire insieme l’emporio dei Dolan, in una società e civiltà in cui devono per forza adattarsi, non solo fatta, per fortuna, di speculatori e razzisti ma anche di tanti amici che li aiutano, Frank North, la famiglia Dolan, il capitano Dantrell. (“Il mio emporio sta rinascendo…, dice Dolan nel finale, e mi sembra persino più bello di prima… A farlo rinascere sta contribuendo l’intera popolazione onesta di Loup Fork, bianchi e Pawnee, liberi dalla tirannia di Dutronc”). Boselli grazie all’uso sapiente dei tre flashback (non a caso i narratori sono indiani, Tiger e Cavallo Bianco, con solo una breve appendice di Tex che va a trovare Colpo Coraggioso in carcere) riesce a unire due temi tipici di GLBonelli e di tutto il West: il viaggio di coloni tra i pericolosi indiani delle pianure (ma questa volta narrato prevalentemente dal punto di vista degli indiani più che dei coloni), e la speculazione di affaristi ai loro danni. A unire i due temi classicissimi (diciamo Terra promessa + Tucson), oltre ovviamente a Tex, sono i personaggi di contorno e gli avversari, che non saranno particolarmente carismatici come villain (Quayle e Dutronc) ma rappresentano bene i delinquenti comuni, banalmente avidi e gretti, senza tanto bisogno di caratterizzazioni particolari, come spesso faceva anche GLB. Storia corale, dove tutti hanno un loro ruolo preciso, che ha il solo difetto di essere un po’ meno avvincente nel terzo albo (per es. il processo a Volpe Audace forse non era necessario, oppure l’eliminazione di Dutronc viene risolta sbrigativamente in appena due pagine). Nella fascia 500, la migliore insieme a “Colorado Belle”, “Morte nella nebbia” e “Missouri”.
  9. Poe

    [523/525] I Lupi Rossi

    Una delle migliori storie di Boselli, ormai un classico, anche se non è mai stata raccolta in un unico volume dalla casa editrice (e sarebbe il caso, visto che tra l’altro inizialmente era destinata a un Maxi). La prima parte è quella più bella e originale, un intreccio di tre flashback narrati rispettivamente da Tiger, Cavallo Bianco e Tex, che raccontano la rivalità tra lo Skidi Pawnee Cavallo Bianco e il Cheyenne Colpo Coraggioso, nemici tra loro ma accomunati da un identico senso dell'onore e del coraggio e - secondo lo sciamano pawnee - uniti dal destino (“fratelli nella terra delle ombre… il legame che c’è tra voi appartiene al regno degli spiriti”). Il tutto in un contesto storico di guerre indiane rigoroso. La seconda parte è più tradizionale e glbonelliana (con tanto di incendio notturno al magazzino del pezzo grosso e suo maltrattamento, come secondo tradizione texiana), forse un po’ meno avvincente ma sempre ottima: molti anni dopo Tex e i pards tornano per proteggere i Pawnee (passati da preziosi alleati a fastidioso intralcio sulla via del progresso) dalle mire dello spregiudicato agente indiano Quayle che, insieme al corrotto sceriffo e al mercante Dutronc, trama per impossessarsi delle loro terre. Per fortuna i Nostri ritrovano i vecchi compagni di avventure invecchiati ma sempre onesti e leali nel difendere gli amici Pawnee: FranK North, la famiglia Dolan, ecc. Tanti sono i personaggi a cui il lettore si affeziona subito e che contribuiscono a dare luce a una storia che esprime energia e vitalità dall’inizio alla fine. Poteva essere un' avventura amara e crepuscolare sulla decadenza dei fieri indiani delle pianure sconfitti dall’avida civiltà dei bianchi, invece il finale, con l’alleanza tra gli antichi rivali Cavallo Bianco e Colpo Coraggioso, fa sperare in un futuro meno negativo per loro (”Perché in tutti questi anni ho avuto temo per pensare, - dice Colpo Coraggioso - e ho capito che noi uomini rossi avremmo dovuto essere fratelli… se voi Pawnee vi siete alleati con i bianchi è sta anche colpa nostra”). Mentre per Quayle il tempo sembra non essere trascorso, visto che rimane il vigliacco e gretto personaggio di sempre che ha solo fatto carriera diventando un disonesto agente indiano senza scrupoli, per gli antichi avversari indiani il passare del tempo alla fine ha portato saggezza e una insperata collaborazione contro i veri nemici. Voto: 8,5.
  10. Poe

    [593/595] La Mano Del Morto

    "La mano del morto" è un'ottima storia western in tre albi pieni di azione, mistero, suspence. Carson e Kit Willer protagonisti alla grande insieme a Tex. Un montaggio alternato notevole ed efficace tra diverse linee narrative, in una girandola di situazioni mai noiose. Disegni di Font dinamici e d’atmosfera, di livello qualitativo alto come nel Texone “Gli assassini”. Ben costruito il personaggio di Luke Harrigan, delinquentello redento ma credibile (una delle scene più memorabili è quella del secondo albo con Luke che cinicamente “usa” la sua ragazza nel tentativo di sfuggire ai Nostri prendendo il treno). Finale pirotecnico con Calamity Jane che entra in modo originale e sorprendente tra i personaggi storici incontrati da Tex. Il centro di tutto l’intrigo è proprio nelle parole di Calamity: - “[Wild Bill Hickok] e io stavamo cercando di dare nomi e volti ai componenti di una cricca di affaristi che, con la corruzione e una serie di incidenti ben calcolati, avevano provocato la guerra delle Colline nere”. Insomma, Boselli immagina che Wild Bill sia stato ucciso per interrompere le sue indagini su coloro che avevano causato il sanguinoso scontro delle Black Hills. A loro si contrappone ora Calamity Jane, con un gruppo di guerrieri Dakota, a cui Tex nel finale rende omaggio per il coraggio e rettitudine: - Te ne vai già da Deadwood, Jane? - Preferisco cambiare aria per un po’ e andare a caccia nelle terre dei miei amici Dakota, libera e selvaggia come loro… sinché sarà possibile farlo. - E’ possibile ancora grazie a te, - le risponde Tex. E così probabilmente Calamity Jane se ne torna coi suoi Dakota a “Lonesome Prairie”, la valle nascosta sacra, dove si incontrava con l’amato Wild Bill, prima che venisse ucciso, e dove ha trascorso con lui giorni felici. Un rifugio, una valle incontaminata che in questa storia è un po’ il simbolo utopistico della resistenza agli affaristi e ai provocatori di guerre che sfruttano Deadwood e i suoi dintorni per arricchirsi ai danni degli indiani.
  11. Poe

    [538/539] Colorado Belle

    A me sembra che la visione della società e l’idea che hanno della gente comune GLBonelli e Boselli siano abbastanza simili in Tex, tendenzialmente ottimistiche. Però, a mio parere, la visione del mondo e della natura umana che emerge da un fumetto, da un libro o un film si ricava anche da tanti altri aspetti: dal carattere del protagonista e dei personaggi secondari, dal rapporto tra loro, dalla trama, dall’atmosfera, soprattutto da come si conclude la storia; i criteri sono vari, ma tra questi non sottovaluterei i cambiamenti che subiscono i personaggi nel corso della vicenda: se uno stupido o un delinquente diventa via via più intelligente o onesto, sicuramente l’autore è più ottimista sulla natura umana di quanto lo sia chi descrive personaggi irrimediabilmente stupidi o delinquenti!... Di solito Boselli ha più fiducia di GLB nella possibilità degli esser umani di cambiare e migliorarsi, sia all’interno di una singola storia, che nel corso del tempo. Questo può piacere o meno, a seconda dei gusti, ma da questo punto di vista Boselli è certamente più ottimista di GLB. Non mi sembra una cosa da poco. Non sono d'accordo. Ogni autore ha i suoi leitmotiv, ce li hanno i grandi scrittori e registri, figuriamoci se non li ha uno sceneggiatore di serie a fumetti, che deve macinare centinaia e centinaia di pagine all’anno! Sono motivi ricorrenti che, proprio perché ripetuti, stanno a significare che sono molto “sentiti” dall’autore e fanno parte della sua visione del mondo. Che poi qualche volta vi sia un loro abuso è abbastanza scontato nei fumetti seriali, ma questo non significa che sia solo un semplice espediente narrativo. Sclavi ha ripetuto infinite volte il cliché del mostro che è più umano delle persone normali, e a un certo punto la cosa era diventata prevedibile e stucchevole, ma non per questo meno vera e rappresentativa della sua “visione” d’autore. Nelle sue storie migliori Boselli è riuscito a rappresentare in modo credibile personaggi che riescono a redimersi, cercando di riscattarsi (come poi d'altra parte ha fatto Tex all'inizio), in altre meno, ma in ogni caso - come ho detto - questo fa parte della sua visione del mondo tendenzialmente positiva. Allo stesso modo il valore dell’amicizia, presente anche in GLB, in Boselli è molto più marcato e sottolineato: il cameratismo della banda degli irlandesi ne “Gli invincibili”, l’amicizia tra Tex, Jethro e Glenn Corbett in “Jethro”, l’amicizia tra Kit Willer e Bronco Lane, la simpatia che si crea tra Carson e il delinquentello Luke Harrigan ne “La mano del morto”, ecc. ecc. Di esempi se ne potrebbero fare un bel po’... Boselli utilizza spesso lo schema narrativo di “Vent’anni dopo” di Dumas o se vogliamo di “It” di Stephen King: gli amici che si ritrovano dopo tanti anni per combattere ancora insieme contro nuovi o vecchi avversari. Amici che hanno mantenuto l’affetto, la solidarietà e lo spirito di un tempo. Se questo non è essere ottimisti sulla natura umana! Resta poi il fatto che storie come “Massacro” o “Apache Kid” o “Il tesoro di Victorio”, con finali non propriamente allegri, Boselli non le ha scritte in Tex, se non ricordo male. “Colorado belle” è quella più negativa, ma di solito Boselli anche quando scrive storie cupe oppure con finali amari cerca sempre di compensarli con elementi positivi; per esempio in “Cercatori di piste” il sergente Torrence alla fine viene vigliaccamente ucciso, eppure la sua comunità di disertori bianchi e indiani liberi (ottimisticamente) ha vinto. In “Apache Kid” o in “Linciaggio” non vince nessuno. E in “Gilas” Juan Ortega muore.
  12. Poe

    [538/539] Colorado Belle

    Visto che in un'altra discussione si parlava di pessimismo e ottimismo degli autori di Tex, riprendo alcune cose che avevo scritto su questa storia in un altro topic. "Colorado Belle" è la storia più pessimista di Boselli, secondo me. Qui nessun cattivo accenna minimamente a modificare il proprio comportamento né meno che meno a redimersi (come avviene invece in tante altre sue avventure), solo il reverendo Morrow si modifica nel corso della vicenda, ma solo per una maggiore consapevolezza di quanto possa essere grande il Male commesso dagli uomini, non nel comportamento oppure nel carattere, che anzi sembra peggiorato ("Come è cambiato... E come è triste!" pensa il fantasma di Alice rivedendolo dopo anni in città, da dietro i vetri di una finestra). Tutta la vicenda ruota attorno ad Alice, l'ossessione di tutti, che la cercano senza trovarla, a partire da Kit Willer all'inizio, proseguendo col fratello e soprattutto con il capo dei banditi. Alla fine però l'oggetto del desiderio si scoprirà essere morto da tanto tempo in fondo a un pozzo. Assente ancora prima che iniziasse la sua ricerca. Di fatto "Colorado Belle" è una storia di fantasmi e di morti (il villain si chiama Deadman, non a caso), senza speranza e senza futuro. E infatti l'ultima vignetta della storia vede i Nostri di spalle (non frontalmente), andarsene dalla città fantasma nel grigiore e nel vento. In questo caso - contrariamente ad altre storie boselliane - il passare del tempo non è servito a molto. Nonostante questo, io penso che nel complesso Boselli come sceneggiatore di Tex sia più ottimista di GL Bonelli. A parte "Colorado Belle", la maggior parte dei suoi capolavori vede una maggiore fiducia nella natura umana e nella possibilità dei personaggi di cambiare, di redimersi, rispetto ai cattivi di GLB (che pure erano tutt'altro che monocordi, privi di sfumature e solamente negativi come qualcuno dice). L'elenco dei villain boselliani che non sono del tutto malvagi o che migliorano nel corso della storia - si sa - è sterminato (persino la sua Tigre nera è meno negativa di quella originale). In più nelle storie di Boselli è molto forte la componente dell'amicizia e dei legami che durano nel tempo (presente anche in GLB ma in modo minore). Basta pensare agli irlandesi ne "Gli invincibili", a "Jethro", al "Passato di Carson" o a tante altre storie in cui il passare del tempo non scalfisce i rapporti affettivi. Boselli è più romantico. Inoltre la visione del mondo di GLB si è in parte modificata dal 1948 agli anni '80, per cui anche il suo ottimismo si è un po' appannato col tempo. In Ruju, invece, i suoi personaggi più riusciti (e tormentati) o muoiono nel finale (spesso sacrificandosi), o rimangono sospesi in cerca di un'identità che non trovano (vedi Makua) o si salvano per un pelo dopo un lungo calvario (la recente "Pattuglia scomparsa"). Non una visione del mondo molto consolante. Il problema di molti personaggi di Ruju è che non sanno bene chi sono, divisi tra mondi diversi o divisi in loro stessi, a partire dal ranger della sua prima storia "La prova del fuoco", al bandito diventato frate, a Johnny di "Cuore Apache" e a tanti altri. Nolitta vince in pessimismo perché in lui è proprio tutta la società che è sbagliata, marcia, senza redenzione, vedi "Caccia all'uomo", "El Muerto" (i cittadini vigliacchi che non aiutano Tex), "Il segno di Cruzado", "Il colonnello Watson" "La grande minaccia". E in più gli amici spesso ti tradiscono ("Giungla crudele").
  13. Poe

    [760/761] La pattuglia scomparsa

    Alcune critiche a questa storia le condivido, altre proprio no. Per esempio questa: Non c'è nessun dramma psicologico? La storia ruota proprio su questo, su una mancata elaborazione del lutto da parte di Lagarde, che non riesce ad accettare la morte della fidanzata né del suo amico Larry (che è costretto ad uccidere proprio nelle primissime pagine per alleviargli le sofferenze), finendo per sentirsi in colpa e dialogare continuamente coi loro fantasmi che lo tormentano. E' un uomo fin dall'inizio sull'orlo del suicidio, che non ha più motivi per vivere, che vorrebbe ricongiungersi coi morti e che riesce alla fine a salvarsi solo grazie a Nadie prima, e a Tex poi, nella bellissima vignetta finale che da sola vale il prezzo dell'albo, quando Tex lo strappa dalle gelide acque, pensando: "Te la caverai Lagarde. E' tempo di ricominciare a vivere!" Un finale che - diciamo la verità - nessuno, neanche i più saputelli del forum avevano immaginato. Altra critica sbagliata, OBIETTIVAMENTE sbagliata: Non è proprio così: a p. 64 del secondo albo il capo dei Blackfoot dice a Jim Brandon, una volta capito che i colpevoli sono i trafficanti di whisky: "Voglio trovare quegli assassini più di quanto vogliate voi!"... "I miei guerrieri e io faremo la nostra parte", ecc. ecc. e per il resto della storia il capo Blackfoot accompagnerà Tex e gli altri combattendo nel finale e facendo fuori i trafficanti, persino quelli che si erano arresi, dicendo alla fine: "Giustizia è fatta!" Ragazzi, leggete meglio prima di fare critiche tranchant... Una critica che invece condivido è il finale affrettatissimo in cui Boucher e gli altri vengono fatti fuori piuttosto facilmente, soprattutto se paragonato alle lungaggini un po' noiosette in cui i Blackfoot si confrontano con le Giubbe Rosse e Tex, facendosi convincere da loro un po' troppo facilmente (considerando la rabbia che li aveva accecati fino a quel momento). Osservazione che invece mi sembra esagerata: Tex e Carson ogni tanto sbagliano, è sempre stato così. A volte si fanno infinocchiare, a volte valutano male la situazione, a volte gli avversari sono molto abili, a volte i nemici sfuggono momentaneamente alla loro caccia, fanno perdere le loro tracce, ecc. ecc. Ma se Tex e Carson sbagliano vuol forse dire che tutto ciò che combinano gli avversari dopo che i Nostri non sono riusciti a fermarli o se li sono lasciati sfuggire è colpa loro? Se questo fosse vero le soluzioni narrative per rendere Tex e Carson moralmente irreprensibili sono: 1) Tex e Carson non sbagliano mai, sono perfetti (sai che barba!) 2) Gli avversari vengono subito e definitivamente resi innocui non appena entrano in contatto con i Nostri (ma allora sì che le storie diventano davvero prevedibilissime!) Un paragone tratto dal n. 18 "Dodge City". Carson, che doveva affiancare il sospettato Sterling detto "Lupo grigio", si becca una botta in testa, con Sterling che nella vignetta gli dà pure dello "scemo". Sterling nel seguito della storia - bellissima, splendida avventura di GLB - darà del filo da torcere ai Nostri causando la morte di tanti coloni per mano degli indiani guidati da lui. Dovremmo dire che la morte dei coloni è imputabile tutta alla dabbenaggine di Carson? Nessuno credo l'abbia mai pensato. Comunque, tornando a Ruju, mentre nel primo albo secondo me riesce a rendere interessanti le due storie parallele (quella di Tex e Carson con Frank e quella di Lagarde coi suoi fantasmi), nel secondo albo no, visto che l'attenzione del lettore è tutta per Lagarde e Nadie, mentre la parte che riguarda Tex è piuttosto telefonata e noiosetta. Concludendo, primo albo da 7, secondo albo da 6. Voto complessivo: 6,5
  14. Poe

    [Texone N. 13] Sangue Sul Colorado

    Il mio giudizio su questa storia è che Nizzi aveva sicuramente la grande capacità di imitare (quando voleva) lo stile di altri sceneggiatori, soprattutto quando scriveva Texoni, dove cercava di adattarsi al disegnatore di turno e al tipo di storie che questi era solito affrontare, che fosse Kubert, Bernet, Ortiz o Magnus. In questo caso, dovendo sceneggiare una storia per Ivo Milazzo, decide di rifarsi allo stile di Ken Parker, pur con un ritmo più blando e un montaggio delle scene meno veloce rispetto all’originale; l’attenzione alla psicologia e all’umanità dei personaggi, così come ai rapporti economici e sociali, però, sono quelli tipici delle storie del biondo scout. Già 5 anni prima, con “La ballata di Zeke Colter” Nizzi aveva “berardeggiato”, giocando con i paesaggi delle foreste innevate, coi silenzi dei bivacchi notturni, con i dialoghi del protagonista col suo cavallo, e con comprimari fortemente realistici e poco idealizzati. Qui, nel Texone, fin dalle prime scene ogni vignetta vuole mettere in luce la condizione e il ruolo sociale dei singoli personaggi, sottolineando i prezzi delle merci, i debiti contratti, gli interessi economici di ognuno, la diversità di mentalità affaristica tra Mac Lean padre e il figlio senza scrupoli, e così via. Anche alcuni quadretti familiari e molti dialoghi che vogliono rendere la quotidianità ricalcano lo stile narrativo di Ken Parker (quando, per esempio, il dottore si sofferma sullo sciroppo per la tosse, o la madre del minatore si lamenta col figlio che ci si alza da tavola dopo aver finito di mangiare: tutti dialoghi realistici e quotidiani, insoliti per Tex). Allo stesso modo i due colpi di scena finali, da melodramma familiare (il quasi incesto, e il padre contro il figlio) sono espedienti che Berardi usa spesso nelle sue storie (un esempio tra i tanti "Casa dolce casa"). Però, secondo me, nonostante gli spunti e le influenze altrui, questo Texone, come la “Ballata di Zeke Colter”, non appare un albo derivativo, o un semplice esercizio di stile, ma una storia che Nizzi riesce a far sua, cercando di far immedesimare il lettore nei personaggi (come nel Texone di Parlov, e contrariamente invece a quello di Brindisi, secondo me abbastanza farlocco - a prescindere dal plagio prattiano). E la riprova è che anche Milazzo qui dà il meglio di sé (non l’avrebbe fatto con una sceneggiatura mediocre), realizzando una prova splendida. La prima parte è forse quella che sa un po’ troppo di già visto e prevedibile (Kit Willer accusato ingiustamente da tirar fuori di cella, tra l’altro fin troppo remissivo rispetto al Kit di GLB e di Boselli) ma i bei dialoghi comunque la ravvivano; nella seconda parte le scene d’azione, i divertenti personaggi secondari (come l’infermiera e Benny), il mondo dei minatori, la loro comunità, a cui Tex si rivolge in belle scene di massa, risultano a mio parere riusciti. Nel complesso, storia da 8.
  15. Poe

    [Texone N. 13] Sangue Sul Colorado

    Dico solo un paio di cose su questa storia. In una società di forti conflitti sociali, tra interessi economici contrapposti, dove la Legge è una farsa (il processo a Kit Willer) al servizio dei potenti, tutti (senza eccezione) in questa storia agiscono al di fuori delle regole, compresi Tex e i pards, che non si fanno nessuno scrupolo a far saltare con la dinamite ogni ostacolo, a liberare Kit dal carcere a colpi di pistola e ad affrontare a viso aperto i potenti locali per difendere i minatori, così che il Tex di questo speciale - che imita lo stile narrativo e la filosofia di Ken Parker -, finisce per risultare perfettamente glbonelliano, nel suo desiderio di giustizia per i più deboli, anche contro la legge. Tex qui agisce come ha sempre fatto: dovendo affrontare un pericoloso assedio prende la saggia decisione (tipicamente western, adottata spesso anche dagli indiani) di allontanare le donne, visto che il villaggio dei minatori non è assolutamente un luogo inespugnabile, questa cosa non è scritta da nessuna parte, anzi al contrario viene detto ben due volte (fidatevi, c'è scritto!) che ci sono varie vie d’accesso al villaggio e gli assedianti, dopo aver subito la prima batosta, stanno già pensando di prendere una strada secondaria per aggirare i minatori di notte. Il luogo dove vengono nascoste le donne, inoltre, non è scelto da Tex, ma dai minatori stessi e solo la sfortuna lo fa scoprire dagli avversari. Tex quindi non ha nessuna responsabilità. E se anche l’avesse, non farebbe di lui un idiota ma un eroe che non sempre è perfetto, come il Tex di Glbonelli (anche il Tex di Glb sbagliava a volte le strategie). E comunque qui Tex non sbaglia nulla. Qui Nizzi non ha nessuna intenzione di ridicolizzare Tex (come fa invece in altre storie), semplicemente cerca di rendere il finale appassionante mettendo i Nostri in difficoltà (con le donne prese in ostaggio) e contemporaneamente creando il colpo di scena melodrammatico del padre Mac Lean che arriva e uccide il figlio indegno. L’ unica pecca che in effetti ci trovo è la vignetta sopra postata, quando Tex dice: “Quel gran bastardo ha avuto la meglio… ci ha battuti in maniera sporca, ma ci ha battuti”. Ecco: questa frase Nizzi se la poteva risparmiare, era meglio qualcosa del tipo “ci hanno incastrato, ma non tutto è perduto” o simili, anche perché nelle scene successive i pards non sembrano affatto così arrendevoli, visto che non si slacciano i cinturoni (come purtroppo in altre storie nizziane) e anzi tengono le armi ben in pugno, come a voler contrattaccare non appena possibile, non appena le donne siano al sicuro. Però, concludendo, a parte questo difetto secondo me veniale, i Nostri alla fine ne escono bene e sinceramente, considerando il Texone nel suo complesso (e a prescindere dall’apprezzamento che si ha o meno della storia), non si può certo dire che Tex qui faccia brutte figure o non sia il vero Tex.
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