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[Maxi Tex N. 03] L'oro Del Sud


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Non rileggo i due maxi di segura da otto anni, ma ricordo che ne Il Cacciatore di Fossili, storia superlativa, trovai Carson troppo macchietta, mentre qui la sua figura a mio parere è più calibrata. Ciò che non dimentico inoltre è il dolente Sud di Segura, con le sue famiglie di sfollati e storpi, con i villaggi di miserabili, anche con l'idealismo velleitario di Buchanan. Per non parlare del vecchio Hannibal, della soddisfazione con cui guarda Carson mentre beve il suo torcibudella, di Isaias che sopporta stoicamente il martirio di quel whisky pur di non offendere il vecchio. C'è tutta una piccola umanità, in questa storia, fatta di splendide comparse che entrano ed escono rapidamente dalla trama lasciando però qualcosa di duraturo: si riconosce in essa l'epoca dolorosa del Dopoguerra e la passione dello sceneggiatore nel raccontare quella miserabile epopea. Per questo, forse, tra i due capolavori di Segura preferisco L'oro del Sud, perché oltre a personaggi interessanti propone lo spaccato di un tempo e di una società a me molto cari.

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  • pecos changed the title to [Maxi Tex N. 03] L'oro Del Sud
  • 1 anno dopo...

Quest’ottima storia di Segura credo sia l’unica tra quelle da lui scritte per i Maxi che poteva benissimo essere pubblicata sulla serie regolare, dove avrebbe fatto senz’altro una gran bella figura. Le altre sono tutte piuttosto fuori dai classici canoni texiani, mentre questa è tutto sommato nella norma: Tex e Carson sono proprio loro, le scene di violenza sono molto limitate rispetto allo standard dell'autore spagnolo, di situazioni anomale o bizzarre non c’è traccia, e tutto fila liscio meravigliosamente. La trama è avvincente, senza un attimo di respiro, in questo lungo inseguimento che incolla il lettore sino alla fine; i personaggi secondari e l’atmosfera generale del profondo Sud post-bellico sono resi benissimo (solo Boselli/Mastantuono in “Jethro” riescono a eguagliarli); gli antagonisti sono ben delineati e in conflitto tra loro (un ufficiale sudista con ideali di riscatto e un losco seguace del KKK), e questo rende la vicenda ancora più interessante.

 

L’inizio con l’evasione dal carcere e lo scontro al traghetto forse sa un po’ troppo di già visto, ma il resto del soggetto è originale e via via la storia diventa sempre più interessante, con un susseguirsi di numerose scene da antologia: il ritrovamento del battello confederato in mezzo alla palude, il bombardamento del villaggio fluviale, la splendida scena del cannone che Tex e Carson devono piazzare sul fiume aiutati dagli abitanti inizialmente sospettosi, l’inseguimento col vagoncino ferroviario e l’epico scontro finale nel battello che affonda, tutti momenti ad alta tensione ed emozionanti. Segura era davvero un grande narratore, e lo si vede anche nei dettagli, nei tanti personaggi di secondo piano e nelle comparse che arricchiscono, anche se per poche pagine, una sceneggiatura sempre brillante.

 

Il tema di fondo è quello della condizione dei neri dopo la fine della schiavitù e i tanti personaggi di ex schiavi o soldati di colore (a partire dal bel personaggio di Isaia) che affollano le pagine riescono a renderla benissimo nelle sue varie sfaccettature. Rispetto ad altre storie di Segura qui non c’è neanche l’atmosfera pesantemente crepuscolare, pessimista e negativa che di solito le pervade: sì, c’è molta povertà, degrado da una parte e avidità, cinismo, violenza dall’altra, ma c’è anche molto orgoglio, vitalità, solidarietà, senso dell’onore, voglia di ricominciare dopo il conflitto. E poi, nonostante la miseria che si vede per tutto il viaggio, la vicenda si conclude con gli ex schiavi che vengono perlomeno risarciti da Tex coi lingotti: “è oro della confederazione, in parte vi appartiene… lo avete guadagnato lavorando come schiavi nelle piantagioni.”

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  • 3 settimane dopo...
Il 3/11/2023 at 22:37, Poe dice:

Quest’ottima storia di Segura credo sia l’unica tra quelle da lui scritte per i Maxi che poteva benissimo essere pubblicata sulla serie regolare, dove avrebbe fatto senz’altro una gran bella figura. Le altre sono tutte piuttosto fuori dai classici canoni texiani, mentre questa è tutto sommato nella norma: Tex e Carson sono proprio loro, le scene di violenza sono molto limitate rispetto allo standard dell'autore spagnolo, di situazioni anomale o bizzarre non c’è traccia, e tutto fila liscio meravigliosamente. La trama è avvincente, senza un attimo di respiro, in questo lungo inseguimento che incolla il lettore sino alla fine; i personaggi secondari e l’atmosfera generale del profondo Sud post-bellico sono resi benissimo (solo Boselli/Mastantuono in “Jethro” riescono a eguagliarli); gli antagonisti sono ben delineati e in conflitto tra loro (un ufficiale sudista con ideali di riscatto e un losco seguace del KKK), e questo rende la vicenda ancora più interessante.

 

L’inizio con l’evasione dal carcere e lo scontro al traghetto forse sa un po’ troppo di già visto, ma il resto del soggetto è originale e via via la storia diventa sempre più interessante, con un susseguirsi di numerose scene da antologia: il ritrovamento del battello confederato in mezzo alla palude, il bombardamento del villaggio fluviale, la splendida scena del cannone che Tex e Carson devono piazzare sul fiume aiutati dagli abitanti inizialmente sospettosi, l’inseguimento col vagoncino ferroviario e l’epico scontro finale nel battello che affonda, tutti momenti ad alta tensione ed emozionanti. Segura era davvero un grande narratore, e lo si vede anche nei dettagli, nei tanti personaggi di secondo piano e nelle comparse che arricchiscono, anche se per poche pagine, una sceneggiatura sempre brillante.

 

Il tema di fondo è quello della condizione dei neri dopo la fine della schiavitù e i tanti personaggi di ex schiavi o soldati di colore (a partire dal bel personaggio di Isaia) che affollano le pagine riescono a renderla benissimo nelle sue varie sfaccettature. Rispetto ad altre storie di Segura qui non c’è neanche l’atmosfera pesantemente crepuscolare, pessimista e negativa che di solito le pervade: sì, c’è molta povertà, degrado da una parte e avidità, cinismo, violenza dall’altra, ma c’è anche molto orgoglio, vitalità, solidarietà, senso dell’onore, voglia di ricominciare dopo il conflitto. E poi, nonostante la miseria che si vede per tutto il viaggio, la vicenda si conclude con gli ex schiavi che vengono perlomeno risarciti da Tex coi lingotti: “è oro della confederazione, in parte vi appartiene… lo avete guadagnato lavorando come schiavi nelle piantagioni.”

Leggendo il tuo commento e quelli precedenti non posso che essere d'accordo. Le storie del vecchio Sud mi sono sempre piaciute sia quando ne portano il ricordo, come nel recente maxi "I quattro vendicatori", che quando vi sono immerse come in questo. Inoltre è da tenere presente come sia Segura che Nizzi nelle storie di questo tipo abbiano sempre lasciato la "riflessione aperta" sulla guerra di secessione, prendendo in considerazione i punti di vista di vincitori e vinti. Chi ha approfondito la storia di quella guerra sa che i soldati spesso non si battevano per la schiavitù ma più in generale per quella che consideravano la loro terra e il loro sistema di valori. Senza entrare troppo in merito, per noi ora è facile ergerci a giudici del passato e dire: qui erano tutti cattivi li tutti buoni. Invece la grandezza delle storie di questo tipo è ricreare le atmosfere con sottigliezza, mettere i lettori nei panni dei personaggi e creare in loro delle domande. In questo certamente i disegni di Ortiz e Casertano si sono rivelati ottimi. 

Nell'ultimo Tex gigante di Boselli e Dotti che mi è comunque piaciuto, specialmente la parte iniziale molto narrativa (ricordo la scena del generale Johnston che attacca i soldati nel fossato) ho percepito invece a tratti una maggiore tendenza al moralismo nei confronti degli sconfitti, ma sono interpretazioni. 

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<span style="color:red">13 ore fa</span>, Hellingen dice:

la grandezza delle storie di questo tipo è ricreare le atmosfere con sottigliezza, mettere i lettori nei panni dei personaggi e creare in loro delle domande. In questo certamente i disegni di Ortiz e Casertano si sono rivelati ottimi. 

Nell'ultimo Tex gigante di Boselli e Dotti che mi è comunque piaciuto, specialmente la parte iniziale molto narrativa (ricordo la scena del generale Johnston che attacca i soldati nel fossato) ho percepito invece a tratti una maggiore tendenza al moralismo nei confronti degli sconfitti, ma sono interpretazioni. 

Io invece nel Texone di Boselli e Dotti non me ne sono accorto, anzi mi è sembrato molto riuscito nel rappresentare i vari punti di vista dei personaggi e le diverse motivazioni  che li spingono a partecipare alla guerra, al di là delle appartenenze di campo. Persino i protagonisti (Tex, Carson, Kate Warne) hanno sfumature diverse nei comportamenti, e così un po' tutti i personaggi. D'altra parte anche in "Missouri" Boselli era stato bravo a "mescolare un po' le carte" per non dare una visione manichea del conflitto.

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