Prosegue la mia rilettura degli episodi mitici degli albori.
La storia in questione inizia e si conclude senza soluzione di continuità e riprende, purtroppo, l’incongruenza della Guerra Civile, accennata già nell’avventura precedente con Manuela Guzman.
Tuttavia Bonelli il conflitto civile lo tiene solo ai margini, senza mai mostrarlo direttamente ai lettori, e ai nostri tocca il compito di proteggere i civili da eventuale banditi e sciacalli durante il periodo bellico.
Inutile ribadire la premessa sulla difficoltà d’inserire questo periodo di storie in una potenziale continuity texiana, visto che il celebre “Tra due bandiere” contraddice in toto l’ambientazione e le date, comunque al netto di questa notevole zavorra, la sceneggiatura merita un plauso.
L’autore in palla, snocciola pagine e pagine con un ritmo narrativo apprezzabile e riesce a donare una cornice di epicità agli eventi, sfruttando uno spunto classico ma sempre valido di carovane di pionieri e assalti indiani, con tanto di traditori rinnegati, che per brama di denaro, non si creano remore a “vendere” la vita di innocui civili.
Sterling (alias Lupo Bianco) è una carogna matricolata e possiede molto acume, visto che mette più volte in difficoltà i tre pards. L’assedio dei Pawnee sulla rupe assolata è sceneggiato magistralmente da Bonelli, che riesce a ricreare un pathos notevole e molta tensione narrativa. Un’autentica sfida a scacchi per la sopravvivenza, dove ogni minuto o cibaria può fare la differenza, nell’attesa dell’arrivo dei soccorsi chiamati dal giovane Kit.
La seconda parte ambientata a Dodge City è pur essa esplosiva, ma perde un po’ di epicità, tuttavia il grande Bonelli ci regala un epilogo crudo ma ad effetto, con la morte di Sterling, massacrato dai suoi ex alleati Pawnee, così come indotto da Tex con un diabolico piano di vendetta.
Curioso notare con l’attenzione dei dettagli attuali, come i Pawnee vengono rappresentati in maniera standard (molto diversa dalla corretta rivisitazione attuale apparsa nelle storie di Mauro), così come apprendere che anche il giovane Kit giura per diventare ranger, ma di fatto nel proseguo della saga questa sua carica si perde come un ago nel pagliaio.
In merito alla progressiva caratterizzazione del rapporto fra padre e figlio, fa quasi tenerezza leggere la scena in cui Tex, trova il pretesto per allontanare il giovane dal campo di battaglia per salvargli la vita, o quando lo ammonisce di non osservare lo scempio del corpo di Sterling, essendo ancora troppo ragazzo per “simili spettacoli”.
Pure curioso il dialogo tra Tex e Carson, in cui il secondo tesse le lodi del piccolo monello e il padre gli suggerisce di non farsi sentire per non montargli la testa. Piccoli dettagli, ma molto importanti secondo me.
La grafica è affidata al solito e infaticabile Galep, che, per l’occasione, si avvale della collaborazione di alcuni ghost artist non accreditati, fra cui spicca il solito Gamba, aiuto prezioso sia alle matite che alle chine.
Livello sempre alto, anche se in alcune sessioni si percepisce una certa fretta realizzativa, ma che non incide tanto nell’esito complessivo. Il mio voto finale è 8