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TWF - Tex Willer Forum

juanraza85

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Tutto il contenuto pubblicato da juanraza85

  1. juanraza85

    [501/504] Mefisto!

    Due domande molto interessanti, alle quali mi auguro anche io che qualche ben informato possa rispondere al più presto . Soffermandomi in particolare sulla seconda domanda che hai posto, devo ammettere che è la prima volta che leggo una cosa del genere. Se ciò avesse fondamento, ciò spiegherebbe l'evidente dislivello tra il primo albo ed i successivi due e mezzo (i quali, purtroppo, ridimensionano di molto il livello complessivo della storia).
  2. Prima fatica texiana di Nizzi in sede di sceneggiatura, ed al contempo ultima ad avvalersi di Erio Nicolò ai disegni. Non solo metaforicamente, l'inizio e la fine che si incontrano e danno alla luce una storia nel complesso più che dignitosa, di impianto molto classico e contraddistinta da un'atmosfera piuttosto malinconica, che ritengo sia stata resa piuttosto bene dai disegni di Nicolò, come di consueto puliti ma dotati di una vena di tristezza. Al suo esordio, Nizzi ha gestito piuttosto bene Tex e Carson, mostrandoli abbastanza affiatati (nel rispetto della tradizione glbonelliana), nonché lasciandone trasparire il coinvolgimento emotivo dato dalla responsabilità di dover indagare sulle presunte malefatte che, dai primi riscontri, sembrerebbe aver perpetrato il loro vecchio amico Remington, ex colonnello dell'esercito divenuto ricco allevatore nel sud-ovest del Texas. Ben orchestrata anche e soprattutto l'indagine che i due pards portano avanti comunque con la massima serietà, pur con il proverbiale groppo in gola, il quale tuttavia si fa sempre più piccolo via via che viene emergendo la verità. Tex e Carson, difatti, pur intenzionati ad agire senza favoritismi nei confronti dell'ex amico nel caso questi si dimostrasse colpevole, fanno una fatica immane nel credere che Remington, che ricordano come una persona equilibrata ed un galantuomo, possa essere divenuto un prepotente privo di scrupoli e di onore, e fanno ancora più fatica a credere che una pur brutta caduta da cavallo possa averlo inasprito al punto da non voler vedere più nessuno, ad eccezione della giovane moglie. Alle loro deduzioni personali, si accompagna l'indignazione per la morte dei due contadini che, in una scena tra le più toccanti di sempre della serie, vengono travolti da una valanga d'acqua che non lascia loro scampo: la loro volontà di vederci chiaro, infatti, li porta a scoprire che la valanga è stata deliberatamente causata da mano umana. I sospetti iniziali, non occorre precisarlo, si addensano sul colonnello Remington, a detta dello sceriffo interessato ad espandere sempre più le sue terre, ma i due navigati pards ci mettono poco ad insospettirsi per il fatto che lo stesso sceriffo afferma di non aver potuto parlare con Remington, essendogli stato impedito dalla giovane moglie Dolores e, con determinazione ancora maggiore, dal sovrastante del ranch nonché fratello della vedova, Francisco. Come avviene almeno nove volte su dieci, quando Tex punta qualcuno e lo ritiene colpevole ci azzecca in pieno, e così avviene anche con Francisco: dopo aver inizialmente tentato di indurlo in errore, invero senza riuscirvi per via dell'intelligenza del messicano, il Ranger riesce a mettere sotto pressione Dolores apprendendo la triste ed imprevedibile verità circa la sorte del vecchio amico Remington, ucciso tempo addietro dallo stesso Francisco (in verità amante della donna) che, al posto dell'ex padrone, ha piazzato l'anziano padre di lei. Sopraggiunto il sovrastante, Tex non ha difficoltà nel batterlo in un improvvisato duello, ristabilendo la verità e provvedendo alla propria opera di giustizia. Da opportuno contraltare ad una trama così impregnata di drammaticità, al pari di quanto fatto da molti pards nei loro commenti anche io non ho potuto evitare di cogliere qualche accenno di comicità dato dai continui bonari battibecchi tra Tex e Carson, nonché dalla reazione di Carson che, tutt'altro che indifferente dinanzi al fascino di Dolores, non può o non intende trattenere la propria ammirazione. Momenti di ilarità ben dosati, ottimi per stemperare la tensione di una storia dalle tinte così cupe e pesanti.
  3. Ahiahiahiahiahi, curioso, eh? Ok, mi terrò la curiosità e pazienterò
  4. juanraza85

    [271/273] Il Disertore

    In questo primo pomeriggio, ho deciso di andarmi a rinfrescare la memoria su un altro degli autori texiani, in questo caso Nolitta, scegliendo questa storia che, non ho problemi ad ammetterlo, a me è sempre piaciuta pur nella sua palese atipicità. Inutile girarci troppo intorno, Nolitta in tale avventura riesce nell'intento di abbattere il paletto principe della texianità, ossia la sua imbattibilità (oltre all'infallibilità, per quanto il Ranger nolittiano sia notoriamente più fallibile), sfornando quella che, tuttora, possiamo definire l'unica da cui Tex esca sostanzialmente sconfitto, o almeno in cui ottiene una modesta e simbolica "vittoria di Pirro", se si vuol credere che riesce comunque nel suo scopo principale, che era quello di riportare il tenente Morrow a Fort Necessity (oltre, va da sé, a salvare la pelle, cosa che date le circostanze non era poi così scontata). Di questa storia, oltre ai sempre ottimi disegni di Ticci, in particolare io ho apprezzato l'ambientazione in un villaggio di baracche piuttosto squallido, sito in una terra di nessuno al confine tra Messico e Stati Uniti, abitato da fuorilegge di mezza tacca e derelitti di ogni sorta capeggiati da un avventuriero trafficone ed opportunista come Manuel Pedroza. Da questo luogo desolato, Tex e Tiger Jack si sono presi l'incarico di riportare indietro il tenente George Morrow, militare onesto ma disgustato e disilluso dai maneggioni della politica e dai loro degni compagni affaristi, al punto da essere prossimo a vendere il proprio brevetto per un nuovo tipo di fucile all'esercito messicano. La missione, posta in tali termini, non si presenta in sé neanche così difficile da portare a compimento con successo, così come Tex e Tiger non hanno l'aria di trovarsi davvero in pericolo in quel di Pequeño Paraiso (mai nome risultò tanto ironico, obietterei ), soprattutto dopo aver dato una delle loro dimostrazioni rimettendo in riga i soliti bulletti, tuttavia in questa occasione per una volta il destino decide di mettersi di traverso a Tex sotto deforma si un intero battaglione di soldados messicani, troppi persino per lui ed il fedele pard navajo, che oltretutto non esitano a prenderli a cannonate, non fosse per il tempestivo - ma non certo disinteressato - intervento dei pittoreschi abitanti di Pequeño Paraiso, Pedroza in testa, che decidono di far fuori i soldados ed intascare i soldi in origine destinati a Morrow. Tex ed i compagni, sotto la minaccia di un nuovo scontro armato ed a corto di munizioni, dopo alcuni attimi di palpabile tensione (resi graficamente in maniera ottimale da Ticci), decidono di abbozzare e tornarsene via. Una scena cui nessun lettore di Tex avrebbe mai pensato di assistere, sono io il primo a dirlo, ma considerate le circostanze credo che realisticamente sia stata la migliore decisione che Tex ed i compagni potessero prendere. Senza dimenticare che, fortunatamente, tempo dopo Tex provvederà a mantenere la promessa di farla pagare con gli interessi a Pedroza in quel capolavoro de La leggenda della vecchia missione. Perché Tex può anche toppare una volta, molto di rado, ma non toppa mai una seconda volta .
  5. Nessun prezzo da pagare soprattutto perché non ci sarà vittoria finale. Ci sarà invece il trionfo di Mefisto. Un trionfo particolare che non sarà sconfitta per i pard. Ma non fatemi parlare, ho già detto troppo. Riguardo all'ipotesi che Boselli possa decidere o avallare la decisione di far morire uno degli occasionali comprimari storici di Tex, anche io sono dell'avviso che una decisione tanto drastica e forte deve necessariamente scaturire da una forte esigenza di sceneggiatura, in altre parole deve essere un avvenimento di comprovato peso nell'economia di una qualsiasi storia di Tex. Altrimenti, se deve essere una decisione fine a sé stessa, utile solo a far sobbalzare dalla sedia alcuni di noi ed a scandalizzarne altri, tanto vale evitare anche di prenderla in considerazione en passant. Detto ciò, nemmeno io credo sopporterei se una decisione del genere dovesse essere presa ai danni di uno dei simpaticissimi forzuti della palestra Hercules, sempre pronti a menare le mani ma sempre leali, e soprattutto sempre pronti a farsi in quattro (o anche in otto, date le stazze di alcuni di loro ) per aiutare Tex ed i pards. Per quanto invece concerne l'epilogo di questo mini ciclo mefistofelico, non mi strapperei certo i capelli se a perire dovesse essere Mefisto o uno dei suoi consanguinei, fermo restando che sono aperto a qualsiasi soluzione, qualora questa fosse garanzia di ulteriori ed ancora più succosi capitoli della sfida Tex vs Mefisto. Inutile dire, però, che a tal riguardo mi sorge spontanea una domanda per la nostra @Letizia (sempre che lei possa/voglia rispondere) : nel suo ultimo post ha semplicemente espresso una sua ipotesi o c'è dell'altro?
  6. juanraza85

    [Texone N. 07] Il Pueblo Perduto

    Ehm, ehm... Giusto, la seconda ..! Dimenticavo Il segno del serpente disegnata da Galep.
  7. juanraza85

    [Texone N. 07] Il Pueblo Perduto

    Storia di impianto molto classico, forse un po' troppo per essere pubblicata su un Texone, ma che nel complesso risulta abbastanza piacevole da leggere, pur perdendosi un po' nel finale. Nulla di paragonabile alle storie dei suoi anni d'oro, dunque, tuttavia a Nizzi ritengo vada dato atto di aver complessivamente svolto un buon lavoro, mentre a dir poco ottima si può definire la prova ai disegni di Ricci (altra "anomalia" dell'albo, la prima volta che un disegnatore storico della serie illustra un Texone), con particolare lode alle raffigurazioni della Mesa Dorada e del Pueblo Perdido. Tex e Carson, invero, non si vedono costretti a fronteggiare antagonisti particolarmente agguerriti (pur facendosi trovare sempre prontissimi alla bisogna), tanto che si può affermare senza tema di smentita che, con ogni probabilità, spandano più sudore a causa del sole e del caldo infernale del deserto che nell'affrontare le tre o quattro brevi sparatorie cui li costringono il bieco rancher Jackson e la sua teppaglia. Per il resto, i due pards altro non devono fare che cavare dai guai la bella e giovane Malapay ed inseguire la cricca di Jackson fino alla meta, il famoso pueblo perduto dove è custodito un tesoro di inestimabile valore. Unico appunto di rilievo che ritengo di poter muovere a Nizzi in questa occasione, la scarsa caratterizzazione di Jackson e soci, mentre maggior cura è stata riservata alla contestualizzazione della vicenda (che, in effetti, avrebbe potuto rischiare di risultare un po' banale): la ricerca di tesori perduti è un classico dell'epopea western, in tale occasione a renderlo più interessante è che esso consista in oggetti sacri di oro ed argento che una compagnia di gesuiti aveva nascosto un secolo prima nel quasi inaccessibile pueblo - nascosto tra i picchi della Mesa Dorada - con l'aiuto dei Papago, con l'immancabile maledizione di matrice indiana, per quanto nei fatti avvalorata dalla presenza di un custode in carne ed ossa (insomma, forse più ossa che carne ) e delle immancabili quanto portiere trappole a difesa dei preziosi. Come accennato in apertura, il finale risulta forse un po' precipitoso e scontato, al contrario degli eventi che lo precedono i quali, invece, si svolgono con cadenza più oculata. Ho comunque trovato piuttosto suggestiva e significativa l'ultimissima sequenza, quando l'esplosione fortuita di un candelotto di dinamite provoca il crollo della parete di roccia sovrastante il pueblo, provocandone il seppellimento insieme al tesoro. Evento di un certo valore simbolico, che potrebbe stare a sottolineare come qualsiasi azione umana è in fondo sempre in balìa del caso.
  8. Dal mio punto di vista, se ciò che è stato detto negli ultimi post a proposito di determinati comportamenti di Guarino risponde al vero, qualsiasi commento al riguardo credo sia superfluo.
  9. juanraza85

    [Texone N. 12] Gli Assassini

    In effetti, sarebbe stato più di effetto.
  10. juanraza85

    [Texone N. 12] Gli Assassini

    Ogni rilettura di questo Texone me ne fa ogni volta rivalutare al rialzo la qualità: trama di ampio respiro, curata da Mauro Boselli nei minimi particolari, grazie all'ottima gestione delle due principali sottotrame che si svolgono in parallelo e senza ostacolarsi a vicenda, valorizzata dall'ottima prova d'esordio ai disegni di Alfonso Font, capace di districarsi con la medesima maestria dagli sconfinati spazi del Sudovest alla tentacolare e caotica San Francisco, e di conciliare il suo classico tratto che fa molto "brutto, sporco e cattivo" con una oculata caratterizzazione dei personaggi con cui Tex e Carson hanno a che fare, dal pard d'occasione Mitch Anderson ai Regolatori (mi sovvengono, in particolare, le caratterizzazioni della faccia da schiaffi di Micky Cohen e del funereo Bud Miller, oltre che dell'affascinante ed ambigua Vedova). Decisamente atipici, per quanto al contempo ben presenti nella saga e nella realtà storica del Vecchio Ovest, gli avversari per i nostri due pards: nientemeno che un'associazione di sicari a pagamento dotata di organizzazione capillare, con radici in tutto il West, se non in tutti gli Stati Uniti, abili e spietati nell'onorare i contratti di morte da essi sottoscritti, nonché bravi nel nascondersi agli occhi della legge grazie a comprovate capacità di agire con discrezione e sottotraccia, spesso nascondendosi dietro attività legali. La strada di Tex e Carson, implicati nella caccia a questi spietati assassini dopo che alcuni di loro hanno quasi ucciso Kit e Tiger Jack (che si trovavano per caso sul luogo di uno dei loro eccidi), si viene ad incrociare con quella del giovane Mitch, abile pistolero anch'egli sulle tracce dei Regolatori, colpevoli di avergli ucciso il padre dieci anni prima. Dopo averlo incontrato una prima volta in Colorado, ove il ragazzo riesce a farsi arruolare tra i Regolatori solo per arrivare a tiro di Micky Cohen (uno dei quattro assassini di suo padre) e propiziarne la morte, i due pards lo rincontrano tempo dopo a Frisco, dove Mitch è alla ricerca di Larry Dude, altro pezzo grosso dell'associazione ed altro responsabile della morte del padre. Se fino a questo momento Tex e Carson hanno di fatto giocato di rimessa, mancando sempre di un soffio la possibilità di approfondire la conoscenza di Mitch, grazie a fortuite quanto tragiche circostanze - in primis un attentato ai danni loro, di Lefty Potrero e di Tom Devlin, che resta ferito - riescono nella sostanza a prendere le redini della vicenda, dapprima salvando Mitch dalle affascinanti grinfie della Vedova (alias Lisa, anch'ella a suo tempo coinvolta nell'omicidio del padre del ragazzo), e grazie a lui riescono a risalire a Dude, acciuffandolo nella fumeria d'oppio che usa come base operativa - molto glbonelliana la rissa che i due pards ed i forzuti della palestra Hercules vi scatenano - e riuscendo a carpirne alcuni dettagli che si rivelano fondamentali per individuare il rifugio del gran capo dei Regolatori, tale mister Boydon. Questi, individuo all'apparenza mingherlino e tale da poter passare tranquillamente per un banale commerciante, dirige l'organizzazione da un'isola al largo della Baja California, ambientazione quanto mai azzeccata che sa molto di spy story alla James Bond, dove si svolge la fase conclusiva e decisiva della vicenda, in un crescendo di adrenalina ed emozioni. La sparatoria che nasce tra i Nostri - cui si è aggiunto l'agente di polizia Tony Bamonte - è, effettivamente, uno dei momenti più "forti" dell'intera storia, tale da porre in secondo piano anche l'azione e le sparatorie in quel di Frisco: un pistolero dietro ogni angolo dell'imponente magione, colpi di pistola a getto continuo e repentini ribaltamenti di fronte, ma soprattutto ulteriori emozioni. Mitch riesce a risultare decisivo per neutralizzare Bud Miller - anch'egli sulla sua lista - e, soprattutto, con la morte della Vedova (quarta ed ultima degli assassini del padre) viene a conoscenza di un'insospettabile verità: anche suo padre era stato un Regolatore, per poi cercare di redimersi e venendo a causa di ciò ucciso dai quattro su ordine di Boydon, su fratello; la Vedova, innamorata di Clive Anderson ma al contempo ligia all'incarico affidatole, pur notando la presenza del piccolo Mitch aveva provveduto a salvargli la vita tacendo la circostanza ai complici. Pura accademia l'epilogo della storia, in quel di Città del Messico, ove Tex, Carson e Mitch riescono infine ad acciuffare Boydon, alias Nobody, alias Yuri Gromek, assicurandolo alla giustizia messicana e chiudendo la lunga ed affascinante vicenda. Mitch, ottenuta la sua vendetta, capisce cosa possa comportare una vita tra sparatorie ed omicidi, e decide di seguire l'esempio del padre scegliendo una tranquilla vita da rancher nel New Mexico.
  11. Questo è un interessantissimo elemento di discontinuità inserito da @borden rispetto alle precedenti apparizioni di Mefisto. Poiché è evidente che, in termini di principio, Mefisto non avrebbe alcun bisogno di usufruire dell'ausilio di sostanze con proprietà ipnotiche per indurre visioni nelle menti delle sue vittime, a questo punto diventa per me inevitabile domandarmi (e, di conseguenza, domandare in punta di piedi a Boselli ) per quale ragione tale novità sia stata introdotta. Forse per permettere a Mefisto di risparmiare le energie psicofisiche, inevitabilmente messe a dura prova dal suo assiduo rapporto con le forze oscure? O la ragione è un'altra?
  12. Non c'è alcun dubbio, e non lo dico certo per piaggeria, che Boselli "tratta" Tex e Carson in maniera decisamente migliore e più dignitosa di quanto vent'anni addietro fece Nizzi con lo stesso Carson, oltre che con Kit e Tiger Jack. In quella ormai vecchia storia, non si può negare che tutti e tre fecero una magrissima figura nel farsi infinocchiare, ben più elaborata ed ardua da contrastare - oltre che pressoché impossibile da preventivare - la trappola con cui Mefisto riesce a catturare Tex e Carson nel caseggiato abbandonato. D'altro canto, io non mi stancherò mai di sostenere come, dal mio punto di vista, la caratterizzazione di Mefisto curata da Nizzi, pur non certo esente da topiche, non fu neanche da cassare del tutto: indubbiamente quel Mefisto, esaltato e palesemente instabile, era assai diverso dal Mefisto di Boselli, lucido e metodico nella sua pazzia, tuttavia lo Steve Dickart formato Nizzi andrebbe secondo me valutato contestualizzandolo nella sua resurrezione, evento piuttosto raro ed onore occorso a pochissimi , che anche a fronte della sua grottesca morte in Florida non poteva certo lasciare un segno nella sua psiche già di per sé piuttosto contorta. Altrettanto chiaro è, sempre a mio parere, che da allora anche nel fumetto siano trascorsi diversi anni e, dunque, Mefisto ha potuto recuperare una buona (e forse insospettabile) lucidità, al punto da subordinare la vendetta contro Tex (ora attuata solo per via della presenza casuale dei pards in città) ad un piano di conquista di Frisco.
  13. Seconda parte ancor più coinvolgente e superlativa della già coinvolgente e superlativa prima parte. A fare la differenza, sostanzialmente, l'azione e l'adrenalina presenti in dosi massicce, oltre ad un assaggio concreto di quanto notevolmente Mefisto abbia ancor di più affinato la sua già incredibile conoscenza delle arti magiche, riuscendo a maneggiarle con l'abituale nonchalance unita, stavolta, ad un'invidiabile recuperata lucidità (parlerei, più precisamente, di pazzia sin troppo lucida), e tale da comportare pericoli a mio parere assai più concreti che in passato per Tex ed i pards. Contestualmente, va sempre più assumendo contorni precisi e ben definiti il suo piano criminale, in apparenza privo di punti deboli. Mi ha piacevolmente sbalordito, inoltre, la decisione di Boselli di rispolverare una delle vecchie identità fittizie di Mefisto, una finezza che non mi sarei aspettato. P.S. se questo secondo albo a me è sembrato migliore del primo, ho fondate speranza che il terzo possa essere ancora migliore (e, perché no, che la prossima storia possa essere ancora migliore di questa) .
  14. Molto adrenalinica, al netto di una forte drammaticità. Probabilmente avrebbe anticipato qualcosa di troppo riguardo quel che si legge nell'albo, come osserva @borden, tuttavia è ovvio che se fosse stata prescelta avrebbe spaccato alla grandissima.
  15. juanraza85

    [Texone N. 04] Piombo Rovente

    Texone atipico, sia per quanto riguarda la sceneggiatura di Claudio Nizzi, piuttosto classica ma al contempo contraddistinta da un ricorso forse eccessivo all'ironia, sia per quanto concerne i disegni di Sergio Zaniboni, un po' troppo macchiettistici soprattutto nel caratterizzare antagonisti ed alleati dei Nostri (i quali, invece, vengono rappresentati in maniera abbastanza canonica). Prescindendo da tali particolarità, comunque, la trama congegnata da Nizzi risulta nel complesso di gradevole lettura, sostanzialmente priva di punti deboli, pur senza donare grandi colpi di scena. L'aspetto più interessante della storia, come già accennato, risiede nella forte dose di ironia che la caratterizza quasi interamente, a volte magari anche un po' troppo accentuata (probabilmente, come sostenuto dal pard @Juan Ortega, stilata ad hoc per tentare di valorizzare il più possibile il caratteristico tratto di Zaniboni) ma tutto sommato ben accetta, soprattutto in occasione dei frequenti siparietti tra Tex e Carson, e nondimeno in occasione del confronto di Tex con il sindaco ed i due membri del consiglio municipale in affari con il prepotente locale, sbatacchiati dal Ranger senza troppi complimenti e successivamente buttati letteralmente in mezzo alla strada. Prepotente locale, tale Morgan Slattery, ben caratterizzato sia graficamente (ben vestito, ben piantato ma non grasso, mascellone e collo taurino) che psicologicamente (deciso, autoritario, in grado di imporsi sia coi suoi uomini, sia con i notabili del paese che lo spalleggiano), con cui Tex e Carson dapprima si scontrano, uscendone sostanzialmente vincitori, e poi siglano una sorta di armistizio, che prevede che i due pards lascino la città di Serenity (mai nome fu più ironico!), trattandosi in realtà di un espediente dei Nostri per prendere tempo e non mettere in ulteriori guai il loro amico sceriffo, l'onesto ma anzianotto Otis Benson, e successivamente ritornare in paese con Kit e Tiger Jack (nella fase iniziale rimasti fuori città per problemi con le cavalcature). La vicenda entra davvero nel vino, in effetti, solo nel momento in cui i quattro pards si riuniscono e concordano un piano d'azione da svolgere al completo, seppur divisi in coppie: Tex e Carson decidono di sviare l'attenzione di Slattery fingendo di portare un attacco al suo ranch per costringerlo ad inviare sul posto il grosso delle sue truppe, mentre Kit e Tiger si recano a Serenity per studiare la posizione delle truppe nemiche rimaste a presidiare la città. Una volta riunitisi, i quattro non incontrano eccessive difficoltà nel neutralizzare gli uomini di Slattery, grazie anche alla collaborazione della simpatica maitresse Lulu Darling, che li aiuta attivamente nel catturare il boss in persona, e del maestro di scuola John Meriwether, di grande supporto nel convincere gli onesti cittadini di Serenity a spalleggiare apertamente Tex e compagni. L'intento riesce benissimo, con il solo colpo di scena rappresentato dal pistolero Coburn, ex uomo di fiducia di Slattery, che decide di sfidarlo a duello (sequenza, questa, in netta controtendenza rispetto a quello che è stato fino a quel momento l'andamento della vicenda) e, come da copione, ci rimette la pelle.
  16. Giusto, colpa dell'abitudine ..!
  17. A distanza della prima lettura allorquando l'albo uscì in edicola, ieri sera per conciliarmi il sonno ho deciso di riprendere le due storie. Delle due, Raccolto insanguinato di Jacopo Rauch è a mio giudizio la migliore e più coinvolgente, grazie in particolare alla caratterizzazione dei personaggi con cui Tex si trova ad avere a che fare, assolutamente non banali e forieri di sorprese, nonché per merito della superba prova di Alessandro Poli ai disegni. La sceneggiatura, cupa ed a tinte horror, vede Tex sulle tracce del bandito Seth Lennox, e riesce a coglierlo sul fatto proprio nel momento in cui, nell'atto di uccidere la guida Gideon Parker, viene scalciato dal cavallo di miss Gardner, che Parker sta accompagnando a Redfield, desolato e malmesso villaggio di agricoltori del Nebraska, sulle tracce del fratello della donna. Quella che sembra una vicenda ormai delineata, una volta che Tex e gli altri raggiungono il villaggio si arricchisce di uno spiacevole imprevisto: i quattro vengono catturati dagli abitanti di Redfield che, superstiziosi e spietati, sono soliti sacrificare gente di passaggio per propinare buoni raccolti. Inutile dire che Tex, grazie anche all'aiuto della bizzarra mezzosangue Old Kate, riesce a liberarsi e a liberare gli altri con una certa facilità, purtroppo per lui i colpi di scena non sono terminati: miss Gardner, approfittando della momentanea assenza del Ranger (impegnato a fronteggiare un attacco dei paesani), getta la maschera: ella si chiama in realtà Jane Coleman, e l'uomo che aveva detto essere suo fratello era in realtà il suo compagno ed ex complice, fuggito con un bottino di 20.000 dollari prima di essere preso e sacrificato dai contadini di Redfield. Determinata a recuperare il bottino, Jane uccide Gideon, poi portandosi dietro Old Kate e Seth si reca presso la casa del capo del villaggio, ove ritiene sia nascosto il denaro. Tex, dopo aver ridotto a più miti consigli gli abitanti di Redfield, giunge sul luogo appena in tempo per disarmare Seth e trovare Jane in fin di vita, colpita a morte da Old Kate. Unico aspetto che Rauch avrebbe potuto curare meglio è il mancato approfondimento della caratterizzazione di Old Kate, tuttavia la sua sceneggiatura per quanto mi riguarda resta da promuovere a pieni voti. A suo modo da ricordare, soprattutto perché ne è protagonista l'erculeo e simpaticissimo Gros-Jean (coadiuvato dalla bella Dawn), Yukon Race, sceneggiata da Mauro Boselli e disegnata da Alfonso Font, che si dipana tra le innevate foreste del Canada. Tra i partecipanti della Yukon Race, gara tra slitte che si svolge nella selvaggia regione dello Yukon, Gros-Jean e Dawn cadono vittime delle losche manovre di Homer Deveraux, pezzo grosso locale pronto a tutto pur di indirizzare la gara a suo piacimento, finanche ad ordinare il tentato omicidio dei due amici di Tex, che riescono a salvarsi per un pelo. Naturalmente, Gros-Jean non esita un attimo a prendersi la rivincita a modo suo, recandosi presso il magazzino di Deveraux e, dopo aver affrontato il boss ed i suoi sgherri con l'ausilio non previsto ma fondamentale di Dawn, lo distrugge a colpi di ascia. Tutto secondo copione, per una storia che suscita ulteriore simpatia verso uno dei più divertenti personaggi ricorrenti della saga texiana.
  18. juanraza85

    [137/139] Il Ritorno Di Montales

    Storia sicuramente non ascrivibile tra i capolavori texiani, ma comunque in grado di coinvolgere emotivamente il lettore ogni volta che se la ritrova tra le mani, che sia la prima o l'ennesima volta. La sceneggiatura di GLB, in apparenza abbastanza semplice e senza troppi fronzoli, è però al contempo estremamente rappresentativa della "texianità" più classica, capace di mostrarne tutti i principali capisaldi: coraggio, prontezza, lealtà, incondizionata ed infinita disponibilità verso gli amici, risolutezza, ottimismo ad oltranza, capacità di sdrammatizzare anche nelle difficoltà. Stesso dicasi per quanto riguarda i disegni di Galep, capace di raffigurare Tex ed il suo mondo con la medesima naturalezza dei primordi, magari contraddistinta da un pizzico di attenzione in più alle minuzie. Anni dopo essersi aiutati a vicenda per risolvere i rispettivi problemi, Tex e Montales tornano finalmente a rivedersi su richiesta di quest'ultimo, alle prese con apparati deviati dei federales messicani che intendono metterlo a tacere per sempre. Lungo la strada che lo dovrà portare all'hacienda di Montales, Tex ed i pards hanno modo di imbattersi per caso anche in un'altra vecchia conoscenza, Pat Mac Ryan, che decidono immediatamente di arruolare tra le loro fila, arrivando giusto in tempo per un attacco frontale portato dai bandidos di El Gato, capobanda al soldo del generale Carranza, aspirante rivoluzionario desideroso di eliminare Montales per evitare di essere denunciato alle autorità governative. Se l'attacco portato dai bandidos viene respinto con relativa facilità grazie all'eliminazione di El Gato, Tex e compagni hanno invece vita assai meno facile nel fronteggiare gli uomini di Carranza, che effettivamente costringono i Nostri a trasformare l'hacienda in una "nuova Alamo", in grado comunque di resistere grazie all'esperienza e all'irriducibilità dei suoi difensori, pronti a tutto pur di non arrendersi ad una sorte apparentemente segnata, finanche a demolire parte della casa su consiglio del solito Tex, e grazie alla manovalanza del forzuto Pat (e qui l'intuizione di esserselo portato dietro risulta quanto mai felice, al netto della sua notoria incapacità nell'adoperare armi da fuoco). La grande abbondanza di truppe nemiche si pone ad invalicabile ostacolo per Tex e compagni anche nello sfruttamento di un passaggio segreto, scoperto per caso dai soldati, ma come da tradizione texiana la fortuna giunge in aiuto sotto forma di reparti militari fedeli al governo, mandati a chiamare giorni addietro da Montales, e giunti al momento giusto per cavare i Nostri dai guai e porre fine ai sogni di gloria di Carranza. Finale da incorniciare, poiché anch'esso fedelissimo alla tradizione di Tex: dopo aver dovuto "subire" per giorni e giorni ricevimenti e feste mondane in ringraziamento del loro contributo ad aver salvato il Messico da un golpe, i quattro pards più Pat si precipitano a bordo di un treno in partenza (persino Carson, date le circostanze, sale senza borbottare come di consueto), non senza congedarsi con virile commozione da Montales, colmo di gratitudine per l'aiuto ricevuto.
  19. Per spiegare perché la polemica stia andando oltre, io citerei un altro fattore tutt'altro che irrilevante: se ne sta parlando PARALLELAMENTE in ben tre diversi topic del forum (questo, il Topic delle Anteprime 2022 e le Domande a Boselli). Va bene che evidentemente l'argomento ha avuto e continua ad avere larga presa, ma che diamine ..!! Appunto perché probabilmente Manfredi non intendeva farne una questione personale (e, del resto, non credo ne avesse i presupposti), a maggior ragione avrebbe potuto evitare di intraprendere una polemica così inutile e con ogni evidenza infondata. Ovviamente sarebbe una cosa da non fare, ma non succederebbe mai perché quella è una copertina famosissima, mentre "Bedlam" di Magico Vento no, se la ricordano in pochi. In più - come detto ormai cento volte - questa di "Bedlam" è una somiglianza involontaria con quella di Magico Vento, mentre ispirarsi a "Il giuramento" non potrebbe essere che una scelta voluta, che nessuno farebbe mai. Si torna sempre al punto di partenza: come anche tu dici, la copertina di Bedlam! è oggetivamente grandiosa, che male ci può essere stato a trarre spunto da un'opera terza (la genesi, dunque, si capisce fu la stessa di quella di Magico Vento). Così come non trovo neanche io niente di male nel ricalcare vecchie cover per albi di una medesima collana. Il discorso, al massimo, può comprensibilmente cambiare nel caso di cover che hanno segnato la storia di un personaggio.
  20. In effetti, anche io credo che la polemica sulla somiglianza delle cover, per di più assai sterile, stia andando decisamente oltre. A me appare estremamente chiaro che sia a suo tempo Venturi e Manfredi con Magico Vento che, stavolta, Boselli e Villa con il Tex in uscita a giugno, hanno tratto ispirazione dalla copertina di un'opera letteraria precedente (Val Newton: The Reality of Terror, di Joel E. Siegel). Mi domando cosa ci sia di male o di riprovevole nel trarre ispirazione da un'immagine che, a quanto pare, risulta di grandissimo impatto (altrimenti, come ha osservato ieri @Diablero, è difficile credere che altri si sarebbero presi la briga di riprenderne il tema). Ed in effetti è vero che, nei paesi anglosassoni, il termine "bedlam" è di fatto divenuto da un paio di secoli sinonimo di manicomio, sulla sponte del famigerato Royal Hospital Bethlem (di cui è una storpiatura) di epoca vittoriana. In conseguenza di ciò, in tutta onestà non riesco a cogliere senso né fondamento nella polemica mossa giorni addietro da Manfredi al riguardo, poiché appare più che evidente come egli stesso abbia tratto ispirazione a suo tempo, e non può dunque vantare alcun diritto di primogenitura.
  21. Gran bel primo piano, complimenti !
  22. juanraza85

    [17] [Almanacco 2010] La Banda Dei Messicani

    Anch'essa menzionata nel topic dedicato alle più recenti storie di Claudio Nizzi, per di più accompagnata da giudizi tutt'altro che lusinghieri, ha comunque alimentato la mia curiosità, e non ricordandola affatto - il che, già di per sé, non era molto incoraggiante - ho deciso di andare a rinfrescarmi la memoria con una nuova lettura. Posso dire di non aver faticato troppo a comprendere come mai la sola componente di questa storia di cui ho letto giudizi positivi risiedeva nei disegni di Fusco, che nulla hanno da invidiare ad altre sue performances passate: la trama curata da Nizzi, purtroppo, presenta ben due lapalissiani errori di impostazione che, di fatto, ne pregiudicano sul nascere qualsiasi velleità di buona riuscita. Incaricato di scortare il giovane fuorilegge Ray Bonner da Flagstaff al carcere di Yuma, una volta giunto dallo sceriffo Tex apprende della morte del ragazzo tramite avvelenamento. Qui, a mio avviso, il primo peccato originale della sceneggiatura: pur nella consapevolezza che chiunque abbia avvelenato il fuorilegge (un ex complice che voleva impedirgli di denunciare lui ed il resto della banda) sia ancora in città, Tex e lo sceriffo non vengono neanche sfiorato dall'idea di cercarlo in ogni dove (in fondo, Flagstaff non è una metropoli, e l'ex complice che ha commissionato l'avvelenamento si nasconde dell'hotel dinanzi all'ufficio dello sceriffo), bensì decidono di tenere nascosta la morte di Bonner e farlo impersonare da Kit Willer, sfruttandone la somiglianza e la peculiare benda sull'occhio. Se su questa decisione rischiosa e buona a complicarsi inutilmente la vita con un po' di buona volontà si potrebbe soprassedere, altrettanto non si può dire della successiva scellerata decisione di Tex e Kit che, pur consci di essere seguiti, cercano ospitalità presso un campesino RIVELANDOGLI di essere seguiti da una banda di malviventi pronti a tutto, ed altrettanto sorprendente è la disponibilità del bravo campesino ad accoglierli. Poco importa che, più tardi, i banditi gli brucino un carro, per poco non facciano altrettanto con la stalla e gli sparino financo addosso, prima che Tex e Kit li spazzino via tutti, tranne il caporione. Costui, un tale Duncan, chiede aiuto ad una banda di messicani di sua conoscenza (da cui il titolo della storia), ma inutile a dirsi anche di costoro Tex e Kit fanno piazza pulita senza troppi patemi. Data l'inconsistenza degli avversari, né più né meno ostici dei defunti complici di Duncan, a ben vedere ci sarebbe infine da domandarsi la ragione del titolo; forse avrebbe avuto più senso chiamare la storia IL BANDITO CON LA BENDA SULL'OCCHIO, o roba simile.
  23. juanraza85

    [382/384] La Tigre Nera

    Il topic recentemente aperto sulle ultime storie di Claudio Nizzi mi ha stimolato a rileggere ancora una volta questa storia, una delle migliori da lui sceneggiate ed anche una delle colonne portanti dell'intera collana, e purtroppo o per fortuna ho trovato l'ennesima conferma di un dato di fatto di per sé già evidente, almeno per me: il Nizzi che operava a cavallo tra gli anni '80 e '90 ed il Nizzi che ha operato negli ultimi 15/20 anni sembrano quasi essere due autori diversi. Così come le sceneggiature del Nizzi attuale risultano piatte e prevedibili, in generale quelle da lui curate in passato grondavano ben altre emozioni, ricche di antagonisti non scontati - e spesso di un certo spessore - e di un notevole apporto di azione ed imprevedibilità, nonché di qualche momento di sana e cameratesca ilarità tra Tex e Carson. La Tigre Nera, inutile dirlo, rispecchia fino in fondo tali canoni, soprattutto per quanto riguarda l'omonimo antagonista: un principe malese di nome Sumankan, spodestato dal suo trono, che per una serie di rocambolesche circostanze si ritrova in America, dove si pone a capo di una setta segreta che, per mezzo di inganni, intrighi e spietata crudeltà, persegue l'obiettivo di accumulare ingenti ricchezze ed impadronirsi del tessuto economico della fiorente boom-town di Leadville, anche nell'ottica di un riscatto da ottenere a discapito di una razza, quella bianca, cui la Tigre attribuisce la perdita del suo regno nel Borneo e lo sfruttamento senza pietà degli orientali. Un cattivo atipico, lontano anni luce dai canoni abituali di antagonista texiano (tolti negromanti e scienziati pazzi, si intende, anch'essi del resto eccezioni), un lucido folle astuto e risoluto, colto e spietato, nonché maestro del travestimento (nulla da invidiare ad un certo Proteus, direi), alla cui caratterizzazione contribuisce magnificamente Claudio Villa, che lo raffigura con zigomi pronunciati ed occhi a palla che inevitabilmente ne accentuano le già elencate peculiarità. Tra i suoi sgherri figurano anche alcuni notabili del posto, su tutti l'ambiguo Jean Morel, poi spietatamente scaricati ed uccisi nel momento in cui il principe Sumankan inizia a ritenere possano mettere in pericolo la setta. Tex e Carson, dal canto loro, devono spandere non poco sudore per infrangere il muro di segretezza ed omertà che protegge la losca attività della Tigre (che anzi, per buona parte della storia, grazie al suo carisma ed anche al suo talento di trasformista sembra essere sempre una mossa avanti ai due pards), e soprattutto per avere la meglio sull'avversario al momento della resa dei conti, presso il pittoresco e quasi inespugnabile covo da cui dirige la sua organizzazione. Una sequenza, questa, di notevole impatto narrativo ed emotivo, in cui dapprima la Tigre riesce a catturarli e, con grande faccia tosta, li invita a cena in attesa di liberarsi di loro, ma deve fare i conti con la reazione di due vecchie pellacce che non mollano mai, capaci liberarsi dei carcerieri e poi di sfuggire con abilità e fortuna a tutti i tranelli e gli stratagemmi cui fa ricorso la Tigre, infine costretta ad una precipitosa fuga. I due pards ottengono in tal modo una vittoria che, pur non risultando decisiva né definitiva, evidenzia l'ottima gestione del duo in questa avventura, che li mostra affiatati come poche altre volte, sempre pronti a beccarsi ma ancora più pronti e determinati nel fronteggiare situazioni di pericolo e capovolgerle a loro vantaggio. Da contraltare, suo malgrado, Mac Parland, buon amico dei pards ma troppo ligio a codici e regolamenti per poter risultare davvero utile alla causa, contro un avversario del genere.
  24. Se così fosse, non escludo ci si debba aspettare il ritorno del nipote di Gros-Jean, personaggio di indubbio spessore già protagonista di una storia di indubbio spessore ...
  25. Su questo penso nessuno di noi avesse dubbi ..!!!
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