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TWF - Tex Willer Forum

Ronin

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Messaggi pubblicato da Ronin

  1. <span style="color:red">1 ora fa</span>, Gunny dice:

    Buono a sapersi. La prossima volta, prima di utilizzare il termine "mefistronzata", manderò una richiesta in carta bollata al Ministero (scegliete voi quale) per evitare che i principini del forum si scandalizzino e comincino a piangere perchè secondo loro ho insultato il loro eroe. Paradossalmente è stato proprio Borden ad aver capito l'utilizzo del termine, anche se l'espressione leone da tastiera poteva risparmiarsela.

    Gunny, per caso sei "cattivo, incazzato e stanco"? :-) Io ho solo chiesto di avere rispetto per un autore che lo merita ampiamente per il lavoro che ha fatto. Sono il primo a dire che la storia non è riuscitissima ma da qui a definirla una "Mefistronzata" ce ne passa. Un pò di sana educazione, suvvia!

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  2. Una doverosa premessa per motivare il mio intervento, con la rievocazione di un precedente di cui, forse, non tutti i forumisti sono a conoscenza.

    Era l’autunno del 1996 e, sulla serie regolare di “Zagor”, veniva pubblicata la prima parte di una lunga storia (4 albi) intitolata “Ombre su Darkwood”.

    Il soggetto e la sceneggiatura erano a firma di Mauro Boselli. All’epoca il nostro Borden era lo sceneggiatore principale della testata, oltre ad esserne il curatore.

    In virtù di questo ruolo gli era stato richiesto di ripescare il più celebre avversario dello Spirito con la Scure, ovvero il Professor Hellingen, lo scienziato pazzo che, in passato, era stato il formidabile antagonista di tante avventure e godeva ancora di una grossa popolarità presso il pubblico, che ne aveva invocato spesso il ritorno.

    Il problema era costituito dal fatto che il personaggio era defunto da tempo, dato che, nell’ultima storia scritta da Guido Nolitta, “Terrore dal sesto pianeta” (1980), il diabolico Hellingen, dopo essere stato sconfitto, riusciva a scampare alla cattura, infilandosi in una avveniristica cabina per il teletrasporto, costruita dai suoi alleati, gli alieni Akkroniani. I residui dubbi sulla sua morte erano stati fugati in una storia successiva, “Incubi” (1988), scritta dal creatore di Dylan Dog Tiziano Sclavi. In quell’avventura lo sceneggiatore pavese aveva precisato che la cabina akkroniana non aveva teletrasportato lo scienziato in salvo ma lo aveva ucciso, polverizzando le molecole del suo corpo. Quello che torna a tormentare lo Spirito con la Scure in questa nuova, corposa (6 albi) è il suo fantasma senza pace che non ha ceduto alla morte, sospinto dal suo inestinguibile odio verso il suo eterno avversario.

    Anche se “Incubi” era una storia di carattere onirico, ambientata su un universo parallelo con ambientazioni fantascientifiche, costituiva comunque un precedente di cui gli altri sceneggiatori al lavoro sulla serie avrebbero dovuto tenere conto, come precisato dallo stesso Sergio Bonelli nell’editoriale di presentazione dell’avventura.

    Una brutta gatta da pelare per il nostro Borden: si trattava di rendere credibile la resurrezione di Hellingen senza sconfessare nulla di quanto era stato fatto in precedenza da Nolitta e Sclavi.

    In particolare il secondo, rinnegando il facile escamotage della fuga con il teletrasporto, aveva trasformato Hellingen in un essere dai poteri ultraterreni, sia pure nell’ambito di un altro universo, specificando però che gli avvenimenti di quel luogo avevano conseguenze anche nella nostra realtà.

    Ecco, quindi, per Boselli la necessità di riannodare tutti i fili narrativi alla meglio, inventando una forzata alleanza tra l’animo tormentato dell’ormai defunto Hellingen e il demone Wendigo, entrambi desiderosi di vendicarsi di Zagor.

    L’essere demoniaco, usando i suoi poteri, riusciva a richiamare le molecole disperse del corpo dello scienziato e a ricomporle, usando allo scopo un fantascientifico macchinario, progettato e costruito dallo stesso Hellingen in un corpo provvisorio di cyborg meccanico.

    Un connubio di scienza e magia, una soluzione che appare cervellotica ma necessaria a Borden per risolvere in maniera verosimile un problema logico che avrebbe potuto minare la credibilità dell’intera storia.

    Dopo questo complesso incipit l’avventura si dipana nei successivi tre albi, con la partecipazione straordinaria anche dello scrittore Edgar Allan Poe nei panni dell’agente speciale Raven, al servizio della Base Altrove.

    Il suo aiuto si rivela fondamentale per battere Hellingen che, nel frattempo, si è ribellato al Wendigo e viene esiliato da quest’ultimo, per punizione, nella dimensione del caos infernale.

    Ora, conoscendo il precedente, non vi sembra che la situazione si sia ripetuta per quanto riguarda quest’ultima storia di Mefisto?

    Anche qui abbiamo un nemico molto carismatico, già più volte affrontato nel corso della serie e ormai assente da tempo, irrimediabilmente defunto.

    Anche nel caso di Mefisto abbiamo avuto una resurrezione, ad opera di Claudio Nizzi (su spunto dello stesso G. L. Bonelli) in una storia del 2002.

    In questo caso la soluzione adottata per il ritorno del villain era lo scambio di corpi con quelli di un medium, l’indiano Narbas, nel corso di un esperimento voluto da Lily, la sorella di Mefisto.

    Un escamotage che non aveva incontrato il favore dei lettori che avevano ritrovato un Mefisto inconsistente in una storia fiacca e deludente, ribattezzata, non a caso, la “Mefistolata”.

    A Borden è toccato l’onore e (soprattutto) l’onore di recuperare Mefisto, restituendogli un po’ di nerbo per avere un valido avversario in una storia all’altezza.

    Il nostro valente curatore non si è risparmiato, donandoci una storia (anzi due) complessa e stracolma di personaggi.

    Ha ripescato Padma, il vecchio maestro di Mefisto, ha ritrovato anche il medium Narbas, ha messo in campo anche il saggio El Morisco, oltre, naturalmente, a tutti e quattro i pards.

    Dall’altra parte ha schierato una specie di esercito del male, con Mefisto, il figlio Yama e la sorella Lily tutti assieme, con l’ausilio di alcuni comprimari  ed altri alleati occasionali come indiani e messicani.

    Innegabile l’impegno profuso, innegabile anche la maestria nel mettere in scena cosi tanti personaggi ma il risultato, alla fine, non è stata una storia memorabile.

    Non poteva essere altrimenti, dato che l’enorme handicap iniziale (la necessità di “ricostruire” su fondamenta solide il personaggio Mefisto) ha costretto Borden a un faticoso lavoro preparatorio (ripescaggio di Padma, consulenza in tandem con El Morisco, recupero di Narbas) che si è preso gran parte della storia, con i quattro pards intenti ad ascoltare le elucubrazioni dei loro sapienti alleati sul modo migliore per avere la meglio sul redivivo avversario.

    Che, in conclusione, viene sconfitto da Padma (non da Tex) grazie anche al tradimento del figlio Yama (afflitto da un complesso di inferiorità nei confronti del padre).

    Tutto questo dopo una serie interminabili pellegrinaggi in attesa che si riuscisse ad individuare il covo di Mefisto.

    E se i pards (soprattutto Carson) tradivano spesso una certa impazienza il lettore non stava certo messo meglio, costretto a sorbirsi pagine e pagine di chiacchiericcio su quale fosse la direzione migliore da prendere o il metodo migliore per sorprendere Mefisto.

    Non è colpa di Borden, a cui riconosco impegno, dedizione e talento ma di una enorme falla logica nella costruzione della storia, quasi impossibile da colmare.

    Esattamente come quello nella storia di Hellingen, tanti anni fa.

    Volevate una avventura agile e travolgente? Non era questo il modo migliore per averla. Non andando a ripescare per forza un nemico morto e sepolto, con tutti gli inconvenienti del caso.

    Mi pongo una domanda: se si voleva una storia con atmosfere “alla Mefisto” non si potevano vagliare altre soluzioni, come, ad esempio, l’introduzione di un nuovo personaggio, un nuovo stregone che in qualche modo potesse essere collegato al vecchio nemico?

    Ultima annotazione. Ho letto anche cose non molto lusinghiere nei confronti di Borden, tra cui l’essere autore di questa “Mefistronzata”.

    Beh, ritengo che sia una grave mancanza di rispetto nei confronti di un autore talentuoso e capace. Quello che ha fatto (e ha saputo fare) su Tex è sotto gli occhi di tutti. Sono dispiaciuto per quanto accaduto e mi auguro, per il futuro, maggiore considerazione per chi ci mette l’anima per darci ogni mese una buona storia.

     

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  3. <span style="color:red;">10 ore fa</span>, Diablero dice:

    Mignacco ha avuto, più in piccolo, una parabola simile a quella di Nizzi...  negli anni 80 sembrava essere una giovane promessa... e poi non l'ha mai mantenuta, e ha fatto storie sempre più noiose e svogliate. Non so che cavolo gli è successo, se si è adagiato nella routine della "storiellina del mese" e non si è più impegnato, o se davvero quello che ha fatto era il massimo che poteva fare, o se è scoppiato anche lui molti anni fa senza che se ne sia accorto nessuno, ma le sue sceneggiature per altri personaggi sono sempre state piene di clichè e di ingenuità da principiante... da parte di uno sceneggiatore che ormai si avvicina ai 40 anni di carriera...

     

    Negli ultimi anni è passato continuamente da una collana all'altra (segno che dopo Mister No non lo voleva nessuno), ma è fra i pochissimi sceneggiatori alla Bonelli dagli anni 80 che non ha mai creato niente di menzionabile (Keller? Robinbson Hart? Tropical Blues? Tutto qui in 40 anni?), credo che non sia nella lista degli "autori preferiti" di alcun lettore, ed è da molti anni nella lista (abbastanza breve) degli autori che mi fanno lasciare l'albo in edicola appena leggo il nome. Non perché sia pessimo o mi faccia arrabbiare come faceva Nizzi, ma semplicemente perché le sue cose mi annoiavano e non valevano il tempo di leggerle, figurati il prezzo dell'albo...

     

    Se ben sorvegliato e corretto da Borden al massimo da lui si può sperare in qualche onesto compitino, ma non ci si può certo fare affidamento come un buon autore per il futuro di Tex...

    Diablero, bisogna considerare che Mignacco è molto più giovane di Nizzi (un classe 1960 contro un classe 1938) e davvero ai suoi esordi (nel 1987 con la storia "Venti di guerra" su "Mister No") era giovanissimo e sembrava essere, dati i buoni risultati, un autore su cui contare per il futuro. Poi, a parte il superlavoro che si è sobbarcato su "Mister No (per anni praticamente l'unico sceneggiatore fisso della testata),  ha lavorato moltissimo anche su altre serie (praticamente tutte quelle della Bonelli tranne quelle fantascientifiche) dimostrando di essere, se non altro, un ottimo conoscitore dei vari personaggi bonelliani e un autore prolifico ed affidabile. In tutta questa variegata produzione c'è stata, come è inevitabile che sia, una sequenza di alti e bassi. Tra i primi posso mettere di sicuro la storia di esordio su "Mister No" assieme a qualche altra prova sulla serie , almeno un paio di "Dylan Dog" (tra cui il memorabile "I conigli rosa uccidono), un Maxi Zagor ("Il vendicatore nero", la miniserie "Tropical Blues" e alcune sue prove per la collana "Le Storie". Tra i bassi, ahimè, molta altra roba ma, dato il tipo di lavoro quantitativo che svolgeva anche per altre testate, credo non si potesse evitare. Su Tex finora se non ha brillato di certo non ha steccato. Vediamo in seguito...

  4. <span style="color:red;">10 minuti fa</span>, Grande Tex dice:

    beh Nizzi e' sicuramente meglio di Mignacco, che raramente trovo interessante

    Le prove di Mignacco sul Maxi e sul Magazine non le ho trovate male. A differenza dell'ultima di Nizzi sulla serie regolare dove i nemici facevano  a gara a chi faceva più idiozie....

    • Confuso (0) 1
  5. On 20/7/2020 at 16:55, kento dice:

    Totalmente fuori canone, personalmente la ritengo una delle peggiori storie dei primi 200 numeri. :(

    Probabilmente era una storia scritta molti anni prima, che venne ripescata per esigenze di redazione (mentre lo stesso non accadde per una sceneggiatura, addirittura completamente disegnata, di Tristano Torelli, il creatore del Piccolo Sceriffo)... 

    Io la ricordo come una storia banale ma non totalmente fuori canone. Grecchi ci mise dentro un pò di tutto quello che si credeva facesse avventura, dai mostri resi tali dalle mutazioni al giacimento aurifero come meta finale (e motivo di perdizione per i cattivi) fino allo scambio di identità e alla perfida dark lady che poi alla fine ci lasciava le penne ma mai per mano dell'eroe. Insomma, prevedibile, forse noiosetta ma non fuori registro. Diciamo che con qualche aggiustamento poteva anche andare. Del resto molte storie di Ongaro avevano trovate peggiori (ne ricordo una con due fratelli ma uno era bianco e un altro di colore....:o).

    <span style="color:red;">21 ore fa</span>, Diablero dice:

    A parte il giudizio su Grecchi (conosco troppo poco la sua produzione per giudicare, e quella storia di Mister No non me la ricordo più) devo dire che per quel poco che ho letto dei "classici" della Universo, e molte altre case editrici dell'epoca...  GL Bonelli era modernissimo al confronto. Proprio nel "linguaggio" fumettistico, non solo nelle trame. Le prime storie di Tex possono apparire datate oggi ma se le mettete a confronto di cose pubblicate da altri editori anche dieci anni dopo, sembrano cose di secoli diversi. Il linguaggio è molto più diretto, secco, e allo stesso tempo colorito e inconfondibile (e lo aiuta anche il fatto che pure Galep era un disegnatore molto più "moderno" e "americani" di tanti altri più famosi all'epoca.

     

    È molto più moderno anche del resto della produzione Bonelli (persino di quella scritta da GL Bonelli, ma con altri disegnatori, magari tecnicamente molto bravi ma... non sono Galep), almeno fino alla Storia del West e al momento in cui Sergio Bonelli fa il salto di qualità dopo le prima prove. Dei fumetti di produzione italiana degli anni 40 e 50 gli unici altrettanto "moderni" (per l'epoca) sono Blek e Miki, e hanno trame molto più leggere e semplici, molto più basate su gag e scenette (non so gli altri, ma io quando leggevo qualche Capitan Miki lo facevo per ridere con Salasso e Doppio Rhum, mica per l'intreccio avventuroso...)

     

    Se da una parte l'enorme successo di Tex non ha spiegazioni semplici (e per me molta importanza ha anche il formato della serie gigante), dall'altra chi dice "che non ha spiegazione" dovrebbe  semplicemente leggersi di fianco una delle storie di GL Bonelli e le storie pubblicate contemporaneamente dagli altri editori, mi sa che qualche spiegazione la vede...  :lol:

     

    Oggi, credo che il problema principale del trovare scrittori per Tex è che, fra fanzinari, "artisti di rottura" (non diciamo di cosa...), ironici post-moderni citazionisti e Intimisti Sofferenti, l'Avventura Classica non la sa più scrivere quasi nessuno.  Ma mi sa che all'epoca c'era il problema opposto, non era facile trovare sceneggiatori abbastanza "moderni" per Tex...

    Verissimo, Diablero. Il ritmo e la modernità del Tex delle origini facevano mangiare la polvere a tutta la distinta concorrenza.  Quindi se all'epoca, Bonelli a parte, c'erano solo scrittori "ingessati" che inducevano allo sbadiglio oggi, a parte le varie categorie da te elencate, non esistono scrittori in grado di scrivere una storia avventurosa come si deve. Quei pochi che ci sono sono già al lavoro sulla testata (Boselli, Ruju, persino Mignacco) e si deve persino ripescare un 82enne (Nizzi) dalla pensione.....

  6. <span style="color:red;">18 ore fa</span>, Diablero dice:

    Mi riallaccio alla citazione del nome di Grecchi in questo thread e a quel periodo in cui Bonelli cercava nuovi autori per Tex.  Negli anni 90 è stata pubblicata la collana "Intrepido Classic" che ha ristampato molte storie realizzate per la Universo da Grecchi. Visto il costo e lo spazio che occupavano non li ho presi, con un po' di rammarico perchè sarei stato curioso di leggere personaggi di cui avevo solo sentito parlare. un mio conoscente che li ha mi ha però mandato uno scan dai redazionali del numero 50, scritti da Gianni Milone, in cui è scritto testualmente:

     

    "Luigi Grecchi ambiva a tornare a realizzare nuove avventure del nostro Bufalo Bill. La sua sceneggiatura di prova per Tex non era mai stata approvata, e ne era rimasto dispiaciuto, le risposte evasive al riguardo lo avevano contrariato"

     

    Immagino l'imbarazzo a dare risposte meno "evasive" di Sergio Bonelli, visto che il veto del padre ara proprio sul nome di Grecchi e non sulla singola sceneggiatura. Però da qui pare che Bonelli non si fosse limitato a proporre il nome al padre, ma che avesse commissionato una sceneggiatura di prova a Grecchi. Chissà che fine ha fatto...

    Bel colpo, Diablero! Non ne sapevo nulla. Sarei curioso anch'io di sapere cosa ha proposto Grecchi...

  7. <span style="color:red;">1 minuto fa</span>, Grande Tex dice:

    ma direi di no:angry:

     

    per D' Antonio sinceramente sono contento che non abbia mai scritto Tex, mentre mi spiace per Berardi, anche se se avesse voluto scrivere sulla regolare avrebbe dovuto scrivere storie un po' meno corali

     

    Scusa, non ho capito, non sei d'accordo con quanto dico su Nizzi?

  8. <span style="color:red;">45 minuti fa</span>, Diablero dice:

    "il metodo Julia" su Tex? MAI!!!!  :censored2:

     

    Una catena di montaggio in cui non si riconosce uno sceneggiatore dall'altro (perchè le sceneggiature vengono scritte da altri sotto direttive, paletti molto, MOLTO più stretti di quelli su Tex, che richiedono continui tormentoni, imitando uno stile unico e poi vengono "revisionate" e "berardizzate", nell'apparenza e nelle frasi fatte ma non nella sostanza), con disegni anche qui "omogeneizzati" con riferimenti pesantissimi a foto e fotogrammi? (in Julia non prendono solo i volti e poi li adattano, come con Dylan Dog che non ha mai fatto davvero un espressione da Rupert Evererett in tutta la sua storia, lì il "modello" non è l'attore, è la sintesi che ne ha fatto Villa. In Julia invece i personaggi SONO gli attori, è chiaro che vengono ricalcate foto ed intere sequenze da film)

     

    Lo sai come sarebbe un Tex fatto con il "metodo Julia"? Non distingueresti più una tavola di Ticci da una di Font, dalla quantità di modifiche che gli farebbero (ma è più probabile che per risparmiare sulle spese venga cambiato l'intero parco disegnatori per usante di più economici e "standard"), Le storie prevederebbero almeno 30 pagine di patatine e 20 di "vecchio cammello" e "satanasso" ogni albo. Non ci sarebbero più storie "strane", tutte sarebbero standard, rapina in banca, banditi e stop.

     

    (in effetti, a parte per il lato grafico, non si distinguerebbe molto dal Tex del Nizzi attuale... :lol:).

     

    Berardi su Tex l'avrei voluto, ma sotto la supervisione di altri.  A scrivere e basta. E con il divieto di usare "assistenti"...  :mazza:

    Beh, credo che in questo post tu ci abbia messo molta ironia. Io invece credo che Berardi avrebbe rigato dritto e, da professionista serio quale è, avrebbe dato un Tex all'altezza della tradizione bonelliana e senza per questo essere costretto ad infilare pagine e pagine di "bistecche &  patatine". Ci siamo già sorbiti quasi trent'anni di Nizzi con origlioni e botte di fortuna ad ogni storia. Sui disegnatori non credo che Berardi avrebbe avuto la facoltà di imporre allo staff texiano di "omogeneizzare" il tratto nè avrebbe potuto far sloggiare i disegnatori storici per far posto a dei neofiti yesman. E' curioso constatare che Marcello Toninelli , sceneggiatore titolare di Zagor e notoriamente in contrasto con Gallieno Ferri ed altri nomi storici dello staff  aveva fatto una proposta simile per il rinnovamento della serie: nuove tematiche e sopratutto nuovi disegnatori scelti da lui con Ferri ed altri relegati ad una collana parallela gestita da altri. E' notoria anche la risposta che Sergio Bonelli diede ad una proposta del genere....

  9. On 17/7/2020 at 17:16, Ulzana dice:

    @Ronin per rispondere alla tua domanda su Berardi, non credo sarebbe stato fattibile. Cioè, Berardi mai si sarebbe adattato a una serie piena di paletti e regole come quella di Tex. Certo, ci ha regalato una bellissima storia fuoriserie (che diede il via ai Maxi), ma di più non avremmo potuto chiedere. Poi, un conto è scriverla, altro è gestirla. Berardi vi avrebbe messo la sua mano e il suo modo di vedere il West, e ciò non poteva essere. Si è al servizio di Tex, non delle proprie velleità artistiche.

     

    Tornando a D'Antonio. Nel 1956 era un disegnatore con alle spalle alcuni numeri del glorioso Pecos Bill e varie storie disegnate per Il Vittorioso. Come autore completo aveva realizzato nel 1947, appena ventenne, testi e disegni per Jess Dakota, ma si tratta di un'opera giovanile e ancora incerta. In seguito, lavorando a un fumetto intitolato Il fortino sull'Huron, ideato da Sandro Cassone, firma la sua prima storia da professionista e come autore completo. D'Antonio però doveva solo disegnare la storia e, invece, fece di testa sua e riscrisse tutta la sceneggiatura, dimostrando una notevole intraprendenza. Perché ci vuole anche un po' di coraggio e faccia tosta. Meno male che lui l'ha avuta.

    Non sarebbe stato fattibile? Forse, ma non c'è la controprova. Partendo dai dati certi, Berardi (all'epoca disoccupato visto che Ken Parker aveva chiuso uno dei suoi cicli) accettò la sfida propostagli da Sergio Bonelli e sfornò una signora storia. Peccato che al Sergione la storia in questione non piacque affatto altrimenti  le redini della serie gliele avrebbe date eccome. E dato che si richiedeva una produzione costante di storie il buon Giancarlo  non avrebbe potuto fare altro che adottare il metodo "Julia" con qualche anno di anticipo. Per me se la sarebbe cavata alla grande....

    Su D'Antonio ho appena letto l'editoriale di Borden sul nuovo numero di "Tex Willer" in cui spiega i dubbi dell'autore su Tex. Dice che lo considerava un personaggio "tagliato con l'accetta". Salvo poi specificare che, come tutti ben sappiamo, l'apparente semplicità del nostro ranger nasconde ben altre cose. Forse D'Antonio aveva preso davvero una brutta svista...

  10. On 15/7/2020 at 21:31, Dix Leroy dice:

    Per Storia del West (e probabilmente anche per KP) si è dovuto scegliere tra qualità e quantità.

    D'Antonio fu irremovibile: la qualità doveva essere o costante o addirittura in crescita, mentre Ken Parker voleva diventare una serie di culto

    non un serial dozzinale come ce ne sono stati a sufficienza. Al diavolo la puntualità in edicola e secondo me hanno fatto più che bene!

    Direi che su Ken Parker ti ha risposto con dovizia di particolari il post di Diablero. Su D'Antonio continuo a pensare che l'abbandono dopo pochi numeri di Calegari e l'impegno di dover badare anche ai disegni per più numeri del previsto abbia influito sulla sua produttività. 

    On 16/7/2020 at 10:12, Carlo Monni dice:

    Ottima disamina che mi ha risparmiato di scrivere un lunghissimo post in cui avrei detto le stesse cose.:laugh:

     

    Aggiungo su D'Antonio, che lui era uno scrittore lento e che per lui scrivere un mensile di 96 pagine era un problema (e difatti Bella e Bronco di pagine ne aveva 64 proprio per questo).

    .La scelta di realizzare solo quattro/cinque albi all'anno era programmata fin dall'inizio ed il lettore era fidelizzato eccome perché aveva la certezza che almeno ogni tre mesi l'albo sarebbe uscito.

    La serie vendeva? Io ne sono convinto. Non ristampi ed ampli addirittura una serie che è stata un flop commerciale e la ristampa vendette così bene che si pensò seriamente di proseguirla  come Storia d'America 

    Il progetto abortì per volontà dello stesso D'Antonio che, a detta di Sergio Bonelli, temeva di non essere capace di mantenere la necessaria obiettività.

    Chi ha comprato il volume sulla Storia del West curato da Luca Barbieri ed ha potuto leggere la proposta per quella serie mancata che vi è contenuta credo che non possa non provare rammarico per ciò che ci siamo persi.

    Beh, quindi il famoso format di 64 pagine che adesso la Bonelli sembra tanto apprezzare per il suo Tex Willer l'ha inventato D'Antonio? Un grande in tutto!;)

    P. S. Carlo, non ho il volume che citi, esattamente cosa avevano proposto?

    <span style="color:red;">21 ore fa</span>, Ulzana dice:

    Perciò Tex rappresenta un caso quantomai unico nel panorama editoriale, perché è riuscito a essere popolare e ha mantenuto una qualità costante (con anche molti bassi, ma ci sta) nel corso del tempo. Fumetto onesto, senza nessun tipo di velleità, voglioso di divertire il pubblico, tanto da diventare un fenomeno non solo commerciale (le sue tirature sono ineguagliabili), ma anche sociale, visto tutte le diatribe politiche e non in cui è stato coinvolto, segno che il personaggio era centrato, faceva scattare un processo di identificazione nel lettore. A questo proposito, l'impresa di Gino D'Antonio è ancora più rimarcabile, proprio collegandomi al discorso di Diablero, in quanto SOLO lui poteva riuscire a coniugare insieme fumetto popolare e d'autore (anche se, per quanto mi riguarda, sono definizioni che non amo tanto, per me il fumetto è fumetto, buono o brutto). Ma non era mai DIDASCALICO. D'Antonio ti presentava una ricostruzione precisa delle varie fasi dell'epopea western, mantenendo una cornice di fantasia, facendo agire personaggi veri dell'epoca con personaggi inventati e che, spesso, entrambi sconfinavano: alle volte, i personaggi veri sembrano quelli "romanzati", quelli inventati apparivano reali. Se non è abilità dell'autore questa? Qualcosa di simile l'ha fatto anche il Bos, prima su Zagor, inserendo nella serie Poe e il Cain di Howard, e soprattutto su Dampyr, mescolando generi, personaggi storici, intrecci narrativi.

     

    Le vendita di Storia del West erano buone (certo non erano quelle di Zagor o Mark, per dire), perché la Collana Rodeo nacque come contenitore e quindi, inizialmente, si è potuto far "respirare" gli autori (D'Antonio, Polese e Tarquinio) dando al pubblico vecchi personaggi di GLB (un "usato sicuro") e qualche buona novità, con storie singole scritte da altri. In definitiva ci tengo a dire, essendo il suo topic, che tutti noi non si debba mai smettere di ringraziare uno come D'Antonio. E celebrarlo tutte le volte che si può. 

     

    Forse Ken Parker ha avuto la sfiga di uscire in un periodo in cui le serie maggiori della Bonelli erano mensili. Se penso alle miniserie tipo Gea o Lilyth di Luca Enoch, in tal senso Berardi & Milazzo, forse, avrebbero trovato la quadratura del cerchio... ma forse no. Devo dire che, in vari editoriali di Berardi letti negli anni, ha sempre riconosciuto in Bonelli un editore ideale. Su Berardi autore taccio: sono troppo di parte, la sua grandezza non si discute. Però la "lezione" editoriale, ossia imparare dagli errori gestionali di Ken Parker, che sono stati suoi e non di Sergio Bonelli, che gli aveva dato un buon staff con cui lavorare, penso l'abbia recepita: la serie Julia esce da più di venti anni, è un prodotto (nel bene e nel male ogni cosa diventa prodotto quando lo si deve vendere) e rende bene. Inizialmente era una serie più noir e cupa (e a me piaceva molto di più), poi si sa come andarono le cose e la sua derivazione comedy imposta dall'editore. Naturalmente, Julia è una serie pensata PROPRIO come un serial, tipo quelli americani Law & Order e similari, con cast fisso, episodi singoli, continuity blanda e una sorta di regia generale. Per questo tutto sembra omogeneo, però attenzione, leggendo le storie si avverte la "mano" di Berardi, la capacità di trattare i temi della società contemporanea, una certa sensibilità e un'attenzione al linguaggio più marcata rispetto ad altri fumetti (sembra una cosa banale, ma è stata la prima collana seriale mensile della Bonelli in cui si è usato il "lei" piuttosto che il "voi", di recente si è accodato anche il Dylan Dog gestito da Recchioni). Bisogna dargliene atto e leggere Julia per capirlo. Non credo proprio, per rispondere a Diablero, che in Julia ci sia meno "bonellianità" o che non abbia qualità. Forse è più simile a Diabolik, come gestione autoriale, i disegnatori seguono uno stile preciso che deve essere uniforme e, infatti, si fa fatica a riconoscere quel tratto da un altro. Forse in questo è meno "bonelliana", ossia non c'è la varietà apportata dai singoli disegnatori, non c'è spazio per altri sceneggiatori (in effetti Berardi non permette a nessun autore di scriverci, a parte Calza e Mantero, che sono collaboratori e MAI autori unici di una storia). Sarà una scelta precisa sua, vado off topic, ma mi chiedo se, altri autori, non avrebbero poi potuto portare linfa alla serie. Però mettiamoci d'accordo: per anni, chi bazzica i forum o i social lo sa, i lettori di Dylan Dog, per fare un esempio, hanno fracassato i MARONI sulla quantità di autori del post Sclavi. Nessuno andava bene, nessuno era bravo, nessuno scriveva come Tiziano (e come si potrebbe?)... forse in questo senso Berardi si è trincerato dietro il suo assolutismo autoriale e ha detto "me lo scrivo io, revisiono io, e se vi va, lo comprate, se no attaccatevi". E' solo un'ipotesi mia, naturalmente... magari Berardi è un buon egoista che vede Julia come una "figlia" e se la gestisce come gli pare e nel modo che vuole.

     

     

    Posso fare una piccola provocazione? A me sarebbe piaciuto, dopo l'uscita del suo "Oklahoma", vedere Sergio Bonelli che consegna a Berardi le redini della serie "Tex", al posto dello ormai sfiancato Nizzi, e quest'ultimo che, in anticipo di qualche anno, applica la sua idea di "fumetto di qualità fatto in serie" che poi avremmo vista applicata su "Julia" a partire dal 1998. Lui autore di tutti i soggetti e un paio di aiutanti fissi alle sceneggiature per mantenere una produzione  costante. Avrebbe funzionato? 

  11. <span style="color:red;">28 minuti fa</span>, Diablero dice:

    A quanto ne so, la scelta di chiudere la prima serie di Ken Parker fu di Berardi e Milazzo, attratti dal miraggio di venderla in Francia nel formato delle puntate successive. Bonelli avrebbe continuato a pubblicarla, almeno finchè le vendite non fossero scese sotto il livello di guardia (e all'epoca Ken Parker NON era la serie Bonelli meno venduta...)

     

    Sulla necessità di uscire tutti i mesi in edicola, è vero che vuol dire che non tutti i numeri saranno disegnati da Milazzo, ma questa "necessità" ci ha dato storie come il ciclo degli inuit (disegnato da Alessandrini e Marraffa), "ranchero", "storie di Soldati", "a proposito di gioielli ed imbrogli", etc., anzi, se sin dall'inizio non avessero fatto caso a quella necessità, non avremmo avuto quasi la metà delle storie di Ken Parker di quella serie.

     

    Credo (anche se su questo, a differenza di quello che ho scritto sopra, non ho testimonianze) che i ritardi degli ultimi mesi siano dovuti non tanto al dover "mantenere la qualità" (che era alta anche quando era mensile), quanto al desiderio di Berardi e Milazzo di far considerare la serie una serie più "autoriale", realizzata solo da loro due (più Trevisan) sul modello delle serie francesi, e non come una serie Bonelli. Si vede per esempio che negli ultimi anni Berardi sceneggia SOLO le storie per Milazzo e Trevisan, lasciando il compito di sceneggiare le storie per gli altri disegnatori a Maurizio Mantero, Tiziano Sclavi e persino a Alfredo Castelli!

     

    La serie comunque è mensile (con un singolo mese saltato ogni tanto) per gran parte del suo corso, poi aumentano i mesi saltati (nel 1982 escono solo 9 albi, dal 45 al 53) ed è solo nel 1983 che l'uscita diventa sporadica, con solo 4 albi (dal 54 al 57). Ma credo che nel 1983 la chiusura fosse già decisa, visto che non vengono messe in cantiere nuove storie di altri disegnatori che non siano Milazzo, Tarquinio e Ambrosini (che non sarebbero mai riusciti a reggere la serie da soli) dal 1982.  il massimo stacco è fra il 57 e il 58, "sciopero", da agosto 1983 a aprile 1984 (tutti erano convinti che la serie fosse stata chiusa, dopo 8 mesi...), che Milazzo termina dopo oltre un anno dalla sua storia precedente (e si deve fare pure aiutare, è un segreto di Pulcinella che non tutto "Sciopero" è di Milazzo...) e il mese dopo esce l'ultimo numero disegnato da Ambrosini.

     

    Quindi, dire che non sarebbe stato possibile fare Ken Parker mensile mantenendo la qualità, vuol dire che la qualità dei numeri dal numero 1 al 53 (mensili o quasi) è chiaramente inferiore a quella dei numeri dal 54 al 59...  :lol:

     

    No, il problema lì non era la qualità, era l'idea del personaggio che avevano Berardi e Milazzo, che volevano una serie "d'autore" e non una serie bonelliana

     

    (notare che "un principe per norma" inizia su Orient Express nel luglio 1984, solo due mesi dopo l'ultimo numero del bonelliano, e quindi si capisce perchè Trevisan era assente dal bonelliano dal 1982, perchè Milazzo fa fatica a finire "Sciopero" in tempo, e forse anche perché le ultime due storie sono state pubblicate con tanto ritardo ma a ridosso dell'uscita della serie su Orient Express...  )

    Molto interessante e precisa la tua ricostruzione, Diablero. Ma sul tema "qualità" che ne dici delle dichiarazioni di Berardi stesso il quale ha detto chiaramente che c'erano dei problemi con alcuni disegnatori come Marraffa, suggeriti e/o imposti da Sergio Bonelli, che non riuscivano a sintonizzarsi sulle sue sceneggiature? Credo che comunque anche questo abbia influito sulla produzione di albi necessari alla presenza mensile nelle edicole. Tornando al tema di questo topic, credo che il problema di D'Antonio con la sua serie fosse più o meno lo stesso, dato che Calegari si ritirò dal progetto quando era ancora agli inizi e lui, in qualità di unico sceneggiatore, doveva pensare a rifornire i disegnatori rimasti oltre che darsi da fare lui stesso con i pennelli per arrivare alla conclusione della serie....

  12. <span style="color:red;">48 minuti fa</span>, Ulzana dice:

    Purtroppo vado a memoria, Ronin, e citerei davvero l'intervista o il trafiletto dove lessi questa cosa. Questa dichiarazione, però non era intesa come cattiveria, anzi. Era una meraviglia che molti avevano all'epoca, non solo Gino D'Antonio. Perché il successo di Tex era (ed è, visto che regge ancora benissimo nonostante i settant'anni e passa d'età) proprio unico e incredibile. Storia del West, pur essendo una serie nobile e piena di buoni propositi, scritta in modo superbo,  molto più "realistica", non suscitava grande interesse, se non da parte di un buon gruppo di appassionati che acquistava la Rodeo, ma niente in confronto alle vendite stratosferiche che Tex iniziò ad avere verso la fine degli anni Sessanta e nel decennio successivo. Storia del West durò alcuni anni, certo, ma non divenne mai un caso editoriale. Solo Tex ha avuto alte tirature e grande qualità, binomio che non sempre è riuscito, anche a serie blasonate. E penso purtroppo a Ken Parker. Mai stato un successone. Un fumetto di nicchia, innovativo, bellissimo, ma mai un successo che ne ha permesso una diffusione lunga nel tempo. 

     

     

     

     

    Capisco. Beh, solita vecchia storia. Anche se mi permetto di aggiungere un dettaglio. A mio parere, quello che davvero ha determinato la fine di Ken Parker in edicola (parlo della mitica prima serie) è stata la snervante irregolarità delle uscite. A parte il primo anno di pubblicazioni (e forse metà del secondo..) la serie non è mai riuscita a rispettare la canonica mensilità a cui erano abituati i lettori delle altre serie Bonelli. Ora uno può avere in mano anche una serie di qualità eccelsa ma se non riesci a fidelizzare il lettore e lo costringi a passare in edicola ogni giorno a chiedere se è uscito il nuovo numero, se lo obblighi a saltare uno, due o anche sei mesi prima di leggere l'avventura successiva è chiaro che, per forza di cose, la serie è destinata a non avere mai uno zoccolo duro di seguaci che gli garantisca la sopravvivenza. Forse, in piccolo, è stato questo anche il problema della "Storia del West"....

  13. <span style="color:red;">19 ore fa</span>, Ulzana dice:

     

    Ma non era però una costrizione. D'Antonio non ha mai voluto cimentarsi con Tex (di cui si meravigliava del suo successo, rispetto alla Storia del West). Solo negli ultimi anni della sua vita si è cimentato e avrebbe avuto carta bianca per scrivere quello che voleva lui. Certo, si capisce che avrebbe giovato uno come D'Antonio nello staff di Tex, in alternanza con Boselli e il primo Nizzi, ma ci pensi che trio. Come avrebbe giovato un Nizzi a servizio attivo su Nick Raider, perché era un suo personaggio e ne ha scritte di bellissime storie...

    D'Antonio si meravigliava del successo di Tex? questa mi giunge nuova....   Ne sai di più?

    <span style="color:red;">53 minuti fa</span>, Carlo Monni dice:

     

    Che è quello che ho sempre detto anche io: il numero di pagine non è un limite èer chi sa scrivere.

    Puro buon senso!

  14. <span style="color:red;">1 ora fa</span>, Carlo Monni dice:

     

    Allora sarebbe anche il caso di chiudere questo topic e trasferirsi tuttiin quello di "Seminoles", che è l'unica storia di Tex che ha scritto e potremmo, quindi, parlare solo di quella.

    Nel qual caso io voto no.

    Affatto, Carlo. Ho creato questo topic per parlare non solo di quello che D'Antonio ha fatto per Tex (per nostra sfortuna una sola storia) ma anche e sopratutto su quello che aveva in mente di fare.  Le tue informazioni in merito sono state preziose. Qualcuno ne sa di più?

    <span style="color:red;">1 ora fa</span>, Diablero dice:

     

    Ah, allora È COLPA TUA!!!!  :mazza:

     

    ..tornando a D'Antonio e a Tex, certo che era un bel controsenso: tenere D'Antonio su Nick Raider e Nizzi su Tex!  :rolleyes:

     

    Probabilmente non avrebbe mai potuto essere un vero "erede" di GL Bonelli (come non lo era Nizzi, d'altronde), nel senso che probabilmente molti aspetti di Tex non erano nelle sue corde (quello "magico" per esempio), ma se affiancato ad altri autori non sarebbe stato un problema. E in compenso sapeva scrivere western e avventura tradizionale, cosa sempre più rara...

    Decisamente. Nizzi, per il suo impegno totalizzante su Tex, abbandonò la sua creatura Nick Raider nelle mani di altri autori, tra cui anche alcuni futuri sceneggiatori texiani come Manfredi , Faraci e Mignacco. Tra i vari che si alternarono ai testi della serie poliziesca della Bonelli ci fu anche il grande Gino che diede ampie prove della sua classe. Ma pensare che si era ritrovato a lavorare su una serie minore della Casa Editrice, in sostituzione di Nizzi,, mentre il creatore della stessa sudava sette camicie per assicurare la presenza in edicola del ranger  fa pensare che uno scambio dei ruoli avrebbe giovato a tutti. Occasione persa.

  15. Grazie, Diablero. E' singolare notare che lo stesso D'Antonio scrisse molte ottime storie di Nick Raider, proprio la testata che lo stesso Nizzi aveva creato e che fu costretto ad abbandonare per dedicarsi interamente a Tex. Insomma magari un pò più D'Antonio su Tex e un pò più Nizzi su Nick Raider non avrebbe proprio guastato......

  16. Come sapranno in molti, qui sul forum, ad inizio anni '80 (o addirittura gli ultimi anni del decennio precedente) vi era stato il notevole calo quantitativo (e anche qualitativo...) della produzione di nuove storie da parte di G. L. Bonelli che aveva indotto il figlio Sergio prima a dare una mano al genitore nella stesura delle sceneggiature e poi ad individuare un autore in grado di prendere stabilmente il posto del padre in modo da assicurare l'uscita mensile dell'albo. Alla fine era stato scelto Claudio Nizzi che poi sarà lo sceneggiatore principale del personaggio almeno fino al 2012, anno in cui è stato nominato curatore il nostro Borden. Ma, prima della scelta di Nizzi, si sa che Sergio Bonelli aveva contattato Gino D'Antonio che, allora, aveva appena portato a compimento la sua "Storia del West" per chiedergli di cimentarsi con Tex. D'Antonio rifiutò la proposta e fini per scrivere solo una storia di Tex in tarda età (il Texone "Seminoles"  su spunto di Nolitta). Ora, contando sopratutto sulle conoscenze in materia degli esperti del forum e magari qualche ricordo di Mauro Boselli, vorrei chiedere quali furono, con precisione, i motivi che spinsero D'Antonio a rifiutare la proposta di Sergio Bonelli. Non sentiva Tex nelle sue corde? Voleva fare altro dopo l'esperienza della "Storia del West"? Non pensava di poter reggere l'impegno di una serie a durata illimitata? Grazie a tutti in anticipo per le risposte!

  17. Ok, Borden, ma, visto che dei vecchi spunti di G. L. Bonelli sembra che non ci si possa ricavare nulla (neanche facendo una operazione di sviluppo di una trama anche esile come facevano i ghost writers salgariani lavorando sugli abbozzi del Capitano) e che il tentativo di clonare se stesso di G. L.  tramite l'ausilio tuo e del figlio Giorgio non è mai andato al di là delle mere intenzioni, sarei interessato a chiarire anche alcuni aspetti del lavoro di revisione delle sceneggiature operato da Tiziano Sclavi su alcune storie del vecchio Bonelli. Tralasciando, per ora, "La minaccia invisibile" , della cui genesi ne sappiamo qualcosa, vorrei sapere se, per esempio, Sclavi, operando su una sceneggiatura di 80 pagine, dilatava soltanto alcune sequenze per arrivare alla canonica lunghezza di 100 pagine oppure inventava parti della sceneggiatura ex novo per poi raccordarle con il resto, cercando di imitare lo stile di G. L.? Se non poteva intervenire sui soggetti, molto esili e che comunque non credo G.L. portasse all'attenzione della redazione se non verbalmente (il famoso "Tex arriva e le suona a tutti!") magari aveva la possibilità di proporre lui stesso qualche spunto?

  18. On 27/6/2020 at 19:34, ymalpas dice:

     

     

    Ci sono dei soggetti glbonelliani, rinvenuti casulamente qualche anno, da trasformare in nuove storie: soggetto Gl Bonelli / Sceneggiatura M. Boselli. :lol:

    Sai anche più o meno quanti sono? e se sono dei semplici spunti, degli abbozzi di storia o dei soggetti veri e propri? e a che periodo risalgono?

    On 27/6/2020 at 20:35, borden dice:

    Gli abbozzi esistono, ma sono come l'ultimo demo di John Lennon. Incompleti. Ne vale la pena?

    Borden, sono un pò come gli abbozzi dei romanzi che il Capitano Salgari aveva lasciati in gran quantità nell'ultima parte della sua vita? Una serie di trame appenna accennate ma insufficenti a dare l'idea precisa della storia? Sono un pò come le storie uscite nel periodo tra l'83 e l'89 che furono in parte riviste dalla redazione (Sclavi per la maggior parte ed una lo stesso Nizzi)?

  19. On 27/6/2020 at 14:20, valerio dice:

    Qua abbiamo detrattori feroci di Nizzi al punto di non dormirci la notte, se lo vedono nei sogni come nelle visioni dettate da Mefisto.

    Ohilà, non so se questa simpatica osservazione di Valerio sia riferita anche a me. Ma nel caso lo fosse, mi sento in dovere di rassicurarlo altrettanto simpaticamente: ben lungi da provocarmi terrificanti visioni in stile Mefisto le storie di Nizzi, almeno la maggior parte, data la loro estrema prevedibilità  mi risultano noiose con, però, il piacevole effetto collaterale di conciliarmi per bene il sonno. Quindi, in caso di  momenti di insonnia anche dovuti al caldo estivo, un paio di albi del Tex Nizziano mi conviene sempre tenerli sul comodino....:rolleyes:

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  20. <span style="color:red;">8 minuti fa</span>, borden dice:

     

    Beh, veramente non ci si era proprio organizzati, e non si è mai arrivati al punto di rendere operativa e professionale 'sta cosa. Non è che in fin dei conti volesse davvero farlo, si procrastinava, si faceva casino, si proponevano spunti su spunti (qualcuno l'ho ancora) e lui li bocciava tutti. Non poteva funzionare! Ma eravamo allegri così.

    Di certo finché non ha avuto l'ictus che lo ha debilitato, anche quando già Nizzi scriveva da anni, anche quando io già avevo firmato le mie prime storie, lui ogni tot  tornava con rimpianto su 'sta cosa, sperando di realizzare uno Speciale firmato da lui con il mio aiuto. Ma sapeva che non ci sarebbe stato permesso, che forse non ci saremmo più riusciti e quindi se ne parlava e basta. Nessuna azione, ahimè.

    Capisco. Peccato, un vero peccato. Magari, cosi organizzata,  la produzione di storie texiane sarebbe stata assicurata ancora per molti anni.

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