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TWF - Tex Willer Forum

Poe

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  1. Poe

    [Maxi Tex N. 05] Nei Territori Del Nord Ovest

    “Nei territori del nord-ovest” è la storia d’Avventura per eccellenza di Boselli su Tex, un po’ come “L’esploratore scomparso” lo è su Zagor. I tipici elementi avventurosi ci sono tutti: una canoa con un morto a bordo che scende il fiume, un messaggio misterioso ed enigmatico (“Ricordi la betulla? L’uomo con l’occhio d’oro è seduto come un’anatra… Sta sempre divorando molte anime...”), un viaggio verso il cuore di tenebra del Grande Nord in cerca del covo del fantomatico, temibile e diabolico Golden Eye, un manipolo di eroi ben assortiti e pronti a tutto (oltre a Tex e Carson, Gros-Jean, la bella e coraggiosa eskimo Dawn, Arvik il ragazzino indiano sopravvissuto), un amico da ritrovare con un passato misterioso che si rivela un po’ alla volta (Jim Brandon), degli avversari spietati e ben caratterizzati fin dal nome (Jericho, Ghost, Red Duck/Golden Eye) e naturalmente un paesaggio selvaggio carico d’atmosfera, disegnato superbamente da Font. Un viaggio. Una serie di nemici e pericoli in crescendo lungo il cammino. Location sempre più inquietanti a mano a mano che si procede: il Chilkoot pass innevato, il villaggio indiano devastato e tutti i suoi abitanti massacrati, l’inquietante Montagna Gialla, infine la casa degli spiriti avvolta nelle tenebre del malvagio Golden Eye, colui che viene creduto l’incarnazione del demone Wendigo. Situazioni che fanno venire in mente i maestri dell’Avventura: Jack London in primis, non solo per “Zanna Bianca” e “Il richiamo della foresta”, ma anche per “Accendere un fuoco”. E poi “Terra lontana” di Anthony Mann (la valanga al Chilkoot Pass). Splendidi personaggi ben gestiti, tante scene d’azione, magnifiche tavole di Font (non solo di paesaggi). Tra le più belle: il sogno surreale di Jim Brandon ferito sulla tomba di Mary che parla con lo Spirito Corvo (“La morte esiste… ma tu non morirai”). Golden Eye all’interno della sua buia capanna che ha appena ucciso la ragazza indiana. (“Perché? Mi ricordava un’altra… che ho ucciso tanto tempo fa”). E poi, be’… Dawn nella vasca da bagno in penombra, prima felice, poi intimorita e arrabbiata, infine stupita. Jim Brandon come Kit Carson ed El Morisco: tutti e tre innamorati da giovani di una ragazza (Mary, Lena, Nephret) che però preferisce e sceglie un loro amico (Noatak, Ray Clemmons, Octave), con una figlia simile alla madre (Dawn, Donna, Sekhmet). Tex e Carson decisivi, ma circondati da comprimari che talvolta rubano un po’ la scena (Dawn e Arvik), ma neanche tanto a dir la verità. (Chissà, forse in questa storia - già piena di personaggi - era meglio lasciare a casa Carson, con solo Gros-Jean a far da spalla a Tex.) Avventura nel Grande Nord tra le più affascinanti di sempre. Tra tutte quelle che l’hanno preceduta forse può essere paragonata come qualità - seppur diversissima - a “Il tranello”/Il segno indiano”. Almeno per me… E a proposito di "cosa può offrire Tex ai giovani", a un ragazzino che non ha mai letto Tex e vuole iniziare, gli consiglierei di partire da questa storia così avvincente (magari la versione cartonato a colori). Se non dovesse piacergli, vuol dire che Tex non fa proprio per lui!
  2. Poe

    [72/73] New Orleans

    Bella storia classica. Breve (107 pagine), semplice nella trama ma con un buon ritmo, tanta azione e scenette divertenti. Anzi, le situazioni che più restano impresse sono proprio quelle simpatiche con protagonista Kit Carson: il suo sguardo raggiante per il bacio in fronte ricevuto dalla ragazza che ha aiutato, il suo inseguimento al mercato con la cesta di frutta che gli frana in testa, e soprattutto il salvataggio di Tex dalle acque del Mississippi, con lo sketch finale sulla riva notturna, in mutande accanto al fuoco: “Dove sono?”, gli chiede un Tex appena ripresosi dall’attentato subìto. “In campagna”, è la risposta allegra di Carson, “e mentre la grande luna d’argento sale lenta nel cielo pieno di stelle, il giovane signore si desta al suono di chitarre messicane e…”. “Vai all’inferno, buffone!”, taglia corto Tex ancora frastornato. Per il resto, la storia segue binari già consolidati in precedenti storie cittadine (questa è la seconda a New Orleans, la prima con lo sceriffo Nat Mac Kennet), con partite di poker sul battello, agguati e sparatorie contro le gang criminali della città, questa volta attirati dalla mappa del tesoro del pirata Lafitte. Ma sono soprattutto i disegni di Letteri (qui alla sua seconda prova) a fare la differenza rispetto a storie simili: dettagliati, piacevoli, con personaggi ben caratterizzati e visi molto espressivi (in particolare quello di Carson e del simpatico sceriffo Nat Mac Kennet, oltre che quelli femminili), con una luce particolare che dona atmosfera a ogni tavola, soprattutto quelle con paesaggi notturni. Bella, a questo proposito, l’ultima pagina, quando la mappa - per cui sono morti in tanti -, viene trascinata via dalla corrente, mentre il tesoro non trovato giace indisturbato dentro i resti di un galeone lontano, in mezzo alla fanghiglia della palude e a cinque sinistri scheletri che sembrano farne la guardia.
  3. Forse non mi sono spiegato bene, volevo solo dire che ho avuto l'impressione che a molti la storia non sia piaciuta ma che per motivare il loro scontento abbiano usato argomenti sbagliati (secondo me sbagliati, ovviamente), non che fossero in malafede. Spesso succede che, quando una storia non ci convince e dobbiamo spiegare perché, non sempre ci sono chiarissimi i motivi e finisce che elenchiamo tanti difetti per dimostrare a tutti i costi che è brutta, ma non tutti sono convincenti allo stesso modo. In questo caso, che ci siano coincidenze forzate nella trama o troppi spiegoni a me non è sembrato per niente, non li metterei tra i difetti di questa storia. Mentre la critica che alcuni fanno che l'attuale Manuela sarebbe troppo diversa da quella del passato tanto da non sembrare neanche più lo stesso personaggio, io non la condivido ma la ritengo comunque una critica più centrata, più opinabile, insomma su cui si può discutere anche se non si è d'accordo. Poi, chiaramente, è (quasi) tutto soggettivo nei nostri giudizi... E infatti nella frase da me scritta e da te citata c'è scritto "a mio parere"... Comunque, a me l'idea di base di questa storia è piaciuta: rivedere una Manuela diversa e cambiata dalla vita, un po' come certi personaggi di Boselli che li vediamo riapparire in storie successive con un carattere modificato (es. il tenente Parkman) non mi è dispiaciuto. Troppo modificato? Non so, dovrei rileggermi bene la prima versione di Bonelli, ma certo la narrativa è piena di storie di giovani ingenue e pudiche che, ferite dalla vita o deluse, diventano in poco tempo ciniche e disincantate (anche se non è del tutto questo il caso di Manuela). Comunque che si sia cercato (non so se con successo, aspetto la seconda parte) di ritrarre una donna ricca che (con pregi e difetti) cerca di emanciparsi e di cavarsela in un mondo di uomini (l'analisi più sopra di Betta53 mi sembra ottima), piuttosto che l'ennesima dama in pericolo da proteggere, nel ruolo di vittima e basta, lo trovo un fatto perlomeno più interessante e originale (per Tex). D'altra parte l'anno scorso non si era forse votato qui sul forum - se non ricordo male - come personaggio preferito la bella signora del Rancho verde? In un certo senso questa nuova versione di Manuela Montoya non le è molto distante...
  4. Oltretutto il buon Diablero fa paragoni con "Born Again" di Frank Miller che non c'entrano molto. Quella non è una storia sentimentale, non è basata sul ritorno di fiamma tra Devil e Karen Page, per questo Miller dedica appena una paginetta a lei e alla loro relazione precedente, quello che gli interessa è ben altro, la caduta e la rinascita di un eroe. Di amore non si parla nemmeno. Qui, senza certi dialoghi, la vicenda, il carattere dei personaggi e il contesto sociale non sarebbero comprensibili.
  5. A me, invece, sembra una normale coincidenza come ce ne sono continuamente in ogni numero (e fumetto), ma non particolarmente forzata o strana. Quante volte Tex segue una pista e se ne imbatte in un'altra, va in un posto a caccia di qualcuno e ci trova, non so, Pat Mc Ryan che è coinvolto - guarda caso - nella vicenda, o finisce per incontrare El Morisco che - guarda caso - anche lui si occupa della questione, ecc. ecc? Gli esempi potrebbero essere infiniti. In realtà, come ha già risposto Boselli, lo "spiegone" dura appena 4 pagine (quelle della cavalcata), il resto sono dei normali dialoghi in cui i due parlano del presente e di varie questioni, in cui gli ex innamorati si studiano e, com'è normale, fanno a volte accenni al passato. Uno può trovarli noiosi (dipende dai gusti) ma non sono uno "spiegone", la vicenda va avanti. E anche le 4 pagine della cavalcata servono soprattutto ai personaggi per chiarirsi tra loro, non solo per delucidare il lettore. Non ci trovo niente di anomalo e di forzato... Mi sembra chiaro che l'idea di base è proprio quella di far vedere Manuela e Kit cambiati rispetto a com'erano una volta, meno timidi, meno insicuri e più disinibiti, maggiormente espliciti e diretti nel parlare di sé. Relazione da saloon? E' una relazione tra persone più adulte e non tra adolescenti. Odori da camera da letto? E be', che male c'è? Nessuno ha avuto niente da dire in una situazione simile tra la donna del Rancho Verde e il tenente Castillo... Forse che Kit deve essere sempre rappresentato come un eterno ragazzino romantico? Sul fatto, poi, che è una donna dell'800 di buona famiglia e queste cose non si fanno, mi scappa da ridere. Basta solo aver letto Madame Bovary on qualsiasi romanzo di quell'epoca. Il resto sono le tipiche schermaglie amorose presenti in tutti i romanzi con scene sentimentali. Poi, per carità, la storia può piacere o non piacere (io preferisco aspettare la seconda parte, che mi sembra decisiva più che mai, per dare un giudizio), ma molte delle critiche mosse finora sono pretestuose. A mio parere l'unica vera critica motivata e seria è quella ai disegni...
  6. Poe

    [Texone N. 10] L'uomo Di Atlanta

    “L’uomo di Atlanta” inizia con Tex e Carson che fanno evadere dalla prigione un ex tenente sudista, il quale, appena uscito, chiede loro di far evadere da un’altra prigione un ex colonnello... “Gran Putifarre!”, esclama Carson perplesso. “Sta diventando una mania!” Insomma, in poche pagine un’altra evasione da realizzare e che sembra andare a buon fine come la prima, se non fosse che fuori dal carcere gli ex commilitoni del colonnello sorprendono i Nostri, li legano e li impacchettano per bene lasciandoli in mezzo alla prateria, “legati come salami” (come si lamenta Carson). Il tempo di sciogliere i nodi e liberarsi dalle corde che, ecco, appaiono i sorveglianti del carcere i quali sorprendono ancora una volta i Nostri. “Mani in alto, bastardi”, esclamano. Breve colluttazione, Tex e Carson che hanno la peggio (contro 5 secondini scalcinati e tutt’altro che irresistibili), quindi ecco che i Nostri si ritrovano una seconda volta - nel giro di poche pagine - ancora “legati come salami”, buttati di traverso sui cavalli con i sorveglianti che li portano in prigione e Tex che, ammaccato, commenta: “Situazione poco allegra!” Viene da chiedersi se Nizzi, influenzato dai disegni di Jordi Bernet, si sia lasciato un po’ troppo andare, confezionando una storia comica, alla Torpedo, per intendersi. Ma no, in realtà la storia è serissima, non c’è nessun intento caricaturale né tantomeno parodistico (e ci mancherebbe altro!). Eppure l’effetto è quello, Tex e Carson per quasi tutto l’albo non ne azzeccano una, si fanno sorprendere, legare, ingannare, infinocchiare un po’ da tutti, senza mai sospettare nemmeno un po’ che dietro tutte queste evasioni e personaggi ambigui, più che nobili intenti ci siano invece interessi poco cristallini, e cioè il solito tesoro dei Confederati, nascosto durante la Guerra Civile. (Apro una parentesi per far notare, tra l’altro, che a leggere le storie di Nizzi sembra che durante la Guerra di Secessione gli ufficiali, invece di combattere, passassero il tempo a nascondere tesori!) I Nostri per fortuna si riscattano nel finale, capendo finalmente - meglio tardi che mai - di essere stati usati dalla bella Lola Dixieland, personaggio che molti commentatori considerano interessante e originale, dimenticando forse che di simili figure femminili GL Bonelli ha riempito la serie fin dai primissimi numeri: entraineuse ambigue, proprietarie di saloon dalla doppia faccia, ballerine e cantanti che si rivelano abili doppiogiochiste, basta ricordare - tra le tante - Cora Gray alias Satania, o Janet Brent alias il Drago Nero (quest’ultima sicuramente molto più sexy e affascinante di Lola, tra l’altro). Insomma, il soggetto di questo Texone, che ruota attorno a due evasioni e alla caccia al tesoro confederato, è piuttosto scontato, e nemmeno la sceneggiatura brilla particolarmente: personaggi poco approfonditi, dialoghi ben fatti ma niente di che, nessuna scena memorabile (anche i flash back sulla Guerra civile sono puro pretesto e luogo comune). Una storia di ordinaria amministrazione, quindi, se non fosse per gli straordinari disegni di Bernet, grandissimo maestro del bianco e nero e della sintesi, che con pochi tratti dà vita a personaggi altrimenti anonimi, aggiungendo atmosfera ai paesaggi ed espressività ai visi - con finezze d’attori - anche dei Nostri. Per meglio valutare questo Texone basta confrontarlo con “La grande rapina” di Nizzi/Ortiz, sceneggiatura invece bellissima, con personaggi duri e spietati, un Tex e un Carson abili, astuti e implacabili cacciatori d’uomini, dialoghi secchi, ironici, cinici, un gran ritmo, suspense a go go e scene indimenticabili (una per tutte quella finale sul treno con la morte dei due amanti). Qui, invece, ne “L’uomo di Atlanta”, le cose che rimangono impresse dopo aver chiuso l’albo, sono - come detto - i magnifici disegni di Bernet e la pin-up Lola (la sua rappresentazione grafica non il carattere). Un po’ poco. Concludendo: Soggetto: 6 Sceneggiatura: 6, 5 Disegni: 9
  7. Be' in realtà avevi ragione, hai sempre affermato che nelle anteprime il viso di Kit Willer era effeminato e di fatto è così, almeno all'inizio (vedi i primi piani a p. 13, 18, 21, ecc.), poi Laurenti piano piano lo migliora nel corso della storia, ma l'incertezza nella fisionomia di Kit un po' rimane (così come le scene d'azione non sono proprio riuscitissime). Sui personaggi femminili, invece, nessuno aveva dubbi. La storia è buona, ma preferisco leggerla tutta prima di esprimere un parere...
  8. Preso + malo = anagramma di permaloso. Che ti frega delle critiche? Di' la tua opinione e basta... A proposito, non so se avete notato, ma nell'anteprima il volto di Kit Willer non è disegnato mica tanto bene da Laurenti.
  9. Purtroppo ieri è uscita una notizia sui giornali che rende il tuo soggetto fin troppo realistico. La riporto qui sotto perché non ha avuto molto risalto (da Rainews): "British Columbia Canada, trovati i resti di 215 bambini vicino a una ex scuola cattolica per nativi. I bambini della comunità di nativi venivano separati dalle famiglie e dalla propria cultura. Il premier: "Capitolo oscuro e vergognoso della storia del nostro Paese" 29 maggio 2021 Orrore in Canada dove, vicino a una scuola, sono stati trovati i resti di 215 bambini, alcuni di soli tre anni. Si tratta di membri della comunità di nativi e la scuola in questione è la Kamloops Indian Residential School, in British Columbia. L'istituto, uno dei più grandi del Canada, e attivo fino alla fine degli anni Settanta, faceva parte di una rete di scuole fondate dal governo canadese e amministrate dalle Chiese cattoliche che rimuovevano i figli degli indigeni dalla loro cultura per assimilarli alla propria. I piccoli erano costretti a convertirsi al cristianesimo e non gli era permesso di parlare le loro lingue native. Molti sono stati picchiati e maltrattati verbalmente. Una commissione nata nel 2008 ha accertato che molti non tornarono mai a casa, lo stesso anno il governo canadese ha chiesto scusa per il passato, mentre il rapporto Truth e Reconciliation (verità e riconciliazione) nel 2015 ha parlato di "genocidio culturale". Il progetto Missing Children, bambini spariti, ha documentato la morte di oltre 4100 bambini. I leader indigeni hanno citato quell'eredità di abuso e isolamento come la causa principale dei tassi di alcolismo e tossicodipendenza nelle riserve. La comunità della minoranza etnica 'Tk'emlúps te Secwépemc' è adesso sotto choc dopo la scoperta della nuova fossa comune. La Kamloops Indian Residential School, una delle più grandi del Paese, iniziò l'attività alla fine del 19mo secolo sotto la gestione della Chiesa cattolica prima di passare sotto il controllo del governo nella seconda metà degli anni Sessanta e di chiudere i battenti nel 1978. Una "perdita impensabile di cui si è parlato ma che non era mai stata documentata" è stata confermata, ha detto giovedì sera la presidente della comunità Tk'emlúps te Secwépemc, Rosanne Casimir: "Il weekend scorso, con l'aiuto di un georadar, la cruda verità dei risultati preliminari è venuta alla luce. La conferma dei resti di 215 bambini che erano studenti della Kamloops Indian Residential School".
  10. Poe

    [726/727] Il pistolero vudu

    Sono d'accordo. Ruju è un bravo sceneggiatore, non mi metterei a fargli il processo perché ha scritto una storia non riuscita (quella dei cinesi era peggiore). Il problema di Tex non è lui, è semmai quello di cui si discuteva qualche tempo fa, ossia l'iperproduzione (serie regolare, Maxi, Magazine, Color, cartonati, Texoni, Tex Willer, Tex Willer speciale, numeri bis, ter... e chi più ne ha più ne metta). Si sta spremendo Tex come un limone perché è ormai l'unica testata che vende bene, ma con un numero esiguo di sceneggiatori e una simile produzione di tavole tutti i mesi è praticamente impossibile non incappare in una storia brutta, venuta male, tirata via per la fretta. A me il secondo albo della storia di Ruju - al di là della magia usata male e del pessimo finale - ha dato proprio questa impressione, di qualcosa scritto in modo affrettato, con una trama lineare, una scena via l'altra, senza tanto preoccuparsi dell'intreccio, dei caratteri, dell'atmosfera, senza neanche il tentativo di creare un po' di inquietudine o di "fascino" del malvagio, un secondo albo molto zagoriano, ma uno Zagor di serie b (e infatti è piaciuto soprattutto agli zagoriani del forum), in cui anche la parte non magica è stata tirata un po' via (Tex e Carson che se ne vanno in giro lasciando la vittima da proteggere in mano a un vicesceriffo incapace e nascosta nel reto di un ristorante (?)... Con un pistolero formidabile in circolazione!) Insomma il primo albo non era male, ma il secondo è tutto sbagliato, come se neanche Ruju a un certo punto credesse più alla storia che stava scrivendo. Ma se devi sfornare tavole su tavole tutti i mesi, o sei un fuoriclasse come Boselli (che deve aver fatto un patto col diavolo per riuscire a mantenere una qualità medio-alta con tutto quello che scrive) oppure inevitabilmente le tue sceneggiature calano di qualità e il tuo rendimento medio ne risente per forza. La prova del nove comunque l'avremo fra un po' sul Texone, storicamente la pubblicazione più prestigiosa di Tex, che Ruju non può proprio sbagliare.
  11. Poe

    [41/42] L'uomo Della Morte

    “L’Uomo della Morte”: prove generali in attesa di “Sangue Navajo”, un Tex capo carismatico dei Navajos come mai si era visto fino ad allora e che si vergogna “di essere un bianco” (p. 104 del n. 42), abile stratega, non violento per calcolo e astuzia, macabro istrione che terrorizza i nemici aiutato dal suo alter-ego Tiger Jack. Una gran bella storia, che influenzerà anche Nizzi, non solo per il ritorno dell’Uomo della Morte in “Messaggero di morte/Aquila della notte”, ma anche per diversi elementi della trama che riprenderà nelle sue storie con gli Indiani, per esempio in “Fiamme sull’Arizona”, con la cricca di speculatori che si servono - come qui - di un giornalista prezzolato per orientare l’opinione pubblica contro gli indiani (in Sangue Navajo, invece, Floyd il giornalista sarà dalla parte dei buoni) e sottrarre loro le terre, o anche ne "Le colline dei Sioux". Qui però non ci sono soldati né ufficiali ambiziosi o sadici incapaci, i nemici sono i cercatori d’oro, gli speculatori che li sobillano e i loro appoggi a Washington. Peccato per la storia troppo breve (107 pagine) e per alcune scene che potevano essere maggiormente sviluppate. Una su tutte la distruzione di Goldenville, con i Navajos che entrano di soppiatto nella città cercando di cogliere nel sonno gli abitanti. Curiosamente la scena ricorda la famosa distruzione di Goldeena (anche il nome è simile) in “Massacro”, compiuta dagli Apaches. Qui i Nostri, all'opposto, si limitano a portare via le armi e successivamente a incendiare la boom town senza fare vittime. Memorabili le scene di Tex che si aggira per i tetti della città infilandosi nella casa degli speculatori (un Kriminal ante-litteram? ), e che spaventa i malcapitati con le sue apparizioni improvvise (ottimi i disegni di Galep!). E’ vero, all’inizio l’invasione dei cercatori d’oro e il boom della città dà un’insolita sensazione al lettore, come di qualcosa di inarrestabile, come una svolta nella serie che cambierà il mondo di Tex per sempre. Poi, in realtà, la vicenda non si allargherà oltre il ristretto confine di Goldenville e né l’esercito né la politica verranno coinvolti. "Sangue Navajo” sarà un affresco più completo e grandioso. Storia paradossale perché, sebbene Tex personifichi e incarni lo spirito della Morte, non uccide nessuno. La morte aspetta nel buio, potremmo dire, ma stavolta rinviando il suo lavoro. In attesa di Boselli/Breccia fra qualche mese.
  12. Poe

    Interviste Agli Autori

    Ma sì, Nizzi qui è veramente indifendibile. Cosa vuol dire che Tex negli ultimi 8 anni (quindi, visto che l'intervista è del 2019, nel periodo più o meno tra il numero 600 e 700 della serie) gli sceneggiatori hanno tradito il personaggio "rendendolo simile agli eroi cupi ed eccessivi americani"? Bellissime storie come "I giustizieri di Vegas" o "Jethro", divertenti e spumeggianti come "L'ombra del Maestro" o "Il segreto del giudice Bean" avventurose come "El Supremo" o classicamente western e psicologiche come "Le catene della colpa" o "Mezzosangue" di Ruju, ecc. ecc. sarebbero un tradimento? Sarebbero "eccessive"? Seguirebbero una moda? Tex in qualche storia è più cupo, è vero, per esempio in "Luna insanguinata", ma anche in passato, ai tempi d'oro di GLB, Tex era spesso diverso da una storia all'altra (diverso come tono e atmosfera della storia, intendo), solare e spiritoso in certe avventure di solito disegnate da Letteri, più serio, determinato e duro in altre, affidate magari a Galep o Fusco. Semmai nella fascia 600-700 bisognerebbe riconoscere agli sceneggiatori il merito di essere riusciti a variare notevolmente il tipo di avventure, molto diverse l'una dall'altra, cercando di creare storie ambiziose, da "I rangers di Lost Valley" a i "Sabotatori", a "Giovani assassini", fino alla più recente "Guatemala", a volte riuscendoci a volte non del tutto ("Il ritorno di Lupe"), ma comunque provando a non svolgere il semplice compitino riciclando idee trite e ritrite. Poi ci saranno anche i lettori che si accontentano di poco (come quelli che leggono Dylan Dog solo perché c'è il sangue e lo splatter, senza neanche capire bene la trama), ma la maggior parte - secondo me - quando legge una storia di Tex, o di qualunque altra serie, vuole qualcosa di nuovo, non la solita minestra, altrimenti smette (perché il calo di vendite di tante serie se no?). E se davvero è affezionato al personaggio Tex, si dispiace a vederlo così svilito, non si diverte affatto ad assistere sempre alla riproposizioni dei soliti cliché fini a se stessi... Il calo delle vendite nelle serie Bonelli è dovuto a tanti e vari motivi, d'accordo, ma principalmente alle brutte storie ripetitive e senza anima che si scrivono, non tanto al cosiddetto "tradimento" del personaggio, che tradimento non è, visto che inevitabilmente qualche cambiamento nel tempo deve subire. Se certe serie hanno chiuso o sono in crisi è perché la qualità delle singole storie è calata, non perché i personaggi si sono modificati nel tempo e - come dice Nizzi - "i lettori non lo riconoscono più"! La posizione di Nizzi non è neanche reazionaria, è fintamente nostalgica (di un passato inventato).
  13. Poe

    Interviste Agli Autori

    Già questa affermazione grida vendetta, ed è un'offesa a tutte le belle storie, alle meravigliose sceneggiature scritte in questi 72 anni (comprese quelle di Nizzi) e ai grandi disegnatori che si sono succeduti nel tempo e che hanno contribuito al successo di Tex (e un'offesa anche ai suoi lettori). Se su Tex ci fossero state storie banali disegnate in modo mediocre, però con dialoghi divertenti e spumeggianti dei 4 pards, sai che successo! La serie sarebbe finita dopo qualche mese. Direi che Nizzi, come spesso gli è capitato, applica la sua visione personale e attuale di Tex (e oggi le sue storie sono così: trame scontate con qualche bel dialogo e due battute simpatiche) a tutta la serie, come se il vero Tex fosse solo il suo (persino più "vero" di quello di GL Bonelli!). Sembra quei politici, o anche quei giornalisti politicizzati, che trattano gli (e)lettori come sempliciotti con poche pretese, e a cui ovviamente attribuiscono il proprio modo di pensare e di vedere le cose.
  14. Poe

    [261/262] La Freccia Spezzata

    D'accordo, questo nessuno lo nega, ma Tex alla fine decide di MENTIRE sulla figura del capitano Larrimer, di non rivelare - una volta tornato indietro - la sua vera natura di uomo avido, falso, assassino senza scrupoli. E questo solo per non infangare la memoria di tutti gli altri soldati morti coraggiosamente?... Non ci sta molto né nel personaggio Tex che tutti conosciamo, ma neanche nel personaggio Tex/Mister No di questa storia, che - ripeto - è basata tutta sulla critica e sullo svelamento delle MENZOGNE. Nolitta probabilmente voleva complicare le cose facendoci vedere che anche Tex in certi casi è costretto a non rivelare la verità per evitare danni peggiori, ma sinceramente il finale così com'è appare poco convincente e non adatto a questa vicenda, secondo me.
  15. Poe

    [261/262] La Freccia Spezzata

    “La freccia spezzata” è una storia minore di Nolitta che si ricorda soprattutto per l’atmosfera cupa e tenebrosa che avvolge tutta la vicenda e in particolare la seconda parte, ambientata nelle “colline della paura”, già luogo di scontro tra Sioux e soldati, diventato ora cimitero di guerra. La trama, sebbene originale, non è particolarmente articolata e il Tex/Mister No di Nolitta rimane impresso soprattutto per i suoi discorsi e le sue riflessioni amare e disincantate, più che per le sue azioni. Riflessioni, tra l’altro, piuttosto contraddittorie e che nel finale mi hanno stupito. Inizialmente Tex, giunto di fronte alle tombe dei soldati, così commenta: “Baldi soldati, ufficiali efficienti e ambiziosi, cavalieri aggressivi e coraggiosi… Puah! Ecco cosa ne è rimasto… un mucchio di polvere e di ossa… E intanto da qualche parte nel West il massacro sta continuando tranquillamente”. È un Tex/Mister No insolito nel suo filosofeggiare ma interessante, che demistifica ogni retorica militare, ogni versione edulcorata della guerra e della storia americana vista sempre dal punto di vista dei vincitori e non delle vittime indiane. E infatti la morale di tutta l’avventura è che ogni personaggio che vi appare è in qualche modo ipocrita, ognuno interessato più ai soldi che all’onore o al dovere, oppure più al buon nome della famiglia e alla gloria postuma che alle persone concrete in carne e ossa. E però… Però alla fine Tex, dopo aver smascherato ogni inganno e ipocrisia, cosa dice ai superstiti (il figlio e il fratello del capitano Larrimer, presunto eroe rivelatosi una canaglia senza scrupoli)? “Non posso dimenticare i poveri ragazzi che sono morti qui… e loro, davvero, sono morti da eroi! Gettare fango su Larrimer sarebbe gettare fango su di loro… Noi non diremo la verità, mentiremo.” Ma come!?! Tutta la storia è una critica all’ipocrisia e alla retorica dell’eroismo e alla fine Tex cosa fa? Mente sul capitano Larrimer per salvare il buon nome degli eroici giovani che lì sono morti, perché - come sentenzia ancora - “a volte la verità fa più male della menzogna”? Mah!.. (commento mio) Nolitta su Tex ha avuto il pregio di ideare soggetti originali e quasi sempre intriganti, con ottime idee e intenzioni di partenza, ma purtroppo - a mio parere - con sceneggiature che spesso presentano numerose incongruenze e forzature, dialoghi ben poco texiani, situazioni e scene con altalenanti risultati, a volte coinvolgenti e piene di pathos, altre noiose e inutilmente prolisse, oppure retoriche o fuori fuoco rispetto al personaggio Tex. E questa “La freccia spezzata” è un po’ così: una storia discontinua, con difetti e pregi (tra questi gli ottimi disegni di Nicolò).
  16. Poe

    [506/507 ] A Sud Del Rio Grande

    GL Bonelli non ha mai scritto storie "gialle" vere e proprie, a lui interessava l'aspetto avventuroso e in certi casi creare un alone di mistero, ma tutte le storie in cui non si sa all'inizio chi è l'assassino sono piuttosto facili da risolvere, anche perché i possibili colpevoli di solito sono uno, al massimo due!... Forse c'è qualcuno che non ha capito subito chi si celava dietro Satania? O dietro "L'uomo dalle quattro dita", o La voce misteriosa, o il Drago di "Chinatown", ecc. ? L'esempio della "Cella della morte" è sbagliato perché quello non è un "giallo" in cui devi trovare un colpevole tra vari sospettati. Il fatto che non ci venga rivelato il volto di colui che ha ordito l'intrigo non la trasforma in una storia gialla. Tanto è vero che alla fine "l'uomo di Flagstaff" si rivela un signor nessuno, mai visto prima nel corso della vicenda. Boselli riprende la lezione di GL Bonelli, solo complicandola un po', per cui il lettore ci mette qualche pagine in più a individuare i misteriosi assassini, ma anche qui è abbastanza semplice perché le possibilità non sono molte. Boselli prova a volte a depistare, ma anche a lui interessa soprattutto l'avventura, l'azione, non l'aspetto "giallo". Ne "La lunga pista" era piuttosto evidente chi era l'assassino misterioso (e io non sono di certo un abile giallista), così come in questa storia chi era il ranger traditore. Ma questo non è un difetto, è solo un modo tra i tanti possibili di costruire una trama. Quindi citarlo come un difetto della storia per me è sbagliato. Dove Boselli riesce a depistare abbastanza è ne "La grande invasione" dove all'inizio non è facile individuare di chi è il funerale che vediamo nelle prime pagine. Almeno, parlo per me, io ci ho messo un bel po' per capirlo...
  17. Poe

    [506/507 ] A Sud Del Rio Grande

    Condivido il giudizio. Anche secondo me questa storia non è così da buttare come appare dai giudizi degli altri forumisti. Certamente è una storia minore di Boselli, molto classica, neanche parente dei suoi capolavori, ma tutt'altro che banale e noiosa, anzi con un intreccio ben costruito, con bei dialoghi e personaggi. Le critiche mi sembrano un po' tutte deboli: Juan Raza che fa fuori sette avversari in pochi secondi? E' un pistolero fenomenale, è questa la caratteristica del personaggio, che problema c'è? Il giallo è prevedibile? Quando mai in Tex ci sono stati gialli di difficile soluzione? In quelli di GL Bonelli si capiva subito dopo poche pagine chi era il colpevole e Boselli non ha fatto altro che seguire la sua lezione (forse che ne "La lunga pista" non si capisce fin da subito chi è l'ignoto assassino dei due navajos?), perché ciò che conta è il processo che porta alla scoperta del colpevole, non tanto il mistero in sé. Le motivazioni dell'odio di Vance verso Raza sono deboli? Oltre a quella che il padre di Juan ha ucciso il suo, Boselli aggiunge anche l'invidia ("Un mezzosangue ex fuorilegge che entra nel corpo dei rangers e subito si fa benvolere... non è giusto", dice). Direi che - oltre ai soldi - le motivazioni sono sufficienti. E non è nemmeno vero, come scrive qualcuno, che nel primo albo non si fa che chiacchierare, ci sono ben tre scene d'azione, di cui una abbastanza lunga, con sparatorie, inseguimenti, fiumi in piena da guadare, ecc. ecc. Ci sono anche molti dialoghi, è vero, ma non sono affatto scontati o scritti col pilota automatico, anzi sono tutti funzionali alla narrazione e alla caratterizzazione di Juan Raza e alla sua amicizia col vecchio Jesse. Poi ci sono, come sempre, tanti personaggi minori ben delineati (es. il piccolo Morenito), un bel finale non così scontato (il colpevole ucciso a bruciapelo da Juan che poi si toglie la stella di ranger) e un Juan Raza che potrà non piacere per il suo carattere orgoglioso, talvolta arrogante e troppo sicuro di sé, ma che - secondo me - è ben tratteggiato da Boselli. Era chiaro che non era lui il traditore, d'accordo, ma in ogni caso il suo carattere solitario, ombroso, fa pensare a volte che il suo "lato oscuro" non sia del tutto sparito e Boselli fa in modo che lo stesso Tex si ponga la domanda se Juan Raza non rimpianga a volte la sua vita passata. Insomma, per concludere, indubbiamente una storia minore ma di qualità, che meriterebbe un 7 se i disegni di un Letteri purtroppo in fase discendente non ne abbassassero un po' il voto. E che forse sono il motivo principale per cui molti non hanno apprezzato questi due albi.
  18. Sì, siamo tutti d'accordo, mi sembra, per cui non c'è bisogno di ripeterlo 5-6 volte come hai fatto tu... Nessuno, mi pare, ha detto il contrario. E a questo punto non ci resta altro che aspettare di avere fra un mese l'albo in mano per averne la conferma o - speriamo - essere smentiti dai disegni. Altro non si può più fare...
  19. A questo punto, visto che siete in ottima sintonia, prova a proporgli qualche soggetto interessante. Potrebbe trovarlo di suo gradimento!
  20. Premetto che non ho nessuna competenza per dare giudizi. Sono un semplice lettore come tanti... Comunque, detto questo, secondo me il soggetto è interessante, però forse è poco western, assomiglia più a un soggetto di Dylan Dog (una persona problematica che ha subito angherie e si vendica in modo efferato dei suoi ex aguzzini). Però questo non vuol dire che possa essere adattato a un nuovo contesto... Forse potrebbe essere meglio, magari, far terminare la storia non a Philadelphia ma nella riserva navajo, dove Little Wolf torna per fuggire da Tex, Kit e Charles Morrow (ma questa è una mia idea, molto opinabile). Tra i personaggi cercherei di dare maggiore importanza all'altro ex convittore dell'Istituto che l'aiuta e che magari Little Wolf conosceva fin da bambino. E naturalmente anche a Charles Morrow, secondo la mia convinzione che dal momento in cui si fa ritornare un vecchio personaggio bisognerebbe sempre dargli importanza e non usarlo come semplice pretesto e comparsa. Sarebbe l'opportunità per riflettere ancora sul Male (che è uno dei temi di Colorado Belle), questa volta commesso da una vittima di persone malvagie (un finale diverso, potrebbe essere che è proprio Charles Morrow e non Tex a uccidere Little Wolf per salvare Kit.) Comunque mi sembra un'idea originale per Tex (gli istituti di rieducazione per indiani) che può essere sviluppata in varie direzioni...
  21. Poe

    [726/727] Il pistolero vudu

    SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER Storia dalla trama esile, poco ispirata, poco convincente. Potremmo considerarla la terza parte di una trilogia di Ruju sull’identità, dopo “Il ritorno di Proteus” e “Sulla strada maestra”, tutte storie che vedono Tex affrontare personaggi che assumono un aspetto e un’identità diverse per ingannarlo: un trasformista, un gemello cattivo e ora una strega vudu che può entrare nel corpo altrui. Tutte e tre storielle poco riuscite, a mio parere. Qui il primo albo non mi era dispiaciuto, Ruju e Ramella erano riusciti a creare una bella atmosfera, e l’intreccio e le scene d’azione ti inducevano a proseguire con interesse. Nel secondo albo invece la storia si affloscia piano piano, la vicenda diventa lineare, prevedibile, “legnosa” in certi passaggi, con dialoghi sbrigativi, personaggi senza spessore e alcune situazioni assurde. La più grave è quando Tex e Carson nascondono una delle vittime designate nel retro di un ristorante, mettendo così a rischio la vita della proprietaria, per di più facendolo sorvegliare da un aiuto-sceriffo dichiaratamente incapace e andandosene assieme fuori città a cercare tracce, per poi tornare frettolosamente indietro rendendosi conto di aver fatto una sciocchezza! (Ruju, anche tu, liberati dalla possessione del Nizzi che è in te!!!). Poi tante piccole cose: Carson che all’assalto dei coccodrilli dice che non ha mai visto niente di simile, dimenticandosi l’avventura “Nelle paludi della Louisiana”; il pistolero Carrillo che affronta per la seconda volta Tex senza la protezione del medaglione, con la strega che lo salva dicendogli che non era ancora pronto ad affrontare l’avversario senza un nuovo amuleto magico (e non glielo poteva dire prima!); i Cajun zombizzati dalla strega per mezzo dell’acqua infetta, che sembrano usciti pari pari da una storia di Zagor; e, per concludere, un duello finale con un Carrillo ormai senza più alcun carisma, con i proiettile di Tex che per magia deviano dal bersaglio, resi da Ramella in modo non molto brillante!... Insomma, dopo quella di Zamberletti, un’altra storia non proprio esaltante. Speriamo in Manuela Montoya... P.S.: tutte le polemiche e gli scandali prematuri sulla "resurrezione" del pistolero hanno qui una semplice risposta: bastava aspettare! E in ogni caso non è quello il problema della riuscita della storia...
  22. Poe

    Il Tex di Boselli è veramente Tex?

    Questo è vero. Con "Colorado Belle" Boselli ha superato di gran lunga GL Bonelli nelle storie di fantasmi (La dama di picche, Il tesoro di Victorio, ecc.). Anche in Dampyr le storie di fantasmi gli riescono particolarmente bene.
  23. Poe

    Il Tex di Boselli è veramente Tex?

    Sì, è detto molto bene: in Boselli Tex non viene sminuito dalla presenza di numerosi comprimari o di personaggi dalla forte personalità. Nonostante quantitativamente le pagine in cui il Nostro compare in una storia possano essere minori che in passato, la sua presenza non risulta per questo meno incisiva e determinante e il carattere ambiguo e di non facile lettura di molti antagonisti rende sia più interessante la vicenda, sia più difficile - e alla fine meritorio - il compito di Tex. Ecco, se si può fare una critica al Tex di Boselli è quella - secondo me - di non aver saputo rinnovare le storie magico-fantastiche, o almeno non come è riuscito a fare invece con quelle del filone "realistico". Non a caso le storie più apprezzate dai lettori appartengono al western realistico, solo raramente si citano "Il segno di Yama" o "Omicidio a Bourbon Street", e di solito nei piani bassi delle classifiche. E' strano ma lo sceneggiatore di Dampyr su Tex non ha (ancora) trovato una formula personale per raccontare in modo diverso il lato fantastico-sovrannaturale del West. In questo GL Bonelli è ancora imbattibile (le storie di Mefisto, di El Morisco, Diablero, Le terre dell'abisso, ecc. ). Nizzi e Nolitta non ne parliamo. Ecco, una maggiore asciuttezza nella narrazione non guasterebbe a Boselli. O meglio: nel periodo 400-500 l'asciuttezza c'è (non come Berardi ma c'è), nelle grandi storie disegnate da Marcello, per esempio, tutto fila che è un piacere (l'unico neo può essere talvolta un eccesso di pathos o di "buonismo", ma neanche tanto). Successivamente invece, e ancora oggi, alcune storie risentono di una certa pesantezza, a volte nella trama, a volte nei dialoghi, a volte in una minore capacità di sintesi. Sì, io aggiungerei anche il nome di Nolitta, tra le influenze. Nonostante le storie texiane di Sergio Bonelli non siano le preferite di Boselli, mi pare, qualcosa nel modo di delineare i personaggi né buoni né cattivi lo ha appreso anche da lui. Storie come "Caccia all'uomo" o "Giungla crudele", per esempio, anticipano alcune situazioni e personaggi boselliani. Non solo. Boselli fa qualcosa in più, aggiunge ai flashback un ritorno al presente, in cui vediamo come il passato abbia influenzato il presente, e come i personaggi attuali siano cambiati e stiano ancora cambiando (in meglio o in peggio). GL Bonelli nei pochi casi di flashback (Il passato di Tex, Il giuramento, Tra due bandiere), si limitava a raccontare un passato ormai concluso o al massimo (ne Il giuramento), una vicenda che si concludeva nel presente ma in cui tutti i protagonisti del passato erano praticamente identici (caratterialmente e fisicamente) al presente (Tex e Tiger, Brennan, ecc. erano sempre loro). Boselli fa tornare vecchi amici o antagonisti invecchiati, e non uguali a com'erano una volta, insomma riesce a rendere l'idea del passare del tempo (anche se i 4 pards hanno sempre la stessa età!).
  24. Complimenti anche da parte mia per la recensione. Però a proposito dell'identità della salma, in realtà all'inizio non si capisce bene di chi sia il funerale anche perché Boselli depista un po', anzi secondo me c'è un vero proprio errore - mi pare perché è da molto che non la rileggo - quando qualcuno all'inizio dice del defunto che era un tipo riservato e di poche parole (o qualcosa del genere), definizione che non corrisponde certo al carattere di Corbett. Per quanto mi riguarda ci ho messo un po' a intuire il finale...
  25. Ottima storia di Boselli (e del grande Marcello) che in un albo e mezzo concentra tutte le caratteristiche tipiche delle sue sceneggiature: tanta azione sapientemente orchestrata, personaggi complessi resi con pochi tratti, molta atmosfera (in questo caso invernale) che aumenta il fascino della vicenda, un Tex determinato e in gran forma (un po’ troppo supereroe, unico difetto della storia), sequenze mozzafiato ben costruite, ma non basta… In questa storia prevalentemente d’azione Boselli riesce a inserire anche la sua poetica sul tempo. E lo fa attraverso Castelman, tipico suo personaggio che non ha risolto i conti col passato, che ha cambiato la propria vita da trapper a ingegnere delle ferrovie, ma con insoddisfazione e rimpianti (“Nel tuo cuore tu sei morto Castleman”, gli dice "il fantasma" di Corvo Giallo), e che però nel finale si ripromette di tornare sulla “giusta strada”. Una sorta di Scrooge di Dickens/Carl Barks dal cuore indurito e peggiorato rispetto al se stesso di una volta, che viene visitato dai fantasmi del tempo passato (in questo caso dai fantasmi dei Nez-Percé) e dai ricordi della moglie indiana Daino selvaggio che ha abbandonato e dimenticato, l’ennesimo personaggio boselliano che ha lasciato dietro di sé un amore non vissuto (Daino selvaggio come Doretta Doremì?). In entrambi i casi per desiderio di ricchezza o maggior benessere. Ma oltre al conflitto personale di Castelman, in questa storia c’è di più, c’è come dice Pecos più sopra, il tema di una civiltà moderna che distrugge quella passata (Il treno che annienta gli indiani). Sono d'accordo. La vicenda personale e sentimentale di Castelman si intreccia con quello della storia del West e della civiltà. In entrambi i casi qualcuno viene sacrificato e lasciato indietro, alle proprie spalle, dimenticato, e il passato viene sepolto. (“Io ho fatto del male alla gente che abitava queste terre… ho portato qui la ferrovia e la civiltà”, confessa Castelman a Tex). Solo che se “il passato è passato, e non ritorna”, come ci ripetono spesso i personaggi di Boselli in varie storie, è anche vero che i fantasmi (i ricordi) inquieti prima o poi si riaffacciano, bussano al presente, riaffiorano quando meno te lo aspetti. E a quel punto sta ai vari personaggi decidere se cancellarlo del tutto, il passato, in nome della modernità, del cambiamento o dell’avidità, oppure farne tesoro e trarne insegnamento, non per tornare indietro, ma per costruire un futuro diverso. E in questo caso non è solo un cambiamento interiore, ma un cambiamento di vita in favore degli indiani: “Credete che potrei fare qualcosa per aiutarli?... Tornerò in primavera… e dirò che sono tornato sulla vecchia pista” , conclude Castelman (che speriamo tanto di rivedere prima o poi anche noi!) In questa storia l'ex trapper capisce il suo errore e cerca di rimediare confrontandosi con i suoi fantasmi (come Scrooge nel Canto di Natale). Non così tanti altri personaggi di Boselli, che di fronte al ritorno del passato decidono di continuare a essere quello che sono sempre stati o che sono diventati (dagli Innocenti alle canaglie di Colorado Belle a Mickey Finn di fronte a Tex, l’uomo che gli aveva salvato la vita da giovane). Insomma un piccolo racconto morale che Boselli incastona in una storia d’azione, di sparatorie e di bufere di neve che appassiona il lettore fino alla fine, lasciandolo divertito e soddisfatto per la bella conclusione, con lo stesso entusiasmo di Carson che festeggia il ritorno di Tex.
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