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TWF - Tex Willer Forum

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Contenuto popolare

Mostrando i contenuti con la più alta reputazione il 18/08/2022 in tutte le sezioni

  1. Ed eccoci a commentare Fuga da Anderville, che la vampata polemica dei giorni passati mi ha indotto a leggere per la prima volta. Parto con un dato che mi pare ampiamente condiviso, e cioè la maestosa bellezza dei disegni; ma vengo presto a parlare del soggetto e alla sceneggiatura. Sul piano generale, cito quanto ho già scritto commentando Tra due bandiere: "il fatto che Nizzi abbia tradito le parole pronunziate da Tex a conclusione dell'albo Tramonto rosso, penso che questo rientri nella normale fisiologia di una serie così lunga. In fondo, GLBonelli ha ambientato una nuova storia durante la guerra civile quando questa era già stata già rappresentata nella serie diversi anni prima". Ciò premesso, il soggetto è molto interessante e la storia acchiappa sia come giallo, sia sul piano emotivo. La vivisezione cui è stata sottoposta rischia di farne perdere la visione di insieme: salve le ultime pagine, su cui dirò ultra, il complesso delinea un Tex che è veramente e Tex, con allo sfondo una guerra brutale (non è necessario far vedere i palazzi in rovina: è l'animo abbrutito delle persona a disegnare l'orrore, senza contare la mostruosità del campo di concentramento). E' vero che il nostro eroe spara a diversi soldati confederati, ma anche qui lo fa solo per difesa, così come avrebbe fatto con chiunque stesse cercando di fargli fare indigestione di piombo. Non mi pare corretta l'analisi che vede i sudisti dipinti tutti come mostri. Innanzitutto, è chiaro che lo sceneggiatore ci fa vedere solo una parte della realtà; inoltre, a me la storia suggerisce soprattutto che gli orrori bellici rendono cattive o quanto meno indifferenti anche le persone normali. La scena che, a mio giudizio, reca di più questa impronta è proprio quella in cui i soldati confederati lanciano i cadaveri dei nordisti nella palude. Rimane il finale. Su quello penso che abbiano ragione coloro che lo ritengano fuori registro. Innanzitutto, le pagine conclusive disegnano un Tex sconfitto. Altre volte ciò succede nella serie: penso in particolare a Le colline dei Sioux o, in qualche modo, a Patagonia. Ma in quei casi Tex riesce ad evitare disastri più grandi. No. In questo caso, la sconfitta è totale e amara, un po' come quella di La strage di Red Hill di Nolitta. Ecco, secondo me non si può presentare un Tex perdente, che rimane per tanti anni dubbioso sulla moralità di John Walcott e poi riceve impotente la confessione dello zio. Anche la reazione del nostro eroe alla confessione del vecchio politico non è in linea con il personaggio: Tex non strilla inerme! Dunque, è stato un grave errore da parte dello sceneggiatore metterlo in una posizione di impotenza; altrettanto grave è che lo si faccia reagire in maniera isterica, senza assicurargli un contegno adeguato al suo personaggio. Concludo dicendo che, per le ragioni elencate, non so che voto attribuire alla storia (il 10 meritato per circa 200 pagine o il 2 della conclusione?). Mi asterrò, dunque, dal rispondere al sondaggio iniziale. P.S. - L'assenza di @Diablero rende il forum più povero, vista la sua ammirevole competenza; però, pur astenendomi da metter becco sulle sanzioni irrogate, ritengo che sia compito di ciascuno evitare di avvelenare il pozzo della discussione texiana, da cui tutti ci abbeveriamo.
    3 points
  2. Complimenti per il bell'intervento, F80T, in linea con lo standard a cui ci hai abituato. Dopo il tuo commento di Tra due bandiere, lo attendevo e, come al solito, non mi hai deluso. Pur concordando con te sul finale, non condivido affatto il 2 sulla conclusione della vicenda, perché ritengo che una storia così bella (anche per te lo è, visto che le attribuisci addirittura 10 per oltre tre quarti della vicenda) possa pure avere un finale atipico e amaro, anche se non canonico o texiano. L'impotenza di Tex e la sua frustrazione, unita a quella richiesta di vicinanza fatta al Vecchio Cammello nell'ultima vignetta, posso dirti che mi hanno reso Tex, per una volta perdente, più caro. Quel paesaggio crepuscolare tra i campi di cotone, con i due pards che cavalcano insieme come sempre pur in un contesto così amaro, restano tra i miei ricordi texiani più preziosi. Ma qui entriamo nelle percezioni personali. Ancora complimenti per il post.
    2 points
  3. Concordo con i post sopra di @Tahzay e @Jeff_Weber. Albo interlocutorio in cui non succede nulla di eclatante, ma qualcosa da segnalare c'è. Lo strapotere di Mefisto! Non ha senso inquadrare le sue azioni tanto tra "illusioni, ipnosi e robe del genere" risolve le situazioni con una facilità disarmante. E poi: Verissimo. Aggiungo dicendo che quella scena si è vista nella storia precedente a casa del Morisco. Lo "strano" arrivo spirituale di Narbas a casa del Morisco. Forse mi sarò perso un passaggio perchè ho letto l'albo molto tardi, ma il santone come faceva a sapere che Padma lo stava cercando nell'inferno?! Il lama ha trovato il numero telefonico di Narbas utilizzando il 1288 e poi lo ha chiamato?! E poi arriva la vera nota dolente: i dialoghi, lunghissimi e spesso fuori luogo. Torno alla scena citata sopra, non ha senso far dire a Narbas: "... Dimentichi che qualche potere lo possiedo anch'io..." Quando dieci pagine prima Padma dice nell'inferno "Cerco il potente Narbas". Basta la frase di Padma per introdurre Narbas, che per inciso, è un personaggio già apparso nella storia di Nizzi e ha già mostrato i suoi poteri (inferiori a quelli di Mefisto). La prima frase mi fa ritornare al discorso delle marvelate presenti in questa storia: quando nei film dicono "Lui è il dio del tuono!" o il famosissimo "Io sono Iron Man!". Lo sappiamo chi sei.
    1 point
  4. Forse hai ragione tu, @Leo. Ho commentato a caldo, e probabilmente le mie sensazioni, soprattutto sul finale amaro, si debbono adeguatamente sedimentare. Prima di riporre gli albi, quindi, rileggerò le ultime pagine, per cercarvi la poesia che tu, ma anche altri preparati lettori, leggete in quelle scene.
    1 point
  5. Stesso mio timore. Si è portata l'asticella così in alto, enfatizzato così tanto i poteri paranormali di visione a distanza/previsione/possibilità di colpire da lontano/evocare demoni/evocare defunti, che - comunque andrà a finire la storia - si dirà "ma perché Mefisto non ha fatto così....ma perché Padma non ha previsto/intercettato.....ecc. ecc...."; un po' come nelle storie dei supereroi Marvel, dove le sorti delle battaglie vengono decise dai "match-up" dei superpoteri dei protagonisti..... Ed il rischio fondato é che, per prevenire questi (ovvi) inconvenienti, la sceneggiatura possa ondeggiare tra enfatizzazione di poteri assurdi demoniaci, e "spiegoni" dei limiti di tali poteri. Un esempio per tutti: uno Yama che può materializzare a distanza la propria immagine impugnando armi, lo rende sostanzialmente invincibile ed inattaccabile, ed allora ecco subito il contraltare della "debolezza".....ma il lettore si chiede, al contempo: "se può farlo Yama, perchè non potrebbe farlo il più potente - ed in salute - Mefisto, andando ad uccidere nel sonno i suoi nemici?"
    1 point
  6. Mi rendo conto di essere in notevole ritardo nei commenti, ma ho recuperato il volume soltanto di recente. Ho letto anche il "batti e ribatti" tra forumisti, sostanzialmente fermi nelle rispettive posizioni (devo dire che in una ventina di anni di frequentazione di forum vari, MAI mi è capitato di assistere ad un arretramento o a un cambio di opinioni in corsa....i forumisti sono una razza particolare, peggio dei politici....). Venendo al finale della storia, è evidente che il piano di Tex faccia acqua da tutte le parti. Esso, infatti, può avere soltanto due finalità: 1) Trovare delle prove per incriminare formalmente Samargo; 2) creare un pretesto per farlo scoprire, e farlo fuori. Ebbene, ambedue le opzioni sono cervellotiche: quanto alla prima, Tex ha già un testimone oculare del misfatto (Miguel) e potrebbe teoricamente procurarsi le testimonianze dei tirapiedi di Samargo (German ed i suoi uomini). Eppure, manda l'unico testimone (che, peraltro, aveva promesso alla di lui madre di tutelare) proprio nella tana del leone, con il realistico rischio che potesse essere fatto fuori senza che egli potesse materialmente intervenire (difficile pensare che fosse appostato all'interno della Hacienda di Samargo...); circa la seconda, Tex aveva molteplici strade davanti per passare direttamente all'azione, a cominciare dal fatto che, erigendo la diga, Samargo si era già (a prescindere dall'eccidio) posto chiaramente contro la legge. A ciò si aggiunga il fatto che lo stesso Samargo si comporta in maniera anomala; in prima battuta, ammettendo di fatto le sue colpe dinanzi ai pards (avrebbe potuto dire che era stata una iniziativa del suo braccio destro, come in effetti parrebbe essere accaduto leggendo la sceneggiatura, salvo poi avallo del comportamento di quest'ultimo da parte del Boss); nel finale, prima credendo come un boccalone alla risibile panzana di Miguel (Tex non aveva più nulla da fare e - addirittura - "vi manda i suoi saluti" , laddove poche ore prima era andato a sbatacchiare i suoi uomini e ad incriminarlo? Ma che è, una barzelletta?), poi ordinando ai suoi di aprire il fuoco sui pards, anziché "congelare" la situazione facilmente (avrebbe potuto dire a Tex: "se fai una sola mossa, ordino di sparare a Miguel" (e sarebbe stata morte certa, per lui, e dunque "scacco matto" per il nostro). Al di là di quanto sopra, il problema è stato esattamente centrato da Diablero, e non riguarda soltanto questa storia di Ruju ma una tendenza generale degli ultimi anni di Tex, ossia il fatto che si scrive e si sceneggia in funzione del risultato finale che si vuole ottenere, prescindendo totalmente da quello che farebbe Tex in determinate situazioni. In altre parole, si prescinde volutamente dal fatto che si stia scrivendo Tex. Lo scopo é chiaro, ed è duplice: 1) la ricerca spasmodica dell'originalità del soggetto (dopo oltre settant'anni), che è legittima, ma non deve andare a scapito del logo che campeggia in copertina. Se Ruju ha una buona idea per una storia e, soprattutto, per un finale di storia, con il peone che si sacrifica per il bene degli altri contadini, deve costruire una trama diversa, non può arrivare a quel finale prescindendo da Tex, e facendogli compiere azioni sconclusionate, anti-texiane e contraddette dalla stessa sua sceneggiatura (v. Carson a pag. 29: "solo poche ore fa eravamo pronti a rompere le ossa a Samargo e a tutti i suoi sgherri"....e nel finale, cosa è cambiato?). Il problema, lì, è molto semplice: il fare comportare Tex "da Tex" (ossia, farlo catturare German e spingerlo ad una confessione circa il mandante dell'eccidio, fare saltare la diga con la dinamite magari camuffato, o altre robe "normali" da Tex "normale") viene considerato banale, scontato, già visto, quando invece è proprio un Tex che fa quello che da lui ci si aspetta, a confortare ed allietare il lettore; 2) la ricerca, altrettanto spasmodica, del "colpo ad effetto", della "scena madre", della sequenza "strappa applausi"; ma, Signori cari, è l'autore e sceneggiatore che, quando scrive Tex, deve mettersi al servizio del Personaggio e rispettare lo stesso...non é Tex che deve plasmarsi ad uso e consumo di esigenze narrative che, con ogni evidenza, dal ranger prescindono! Nella scena finale della storia, abbiamo un Tex che, con lo sguardo sicuro dell'Eroe che ha vinto, afferma che grazie a Felipe, "in qualche modo (???) è stata fatta giustizia", ma a fronte di un esito che è andato contro ogni sua prevedibilità, laddove egli avrebbe avuto tempi e modi per "fare giustizia" secondo il corso degli eventi che è naturalmente dominato, appunto, dal protagonista della testata. Un po' come nel famoso finale di "Giovani assassini", laddove Tex (per esigenze narrative) abdica dal suo consueto ruolo di Deus ex machina, lasciando che la sorte del bandito superstite sia determinata da una assurda (ed ugualmente anti-texiana) votazione. Ed è pur vero che, a volte, non è Tex ad essere il "risolutore" della vicenda, ma questo non accade (o non dovrebbe accadere) tutte le volte in cui egli ha il bandolo della matassa e tutte le condizioni possibili per far fluire gli eventi secondo una ragionevole, legittima (ed attesa dal lettore) "prevedibilità texiana".
    1 point
  7. Nella prima scena fortunatamente Padma spiega come sappia perfettamente in che modo Mefisto & Company abbiano simulato la loro scomparsa. Sarebbe potuto bastare come spiegazione, invece l'albo è poi una continua giustificazione a tutta una serie di fatti paranormali non particolarmente credibili e del perché in altre occasioni certe potenzialità non sortiscano effetto, il tutto infarcito nei dialoghi con una sfilza di "sinché" che sembra far coppia con il termine "paturnie" di solito reiterato negli albi di Julia. Si fa certo un piccolo passo avanti nella trama, ma devo confessare a malincuore che tutto sembra particolarmente artefatto e continuo a pensare che Civitelli si presti meno bene dei Cestaro ad illustrare questa seconda parte della saga. Mentre la prima parte richiamava piacevolmente certe storie di Dampyr, questa seconda a me finora sembra una "burattinata zagoriana" disegnata dai Montanari & Grassani dei vecchi maxi di Dylan Dog. Incrocio le dita sperando che @borden per gli albi successivi abbia concentrato il meglio di tutto quanto lui sa fare, come nella maggior parte della sua produzione. E altrettanto spero per i disegni di Civitelli.
    1 point
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