Vai al contenuto
TWF - Tex Willer Forum

ymalpas

Collaboratori
  • Contatore Interventi Texiani

    8401
  • Iscritto

  • Ultima attività

  • Giorni con riconoscenze

    164

Tutto il contenuto pubblicato da ymalpas

  1. ymalpas

    Tex ? Un Buon Padre?

    Beh finora se l'? cavata egregiamente, no è Comunque andando un p? off topic, direi che Boselli ce la sta mettendo tutta nel tirare fuori dal limbo Kit e Tiger, con storie corali dove tutti e quattro i pards hanno la possibilità di mettersi in evidenza.
  2. ymalpas

    Tex ? Un Buon Padre?

    Il che è una cosa inevitabile, quando si parla di un personaggio che ha sessant'anni di storia a fumetti, non ha un curatore ( Sergio Bonelli ) che si assuma pienamente le sue responsabilità di... curatore, e un personaggio ( Kit Willer ) che non è mai stato pienamente definito neanche da G. L. Bonelli, con una caratterizzazione ancora avvolta in un limbo, dal quale forse il solo Mauro Boselli sembra volerlo tirare fuori!
  3. ymalpas

    Miguel Angel Repetto

    Bellissima intervista. Grazie Zeca. Belle le tavole, la storia sarà in edicola a novembre e dicembre.
  4. ymalpas

    [563/564] Spedizione In Messico

    Questa storia presenta Boselli alle prese con "il giallo". La natura della missione è un giallo. Le autorit? messicane chiedono a quelle americane di intervenire, segretamente, nel territorio di loro competenza, per riprendersi il fuggiasco Calvado e riportarlo nella riserva, negli States. Insolito. Aggiungete il particolare che della missione sono a conoscenza solo ( sul fronte statunitense ) il cap. Masters, il tenentino Baines, i quattro pards e il cap. White del commando dei Rangers e quindi ( sul fronte messicano ), i rurales di Tecopah... e l'ufficialit? della spedizione sembra ancor più vacillare. La segretezza è tale che i quattro satanassi sono addirittura convocati nella sperduta ghost town di Animas, invece che in un forte, come sempre è avvenuto. Puzza di bruciato. Potremo chiederci perchè Calvado, che è un capo saggio, rispettato da Tex, abbia abbandonato la riserva. D'altronde sono gli stessi pards i primi ad essere sospettosi. Masters non li convince ( perchè la gestione di una missione tanto delicata sarebbe affidata a un capitano noto ubriacone è ), e tanto meno convince la sua decisione di inserire nel team in partenza per il Messico il tenentino inesperto Baines, che Masters sembra sopportare a stento... La missione è pericolosa. E' proprio Baines a chiedersene la ragione, dopotutto godranno dell'aiuto dei militari di Tecopah... Invece la tensione è palpabile, il Messico è visto come una terra ostile, dove tutto è in forse... Apparentemente inspiegabile l'atmosfera ai limiti della paranoia che avvolge la trama. Un altro perchè, forse il più grande, è l'alto numero di rurales, ben venti, presenti a Tecopah, nonchè l'ostilit? latente del cap. Larriego, del ten. Salinas e del serg. Ugarte, che vogliono, come scopriremo alla fine del primo albo, addirittura morti i quattro rangers. Gli ingredienti per un bel giallo ci sono proprio tutti. Ma a Boselli non basta. Per arricchire la trama decide di puntare sulla rivalit? del cacciatore di scalpi Islero, yaqui, con Tiger, navajo. I due si fronteggiano a distanza, si incontreranno solo nel secondo albo per il duello finale, che sicuramente non mancher? all'appello. Ci possiamo scommettere la paga mensile. Tiger cattura da par suo il cervo ( 1 ), stupisce Baines col giro di ricognizione ( 2 ), intuisce la presenza degli scalphunters ( 3 ), sorprende il dialogo di Islero e Ugarte a Tecopah ( 4 )... Islero dal canto suo, ritrova la freccia ( 1 ), scala le montagne come un ragno ( 2 ), spia il bivacco di Tex e compagni e si accorge che qualcosa non quadra ( tanto che durante l'assalto si mantiene in disparte ) ( 3 ), riuscendo infine a fuggire e a "beffarsi" proprio di Tiger, saltando dal suo cavallo e nascondendosi tra le rocce ( 4 )... Come si vede l'incontro, per il momento ?, ai punti, in assoluta parit?! Siamo certi di sapere da che parte pender? l'ago della bilancia. Ci sarebbe tanto altro da aggiungere nel raccontare questa appassionante trama, mi limito a ricordare la sequenza che è stata giustamente definita cinematografica, dello spostamento sulla Sierra, e quindi uno dei tanti particolari che sembrano sfuggire a una lettura poco attenta: Tex e gli altri pards durante il viaggio bivaccano due volte. Nel primo caso, quando non sono ancora inseguiti, si accontentano di trovare un luogo appartato, da dove non si noter? il fumo. Nel secondo caso, avendo preparato la trappola per El Gordo, accendono tre grandi fuochi per attirare ( con la luminosit? scaturita dalle fiamme ) gli scalphunters... Islero nota qualcosa di stonato, ma cade lui stesso nella trappola tesa dai rangers, salvandosi con tanta fortuna, segno che anche Boselli ha deciso di abbandonare la creazione di antagonisti di grande calibro, abili e scaltri quanto il nostro quartetto, e sono quelle imperfezioni, anche se leggeri, che evitano a Tex di essere messo in ombra da altri personaggi. Voto alla storia: 8/10 ( in realtà difficile da esprimere, della fascia 500 seconda forse solo a Morte nella nebbia ). Voto ai disegni: 7 /10
  5. ymalpas

    [382/384] La Tigre Nera

    Nel Tex Gigante n° 384 intitolato Percorso Infernale, Tex e Carson si trovano prigionieri nel rifugio della setta segreta del principe Sumankan, la terribile Tigre Nera. Dopo essere riusciti rocambolescamente a sottrarsi dalle grinfie dei loro aguzzini, girovagano lungo gli interminabili cunicoli della montagna, alla ricerca di un'uscita. Giunti all'altezza di un montacarichi, non esitano a servirsene, come potete vedere nella vignetta sotto riprodotta: Diamo un occhiata ora alla struttura del montacarichi nella sua parte superiore. I malesi non si danno per vinti. Uno di loro ha notato la manovra compiuta dai due pards, si avvicina dunque con l'intento di tagliare la corda per farli precipitare sul fondo, cosa che puntualmente avviene... ma solo per il montacarichi! Tex e Carson sono infatti riusciti miracolosamente ad aggrapparsi alla struttura in legno che costituisce l' "ossatura" del vano lungo il quale sale e scende il montacarichi. Data la struttura del montacarichi è matematicamente impossibile che due persone riescano a sottrarsi alla morte in questo modo oltretutto molto fortunoso. In questo caso, l'errore è dato da questa grossolana incongruenza, che forse il disegnatore, Claudio Villa, sarebbe riuscito ad evitare, se avesse creato nella parte superiore del montacarichi, un apertura sufficiente a garantire la fuoriuscita dei due tizzoni d'inferno.
  6. ymalpas

    [358/362] Sioux

    A Fort Walsh, nel Montana, il colonnello Graham affida a Tex e Carson la difficile missione di guidare in pieno territorio indiano, per la caccia al bisonte, una comitiva di "piedidolci" dell’Est, di cui fa parte anche il giovane Wilson, nipote del Presidente degli Stati Uniti e il senatore Johnson. L’ invito proviene direttamente dal generale Davis, il timore infatti è che lo sconfinamento possa creare delle tensioni nei difficili rapporti con i Sioux all’indomani della stesura di un sofferto trattato di pace. La scelta è a dir poco felice ed appropriata. La spedizione serve proprio da pretesto e copertura per un gruppo di sporchi affaristi attratti dalle terre e dall’oro delle Colline del Vento, che non esitano a servirsi del losco scout Zanoby per sobillare un gruppo di giovani Sioux, guidati da Coda Macchiata, allontanato dal villaggio di Nuvola Bianca in seguito a fatti ignobili e indecenti compiuti ai danni della sua tribu. I rinnegati Sioux, approfittando di una momentanea assenza dei due pards, attaccano la spedizione e rapiscono il nipote del Presidente. La via del ritorno al forte assume i caratteri disfattistici di un altro indimenticabile capolavoro che ha avuto lo Spirito con la Scure protagonista: La marcia della disperazione. Il complotto sostenuto a livello governativo da alte personalità della stessa cerchia presidenziale, porta alla richiesta di un intervento armato contro i ribelli e il generale Stonewell, noto per la sua ostilità contro gli indiani, è chiamato a dirigerne le operazioni. Nel disperato sforzo di evitare una nuova sanguinosa guerra indiana e dopo aver sollecitato invano l’apertura di un’inchiesta che facesse luce sui recenti avvenimenti, Tex e Carson decidono di unirsi ai Sioux di Nuvola Bianca… Non è la prima volta che Tex viene coinvolto in una guerra e si schiera apertamente a favore degli indiani. Se per Nuvola Bianca non è giusto che si batta contro la sua gente, Tex non si sente vincolato da nessun legame di sangue, ma dall’amicizia, dall’onore e dalla giustizia e non distingue certo la gente dal colore della loro pelle. La sua tattica è sempre la stessa e consiste nel mettere in seria difficoltà i vari reparti dell’esercito attraverso atti mirati di guerriglia, senza che venga sparsa neanche una goccia di sangue, in attesa di un provvidenziale intervento dall’alto che porti alla cessazione delle ostilità. "Attento a quello che vi esce di bocca damerino, ne ho le tasche piene del sorrisetto di superiorità…". Ineguagliabile negli alterchi con il giovane Wilson e il senatore Johnson che non esita a designarlo come bifolco ed emerito villanzone… "e se solo gli scappasse un'altra parola di troppo non credo che riuscirei a frenare l'impulso di cancellargliela dalle labbra a suon di sberle!", l’oratoria willeriana non conosce mezze parole, con buona pace del colonnello Graham che di questa controversia è lo sventurato spettatore. Il suo linguaggio si farà ancora più tagliente con il generale Stonewell nel febbrile tentativo di evitare la spedizione punitiva. Non sveliamo altro. Se le sue parole restano inascoltate, da vero tizzone d'inferno, il ranger passa presto alle vie di fatto. E sono dolori. La battaglia è vinta dando lezioni di tattica ai militari, che gli permettono di ostentare ancora una volta un’ampia conoscenza di tutte le tecniche di guerriglia, che riducono in breve tempo la colonna militare ad un umiliante ritorno a Fort Walsh, sulla falsariga del precedente che lo aveva visto sfortunato protagonista. Oltre che uomo pieno di iniziative e di risorse il Tex di questa storia si rivela anche il solito ineffabile dinamitardo, specialista di esplosivi. Sul piano della lotta, non mancano e non potevano mancare i duelli, che si concentrano entrambi nel finale, da brividi. Per un attimo il sioux ribelle Lupo Zoppo sembra metterlo in seria difficoltà, sorprendendolo sull’orlo del precipizio, ma Tex è un uomo pieno di risorse e di espedienti e alla fine è l’avversario ad essere scaraventato tra le rocce aguzze sottostanti. L’ultimo corpo a corpo, quello con l’altro rinnegato Coda Macchiata, anche se meno emozionante, resta allo stesso tempo un classico esempio che affonda le sue radici direttamente nel repertorio bonelliano. Il palpitante finale lo vede solitario protagonista. Una serie di alternanti e avvincenti vicende portano allo smascheramento del colpevole. Tex noncurante dei pericoli, fronteggia avversari e avversità senza battere ciglio, tanto da meritarsi una sviolinata finale degna di un grande capo come Nuvola Bianca a cui ha appena salvato la vita sulle alture dell’imponente Saka Wata: "Aquila della Notte non ha alcun bisogno delle parole di Nuvola Bianca per sentirsi onorato… perché egli è l’onore in persona!". Questo forse è uno dei punti dolenti della storia. In effetti pochissime sono le iniziative lasciate al vecchio cammello. Carson è la sua ombra e il suo contributo si riduce alla fine al classico ruolo di spalla, con delle repliche, la maggior parte solo pensate, che servono solo ad evidenziare la centralità di Tex nell'azione. Il generale Stonewell, un veterano della guerra civile, è un ufficiale che sulla via che porta al Saka Wata, vuole coprirsi di gloria e guadagnarsi una poltrona nello stato maggiore. Stessa scuola degli Elbert ( vedi Sangue Navajo ), degli Arlington ( vedi Vendetta Indiana ) o del colonnello Middleton ( vedi Messaggero di morte ). "Tutto quello che so in fatto di strategia l’ho imparato sui campi di battaglia della Virginia… e quello che so non è poco, lasciatevelo dire! E una cosa soprattutto ho imparato: che le battaglie non si vincono con l’eroismo dei soldati, ma con la superiorità tecnica e numerica e la nostra superiorità nei confronti di quella banda di straccioni è talmente schiacciante che non dobbiamo temere alcun agguato!" dice allo scettico Graham, che invece i gradi di colonnello se li è guadagnati a West Point. Ma la vita per Stonewell non è stata una buona maestra e Tex saprà infliggergli di lì a poco tutta una serie di lezioni di strategia e logistica che il generale sembra tanto disprezzare, che più che indurlo ad una più seria riflessione, lo renderanno sempre più cieco davanti agli avvenimenti. L’incapacità di Stonewell, le sue idee retrograde, il suo atteggiamento ottuso verso gli indiani, ce lo rappresentano come l’anti-eroe della storia, ma anche l'immagine cristallizzata di una cultura ostile e distruttrice che spesso ha prevalso nei difficili rapporti tra i bianchi e gli indiani. Il colonnello Graham e il generale Davis, due menti finalmente illuminate, rivalorizzano un’immagine dell’esercito decisamente messa in crisi dalle scorribande di Tex e dei suoi guerrilleros. Tra Stonewell e Davis, divisi da idee e una visione del mondo diverse, vi è anche della vecchia ruggine. Davis sembra quasi compatirlo: "Brutta batosta!" dice, cercando forse di allontanare dalla sua mente un fantasma, ma il colonnello Graham, a cui non sembra ancora vero di aver riportato intatte le sue vecchie ossa a casa, non è dello stesso parere: "Beh è andata a cercarsela… c’è di mezzo Tex Willer, signore… Il generale Stonewell lo ha preso sottogamba e ci ha sbattuto il grugno!". Il generale Davis resta un militare vecchio stampo, arroccato sulle sue posizioni, fermo sul concetto della disciplina, ma fondamentalmente un uomo giusto. Il rapporto di Tex con questa vecchia gloria è un connubio di leale amicizia e di profondo rispetto. Raramente si è visto il valoroso ranger chinare il capo davanti a diktat ingiusti con la stessa arrendevolezza. Due parole per il senatore Johnson. La scelta di condurre la compagnia di perdigiorno sulle Colline del Vento è sua, come ci informa all'inizio della storia il colonello Graham. Riesce inizialmente a mettere il ranger alle corde, accusandolo di essere il maggiore responsabile dell’incidente ( Tex aveva messo sottochiave le munizioni per impedire ai componenti della spedizione di sparare; uomini ( e donne ) di fatto sono poi lasciati con troppa leggerezza indifesi davanti all’attacco di Coda Macchiata ). Liscia quindi il pelo al borioso generale Stonewell e protegge lo scout Zanoby, sempre ostentando un’aria di sereno disprezzo verso i due pards, che gli vale una sberla memorabile da parte di Tex. Sua è anche l’azione di informare la stampa col solo scopo di indignare l’opinione pubblica e scatenare un putiferio nelle relazioni tra i due popoli. Sono tutti dettagli che lo indiziano pesantemente come il maggiore responsabile della sporca macchinazione contro i Sioux. Lo sceneggiatore, sfruttando magari l’astio del giovane Wilson ( di fatto completamente abbandonato da Nizzi dopo un inizio più che promettente ) avrebbe potuto creare un po’ di suspense intorno alla figura dell’autore del complotto. Tra la fitta schiera degli avversari, una citazione a parte la merita anche lo scout Zanoby, che si segnala per l’abilità nella messinscena della cattura e della liberazione di Wilson. La sua figura è quella classica del rinnegato bianco che vende il whisky agli indiani. Intelligente, sveglio e sempre informatissimo sui fatti, Tex dice di lui : " Uomo quello? Non scherziamo! Dargli della scimmia è già un complimento per lui ( e un insulto per le scimmie! ) ", e per una volta ci sentiamo di dissentire da questa sua affermazione. È una carogna ma anche un avversario da non sottovalutare: puro veleno! Gli indiani. Coda Macchiata non smentisce il suo nome di guerriero. La gola dell'indiano è troppo asciutta e la lingua altrettanto secca e lo scout Zanoby ha promesso fiumi di whisky. Se a questo aggiungiamo che si può fare leva anche sul suo orgoglio ferito e l’odio profondo che nutre verso il grande capo dei sioux Nuvola Bianca che l' ha scacciato con disonore dal villaggio, il personaggio assume dei contorni nettamente delineati. Quanto a Lupo Zoppo, il giovane capo dei Sioux Miniconju, mette in difficoltà Tex e se ne è già parlato sopra, per il resto è la solita testa calda, per un attimo forse la minaccia più credibile alla pace, se è vero che al raduno dei capi sul Saka Wata anche il saggio Nuvola Bianca esita davanti alle sue parole. I disegni di Ticci. Un maestro per illustrare una splendida storia. Impareggiabile nella rappresentazione grafica dello scout Zanoby, il cui volto tradisce un'anima a dir poco nerissima. Bellissime anche tutte le sue ambientazioni, con una nota di merito per la sacra montagna del Saka Wata, ma non sono da meno le tavole relative alla sequenza dell'esplosione sul laghetto naturale, che permette il deflusso delle acque e lo scenario da brividi che fa da sfondo allo scontro di Tex con il sioux ribelle Lupo Zoppo. La frase celebre di questa storia: "La verità è che gli indiani sono dei selvaggi di cui non ci si può fidare mai! Ma la pagheranno, parola mia! Li schiaccerò come vermi!" ovvero le ultime parole famose del generale Stonewell! Per concludere... Qualche anno dopo, questa divertente ed emozionante avventura ebbe un seguito e un triste epilogo, macchiato da un pesante tributo di sangue. Ma questa in fondo è tutta un’altra storia da raccontare. Sioux non è e non vuole essere il capolavoro di Nizzi, manca letteralmente di pathos, molto meglio in questo senso proprio la seconda parte (n° 480 e successivi). L'intreccio è lineare, a Nizzi non piace tessere i fili di una trama composita come invece è nello stile di Boselli, non è per forza un difetto, specie se il suo Tex è quello tonico di questa storia, un eroe col midollo che si fa beffe delle difficoltà, senza il bisogno di ricorrere ai bassi espedienti ai quali l'erede di Gianluigi Bonelli ci ha abituato negli ultimi anni. Duro, deciso ( e attaccabrighe ) con gli avversari, che con lui masticano amaro, ma anche amico fraterno dei giusti, il ranger agisce qui però come un superuomo, con sentimenti non troppo umani e alla lunga questo finisce indubbiamente per nuocere al personaggio. Una delle più belle avventure dell'epoca d'oro nizziana, a cavallo di capolavori come I predatori del grande nord, La congiura e L'uomo con la frusta.
  7. Soggetto e sceneggiatura : Claudio Nizzi Disegni: Giovanni Ticci Periodicità mensile: Agosto 1990 è Dicembre 1990 Inizia nel numero 358 a pag. 99 e finisce nel numero 362 a pag. 32 Tex e Carson vengono convocati a Fort Walsh nel Montana, per far da guida a due antipatici e gradassi cacciatori: il senatore Johnson e mister Wilson, nipote del Presidente degli Stati Uniti. Mentre i pards si assentano per chiedere al sakem Nuvola Bianca il permesso di attraversare le Colline del Vento (assegnate per trattato ai Sioux), i ribelli di Coda Macchiata, aizzati dal losco scout Zanoby, attaccano i cacciatori e rapiscono Wilson! Lo scopo è quello di scatenare una guerra contro gli indiani: per anticipare le mosse dei rangers, il vile Zanoby finge di salvare Wilson. Qualcuno, però, ha osservato la bieca manovra. I predoni di Coda Macchiata si tengono ben nascosti, mentre i loro oscuri mandanti raggiungono l'obiettivo: far salire la tensione contro i Sioux di Nuvola Bianca. Washington invia il feroce generale Stonewell per reprimere gli indiani, e i pards, in attesa che giunga a calmare gli animi il saggio e influente generale Davis, si alleano ai Sioux. Il campo pellerossa viene spostato in gran segreto sul Saka Wata, la Montagna Sacra, e la spedizione di Stonewell viene prima depistata e poi rallentata con un carica di bisonti e con l'allagamento della pista! Il generale Stonewell, ostacolato con ogni mezzo da Tex e Carson, rinuncia alla spedizione punitiva contro gli indiani e si ritira a Fort Walsh, dove ad aspettarlo c'è il saggio generale Davis, suo superiore, per sollevarlo dall'incarico. Intanto, i capi sioux, riuniti sulla Montagna Sacra, sono indecisi: molti vorrebbero scendere in guerra, e tra questi il focoso Lupo Zoppo. Il ribelle si accorda così con lo scout Zanoby per far uccidere Nuvola Bianca, favorevole alla pace, e per intrappolare Tex. Il caso vuole che lo scontro avvenga prima del previsto e Lupo Zoppo ci rimette la pelle! Il vile Coda Macchiata viene fermato da Tex mentre sta per uccidere il sakem Nuvola Bianca. Messo a confronto con il sioux ribelle da lui pagato per rapire il nipote del Presidente, l'infame scout Zanoby spiffera tutto, persino il nome del mandante, un bieco speculatore che intendeva scacciare gli odiati indiani dalle loro terre per arraffare l'oro delle Colline del Vento. © Sergio Bonelli Editore
  8. ymalpas

    [354/357] La Congiura

    Una mattina d’estate a San Francisco. Fulmini, questa città cresce a vista d’occhio! afferma con ammirazione Carson e Tex approva con un cenno del capo. Molta gente viene a stabilirsi qui e gli affari prosperano. Così anche la piccola delinquenza. La vecchia Frisco è un pò meno romantica del solito e più sporca. Un piccolo cinese strappa un dollaro dalle mani del ranger e si dà alla fuga in oscure viuzze. Tex non ci sta e lo insegue, senza sentire le parole del cocchiere che lo avverte del tranello. Segue una piccola scazzottata con gli amici del ladruncolo che ben presto ne hanno abbastanza, ma ne arrivano altri a dar loro manforte e questa volta sono i due tizzoni d’inferno a darsi alla fuga. Finiscono quindi nelle mani di altri avanzi di galera, del nostromo Kevin per l’esattezza, che finge di aiutarli e invece li stordisce con due mazzate sulla testa. Sembra di assistere ad uno dei classici riempitivi tanto cari a Nolitta, in realtà la situazione è più complessa e non è casuale la presenza del capitano della Leviathan e dell’avvocato Bixler… che venuto a conoscenza dell’identità dei due, impedisce che siano derubati e li rispedisce al mittente: l’Alameda hotel di Mike Tracy! E per i due pards gli strani incontri con personaggi patibolari non sono finiti. Il vero protagonista di questa nuova, spettacolare avventura a Frisco è infatti il capitano Drake. La prima e unica apparizione di Barbanera risaliva addirittura al lontano 1973, nella storia San Francisco ( n° 155 / 56 ). Ricordiamo brevemente la trama di quell'appasionante avventura. Diamond Jim, ricco affarista della Costa dei Barbari, per vendicarsi di Tex, che aveva causato la morte del fratello Shangay Kelly, aveva disposto il rapimento di Kit Willer facendolo imbarcare nel bellissimo “Black Shark” del capitano Drake, con l’ordine di abbandonarlo in qualche isola sperduta del Pacifico. E Tex si era lanciato in un lungo inseguimento a bordo del “Sea Tiger”, il veliero di Billy Bart, che di Barbanera era l'accerrimo nemico. Al primo scalo, il porto di Kalaupapa nell’isola di Molokai nell’arcipelago delle Hawaii, dopo una monumentale rissa, Tex era riuscito ad imbarcarsi sul Black Shark e approfittando di una notte di tempesta che rompeva con onde imponenti l’oceano, si era dato alla fuga col figlio Kit, dopo aver abbattuto una parte dell’alberatura che metteva nei guai capitan Barbanera, lasciandolo in balia dell’uragano, scena drammatica che è rivissuta nei bellissimi disegni di Villa che illustrano le indimenticabili baruffe verbali del capitano con Tex e Billy Bart, nel flashback a pag, 47 dell’albo La congiura. Questa storia però, a differenza della precedente, vede i nostri eroi alleati con l’impetuoso lupo di mare, alle prese con avversari comunque non meno straordinari. Un’avventura che dopo l’emozionante liberazione di capitan Barbanera dal carcere di Alcatraz, culminerà nella lunga rincorsa, nell’immensità delle acque dell’oceano Pacifico, all’Albatros del capitano Hogarth, che nelle stive della sua nave tiene prigioniero il capo della polizia, Tom Devlin. Il capitano Barbanera, nato dalla penna di Giovanni Luigi Bonelli è un vecchio lupo di mare che non esita a vendere vecchi archibugi agli indigeni della Micronesia, un grosso tanghero insomma, ma a modo suo anche un uomo di parola, che mai viene meno ai suoi impegni. Diciamo subito che la personalità del capitano nella storia di Claudio Nizzi resta sostanzialmente fedele al personaggio originale. Un nuovo sentimento di antagonismo semmai domina i rapporti tra Drake e i due pards, da recepirsi più che altro in termini di una profonda e radicata rivalità, quasi esasperata, che non esclude però nella sua durezza, in parte solo fittizia, un profondo senso di rispetto che accomuna entrambe le parti. Tex lo descrive come un grandissimo bastardo ma allo stesso tempo anche un marinaio di prim’ordine. Per le trippe di cento squali! Guarda chi si rivede! Che io sia impiccato al più alto dei pennoni se avrei mai immaginato di dovervi incontrare di nuovo, amici miei! Nell'inferno del penitenziario, a pochi metri dagli interminabili spazi oceanici che incessantemente gli ricordano la libertà perduta, Barbanera, sagace e opportunista, ha una sublime carta in mano. Il capitano sa dove Tom Devlin viene tenuto prigioniero e in cambio della sua libertà si offre di aiutare Tex a ritrovarlo. Barbanera è un uomo vitale e dinamico, il soggiorno prolungato nel famigerato carcere di Alcatraz lo sta buttando a terra, dice con commiserazione l’avvocato Bixler, mentre accompagna i due pards nella visita al nemico storico che si appresta a diventare il più importante degli alleati. Nelle parole gaie e scherzose del capitano Drake, così come nella luce briosa e vitale dei suoi occhi, si nasconde un uomo prostrato da un anno di gretta prigionia, che intravede finalmente la realistica possibilità della sua liberazione. Acqua passata quello che è successo, Barbanera si ritiene sufficientemente punito con la perdita del suo adorato Black Shark, il più veloce tre alberi che abbia mai solcato i sette mari e Tex in cuor suo è pronto a perdonarlo, conquistato dall’immensa simpatia che, diciamolo, è la quintessenza di questo straordinario personaggio. Il capitano Drake ci conquista con la sua allegria e il suo colorito linguaggio marinaresco, che non ricade mai nelle volgarità tipiche che potremo sospettare in un uomo di mare che rompe ad esempio la sua monotona esistenza in malfamate e maleodoranti taverne. Scoperta il cinque agosto del 1775 dalla fregata spagnola “San Carlos” e ribattezzata dal capitano Juan Manuel de Ayala “la isla de los Alcatraces” ( l’isola dei pellicani ), l’isola di Alcatraz, nel mezzo della baia di San Francisco è un mondo a se stante, dove il tema costante per tutti i suoi abitanti è la solitudine. Per questo motivo resta disabitata fino al 1838, cioè durante gli anni del dominio spagnolo. Nel 1848 la autorità militari statunitensi scoprono l’alto valore strategico dell’isola e a partire dal 1853 iniziano i lavori di costruzione di una fortezza, che ben presto diventa una prigione nella quale sono accolti, dal 1861, molti prigionieri della guerra civile. Circondata da fredde acque e forti correnti marine, è un luogo ideale di detenzione in quanto impedisce qualsiasi forma di comunicazione con il mondo esterno. È anche un luogo di supplizi medievali, nelle celle ricavate nei sotterranei manca l’aria e la luce, le pareti stillano umidità e i topi vi scorrazzano da padroni. E in una di queste celle, la numero dodici, nei sotterranei, capitan Barbanera conta i minuti e le ore che lo separano dalla libertà. Il capitolo è quello dell’evasione e il vecchio lupo di mare non poteva scegliere complici migliori dei due satanassi ( e di un cervello fino come l’avvocato Bixler ). Certo la fuga da Alcatraz si presenta sulla carta difficile, non meno ostica di quella dall’arcigna isola d’If, situata anch’essa in mezzo al mare che bagna le bellissime coste della Provenza. È da questa prigione che evadeva Edmond Dantès, l’eroe del celeberrimo libro – Il conte di Montecristo – di Alexandre Dumas padre e l’evasione di Barbanera, che molto ce la ricorda, si rivelerà non meno rocambolesca di quella del conte. Il merito è tutto dell’avvocato Bixler, il mitico Bixler, il leguleio della malavita di San Francisco. Inviso alla polizia e detestato dal direttore del carcere di Alcatraz, che lo vede letteralmente col fumo negli occhi, perché cura gli interessi della delinquenza spicciola che rende ingovernabile la grande città, è una delle più singolari creazioni di Claudio Nizzi, bravo nel creare un personaggio che capta fin dalla sua prima apparizione le simpatie del lettore. Furbo, astuto, senza scrupoli, calcolatore, opportunista, cervello fino, abbottonatissimo nella sua riservatezza, Bixler è un azzeccagarbugli di basso rango ma cura gli interessi del suo cliente come pochi. In fondo è una figura complementare di Barbanera, i due sono fatti della stressa pasta e si intendono a meraviglia. Vivono in simbiosi. Così quando viene il momento del grande salto dagli enormi bastioni di Alcatraz, Barbanera non si dimentica di Bixler, se lo stringe al petto e con lui si lancia nel vuoto per precipitare nelle fredde acque che circondano l’isolotto, sotto la fitta nebbia così magistralmente tratteggiata dall’inchiostratura di Villa. È alla mente ingegnosa di Bixler che si deve l’ideazione del machiavellico piano di evasione. L’idea è semplice. L’avvocato è in possesso di un facsimile dell’ordine di trasferimento del detenuto Drake verso il penitenziario di San Diego, che opportunamente compilato ( da leggersi falsificato ) apre tutte le porte del carcere di Alcatraz. I nostri due pards sono invece le due guardie carcerarie che si presentano munite di regolari tesserini e dell’autorizzazione per la scarcerazione con la firma del direttore ( che Bixler sa imitare alla perfezione ), che dovranno scortare il prigioniero verso la libertà. Sam Brennan, l’intraprendente e combattivo direttore del “San Francisco Examiner”, quello che dalle pagine del suo giornale fa scoppiare il “caso Devlin” grazie all’opportuna soffiata guarda caso dell’avvocato Bixler, si occupa di falsificare tutti i documenti necessari per l’evasione. L’attempato Brennan è un’altra nostra vecchia conoscenza anche se la sua ultima apparizione rimanda il lettore direttamente dalle pagine di Squali ( n° 62 ). Dustin, il suo migliore tipografo, è tanto abile e pratico che potrebbe sfornare delle banconote nuove fiammanti che ingannerebbero perfino la Tesoreria di stato! E l’avvocato Bixler, in un impeto di profonda ammirazione per l’arte e il mestiere dell’oscuro impiegato si lascia sfuggire una frase che tradisce in lui un’anima poco devota all’onestà: - E perché non lo fa ? Esclamazione che gli vale il bonario rimprovero di Brennan, che lo guarda con un inconfondibile occhio truce. Curiosamente il nome del direttore del “San Francisco Examiner” ricorda quello del complice di Teller, cioè il nome dell’uomo che deciso a vendicarsi di Tex, scatenò l’epidemia di vaiolo nella riserva navajo che vide la morte della bella Lilith ( si veda Il giuramento n° 104 e seguenti ). Mera coincidenza. Anche l’ex agente Mike Tracy, fa la sua piccola comparsata, anche se in tono minore. Ospita i due pards nell’hotel Alameda e quindi nel più modesto capanno da pesca, alla “Punta dei Pescatori”, sugli scogli, perennemente immerso nella nebbia che mette i nostri provvidenzialmente al riparo dagli sguardi indiscreti dell’agente Riordan, permettendo alla loro imbarcazione di arrivare inosservata sull’isolotto di Alcatraz. La polizia è infatti implicata nel rapimento di Tom Devlin. L’agente Ralph Riordan, un colosso irlandese con i capelli rossi e due enormi baffoni, poco sveglio, si fa sorprendere ben due volte dal suo sorvegliato speciale. La prima volta il ranger accorgendosi di essere tenuto d'occhio, si fa seguire in un vicolo, dove dopo aver acceso un fiammifero per farsi riconoscere, dice allo sventurato poliziotto: - Prendi nota, mi chiamo Tex Willer e alloggio all’Alameda. Se vorrai arrestarmi sai dove trovarmi. - Arrestare ? E perché mai ? - Per aggressione a pubblico ufficiale, amico! Riordan non riesce ad evitare una monumentale sberla neanche in occasione del secondo incontro con i due tizzoni d’inferno al molo. L’agente, privo di sensi, viene stavolta rinchiuso in una grande cassa, che un povero pescatore cinese di passaggio si incarica di consegnare precipitosamente al vicecapo della polizia … contiene ( infatti ) merce deperibile! È un avvertimento indiretto che servirà a fargli capire che se a Tom dovesse capitare qualcosa, i due pards saprebbero già in quali acque gettare l’amo per pescare il colpevole. Nessun pericolo. L’ispettore Martin Linder rivaleggia, per intelligenza, con l’avvocato Bixler in questa difficilissima partita a scacchi. È un avversario molto pericoloso, che non vuole liberarsi dell’ostaggio per lasciarsi una via d’uscita, scelta che invece pagherà a caro prezzo. Intuisce lucidamente tutte le mosse dei rangers, ma sempre con un attimo di ritardo, che permette ai due pards di squagliarsela per un pelo per ben due volte. E quando Linder li raggiunge, sull’isolotto di Alcatraz, la cattura resta un’illusione, un fuoco di paglia, perché i quattro evasi riescono ancora una volta a sfuggirgli di mano, anche grazie alla nebbia che rende inutili le ricerche in mare. L’altro villain della storia, il complice di Linder, è Alex Munro, un grosso furfante in guanti bianchi, l’erede di Diamond Jim, padrone di una flotta, di molte case da gioco, di parecchie fumerie e praticamente di qualsiasi attività che renda denaro, che rimane però nell’ombra, con un destino cupo, che lo vedrà alla fine della storia prendere il posto di Barbanera in un’umida cella di Alcatraz. Con Barbanera finalmente libero inizia la seconda parte della storia, che sulla rotta del Pacifico potremo intitolare “Leviathan” contro “Albatros”. E alla guida della baleniera ritroviamo nientemeno che il vecchio pirata e qui si opera una ideale sostituzione di ruolo con il capitano Bart, la trasformazione cioè del capitano Drake in eroe positivo che riscatta gli errori del passato. Un enorme cetaceo viene avvistato all’orizzonte, impossibile non dargli la caccia, quelli dell'Albatros si insospettirebbero. La nave si riempie di una frenetica animazione, le lance sono ammainate e calate nel mare aperto. Svelti, accidenti a voi, svelti! grida Barbanera, la caccia alla balena è roba da veri uomini! Tex e Carson accettano di partecipare alla caccia e per una volta sottostanno agli ordini imperiosi del capitano Drake. Gli arpioni del ramponiere sibilano nell’aria. Il cetaceo ferito, impazzisce dal dolore e consuma le sue ultime energie lanciandosi in una corsa disperata, finché uno spruzzo rossastro di sangue non intorpidisce l’acqua… È l’inizio della fine. La balena inizia vorticosamente a girare su se stessa in circoli sempre più stretti e dopo aver colpito violentemente l’acqua con l’enorme coda, si rovescia pancia in su. In confronto la caccia ai bisonti è roba da poppanti! Dopo questo piccolo diversivo di Melviniana memoria, la caccia all’Albatros prosegue incessante. Il capitano Hogarth attracca la sua nave nella baia di Aberdeen, dove incontra il canadese Talbot, l’ultima pedina di questo sporco gioco, che mira a confinare il capitano Devlin in lidi sperduti e sconosciuti alla civiltà, come Kit Willer tanti anni prima. Hogarth ha bisogno di Talbot perché solo lui conosce l’esatta posizione del villaggio di indiani Nootka dove abbandonare l’ostaggio, un punto della frastagliata costa del Puget Sound, alla foce del fiume Skagit, a nord della baia di Everett, un autentico labirinto di insenature, isole e canali. La partita sembrerebbe persa senza il provvidenziale incontro con il marinaio Starky, il secondo dell’Albatros, vecchia conoscenza di Barbanera, che impaurito, si impegna a segnalare la posizione precisa del villaggio con un barile che affidato alla corrente marina, conterrà le necessarie indicazioni. Il prigioniero viene sbarcato e la sua sorte non è delle migliori. È destinato infatti a diventare lo schiavo del capo Torak. La società dei Nootka è basata sull’ostentazione delle ricchezze, chi può sfoggiare la capanna più grande, i magazzini più forniti e il più grande numero di schiavi, gode del massimo prestigio e ha diritto ai posti di commando. Uno schiavo bianco è una rarità, inutile dirlo, anche se Devlin viene frettolosamente giudicato come: - non giovane - non forte - non ha un buon carattere E il brutto scimmione su questo ci può scommettere, se la risposta di Devlin è una sonora sventola sul grugno. Ed è una fortuna che Torak si sia impegnato a non ucciderlo e del resto ha troppa smania di pavoneggiarsi con uno schiavo bianco. La liberazione di Tom non è delle più facili. I Nootka sono selvaggi pericolosi ma non frequentano la foresta perché la ritengono abitata da spiriti malvagi. Tex decide dunque di sfruttare questa loro superstiziosa credenza per penetrare nel villaggio da nord a loro insaputa. Siamo all’atto finale della storia. Ma a complicare la liberazione, tra le gigantesche sequoie, è l’incontro con uno splendido esemplare di un euarctos americanus, l’orso americano dal mantello bruno rossiccio, che vive proprio in quelle regioni boscose ( e in primavera ) di preferenza lungo i fiumi. Per abbatterlo servono tante pallottole che mettono però sul chi vive i Nootka. Tutto comunque finisce per il meglio e i nostri, accompagnati da un Devlin più morto che vivo, possono finalmente salire sulla barca di Drake, che li aspetta in prossimità della riva. Una breve nota su Tex e Carson. Si adattano facilmente a situazioni sempre diverse, come quando ad esempio indossano le divise da guardie carcerarie e si atteggiano a sbirri veri. Sono gli unici di cui Drake si fida. Brennan dice che li conosce ormai da un bel mucchietto di anni e i due non fanno che punzecchiarsi, eppure non ha mai visto in vita sua un paio di amigos più affiatati di loro. E ci potreste scommettere la camicia con chi dice il contrario! E i siparietti che li vedono protagonisti sono tanti e divertentissimi. Nel capanno di Mike Tracy, Tex ad esempio lancia un cuscino sulla testa di Carson perché si lamenta in continuazione e poi gli dice di ringraziare la sua buona stella perché non ha uno stivale sotto mano! Oppure, quando Brennan compilando i tesserini, dice che Carson ha sessant’anni, il vecchio cammello si irridisce e protesta vibrantemente.: - Cosa ? Già che sei perché non scrivi che ne ho cento ? Per tagliare la testa al toro scrivi che ne ho cinquantacinque. - Cinquantasei, lo stuzzica Tex. - Cinquantacinque! Lo sai meglio tu o lo saprò meglio io ? Ci piace ancora ricordarli immersi nella vasca da bagno, che vedete nell’immagine sottostante, mentre assaporano i piaceri della vita cittadina. È sempre più raro vederli in queste situazioni e i bagni più frequenti sono ormai ben altri! Ciò che rende un capolavoro questa storia è quello che emerge fra le righe: la poesia di alcune scene ( come quella del capanno sulla Punta dei Pescatori, dal quale si intravede, in lontananza, la lugubre prigione di Alcatraz, avvolta nella nebbia ), i rapporti umani, l'allegria che nasce dalla complicità, gli ideali di fraterna amicizia, la sicurezza che la giustizia finisce sempre con avere la meglio. Per tutti questi motivi l'episodio del ravvedimento di Barbanera è senza ombra di dubbio un caposaldo dell'intera saga texiana, degno di stare nel pantheon delle migliori avventure, accanto ad alcuni intramontabili classici dell'epoca di Bonelli e Galep [ citazione da Cavalcando con Tex, vol. V ] Sul piano grafico, i disegni di Villa, che con questi albi illustra la sua terza storia su Tex, mostrano incontestabilmente la raggiunta maturità artistica dell'autore, a suo agio nel dipingere degli scenari diversissimi tra loro ( l'apice della rappresentazione è raggiunto con i fiordi del Puget Sound canadese ), ma abilissimo anche a rendere pienamente certe atmosfere, come la caccia alla balena o la nebbia protettrice che cala e avvolge la baia di Frisco. Una storia indimenticabile. Uno dei grandi capolavori di Nizzi, forse mai come in questa occasione a livelli così eccelsi. E se ci fosse qualche denigratore alla ricerca della solita pagliuzza d’oro nel fienile, segnaliamo il ruolo dell’agente Malloy, l’origliatore del “San Francisco Examiner”. È proprio vero che inaugura una serie di personaggi tanto cari a Nizzi!
  9. Soggetto e sceneggiatura : Claudio Nizzi Disegni: Claudio Villa Periodicità mensile: Aprile 1990 è Luglio 1990 Inizia nel numero 354 e finisce nel numero 357 a pag. 39 Il capo della polizia di Frisco, Tom Devlin, è stato rapito dalla mala! Chiamati da Mike Tracy dell'Alameda Hotel e da Sam Brennan del San Francisco Examiner, Tex e Carson scendono a patti con il diavolo per ritrovare l'amico, perchè soltanto capitan Barbanera Drake sa dov'è! E mentre i pards concordano con l'avvocato Bixler tempi e modi del colloquio con Drake, qualcuno interno alla polizia li marca stretti: l'ispettore Linder e il bieco Alex Munro, che hanno tolto di mezzo Devlin per diventare i padroni della città. Intanto, ad Alcatraz, Barbanera gioca la sua carta vincente: vuole la libertà o non aprirà bocca! Il nerboruto capitan Drake ha saputo che il capo della polizia Tom Devlin, pesante ostacolo per la mala, è stato fatto rapire dal suo vice Linder e da Alex Munro, gran manovratore di soldi sporchi. Forti delle inconfessabili conoscenze dell'avvocato Bixler, Tex e Carson è con un paio di divise false e alcuni documenti contraffatti da Sam Brennan è organizzano l'evasione di Barbanera! Scoperti all'ultimo istante, i nostri si salvano con uno spettacolare tuffo nelle nebbiose acque della baia. Lasciando la Baia di San Francisco, il veliero Albatros di capitan Hogarth prende il largo per il Nord con un prigioniero a bordo, il capo della polizia Tom Devlin! Tex e Carson, alleati di Capitan Drake, salpano all'inseguimento sul Leviathan, la baleniera di capitan Brooke: quando però avvistano un cetaceo, i pards e la ciurma del Leviathan devono calare le lance in mare per la caccia, per non destare sospetti negli inseguiti. Poi, ad Aberdeen, fatto cantare uno dell'Albatros, i nostri scoprono che Devlin verrà sbarcato nel Puget Sound, dove finirà i suoi giorni schiavo degli indiani Nootka! I pards e Drake strappano Tom Devlin dalle grinfie degli indiani Nootka e i due ceffi che l'avevano fatto rapire per regnare incontrastati su San Francisco, l'ispettore Linder e il finanziere Munro, vengono smascherati proprio mentre brindano al loro effimero successo! © Sergio Bonelli Editore
  10. ymalpas

    [323] La Città Corrotta

    E' stato Fabio Civitelli a raccontare l'aneddoto. Una mattina, Giovanni Luigi Bonelli entra nella redazione di via Buonarroti e dice a Decio Canzio di aver pronta una nuova sceneggiatura. La trama della storia ? Il papà del ranger risponde divertito: « Tex arriva e le suona a tutti! ». Il titolo di quest’ avventura di centodieci pagine è La città corrotta. In un tardo mattino di Luglio a New Orleans, Tex e Carson si sistemano in una delle camere del Golden Gate, la numero sette al primo piano. - E un’ultima cosa, furbastro! Provati a sgarrare e ti pentirai di essere nato! - Sono minacce inutili mister, vi denuncerò allo sceriffo e… - Chiudi il becco! Tiralo su, Sam. Visto che la prima lezione non è servita, gli daremo un’altra ripassata. - Subito fatto. Nella camera vicino, due energumeni pestano un povero individuo, senza sospettare minimamente della presenza dei due tizzoni d’inferno. - Meglio andare a dare un’occhiata. - Tira aria di botte. - E botte in grande stile, a quanto pare. La porta va letteralmente in frantumi schiantandosi violentemente al suolo sotto lo sguardo esterrefatto dei due piantagrane. - Non toccate l’artiglieria o per voi la storia finisce al cimitero, brava gente! - Chi accidente siete ? - L’arcangelo Gabriele, trippone. - Se siete entrati per fare dello spirito, avete commesso un grosso errore ficcanaso! - Mai tanto grosso quanto quello che avete fatto voi. Stavolta ti ammazzo, brutto balordo… Fatti pure sotto allora! , per la seconda volta Jim Blendel manca il bersaglio… e riceve un secco diretto alla mascella che lo fa traballare facendolo finire pesantemente contro la finestra, che fracassa precipitando poi di sotto con tutto il peso del suo corpo, nella strada. L’altro soggetto, Sam Hocker, al quale il ranger chiede ironicamente di scegliere tra la porta e la finestra, fa cadere la scelta su quest’ultima,puah! Più tonto del suo compare, svolazzando allegramente dabbasso, tra lo stupore crescente dei viandanti. - Grazie dell’aiuto, mister, ma se posso darvi un consiglio filate alla svelta da New Orleans. - E perché mai ? - I due tipi che avete fatto svolazzare nella strada impiegheranno poco tempo a dare l’allarme ai loro amici, e potete scommettere che in meno di dieci minuti arriveranno qui in una mezza dozzina per farvi la pelle. - Sentito ? - Come no? - E voi intendete restare qui ? - Potete contarci! È ora che qualcuno si ribelli a quei maledetti banditi! Hocker e Blendel fanno parte della “Banda del Fiume”, gente senza scrupoli che si ingrassa taglieggiando spietatamente tutti quelli che lavorano nel porto, gente che ha interessi in tutte le attività portuali, cantieri navali compresi. Il capitano Bill Hogan, nelle loro idee, avrebbe dovuto rinunciare al commando della River Star: infatti il proprietario della nave, mister Gerard, un uomo onesto, si è sempre rifiutato di cedere alla violenza del racket, nonostante abbia ricevuto ogni sorta di minacce e intimidazioni. Parecchi piccoli armatori di New Orleans, che si erano rifiutati di pagare le tangenti, si sono visti all’improvviso il deserto intorno, spiega Hogan, e alla fine hanno dovuto addirittura vendere le loro imbarcazioni per un tozzo di pane! Tutti ormai sanno o hanno intuito chi è il capo della “Banda del Fiume”, racconta poco dopo mister Gerard, ma nessuno, a meno di essere scortato da un esercito, avrebbe mai il coraggio di rinfacciargli i suoi crimini… in ogni caso, se è un nome che volete, eccolo: Rod Rever, giocatore d’azzardo e proprietario di un paio di battelli. Brava gente, poco abituata ad affrontare i guai. Tex, i cosiddetti “protettori” che chiedono tangenti non sono mai piaciuti, a maggior ragione quando le vittime sono lavoratori onesti e sempliciotti come la gente del porto di New Orleans. Li sentite?... Blendel e Hocker, due fiorellini della “Banda del Fiume”, vanno a dare una lezione a un mollusco di capitano e, invece di tornare e offrire da bere ai compagni con il denaro arraffato nelle tasche del babbeo, ci raccontano di uno scontro con due emeriti sconosciuti. Nella tana del lupo, il “Black River”, un saloon a poca distanza, l’irascibile e collerico Leo Milton progetta una spedizione punitiva contro i due “vaccari”, quando all’improvviso Tex e Carson, che hanno deciso di anticipare le mosse degli avversari, si materializzano davanti a lui. - Dì un po’, Tex, due di quelle facce da galera non sono i gentiluomini che hai messo alla porta al “Golden Gate” ? - Già… solo che non mi sembra di averli messi alla porta… se mai alla finestra! Ne nasce una colossale rissa nella quale gli uomini di Milton hanno la peggio… Me la ricordavo più ospitale questa città, e meno puzzolente! Si vede che dall’ultima volta che ci sono venuto c’è stata un’invasione di topi di fogna! dice il vecchio cammello e Tex, non meno ironico di lui, rincara: già, roba da turarsi il naso! Altro che il nostro profumo di capre! Se lo sceriffo non può agire contro la loro sporca cricca perché non ha prove, Tex Willer scopre le sue carte: la “Banda del Fiume” ha i giorni contati e chi di loro ha un minimo di sale in zucca, farebbe bene a filarsela direttamente in Cina, non prima però di aver avvertito il capo… cominci a farsi prendere le misure per un abito di legno di pino. Il vespaio è sollevato, la prossima mossa spetta agli uomini di mister Rever. Haskell, uno di loro, andrà al Golden Gate per mettere sotto torchio il portiere, mentre Milton, Blendel e Hocker raggiungono nel frattempo il Florida, un battello di trenta metri quasi sempre ancorato in fondo al porto, dove li attende Rever che se ne serve da rifugio, oltre che impiegarlo la sera come bisca galleggiante per spennare i polli di passaggio. Il portiere del Golden Gate, mister Thorne, non è certo la persona più coraggiosa del mondo, non è obbligatorio essere degli eroi, come dice a Tex. È vero, è un vigliacco, ma anche un uomo fondamentalmente onesto e il suo nome non figura nel libro paga della “Banda del Fiume”. È lui che completa il quadro della situazione, indicando ai due tizzoni d’inferno dove possono trovare il capo della banda, mentre i due consumano bistecche, tante patatine e delle birre. Ma il loro pasto è destinato ad essere interrotto bruscamente dall’arrivo di Haskell. Haskell è proprio un tipetto prepotente. Attento, volpone! Mi manda Leo Milton, quello del porto vecchio… non cercare di contar storie o ti mando tutti i denti in gola! Quello che non può sospettare il nostro ribaldo è che i due rangers stanno origliando dietro la porta e che per lui è in arrivo una valanga di botte. I pugni di Tex lo riducono ben presto in uno stato di incoscienza e quindi, affinché non disturbi i loro piani, i due pards decidono di rinchiuderlo in una stanzetta del ristorante, con la complicità del portiere. Sul Florida intanto, Rod Rever si intrattiene pensieroso con Leo Milton e i suoi due scagnozzi. Dicono di lui che sia il tipo capace di sollevare una montagna se questa gli ostacola il cammino, ma in verità è la prima volta da quando è arrivato a New Orleans che la sua banda si scontra contro qualcuno capace di tenerle testa. Non c’è da sorprendersi, Rever ha tante e tali amicizie, racconta lo sceriffo Nat MacKenneth, che perfino i pezzi grossi ormai esitano quando si tratta di mettersi apertamente contro di lui. La polizia dal canto suo è impotente, i tavoli da gioco a bordo del Florida spariscono sempre quasi per incanto e il racket è coperto da una fitta coltre di omertà. Un ora più tardi dopo aver depositato le proprie cose a casa dello sceriffo, i due pards si mettono in strada dirigendosi verso la zona del porto con l’idea di accendere un bel falò a bordo del Florida. Sino a questo momento è stato sempre Rever a far schioccare la frusta sulle schiene delle sue vittime, e adesso mi sembra più che giusto che sia lui a provare quanto bruciano le frustate. Giunti sulla banchina del porto i due tizzoni notano Leo Milton, Blendel e Hocker che si allontanano dal Florida. Tex e Carson si avvicinano repentinamente alle spalle del terzetto, tenendosi a giusta distanza, quindi al momento opportuno si slanciano sugli avversari e in poco tempo gli fanno svolazzare nelle fredde acque del Mississipi… e tanti saluti alla “Banda del Fiume”! Quindi dieci minuti dopo i due satanassi fanno provviste: - Una scatola di “45” e una decina di cartucce di dinamite. - Aprite la stagione di pesca? - Può darsi, mister, ma in ogni caso non saranno i pesci a gustare la dinamite! In pochi minuti i due pards arrivano all’ufficio di Nat Mac Kennenth, al quale raccontano in breve il loro ultimo scontro con gli uomini di Rever, quindi deposti i candelotti sul tavolo, espongono il loro piano allo sceriffo: la sera, come ogni sera, Rever darà a bordo del Florida la solita festa in onore dei giocatori professionisti e delle loro vittime…e Tex ha pensato di colarlo a picco! Insospettiti dall’assenza di Haskell, Blendel e Hocker hanno indossato abiti asciutti e si sono diretti verso il Golden Gate. N-no… non picchiarmi più Blendel! Il portiere è costretto a rivelare tutto quello che sa. Haskell accusa Thorne di aver tradito la “Banda del Fiume”. Blendel, accecato dal livore per le batoste subite, esplode tre colpi sul pover’uomo, ma gli spari hanno richiamato l’attenzione di Tex e Carson che stavano sopraggiungendo per prelevare il prigioniero. Un attimo dopo il sipario si chiude sul piccolo albergo con la morte dei tre uomini di Leo Milton. - Peste!... - Che c’è? - Il nostro amico portiere, il povero impaurito mister Thorne… ha pagato con la vita il suo primo e ultimo sussulto di coraggio e di dignità! Un minuto più tardi, dopo che i due pards hanno lasciato l’albergo dall’uscita posteriore, una folla eterogenea e inorridita, si riversa nell’atrio del Golden Gate, insieme allo sceriffo, a cui non resta che constatare il fatto che Tex e Carson abbiano iniziato a saldare i conti! Le ombre della sera iniziano a calare su New Orleans. I primi clienti abbordano la passerella del Florida, mentre nascosti nell’ombra, due uomini aspettano il momento propizio per entrare in azione. Ormai è buio. In una zona deserta del porto Tex e Carson convincono un pescatore a trasportarli con la sua barca fino al Florida. Protetta dall’oscurità e movendosi silenziosa, la piccola imbarcazione si porta rapidamente a ridosso della nave e si accosta alla grande ruota di poppa. - Seguimi,Kit. - Okay! - Buona fortuna gente... Due minuti dopo essersi issati a bordo i due pards raggiungono gli sfiatatoi di poppa nel quale lasciano scorrere dei candelotti pronti a esplodere … y que vaya con Dios! Quattro esplosioni scuotono la nave gettando lo scompiglio… il salone del Florida è in preda al panico! - Calma, maledetti idioti! Calma! Così otterrete solo di calpestarvi a vicenda! I dispositivi per fare rientrare i tavoli delle roulettes non funzionano più. Rever ordina che siano buttate in acqua, ma nel parapiglia generale, gli uomini di Leo Milton nulla possono. Due spari echeggiano nell’aria… lasciate passare la gente, Rever! E anche tu, Milton togliti di mezzo! grida imperiosamente Tex. Rapidamente Rever estrae la sua derringer, ma il ranger entra in azione un attimo prima di lui, ferendolo alla mano: il primo che tocca i ferri da tiro si guadagna un passaggio per l’inferno! Intanto molti altri uomini di Milton, richiamati dalle esplosioni, arrivano sulla banchina dove è attraccato il Florida, ma Tex ne calma subito gli ardori servendosi della dinamite rimasta, mentre dal battello sulla sinistra incominciano a piovere i primi getti d’acqua delle pompe, per spegnere l’incendio che è divampato a bordo. Mani in alto tutti! E scendete piano dalla scala! Gli uomini di Nat Mac Kenneth sono finalmente entrati in azione a dar man forte ai due pards. L’impero di Rod Rever cola a picco mentre la sua nave si inabissa sul fondale. - Attento a quello che fate sceriffo! Sapete bene che ho amicizie influenti e… - Basta Rever! Con le vostre amicizie influenti ormai ci potete fare la birra! Nessuno potrà salvarvi dall’accusa di giuoco clandestino! La dura lezione subita spezzerà la rete di omertà che finora aveva protetto la “Banda del Fiume”. Una volta dato il via, salteranno fuori i testimoni anche per tutte le altre attività criminose di Rever e dei suoi! L’indomani lo sceriffo Nat Mac Kenneth saluta così i due amici in partenza: Gran peccato davvero che se ne vadano via! Tex e Carson vengono a capo di una potente banda malavitosa nel giro di circa dodici ore, distruggendo il fragile castello di carte di Rod Rever, bello e elegante, quanto disonesto e turpe. La Città corrotta è la terz’ultima storia scritta da Giovanni Luigi Bonelli, un albo letteralmente esplosivo nel suo contenuto di 110 pagine, di cui circa trenta sarebbero dovute alla penna di Tiziano Sclavi ( le parti interessate sarebbero quelle che riguardano lo spaurito e omertoso portiere del Golden Gate, Mister Thorne, a cui Tex riesce a restituire dignità e carattere, prima che lo stesso soccomba sotto i colpi di pistola di Blendel ). I disegni di Civitelli, alla sua quarta prova texiana, si segnalano soprattutto per le accuratissime ricostruzioni delle strade della città di New Orleans, che il disegnatore ha tratto da numerose illustrazioni d’epoca. Semplicemente splendide le immagini che rievocano la zona del porto con i caratteristici battelli a vapore, così come i bellissimi monumenti storici che fanno capolino dalle pagine dell’albo. Il suo Tex è ancora in evoluzione e non ha ancora trovato una precisa identità, ma ha il viso tagliente e duro che si intona perfettamente alla trama violenta di questa storia.
  11. Soggetto e sceneggiatura : Giovanni Luigi Bonelli Disegni: Fabio Civitelli Periodicità mensile: Settembre 1987 Albo autoconclusivo: 323 New Orleans, stretta in una morsa di omertà, è diventata invivibile per colpa di un racket malavitoso, la Banda del Fiume, capeggiata dal bieco Rod Rever, giocatore d'azzardo e proprietario di un paio di natanti, avvezzo a minacciare e taglieggiare i piccoli armatori fluviali. Tex e Carson, dopo aver pesantemente sfoltito di farabutti la pericolosa cricca, fanno colare a picco con una pioggia di candelotti di dinamite il covo di Rever, il battello Florida, una bisca galleggiante colma di polli da spennare. New Orleans torna a respirare aria pura! © Sergio Bonelli Editore
  12. ymalpas

    [309/310] La Minaccia Invisibile

    Il soggetto originario prevvedeva l'infezione di Pat Mac Ryan con i bacilli contenuti nell'asciugamano. Terribilmente interessante sarebbe stato questo sviluppo della storia, ma G. L. Bonelli, troppo affaticato e forse spaventato dalla complessit? dell'intreccio prefer? rinunciare... Questa storia resta in ogni caso una delle più belle del quarto centinaio e dispiace il fatto che Boselli abbia abbandonato del tutto il filone "cittadino" ( se escludiamo il texone di Font ).
  13. ymalpas

    [309/310] La Minaccia Invisibile

    Sul sito del forum è disponibile un articolo che spiega meglio la genesi di questa storia. Consigliatissimo: http://texwillersite.altervista.org/artico... hostwriters. htm
  14. ymalpas

    [328/330] Gli Spiriti Del Deserto

    Nelle sabbie del deserto che si estende tra la riva del Colorado e la Sierra de Juarez, nella parte settentrionale della penisola messicana di Baja California, due uomini avanzano nel calore rovente…Il professor Doberado, archeologo e vecchio topo di biblioteca, e il suo assistente Luis sono alla ricerca della leggendaria nave perduta nel deserto. Dopo una settimana di infruttuose ricerche in un territorio ostile ed inospitale sono giunti vicini alla meta: si trovano sulle rive della Laguna Salada! Secondo le voci raccolte, infatti, è proprio in prossimità di questa laguna che i due uomini dovrebbero trovare la mitica nave. Una linea bianca lungo il fianco della montagna avvalora la tesi, si tratta infatti di un’incrostazione salina che sta a indicare che un tempo quelle rocce erano bagnate dalla schiuma del mare, le acque poi si ritirarono e rimase il deserto. Circa mezz’ora dopo, quando le ombre della notte già iniziano a calare, Doberado e Luis sono sul fondo di uno stretto canyon, che un tempo costituiva un’insenatura nella montagna. Poco dopo, davanti ai loro occhi, parzialmente corrosa dal tempo e dalle intemperie, emerge la prua di un antico vascello, la cui poppa è rimasta sommersa sotto una frana di massi. L’opprimente silenzio del canyon viene intanto interrotto dai lugubri rintocchi di una campana… Dimentico di ogni stanchezza, l’archeologo si arrampica freneticamente tra le rocce cadute intorno alla prua della nave e raggiunto il ponte, dopo essersi guardato intorno estasiato, si dirige verso il boccaporto, per raggiungere il quadrato alla ricerca del giornale di bordo. I due uomini scompaiono così nel ventre dell’antico veliero… Pochi istanti dopo, un grido raccapricciante, l’eco di un urlo disumano che lentamente si spegne tra le strette pareti del canyon… Sulla leggendaria nave perduta nel deserto cala un nuovo e più pesante silenzio. Questa storia di Nizzi nasce da una vecchia leggenda, quella della nave perduta nel deserto del Mojave, che aveva interessato dieci anni prima lo stesso Gianluigi Bonelli che non ne scrisse mai la sceneggiatura. Il mare di Saltan giace in una profonda depressione nella crosta terrestre, 227 piedi sotto il livello del mare. Fossili marini lì ritrovati indicano che una volta il deserto era indubbiamente ricoperto dalle acque, che dovevano essere una continuazione del mare di Cortez, nel golfo della California, acque che a nord si estendevano, attraverso la Imperial Valley, fino a Palm Springs. Il fiume Colorado, che centinaia di anni fa era assai diverso da come appare oggi, scavando il Grand Canyon trasportò a valle tonnellate di sedimenti e detriti, che si depositarono alla bocca del fiume formando un delta enorme. Col tempo l’accumularsi di materiale portò alla creazione in un vero e proprio sbarramento che separò di fatto definitivamente la Imperial Valley dal mare di Cortez, ciò che comportò l’inevitabile prosciugarsi delle acque e la formazione di un immenso deserto. Prima che la strada verso il mare aperto si chiudesse del tutto, le navi potevano veleggiare verso il nord anche oltre il punto dove è situata oggi la Laguna Salada. Nel corso dei secoli numerosi viaggiatori hanno contribuito a creare il mito delle navi sepolte sotto le sabbie del deserto. Possiamo chiederci quante possibilità ci siano di trovare una galeone spagnolo nel deserto del Mojave. Anche se un Charley Clusker, in una storia apparsa nel novembre del 1870 sul “Los Angeles Star”, dice di aver ricevuto precise indicazioni da parte di alcuni nativi del luogo, sulla presenza, nella regione di Dos Palmas, della mitica nave perduta nel deserto, gli esperti tendono tuttavia a negare questa possibilità. Troppo difficoltosa la navigazione in quelle acque, tale da sconsigliarla anche ai più audaci e sprezzanti del pericolo. Pilares, sei mesi dopo. Tex e Carson hanno raccolto l’invito del loro amico El Morisco. Il vecchio compagno di tante avventure è preoccupato dall’inspiegabile scomparsa del collega Manuel Doberado che anni prima gli aveva aperto le porte dell’università di Città del Messico. El Morisco inizia il suo breve racconto e il buon Eusebio ha tirato fuori le bottiglie delle grandi occasioni, quelle del Sangre de Toro. Pare che oltre due secoli prima, un mercantile proveniente dalla Cina, che aveva fatto scalo nel porto messicano di Mazatlan avesse deciso di riguadagnare il Pacifico tentando di attraversare i mitici stretti di Anian. A quei tempi era credenza diffusa, dice El Morisco davanti allo stupore crescente di Tex e Carson, che in corrispondenza dell’attuale mare di Saltan e della Laguna Salada esistesse un braccio di mare che collegava il golfo della California all’oceano Pacifico. Della nave non se ne seppe più nulla, ma gli indios della zona, di padre in figlio hanno continuato ad alimentare la leggenda, tramandandosi la leggenda del “grande uccello dalle ali bianche che galleggiava sulle acque e che era rimasto prigioniero nel fondo di un canyon”. Manuel Doberado, trovate le prove che effettivamente una nave olandese nel 1677 aveva tentato la traversata dello stretto, attratto da quella che sarebbe una clamorosa scoperta scientifica, si era messo alla ricerca della nave olandese. Il dottor Quintana, un allievo di Doberado, che è a conoscenza dell’itinerario seguito da quest’ultimo e che è disposto ad accompagnare Tex e Carson alla ricerca del professore, li sta aspettando a Riito. La prima tappa del viaggio è quindi il piccolo villaggio in territorio messicano, nella California orientale, l’anticamera del deserto. Tra le miserabili case che lo compongono e gli sguardi sfuggenti pieni di odio degli sparuti abitanti, i due pards raggiungono la “cantina”, dove l’ostilità latente verso i rangers, non tarda a manifestarsi in tutta la sua violenza: - L’oste non vi ha serviti perché gli ho ordinato io di non farlo! - Senti, senti… e tu chi saresti per dare ordini ? Forse il padrone di questa metropoli ? - Si, sono il capo del villaggio e la gente mi ubbidisce! - Bueno. E per quale motivo non vuoi che io e il mio amico non ci bagniamo il becco ? - Il motivo è molto semplice… in questo paese non vogliamo gringos! - Vi siamo antipatici ? - Non vi vogliamo e basta. La spiegazione non è convincente, Tex decide dunque di impartire una lezione più chiara, illustrandola con dei persuasivi sganassoni, che per una volta non si dimostrano però molto efficaci col malcapitato hombre. L’aiuto decisivo viene da Deke, un americano che vive da anni a Riito, che indirizza i due “tizzoni” verso la missione di padre Joaquin, l’unico in grado di metterli sulle tracce del dottor Quintana. Un uomo che, come Doberado, sembra essere scomparso nel nulla. I due pards lasciano la posada e dopo una decina di minuti raggiungono la missione. Dopo aver spiegato al frate lo scopo del loro viaggio, padre Joaquin li conduce nel piccolo cimitero davanti a un cumulo di terra fresca, sotto il quale da due giorni riposa la salma dell’uomo che cercano. Il suo cadavere era stato trovato in un vicolo sopra un mucchio di immondizie, anche lui vittima della “morte silenziosa”… Una morte enigmatica: il corpo del dottor Quintana non presentava tracce evidenti di ferite, se si esclude un minuscolo forellino nel collo non più grande della puntura di un insetto. La morte, avvenuta per avvelenamento, è la stessa che ha colpito tutti quelli che si sono mostrati interessati a fare luce sul mistero della nave perduta nel deserto. Padre Joaquin informa i due rangers di una spedizione archeologica che sei anni prima partì alla ricerca della nave, guidata dal professor Velarde, che scomparve nel nulla… fu proprio in quel periodo che incominciarono i guai… vennero diffusi tra la gente ammonimenti a non avventurarsi nel deserto e tra coloro che trasgredirono vi furono numerose vittime della “morte silenziosa”, tanto che col passare del tempo una cappa di paura finì per calare sul paese di Riito. Augustin, un vecchio cercatore d’oro, l’ultimo ad essersi avventurato ( con un amico ) nel deserto, è ritornato solo… sconvolto nel fisico e nella mente. Mentre calano le ombre della notte, Tex e Carson, preceduti dal frate lasciano la missione per recarsi verso un angusta baracca per scambiare quattro parole con il vecchio messicano: - Forse padre Joaquin vi avrà già detto che in vita mia non ho mai avuto paura di niente, e anche quando in paese circolavano già da tempo voci secondo cui non bisognava inoltrarsi nel deserto, io non vi prestai il minimo ascolto e in compagnia del mio amico Camino, che era una pellaccia come me, circa un anno fa ci mettemmo in cammino verso la sierra de Juarez, che si trova all’altra estremità del deserto e che ha fama di nascondere buoni filoni d’oro e d’argento. Per evitare che la gente del villaggio tentasse di impedirci di partire, non avevamo parlato a nessuno del nostro progetto e ce ne eravamo andati di notte… Per i primi giorni di viaggio non accadde niente di strano, ma una sera dopo aver raggiunto le rive della Laguna Salada e ci apprestavamo a trascorrervi la notte, sentimmo nel buio i rintocchi di una campana. Quel lugubre suono di campana ebbe il potere di farmi inondare la schiena di un sudore freddo come il ghiaccio e se fosse dipeso da me posso giurarvi che non mi sarei allontanato di un passo dal rassicurante chiarore del fuoco… ma il mio compagno, che in fatto di fegato mi dava certamente dei punti, decise di andare a vedere da dove provenissero quei rintocchi, tentai in tutti i modi di trattenerlo, ma non vi riuscii…e di accompagnarlo non ne ebbi il coraggio, que Dios haya piedad de mi alma! Così restai accanto al fuoco e guardai il mio amico che si allontanava nella direzione da cui avevamo sentito provenire i rintocchi, tenendo alta la lanterna per illuminarsi il cammino, lo segui con lo sgardo fino a quando disparve dietro le rocce… e quella fu l’ultima volta che lo vidi vivo! Non erano passati più di cinque minuti da quando era scomparso allorché da dietro le rocce giunse un grido agghiacciante, avrei voluto correre in suo aiuto… andare a vedere cos’era successo… ma le mie gambe, divenute molli come cera, si rifiutavano di ubbidire! Dopo quel grido un grande silenzio calò attorno a me. Un silenzio profondo e minaccioso… un silenzio di morte! Passai una notte terribile, senza chidere occhio, col cuore stretto in una morsa, tremando di terrore in tutto il corpo… ma con lo spuntare dell’alba e il dileguarsi delle minacciose ombre notturne, mi tornò un po’ di coraggio, almeno quel tanto da permettermi di dirigere i miei passi nella direzione presa dal mio amico la sera prima, per sapere cosa mai fosse successo di lui… Lo trovai, era seduto a un centinaio di metri dal bivacco, sulla riva della laguna, e se ne stava immobile a osservare l’acqua, dandomi le spalle. Confortato da quella vista chiamai, non mi rispose. Allora mi precipitai di corsa verso di lui continuando a gridare il suo nome, senza che però egli si riscuotesse dalla sua immobilità e quando lo ebbi raggiunto e mi fui posto davanti a lui affinché desse finalmente qualche segno di riconoscermi… Madre de Dios! Per poco non fui stroncato da un colpo! Era uno scheletro, capite?! … il mio amico camino era uno scheletro che mi sorrideva attraverso le vuote occhiaie e con i denti corrosi da una morteche sembrava consumarlo da cento anni. Vedete questi capelli? … fino ad un istante prima erano neri come la notte, ma in quell’attimo per lo spavento mi diventarono bianchi dal primo all’ultimo! Yakal, uno degli indiani Pima che custodiscono gelosamente il segreto della nave perduta nel deserto, uccide con la sua cerbottana lo sfortunato Augustin per impedirgli di parlare, ma troppo tardi, ormai Tex e Carson hanno intuito che la verità che in qualche modo si cerca di tenere nascosta. Il rumore dei tamburi rompe il silenzio della notte e si diffonde nell’aria, correndo sopra l’antico edificio della missione e il villaggio abbandonato, attraverso miglia e miglia di deserto, ritrasmesso da altri indiani, fino a raggiungere l’ultimo di essi, Yazuma, piazzato sulla parete più alta del canyon nel fondo del quale giace il relitto dell’antico vascello… Yakal chiede istruzioni! Yazuma, svelto come un gatto balza di roccia in roccia fino a giungere sul fondo del canyon. Giunto quindi nella stiva della nave, solleva la ribalta di una botola che si apre nel pavimento e un istante dopo si cala con grande agilità lungo una scala di corda che scende verticalmente dal soffitto in una grande caverna nel fondo della quale scorre un fiume sotterraneo. Raggiunto il pontile, l’indiano corre lungo l’argine risalendo il fiume fino a quando giunge allo sbocco della buia galleria. Davanti a lui si apre una larga valle circolare, molto simile al cratere di un vulcano spento, racchiusa entro un anello roccioso dalle pareti a picco e al centro della quale, tra campi ordinatamente coltivati, sorge un villaggio cinese dominato dall’oscura mole di una pagoda. Senza esitare Yazuma supera un ponticello e si dirige verso il villaggio, rivolgendo i suoi passi verso l’unica capanna che ha una finestra illuminata, la capanna del Signore della Sacra Nave. All’interno due uomini conversano tranquillamente: sono Juan Velarde e il professor Doberado. Juan Velarde ( non sfugge la sua rassomiglianza con l’attore Vincent Price ), creduto morto da anni, è il padrone di una valle che nasconde un incommensurabile ricchezza, uno scienziato che ha tradito la scienza, ma che ha salvato dalla morte silenziosa l’amico Doberado, dopo che Yazuma ( che aveva cercato di intimidirlo inutilmente con i rintocchi della campana ) l’aveva colpito, con l’assistente Luis, con dei dardi avvelenati all’interno della stiva. Il veleno è uno di quelli che non perdonano e solo la pronta somministrazione dell’antidoto ha permesso la sopravvivenza di Doberado, affinché egli possa assistere al trionfo dell’antico collega, pervaso da una follia maniacale di grandeur che comunque pagherà a caro prezzo alla fine della storia. Velarde, dopo aver ordinato a Yazuma l’eliminazione dei due rangers, racconta la sua storia fantastica, una di quelle che tutti gli archeologi sognano di vivere, ma che capita a ben pochi. Doberado ascolta in silenzio un amico e un collega che non riconosce più! - Fosti tu a parlarmi della leggenda della nave perduta nel deserto, ricordi ? Ah! Ah! Solo che a te interessava solo l’aspetto storico e archeologico della faccenda, mentre io ero attratto dal tesoro che si diceva esistesse a bordo: le famose perle! In seguito gli impegni dell’università ti costrinsero a rimandare il tuo progetto di approfondire le ricerche sulla nave, mentre io accontentandomi di ciò che sapevo, mi misi subito in caccia. Giunto a Riito, ingaggiai un nutrito stuolo di portatori e mi avventurai nel deserto… Trovai la nave! Ma quando vi penetrai alla ricerca delle perle, fui catturato insieme a tutti gli uomini del mio seguito, dalla gente che abita in questa valle. Cinesi! Puoi ben dirlo che rimasi strabiliato! Cinesi che abitavano in una valle sconosciuta a tutti e nella quale pur trovandosi al centro di un grande deserto, venivano coltivati campi di riso e crescevano alberi da frutta! Tutti i miei compagni vennero giustiziati. Io solo fui risparmiato e per puro caso: perché con del chinino che avevo con me, salvai la vita al figlio della comunità cinese, e non solo fui risparmiato, ma da quel momento, un po’alla volta, diventai per loro una persona importante, quasi sacra. Due secoli prima, il vascello sul quale gli antenati dei cinesi erano imbarcati come marinai, aveva risalito il golfo di California e aveva imboccato la foce del Colorado decisa a raggiungere il Pacifico attraverso i famosi stretti di Anian… ma gli stretti non c’erano e la nave cercando di passare da una laguna all’altra, restò incagliata nei bassi fondali di un canale che nel corso dei secoli si è trasformato in un canyon in cui il vascello si trova tutt’oggi imprigionato. Per l’equipaggio della nave seguirono giorni duri, la scorta d’acqua dolce finì e gli olandesi, seguiti dalla maggior parte dei marinai decisero di attraversare il deserto, ma si persero trovandovi la morte. E con loro, sotto la sabbia del deserto, svanirono anche le preziose perle. Sulla nave, gli unici superstiti dell’intero equipaggio furono due cinesi e due giovane donne della stessa razza che il capitano olandese si era portato dietro, due coppie dalle quali ebbe origine la discendenza che ha portato alla numerosa colonia che popola la valle misteriosa. I quattro cinesi erano ormai giunti allo stremo quando un giorno, una forte scossa di terremoto fece franare le pareti del canyon, sommergendo in parte la nave. Cessata la scossa i cinesi si accorsero che nella stiva della nave si era aperta una spaccatura e che dal basso, giungeva un rumore d’acqua corrente: acqua dolce! Nei giorni seguenti scoprirono dunque l’esistenza della caverna e quindi della valle, nella quale cresceva una ricca vegetazione spontanea, un’autentica oasi nel deserto! Se per Velarde le perle erano perdute per sempre, egli si rese conto che i cinesi possedevano qualcosa di più prezioso ancora e cioè un campo di purissimo oppio, di cui essi facevano un moderato uso domestico. Fu allora che per arricchirsi egli li convinse a coltivare a papaveri l’intera valle, l’oppio ricavato era quindi rivenduto a Mexicali e da qui in tutti i mercati della California, dagli indiani Pima che nel frattempo Velarde aveva soggiogato con lo stesso oppio ( di cui essi erano diventati fanatici consumatori ), i Pima suoi fedeli servitori e gelosissimi guardiani della valle… dispensatori della morte silenziosa, come tanti anni prima lo erano stati gli yaquis seguaci di Mefisto nella bellissima avventura intitolata La gola della morte ( n° 39 e 40 ). Il rullare dei tamburi porta il messaggio di risposta a Yakal… il Signore della Sacra Nave comanda… che i due grigos vengano uccisi… L’inquietante indio avanza nella notte, scavalca il muro di recinzione della missione e penetra all’interno, ma padre Joaquin, risvegliato dal rumore della porta che si aperta cigolando, è in piedi ad aspettarlo… Un sibilo nel buio e il povero padre si accascia al suolo, colpito a morte da uno dei dardi avvelenati dell’indio, ma il suo grido ha messo sul chi vive i due rangers, che impugnate le loro colt si precipitano all’esterno della loro stanza. Tex schiva, grazie al provvidenziale avvertimento di Carson, il dardo che Yakal gli ha lanciato, la sua fuga è inutile, una pallottola gli manda in frantumi la cerbottana, l’altra gli rimane conficcata nella gamba. È subito tempo di interrogare il sicario, i due rangers sono avidi di notizie, ma Yakal non parlerà, Yakal non teme la morte, egli è un duro, tanto che qualche istante dopo si accascia egli stesso al suolo con un sordo gemito, dopo essersi punto un dito con una delle sue spine avvelenate. Harakiri. Sepolto lo sfortunato frate nel cimitero della missione e avvolta in uno straccio, con mille cautele, la cannuccia rotta e l’astuccio dei dardi, i due pards si mettono in viaggio verso il pueblo di Olivas, per scambiare qualche parola con il grande capo papago To-Ka-Nah, in modo da saperne di più sui misteriosi indiani pima, che spargono il terrore nella regione con le loro macabre messinscene. Il vecchio indiano li mette in guardia: nessuno può avvicinarsi impunemente alla grande Laguna Salada, ma uno dei giovani papago, Pagua, a cui i pima hanno ucciso due fratelli, che non teme la morte silenziosa, decide coraggiosamente di avventurarsi nel deserto con loro, in cerca della sua personale vendetta. La loro manovra di avvicinamento non passa però inosservata e una quarantina di guerrieri si preparano a riservare loro un’accoglienza degna dei peggiori nemici. Nei pressi di una gola nasce così un violento scontro, ma le frecce nulla possono contro i winchester manovrati da artisti del calibro di Tex e Carson. Pagua dà una prova di eroico coraggio, ma viene trafitto dalle numerose frecce scoccate contro il suo corpo, ma è come se egli cercasse la morte dopo aver vendicato i suoi cari, uccisi tempo prima. L’attentato può dirsi fallito, ed è così che dopo il tramonto, quando le prime ombre già si addensano sul deserto, Tex e Carson giungono in vista della Laguna Salada… - Per Giove!... più che una laguna sembra un mare! - Un tempo infatti lo era… Sulle sponde della laguna la notte scivola rapidamente verso le sue ore più fonde e mentre i due pards vegliano a turno, tenendo alimentato il piccolo fuoco del bivacco, ombre nere e silenziose avanzano strisciando verso di loro. Al silenzioso segnale di Yazuma i suoi compagni si fermano, ormai attorno al campo si è formato un semicerchio di otto indiani, così serrato che se i rangers volessero allontanarsi dal fuoco non potrebbero farlo senza cadere a tiro dell’uno o dell’altro. Mezz’ora dopo Pagas fa udire la voce della campana… se vuoi il mio parere, stanno suonando quella dannata campana nella speranza di farci allontanare dal fuoco per poterci tendere un agguato nel buio, esattamente come successe un anno fa al vecchio Augustin, dopo essersi allontanato dal bivacco, quel disgraziato fini certamente tra le grinfie dei Pima, i quali dapprima lo scannarono, poi lo spogliarono quindi nascosero il suo cadavere e con i suoi stracci rivestirono uno dei loro scheletri tenuti insieme con il filo di ferro, servendosene poi la mattina dopo per preparare la messinscena che doveva far venire i capelli bianchi all’altro poveraccio, naturalmente con lo scopo di farlo allontanare di corsa da questi paraggi, come appunto avvenne. Niente affatto entusiasta di dover proseguire il suo turno di guardia, Carson resta immobile come una statua, quasi trattenendo il respiro per essere certo di non lasciarsi sfuggire il benché minimo rumore e l’assoluta immobilità dell’anziano ranger trae in inganno Yazuma, il quale passata un’altra mezz’ora e vedendo che Carson non si muove, ne conclude che anche lui si è assopito. L'indio ne approfitta per fare un cenno ai compagni e stringere ulteriormente il cerchio intorno ai due pards. Se Carson non si è accorto della loro manovra, non così è per i cavalli il cui nitrito echeggia nell’aria. Pochi istanti dopo una spina avvelenata sibila nell’aria e l’animale colpito, scalcia emettendo un disperato rantolo, per crollare a terra subito dopo, fulminato dal micidiale veleno. Identica sorte tocca un attimo dopo al secondo cavallo, i due rangers intanto si sono messi al riparo, Tex raccoglie e scaglia tra le rocce circostanti dei tizzoni accesi, che ricadono qualche secondo dopo in prossimità dei pima, rendendoli visibili per un istante, mentre Carson, messo mano al clarinetto, ne approfitta rapido come un fulmine. Il giochetto si ripete e in poco tempo gli indiani, rimasti in cinque, decidono di sopraffarli attaccando tutti assieme… nessuno si salva, ad eccezione di Pagas, che da lontano ha osservato la scena ed è corso ad avvertire Juan Velarde. Con i quattro guerrieri che gli sono rimasti, dopo aver riflettuto lungamente, l’uomo decide di preparare una nuova trappola, ma all’alba. I due rangers nel frattempo rimangono a lungo sul chi vive fino a quando si persuadono che nessun altro pericolo immediato li minaccia. Non vedendo più nessuno sulla loro strada i due gringos si avvicineranno alla nave convinti di avere ormai debellato ogni difesa, mentre i pima saranno invece sulla nave ad attenderli e Velarde con loro. Manuel Doberado avverte l’amico Velarde: i due non possono che essere Tex e Carson, due rangers le cui imprese sono ben note in tutto il sudovest americano e anche in Messico. Doberado non desidera la morte di Velarde, nonostante le orribili colpe di cui si è macchiato, gli consiglia di consegnarsi vivo nelle loro mani prima di fare la stessa fine degli indiani che ha sguinzagliato sulla loro strada. Ma Velarde è un ottimo tiratore e l’indomani, quando ignari si avvicineranno alla nave, li avrà nel mirino del suo fucile. Convinto di liberarsi facilmente dei due mastini, Velarde decide comunque di interrompere la sua lucrosa attività tanto più che nella banca di Mexicali ha ormai abbastanza oro per vivere da gran signore, non una ma dieci vite. Il resto della notte trascorre senza storie e la mattina dopo, al primo spuntare dell’alba i due pards si incamminano verso l’imboccatura del canyon, nella direzione da cui la sera prima hanno sentito provenire i rintocchi della campana. Secondo El Morisco, la leggenda indiana parlava di “un grande uccello dalle ali bianche che galleggiava sull’acqua e che è rimasto prigioniero nel fondo di un canyon”. Una linea biancastra sulla parete del canyon, dovuta alla salsedine, indica che un tempo la valle in cui i due si trovano era coperta dall’acqua del mare. In quello stesso momento mentre sul ponte della nave Velarde e i cinque indiani preparano la trappola mortale ai due rangers, il professor Doberado viene fuori dalla botola situata nella stiva. Con tutti i sensi all’erta, Tex e Carson avanzano lentamente lungo il fondo del canyon finché superata una curva, si fermano esterrefatti davanti alla… nave perduta nel deserto! Semisepolta da una frana, l’imbarcazione ha un aria dannatamente sinistra! - Fermi! Al riparo! Il grido di Manuel Doberado, nascosto sul fianco esterno della nave, giunge provvidenziale e mette in guardia Tex e Carson, proprio nell’istante in cui Velarde fa tuonare il suo fucile! Ormai è troppo tardi, i due sono già schizzati al sicuro tra le rocce. - Le cose si mettono male, damnacion!... quei due serpenti hanno trovato un buon riparo e non sarà facile farli uscire di là. I pima!... manderò loro a stanarli! Chiamati i quattro indiani accanto a se, Velarde spiega cosa vuole da loro. Protetti da un intenso fuoco di copertura, dovranno lasciare nascostamente la nave e portarsi strisciando per terra fino alla loro altezza e colpirli con “la morte silenziosa”. Ma se i due pards non possono scorgerli, dalla sua posizione è ancora una volta Doberado ad avvertirli del pericolo incombente su di loro. Rapidissimo Tex si sposta dietro un grosso macigno, dal quale può sorvegliare meglio il dedalo di rocce che si trova sulla loro destra e il vantaggio di questa mossa non tarda a manifestarsi… nel giro di qualche minuto tutti i pima cadono colpiti a morte sotto il fuoco implacabile del winchester di Tex.. Velarde, resosi conto che non potrà riuscire a spuntarla contro due mastini di quel calibro, decide di ripiegare in ritirata e ritornare la villaggio. Un istante dopo, il professor Doberado si getta allo scoperto e avverte i due ranger della fuga dell’uomo. I due rangers non mollano la presa e seguono Doberado nella stiva della nave… ecco la botola da cui è passato… quando all’improvviso la porta si richiude alle loro spalle, Velarde li ha giocati. In un corral non molto distante dal canyon tiene dei cavalli, ma prima di lasciare la valle dell’oppio, ha deciso di liberarsi in maniera definitiva della nave e dei suoi passeggeri usando della dinamite. Ma un indiano, riuscito a salvarsi, nota la manovra dell’uomo…per gli dei!... sta distruggendo la sacra nave! e lo colpisce con un dardo avvelenato. Morto Velarde, nella stiva della nave, il soffitto non resisterà a lungo, i tre uomini si calano attraverso la botola lungo la scala che si dipana verso il basso in un’ampia grotta. I cinesi, richiamati dall’eco delle esplosioni e ritenendoli i responsabili, cercano di infilzarli lanciando delle lance. L’unica speranza di salvezza è quella rappresentata dal fiume che scorre sotto di loro, ma che scorre anche nelle viscere della montagna. La corrente è forte e il rischio che la galleria in qualche punto del suo percorso resti completamente sommersa dalle acque, non è remoto. Inutile dirlo, inizia la parte più emozionante della storia. Il primo pericolo è rappresentato da una cascata, la superficie del fiume si increspa di piccole onde spumose e il fragore si fa sempre più forte… woosh… ci siamo gente!Scampati anche a questa ennesima prova, i tre uomini si ritrovano davanti a quello che più temevano, il soffitto della galleria si abbassa infatti sempre di più, ma con un immenso boato il fiume sotterraneo irrompe e sprofonda all’improvviso in una vasta grotta a forma di imbuto verso il cui fondo le acque precipitano in un gorgo turbinoso… ghermiti dalla corrente violentissima i tre uomini vengono trascinati verso il fondo del grande vortice… possente iddio!... questa è la volta che ci lasciamo davvero la pelle! Risucchiati inesorabilmente e già quasi semi-soffocati, i tre lottano disperatamente per liberarsi dal mortale abbraccio e per risalire verso l’alto e quando ci riescono, scoprono con orrore che il soffitto della nuova galleria è anch’esso sommerso… Abbandonandosi alla corrente che li trascina verso la buia galleria completamente inondata, Tex e i compagni cessano di lottare e quando ormai ogni speranza è morta in loro, accade invece l’imprevedibile… Vengono cioè rigettati in una nuova grotta… dove l’acqua stagna ormai tranquilla… Per alcuni istanti i due rangers restano a boccheggiare come pesci, riempiendosi ingordamente d’aria i polmoni, poi rianimato il professor Doberado che era svenuto e ripreso a sufficienza fiato, i tre uomini attraversano lo specchio d’acqua a nuoto dirigendosi verso la piccola apertura attraverso la quale dardeggia il sole, che dà sulle acque limpide del fiume Colorado, dove vengono raccolti poco dopo da una provvidenziale imbarcazione: - Contento vecchio cammello ? - E me lo domandi ? … Per giove, non avevo mai visto il brutto muso della morte così da vicino!
  15. A Baton Rouge, a bordo del “River Queen” un battello a vapore che discende il Mississipi fino a New Orleans, due texani osservano lo sbarco e l’imbarco dei passeggeri in arrivo e in partenza. - Allora, hai ripensato al telegramma di Nat ?... - Si, ma senza cavarci niente di più. Di chiaro c’è solo il fatto che un certo Pierre de la Rochelle, fratello di un grosso papavero di New Orleans, è scappato dal manicomio facendo perdere le sue tracce. - E ci ha scomodati per trovare un matto ? - Beh, non solo per questo... pare che la fuga di quel poveraccio dal manicomio nasconda qualche grosso inghippo. Ma Nat non ha spiegato niente di più; promettendo però di farlo a voce… - E quell’accenno alle sparizioni di negri e agli strani movimenti che avvengono nelle paludi ? - Mah…non vorrei che Nat li avesse aggiunti per renderci il piatto più appetitoso. - Mm… purché non siano rispuntati fuori quei fanatici del voodoo! Il vecchio cammello, noto menagramo, non sbaglia nell’ipotizzare una nuova miriade di problemi con i negri della Louisiana. Ignari di essere osservati dagli occhi di due passeggeri, seguaci del “Grande Alligatore”, i quattro pards si ricongiungono poco dopo. - Ecco Kit e Tiger che vengono a cercarci per la cena. - Meno male! Anche il mio stomaco stava giusto ricordandomi l’ora… - È meglio di un orologio, eh ? - Non sbaglia un secondo! - Fame zio Kit ?... - C’è forse bisogno di domandarlo ? - Andiamo! Questo siparietto comico, inserito in un quadro che odora maledettamente di camposanto, i negri infatti hanno in programma di spedire i quattro pards all’inferno, possibilmente con precedenza proprio per i due più anziani, disorienta il lettore e attenua leggermente la tensione, ponendosi ai suoi occhi come la proverbiale quiete prima della tempesta. Poco dopo infatti, Tex e Carson, che dopo la cena si erano attardati a un tavolo da gioco, sono spettatori sul pontile della nave di un tentativo di violenza ai danni di una donna, la bella Loana, che subito si dilegua lasciando invece campo libero ad altri tre negri, che muniti di coltelli – lunghi come spiedi - tentano spensieratamente di mandare all’altro mondo i due tizzoni d’inferno. L’agguato fallisce e solo un negro, Sammy, riesce a fuggire approfittando della confusione, eclissandosi appena in tempo. - Che ti avevo detto ? Pà e lo zio Kit ! - ?! - Figurati se non erano loro a scatenare questo putiferio! Il bonario rimprovero di Kit Willer, che uscendo dalla cabina, accompagnato da Tiger, commenta il “protagonismo” dei due satanassi, insinua anche questa volta un rivolo di umorismo che stempera di molto la drammaticità del contesto e contemporaneamente evidenzia l’affiatamento e lo spirito di gruppo della comitiva texana. Una gestione dei pards, attraverso delle scenette solo apparentemente banali e marginali, che si rivela veramente encomiabile. È noto che il primo Nizzi era solito riprendere e rielaborare vecchie storie di Bonelli o singoli episodi di queste. Il riferimento in questo caso va doverosamente indirizzato a Il clan dei cubani ( n° 230 / 33 ), ma l’episodio precedente, ad una analisi più attenta, palesa invece un ennesimo tributo a un’altra storia bonelliana, una del primo centinaio: New Orleans ( n° 72 / 73 ). Il viaggio prosegue senza incidenti. Sul molo d’attracco, lo sceriffo Nat Mac Kenneth aspetta l’arrivo dei quattro amici, quindi con un calesse, li accompagna nella residenza “coloniale” del “grande papavero” Julien de la Rochelle, poco fuori dell’abitato di New Orleans. Nell’universo narrativo nizziano la famiglia ruota spesso intorno a due personaggi chiave, diversissimi tra loro, due facce di una stessa medaglia che incarnano, come in un gioco di luci e ombre, rispettivamente il bene e il male. I due cugini Walcott, in Fuga da Anderville ( n° 297 / 99 ), divisi da due bandiere, che lottano per due ideali profondamente diversi, uno giusto, l’altro a dir poco illegittimo, oppure il giovane Jess e la bella sorella Terry, fraternamente uniti da un legame quasi patologico nella sua morbosità, ne La locanda dei fantasmi ( n° 301 / 02 ). Più di recente la storia Muddy creek ( n° 519 / 20 ) ha riproposto una situazione familiare analoga. Nelle paludi della Louisiana la scena è invece dominata dalla facoltosa famiglia dei signori de la Rochelle, il cui capostipite fu costretto a lasciare in tutta fretta la Francia per sfuggire alla rivoluzione. I due rampolli superstiti della nobile casata, non solo confermano la regola, ma la spingono all’eccesso. Se Julien è l’uomo savio che ha vissuto per estendere il patrimonio familiare, il secondo, Pierre, non solo è il tipico esempio della pecora nera che si è dato da fare solo per dilapidarlo, ma anche l’uomo tarato, il - matto - che vive nella sua mente malata pericolosi sogni di gloria. Come spiega Nat Mac Kenneth ai quattro pards, Pierre si era messo in testa addirittura di costituire un esercito per dichiarare guerra agli Stati Uniti, allo scopo di riportare la Louisiana sotto il dominio della Francia. Addobbato con una divisa napoleonica, il folle andava in giro assoldando le sue truppe tra i negri che lavoravano nelle piantagioni di famiglia, ai quali prometteva di triplicare la paga. Messo brutalmente di fronte ai propositi scellerati del fratello, Julien, lo aveva fatto precipitosamente internare in un manicomio, ma la storia era comunque durata abbastanza per creare una grossa agitazione tra i negri, molti dei quali, sottratti alla prospettiva di una così allettante carriera, si eclissarono nelle paludi per non fare più ritorno alle piantagioni. Contemporaneamente nella regione succedevano alcuni fatti misteriosi che coinvolgevano i negri rimasti fedeli al padrone, vittime degli alligatori che popolano la palude. Nat avanza addirittura l’ipotesi che questi ultimi possano agire ubbidendo a degli ordini. Tra i negri che vivono nella piantagione, superstiziosi ed impauriti, circolano infatti voci secondo le quali la responsabilità delle numerose morti sarebbe da attribuire al Grande Alligatore, una specie di divinità capace di incarnarsi di volta in volta in un uomo o in una bestia e di agire con ferocia animale e con astuzia umana. In Africa esistono società segrete i cui membri si dedicano al culto di in animale scelto come proprio totem e cercano di raggiungere la più totale identificazione con lui. Si rivestono con le sue pelli e ne imitano in tutto il comportamento e l’aspetto esteriore, arrivando a trasformarsi o a credere di trasformarsi nell’animale stesso. In quello stesso momento, nella zona più remota delle paludi della Louisiana, il rullare dei tamburi segnala il ritorno del fratello Sammy, l’unico sopravvissuto dell’agguato, nel villaggio di palafitte, dove sono confluiti tutti i negri che si erano rifugiati nella palude dopo la fuga dalle piantagioni. Nella capanna più grande del villaggio, Mambela, il capo tribù, rivestito dalla pelle di un grande alligatore la cui testa sporge come uno sgraziato e deforme copricapo, si intrattiene con Martin Stingo, il soprastante di Julien, un meticcio che conosce le paludi come le sue tasche e il mattoide Pierre de la Rochelle, che indossa invece l’alta uniforme dei generali napoleonici e sempre più insofferente chiede con un’insistenza mal repressa quando entreranno in guerra… non appena le truppe saranno schierate, vorrebbe infatti passarle in rassegna personalmente! Matto come un cavallo, pensa tra se il meticcio scrutandolo con il sigaro che incessantemente gli pende tra le labbra. Un dannato rompiscatole che conta solo in ragione dei suoi denari. Nella categoria degli emeriti furfanti nati dalla fervida mente di Claudio Nizzi, monsieur Stingo occupa un posto tutto suo, è infatti il primo di una serie di personaggi che si segnalano come abili doppiogiochisti, villains che si alterneranno con successo nella serie, dal Lou Caudill de I predatori del grande Nord ( n° 342 / 45 ) al celebre Pedro Cobra Galindez di Lampi sul Messico ( n° 365 / 69 ). Se nelle storie successive Nizzi si affida al classico effetto sorpresa, per esigenze di sceneggiatura il meticcio Martin Stingo è presentato al lettore fin dalle prime pagine come l’organizzatore dell’agguato sul “River Queen”. L’ombra nera insomma che trama alle spalle dei quattro tizzoni d’inferno. Ma non solo. Se l’ingenuo Manbela afferma che la sua causa non è tanto la liberazione della Louisiana dal giogo degli yankees, quanto la riscossa del popolo negro, che risolleverà la testa orgogliosamente davanti all’uomo bianco, al richiamo dei riti e delle antiche credenze del popolo africano, quelle del Grande Alligatore, Stingo, sornione, lo guarda subdolamente, dissimulando ipocritamente i suoi veri sentimenti: "questo lo credi tu idiota!... Blattera pure! Tu e la tua banda di invasati non servirete altro che a impinguare le tasche del sottoscritto". E questa sua doppiezza menzognera lo pone alla stregua dei più grandi characters ambigui e sfuggenti della serie. L’attempato Kabagi, un vecchio di cento anni, sordo e cieco, un venerabile che può sentire la voce del Grande Alligatore e penetrare con i suoi occhi che non vedono la luce del sole, là dove non arriverebbe mai lo sguardo dei comuni mortali, è il custode dei culti e delle memorie del suo popolo. Egli conosce i misteri e i segreti della metamorfosi e della reincarnazione. Egli è colui che parla con l’invisibile ed ha predetto che il fratello Sammy è portatore di cattive notizie. Poco dopo Sammy racconta la sua disavventura e quella dei compagni a bordo del “River Queen”, chiede quindi la clemenza del grande Mambela, che decide di sottoporlo come di consueto al – Giudizio del Grande Alligatore – che saprà scrutare nella sua anima tutti i misteri. Se egli è innocente non avrà niente da temere. Sammy viene bendato e quindi accompagnato davanti a un ponte sospeso nel vuoto. Il Grande Alligatore guiderà i suoi passi e se l’uomo è senza colpe giungerà incolume all’altra estremità del passerella, il suo piede altrimenti si poserà fatalmente su una delle tavole che comunicano con il congegno dell’apertura della botola… aprendogli la via all’inferno. Sudando come una fontana, il malcapitato negro comincia a muovere i primi, tremanti passi lungo la passerella ma il vecchio Kabagi ha previsto che il povero diavolaccio non supererà la metà dell’infernale percorso, la botola si apre infatti sotto i suoi piedi, facendolo precipitare nelle acque torbide della palude, dove già da qualche minuto si erano ammassati decine di famelici alligatori… Il sangue nero che scorre nelle vene di Stingo è un esile rivolo, se Mambela gli dice che le premonizioni di Kabagi non sbagliano, il meticcio non può che rimuginare nella sua mente una frase che rivela quanto egli abbia ormai ereditato dell’insolente incredulità dei bianchi: “Al diavolo! Mi piacerebbe farlo a lui questo giochetto!”. Kabagi è un protagonista carismatico, che riesce ad insinuare qualche dubbio nella mente del lettore. La storia si tinge cioè sempre più di magia nella villa di Julien de la Rochelle, dove il padrone di casa si intrattiene con i suoi ospiti, raccontando uno strano episodio che qualche sera prima l’aveva visto agghiacciato spettatore. Un enorme alligatore si era cioè spinto fino alla sua abitazione, bussando alla porta e rivolgendogli quindi queste parole: - Ciao Julien! Non ti aspettavi di vedermi, eh? Sono proprio io, il tuo amato fratellino! Vittima di allucinazioni o più malato del fratello Pierre ? Come lettori ci dichiariamo confusi e disorientati. La matassa passa in mano a Tex e ai suoi pards, che dovranno anche cercare di scoprire come mai da un po’ di tempo gli alligatori stiano facendo più vittime di quanto non fosse mai successo in passato! Circa un’ora più tardi, mentre i quattro pards stanno cenando in compagnia del padrone di casa, fa la sua apparizione Martin Stingo. Terminata la cena, Tex, con la scusa di prendere una boccata d’aria, esce a fare due passi in compagnia dell’uomo di fiducia di Julien de La Rochelle. - Ci tenevo a fare due chiacchiere in privato con voi, Stingo. - Mm… lo immagino. È facile indovinare ciò che può avervi detto il padrone prima del mio arrivo, e voi sarete rimasto piuttosto perplesso… è così ? - Esatto. - Vi ha forse parlato del Grande Alligatore ? - Precisamente. - Povero padrone. Per Stingo sono tutte sciocchezze, superstizioni nate tra i negri che non meritano nessun credito… a quella gente la fantasia non manca! - E ne era convinto anche il mio padrone, accidenti, fino a quando non incominciò a essere ossessionato da quegli infernali incubi che, Dio non voglia, finiranno per fargli fare la stessa fine del suo sventurato fratello!... - Fulmini!... intendete dire che Julien de la Rochelle sta diventando pazzo ? - Sentite Willer, io devo tutto al signor Julien, perciò resti fra noi… ma secondo me c’è un ramo di pazzia nella famiglia. - Mm… brutta storia, accidenti. Stingo cerca di insinuare nella mente di Tex, che non ha ragione di dubitare delle parole del suo abile interlocutore, il dubbio della pazzia del suo padrone nel tentativo di distoglierlo dalle ricerche. Ma il ranger, pur convinto di arrivare alle sue stesse conclusioni, afferma che non desisterà dal compiere lo stesso qualche indagine. Stingo è troppo furbo per ignorare il grande pericolo che sovrasta l’organizzazione criminale che ha messo faticosamente in piedi. Willer e soci vanno dunque eliminati e quella notte stessa! I quattro pards si coricano nei comodi letti e in breve, inconsapevoli del pericolo che incombe su di loro, si addormentano. Ma è destino che il loro sonno venga presto interrotto. Verso mezzanotte infatti, una canoa si rovescia scaraventando un negro nelle acque della palude. Le grida di aiuto del naufrago, che recita bene la sua parte, svegliano i nostri satanassi, che infilatisi in fretta i pantaloni e afferrati i cinturoni, schizzano fuori dalle camere e cadono poco dopo nell’imboscata tesa loro dagli uomini di Mambela, che armati di lance e frecce li circondano e li assalgono. L’agguato però fallisce e solo un negro sfugge alla furia mortale dei quattro tizzoni d’inferno. - Lo hai riconosciuto Martin ? …è Jorge, uno dei nostri negri. - Proprio così padrone. Uno di quelli che erano andati nelle paludi. - La vita di quest’uomo è preziosa… se sopravvive potrebbe raccontarci cose molto interessanti. Ma le condizioni dell’uomo sono disperate, il dottor Benson gli dà una possibilità su mille di salvarsi e Stingo, tirando un sospiro di sollievo, ringrazia l’inferno. Ma non può rallegrarsi più di tanto, quello che è accaduto infatti ha messo in guardia i quattro pards: è chiaro che nella palude si cela un grosso mistero, le pelli di alligatore che gli assalitori portavano addosso rivelano chiaramente la loro appartenenza a qualche setta che ha il suo covo nel labirinto di giungla e acquitrini che circondano la città di New Orleans. Paludi che andranno perlustrate nelle successive ventiquattrore proprio con l’aiuto del meticcio. Mentre i quattro pards si concedono un meritato riposo, Stingo approfitta delle ultime ore della notte per preparare un ennesima trappola per sbarazzarsi di loro. Un’ora dopo Mambela viene informato della brutta fine fatta dai suoi uomini, il meticcio gli rivela quindi lo scopo della sua visita, primo, organizzare una bella accoglienza ai quattro ficcanaso, secondo, prelevare il “Generale” per trasferirlo a bordo del Nantucket, una nave che offrirà un ottimo nascondiglio agli occhi indiscreti dei quattro infernali tangheri. Qualche ora dopo, sul pontile della nave, il capitano Curtiz accoglie l’illustre ospite. - Voi conoscete il generale Pierre de la Rochelle, capitano ? - Non ho ancora avuto questo onore, però ho sentito parlare di lui in termini estremamente elogiativi. - Lo credo bene. Il generale de la Rochelle è forse l’unico genio militare che il mondo abbia avuto dopo la scomparsa di Napoleone Bonaparte. - Troppo buono Stingo… - Il generale sarà dunque nostro ospite ? - Si, capitano, resterà sulla nave fino a quando le trattative con l’armatore non saranno concluse. E naturalmente dovrete assegnargli la cabina migliore… - Naturalmente… Nostromo! - Agli ordini signore. - Accompagna il generale de la Rochelle nella cabina degli ospiti di riguardo. - Quale cabina capitano ? - Ficcalo nel primo buco che trovi, idiota! Stingo mette il complice al corrente degli ultimi avvenimenti e esprime tutti i suoi timori. L’intera faccenda comincia a scricchiolare, Mambela e la sua congrega di mattoidi color catrame hanno i giorni contati, è arrivato il momento di stringere i tempi e eliminare Julien de la Rochelle, facendo ricadere la colpa proprio sui negri… Rimessosi alla pagaia, Stingo accorcia il suo itinerario attraversando uno dei mille canali che percorrono la palude, giungendo così alla piantagione nel momento in cui le prime luci dell’alba cominciano a rischiarare la bianca facciata della villa del suo padrone. Circa un’ora dopo cinque uomini a bordo di una canoa, salpano dal piccolo molo. Stingo si orienta facilmente lungo i canali, il più piccolo dettaglio delle rive gli basta infatti per fargli capire dove si trova e trascina i suoi ignari passeggeri sul luogo dell’agguato, pronto a buttarsi in acqua non appena i figli del Grande Alligatore entreranno in azione. Ma il provvidenziale morso di un serpente fa fallire la sorpresa, occhi aperti gente, Mambela lancia il segnale di attacco e un nugolo di lance e frecce piovono sull’imbarcazione, subito seguite dall’inconfondibile musica dei winchester dei quattro satanassi, fiato ai clarinetti, gente! Stingo, come da copione, fingendosi colpito, si lascia cadere oltre il bordo della piroga e sparisce nelle torbide acque… Per quanto superiori di numero, gli uomini-alligatore nulla possono con i loro archi contro il micidiale volume di fuoco scatenato da quattro tiratori del calibro di Tex e i suoi amici, perciò vedendo aprirsi spaventosi vuoti nelle loro file, Mambela fa riunire i superstiti su una piroga e decide di battere in ritirata. - Se la squagliano!... - Puro buon senso, vecchio mio. - Li inseguiamo ? - Puoi giurarci! Ma la fuga nasconde una nuova trappola che non vuole lasciare loro il minimo scampo! Mambela vuole infatti attirarli nel ponte sullo stagno gorgogliante di alligatori. Mentre Tex e i suoi pards li inseguono a testa bassa in mezzo alla foresta, l’uomo raggiunto il ponte, lo percorre, seguito e imitato dai suoi, facendo bene attenzione a posare i piedi solo su certe tavole e non sulle altre, per ogni tre assi fisse infatti Mambela non ignora che ce n’è una mobile, che aziona l’infernale congegno di apertura della botola… - Gran putifarre!... quello stagno è pieno zeppo di alligatori! - Brutta vista accidenti! - Per Manito! Mai visto tante bestiacce in una volta sola! Risoluti e ignari del pericolo che li attende, i quattro tizzoni d’inferno iniziano a percorrere il ponte, mentre le orride bestiacce si precipitano sotto il ponte, azzuffandosi tra loro come se fossero in attesa del pasto. Improvvisamente la botola si apre sotto i piedi di Tex… che riesce però ad aggrapparsi per un soffio a una delle assi, restando per un attimo sospeso nel vuoto. Era questa la trappola… il ponte! L’audacia paga e Mambela deve arrendersi ancora una volta all’evidenza: quel cane maledetto ha sette vite!... Capito il trucco delle assi fisse e mobili, Tex e gli altri restano inchiodati sul ponte indecisi sul da farsi, una posizione che li mette in condizioni di inferiorità lasciandoli facile preda delle lance e delle frecce dei negri di Mambela. Inizia così un emozionantissimo e avvincente tiro al bersaglio. Carson, sbilanciato da un repentino movimento del corpo, cambia bruscamente posizione e poggia il suo piede su una asse sbagliata. Il trabocchetto lo sappiamo, non perdona. Rapido come un fulmine Kit Willer afferra il vecchio cammello saldamente per un braccio prima che egli cada nell’acqua brulicante di alligatori. Gli uomini-alligatore, paralizzati un momento dalla scena intensa che vede ancora una volta uno dei loro avversari sottrarsi ad un tragico destino, riprendono con maggiore veemenza a scagliare contro i loro antagonisti i loro rudimentali strumenti di offesa, finché ridotti a meno di mezza dozzina, frustrati e terrorizzati per l’orribile fine che hanno visto fare ai loro compagni caduti nello stagno, i superstiti si danno alla fuga e in breve scompaiono nella foresta. La partita è persa. Nel volgere di pochi minuti Tex e i suoi pards, ormai indisturbati, attraversano il lungo ponte. Poco dopo, anche Mambela, il loro ultimo avversario, che dall’alto di una capanna dove si era rifugiato, per niente scoraggiato dall’evolversi della situazione, li minacciava con l’arco, cade colpito ineluttabilmente da una fucilata di Tiger. Spostandosi con la massima cautela da una baracca all’altra, i pards perlustrano l’intero villaggio che risulta ormai completamente deserto. Sulla spiaggia circostante, il solo Kabagi, il vecchio negro cieco e centenario, assiste alla distruzione del villaggio, i quattro tizzoni d’inferno quando serve sanno essere degli ottimi incendiari… La loro ferrea legge, dura e implacabile, quella del più forte, ha dato ancora una volta i suoi frutti malgrado la disparità delle forze in campo. Nel giro di pochi minuti, trovando facile esca nelle pareti di canne e nei tetti di paglia il fuoco si propaga all’intero villaggio. Muoviti Kit!... vuoi finire arrosto ? Mentre alle loro spalle il villaggio arde come un immenso falò, i quattro satanassi stanno per raggiungere la loro piroga quando finalmente si accorgono della presenza di Kabagi. La scoperta del vecchio comporta un’improvvisa sterzata nel loro tragitto, i quattro satanassi si dirigono risolutamente verso il vecchio, il quale rimane immobile a fissarli con i suoi occhi senza vita… il nonnetto sarà cieco ma non muto… ma quando ormai sono a pochi passi da lui, Kabagi si mette a sedere e ciò che accade sotto gli sguardi increduli dei suoi avversari, ha dell’incredibile. La storia assume contorni magici e concretizza le vecchie superstizioni. Il lettore assiste cioè alla lenta trasformazione del centenario in un alligatore. Prima che Carson faccia in tempo a metter mano al suo sputafuoco, la mostruosa creatura guizza veloce verso lo stagno e vi si immerge. Le sorprese non sono finite. Tutti gli altri alligatori dello stagno convergono rapidamente verso Kabagi come se rispondessero ad un sommesso appello. Per qualche minuto i pards hanno quasi l’impressione che il vecchio demonio stia “parlando” con gli altri lucertoloni. Sembra di vivere in un maledetto incubo, mormora Carson. Ma il vero incubo deve ancora arrivare. Un istante dopo, infatti, come obbedendo a degli ordini, gli alligatori cominciano a risalire sulla riva e a puntare contro i nostri eroi, costringendoli ad una precipitosa ritirata verso la piroga, ostacolati nella loro corsa verso la salvezza dai numerosi tizzoni ardenti del villaggio in fiamme che rischiano costantemente di crollar loro addosso. I lucertoloni si avvicinano sempre di più, accorciando le distanze che li separano dall’imbarcazione, che nel frattempo Tex e gli altri hanno faticosamente raggiunto. Inizia quindi un drammatico inseguimento, gli alligatori nell’acqua sono molto più veloci e a nulla valgono gli sforzi di distanziarli, forza con quelle pagaie, dateci dentro! Gli alligatori non abbandonano il loro inseguimento e ai primi se ne aggiungono continuamente altri come se da ogni angolo della palude stessero accorrendo a un improvviso appello… il canale ora ne è pieno e la fuga assume dei contorni sempre più disperati. Tutto davvero altamente emotivo per il lettore. Quando ormai i quattro tizzoni d’inferno sono senza più speranze, l’arrivo provvidenziale del vecchio Nat li toglie dai guai. Lo sceriffo, avvertito da Julien Rochelle, aveva deciso infatti di raggiungerli nella loro escursione nella palude.. Se i confetti dei loro fucili poco potevano contro gli infernali lucertoloni, non appena le due imbarcazioni si incrociano, i pards notano con enorme sollievo la presenza di un pacchetto di dinamite, che passa subito dalle mani dello sceriffo a quelle di Carson… solito sistema satanasso ?... Naturalmente, tu lanci e io sparo! La medicina si rivela essere quella giusta, un’ispirazione del cielo quella di Nat, la palude è ripulita dagli alligatori nel giro di pochi minuti… nell’uso della dinamite, è risaputo, i nostri tizzoni d’inferno sono impareggiabili! Un paio d’ore dopo, guidate da Nat, le due imbarcazioni giungono alla villa di Julien de la Rochelle, il quale è sul molo ad aspettarli… con una notizia destinata a capovolgere la situazione decisamente in favore dei nostri eroi. Jorge, il negro che la sera prima si era salvato, è morto nel pomeriggio, ma prima di spirare ha mormorato qualcosa… Stingo… villaggio palafitte… Nantucket... Il Nantucket è il tre alberi della flotta di Julien de la Rochelle dove si trova il fratello Pierre. La mattina dopo ritroviamo dunque Tex e i suoi pards che avanzano lungo una stradina del porto in compagnia dello sceriffo… Nat infatti rivolgerà qualche domanda sulla nave negli uffici portuali della compagnia, mentre i nostri tizzoni d’inferno, per non destare sospetti, andranno a inumidirsi il becco in uno dei tanti covi di tagliagole del posto: il The Crab. Nel locale, ma da una porta interna, entra pure la bella Loana. La giovane e bella negra, vedendo i quattro satanassi non riesce a nascondere un moto di sorpresa, che non sfugge all’attenzione del ranger. Peste!... è quella del “River Queen”!... è la ragazza che ha fatto da esca per l’agguato tesoci sul battello da quei quattro tangheri neri. La bella Loana, non meno turbata dall’inaspettato incontro, pensa subito di avvertire Stingo che i nemici del Grande Alligatore si sono salvati dalle grinfie di Mambela. Si avvia dunque rapida verso l’uscita della taverna, mossa che non è sfuggita a Tex, che dopo aver sussurrato qualcosa a Carson, segue la donna a distanza. Loana si infila dentro un magazzino che sembra abbandonato, bussa quindi a una porta e entra in una stanzetta, dove il capitano Curtiz ( quello del Nantucket ) e il redivivo Stingo stanno confabulando animatamente… Il ranger, nelle insolite vesti di origliatore, si attacca ad una parete per ascoltare i loro discorsi… Incredibile! Stingo vivo! Rimettendosi dalla grande sorpresa, Tex ascolta i piani criminosi del meticcio, finalmente inquadrato nel suo ruolo di giuda. E Stingo ha intenzioni sanguinarie, vuole infatti eliminare il suo “amato” padrone: - Tu, Loana tornatene di corsa nella bettola di Bosse e presta orecchio ai discorsi che faranno i rangers e i loro amici… - E se non ci sono più? - Dovrai scovarli e stargli alle costole fino a quando non avrai scoperto quali intenzioni hanno! E se capiremo che per loro la faccenda è chiusa e non hanno più intenzione di tornare alla villa del padrone, agiremo questa sera stessa! Ma la grande eredità di Julien de la Rochelle sulla quale Stingo conta di mettere le mani, è destinata per il meticcio a rimanere poco più di un miraggio. Quella sera, alla villa è pronto un comitato di accoglienza di tutto rispetto e il pugnale dall’impugnatura a forma di alligatore penetra tra le soffici piume di un mucchietto di cuscini, mentre Tex e il padrone di casa osservano la scena riparati da un mobile. Con lo sguardo di un animale preso in trappola, Stingo tenta un estremo gesto di difesa lanciando contro il ranger il coltello, quindi vedendosi perduto, tenta una disperata fuga lanciandosi dalla finestra della stanza, ma la caduta dal primo piano gli è fatale. - Ora mi credete, signor Julien ? - Mio Dio!... ma perché ?… L’ho sempre trattato come un fratello! - Perché?... Dinero, senor, la solita sporca musica! Nel frattempo, Carson e lo sceriffo hanno fatto prigioniero il capitano Curtiz e alcuni dei suoi marinai venuti a dar manforte al meticcio nel suo delittuoso progetto. Qualche ora dopo, a bordo del Nantucket, Julien de la Rochelle può riabbracciare finalmente il fratello: - Pierre!... - ! Ah Julien… che bella sorpresa! - Fratello mio! - Che ti prende Julien ? Noi militari non amiamo le smancerie… - Come stai Pierre? - Io ?... benissimo! Perché ? Sei venuto anche tu ad arruolarti ? vedi stavo giusto ultimando i miei piani di battaglia… Vinceremo, fratello mio! Oh si… vinceremo! Il povero Pierre passerà il resto dei suoi giorni a scrivere memoriali e piani di battaglia, rinchiuso in un manicomio… e chissà che, in fondo, non sia più contento di noi! La battuta è quella di un vecchio filosofo… di nome Kit Carson, che non vede l’ora di tornarsene a casa, troppo umida la Louisiana per le sue vecchie ossa. - A proposito di liquidi, possibile che qui a bordo non ci sia una bottiglia di scaldabudella ?... - Tu non hai che da chiedere, satanasso! Eccola qua la bottiglia che cerchi!... E poiché l’ho trovata nella cabina del nostro amico capitano, puoi stare sicuro che sarà di ottima qualità! - Cosa ? Vorresti farmi credere che non l’hai ancora assaggiata ? - E tu vorresti farmi passare per un vecchio ubriacone davanti a Nat ? - Buoni! Buoni!... non cominciate a litigare per colpa mia adesso!
  16. Soggetto e sceneggiatura : Claudio Nizzi Disegni: Fernando Fusco Periodicità mensile: Aprile 1988 è Luglio 1988 Inizia nel numero 330 a pag. 89 e finisce nel numero 333 a pag. 70 Nat Mac Kennet convoca Tex a New Orleans: il folle Pierre de la Rochelle, un maniaco indipendentista, è evaso dal manicomio. E nelle paludi, gli alligatori hanno iniziato a divorare più gente del solito! Nelle paludi di New Orleans, il bieco Martin Stingo, complice del losco capitano Curtiz del Nantucket, manovra il folle Pierre de la Rochelle e i ribelli neri di Manbela adoratori del Grande Alligatore, che sognano una terra dove poter essere liberi. Il piano di Stingo, soprastante dell'armatore e proprietario terriero Julien de la Rochelle, fratello di Pierre, è quello di freddare il suo padrone attribuendo la colpa ai neri, per soffiargli i possedimenti! Tutto filerebbe liscio, se lo sceriffo Nat Mac Kennet non avesse chiesto aiuto ai pards! Per scovare Pierre de la Rochelle, Tex, Carson, Kit e Tiger Jack esplorano le paludi della Louisiana. Sfoltite a fucilate le schiere dei guerrieri neri, i pards entrano in un villaggio su palafitte, tana dei rivoltosi. I rangers danno fuoco alle capanne e tornano indietro, sterminando con la dinamite centinaia di alligatori guidati da Kabagi, uno stregone capace di incredibili sortilegi. Ma Pierre non era nel villaggio, essendo segregato sul veliero Nantucket, nelle grinfie di Stingo e Curtiz! Sconfitti i ribelli negri di Manbela, i pards scoprono che Manuel Stingo, infido soprastante di Julien de la Rochelle, ha confinato il pazzo Pierre sul veliero Nantucket, in attesa di attuare il suo diabolico piano: l'eliminazione di Julien e l'accaparramento delle sue proprietà, grazie a una truffa notarile. Con un colpo di mano i rangers eliminano il bieco Stingo e abbordano il natante dov?? nascosto il povero mentecatto. © Sergio Bonelli Editore
  17. ymalpas

    [387/392] Il Segreto Del Morisco

    Alcuni messaggi dal vecchio forum... Rimatt Che volete, questa storia sarà pure prolissa, tirata per le lunghe, troppo lunga per quel che ha da raccontare... però a me è sempre piaciuta! Il modo di scrivere di Nolitta, lento e molto "classico", mi cattura sempre e non mi fa mai passare la voglia di proseguire a leggere. Questa non sarà una delle sue prove migliori, ma la trovo comunque dignitosissima. Letteri è in fase calante, ma si difende ancora bene. Anche la sua prova successiva, Uomini crudeli, è tutto sommato ben disegnata, l'ultimo Letteri di buon livello è quello di Orrore. Poi il calo inizia a farsi avvertire molto. In complesso, storia da 6,5 o 7. Anthony Steffen Ricordo ancora molto bene quella storia anche se e' da molto tempo che non la leggo. Se non sbaglio e' la storia piu' lunga mai apparsa su Tex. Quasi tutta la prima meta' del '93!!! Non male, anche se alla fine la sua lunghezza eccessiva si e' fatta sentire. I Bonelli sono degli appassionati sui misteri degli antichi Aztechi e hanno scritto molte storie che riguardano questa civilta'. Troppe! Simpatica l'idea di far incontrare per la prima volta El Morisco e Montales. Per quanto riguarda i disegni si nota la stanchezza di Letteri che prima di disegnare questo polpettone proveniva da un altra grande fatica:le 348 pagine di "Oklahoma" primo Maxi Tex del 1991. Quindi del tutto giustificato e comunque il suo tratto stava gia' regredendo. Il mio voto per quanto riguarda la trama e' 7 (volendo premiare se non altro lo sforzo di Nollitta alias Sergio Bonelli) Disegni:considerando i grandi impegni di quel periodo di Letteri mi sento di dargli un 6 e mezzo.
  18. ymalpas

    [387/392] Il Segreto Del Morisco

    La storia, nata agli inizi degli anni novanta dalla penna di Sergio Bonelli, si snoda lungo cinque albi e ben 585 tavole, un record, tutte disegnate da un Guglielmo Letteri ormai in fase calante ( si vedano in particolar modo le tavole, stanche, che raffigurano l'episodio del sacrificio nel tempio sotterraneo ). Un'avventura messicana, che ci ripropone dunque il classico cocktail di mistero incentrato questa volta su uno dei tanti antichi culti superstiziosi aztechi che riaffiora con il suo carico di sangue e crudeltà, quello dello specchio fumante e degli uomini giaguaro di Tezcalipoca, ma soprattutto il - giallo - che si snoda intorno al contenuto del "codice Muller", i cui due frammenti si trovano divisi in due parti ( rendendone di fatto inintelligibile il pericolo messaggio finale ). A dominare la storia è anche la disperata ricerca di Kit, una corsa contro il tempo, che Tex conduce in questa remota contrada dello stato di Chihuahua, che lo porter? infine in compagnia di Montales e del Morisco, qui riuniti insieme, nello sperduto centro minerario di Valle de Rosario, dove coperti da una fitta coltre di omert?, regnano i due fratelli Herrera, Antonio e Victor, i due colpevoli, le cui ambizioni ricalcano, in negativo, rispettivamente quella politica ( di Antonio che è amico di Montales ) e la passione per gli studi degli antichi culti ancestrali e per l'archeologia ( che è propria invece di Victor e che lo avvicina al "brujo" di Pilares ). Gli Herrera, servendosi degli umili e poveri campesinos che nel nome di Tezcalipoca li venerano e li proteggono, tramano contro le autorit?, che rappresentano ai loro occhi l'immagine distorta del vecchio regime autoritario e conservatore, al quale mirano idealmente di sostituirsi, macchiando così con una lunga scia di sangue e di delitti il loro cammino verso il potere, al cui vertice si trova proprio il loro amico Montales. Montales che agisce per la prima volta in questa storia in qualità di governatore, ritorna per un giorno il vecchio uomo d'azione che abbiamo conosciuto agli esordi. In particolar modo è doveroso segnalare il personalissimo show, a tratti buffonesco, che conduce nella vecchia missione di San Diego ai danni di padre Xavier, che cerca inutilmente di dissuaderlo dal penetrare all'interno della cripta ( per ricercare il frammento del codice mancante ). Proprio la cripta, che cela misteri inenarrabili, permette a Nolitta una gratuita divagazione su una passata invasione pacifica degli alieni, a parer mio decisamente fuori luogo. Una piccola nota per El Morisco. Oltre alle sue profonde conoscenze ci viene mostrata in questa storia un'altra sua dote, l'ipnotismo, di cui si serve nel tentativo di evadere dalle carceri di Casas Grandes. Un Morisco in grande spolvero e siamo certi che la tana di Victor Herrera, ovvero la sua enorme e ricchissima biblioteca, servir? alla fine a ricostituire degnamente la sua, andata tristemente in fumo assieme alla casa all'inizio della storia. Il fido Eusebio, con un passato da ladro e scassinatore di porte, come veniamo a sapere in queste pagine, è lasciato a Pilares proprio per ricostruire la caratteristica abitazione del suo padrone, sarà sostituito dal comprimario Matewa, molto più abile di lui con uno sputafuoco in mano e ingiustamente sacrificato da Nolitta alla fine della storia. Una storia che ha entusiasmato pochi lettori, forse troppo lunga, ma che merita sicuramente una rilettura.
  19. Soggetto e sceneggiatura: Guido Nolitta Disegni: Guglielmo Letteri Periodicità mensile: Gennaio 1993 - Giugno 1993 Inizia nel numero 387 a pag. 79 e finisce nel numero 392 Di notte, fra le rovine della casa di El Morisco, distrutta da fantomatici esseri, Tex incontra Eusebio, l'aiutante dello studioso. El Morisco, rifugiato in un grotta, racconta al Ranger dell'assalto degli Uomini Giaguaro, guidati da un fanatico mascherato da Tezcalipoca, una sinistra divinità azteca! Il folle aveva sottratto al brujo un prezioso codice precolombiano e rapito Kit Willer. Visto che una parte del manoscritto è conservata nella missione di San Diego, Tex e il Morisco partono per anticipare le mosse degli assassini, scoprendo che hanno trucidato sul loro cammino un avamposto militare. © Sergio Bonelli Editore
  20. ymalpas

    [365/369] L' Uomo Con La Frusta

    Alcuni messaggi dal vecchio forum Mister P Sono il solo a vedere in nuce uno dei difetti principali dell'odierno Nizzi, quello di scrivere una prima parte buona o in questo caso superlativa ed una seconda un po' più moscia è Ah, alzi la mano chi non rimase semiscioccato vedendo Tex spalle al muro e petto alle canne dei fucili! I soliti prevenuti vedono l'intervento di Montales per salvare Tex come un indizio del calo di Nizzi, dimenticando che davanti ad un plotone d'esecuzione Tex non può certo sfoderare le colt e che l'aiuto in extremis di Montales non può certo essere paragonato a quello degli indiani comparsi improvvisamente ne IL SEGNO DEL POTERE, tanto per fare un esempio. Tra Fusco e Civitelli, prediligo leggermente il secondo, ma anche il vecchio Ferdinando ci lascia una prestazione egregia. Anthony Steffen Per quanto riguarda questa lunga avventura in messico di Tex anch'io la lessi in diretta aspettando mese dopo mese. Nel 1991, l'anno di pubblicazione degli albi in questione, erano gia' 2 anni che leggevo Tex. Avevo 15 anni e a quell'eta' adolescenziale non puoi riuscire ad apprezzare una storia che, leggendola adesso con un occhio piu' critico e con alle spalle 17 anni di "carriera" a leggere Tex, la si puo' considerare un capolavoro. Una lunga avventura che non stanca chi la legge ma al contrario man mano che si va avanti con gli albi appassiona(Ahime' queste cose oggi non succedono)sempre di piu'. Una storia con molti personaggi, caratterizzati cosi' bene da far venire l'invidia persino a Boselli...! Come ha gia' detto Ymalpas l'effetto della condanna a morte per Tex fu un colpo per i tre pards e per Montales, e mi divertirono molto le gags di Carson. Moltissima carne a fuoco per una sceneggiatura senza difetti e con un soggetto non originalissimo. Ma la bravura di Nizzi fu l'inserimento di elementi, situazioni, scene mai viste nella serie. Leggere quella storia adesso susciterebbe un senso di malinconia per un autore che ultimamente non ci ha regalato piu' albi di questa qualita'. Un capolavoro, che metto nelle 5 piu' belle storie di Nizzi. Per quanto riguarda i disegni sono d'accordo che sia il miglior Fusco mai apparso su Tex. Tra i due a me piace di piu' lo stile di Civitelli ma devo dire che in questa storia preferisco Fusco, che lo considero piu' azzeccato nella descrizione dei personaggi.
  21. Soggetto e sceneggiatura: Claudio Nizzi Disegni: Fernando Fusco ( prima parte, fino al numero 367, pag. 36 ) Fabio Civitelli ( seconda parte, dal numero 367, pag. 37 ) Periodicità mensile: Marzo 1991 - Luglio 1991 Inizia nel numero 365 e finisce nel numero 369 a pag. 68 Brooke e Cantrell, due loschi speculatori di Tucson, per disfarsi di Tex si alleano con il governatore dello stato di Chihuahua Zamora e con il suo sgherro, il tristo colonnello Olivera, promettendo loro armi per conquistare la Sonora. Con un falso messaggio di Montales, Willer viene attirato in trappola, accusato di spionaggio e omicidio, e sbattuto in galera! L'obiettivo finale dei cospiratori (fra cui il vendicativo generale Velasco, mente di un vecchio complotto fallito) è quello di spingere Montales a far evadere l'amico per poi poterlo eliminare con tutti i crismi della Legge! © Sergio Bonelli Editore --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Quando verosimilmente negli anni '89-'90 decise di scrivere il soggetto e la sceneggiatura di questa lunga e coinvolgente avventura ( ben 503 tavole ) Nizzi era ancora un autore che pensava in grande. Data la sua lunghezza, questa storia è stata a suo tempo sottoposta ad un interessante esperimento, con un solo precedente nella saga di Tex, quello dato da San Francisco / Il Tiranno dell'isola ( # 154/158 ): è stata cioè divisa in due parti ( con la seconda che è ovviamente il seguito della prima ), affidate a due diversi disegnatori che si divisero il lavoro così come di seguito: 251 tavole di Ferdinando Fusco [ L'uomo con la frusta ] 252 tavole di Fabio Civitelli [ Lampi sul Messico ] Il soggetto della prima parte si rif? esplicitamente ad uno dei grandi classici bonelliani, ovvero In nome della legge ( # 141 / 45 ), per quanto riguarda le tre fasi principali: trappola, prigione e fuga ( mentre il tema del castigo riguarderà invece tutta la seconda parte ). Ma soprattutto si arricchisce di nuove e originali venature. L'idea più curiosa è sicuramente quella che vede Tex al paredon mai così vicino alla morte e salvato all'ultimo istante dalla grazia concessa dal Presidente. L'altro grande punto di interesse risiede invece nella seducente creazione di un villain come Pedro Cobra Galindez, un desperado che vive con i suoi uomini sui monti che sovrastano la città di Chihuahua, che si rivelerà un abilissimo doppiogiochista, un ottimo emulo insomma dell'illustre Phil Turner, il protagonista di Giungla crudele ( # 250 / 253 ). Il Ranger non è il solo obiettivo della cospirazione. Anche l'amico Montales, che con i tre pards si affanna per ottenerne la liberazione, è nel mirino dei congiurati. Grande amico del Presidente e soprattutto grande cerimoniere dell'integrità territoriale messicana [ si veda a questo proposito la storia Il ritorno di Montales ( # 137 / 139 )], per i suoi avversari è un hombre che va assolutamente eliminato, non fosse altro che per presentargli il conto del fallimento della precedente congiura, si veda a questo proposito la storia I Cospiratori ( # 304 / 307 ) di cui questa è l'ideale seguito. Scampato all'esplosione, ma orrendamente sfigurato, tanto che il suo volto ci appare parzialmente nascosto da una maschera di ferro [ che non manca di farci tornare alla mente un'altra bellissima avventura, quella de Il clan dei cubani ( # 230 / 233) ] Velasco, che di quel complotto era stato il principale artefice, vive e agisce nell'ombra come il miglior Mefisto, ossessionato dal pensiero della vendetta. Montales ce lo descrive come un rudere d'uomo, il fisico irrimediabilmente compromesso, ma non il suo cervello. La morte nuda e fredda non può bastare per i suoi nemici, Velasco non vuole risparmiare all'odiato Montales l'onta dell'infamia e del disonore che lui stesso ha conosciuto a causa sua. Il colonnello Olivera, cervello di prim?ordine è il finissimo autore del macchiavellico piano destinato a far cadere nella rete Tex e Montales, che dice di lui: "un anima nera, un figlio del demonio, ma gli va riconosciuta una notevole abilità nel'organizzare intrighi" e Olivera, segretamente in ascolto, sornione, ringrazia. L'altro personaggio di spicco, non fosse altro che per la sua imponente massa è invece el gobernador di Chihuahua, il grasso Zamora, che vive con grandiosi sogni di gloria e si consola con piaceri più terreni. Nizzi per caratterizzarlo aggiunge un bel po' di pepe alla storia e diciamo che ci riesce bene. Lo vediamo così irridere lo stesso Olivera: - Tu sei più castigato di un monaco, ma io ho altri programmi, caramba! Ah! Ah! E così mentre nella calda notte di Chihuahua il colonnello dorme soddisfatto un placido sonno, il sanguigno Zamora si intrattiene con l'allegra compagnia della bella Rosaura? Tutti i personaggi di questa storia hanno il loro ruolo ben definito e ciascuno gioisce della vita a modo suo. Vengono quindi i cospiratori americani Martin Booke e Brian Cantrell. Sono due uomini d'affari di Tucson, che in quella città hanno ricreato il ring, quello per intenderci di Trafficanti di armi ( # 211 / 213 ). Se Zamora intende impadronirsi della Sonora, ha bisogno di molte armi che i due speculatori sono pronti a concedere in cambio dell'eliminazione di Tex che permetterebbe loro di impadronirsi delle terre della riserva, spalancando prospettive di immensa ricchezza. Con loro finisce la rassegna degli antagonisti che tessono il plot di questa seducente avventura. Vorrei passare proprio all'analisi di alcuni dei fatti salienti di questa storia, evitando magari di ricadere in una monotona e noiosa descrizione della trama. Il primo episodio che mi viene alla mente è quello della cattura di Tex, tra le rovine del villaggio abbandonato di Benenos ( # 365, pag.38 ). Date un'occhiata alla vignetta dei rurales che disarmano il Ranger e ditemi a cosa vi fa pensare? la lettura oggi ha un godibile piacere retrò. Passiamo dunque allo scontro pieno di scintille tra Tex e Zoro nelle prigioni di Chihuahua. Il detenuto Tex infligge qui una dura lezione all'uomo con la frusta, un gigante col cervello di un elefante, che rimedia un vistoso occhio nero che gli vale anche i rimproveri di Olivera. Poverino. Mitica la frase del ranger che restituendo la frusta dice beffardo alle guardie: "senza quell'arnese si sentirebbe peggio che nudo". Veniamo quindi alle scene, veramente emozionanti, che vedono Carson e i pards scoprire della condanna a morte di Tex. Il vecchio cammello diventa l'esilarante protagonista di una serie di gag demenziali, bellissima quella sul tetto del treno che li porta verso Chihuahua, che lo vede inseguito da un Tiger che per una volta rompe il suo abituale silenzio per lasciarsi sfuggire un espressivo "Woah, il vecchio Carson è scatenato" ( # 366, pag. 25 ). Nizzi insiste molto in queste pagine nella descrizione del legame di amicizia che lega Carson, ma anche Montales, a Tex e sono delle scene che nell'immensa saga del nostro amato tizzone d'inferno fanno davvero capitolo a parte. Impressionanti, soprattutto se paragonate alla artefatta amicizia di Montales con Cobra Galindez, desperado e vecchio compagno d'armi del consigliere del Presidente. Proprio tutto questo insieme di elementi permetteranno poi l'effetto è bomba è dato dalla scoperta del suo sporco doppiogioco con Olivera e Zamora. Una sceneggiatura a dir poco strepitosa. E' la volta quindi della fucilazione di Tex. Lo vediamo all'interno della cella che aspetta l'alba e pensoso si interroga su quello che gli sta accadendo. Sentiamo rimbombare nel corridoio i passi delle guardie che vengono a prelevarlo per condurlo al paredon, lo vediamo che rinuncia coraggiosamente alla benda sugli occhi e guarda da vero eroe la morte in faccia. Sorridiamo alle sue battute con padre Elias, il più simpatico religioso mai apparso sulle pagine di un albo di Tex: - Fratello se hai qualche colpa sulla coscienza è questo il momento di chiederne perdono a Dio? - Lasciamo stare padre. - Non vuoi confessare i tuoi peccati ? - Il fatto è che se dovessi elencarli tutti perderemo l'intera giornata e non credo che quei bravi ragazzi ( il plotone di esecuzione ) sarebbero disposti a pazientare tanto? Scena a dir poco memorabile. Non bisogna lasciarsi ingannare dal suo aspetto dimesso, mormora Cobra Galindez, oggi padre Elias indossa il saio e dispensa giaculatorie, ma c'è stato un tempo e nemmeno tanto lontano in cui portava il fucile a tracolla ed era svelto come pochi ad usarlo contro i francesi di Massimiliano combattendo per l'indipendenza del Messico. E occorre dire che non sono elogi spesi male, perchè il frate è un tipetto terribile, che in barba allo stesso Olivera, riesce nell'impresa di far fuggire Tex dalle carceri di Chihuahua, nel modo più inaspettato e curioso. Proprio la scena dell'evasione è un altro dei momenti più belli della storia, che trasporta il lettore dalla cella alla cripta della chiesetta, con tanto di bare scoperchiate ( eccezionale Fusco ), per finire poi nei cunicoli delle fogne di Chihuahua. E da qui, all'aria aperta, sotto la volta del cielo stellato, finalmente libero ! Eh si! Ci ricorda proprio il viaggio Dantesco all'Inferno. Ed ecco la seconda parte della storia, che inizia con il grandioso colpo di scena che illustra il doppiogiochismo di Cobra Galindez. Decisamente meno riuscita rispetto alla precedente, ma densissima di avvenimenti ed emozioni, questa parte, come ricordato precedentemente, è affidata ai disegni di Civitelli. Il passaggio da uno stile all'altro è senza dubbio traumatico ma mi sentirei di spezzare una freccia in favore di Fusco, ai suoi massimi livelli storici, con tavole veramente curate nei minimi dettagli e soprattutto una capacità di donare ai suoi personaggi una fortissima carica espressiva e un'originalità da applausi, che è purtroppo del tutto assente nei freddi e squadrati disegni di Civitelli. Basta rivedere la figura di Zoro, che nella seconda parte perde tantissimo del suo fascino. Quello che invece non manca alla bella Conchita, un personaggio secondario che, come Elias, riesce ad incidere pesantemente nei destini della storia. In effetti scopriamo qui uno dei tanti meriti di questa sceneggiatura. Pensiamo ad esempio al personaggio di Potrero, lo spione di Olivera, che ci rimane impresso nella mente a lungo ( morir? poi in una storia successiva, e la sua morte è stata una delle cose più sgradite che io ricordi ). Tre sporche canaglie che ritornano? Oltre Potrero, altri personaggi sono stati ripresi in storie successive, per passare? con un bisticcio di parole, tristemente alla storia. Iniziamo da Pedro ?Cobra? Galindez, uno dei protagonisti dell'avvincente Guerriero Apache ( # 378 / 381 ). Riesce ad evadere dal carcere di Escalante per andare a morire in una catacomba, colpito da un infarto. Anche il duo Zamora / Olivera ricompare in un'altra bella storia: Scorta armata ( # 447 / 448 ), il cui rocambolesco finale si chiuderà con l'assassinio dello stesso Olivera da parte del suo compagno di cella Zamora! che non potrà a questo punto, come ci ricorda lo stesso Tex, scampare alla forca e alla morte. C'è un po' di rammarico nel lettore nello scoprire che tutti i principali personaggi di questa storia alla fine muoiono. Ma forse è un merito, quello di non credere agli ennesimi ritorni, visto soprattutto quello che è successo con l'ultimo Mefisto.
  22. ymalpas

    [289/292] I Dominatori Della Valle

    I messaggi del vecchio forum... Mister P Storia che a volte ho riletto con piacere perchè ottimo racconto western, ma non ?, come il grosso delle storie di Nolitta, un episodio di Tex. In altre storie il buon Sergione riusciva a inserire vicende anche poco consuete in un'atmosfera texiana, pur non precludendosi l'originalità, qui abbiamo un Tex talmente sbruffone che sfiora l'antipatia, spesso al Ranger di Nolitta manca l'ironia (difetto che spesso s'imputa al solo Boselli). Il Tex di GLB, nel peggiore dei casi era "antipatico" (non so se m'avete capito...). Ci sono alcune proto-nizzate (come Tex che volta le spalle allo sceriffo carogna), anche se in Nolitta servono per focalizzare certi personaggi e mettere un po' di pepe in più alla trama, anche se si può trattare di cose non necessarie ai fini del racconto (come il riscatto del telegrafista). Curiosa e ancora poco texiana la scena del biliardo. Apprezzabile lavoro di Fusco, che all'epoca aveva modificato il proprio stile, ormai lontano da quello di CACCIA ALL'UOMO o de LA MASCHERA DI FERRO. Voti in sesti: SOGG: 5 SCENE: 5,5 DIS: 4,5 TEXIANITA': 2 Anthony Steffen Una buonissima storia con un Tex orfano dei suoi pards che sprizza energia da tutti i pori. Memorabile la scena dove Tex rovina la festa al Cheyenne Club con il suo carro funebre. Negli anni '80 Nolitta era molto prolifico a scrivere storie per Tex, soprattutto per necessita'. Infatti G. L. Bonelli gia' in la' con gli anni e prossimo al crepuscolo non poteva piu' sostenere il ritmo di qualche anno fa. Ed ecco Nolitta venire in aiuto del padre scrivendo delle buone storie come questa. I Dominatori della Valle fu' l'ultima scritta da Nolitta negli anni '80. Rimatt Questa storia mi è sempre piaciuta molto, tant'? che fra le "nolittiane" la considero una delle mie preferite. Tex è indubbiamente sbruffone e piuttosto arrogante, ma è anche in gambissima. E personalmente non l'ho mai trovato antipatico (mentre a tratti, in Caccia all'uomo, lo ?). Insomma, un ottimo Nolitta per una sceneggiatura veramente brillante. Fusco è sempre vigoroso ed energico, ma qui era nella fase che meno mi piace (quella con un Tex testone e taurino decisamente sgraziato): comunque, in senso assoluto i suoi disegni non mi dispiacciono affatto. Tex76 Ri-letta recentemente! La metto idealmente nel podio nolittiano, insieme a "il giudice Maddox" e "El Muerto". A chi pensa che il Tex di Nolitta sia troppo "umano" e troppo poco "Bonelliano" rispondo di rileggersi la scena in cui Tex fa fuori da solo quattro pistoleri che volevano incediare il fienile dove dormiva o la scena dove "riconsegna" i cadaveri di questi nella villa del colonello Watson. Un Tex che agisce da solo, duro, energico, senza paura, che non si ferma dinanzi a nessun ostacolo, di cui quello attualmente in edicola ?, purtroppo, solo una pallida controfigura!
  23. ymalpas

    [289/292] I Dominatori Della Valle

    A Longmont, un piccolo centro del Colorado non si fa economia di cravatte di canapa. I vigilantes, l’ultima trovata dei “cattle barons” del Cheyenne Club, l’associazione degli allevatori del Wyoming, in un solo giorno hanno catturato e giustiziato due uomini. Ogni volta che è saltato fuori il loro nome, considera assorto Tex, non sono finiti nei guai soltanto i furfanti, ma anche un mucchio di brava gente. C’è da credergli. Qualche ora dopo sulla pista che a nord conduce nel Wyoming, nella main street di Greeley, un altro inquietante ricordo del loro passaggio in un drappo che minaccioso avverte i viandanti: “Ladri di bestiame, truffatori, furfanti di ogni risma, tenetevi alla larga da questa città…" Una presenza oscura quella dei vigilantes che incombe grave sul ranger, nonostante il rassicurante sorriso di Frankie Harriman, ex sergente dell’esercito, minatore della Utah Mining Co e operaio della Pacific Railway, che dietro il bancone del saloon riconosce il nostro tizzone d’inferno e gli offre un paio di birre. Non si fa economia di piombo, i becchini non hanno lavorato mai come in questi ultimi sei mesi, dice il simpatico barman. I ricconi del Cheyenne Club fanno davvero sul serio, rincara mestamente Tex. Seduto ad un tavolo vicino, Barry Sheen osserva pensieroso la scena. Il nome e la fama del ranger lo hanno perseguitato per anni e anni. Uno dopo l’altro ha affrontato i più noti tiratori del sud-ovest ma ogni volta, dovunque fosse, si è sentito anteporre il nome di un personaggio che ha finito per diventare il suo fantasma. Finalmente il destino gli ha fatto incontrare Tex Willer! Alle dipendenze del Cheyenne Club, con una lauta paga di mille dollari alla settimana, Barry Sheen ha una sola idea in testa, quella di aggiungere ai suoi trofei la preda più ambita di tutto il sud-ovest, che potrebbe valergli un facile e sostanzioso aumento da parte del colonnello Watson. - E allora che ne pensi Willer ? Non sei curioso anche tu di sapere se sei davvero il più svelto di tutti? - Al diavolo! Sai cosa ti dico Sheen ? Questo tipo di curiosità è già costata la pelle a un mucchio di idioti del tuo stampo… Niente più di un inutile duello per irritare i nervi del ranger, sicuro e sprezzante dell’ avversario. Il povero Sheen non ha però i minuti contati, non è destinato cioè a raggiungere i suoi defunti colleghi. Per lui il Tex di Nolitta ha in serbo un’umiliazione ancora più sottile, quasi presuntuosa, con le due pallottole che forano irrimediabilmente entrambe le mani del pistolero e dimostrano ancora una volta l’infallibilità del ranger del Texas. - Le tue zampacce guariranno sicuramente, prima o poi, ma dubito che possano ancora servirti a usare decentemente una pistola… Barry Sheen dovrà cambiare mestiere e dal buon Harriman, come lavapiatti, forse riuscirà a raccattare una dozzina di dollari alla settimana. Inforcato il suo cavallo Tex punta deciso verso il Wyoming. Quando mancano poche ore al tramonto e prima ancora di essere giunto nella città di Cheyenne, dove lo porta la sua missione che è quella di mettere le mani sul furfante Lester Mills, il rumore di alcuni spari richiamano l’attenzione del ranger. Risalito un lungo pendio e superata una piccola valle, dall’alto di una collina Tex osserva un gruppo di quattro vigilantes che assediano un piccolo ranch. C’è da divertirsi per tutti, quassù! grida uno di loro. La solita vecchia storia, nella mandria dei Powell, come tempo prima in quella di Virgin Haler, di Elmer Morris e di tanti altri, sono stati ritrovati una dozzina di capi di bestiame rubati al colonnello Watson… I Powell stanno per avere quello che si meritano, il rumore delle ruote di un carro annuncia infatti l’arrivo di Latimer, largo all’artiglieria, questi pazzi assassini vogliono addirittura usare un howitzer! Matt, uno dei vigilantes, stordisce Tex colpendolo a tradimento col calcio della pistola mentre Latimer, il miglior sergente puntatore del III° reggimento dell’artiglieria nordista durante la battaglia di Bull Run, si appresta ad essere promosso capitano sul campo… Più tardi, lo sceriffo Patrick Tobin e Tex possono solo contemplare le macerie della casa dei Powell, tutti finiti appesi ai rami di un albero vicino. Quegli sudici assassini hanno portato a termine il loro sporco lavoro… tra le esili figure che la luce fiocca del sole ancora riesce a rischiarare, c’è purtroppo anche quello di una donna: Loretta Powell. Lo sceriffo avverte il ranger che Lester Mills, che nella riserva Hopi aveva ucciso due donne indiane, non potrà comparire davanti al giudice di Phoenix dove Tex contava di sbatterlo. Un altro giudice, il prezzolato Siel Bernan di Denver, l’ha prosciolto da ogni accusa in merito all’omicidio che gli era valsa la reclusione nelle prigioni di Cheyenne, grazie anche alla deposizione di due testimoni oculari che l’hanno scagionato attestando la legittima difesa dell’uomo. Mills è ora un rispettabile sorvegliante del ranch del colonnello Watson, uno dei tanti intoccabili. Immerso in cupi pensieri Tex si lascia alle spalle il teatro della tragica vicenda. Il sole è ormai tramontato quando si ritrova sulla pista che si snoda verso il nord, quando all’improvviso uno sparo echeggia nell’aria. Il cavallo colpito mortalmente, si abbatte al suolo e nella caduta, il nostro satanasso si procura una distorsione alla gamba. Dall’alto il gran figlio di cane che gli ha sparato, continua a far cantare il suo winchester senza lasciargli tregua, ma alle spalle dell’attentatore, un’ombra amica viene in soccorso del ranger: è Danny Macon, che ha riconosciuto nel misterioso aggressore Patrick Tobin, l’esimio sceriffo di Cheyenne, che guarda caso figura sul libro paga di Watson! Macon è uno dei tanti piccoli allevatori che hanno subito i soprusi del Cheyenne Club. Qualcuno di loro prende qualche capo di bestiame col marchio di Watson o di un altro pezzo grosso del club, spiega a Tex mentre lo aiuta a salire sul suo carro, e lo porta di nascosto sul terreno di un piccolo allevatore. Poco più tardi, il branco di quegli assassini che si definiscono vigilantes piomba nel ranch del malcapitato, dove finge di scoprire quella che viene definita la “prova del furto” e senza fare troppi complimenti passa alle vie di fatto, mettendo mano ai nodi scorsoi. I Powell non erano degli stinchi di santo, ma neanche dei volgari ladri di bestiame, la gente del Cheyenne Club vuole disfarsi dei piccoli allevatori per impadronirsi a buon mercato delle loro terre. La solita vecchia storia ( si veda I cavalieri del Wyoming n° 483 ). La moglie di Macon, la bella Marta, sempre più impensierita dal ritardo del marito, vedendo il carro approssimarsi al loro ranch, imbraccia il fucile e lascia partire un colpo. Tex la cui gamba ha ormai assunto le dimensioni di una zampa d’elefante si lascia sfuggire un classico “peste”. Marta è in realtà una donna assai mite e sensibile, ma il clima di violenza che avvolge come una cappa soffocante i piccoli allevatori del Wyoming, ha fatto in modo che anche gli esseri più deboli e indifesi si adeguassero, con quell’aggressività tipica che solo la disperazione più cupa può sprigionare. La signora Macon ha i nervi a pezzi e il figlio che sta per nascere ha il diritto di avere altre cose oltre che un padre… ha il diritto di vivere in un paese libero! parola di Tex Willer. Le angherie stanno per avere un termine, la resa dei conti è sempre più vicina. Nei giorni seguenti il ranger divide la semplice vita dei Macon, in attesa della guarigione che tarda a venire, fino a quando una notte la quiete del piccolo ranch è turbata dall’arrivo di alcuni cavalieri che mettendo mano ai loro winchester, danno la sveglia alla famigliola, senza sospettare che Tex Willer dorme nel ripostiglio poco distante … Sono gli stessi spregevoli vigilantes che il ranger ha conosciuto al ranch dei Powell e con i quali ha un conto aperto e il dente maledettamente avvelenato. Uno dopo l’altro i quattro pistoleros cadono colpiti dalle pallottole calibro 45 della sua colt, sotto lo sguardo implacabile del ranger e quello atterrito dei suoi ospiti. Marta Macon può respirare di nuovo, mentre Tex commenta con soddisfazione che la sua gamba è ormai completamente ristabilita… L’indomani potrà così andare ad augurare la buona domenica ai signori del Cheyenne Club! Quella domenica sotto il sole cocente di mezzogiorno, un carro sale lungo la pista che si arrampica sulla collina, nella cui sommità si intravede la sagoma dell’esclusivo Cheyenne Club e si arresta davanti a un severo muro di cinta. Cole e Kellermann sorvegliano il gigantesco cancello, nel club c’è una festa in corso e se il conducente del carro ha della merce da consegnare al cuoco, che ritorni il giorno successivo! Ma il destinatario, avverte il ranger, è il colonnello Watson e la merce è deperibile ( e quindi va consegnata subito ). Si è fatto una gran brutta sudata il nostro satanasso per arrivare fin lassù, i due sorveglianti sono tipi testardi, ne nasce una piccola scazzottata, come dire che con le buone maniere si ottiene tutto, ed ecco che il carro con il suo pesante carico supera il cancello e imbocca un viale che si snoda tra eleganti aiuole fiorite, fino a quando, dopo un’ultima svolta, Tex si ritrova davanti all’immensa sede del Cheyenne Club. Cole e Kellermann avevano ragione, i soci sono in festa con le loro famiglie, ma qualcosa ci dice che non sarà tanto difficile guastargliela! Tex spinge deciso i cavalli sopra le aiuole… i fiori, quell’uomo sta distruggendo tutti i nostri fiori! grida inviperita una delle tante signore. Watson, stringendo rabbiosamente il calice in mano, per liberarsi dell’importuno visitatore, chiama a gran voce Lester Mills, l’assassino… Finalmente i due uomini sono uno di fronte all’altro, ma dalla veranda a differenza di Barry Sheen, il pistolero si irrigidisce come se avesse visto un fantasma: Tex Willer qui a Cheyenne! Watson, scoperta l’identità dell’impudente “bifolco”, cerca di ammansire il ranger. - In fondo ci assomigliamo Willer: sono gli individui come noi che con la loro volontà, la loro capacità, hanno fatto grande questo paese. Ma la sorpresa che Tex ha in serbo per il colonnello non sarà una delle più gradite. Il ranger non si trova lassù per trovare un accordo, ma solo per restituirgli qualcosa che gli appartiene … anche se si tratta di materiale ormai irrimediabilmente deteriorato e che quindi non potrà più servirgli! Con un rapido gesto Tex scosta violentemente il telo che copriva il cassone del carro, dove sono adagiati i corpi dei quattro vigilantes che ha ucciso la sera prima, sollevando un coro di grida di raccapriccio e di rabbia negli sbalorditi ospiti del club. La sfida è aperta signor colonnello. - Qui a Cheyenne non siamo soliti permettere che i nostri amici vengano assassinati… ve la farò pagare, quanto è vero che mi chiamo George Watson, e vi faro pagare anche l’ignobile gesto con cui oggi avete voluto sconvolgere delle donne… delle signore! - Mm… a proposito di donne… giorni fa ne ho veduta una che era ancora più sconvolta delle vostre gentile consorti, credetemi, replica sarcastico il ranger, mi hanno detto che si chiamava Loretta Powell e che era una persona onesta e inoffensiva. Tuttavia i vostri disinvolti amici, che ora giacciono su questo carro, l’hanno appesa a un albero… impiccata, Colonnello Watson! Avreste dovuto vederla gentili signore: avreste dovuto vedere il bel volto di Loretta Powell… Sapete ? Le facce si gonfiano dopo l’impiccagione… Tra i mormorii di orrore delle donne e le imprecazioni dei manichini vestiti a festa del Cheyenne Club, il nostro tizzone d’inferno monta su un cavallo e si dirige verso il centro abitato. La lunga tirata gli ha messo sete, nel saloon ai margini del paese, incontra Danny Macon che lo informa che ormai anche gli individui più miti ne hanno fin sopra i capelli dei soprusi e delle sopraffazioni dei cattle barons, e sono pronti a combattere la violenza con la violenza. Gli animi sono eccitati, ma Tex invita l’amico alla calma. Pochi minuti più tardi lo ritroviamo infatti nell’ufficio del telegrafo, pronto a spedire un messaggio al commando dei rangers di Austin, con una richiesta di intervento dell’esercito che ristabilisca la pace nel martoriato villaggio di Cheyenne. Ma in quell’ufficio, oltre al telegrafista, c’è anche una sua vecchia conoscenza, l’esimio Latimer, l’ultimo sopravvissuto dei vigilantes che attaccarono il ranch dei Powell. Tex, noncurante della sua presenza, scrive un messaggio cifrato e finge di allontanarsi mentre il pistolero, con le solite “buone maniere”, ottiene dal piccolo Skinny, il telegrafista, il foglio contenente la comunicazione seguente: L’autunno è la stagione delle foglie morte. Aspetto l’arrivo dello zio Tom. Latimer non è reputato per la sua intelligenza ma capisce che il messaggio non deve comunque arrivare a destinazione. Lo trasforma quindi in una piccola pallottola che finisce poco dopo dritta nella sputacchiera, proprio mentre il ranger varca la porta. Nel paese intanto un cavaliere proveniente dal club sparge la voce della morte di Greg Porter, Randy Cotton, Bruce Walcott e Matt Bogart… Bastardo, sei stato tu bastardo! grida Latimer sentendo la notizia della morte dei suoi amici. Mette quindi mano alla colt ma Tex evita il proiettile gettandosi su un fianco e quindi fulmina con una fiammata della sua pistola il rivale. Con questo fanno cinque: IL CONTO CON GLI ASSASSINI DEI POWELL E’ SALDATO! Lo sceriffo Patrick Tobin, richiamato dagli spari, non può che constatare, con grande disappunto, la morte dell’amico Latimer. Se la testimonianza di Skinny mette il ranger al riparo delle accuse, davanti ad una folla che si intanto radunata intorno a loro, lo sceriffo tenta un colpo gobbo. Willer è troppo pericoloso per la comunità, dice, troppo pericoloso per lasciarlo in circolazione fosse anche per un solo giorno. Il giudice della contea lo processerà l’indomani e lo invita pertanto a costituirsi. - E allora Willer, vi do venti secondi per slacciarvi il cinturone e seguirmi fino alla prigione… - Venti secondi? E io ve ne do soltanto dieci, sceriffo! Dieci secondi per dirmi che avete cambiato idea… che avete rinunciato a sbattermi al fresco. Dieci secondi al termine dei quali dovrete estrarre la pistola, sempre che riusciate a farlo prima di me! - Brutto bastardo! - Uno… due… - Maledetto… maledetto figlio di un cane! - Tre… quattro… cinque… sei…sette… [ Tobin appare scosso da un tremito ] - E va bene, Willer, non voglio coinvolgere tutto il paese in una faccenda che tutto sommato, riguarda più il giudice che me: potete andare all’albero, al saloon, dove vi pare… Magari in un posto dove fa molto più caldo. Umiliato e avvilito, dileggiato sotto gli occhi di tutta la popolazione di Cheyenne, lo sceriffo Tobin è un vigliacco che non può tollerare un secondo di più l’affronto di un Willer sempre più beffardo e non appena il ranger gli volge le spalle, estrae la pistola e senza il provvidenziale avvertimento di Skinny, che quasi si scusa per l’unico atto di coraggio che si sia mai concesso in tutta la sua vita di miserabile verme, lo sceriffo avrebbe potuto saldare tutti i conti con il rivale aprendogli la via verso una poco allegra fossa di sei piedi, su nella boot hill dell’abitato. Olivier Granville è l’eroe del giorno, quella sera all’Oriental Saloon, un locale che dietro il pomposo nome nasconde l’abituale atmosfera di cento altri ritrovi del far west, Skinny beve il suo bicchiere di menta al fianco del famoso ranger, il premio per la lezione di dignità e di coraggio che ha impartito ai suoi concittadini e che ha permesso che sul tavolo del becchino, con un paio di confetti calibro 45 in corpo, ci finisse lo sceriffo Tobin! Il piccolo telegrafista consegna il messaggio di risposta pervenuto da Austin e si accomiata dal ranger, che quasi si sente male per il profumo della menta che ancora ammorba l’aria… lo saluta cerimoniosamente non sapendo che sono le ultime parole di un addio. Skinny paga infatti di lì a poco l’unico gesto di coraggio della sua vita e nella main street, proprio davanti al locale, viene deliberatamente travolto da un carro guidato da uno degli sgherri del Cheyenne Club. Lester Mills e l’amico Warner, nascosti nell’ombra sono pronti ancora una volta a testimoniare che si è trattato solo di un incidente. Sporchi figli di cani, addio Skinny, addio coraggioso piccolo uomo! Un altro giorno trascorre senza che alcun particolare avvenimento turbi l’abituale vita di Cheyenne. Nelle prime ore del pomeriggio del sabato, Tex riceve un misterioso invito da parte dell’illustre colonnello Watson e mezz’ora più tardi si inerpica lungo il colle che conduce al club. La bellissima Ella Watson, l’unica cosa di buono che il colonnello abbia fatto nella sua vita, è raro vedere il nostro satanasso così galante, si intrattiene un attimo con il ranger. La ragazza studia in una scuola dell’est, a Baltimora e torna solo in occasione delle vacanze. Per anni i genitori sono riusciti a tenerla lontana dalla realtà del paese, dalla pesante atmosfera che grava su Cheyenne. Ma la giovane è cresciuta, ha maturato una certa conoscenza dei fatti, ha parlato con la gente e seppure di nascosto, anche con Loretta Powell, quella povera donna che hanno impiccato l’altro giorno… la testimonianza sincera di quella che era un’amica d’infanzia, benché appartenesse ad una famiglia assai povera, l’ha aiutata a completare il quadro che si era già andato formando nella sua mente, facendola profondamente vergognare del nome che porta… Sono parole che in quel nido di serpenti il ranger non si sarebbe mai aspettato di udire, ma il colonnello Watson, che appare poco dopo, lo riporta brutalmente sul piano della realtà dominante in quella valle. Davanti a un tavolo da biliardo, dove Tex si dimostra ancora un maestro, pur confessando di sapere fare meglio con la sua colt ’45, il colonnello fa la sua proposta e chiede al ranger quale sia il suo prezzo. Da quando ha dovuto rinunciare personalmente a risolvere certe faccende, si è circondato di tipi che si sono presentati preceduti da una fama che spesso si è rivelata del tutto immeritata, il migliore di loro vale solo la metà di quello che era lui da giovane. Se a quei tempi non avesse saputo usare ugualmente bene la vanga e la pistola, il laccio e il winchester, a quest’ora indiani e fuorilegge sarebbero ancora padroni di quelle terre. Watson ha bisogno di un uomo vero, uno con la personalità di Tex, che poco attratto dalle lusinghe del denaro, rifiuta l’invito. L’arrivo dell’amico Henry, con una faccia stravolta che annuncia grossi guai, li interrompe nel bel mezzo della discussione. Mentre l’agitazione si fa più frenetica lungo i viali del club e il ranger sente ormai sempre più una gran puzza di bruciato, che gli fa venire una gran voglia di uscire, di andarsene… sopraggiunge il colonnello ( che si era momentaneamente allontanato ) il cui volto tradisce la gravità della situazione. Nel ranch di Brett Haley i piccoli allevatori si sono riuniti per preparare la rivolta contro la potente associazione degli allevatori. Tra qualche ora scoppierà il finimondo… Watson stordisce a tradimento Tex, tutti i mezzi sono leciti per questo galantuomo, e lo fa rinchiudere nei sotterranei del club, si prepara quindi a una serena festicciola in famiglia con i suoi amici, che servirà da alibi perfetto per l’inevitabile inchiesta che deriverà dall’eccidio che i suoi sgherri, guidati dall’esimio Lester Mills e dal lestofante Warner, si apprestano a compiere… I minuti trascorrono lenti e interminabili, fino a far perdere la cognizione del tempo al prigioniero, ma il rumore dei passi che si avvicinano, gli lasciano alla fine intravedere una possibilità di fuga. Più che mai deciso ad avventarsi sul nuovo venuto non appena aprirà la porta, il furibondo ranger riesce a malapena a bloccare il suo slancio… è Ella Watson, che ha sottratto le chiavi al carceriere e viene provvidenzialmente a liberarlo. Pochi minuti dopo, messe le mani su un buon cavallo, Tex sfreccia tra gli eleganti giardini del club, questa volta sotto lo sguardo allibito del giardiniere, fino all’ultimo ostacolo rappresentato dai due cani da caccia di guardia al cancello, i soliti due hombres che sono una perfetta coppia di testoni, ma con loro gli incontri sono destinati a finire per sempre… Il crepitare della sparatoria, avverte Tex che si sta approssimando al ranch di Haley. Un ranch trasformato in un fortilizio al cui interno Macon e una dozzina di uomini non risparmiano le munizioni contro i vigilantes del Cheyenne Club, che appostati tra le piante di un vicino boschetto, sembrano decisi più che mai a chiudere la partita con i piccoli allevatori. Il clima è rovente, Tex si chiede cosa diavolo potrebbe fare per evitare un bagno di sangue, ma all’improvviso il suono della tromba dell’esercito annuncia i rinforzi che aveva richiesto. L’arrivo tempestivo dei soldati mette fine alle ostilità, nessuno tocchi il grilletto della sua arma… avverte il capitano che nella tasca della sella ha tutte le scartoffie che gli concedono ampia facoltà di intervenire nelle faccende poco chiare di quella contea. Lester Mills, sentendosi perduto, si dà alla fuga, ma Tex riesce comunque a mettere le mani sul compagno Warner, che riceve una dura strigliata che lo spinge ad una rapida confessione. I giorni della violenza sono finiti. Mills fugge come un animale braccato, ma prima di raggiungere il Canada ha deciso di vuotare le tasche del colonnello. Ancora una volta la festa di Watson è rovinata: - Ventimila dollari, colonnello! Datemi soltanto ventimila e poi sarete libero di continuare la festa con i vostri amici. Il colonnello sembra cedere al ricatto quando Tex irrompe nella sala dalla finestra. Nella sparatoria che segue il pistolero ha la peggio, un proiettile gli buca la mano come già era successo a Barry Sheen. Mills minaccia di rivelare tutti gli sporchi affari del Cheyenne Club, Watson dovrà comparire davanti ad una commissione governativa. Il suo dominio nella vallata è finito, poco lontano una cinquantina di giacche azzurre stanno togliendo ogni velleità bellicosa al suo esercito privato. Il colonnello è un uomo rovinato, in un attimo di follia estrae la sua derringer e fulmina Mills, ma la via di salvezza gli è preclusa da Tex che con un balzo gli è addosso. Poco dopo Ella ringrazia Tex per aver risparmiato il padre, ma il ranger la guarda e gli dice che non dovrà farsi illusioni, da quelle parti la giustizia spesso sembra sonnecchiare ma quando si sveglia diventa dura e implacabile. Cosi poco dopo, con le lacrime agli occhi la giovane fanciulla guarda il padre, che sembra aver riconquistato tutta la sua dignità, allontanarsi cavalcando al fianco del ranger, verso un cupo destino patibolare… che il cielo lo perdoni! Una storia drammatica e intensa, d’una straordinaria violenza. Come in altre sue sceneggiature, Nolitta prende spunto dalla storia del West e non esita a servirsi di immagini dal forte impatto visivo per sottolineare la dura realtà degli allevatori del Wyoming. Nel 2001, Claudio Nizzi ha ripreso in mano il soggetto dando vita a una storia dove gli aspetti più crudi sono apparsi notevolmente mitigati, un'attenuazione che risulta sicuramente più rispettosa della tradizione texiana ma anche assai lontana dalla verità storica. Il colonnello Watson, una delle figure più originali ideate dall'autore, un uomo che simboleggia a tutto tondo la prevaricazione e gli abusi del forte sul debole, ricalca in parte la figura storica di Albert Bothwell, l'istigatore del linciaggio di Cattle Kate, all'anagrafe Ella Watson, così come in parte si rifà anche alla figura dell'eccentrico John C. Coble, membro dell'aristocratico Cheyenne Club. Lester Mills sarebbe invece parzialmente riconducibile al pistolero Tom Horn, figura celebrata in qualche film western, che era stato al servizio di Coble. Sergio Bonelli gioca con i nomi e con i personaggi. Se la storica Ella Watson era una piccola allevatrice del Wyoming ( conosciuta da tutti, come si è appena visto, col nome di Cattle Kate ), accusata ingiustamente del furto di alcuni capi di bestiame e per questo motivo linciata insieme al marito Jim Averell, impiccata al ramo di un albero di pino, come la Loretta Powell della storia di Nolitta, vittima dei sopprusi dei "cattle barons" di Cheyenne campeggiati da Albert Bothwell al quale aveva rifiutato di vendere la propria terra... la Ella Watson di Nolitta diventa invece la candida fanciulla figlia di quel Watson che storicamente ne era stato il di lei carnefice. Nolitta rispetta quindi sostanzialmente i fatti storici nella loro crudezza, inserendo un solo atout: il "lone ranger" Tex Willer. Anche se colpito più volte a tradimento, il nostro satanasso riesce sempre a risollevare il capo, reagendo con una durezza rara alle crudeltà del Cheyenne Club, che lo porta a lasciare dietro di lui una lunga scia di sangue. Un Tex deciso, a tratti sbruffone e sprezzante, ma anche insospettabilmente dolce e comprensivo con la candida Ella Watson che lo seduce con la sua femminilità e la sua dolcezza, ma non lo disarma, perché il ranger è il difensore dei deboli, spietato con gli assassini, inutile dirlo, come sempre lo vorremo vedere.
  24. Soggetto e sceneggiatura : Guido Nolitta Disegni: Fernando Fusco Periodicità mensile: Novembre 1984 è Febbraio 1985 Inizia nel numero 289 a pag. 71 e finisce nel numero 292 a pag. 39 Una contea del Wyoming è dominata dal Cheyenne Club, covo di ricchi allevatori capeggiato dal colonnello Watson. L'associazione foraggia una cricca di sedicenti giustizieri per montare false prove di furti di bestiame ai danni dei proprietari terrieri più deboli per poi sterminarli e arraffarne i ranch! Tex, in missione da quelle parti per arrestare il bandito Mills, prende le difese delle piccole fattorie... © Sergio Bonelli Editore
  25. ymalpas

    [297/299] Fuga Da Anderville

    In una chiara mattina di settembre, un treno corre attraverso le aride praterie del New Mexico. - Che il diavolo ti porti Tex! Vuoi deciderti a dirmi dove stiamo andando ? E il vecchio cammello riceve dal suo pard una misteriosa lettera, scritta da un certo Howard Walcott di Richmond, che in un’incerta grafia, contiene il seguente messaggio: Caro Willer, dopo tanti anni credo di potervi rivelare la verità sul conto dei miei nipoti John e Leslie. E Walcott deve essere un tipo maledettamente importante se gli basta scrivere poche righe per far schizzare il nostro tizzone d’inferno sul primo treno per la Virginia, commenta mellifluamente Carson. - Al diavolo, se avessi saputo che intendevi portarmi in capo al mondo, avrei preferito starmene ad oziare nella riserva. - Però non immagini quello che perderesti, mi hanno detto che a Richmond ci sono dei fantastici varietà con ballerine francesi che… - Ballerine francesi ? - Già… e pare che si presentino al pubblico con piccanti calze a rete… Comunque se vuoi scendere devi deciderlo in fretta, perché stiamo giusto per arrivare a Albuquerque. - Scendere ?... Vorrai scherzare satanasso! E con che coraggio potrei mai presentarmi a tuo figlio dicendogli che ti ho abbandonato nel corso di una missione ? Non pensarci nemmeno Tex! Il tuo vecchio pard non ha molta simpatia per i treni ma non ti lascerà andare solo in una città sconosciuta, piena di insidie, di pericoli… - … e di ballerine francesi! Una vecchia storia da raccontare è proprio quello che ci vuole per ingannare il tempo durante un lungo e noioso viaggio in treno. Una storia che è un itinerario a ritroso nel passato di Tex, quello triste, amaro e cruento della guerra civile americana. Ma oltre che rinverdire i fasti della bonelliana Tra due bandiere ( n° 113 ) questa avventura ha il merito di tingersi fin dall’apparizione dell’oscura lettera del vice governatore della Virginia, di un giallo a tinte forti. Eravamo nel 1864, racconta Tex, in settembre era caduta Atlanta e in novembre il presidente Lincoln era stato rieletto. Dopo la battaglia di Shiloh in cui vidi in tutto il suo orrore il vero volto di quel maledetto conflitto che opponeva fratelli a fratelli, promisi di non sparare più un solo colpo di fucile… E da quel momento, sfruttando il suo accento texano che gli permetteva una libera circolazione negli stati confederati, Tex si limita a prestare pacificamente la sua opera ai nordisti scortando mandrie di bestiame destinate alla sussistenza delle truppe o accettando di recapitare messaggi da un comando militare all’altro. Fu appunto nel corso di una di queste missioni, continua Tex, che feci la conoscenza dello schiavo Tom e quindi del suo padrone, John Walcott. In un paese che la guerra aveva profondamente diviso ideologicamente in due radicate fazioni, non è strano fare la conoscenza di un originale tenente nordista, nato e cresciuto tra le piantagioni di cotone del profondo sud della Virginia, che appoggia la causa antischiavista. Per John Walcott, il nord è storicamente dalla parte giusta e rappresenta l’avvenire, a differenza del sud, che con le sue sterminate piantagioni di tabacco e di cotone, è l’immagine di un passato ingiusto da cancellare. Inguaribile ottimista e amante del rischio, la vita senza il rischio è una minestra insipida, ma anche molto affabile, John Walcott è il Damned Dick della storia, l’amico solare e luminoso di Tex. L’altro nipote, il tenente sudista Leslie, è invece il classico bellimbusto gallonato che se ne sta impettito come se avesse ingoiato una scopa. Per lui i grandi industriali del nord vogliono solo rovinare l’economia del sud e sostituire le piantagioni con fabbriche e commerci d’ogni genere. Autoritario, sicuro di se e arrogante, provoca Tex che non lo ha in simpatia e lo accusa di essere una spia nordista. Tra i due sono subito scintille. Ma Leslie è un cattivo inconsueto, integerrimo e integro moralmente, un uomo sinceramente legato alla causa del sud ma nella sua anomalia anche un dannato figlio di coyote, che la sera stessa non esita a inviare una pattuglia sulle tracce di Tex e dello schiavo Tom che si è unito a lui, con la speranza di acciuffarli e appenderli all’albero più vicino. I cugini Walcott sono così diversi e trincerati nelle loro idee e pensieri che lo zio Howard, che veglia premurosamente su di loro, ha imposto addirittura un patto di non belligeranza. Funzionario della Tesoreria di Stato, il vecchio Walcott è un tipo quadrato, padrone di se, ma anche un uomo bonario che cerca di barcamenarsi come può tra i due galletti della famiglia ( anche se la sua simpatia va velatamente tutta al nipote John ). Quest’ultimo ha ricevuto l’ordine di attaccare un convoglio sudista guidato dal cugino Leslie, che trasporta una cassa piena di lingotti d’oro, appartenenti al tesoro della confederazione. Il drappello confederato, colto di sorpresa resta in breve tempo decimato dall’assalto e John provoca la fuga del cugino. Al sangue non si comanda. Così il giorno dopo, mentre il reparto nordista è impegnato nel guado di un tratto acquitrinoso, è raggiunto e attaccato da una compagnia sudista, che superiore di numero ha ben presto il sopravvento. La cassa ha l’aspetto piuttosto solido ed è chiusa con un robusto lucchetto, ma quando il capitano la apre, sorprendentemente si rivela colma di pietre. Mistero. La tappa successiva per l’ufficiale nordista è il tristemente famoso campo di Anderville, che ricorda storicamente quello di Andersonville, North Carolina. Immerso in un malsano ambiente paludoso era il più malfamato dei campi sudisti. Vi erano stipati non meno di trentamila prigionieri, un terzo dei quali morì a causa delle malattie provocate dalla denutrizione, dalla sporcizia e dai continui maltrattamenti. Il maggiore Dark, del III° Cavalleria del Kentucky, nel tentativo di recuperare l’oro, affida a Tex il compito di inoltrarsi in pieno territorio nemico e liberare John Walcott. Così il ricco uomo d’affari sudista Edgard Tennyson, munito di un salvacondotto con la firma abilmente falsificata del generale Lee e il suo schiavo Tom ( un tipo piuttosto sveglio e buon conoscitore di quelle regioni ), si incamminano sulla via che conduce ad Anderville. Sosta e ristoro nel primo villaggio che incontrano nella loro strada verso sud. Ma nei ristoranti i negri non sono ammessi. Storie, ti ho detto che pranzeremo insieme e così sarà! dice Tex con una veemenza che non ammette repliche. E il ristorante prescelto, guarda caso, è quello della canaglia Hank, un sudista tutto d’un pezzo, che si è allontanato con i clienti verso la stazione, per vedere le truppe che partono al fronte… Dopo che si saranno spellati le mani ad applaudire, dice sarcasticamente la vecchia madre e gli sarà venuta la gola secca a furia di strillare i loro inni patriottici, si ricorderanno di avere fame e torneranno qui e io, dovrò sgobbare per servirli tutti assieme! Per lei i soldi non hanno colore ma Hank potrebbe avere qualcosa da ridire! E lo schiavo Tom mangia e ha una fretta del diavolo di consumare il suo pasto, non tanto per la fame quanto per la paura di vederselo comparire di fronte. Ed ecco infatti che il figliol prodigo ritorna nel ristorante. Hank, sbalordito da quello che vede, apostrofa minacciosamente il povero schiavo, che sta finendo di mangiare, coprendolo di insulti e imprecazioni razziste: - Ascoltami negro, hai scambiato il mio locale per una stalla ? Lo sai dove sono appena stato, negro ?... a salutare i nostri ragazzi che vanno a farsi ammazzare per difendere il nostro sacrosanto diritto a decidere da soli cosa fare o non farne dei fottuti musi di carbone come te ai quali il presidente yankee ha promesso di restituire la libertà! Termine fottuti a parte, è risaputo che Tex Willer, come ogni buon cristiano, non tollera essere disturbato mentre mangia. Non gli lascia quindi il tempo di continuare e dà inizio ad una delle sue classiche spazzolate, che fanno volare le pulci di dosso al malcapitato ristoratore. Sai usarla quella sedia? dice rivolto a Tom, ti do un consiglio, usala! E all’improvviso quello che poco prima era un povero e tremante schiavo del sud, prende coraggio e coscienza della forza dei suoi diritti e con le sue mani, che sembrano due badili, inizia a picchiare e scardinare le mascelle dei sventurati avventori. Un episodio tipicamente bonelliano, che mostra quanto Nizzi seppe trarre dalla tradizione, recuperando dal passato non solo espressioni verbali o situazioni peculiari, ma anche lo spirito che animava il personaggio nato dalla penna di Gianluigi Bonelli. Semplicemente grande. Il cammino per la roccaforte di Anderville è però ancora lungo e pieno di insidie. Giunti a un ponte, che per la sua posizione strategica è presidiato da un folto gruppo di soldati sudisti, Tex mostra il salvacondotto e tutto sembra miracolosamente procedere per il meglio ma ecco che da una tenda dell’accampamento, a rovinare tutto, appare improvvisamente il tenente Leslie Walcott, che obbliga i due ad un precipitoso salto nel fiume, l’unica via di fuga davanti a un fuoco incrociato da parte dei confederati. Appiedati, ecco che Tex e Tom giungono ad una fattoria. Rubare ( i cavalli )? Ci limiteremo a requisirli come preda di guerra! I due si avvicinano alla casa e si separano, il negro si infila nel pollaio dove semina un po’ di gazzarra tra i pennuti, il tanto che basta per svegliare i proprietari. E mentre il padre imbraccia il fucile, il figlio Jed, con una smorfia di piacere stampata nel viso, pensa tra se: “ci sarà da divertirsi, quando ha un maledetto negro tra le mani, pà diventa una furia” e va dritto ad infilarsi nella scuderia, dove Tex lo aspetta pronto a rifilargli una sberla. Il ragazzo scelto da Ticci per raffigurare il volto del profondo sud razzista tradisce una scarsa intelligenza già a partire dai lineamenti facciali. Tre giorni dopo è la volta dell’arrivo al campo di Anderville… una fortezza immensa e impenetrabile. John non mangia da quattro giorni, povero John, sembra lo spettro di se stesso e i nordisti come lui crepano di fame e stenti come mosche. Il sud è in ginocchio e i soldati, che la guerra ha reso disumani, non vogliono togliersi il pane di bocca per nutrire le diverse migliaia di prigionieri. Ma il tenente Walcott, pur estenuato dal lungo digiuno, tiene testa al comandante del campo, che dice: "Quel vostro Lincoln è un grande furbacchione. Con una mossa ( l’emendamento alla costituzione che abolisce la schiavitù ) si è guadagnato la simpatia di mezzo mondo e come se non bastasse, Shermann ha conquistato Savannah e nessuno riuscirà a fermare la marcia delle sue truppe verso il sud". Il comandante non si fa illusioni e non si chiama Leslie Walcott, per lui ciò che conta è solo l’oro della Confederazione, per rifarsi una vita. Ma John tiene duro e ripete con una cadenza monotona che dell’oro, lui non sa proprio niente! Il comandante, poco propenso a credergli, non si rassegna. John non è mai stato il tipo dell’idealista tutto d’un pezzo, a West Point era un cadetto indisciplinato e ribelle, incapace di sottostare al regolamento e anche la scelta di campo in guerra rivela in lui una certa dose di opportunismo. È fin troppo chiaro che il tenente nordista ha le sue stesse mire e mente per impossessarsi dei lingotti alla fine della guerra. Ma John Walcott deve prima uscire vivo dal carcere di Anderville e il comandante ha in serbo per lui il più penoso e ripugnante dei lavori nel campo di prigionia: il trasporto dei cadaveri nella palude, dove la sepoltura non è cristiana e i corpi sono ingurgitati dalle sabbie mobili. Tex aspetta l’occasione giusta per entrare nel campo, occasione che gli viene offerta fortuitamente da una colonna di trenta uomini che devono rimpiazzarne altrettanti, che da Anderville saranno trasferiti al fronte. Il nostro tizzone d’inferno riesce a sostituirsi a uno dei soldati e indossata la divisa del nemico, varca insieme al drappello sudista il portone d’ingresso del campo. Ma il progetto di fuga è già in pericolo, John è sul punto di essere trasferito in un carcere meno duro, grazie alla supplica del cugino Leslie indirizzata al presidente Davis in persona. Bisogna agire il giorno stesso e Tex, che ormai l’idea delle sostituzioni incomincia a divertire parecchio, decide di far evadere John che sul carro dei morti destinati alla palude dovrà fingersi leggermente defunto, mentre lui prenderà il posto di uno degli uomini della scorta. Ma proprio all’ultimo momento, la recluta sudista alla quale Tex aveva rubato la divisa, legata e imbavagliata male da Tom, riesce dopo molti sforzi a liberarsi e a dare l’allarme: c’è una spia nel forte! Ma il carro ha tutto il tempo di lasciare il campo, è semmai il ritrovamento della guardia di scorta che Tex aveva stordito, a mettere sul chi vive il comandante del campo che scatena immediatamente una caccia all’uomo. Lo schiavo Tom, ritenendosi responsabile, noblesse oblige, prende la difficile e coraggiosa decisione di sacrificarsi per i compagni, rallentando l’avanzata della pattuglia… Addio Tex! ...addio signor John! Se un giorno i miei fratelli di razza saranno liberi, lo dovranno anche a uomini come voi! Claudio Nizzi sostituisce la parola padrone con quella di signore, e quella di schiavo negro con fratelli di razza, una finezza la sua, che non passa inosservata. Tex si accorge troppo tardi dell’assenza di Tom e vorrebbe tornare indietro, ma John lo trattiene, sarebbe una mossa inutile che renderebbe vana la morte dello schiavo. Bang! Bang! I negri sono portati per la musica… vi piace la mia bastardi ?Ma i sudisti ormai hanno raggiunto Tom e il suo fucile è scarico… viva… l’Unione… sono le ultime parole che dice e sono quasi il lamento di un popolo che si batte per la causa del nord e la sua libertà. È un boccone amaro per il nostro tizzone d’inferno e come tristemente confessa a Carson, ci ha messo parecchio tempo prima di mandarlo giù! Il racconto prosegue, sempre più avvincente. Quella sera dopo aver messo il maggior numero di miglia possibile tra loro e il campo di Anderville, Tex e John trovano rifugio in un vecchio fienile abbandonato. È venuto il tempo di chiarire la storia dei lingotti scomparsi. Io non so niente di quell’oro! John nega anche di fronte all’amico di essere il responsabile del dileguamento dei lingotti. E se con i confederati non ha cercato di discolparsi è solo perché avrebbe gettato l’ombra del sospetto sulla sola persona che era stata in possesso di quella cassa prima di lui e che su quell’oro doveva saperla lunga… suo cugino Leslie! Per la barba di Giosafatte! tuona Carson, un dannatissimo colpo di scena, ma ci avrei giurato, per giove! …quel piccolo bastardo di Leslie, soldato integerrimo e patriota tutto d’un pezzo era in realtà un vero ladrone! Tex e John sono più cauti nel loro giudizio. Il viaggio di ritorno a Richmond non presenta difficoltà, il ranger sa ormai come muoversi nel territorio nemico. Il vecchio Walcott è felicissimo della liberazione del nipote, ma un ombra si addensa sulla sua fronte, l’uomo ha paura di quello che potrebbe succedere tra i due cugini, l’oro è un perfido consigliere… Nega dunque di sapere dove sia Leslie e consiglia a John e Tex di trasferirsi in una piccola casa nel centro di Richmond, dove il vecchio servo Nathan li accompagnerà. È proprio quest’ultimo a rivelare ai due che Leslie si trova in realtà nel vicino quartiere generale dei sudisti. John è una figura troppo nota nella piccola cittadina per potersi avventurare alla ricerca del cugino. Così poco dopo è Tex a mettere le mani su Leslie e a convincerlo a seguirlo, ma il tenente sudista, che ha una profonda antipatia per il ranger, avvistata una pattuglia di ronda, non resiste alla tentazione di dare l’allarme e darsi quindi alla fuga per le stradine del quartiere. Tex lo insegue fumante di rabbia, ma una voce amica prima richiama Leslie in un vicolo oscuro e poi gli spara un colpo di pistola a bruciapelo in pieno petto: mi dispiace Leslie… ma dovevo farlo! Poco dopo davanti al cadavere ancora caldo finisce l’inseguimento del nostro tizzone d’inferno. Un pensiero folle gli attraversa la mente… Tex corre verso la casa dove John dovrebbe aspettarlo, se anche arriva prima di me, lo troverò col fiato grosso e sarà una prova sufficiente. Ma nella casa non c’è nessuno. È un indizio che pesa come una grossa pietra sul collo del tenente nordista. È anche un rapporto di profonda amicizia tra due uomini uniti dalla guerra, che dolorosamente si incrina. Insomma, John ti aveva preso per il naso! …se ho ben capito, dice Carson, era stato lui a grattare l’oro e adesso aveva chiuso la bocca al cugino che poteva smentirlo… Ma il comportamento di John è sempre più imprevedibile, Tex lo ritrova infatti una settimana dopo presso il reggimento del maggiore Dark. Quel ragazzo non finiva di stupirmi… mi raccontò che mentre aspettava di vedermi tornare con Leslie, un sasso era stato gettato nella casa, con un biglietto che lo avvertiva di fuggire perché i confederati lo avevano scoperto. Le parole di John Walcott sono sempre meno convincenti e l’oro deve trovarsi non troppo lontano da quei territori, non c’è altra spiegazione, conclude il ranger, che non troverà conferma alle sue astruse supposizioni. John Walcott muore improvvisamente alcuni giorni dopo per lo scoppio di una granata, nel corso di un bombardamento, portandosi con se il suo mistero. Le sue ultime parole sono tutte per Tex: implora l’amico di tante avventure di conservare un buon ricordo di lui. Difficile. Il lunghissimo flashback finisce qui, lasciando l’amaro in bocca. Tre giorni dopo, Tex e Carson sbarcano davanti alla residenza di Howard Walcott. Il fedele Nathan, incanutito, li accoglie con un malinconico commento che sottolinea ancora di più il triste decadimento dei valori: la vita qui non è più quella di una volta. Howard Walcott, dopo i rituali convenevoli, invita Tex nel suo studio privato. È il momento della verità sui due nipoti, i cui ritratti sono in bella vista sulla robusta scrivania. Il vecchio ha il cancro e i medici non gli danno più di tre mesi di vita. Non diventerà il nuovo governatore della Virginia e non presenterà la sua candidatura alle prossime elezioni presidenziali. Ha poco tempo Howard Walcott e deve approfittarne per sistemare alcune faccende, una di queste è proprio la riabilitazione della memoria dei suoi due nipoti. Inizia così un altro breve flashback, che ricostituisce la trama mancante della storia. Il vecchio rivive lucidamente quei drammatici momenti che videro la scomparsa dei due nipoti e vogliamo credere che siano stati l’ossessione di tutta la sua vita. Nella cassa i lingotti d’oro non c’erano mai stati… A quel tempo Walcott, approfittando della sua posizione nella Tesoreria confederata, aveva sostituito il prezioso contenuto con dei sassi. A guerra finita, quell’oro sarebbe servito per finanziare la sua carriera politica alla quale l’uomo teneva più di ogni altra cosa la mondo. Fatalità volle che fosse John ad attaccare quel carico e che il giorno dopo sia lui che la cassa finissero di nuovo nelle mani sudiste. John veniva spedito a Anderville, Leslie lo pregava ripetutamente di intervenire per ottenerne la liberazione o l’internamento in un campo meno duro, ma il vecchio Walcott non poteva mettere a rischio i suoi progetti, e così si augurava che l’amato nipote, da quel campo infame, non facesse più ritorno. Leslie sapeva che era stato lui a sigillare la cassa e Howard Walcott non poteva correre il rischio che i due giovani incontrassero. La verità sarebbe infatti venuta a galla. L'oro è un cattivo consigliere... Il nipote doveva essere eliminato e così fu commesso uno dei crimini più orrendi e vergognosi che si siano mai visti sulle pagine del nostro popolare fumetto. La reazione di Tex davanti alla verità così meschina è furente, violenta e impetuosa. E incomincio col dirvi che siete l’essere più abietto che io abbia conosciuto in vita mia! La vostra sola vista mi fa rivoltare lo stomaco, Walcott! Quello che avete fatto è un abominio. Il vecchio sembra incassare con filosofia, salvo poi spararsi un colpo di pistola sulla tempia, a bruciapelo appena il ranger ha varcato la porta. Al vecchio Nathan, che chiede ragione dell’incomprensibile gesto del padrone Tex trova solo il coraggio di dire che Howard Walcott era logorato da una malattia più incurabile dello stesso cancro con cui la mano del destino l’aveva colpito: il rimorso! John era simpatico anche a me! … fino al giorno in cui un infame intrigo riuscì a sporcare la nostra amicizia con l’ombra del sospetto… Nauseato dalle rivelazioni del vecchio Walcott, il ranger accusa il colpo, la cui portata è sconvolgente anche per un uomo solido come lui. Mai così duramente messo alla prova, Tex ha solo fretta di trovare un bar luccicante di specchi, un bel locale pieno di rumore e di gente, dove bersi un monumentale bicchiere di birra, in compagnia naturalmente del vecchio pard, che lo accompagna silenzioso, inforcando il cavallo lungo il triste viale che divide le immense piantagioni di cotone che si estendono ai lati, così mirabilmente disegnate da Giovanni Ticci. Un Tex umanissimo nei suoi sentimenti, per una volta un uomo che sbaglia. La storica infallibilità del ranger è messa in dubbio da un infame intrigo che distorce la sua visuale dalla verità violata. Per vent'anni ha ritenuto più colpevole che innocente l'amico John. Nel trascinante alternarsi di colpi di scena, il genio di Nizzi sta proprio nel presentare al lettore un personaggio che anche nella debolezza dei suoi sentimenti è un grande. In cuor suo forse sente la sua amicizia tradita, ma i dubbi lo assalgono fino alla fine e la confessione finale di Walcott, l'ultimo capitolo di una tragedia familiare, dovrebbe essere in fondo liberatoria dei tormenti del suo animo, ma sappiamo tutti che in fondo non è così semplice liberarsi del proprio passato. Una storia immensa che inizia con il più classico degli espedienti narrativi, il litigio burlesco sul treno, da commedia triviale, e si chiude con un finale tormentato, che si situa sul campo opposto del dramma vissuto.
×
×
  • Crea nuovo...

Informazione importante

Termini d'utilizzo - Politica di riservatezza - Questo sito salva i cookies sui vostri PC/Tablet/smartphone/... al fine da migliorarsi continuamente. Puoi regolare i parametri dei cookies o, altrimenti, accettarli integralmente cliccando "Accetto" per continuare.