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TWF - Tex Willer Forum

Juan Ortega

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Tutto il contenuto pubblicato da Juan Ortega

  1. Visto che in questo post si parlava di "volumi di vendita" della Bonelli, oggi mi sono imbattuto in questo articolo propostomi dal solerte Facebook: Tex: crollo nelle vendite! Quale futuro? "Quanto vende Tex? Ci riferiamo alla collana mensile che ospita le storie del Tex attuale da non confondere con il mensile Tex Willer di 64 pagine che è dedicata alla narrazione di storie inedite di Aquila della Notte nei suoi primi anni. Un recente articolo di Sauro Pennacchioli apparso su Giornale Pop ha svelato il dato più recente. Rispondendo ad un lettore che poneva il quesito nella pagina delle lettere al direttore, ha dichiarato: 120.000 copie! Un crollo verticale se questo dato viene confrontato con quello degli anni precedenti. Pennacchioli ha parlato di voci bene informate e quindi allude ad addetti ai lavori, magari dipendenti o collaboratori della Bonelli, i quali gli avranno spifferato tutto. Nel 2012 Tex vendeva 210.000 copie, ma due anni dopo nel 2014 le vendite erano scese a 190.000 copie. Il calo di Tex non si è mai fermato per due motivi: storie ripetitive e carenza di nuovi lettori. Nominare curatore Mauro Boselli nel 2012 non è servito a niente. Boselli scrive bene ma viene ritenuto troppo verboso e vincolato a schemi rigidi e antiquati nella costruzione delle storie. Non a caso offre il meglio di se nella collana del giovane Tex dove può sbizzarrirsi di più. Tex così com'è oggi non è in grado di attirare nuovi fan e seguiterà a calare di questo passo. Anche noi abbiamo smesso di leggere Tex con il n. 692 e venduta la collezione. Oggi leggiamo soltanto Tex Willer, la serie del giovane Tex che, come detto, è tutta un'altra storia. La Bonelli non mostra di curarsi più di tanto del calo della sua serie principale. 120.000 copie oggi sono tante ma se la media delle perdite è di circa 10.000 copie l'anno, tra cinque anni Tex venderà la metà di oggi. Tex Willer giovane va meglio: il primo numero ha venduto 100.000 copie e secondo Burattini oggi si è assestato sulle 60.000 copie." Il link è qui: https://comixarchive1.blogspot.com/2021/10/quanto-vende-tex-ci-riferiamo-alla.html Sinceramente non so come interpretare un articolo del genere, che si basa su vaghe indiscrezioni (la "gola profonda" della Bonelli...) e non ha nemmeno una firma. Puro pettegolezzo o fondamento di verità?
  2. Juan Ortega

    La vostra sequenza preferita

    "Perchè a carbonara è un sogno"
  3. Juan Ortega

    [Maxi Tex N. 04] I Due Volti Della Vendetta

    Segura non ci risparmia proprio nulla in questi due episodi che compongono questo Maxi: morti a go-go ammazzati in tutti i modi, torture ben illustrate, linciaggio con dovizia di particolari, donne e bambini crivellati di colpi. Va bene essere realistici ma qui, secondo me, c'è pure troppo e, talvolta, in modo pure gratuito. Il primo episodio ("La collera di Tex", titolo sui generis per nulla rappresentativo della storia) mi sembra un pò un collage di alcuni pezzi slegati tra loro e tenuti insieme a forza. Ma soprattutto sono i personaggi che funzionano poco e male, a partire dall'eterogenea combriccola di Don Luis Toledo che, nonostante sia lampante che il tesoro sia solo una chimera e che il loro capo sia fondamentalmente un folle invasato a caccia di vendetta, fino all'ultimo fanno la figura dei creduloni. Creduloni e pure tonti, tanto da bersi come un bicchiere d'acqua la storiella della finta "eutanasia" del prode Tomasito. E che dire del capitano Ellis, figura al limite del demenziale per come gestisce tutta la vicenda? L'assedio allo store interno al forte senza sapere cosa sia successo è quasi comico. Personalmente anche il suicidio finale mi è sembrato un pò forzato per un personaggio fondamentalmente avido e codardo. "Odio implacabile" l'ho trovato più centrato e meglio sceneggiato. In questo caso la brevità della storia ha aiutato Segura che imbastisce una trama scorrevole con tanta azione. Sorvolando sul messicano che "resuscita" e fa fuori il fratellastro, non trovo grandi difetti alla storia che, seppur tutt'altro che memorabile, si fa leggere bene. Forse il giudizio migliore lo da' proprio Tex nel finale della seconda storia: "Troppi morti per i miei gusti". Amen.
  4. Il pregio maggiore di questa storia è il divertimento che procura. Ritmo incalzante, un Tex più risoluto e dinamico che mai e una bella pulizia in un covo di farabutti come Canyon Diablo. Situazioni come queste (penso tra le altre a "Gilas") mi hanno sempre intrigato tantissimo. Anche se qui l'eroe non è solitario ma accompagnato dai tre inseparabili pard (in gran spolvero tra l'altro), mi piace come faccia cadere rapidamente le certezze e la sensazione di intoccabilità degli antagonisti che, di sicuro, non si aspettano un avversario come Tex. L'apprezzamento a questa storia va oltre un soggetto non particolarmente originale e a villains di una pochezza disarmante; tolta l'ambigua Lena Bond (comunque figura di secondo/terzo piano) il resto suscita addirittura compassione per come venga continuamente sbatacchiato e umiliato da Tex. Il nostro ranger qui è in versione deluxe: duro, spietato, totalmente determinato, perfino gradasso se non addirittura smargiasso in alcune occasioni. Ha quell'arroganza che calza a pennello in queste occasioni, dove non si può usare il fioretto ma occorre andare decisi e diretti. I dialoghi di GLB sono, come capita di frequente, la ciliegina sulla torta: brillanti, spassosi, ben esplicativi della statura del nostro Tex. Raro caso in cui non concordo con @Leo. Il tratto di Muzzi non mi piace proprio, a me delude praticamente sempre. Non a caso suoi sono i disegni di quelli che ritengo gli albi peggiori di questo secondo centinaio, ovvero la sconclusionata "Dama di picche" e l'insipido "Ultimo poker". Tra l'altro lo stesso Muzzi dichiarò di sentirsi poco a suo agio con Tex che non sentiva particolarmente "suo". A peggiorare le cose i ritocchi al viso di Tex fatti da Galep che, in diversi casi, hanno proporzioni decisamente errate (corpo piccolo per una testa troppo grande e viceversa).
  5. Giuro che a questa mi sono capottato dalle risate Più chiaro ed esplicativo di così era impossibile!!! Intendi che fossero già iniziati i problemi di salute? Avevo letto anch'io qualcosa in proposito tempo fa... E' un argomento sul quale è sempre stato (più che giustamente) tenuto uno stretto riserbo. Certo che le ultime cose di GLB pubblicate lasciano veramente pensare...
  6. Juan Ortega

    [Maxi Tex N. 03] L'oro Del Sud

    Segura si conferma penna più che affidabile. In questa seconda storia ha limato alcuni eccessi presenti nel precedente "Cacciatore di fossili", in particolare l'errata caratterizzazione di Carson, qui sicuramente più consono allo standard bonelliano. Resta qualche scena un pò pesante (vedi le terribili impiccagioni o lo sterminio della famiglia del battello) che però non trovo gratuite ma ben inserite nella sceneggiatura dell'autore spagnolo. La cosa che mi è piaciuta di più è l'atmosfera presente nella storia, malsana e mefitica come la palude rappresentata più che efficacemente da Ortiz. Al di là della retorica del Sud che, nonostante la sconfitta, non si piega ai vincitori nordisti, c'è un sentimento comune di rivalsa e mal riposto orgoglio ben esplicitato nelle esternazioni di Buchanan e soci. Uomini deboli e avidi, interi villaggi ridotti alla fame (strascico inevitabile di una folle guerra che ha generato solo morte e dolore) una natura inospitale e piena di pericoli. Questo fa da sfondo alla caccia dei due pard per fermare sul nascere la nuova rivolta confederata. Rimane qualche situazione un pò stucchevole (tipo alcuni dialoghi con Isaia), ma nel complesso la storia si fa leggere senza problemi e continua gli appuntamenti di qualità con questi primi Maxi (anche se Oklahoma resta inarrivabile).
  7. Ero curioso di leggere gli altri commenti alla storia per verificare se le mie perplessità fossero state già condivise da altri e cosa ritrovo nella metà dei post? Nizzi ovviamente Peggio del prezzemolo quest'uomo!! Dopo un inizio decisamente interessante, la storia ha una serie di incongruenze che fanno scricchiolare tutto l'impianto narrativo, ben esplicitate dal buon @Leo: Nel procedere la storia ha anche alcune scelte originali (il lungo pedinamento a Carver e l'infiltrato all'interno di Yuma) e, tutto sommato, si fa leggere con piacere ma la ritengo un episodio minore che non mi ha soddisfatto del tutto. Ticci in forma, con un tratto sempre più personale.
  8. Juan Ortega

    [Maxi Tex N. 02] Il Cacciatore Di Fossili

    Non posso iniziare senza prima riconoscere il grande sforzo profuso da Segura nello sceneggiare questa lunga ed impegnativa storia (ben 350 pagine!). Niente da dire, proporsi a Sergio Bonelli con una storia del genere è sinonimo di grande sicurezza nei propri mezzi e, direi, anche di una discreta faccia tosta. Tra l'altro con un tema ispirato ad un fatto storico (la localizzazione di giacimenti fossili nei territori del Montana) decisamente originale ed intrigante; a memoria mi sembra un unicum nella lunga storia texiana. L'impronta del compianto autore spagnolo è ben evidente: tanti personaggi eterogenei tra loro, una certa efferatezza di alcune scene, raramente viste prima su Tex, dialoghi asciutti. La storia a grandi linee funziona e cattura il lettore fino al suo epilogo, che si dimostra tutt'altro che scontato. Mi è piaciuta molto la figura di Barnum, che a poco a poco riesce a guadagnarsi la fiducia di Tex e a dare grande dimostrazione di coraggio, soprattutto perché conscio di essere sempre più prossimo alla fine della pista. Azzeccata anche la figura del terribile Four-Bears, che sfoga il suo rancore verso l'uomo bianco con una crudeltà senza pari, rancore ben esplicitato nel breve colloquio con la madre Yana prima di fuggire. Trovo però alcuni difetti per me abbastanza evidenti. In primis il "trattamento" riservato a Carson, fondamentalmente sempre alla ricerca della bottiglia (se non del barilotto) alla stregua di un vecchio alcoolizzato. Alcune sue uscite sono veramente di pessimo gusto, tanto da farlo diventare irritante all'occhio del lettore. Personaggio totalmente sbagliato. Ci sono poi alcune scene incomprensibili, tipo il tentativo di Carson di disinfettare la ferita di Barnum gettandogli addosso del whisky (aridaje...), oppure quando i due pard sorprendono i loro compagni accampati alla roccia del fossile e si fanno trovare intenti a mangiare lo stufato ("vi abbiamo fatto uno scherzetto", esclamano...). Per i miei gusti anche la visione di Manitou è perlomeno strana, ma, tutto sommato, più che accettabile. Ma la cosa che più mi ha lasciato perplesso è la figura di Charles Sutter che, a parte alcune dimostrazioni gratuite di ferocia e di pura follia, si dimostra figura alquanto sfumata, quasi un di più nella storia. Considerando che viene rappresentato in copertina e dovrebbe essere lui a darne anche il titolo (ma a questo punto forse è Cope...) mi sembra una decisa stranezza. Se la pista di Four-Bears si incrocia con quella di Cope & co., Sutter rimane estraneo alla vicenda, entrando solo alla fine nello scontato duello con Tex. A tal proposito, leggendo una vecchia intervista di Segura apparsa su "Fumo di china" nel periodo in cui la storia era in lavorazione, alla precisa domanda di riassumere il soggetto, Segura non fa menzione di Sutter ma esclusivamente di Four-Bears e di Cope. Sembra quasi che Sutter sia stato un'aggiunta posticcia per allungare un pò il brodo... Ortiz, pur non essendo uno dei miei disegnatori preferiti, è molto efficace con le sue tavole e riesce a rappresentare molto bene le pagine sceneggiate da Segura. Secondo me prova più che buona.
  9. Juan Ortega

    [53/55] Il Grande Re

    Bella recensione @Poe Riletta tempo fa, incuriosito dal pard @Grande Proteus che la premiò come migliore storia nella sua personalissima TOP50, ne ho ricavato anch'io impressioni molto simili alle tue. Storia veramente avvincente, imbastita come meglio non si potrebbe. Ecco il genio dello sceneggiatore!! Poteva venir fuori un pastrocchio con un'idea così particolare, invece GLB riesce a farla diventare il valore aggiunto alla storia.
  10. Ricordo nitidamente da piccolo quanto questa storia mi attirasse per la sua tematica insolita e per il fascino che quegli strani avversari emanavano. Riletta in seguito il mio entusiasmo si affievolì sempre più, fino ad arrivare ad una sensazione fondamentalmente di noia. Si potrebbe ridurre la storia ad un vero e proprio massacro di tuareg, eseguito con solerzia dai nostri quattro pard accompagnati per l'occasione dagli amici Apache e da alcuni soldati, che conteranno invece giusto un paio di feriti. Sproporzione evidente quanto curiosa, dato che proprio Tex nel primo scontro afferma che si tratta di buoni tiratori. I casi sono due: o Tex è incappato nell'unico tuareg capace di sparare oppure i nostri hanno sempre avuto una fortuna sfacciata!!. A parte le battute devo dire che considero questo episodio non del tutto riuscito: da un soggetto interessante e originale, tra l'altro derivante da un fatto storico che Sergio Bonelli aveva suggerito al padre (l'esistenza di un corpo cammellato negli Stati Uniti dal 1856 al 1863), viene imbastita una storia tutto sommato priva di grandi slanci, a tratti confusa e noiosa, con un finale forse un pò affrettato e pure un pò banale. Insomma, tranne la brillante parte iniziale in cui i nostri si presentano nel famigerato penitenziario di Yuma come ospiti ma, come dice Tex, "per non restarci", considero questo "Fantasmi nel deserto" una delle storie meno convincenti di GL Bonelli, soprattutto perché in coppia con il maestro Nicolò ha quasi sempre concepito storie memorabili quando non capolavori veri e propri. Piccola curiosità: Carson vince una scommessa con Tex!!! A memoria non ricordo un fatto del genere (epocale direi ) e, cosa ancora più curiosa, il dollaro scommesso Tex lo consegna veramente a Carson!!!
  11. Juan Ortega

    [297/299] Fuga Da Anderville

    Con le dovute differenze, mi ricorda lo stesso finale di "Furia rossa": asciutto, senza inutile retorica ma profondamente incisivo. Era una prerogativa anche di GL Bonelli, finali senza patetismi o dialoghi stucchevoli. Per me è la ciliegina sulla torta di una storia indimenticabile.
  12. Juan Ortega

    [297/299] Fuga Da Anderville

    Tanto di cappello @Condor senza meta, recensione con i super-fiocchi che non posso non condividere. Te l'ho già detto ma lo ripeto: scrivi veramente bene, enfatizzando soprattutto le emozioni che una storia ci fa vivere che, alla fine dei conti, è quello che conta! Mi sentirei di aggiungere che l'ultimo estremo atto di Walcott non è altro che la massima redenzione per tutti coloro che hanno sofferto e patito in una tragedia che non ha risparmiato niente e nessuno. Non rimane nulla da fare: ora Walcott dovrà presentare il conto del suo terribile atto all'unico che potrà dargli un eventuale perdono. Nizzi magistrale, sicuramente una delle sue prove migliori.
  13. E' sempre l'annosa diatriba sul Tex di Nolitta che, immancabilmente, divide i lettori. Io ho fatto outing da tempo e, pur condividendo alcune perplessità su come sia rappresentata la figura di Tex, apprezzo le storie che ha saputo regalarci. Trovo il commento di @Betta 53 molto azzeccato e mi sento di condividerlo in pieno!
  14. Juan Ortega

    [215/217] Santa Cruz

    Il primo albo lo trovo addirittura entusiasmante! Una delle mie preferite. In assoluto.
  15. Non sono mai stato un particolare estimatore dello stile di Galleppini, pur dovendogli eterna riconoscenza e gratitudine per aver reso graficamente il nostro impavido Ranger. Eppure, rileggendo queste vecchie storie, non posso che ammirare il suo tratto che impreziosisce una storia sicuramente non memorabile ma dove si respirano quelle atmosfere "texiane" a noi così care. C'è un pò di tutto: villains duri e spietati, di quelli che si usa dire con "tre dita di pelo sullo stomaco", ricettatori abili a speculare sulle disgrazie della povera gente, uno sceriffo corrotto, una città da riportare all'ordine (novella Gomorra), una banda di ribelli Apaches. Ma ci sono anche i nostri quattro giustizieri, duri e risoluti come non mai. GL Bonelli ci dona una storia classica che più classica non si può, anche se immette una serie di violenze che danno un tono un pò macabro al tutto. Mi riferisco alle torture inflitte ai cacciatori di scalpi, fine tragica che Tex riassume così: "Erano delle grosse canaglie ma hanno pagato più che abbondantemente i loro crimini". Per quel che mi riguarda era la fine che dovevano fare per i loro efferati delitti, come il massacro dei coloni iniziale dove non risparmiano né donne né bambini. Stupenda la parte finale con l'attacco apaches nella ghost town, dove si respirano tutti quei dettagli di puro western (le baracche fatiscenti, l'assedio degli indiani, le vane speranze di farcela dei due cacciatori di scalpi, la cattura finale). E qui Galep è fantastico nel rendere a pieno tutti quei particolari con scene di grande impatto, su tutte l'entrata in scena dei quattro pard con i cavalli spronati a mille e il fuoco micidiale esploso ai malcapitati apaches. Troppo facile lodare Galep per storie come "San Francisco" (dove ti senti letteralmente bagnato dalle onde del mare), "Il giuramento" (epica e stracolma di pathos) o la saga Mefisto-Yama (perfetto esecutore delle trame misteriose e orrifiche ideate da GLB); è in storie come questo "Cacciatore di scalpi" che risalta il suo lavoro solidissimo ed evocativo, compresa la splendida cover del primo albo.
  16. Juan Ortega

    [171/175] Il Laccio Nero

    GL Bonelli dimostra ancora una volta di essere a suo perfetto agio con le atmosfere cittadine di Frisco, in particolare quella delle sette segrete cinesi, dove regna l'omertà e ogni componente è pronto alla morte pur di non tradire i propri compagni. Anche quando sotto sotto c'è un turpe mercato di schiave cinesi. Ci sono tanti particolari che GLB cura al massimo nell'avvincente trama: innanzitutto i personaggi, come la spietata e crudele Ah-Toy, donna di ghiaccio senza parvenza di alcun sentimento o pietà umana, pronta ad eliminare ogni pedina del suo ingranaggio che si dimostri appena appena un pò difettosa (vedi Wong). E poi ancora il fido Lao-Tan, perfetto braccio destro altrettanto feroce e malvagio, personaggio tutt'altro che trascurabile in quanto giocherà un ruolo di primo piano in tutte le vicende della storia. C'è poco da aggiungere, è una sceneggiatura che non lascia nulla al caso e si dimostra solidissima, con un ritmo mozzafiato. Eppure questa storia, pur piacendomi non poco, non è una delle mie preferite: mi mancano quelle emozioni che ho trovato in tante altre storie, il pathos generato da situazioni emotivamente forti (tipo Lucero, Santa Cruz, lo sceriffo di Durango, ecc.). Certo ci sono pestaggi continui, un Tex sempre risoluto e brillante (con un Carson non da meno!), frotte di cinesi votati al massacro contro i temibili energumeni di Lefty ma, alla fine della lettura, mi manca qualcosa. Ma si può considerare un peccato (se di peccato si tratta) veniale: avercene di storie con un susseguirsi di azione come questa! Impossibile non citare il grandissimo lavoro di Guglielmo Letteri, grande protagonista di questo lungo episodio. Il suo tocco pulito, elegante e sempre di grande effetto, è essenziale nel dipingere questa vicenda cittadina. A tal proposito cito quanto scrive di lui Gianni Bono, pensiero che condivido in toto e che si sposa alla perfezione per questo "Laccio nero": "i suoi disegni sono morbidi e precisi, meticolosi eppure sciolti, ricchi di particolari e nello stesso tempo di dinamismo". Vero che le atmosfere cittadine esaltavano il suo stile ma, secondo me, è molto riduttivo confinarlo a questa sola tematica. Le sue storie tipicamente western sono sempre di grande impatto (penso ad una storia come quella del ring di "Tucson" o alla splendida "Oklahoma") per non parlare di quelle con tinte più gialle (vedi "La locanda dei fantasmi" e "La miniera del terrore") piuttosto che quelle con temi più misteriosi (vedi il Rakos de "La piramide misteriosa" e quel capolavoro che è "Diablero"). Insomma un artista versatile che, anche in questa storia, riesce a dare la sua personale impronta all'interno della ricca sceneggiatura del sempre ispirato GLB. Infine un piccolo particolare: la maliarda Ah-Toy, caso più unico che raro, non farà la tragica fine di tante altre dark-ladies dell'universo texiano ma, in modo più banale, finirà arrestata dalla polizia. Chissà se GLB l'aveva fatto per tenersi aperta una porticina per un suo futuro ritorno. Quien sabe?
  17. Juan Ortega

    [Color Tex N. 19] Il killer fantasma

    Questo è sfruttamento che manco le cinesine di Prato devono subire. E poi Tex sarebbe amico degli indiani? Ecco a cosa serve fare l'agente della riserva, il wampum, ecc. ecc.
  18. Questo sarebbe mettere della malizia anche dove, a mio parere, non c'è. Insinuare malafede in chi loda le storie di un autore lo trovo un pò da psicanalisi (e pure un pò meschino). Ma, essendo il mondo bello perché è vario, posso anche pensare che ci sia qualcuno che si dedica a questa cervellotica attività Piuttosto, la riflessione che faceva @valerio in un precedente post (correggimi se ricordo male!) era il contrario, ovvero potrebbe esserci qualcuno che, per una sorta di timore reverenziale, lesina critiche a Boselli perché qui presente. Credo sia comprensibile e, tutto sommato umano, anche se mi sembra che nessuno in questo senso abbia fatto outing
  19. In questa storia GLB ci promette una cosa (il ragazzo bianco rapito da piccolo dagli indiani, da ritrovare e riportare alla sua famiglia) e invece realizza una vicenda più o meno convenzionale di comancheros. Ci sarebbe da rimanere delusi o quantomeno perplessi. Invece io lo trovo un episodio decisamente riuscito: non rientrerà tra i grandi classici ma non lo ritengo né una storia minore né tantomeno un riempitivo. Qui, secondo me, si vede una volta di più la maestria (e anche il mestiere) del grande GLB nel far quadrare bene tutti i pezzi della storia, evitando eccessive discontinuità e, tutto sommato, rendendo credibile l'intera vicenda sceneggiata. Già l'incipit della storia lo trovo affascinante, con Tex e Carson impegnati nel tranquillo scorrere della vita nella riserva, tra raccomandazioni a Kit e Tiger per il loro viaggio istituzionale, alle beghe tra i pastori navajo da sbrogliare e risolvere. Insomma è un calarsi nella normale quotidianità dei nostri pard, così raramente mostrata nelle tante storie che ci sono state regalate. Il personaggio chiave dell'intera vicenda è Rick Anders che, con la sua richiesta di aiuto, rompe la quiete della riserva e scombina i piani goderecci ideati dai due ranger (Carson in particolare...). Trovo la sua caratterizzazione un altro dei punti vincenti della storia. La sua presentazione non è proprio il massimo, anzi risulta quantomeno personaggio ambiguo se non proprio antipatico: facendo leva in modo alquanto maldestro sul presunto desiderio di denaro di Tex (desiderio in genere comune a tanti altri uomini), l'agente Pinkerton rimane spiazzato dopo che Tex legge la disperata lettera di aiuto della madre di Tom Foster. "Il dolore di una madre non può lasciare indifferente nessuno, mister Anders. Vi è mai capitato di pensarlo?" "Ho commesso un maledetto sbaglio e ve ne chiedo scusa Willer, mi spiace" Dopo questa falsa partenza Anders si rivelerà degno compagno dei due pard, sorpreso e pure un pò scandalizzato per i metodi non convenzionali utilizzati da Tex (da antologia il trattamento riservato all'infido Crane con devastazione del locale annessa) ma anche buon uomo d'azione quando impegnato nella lotta contro i comancheros. Tutti da gustare i suoi siparietti con Carson. Ad esempio quando si avvicinano alla baracca di Shafter, esclama un preoccupatissimo Anders: "Posso confessarvi che più ci avviciniamo a quel canyon e più mi si torcono le budella?" "Allegro Rick, dopotutto si muore una volta sola" "Grazie tante" "Di niente. Ora andate avanti e non preoccupatevi, io vi sto alle spalle e vi copro." "Grazie del fraterno suggerimento così il primo piombo me lo becco tutto io!" E durante la sparatoria fuori dalla miniera: "Carson, faccio una corsa verso l'ingresso se mi coprite!" "Io vi copro di insulti se solo muovete un passo dal vostro riparo!" In merito all'incontro con Tom Foster, Tex rimane quasi spiazzato dalla saggezza e dalla determinazione dimostrata dall'indiano bianco: è in qualche modo un finale che si poteva immaginare ma le parole utilizzate da "Yellow Hair" evitano (come in genere fa GLB) inutili patetismi e facile retorica. Finale senz'altro poco originale (il già citato "Sentieri selvaggi" è lì ad un passo) ma secondo me azzeccato. Nicolò (per il quale stravedo) è sempre bravissimo; il suo Tex "Gary Cooper style" è uno di quelli che amo di più ma, in generale, in Nicolò amo proprio tutto.
  20. Riesumo questa discussione un pò datata ma veramente molto interessante. Parlo esclusivamente di Tex. Per quanto mi riguarda è tutta una questione di aspettative. Mi spiego meglio. Quando iniziai a leggere Tex (fine '70/inizio '80) la copertina era un "di più" rispetto al contenuto dell'albo: l'ammiravo, guardavo i suoi particolari, Tex rappresentato talvolta in pose spavalde, talvolta in difficoltà, talvolta addirittura malconcio. Insomma era una pura e mera copertina fine a se stessa, più o meno evocativa, più o meno bella. Come già ampiamente scritto da altri utenti, quasi mai era in sintonia con la storia contenuta nell'albo, tranne poche fortunatissime eccezioni. Su due piedi mi vengono in mente quei capolavori che compongono le cover di "Tra due bandiere" (113-115), dove le copertine sono molto più riuscite di una storia che non mi ha mai appassionato troppo. Ma in generale la mancanza di attinenza con la storia, citando un post precedente di @Diablero , non fregava nulla a nessuno, non c'era questa aspettativa da parte del lettore. Galep per me era insuperabile. Basta guardare il catalogo delle copertine di Tex per rimanere sempre a bocca aperta difronte a cotanta bellezza. Almeno a me fa questo effetto. Sarà quel sapore vintage, sarà quell'epoca eroica, saranno quelle cinque lettere che identificavano il "nostro" Aurelio, a me fanno quasi commuovere per quanto erano belle. Collezionando TuttoTex (ora mi sono fermato al 600) non posso che rammaricarmi di avere probabilmente la serie con le cover più brutte che ci siano Oggi è cambiato tutto. La cover (penso anche giustamente) deve innanzitutto colpire chi la osserva (magari tra tante altre pubblicazioni sparse lì attorno) ed essere comunque attinente alla storia presentata. Non dico che debba essere un'acchiappalettori (anche perché dubito che un lettore seriale come quello di Tex non compri l'albo perchè non gli piace la cover) ma una bella etichetta per la storia sì. Non ci si può permettere il contrario. Quindi fioccano i particolari, abbondano i colori, ci si inventa un pò di tutto. E trovo che Villa in questo sia bravissimo: certo non tutte le copertine sono dei capolavori ma il suo talento e la sua efficacia sono fuori di dubbio. Per questo mi tengo stretto Villa e non desidererei un suo avvicendamento con nessuno. Riguardo agli altri personaggi Bonelli posso dire ben poco, dato che non acquisto nulla di nuovo. Ricordo un pò uno shock il passaggio su Mister No da Ferri (altro copertinista, e non solo, di un'efficacia fuori misura) a Diso, le cui copertine non mi hanno mai fatto impazzire. Il pesante restyling portato poi a partire da "Vento Rosso" gli diede il colpo di grazia. Le copertine di Dylan Dog (mi limito al primo centinaio che ricordo bene) invece le ho sempre trovate accattivanti, oltre che estremamente ben fatte, anche se il primo Dylan di Villa era un più un Claudio Baglioni che un Rupert Everett Sempre attinenti alla storia, davano la giusta e doverosa presentazione al singolo episodio. Oggi faccio fatico ad esprimermi, dato che sono così lontane dal mio gusto personale. Attirano senz'altro l'attenzione e, ammetto, qualche volta sono stato anch'io uno di quegli odiosi personaggi che sfogliano i fumetti nel supermercato; peccato che poi all'interno non ritrovi più il caro vecchio "oldboy" ma un qualcosa di completamente diverso. Giuro che l'ho fatto solo un paio di volte al massimo e con la massima cura!!! Forse, a mio parere, la serie con le copertine e la grafica più belle è quella di "Un uomo un'avventura", dove l'eterogeneità dei disegnatori unita al loro talento, è quel quid in più che dà un valore aggiunto inestimabile.
  21. Mi intrufolo nella discussione e provo a dire la mia. Per me lo sa scrivere. Certo è un western che ha caratteri personali ma questo sta alla base della sensibilità e della formazione di ogni sceneggiatore. Hai citato il Tex di GLB: la sua formazione avventurosa si sente decisamente nelle sue storie seppur calata (per me benissimo) in un contesto tipicamente western. Pensa al cinema: tutti i film di genere western sono uguali e hanno lo stesso canovaccio? Certo che no! Ogni regista ha il proprio stile. Da Ford a Hawks, passando per Mann e Walsh (tanto per citare i primi che mi vengono in mente) ognuno ha portato le sue piccole innovazioni all'interno di un genere comunque ben definito. Nizzi ha senza dubbio portato in Tex alcuni elementi caratteristici, che fanno capo alla sua personale visione del genere, come le tinte noir e il giallo talvolta sbilanciato più sul poliziesco (d'altra parte è dalla sua penna che è partita la collana Nick Raider). Però ha saputo anche mantenersi (secondo me bene) all'interno di ambientazioni western, con tutti i suoi ingredienti principali. E il suo Tex, almeno inizialmente, a me piace. Ha scritto storie belle (alcune bellissime), storie mediocri e qualche catastrofe. Capita. Ogni lettore poi tirerà le somme sul suo operato. Lo vedo un pò come un estremismo. Ricollegandomi a quello che ho scritto sopra, per me Tex è puro western. GLB era puro western. Con le sue caratteristiche peculiari, con il suo enorme talento e la sua sconfinata fantasia. Se rileggo le prime storie devo calarmi nel contesto dell'epoca, soprattutto al pubblico cui erano rivolte quelle prime strisce. Ma le trovo irrimediabilmente e definitivamente western. Caro @virgin, permettimi una chiosa finale. Ti confesso che mi dispiace un po' leggere queste tue righe. In primis perché i tuoi interventi a me piacciono molto, soprattutto quando ci metti quell'ironia che se ne fotte allegramente del politicaly correct che, personalmente, adoro. Quando sconfini nel satirico poi hai pochi rivali! Dimentica la "rottura di cabasisi" e spara le tue invettive! Non so se le discussioni siano sul demenziale andante, non le ho lette tutte: senza fare il ruffiano o trasmettere messaggi smielati io ho trovato e trovo tutt'ora tante discussioni estremamente interessanti (ad esempio questa!), suggerimenti e critiche letterarie di prim'ordine, inviti ad ascolti musicali che non avevo mai provato prima (ci sono almeno un paio di utenti che mi hanno composto la colonna sonora delle mie giornate lavorative), storie personali, la differente visione di Tex che ognuno di noi possiede, tanti simpatici e interessanti retroscena della storia di Tex e dei suoi autori/disegnatori che non conoscevo. Ma soprattutto questo forum mi ha fatto venire la voglia di riprendere in mano i miei Tex (e pure Mister No, ecc.) e riassaporare un amore, per vari motivi, un po' dimenticato. E questo vuol dire tanto... Poi certo, ci sono interventi (e utenti) che apprezzo più di altri ma questo è normale, magari pure quello che scrivo io potrà non piacere. Concludo con una piccola provocazione: se non ci fosse l'annosa e sempre attualissima diatriba sul buon Claudio che noia sarebbe? Ogni tanto, in periodi di calma piatta, ecco che sbuca la "querelle" Nizzi e ... vai di fuochi artificiali!!! Io ho il sospetto che siate voi moderatori/sceriffi a far partire tutto di nascosto... ti dirò di più, sono convinto che Diablero e Grande Tex in realtà siano la stessa persona! D'altra parte, ricorda, io sono quello col peccato originale: amo il Tex di Nolitta! Hasta siempre.
  22. Juan Ortega

    [Texone N. 37] Old South

    Segnalo questa bellissima intervista di un divertito e divertente Giampiero Casertano (t shirt da URLO) sul suo lavoro con il Texone. https://www.youtube.com/watch?v=yasAXiGZj2A&t=637s Veramente gustosa, la consiglio a tutti. Ad un certo punto, rispondendo a Giovanni Boninsegni (responsabile ufficio stampa SBE), prorompe con: "Non lo smetterò mai di dire, noi stiamo facendo il lavoro più bello del mondo!" Mitico!
  23. Juan Ortega

    [Texone N. 37] Old South

    "Uhm"... Sarei tentato di limitare il mio commento con questa esclamazione. Texone che non annoia ma non esalta, storia intrigante ma senza colpi di scena, ti aspetti l'orgoglio confederato e ti spunta la solita testa calda Apache (che fa la solita figura da quattro soldi). Insomma, alla fine della lettura, rimango piuttosto perplesso. Le varie situazioni che si susseguono nella storia sono abbastanza prevedibili, senza quel pathos necessario e fondamentale per una "storia di qualità". Sinceramente mi aspettavo qualcosa di più, a partire da quel titolo che prospettava quel vecchio e polveroso sud dove il cuore confederato continua a battere. E invece ho come l'impressione di essermi accontentato di un buon brodino caldo in una fredda serata invernale. Brodo di dado purtroppo. Su Casertano sono di parte: ho sempre in mente il suo ritratto di Dylan Dog, per me uno dei meglio riusciti. Aiutato da splendide sceneggiature, ha dato il suo magico tocco a storie memorabili come "Dopo mezzanotte", "La casa degli uomini perduti", "Il signore del silenzio", "Attraverso lo specchio" e quel capolavoro assurdo che è "Memorie dall'invisibile" (a tal proposito bellissima l'intro di Frediani). Anche le sue copertine di Nick Raider le ho trovate sempre molto ben fatte. Alla prova del Texone non delude: dimostra padronanza con le tematiche e gli ambienti western. Splendide le tavole a 2/3 di pagina, come ad esempio l'accampamento sudista di pag.25 e il funerale di Carraway di pag.147. Concordo con l'osservazione e anche con la possibile causa di alcune tavole alquanto deludenti.
  24. Juan Ortega

    [Maxi Tex N. 01] Oklahoma!

    "Oklahoma", letta a distanza di tanti anni dalla sua uscita, mantiene immutata la sua carica di fascino e di bellezza a tutto tondo. Berardi tratteggia una storia che definirei epica, a partire dal fatto storico narrato, ovvero la famosa Oklahoma Land Rush, e dallo sviluppo dell'intera vicenda. E lo fa talmente bene che ti fa incollare gli occhi alle pagine per tutta l'interezza del maxi albo. I personaggi (tra comprimari e villains) sono inevitabilmente tanti e riempiono la storia senza però rubare la scena a Tex, sempre in primo piano e protagonista assoluto. E' un Tex deciso, risoluto, senza il minimo tentennamento sul da farsi, pronto a battagliare per difendere i più deboli e contrastare le angherie e i soprusi dei "presunti" forti. Forse sin troppo "carico", tanto da scatenare pure un'inutile rissa all'interno di Fort Bent. E' anche un Tex senza fronzoli, senza inutili patetismi, come quando si confronta con la vedova Paxton: "Il carro fermo ha costretto quegli avvoltoi ad avvicinarsi frontalmente. Altrimenti vi avrebbero teso un agguato in qualche gola e non sarebbe rimasto nessuno a raccontarlo" [dice Tex] "Ma perchè? Che cosa volevano da noi?" "Denaro, oro, suppellettili preziose. Qualunque cosa abbia un valore" "Ma noi non abbiamo niente, solo un pò di viveri..." "Da queste parti sono un motivo sufficiente per uccidere" "Oh Dio, perché? perché?" Alcune scene sono altamente evocative (tipo la sepoltura del colono Paxton) con una raffigurazione grafica abbastanza insolita, altre crude e che mi hanno messo un pò a disagio, tipo la bimba svedese trucidata barbaramente (si vedono solo le gambine, particolare che rende il tutto ancora più raccapricciante) e i tanti coloni che non sopravvivono alla folle corsa verso l'Oklahoma, novella terra promessa. Insomma Berardi non ci risparmia nulla, come deve giustamente essere, ma, per fortuna, non tralascia i soliti siparietti gustosi tra Tex e Carson (splendida quella del coniglio) e neppure scene comiche all'interno di un contesto drammatico, come il vecchio Dick che si dimentica di caricare il fucile (puntandoselo poi in faccia per controllare perché non avesse sparato). Il dubbio che mi resta di questo "Oklahoma" è il perchè sia stato ritenuto da Sergio Bonelli come un qualcosa di "estraneo" al normale canone del Tex che eravamo abituati a conoscere. Nel volume "Come Tex non c'è nessuno" imputa come motivazioni "la presenza di un nutrito gruppo di comprimari tutti fortemente caratterizzati e il personalissimo stile narrativo di Berardi" ma, nello stesso tempo, asserisce che "il Tex di Giancarlo è estremamente fedele al classico modello bonelliano". Boh, ci capisco meno di prima. Ma, in fondo, chi se ne importa. Berardi e Letteri (ancora in buona forma) ci hanno regalato un albo straordinario che ha inaugurato come meglio non si potrebbe la collana dei Maxi (e ne resterà, per quello che mi riguarda, il migliore per distacco) nonché una delle storie più belle dell'intera saga texiana.
  25. Mi è scesa una lacrimuccia al rivedere le cover del mitico Cuore... la satira (e tanto altro) alla massima potenza. Dal "giudizio universale" a titoli come "Scatta l'ora legale, panico tra i socialisti" e "Il processo Cusani ha rotto i coglioni" è stato uno dei massimi sollievi della mia gioventù.
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