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TWF - Tex Willer Forum

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  1. Condor senza meta

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  2. Juan Ortega

    Juan Ortega

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Contenuto popolare

Mostrando i contenuti con la più alta reputazione il 23/09/2021 in tutte le sezioni

  1. Ci sono momenti nella vita professionale in cui si presentano le occasioni per mettere a frutto tutta la passione e le fatiche, per fare il salto di qualità: anche per Nizzi fu così e il periodo coincise col finire del terzo centenario. Sebbene le sue prime prove sulla saga non furono affatto male, tanto da convincere Sergio Bonelli a ingaggiarlo in pianta stabile, è indubbio che “Fuga da Anderville” rappresentò per l’autore la chiave di svolta, che inaugurò ufficialmente il suo periodo d’oro, che aiuterà a rilanciare la saga, dopo la crisi dovuta al fisiologico declino del grandissimo Gian Luigi Bonelli. In questi tre anni di mia permanenza nel forum, ho avuto il piacere di recensire più di duecento storie del nostro inossidabile ranger e ho cercato di essere sempre il più obiettivo possibile. Di fatto, nei giudizi e nell’assegnazione dei voti (per quanto un freddo numero matematico possa servire nella valutazione di un’opera artistica) ho evitato di abusare con termini del tipo “capolavoro” o “pietra miliare”, riservandoli solo qualora lo ritenessi realmente necessario. Al cospetto di questa prova di Nizzi, che definire ispirata risulta quasi riduttivo, tuttavia, sono “costretto” a catalogare la stessa nella stretta cerchia di episodi che meritano “la corona d’alloro”. Mi si potrebbe chiedere come mai allora io abbia aspettato così tanto a commentarla e soprattutto perché nell’apposito topic, non la inserii fra le dieci migliori composizioni nizziane, alienandomi allora le simpatie del caro pard @Leo che mi minacciò di togliermi il saluto , eppure anche per queste legittime domande c’è una risposta: di solito commento solo le storie che possiedo per intero, senza albi mancanti, e voglia il caso che fino a poco tempo fa nella mia collezione mancasse proprio l’albo 297, ovvero quello in cui si iniziava questo gioiello della saga. Per coerenza, sebbene avessi avuto comunque modo di constatare la grandezza della storia, mi astenni dal recensirla fino a quando, di recente, fra lo scaffale di un mercatino, sono riuscito a procurarmi il fatidico albo mancante, colmando così quel gravoso buco della mia raccolta. Mi scuso per la chilometrica premessa; mi impongo spesso di essere il più conciso possibile ed evitare digressioni nei miei commenti, ma puntualmente, quando mi ritrovo dinanzi storie a cui tengo, ricasco nella trappola e divento più prolisso di Nolitta alle prese con gli Uomini Giaguaro , ma adesso non volendo indugiare oltre, provo a dire la mia in merito a questa celebre prova che traghettò il famoso ranger alle soglie del numero 300. Nizzi per l’occasione scelse uno spunto alquanto ambizioso, ambientandolo durante la guerra di secessione, argomento sempre molto caro agli appassionati texiani e di storia americana in genere. Con una struttura narrativa interessante, costruì un lunghissimo flashback, in cui praticamente si svolge tutta la vicenda, per poi chiudere l’episodio nel presente, in cui il lettore assiste a un vero colpo di scena, molto a effetto. Eviterò ovviamente di riassumere la trama (non avrebbe senso per chi la conosce già e sarebbe ingiusto invece nei confronti di coloro che non l’hanno mai letta e rischierebbero di vedersela spoilerata) ma non posso astenermi dal lodare la straordinaria caratterizzazione dei personaggi che l’autore dipinge pagina dopo pagina e notare con quanta abilità lo stesso, riesce a cesellare un perfetto miscuglio di azione, giallo, drammaticità ed epicità di molte scene. Come rimanere insensibili dinanzi all’eroico sacrificio di Tom per permettere a Tex e John Walcott di fuggire dall’inferno in terra rappresentato dal campo di concentramento di Anderville? Come non sentire un brivido nella schiena durante l’orrenda operazione di sepoltura nella palude dei corpi dei nordisti morti di inedia e privazione dentro le mura del campo? È vero che stiamo leggendo solo una trama di fantasia, ma come non fermarsi a riflettere sugli orrori della guerra e alle storture dell’umanità, imbruttita dall’odio dei conflitti, che purtroppo non sono solo fantasia e la storia ciclicamente ci presenta, mostrando di quanto l’uomo non riesca a imparare dai sanguinosi errori del passato? Un altro aspetto che si percepisce durante la lettura e proprio l’atmosfera cupa e struggente che trasuda sequenza dopo sequenza, vignetta dopo vignetta, in cui sapientemente l’autore muove le sue pedine e marchia a fuoco gli eventi che lasciano il segno nell’immaginario del lettore. A voler essere puritani (o texiani integralisti se preferite) non si può negare che l’episodio è alquanto atipico e forse il più nolittiano scritto da Nizzi, visto l’amaro finale, con Tex incapace di cambiare il corso degli eventi e sconfitto in fondo su tutta la linea, tuttavia la sceneggiatura è così aulica e tocca alti picchi di epicità e pathos, che non si può non amarla. Con una sorta di rassegnazione di fondo, Nizzi ci dona quasi un quadro verghiano dei suoi personaggi: una folta lista di "vinti", che per quanto si battano per i propri scopi e ideali, si ritrovano alla fine battuti dalla vita e dal destino. È un vinto il potente Howard Walcott, che, dopo aver escogitato un diabolico intrigo per impossessarsi dell’oro e favorire la sua carriera politica, si ritrova, a un passo dal traguardo, sconfitto dalla malattia e distrutto dal rimorso; è un vinto il fiero e leale John Walcott che paga la sua lealtà con l’infamia di un’ingiusta accusa, che macchia il suo nome e il suo onore dopo la morte. Non differente l’esito del cugino Leslie che, seppure spinto dall’integrità morale che ha sempre pilotato le scelte della sua vita, si becca una pallottola a bruciapelo dalla persona che ovviamente non si aspetta. Per una volta è sconfitto pure Tex che si ritrova una pedina nelle mani dell’infido Howard e non può far null’altro che indignarsi e amareggiarsi dell’assurdo esito di questa tristissima vicenda. Ma la lista potrebbe continuare a lungo, poiché anche Tom può essere inserito nella lista dei vinti, visto che sacrifica la sua vita da eroe ma tutti noi purtroppo sappiamo che, non bastò abolire la schiavitù per sconfiggere il razzismo. Che dire, una storia che impreziosisce la saga e che di fatto, in quegli anni, promosse sul campo Nizzi, come degno erede del grande Bonelli. Non meno prezioso il contributo grafico del maestro Ticci, giunto all’apice della sua maturità artistica e di resa. Alla consueta dinamicità e straordinarietà degli sfondi, l’artista senese si supera con una perfetta recitazione dei suoi personaggi, che in trame simili è fondamentale. Il suo tratto inconfondibile e corposo, scandisce come un metronomo ogni sequenza narrativa e valorizza i vari passaggi narrativi. I pennini di Ticci riescono a esprimere tutta la disperazione che serpeggia ad Anderville, e contribuiscono a donare pathos alla già ottima sceneggiatura fornitagli da Nizzi. Un perfetto binomio che si ripeterà in altre riuscite storie degli anni seguenti e contribuirà all’età dell’oro dello sceneggiatore di Fiumalbo nel decennio ottanta. Il mio voto finale è 10
    3 points
  2. @MacParland, @valerio, @Juan Ortega grazie di cuore! Beh così però mi fai arrossire caro pard. Hai citato un'altra scena notevole della prova. Superficialmente si potrebbe pensare che il suicidio di Walcott sia una mossa codarda per non affrontare la malattia, ma non credo proprio che sia così: non avrebbe di certo aspettato Tex per porre fine alla sua scellerata esistenza. A mio modo di vedere Walcott, dopo aver costruito il suo castello criminale sull'inganno e il sangue dei nipoti, ha vissuto il suo "trionfo" attanagliato dal rimorso e il tenere la foto dei defunti nipoti sulla scrivania ha rappresentato per lui una sorta di ordalia per ricordargli i suoi scheletri del passato. Mi verrebbe da pensare che abbia pure accolto la malattia come una sorte di liberazione interiore per permettergli di espiare i propri peccati e trovare il coraggio di confessare a Tex quello che, per spirito di conservazione, non avrebbe mai fatto in condizioni normali. Comunque qualunque sia la chiave di lettura, è indubbio che la sua caratterizzazione è notevole; pure l'opera di Ticci, che lo ritrae magistralmente col viso sofferente ed emaciato, rende perfettamente il dramma dell'epilogo. Lieto di sentirtelo dire caro pard, per stavolta son riuscito a farti seppellire l'ascia di guerra. Concordo, infatti ho anch'io specificato che lo spessore e l'epicità della storia la rende comunque un capolavoro. D'altronde anche il grande Bonelli a volte ha optato per epiloghi amari per Tex, mi vene in mente come esempio l'episodio con Apache Kid. Vero, davvero una sequenza splendida. L'unico fascio di luce dopo tante ombre, ovvero la preziosa amicizia fra i due pards, più inscalfibile di un diamante. Scena resa ancor più poetica dal magico tocco di Ticci.
    2 points
  3. Tanto di cappello @Condor senza meta, recensione con i super-fiocchi che non posso non condividere. Te l'ho già detto ma lo ripeto: scrivi veramente bene, enfatizzando soprattutto le emozioni che una storia ci fa vivere che, alla fine dei conti, è quello che conta! Mi sentirei di aggiungere che l'ultimo estremo atto di Walcott non è altro che la massima redenzione per tutti coloro che hanno sofferto e patito in una tragedia che non ha risparmiato niente e nessuno. Non rimane nulla da fare: ora Walcott dovrà presentare il conto del suo terribile atto all'unico che potrà dargli un eventuale perdono. Nizzi magistrale, sicuramente una delle sue prove migliori.
    2 points
  4. ti faccio anche io i miei complimenti, @Condor senza meta. Per quel che mi riguarda,credo di avere già detto che il finale di questa storia è una delle cose più poetiche che io abbia mai visto, in termini non solo di fumetti,ma anche di libri,film,serie e musica
    1 point
  5. Ora hai rimediato a quella tua affermazione che mi ha portato a disistimarti alquanto Sono contento di poter dire che ti sei riabilitato, era un cruccio che mi portavo nel cuore Obiettivamente, siamo al cospetto di un capolavoro. Tex è vinto, sì, ma da qualcosa di disumano, perché è inimmaginabile un atto così contronatura come quello perpetrato dal vecchio Walcott. E a fronte di questa sconfitta, in cui Tex non ha, non può avere, colpa, c'è però uno stuolo di comprimari veramente maiuscolo, con John e Leslie, a loro modo due facce della stessa medaglia nella loro lealtà e nel loro senso del dovere, con l'abietto anche se apparentemente mansueto zio, con Tom e il suo sacrificio. E poi c'è Carson. Già, Carson, nell'ultima vignetta. Quando un Tex avvelenato da quanto appena vissuto ha bisogno di mandar giù il rospo, tra i campi di cotone del Vecchio Sud cavalca nel vento e chiede a Carson: "mi farai compagnia, vecchio Cammello?" Una vignetta, cinque parole, il bagno caldo di cui ha bisogno Tex per ripararsi dal gelo della mostruosità appena vissuta, nella compagnia di quell'arzillo vecchietto che ha sempre al suo fianco. Conclusione stupenda di una storia superlativa.
    1 point
  6. Il Punisher, come tutti i fumetti Marvel/DC, è come lo scrive lo sceneggiatore di turno in base alle indicazioni dell'editor che si basa su cosa va di moda in quel momento... ho smesso da anni di seguire il personaggio ma si era visto di tutto, dal Punitore che prima di tutto protegge gli innocenti a quello che se ne frega, da quello sempre triste e tormentato a quello che fa le battute ironiche e per far fuori un killer dopo che ha finito i colpi lo prende per i piedi e lo mette in una vasca di piranha tirando fuori poi lo scheletro spolpato senza che si veda una goccia di sangue. Per un po' era persino morto e tornato sulla terra per conto di Dio con pistole magiche... (e dopo che i lettori protestarono, questa cosa venne abbandonata senza nessuna spiegazione, semplicemente si rivide nel fumetto il punitore di prima) (si capisce perché la "marvelizzazione" della Bonelli mi fa temere per il futuro di Tex? Anche la Marvel anni fa era una cosa seria, poi l'hanno ridotta così...) A parte questa informazione, è interessante vedere quanto era "moderno" GLBonelli: in questa storia l'Uomo della Morte serve a spaventare indiani superstiziosi. Ma nella storia originale degli anni 50, gli indiani sanno perfettamente che sotto la maschera ci sono Tex e Tiger, serve per spaventare i bianchi (e per non fare arrestare Tex visto che in quella storia commette vari reati, con la sua banda di predoni navajos...) Con il tempo nelle sue rarissime riapparizioni (due con questa mi sembra) la maschera ha perso purtroppo la sua natura di "identità condivisa" per diventare una maschera del solo Tex (e mi dispiace, che in questa storia si poteva vederla usare da Tiger per far credere che Tex è ancora vivo, per poi far arrivare Tex vivo davvero) e di "maschera per fare il fuorilegge", non per spaventare gli indiani...
    1 point
  7. Io credo invece che molte persone non arrivino a capire la differenza fra un disegno "esteticamente scarno" (o addirittura brutto) ma EFFICACE e un disegno INEFFICACE perché INCAPACE DI COMUNICARE. Il paragone che vedo fare spesso (tu sei solo l'ultimo di una deprimente fila) fra i disegnatori degli anni 50 come Galep (che dovevano andare in fretta e pensare al sodo) e certi disegnatori attuali che ti fanno leziosi e dettagliatissimi quadretti (producendo magari pochissimo) e comunicando ancora meno, con tavole che non trasmettono nulla ma hanno tutte le colonnine doriche dettagliate, mi fa pensare che sia più il prosciutto che finisce sugli occhi che quello che finisce nello stomaco. Un disegno esteticamente "scarno" può essere efficacissimo, e "funzionare" molto meglio di uno pieno di inutili dettaglietti da un tanto al chilo (anche se oggi, a vedere l'orror vacui che prende i lettori alla vista di un centimetro quadrato vuoto, mi fa pensare che molti valutino i disegni davvero in base alla quantità di segni. Ma questo è un altro discorso, che non hai fatto, quindi lasciamo perdere...). Qualche esempio? Il tratto del Galep che doveva correre, per esempio. Ma Galep manteneva comunque una certa "eleganza", quindi vogliamo parlare di Donatelli? Che non vincerà mai nessun premio come "artista" ma che era una colonna di Zagor, e di cui nessun lettore, mai, ha mai detto "non capisco cosa succede in questa vignetta"? O per fare esempi extra-bonelli, parliamo dei Peanuts, o di Leo Ortolani (di cui una nota occupatrice di sedie in salotti televisivi disse "così so disegnare anch'io", dimostrando in un solo colpo la sua incompetenza fumettistica e la sua arroganza. Ma d'altronde ancora oggi c'è gente che sostiene che Barks fosse scarso perché non faceva i tondi delle teste di papero perfetti...) Parliamo invece dei fulgidi esempi di quelli che vengono esaltati come grandi disegnatori ma che si fa fatica a leggere? Qualcuno ha letto la "graphic Novel" di Silver Surfer di Castellini, che doveva rinnovare i fasti di John Buscema? Non se la ricorda nessuno mentre Buscema è immortale, magari perché Buscema era più frettoloso e metteva meno dettagli, ma sapeva come creare tavole dinamiche, mentre Castellini in quell'albo ha fatto dettagliatissimi quadri scollegati uno dall'altro (altri fumetti li ha disegnati molto meglio, ma lì davvero per la foga di dettagliare tutto si è perso il senso del fumetto per strada). Ma anche senza arrivare ad esempi così eclatanti, temo che potrei fare i nomi di molti disegnatori attuali della Bonelli (non su Tex, almeno questo...) che vengono lodati per le tavole dettagliatissime ma chiaramente non "sanno raccontare". Ma meglio non fare nomi che non voglio offendere nessuno... Ecco, il problema dei disegni di Laurenti in questa storia non è che non aderisce a canoni di bellezza neoclassica, non è che manca di dettagli sopraffini, non è che "non si percepisce la mano dell'artista" o altre cazzate pretenziose. No, è che è proprio disegnato MALE. Non nel senso di "esteticamente brutto" (anche quello, ma non è il problema peggiore) quanto per il fatto che la recitazione dei personaggi è totalmente piatta e "sbagliata" (nelle tavole del bistrattato Donatelli le emozioni le capivi benissimo subito, cavolo se "interpretavano" i suoi personaggi...). I personaggi non recitano, non si muovono in maniera sensata, pare un film interpretato da attori scarsissimi che oltretutto balbettano. Ecco, spero di aver spiegato qual è il problema di quei disegni. Se poi qualcuno sogna un Tex disegnato così tutti i mesi, de gustibus... Io continuo a preferire il Galep degli anni 50, che non era "minimalista", era un disegnatore che doveva produrre e sapeva che la qualità e l'efficacia di un disegno non si misura "a peso" dal numero di righe sulla tavola.
    1 point
  8. 1 point
  9. 1 point
  10. A lettura appena conclusa, mi limito a dire: storia semplicemente stupenda. Violenta e insieme nostalgica, un Boselli ancora una volta in stato di grazia. E il Tex visto in queste è proprio quel "vero Tex" di cui alcuni millantano la scomparsa. Disegni al solito efficacissimi: Mastantuono è in assoluto uno dei migliori disegnatori di Tex oggi, una delle vere colonne delle serie - e trovatemi uno che riesce a rendere come lui quell'inferno di piombo e fiamme in cui si ritrova Tex in questo albo. Se escludiamo alcune cadute di Faraci e Manfredi, questo per Tex è davvero un periodo magico. Per me questo non è affatto un difetto del finale, che nella sua malinconia l'ho trovato bellissimo. Il fatto di aver lasciato la figura di Glenn un po' avvolta nel mistero, tra l'altro, concederebbe a Boselli di raccontarci ancora qualcosa di lui, di quello che ha fatto dopo questa avventura - magari, mi viene da pensare, anche in un qualche albo dedicato solo a lui (tra "Storie" e "Romanzi" vari che la Bonelli pubblica, Glenn potrebbe trovare un po' di spazio).
    1 point
  11. L'elemento forse più convincente di tutta la storia, e forse più caratterizzante, è il perfetto connubio di classicit? bonelliana-nizziana e costruzione della storia puramente e assolutamente boselliana. L'elemento ?tradizionale? è costituito dai due pards: i Tex e Carson di questa avventura sono in tutto e per tutto quelli del Bonelli del secondo centinaio e del Nizzi del periodo d'oro: si sente tutto l'affiatamento e l'intimit?; la ?spacconaggine? nell'affrontare gli eventi e nel punire i cattivi (si vedano la rissa nel saloon, o anche il bellissimo interrogatorio ?alla Tex Willer? in apertura dell'ultimo albo, con un Carson complice perfetto nel convincere il secondo sgherro a parlare). Inoltre abbiamo tutto l'armamentario che ci ha fatto amare questa coppia: le bistecche e patate, di cui i nostri questa volta fanno indigestione, come se Boselli avesse voluto sopperire a qualche anno di troppo in cui questo pasto tipico dei Nostri latitava; i battibecchi, come quello in cui il solito amabile Carson brontolone si lamenta per la scalata. Tutto questo, come dicevo, calato in un contesto boselliano al 100 per cento. La complessit? della trama è pura marca boselliana: è un intreccio ingarbugliato, che lascia col punto interrogativo fino alla fine, in cui è impossibile stabilire a prima vista dove stia il bene e dove il male, chi siano i buoni e chi i cattivi. Boselli è maestro di questo tipo di narrazione: il colpo di scena finale riguardo all'assoldatore di Mondego è stato per me davvero inaspettato, davvero ?colpo di scena?. Non parliamo poi del modo di caratterizzare i personaggi di contorno. Lo sapevamo da tempo che Boselli sa tratteggiare grandi personaggi munendoli di personalit? complesse e psicologicamente credibili; ma con ?Mondego il killer?, secondo me, lo sceneggiatore ha raggiunto uno dei suoi vertici. Abbiamo almeno tre personaggi memorabili: Xavier Mondego, uno dei personaggi più belli degli ultimi anni, uno dei nemici più tosti che Tex abbia dovuto affrontare: Boselli, in realtà, lo usa col contagocce, e fa bene: perchè le poche volte in cui compare compie degli atti memorabili che rimangono impressi. Oltre a questo la complessit? e bellezza del personaggio è anche e soprattutto psicologica; non siamo cioè di fronte a un Terminator senz?anima, anzi: il senso dell'onore e dell'amicizia di quest?uomo lo rendono simpatico, ammirabile: Poi abbiamo Bethanie. Che gran personaggio! Qui Boselli da una piccola lezione: e cioè che le grandi figure femminili hanno tutto il diritto di entrare nella saga del ranger. E la vedovella porta con sè anche una carica di erotismo vista poche volte E infine Su tutti, però, abbiamo Tex e Carson! Questa storia, una volta di più mette in chiaro una cosa ovvia: che questa è LA coppia del fumetto italiano!
    1 point
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