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TWF - Tex Willer Forum

[651/653] Luna Insanguinata


ymalpas
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I sondaggi della storia  

83 utenti hanno votato

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Buona storia questa, paga il fatto di venire dopo un capolavoro come quello precedente ma non sfigura anche e soprattutto per il clima surreale creato da Boselli, ottima caccia al fantasma con finale ad effetto, i disegni non riesco a farmeli piacere, Mastantuono non mi piace proprio.
Sceneggiatura: 7
Disegni: 5
Tex: 7

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Tra me e questa storia non è mai scaturita la scintilla.Ho letto il tutto abbastanza passivamente.L'ultimo albo mi ha ricordato leggermente l'inseguimento a Narvaez ne "Il diavolo della sierra" ,storia che adoro.Più una nostalgia che una reale affinità quindi (ma non è colpa mia se hanno nomi simili,e inseguitori simili graficamente come Novak e Rick).Emozioni zero.Capita..

 

L'unico brio è il personaggio di Matt,che mi ha fatto fare delle grosse risate dall'inizio della sua comparsa.Personaggio trattato malissimo dall'autore:sgridato in continuazione,ucciso due volte (una delle quali è una delle morti più violente dell'intera serie)ed infine sfottuto anche dopo la morte dai sopravvissuti ahaha.Confermo le grosse risate. :D 

 


Peccato per "l'inesistenza" della "magia" di Charvez.Che senso hanno i feticci in copertina,le continue allusioni alla magia,Daniel con occhi persi in primo piano ,se poi era tutta una recita?Non era meglio se Charvez (che sappiamo benissimo essere un guerriero e non uno stregone) avesse effettivamente drogato il ragazzo?Non dico mostrato nei disegni,ma anche solo nei dialoghi...

 

 

Voto 6 nel sondaggio.

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  • Sceriffi

Storia clamorosa! Arrivo in ritardassimo a commentare una delle storie più riuscite degli ultimi tempi! Molto è già stato detto, mi limito ad approfondire un punto in particolare: la "medicina" di Charvez.
Ho letto diversi interventi che sostenevano come questo aspetto non sia stato sufficientemente sviluppato dall'autore, che il personaggio di Charvez rimane una sorta di "non finito" proprio per la mancanza di approfondimento di questo aspetto soltanto accennato. Che si lamentano del fatto che alla fine non è chiaro se Charvez abbia davvero delle arti magiche o no. Per me, è vero tutto il contrario: questo è uno degli spunti fondamentali della storia e insieme uno dei più riusciti. E invito chi pensa il contrario a rileggersi il dialogo notturno tra Tex e Ada: "Che io ritenga reali le arti magiche di Charvez? Una cosa è reale quando funziona, Ada!"
E medicina di Charvez funziona: ne fanno le spese Matt e compagni, che ormai terrorizzati dall'avversario cercano la salvezza nella fuga e finiscono invece nelle sue braccia; ne fa le spese Rick Simmons, indebolito psicologicamente dai ripetuti incubi notturni - vere influenze nefaste di Charvez, o solo frutto della suggestione? Non lo sappiamo, non sappiamo se la medicina di Charvez sia vera magia o siano soltanto trucchi, rimaniamo nell'incertezza su questo punto. Anche Tex non lo sa, ma lui NON SE NE CURA. Sa che in un modo o nell'altro la medicina di Charvez, vera o presunta, funziona, indebolendo i suoi compagni e soggiogando i seguaci del predone indiano; e decide di combattere il nemico sul suo stesso campo, provando che la medicina di Aquila della Notte è più forte.
E il duello tra i due capi non è solo quello fisico della parte finale della storia, ma è un duello a distanza in cui ciascuno dei contendenti cerca di esercitare la propria influenza e di indebolire quella dell'avversario: Charvez con i suoi feticci, Tex che risponde rimandando un feticcio dell'indiano al mittente, disegnando un'aquila sulla sabbia, impersonando uno spirito delle caverne... (Rispondendo anche a un post precedente: è un Tex molto "indiano" questo, che conosce quel mondo con la sua cultura e le sue tradizioni, e ne fa parte).
E anche quel genio di Silent Foot capisce che Charvez va combattuto sul suo stesso campo, decretando la sua morte per mano di Ada: lui che nessun uomo avrebbe potuto uccidere - e anche qui non sappiamo se sia vero o solo superstizione, ma non importa! - viene ucciso da una donna. La medicina di Charvez è definitivamente sconfitta!
Ma in tutto questo, forse la medicina più forte è quella di Ada e Rick, nella loro capacità di crescere e amare un figlio. Alla fine, con la scelta di Daniel, è proprio la loro medicina a vincere su quella di Charvez.

Voto: 9, molto abbondante!

  • +1 2
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Storia clamorosa! Arrivo in ritardassimo a commentare una delle storie più riuscite degli ultimi tempi! Molto è già stato detto, mi limito ad approfondire un punto in particolare: la "medicina" di Charvez.
Ho letto diversi interventi che sostenevano come questo aspetto non sia stato sufficientemente sviluppato dall'autore, che il personaggio di Charvez rimane una sorta di "non finito" proprio per la mancanza di approfondimento di questo aspetto soltanto accennato. Che si lamentano del fatto che alla fine non è chiaro se Charvez abbia davvero delle arti magiche o no. Per me, è vero tutto il contrario: questo è uno degli spunti fondamentali della storia e insieme uno dei più riusciti. E invito chi pensa il contrario a rileggersi il dialogo notturno tra Tex e Ada: "Che io ritenga reali le arti magiche di Charvez? Una cosa è reale quando funziona, Ada!"
E medicina di Charvez funziona: ne fanno le spese Matt e compagni, che ormai terrorizzati dall'avversario cercano la salvezza nella fuga e finiscono invece nelle sue braccia; ne fa le spese Rick Simmons, indebolito psicologicamente dai ripetuti incubi notturni - vere influenze nefaste di Charvez, o solo frutto della suggestione? Non lo sappiamo, non sappiamo se la medicina di Charvez sia vera magia o siano soltanto trucchi, rimaniamo nell'incertezza su questo punto. Anche Tex non lo sa, ma lui NON SE NE CURA. Sa che in un modo o nell'altro la medicina di Charvez, vera o presunta, funziona, indebolendo i suoi compagni e soggiogando i seguaci del predone indiano; e decide di combattere il nemico sul suo stesso campo, provando che la medicina di Aquila della Notte è più forte.
E il duello tra i due capi non è solo quello fisico della parte finale della storia, ma è un duello a distanza in cui ciascuno dei contendenti cerca di esercitare la propria influenza e di indebolire quella dell'avversario: Charvez con i suoi feticci, Tex che risponde rimandando un feticcio dell'indiano al mittente, disegnando un'aquila sulla sabbia, impersonando uno spirito delle caverne... (Rispondendo anche a un post precedente: è un Tex molto "indiano" questo, che conosce quel mondo con la sua cultura e le sue tradizioni, e ne fa parte).
E anche quel genio di Silent Foot capisce che Charvez va combattuto sul suo stesso campo, decretando la sua morte per mano di Ada: lui che nessun uomo avrebbe potuto uccidere - e anche qui non sappiamo se sia vero o solo superstizione, ma non importa! - viene ucciso da una donna. La medicina di Charvez è definitivamente sconfitta!
Ma in tutto questo, forse la medicina più forte è quella di Ada e Rick, nella loro capacità di crescere e amare un figlio. Alla fine, con la scelta di Daniel, è proprio la loro medicina a vincere su quella di Charvez.

Voto: 9, molto abbondante!

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  • Collaboratori

Ho letto diversi interventi che sostenevano come questo aspetto non sia stato sufficientemente sviluppato dall'autore, che il personaggio di Charvez rimane una sorta di "non finito" proprio per la mancanza di approfondimento di questo aspetto soltanto accennato. Che si lamentano del fatto che alla fine non è chiaro se Charvez abbia davvero delle arti magiche o no. Per me, è vero tutto il contrario: questo è uno degli spunti fondamentali della storia e insieme uno dei più riusciti. E invito chi pensa il contrario a rileggersi il dialogo notturno tra Tex e Ada: "Che io ritenga reali le arti magiche di Charvez? Una cosa è reale quando funziona, Ada!"

 

 

Diciamo che la magia di Charvez è presentata in modo tale da non dare certezze defintiive sulla sua efficacia, ma diverse sequenze nella storia lasciano pochi dubbi sul fatto che la sua sia vera magia; magia indiana e non magia nera. Tuttavia il discorso del personaggio "non finito" è legato piuttosto alla presentazione che ci viene fatta di Charvez, che vent'anni dopo è diventato quello che è diventato, ma senza nessun flashback che ci  venga a spiegare cosa è stata la sua vita in questi vent'anni e come ha acquistato questi poteri: il personaggio ha queste caratteristiche e il lettore deve prenderlo com'è senza farsi troppe domande. Questo è il senso dell'incompiutezza. Tieni presente che questa storia nel 2011, quando Carnevale iniziò a lavorarci, fu presentata come una storia con tematiche a sfondo horror, probabilmente questo elemento è stato diluito parecchio negli anni, bisognerebbe vedere quale fu lo spunto dato da Sergio Bonelli e quale era l'idea in origine che si fece Boselli riguardo alla storia.

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  • Sceriffi

Ho letto diversi interventi che sostenevano come questo aspetto non sia stato sufficientemente sviluppato dall'autore, che il personaggio di Charvez rimane una sorta di "non finito" proprio per la mancanza di approfondimento di questo aspetto soltanto accennato. Che si lamentano del fatto che alla fine non è chiaro se Charvez abbia davvero delle arti magiche o no. Per me, è vero tutto il contrario: questo è uno degli spunti fondamentali della storia e insieme uno dei più riusciti. E invito chi pensa il contrario a rileggersi il dialogo notturno tra Tex e Ada: "Che io ritenga reali le arti magiche di Charvez? Una cosa è reale quando funziona, Ada!"

 

Diciamo che la magia di Charvez è presentata in modo tale da non dare certezze defintiive sulla sua efficacia, ma diverse sequenze nella storia lasciano pochi dubbi sul fatto che la sua sia vera magia; magia indiana e non magia nera. Tuttavia il discorso del personaggio "non finito" è legato piuttosto alla presentazione che ci viene fatta di Charvez, che vent'anni dopo è diventato quello che è diventato, ma senza nessun flashback che ci  venga a spiegare cosa è stata la sua vita in questi vent'anni e come ha acquistato questi poteri: il personaggio ha queste caratteristiche e il lettore deve prenderlo com'è senza farsi troppe domande. Questo è il senso dell'incompiutezza. Tieni presente che questa storia nel 2011, quando Carnevale iniziò a lavorarci, fu presentata come una storia con tematiche a sfondo horror, probabilmente questo elemento è stato diluito parecchio negli anni, bisognerebbe vedere quale fu lo spunto dato da Sergio Bonelli e quale era l'idea in origine che si fece Boselli riguardo alla storia.

 

Capisco il tuo punto di vista: avresti voluto sapere qualcosa di più di Charvez, che invece rimane soltanto una presenza negativa che incombe su Tex e compagni per quasi tutta la durata della storia e che si palesa soltanto nelle pagine finali. E' una critica che d'altra parte è stata mossa a Boselli anche in altre occasioni, e che in effetti non è del tutto infondata.

Però secondo me, nel dare maggiori dettagli sulla figura di Charvez, ne sarebbe uscita una storia diversa, che non sarebbe stata quella che Boselli aveva in mente di scrivere. Il senso di minaccia che accompagna Tex e compagni lungo tutto il loro inseguimento, che causa gli incubi notturni a Rick Simmons e spinge Matt (il più debole psicologicamente del gruppo degli inseguitori) a fuggire con alcuni compagni, è proprio dovuto a questo nemico subdolo, sconosciuto, che agisce mettendo a dura prova i nervi degli inseguitori.

E il punto fondamentale della storia è che noi la seguiamo sempre DAL PUNTO DI VISTA DEGLI INSEGUITORI: anche per noi Charvez deve rimanere una minaccia indefinita, dobbiamo rimanere con il dubbio (che è anche il dubbio di Tex) se abbia davvero dei poteri soprannaturali, se la sua "medicina" sia vera magia indiana. Se sapessimo già tutto di lui, l'effetto sarebbe diverso. Noi lettori accompagniamo Tex e compagni nel loro drammatico, estenuante viaggio nel "cuore di tenebra" di Charvez, anche noi senza sapere cosa ci aspetta.

 

E' una storia narrativamente molto complessa, che poteva essere raccontata in altri modi, ma così secondo me Boselli ha ottenuto un effetto decisamente riuscito, e gli faccio tutti i miei complimenti.

 

Riguardo all'evoluzione della storia, che inizialmente doveva essere a sfondo horror, immagino che Boselli possa aver cambiato idea in corsa e abbia dato alla storia una evoluzione diversa rispetto a quella che magari aveva pensato all'inizio... effettivamente l'elemento horror è molto diluito, però rimane una storia perfettamente coerente dall'inizio alla fine, con un senso di tensione e un'alta drammaticità, quasi da tragedia, dalla prima all'ultima pagina.

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Ho letto diversi interventi che sostenevano come questo aspetto non sia stato sufficientemente sviluppato dall'autore, che il personaggio di Charvez rimane una sorta di "non finito" proprio per la mancanza di approfondimento di questo aspetto soltanto accennato. Che si lamentano del fatto che alla fine non è chiaro se Charvez abbia davvero delle arti magiche o no. Per me, è vero tutto il contrario: questo è uno degli spunti fondamentali della storia e insieme uno dei più riusciti. E invito chi pensa il contrario a rileggersi il dialogo notturno tra Tex e Ada: "Che io ritenga reali le arti magiche di Charvez? Una cosa è reale quando funziona, Ada!"

 

Diciamo che la magia di Charvez è presentata in modo tale da non dare certezze defintiive sulla sua efficacia, ma diverse sequenze nella storia lasciano pochi dubbi sul fatto che la sua sia vera magia; magia indiana e non magia nera. Tuttavia il discorso del personaggio "non finito" è legato piuttosto alla presentazione che ci viene fatta di Charvez, che vent'anni dopo è diventato quello che è diventato, ma senza nessun flashback che ci  venga a spiegare cosa è stata la sua vita in questi vent'anni e come ha acquistato questi poteri: il personaggio ha queste caratteristiche e il lettore deve prenderlo com'è senza farsi troppe domande. Questo è il senso dell'incompiutezza. Tieni presente che questa storia nel 2011, quando Carnevale iniziò a lavorarci, fu presentata come una storia con tematiche a sfondo horror, probabilmente questo elemento è stato diluito parecchio negli anni, bisognerebbe vedere quale fu lo spunto dato da Sergio Bonelli e quale era l'idea in origine che si fece Boselli riguardo alla storia.

 

Capisco il tuo punto di vista: avresti voluto sapere qualcosa di più di Charvez, che invece rimane soltanto una presenza negativa che incombe su Tex e compagni per quasi tutta la durata della storia e che si palesa soltanto nelle pagine finali. E' una critica che d'altra parte è stata mossa a Boselli anche in altre occasioni, e che in effetti non è del tutto infondata.
Però secondo me, nel dare maggiori dettagli sulla figura di Charvez, ne sarebbe uscita una storia diversa, che non sarebbe stata quella che Boselli aveva in mente di scrivere. Il senso di minaccia che accompagna Tex e compagni lungo tutto il loro inseguimento, che causa gli incubi notturni a Rick Simmons e spinge Matt (il più debole psicologicamente del gruppo degli inseguitori) a fuggire con alcuni compagni, è proprio dovuto a questo nemico subdolo, sconosciuto, che agisce mettendo a dura prova i nervi degli inseguitori.
E il punto fondamentale della storia è che noi la seguiamo sempre DAL PUNTO DI VISTA DEGLI INSEGUITORI: anche per noi Charvez deve rimanere una minaccia indefinita, dobbiamo rimanere con il dubbio (che è anche il dubbio di Tex) se abbia davvero dei poteri soprannaturali, se la sua "medicina" sia vera magia indiana. Se sapessimo già tutto di lui, l'effetto sarebbe diverso. Noi lettori accompagniamo Tex e compagni nel loro drammatico, estenuante viaggio nel "cuore di tenebra" di Charvez, anche noi senza sapere cosa ci aspetta.
 
E' una storia narrativamente molto complessa, che poteva essere raccontata in altri modi, ma così secondo me Boselli ha ottenuto un effetto decisamente riuscito, e gli faccio tutti i miei complimenti.
 
Riguardo all'evoluzione della storia, che inizialmente doveva essere a sfondo horror, immagino che Boselli possa aver cambiato idea in corsa e abbia dato alla storia una evoluzione diversa rispetto a quella che magari aveva pensato all'inizio... effettivamente l'elemento horror è molto diluito, però rimane una storia perfettamente coerente dall'inizio alla fine, con un senso di tensione e un'alta drammaticità, quasi da tragedia, dalla prima all'ultima pagina.

Ma no, doveva essere esattamente così. Ovviamente la magia di Charvez funziona solo con chi ha paura di lui.

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Dato il ritardo con cui sono riuscito a leggere la storia, giungo nella discussione a conclusioni ormai già tratte; mi è quindi difficile portare qualcosa di nuovo. Posso però dire che, come ormai sta accadendo con costanza da anni, storie di Faraci escluse, mi sono divertito parecchio a leggere Tex. Se questa non è una sorpresa, piacevolissima sorpresa è invece la strada intrapresa da Boselli: dopo una serie di storie in cui ha tentato di omaggiare a modo proprio tradizioni e stili precedenti, qui riprende sé stesso, tornando allo stile secco ed epico che ce lo aveva fatto conoscere poco più di vent'anni fa. Ed è un bel Boselli. La storia funziona egregiamente, con alcune scene, come quella dei carri nel terzo albo, davvero da manuale di sceneggiatura. Metto tuttavia questa storia al di sotto de "La stirpe dell'abisso", che pure presentava diversi scompensi e si ammosciava progressivamente verso la fine: "Luna insanguinata" è perfetta, senza cali, incalzante; però non offre le stesse vette della storia precedente, né la stessa atmosfera.

 

Anche Mastantuono dà il proprio contributo: l'ho duramente criticato all'inizio, ma dopo "I giustizieri di Vegas" non ho faticato ad ammettere che si è migliorato parecchio. Le impossibilità anatomiche sono diminuite parecchio, le vignette incomprensibili praticamente scomparse. Non sarà mai uno dei disegnatori di punta di Tex, sembra del tutto incapace di dare una qualsivoglia espressione ai personaggi, ma indubbiamente si sbatte; ciò che è encomiabile, tenendo conto che lo stile realistico non è certo l'ambito in cui eccelle. Alle cupezze della storia il suo tratto si adatta molto bene; perfetto il personaggio di Charvez. Una nota di merito anche per i paesaggi: non belli a vedersi (nulla nel disegno di Mastantuono è bello a vedersi), ma concepiti con molta cura. In particolare i rilievi, per come sono modellati, sembrano ripresi dalla realtà, non inventati lì per lì.

 

Per quanto riguarda la disputa riguardo la magia di Charvez: l'ambiguità e il non spiegato contribuiscono non poco al fascino della storia. Come piace a me, ci si può credere o non credere e la storia sta in piedi ugualmente. A me, leggendo, è parsa un modo per suggestionare psicologicamente gli avversari; nulla di mefistofelico, dunque.

 

Bella, infine, l'ultima vignetta: Boselli si lascia sfuggire un po' di melenso... e subito fa autoironia. Molto fine!

 

Come voto globale alla storia, do VIII. Mentre, però, quello de "La stirpe dell'abisso" era un otto pieno, questo è... un po' meno pieno. :D Piccolezze, comunque.

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  • 2 settimane dopo...

Stupenda. Una storia superba.

Appassionante, mai verbosa.

Sapientemente equilibrata nei momenti di azione e in quelli, diciamo di calma.

 

Anche la gestione dei due albi e mezzo è stata eccellente. Con il primo mezzo albo dedicato al flashback, un lungo prologo alla saga vera e propria dei due albi. Una saga piena di momenti forti, adulti. All'estero si pavoneggiano per certe linee di albi come vertigo, max, marvel knights, marvel icon, image.

Ma nella maturità di certi temi e il tatto con cui vengono trattati, l'Italia non è inferiore a nessuno.

Solo che lo facciamo a fari spenti. Senza troppi riflettori puntati addosso.

 

Questa è una grande storia di Tex, non quel sonnifero che l'ha preceduta. Un storia che meriterebbe una bella ristampa in volume cartonato.

 

Questo è il Boselli che mi piace.

 

I disegni sono il giusto contraltare all'ispirazione di Borden. Mastantuono è un grande ed è nato per disegnare il genere western.

 

Il mio voto è 8 (ottimo)

 

mentre come miglior personaggio ho votato Rick Simmons per la sua determinazione nel salvare Daniel... perché al di là dei legami di sangue, i figli sono di chi li cresce.

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  • 5 mesi dopo...

La migliore storia del 2015.
E ciò che è più sorprendente, costruita utilizzando Tex in solitaria ma con personaggi riuscitissimi a coadiuvare il ranger.
L'aspetto che colpisce maggiormente è la continua tensione emotiva che la narrazione trasmette, anche perché il nostro ranger viene a trovarsi in difficoltà più volte.
Bellissimo il doppio duello finale con i continui cambiamenti comportamentali di Daniel, il quale merita un ritorno in futuro anche sulla serie regolare.
Mastantuono buono ma non ottimo, anche se sicuramente adatto a questa avventura.
Storia: 9
Disegni: 8
 

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  • 1 anno dopo...

Avendo ripreso a comprare Tex da poco, ho letto questa storia solo adesso. Il giudizio complessivo è positivo, nello specifico ho alcune cose da dire. A colpirmi di più è stata la sceneggiatura di Boselli, che ho trovato davvero ottima, capace di incollarmi alla lettura dall'inizio alla fine. Buono anche il soggetto, per quanto si inserisca nel filone western più crudo e realistico che personalmente ho più subìto che amato. Il personaggio di Ada è molto contemporaneo e non avrebbe stonato in un film di Clint Eastwood. I disegni di Mastantuono molto buoni, ma debitori di uno stile che considero poco in linea con Tex. Ho apprezzato molto la caratterizzazione del personaggio di Rick. Nel complesso, un ottimo esempio di western contemporaneo, che non ho difficoltà ad apprezzare ma molta più difficoltà ad amare.

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  • Sceriffi

In merito al personaggio di Ada, non trovate qualche allusione (soprattutto in alcune vignette di Mastantuono) a un rapporto tra lei e Tex più intimo di quanto la sceneggiatura non dica? Un po' come se Boselli avesse voluto riproporre il rapporto tra Ethan e Martha di "Sentieri Selvaggi", che è evidentemente una delle fonti di ispirazione di questa storia...

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  • 2 anni dopo...

A questo forum riconosco il grande merito di avermi indotto a riprendere l'abitudine di rileggere le storie di Tex a distanza di qualche anno dalla prima lettura.

In questo modo, sto rendendomi conto di quante meravigliose avventure abbiamo vissuto insieme al nostro eroe.

 

Splendida, come hanno valutato i molti che mi hanno preceduto, è Luna insanguinata, con quella sua atmosfera melanconica e cupa, e con l'inquietudine che la magia di Charvez incute al lettore: non sarà mica più efficace della magia di Aquila della Notte?

 

Gli elementi che spiccano, a mio giudizio, sono Ada Stark, sicuramente una delle donne con più spessore nella lunga epopea texiana, e Silent Foot, con il suo modo di essere che al lettore europeo del XXI secolo appare un po' strambo.

 

Promossi i disegni di Mastantuono.

 

 

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On 17/12/2019 at 00:23, F80T dice:

Silent Foot, con il suo modo di essere che al lettore europeo del XXI secolo appare un po' strambo.

 

 Silent Foot che è ormai una presenza ricorrente nelle storie di Boselli e quando non c'è spesso è menzionato.;)

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  • 6 mesi dopo...
On 7/3/2015 at 17:52, Leo dice:

Storia maiuscola, poderosa, eccezionale.

 

Cosa deve avere una storia per meritarsi gli aggettivi che ho riportato sopra? Grandi dialoghi, diverse scene madri, comprimari che lascino il segno. E qui c'è davvero tutto questo.

 

Le scene che mi hanno molto colpito e che qui voglio ricordare:

 

- Il primo piano (Mastantuono da applausi) di Charvez che sembra guardare Aquila della Notte (che in realtà è ben nascosto e Charvez non sa che lui è lì) con Tex che digrigna i denti in un fremito di vero allarme (non diciamo paura). Tex lì ne resta veramente colpito, e il suo sguardo allarmato e insicuro un po' lo umanizza ingigantendo la figura di Charvez. Poco dopo, il nostro si lascia andare infatti a pensieri di dubbio quando si chiede se davvero il suo nemico non abbia una cattiva medicina e deve farsi forza dicendo a sé stesso di non cedere alla suggestione. C'è qui un Tex colpito, per una volta nettamente a disagio di fronte ad un avversario che lo ha disorientato. Questo secondo me umanizza il personaggio elevandone la statura: non un super eroe, "solo" un super uomo.

 

- Come dice Chinaski, Tex in questa storia è veramente in difficoltà. E ci aggiungo: finalmente! Difficoltà significa maggiore pathos, maggior tasso di epicita' nella vicende. Se nel primo punto cito un momento di difficoltà per così dire "psicologica", qui cito un momento di criticità reale quando muore il bravo caporale Alcalà (bel personaggio) e Tex viene colpito, cade dalla scarpata e perde i sensi. Ma non c'è tregua: poco dopo anche il povero Jerry "non sente più le gambe" e lo stesso Rick viene ferito, e i due, il ranger e Simmons, si trovano così esanimi di fronte agli avversari. E proprio quando sembra che sia finita, ecco la mano di Tex alzarsi a premere il grilletto fatale per il comanche venuto ad ucciderli: scena molto cinematografica, adrenalinica, non concede un attimo di respiro in un crescendo di eventi nefasti che tengono il lettore incollato alla sedia! Bravo bravo bravo Mauro.

 

- la scena finale, con l'ombra di Tex che compare dal nulla a sfidare Charvez, il doppio duello, il voltafaccia di Daniel, l'intervento di Sara, è un'altra sequenza prolungata e tesissima che si conclude con lo sparo liberatorio della donna che finalmente annienta l'incubo degli ultimi suoi sedici anni. Sequenza tesa e non priva di sorprese: Daniel che è tornato in sé, Rick che non è morto, l'intervento a sorpresa di Sara, sono tutti colpi di scena che Borden semina a piene mani riuscendo a mantenere la vicenda sempre sui binari del credibile (anche se l'annientamento rapido di tutti gli avversari è un pelino forzato e sbrigativo).

 

Anche i personaggi sono tutti riusciti, dal prode Alcalà al vigliacco Matt, con menzione particolare per la la coraggiosa Sara e il temprato Rick Simmons. Ho storto un po' il naso francamente al rivedere Silent Foot: quando il gruppo era numeroso li abbandona perché crede non abbiano scampo, e poi si ricongiunge con loro quando erano morte quelle che lui definiva "persone di peso"... mah, la cosa può spiegarsi solo con il carattere eccentrico e da mezzo matto di questo solitario ed anziano cacciatore di uomini, la cui filosofia stravagante se da un lato mi sconcerta devo dire che dall'altro mi affascina. Ed è sempre da "filosofo" che manda in avanscoperta Sara burlandosi poco dopo di Tex per quella sua scelta decisiva. Questa sua ironia, il suo voltafaccia (che però continuo a ritenere poco credibile), la sua stravaganza e lo stesso viso bonario ma letale che gli conferisce Mastantuono, rendono questo comprimario obiettivamente efficace e memorabile.

 

I disegni non potevano attagliarsi meglio a questa storia. Sono sempre molto sintetici, ma se Charvez fa davvero paura, se Sara è ancora una bellissima donna, se Silent Foot è "affascinante", se Rick ispira simpatia, se Tex è un super Tex, il merito è anche dell'eccellente realizzatore grafico.

 

Infine, segnalo un piccolo refuso (si vede che non c'è più Canzio ;) 😞 a pagina 101, seconda vignetta, nelle parole di Charvez c'è un "ne" di troppo. 

 

Riletta questa storia, non posso non quotare il mio commento dell'epoca. Solo su Silent Foot ho cambiato idea, nel senso che non mi pare poi così incredibile che, nella sua mentalità superstiziosa, lui creda che, in meno uomini, si riesca nell'impresa che reputava impossibile quando la squadra era più nutrita: è un Pima, è superstizioso, crede nelle cattive e buone medicine e quindi ci può stare.

 

Peraltro, in questa storia anche Tex sembra far mostra di credere ad una sua "medicina" più potente di quella dell'avversario. E se è vero che le sue parole o il feticcio intagliato sono a beneficio dei suoi interlocutori indiani, pure in qualche circostanza ho avuto la sensazione che anche lui si aggrappasse all'idea di una sua "medicina", quella stessa che gli ha sempre consentito di vincere, contro tutto e tutti. Una sorta di magia che, nelle avversità più estreme, fa sì che Tex finisca per vincere. 

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  • 2 mesi dopo...

E poi capita durante la rilettura dei vecchi albi, di incontrare storie come questa. Ti appresti alla lettura con pochi ricordi e desumi che nell’anno di uscita non ti abbia colpito tanto. Intraprendi il primo albo e pagina dopo pagina pensi: “Caspita ma come diavolo ho fatto a dimenticare questa bomba?”. Man mano che vai avanti, ti ritrovi totalmente rapito e con il vantaggio, non di poco, di avere a disposizione tutti gli albi senza dover attendere mesi prima di finirla di leggerla tutta. Alla conclusione deponi l’albo soddisfatto e ti convinci che, o la memoria comincia a far cilecca o la prima volta l’attenzione non era stata idonea. Mi scuso per la tortuosa premessa, ma mi è venuta di scriverla di getto, spinto dalle positive sensazioni suscitatemi dalla recente rilettura di questo gioiellino western. Il primo albo è sceneggiato magistralmente da un Borden in stato di grazia e davvero ti ritrovi a divorare le pagine, con la voracità di uno che si spazzola i popcorn preso da un ottimo film nella sala cinematografica :D. Il soggetto è solido, in puro stile western classico e si poggia su uno straordinario lavoro sulla psicologia dei personaggi. Boselli ci dona un parco di attori che non ha nulla da invidiare a un romanzo colto e conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, quanto sotto la sua gestione la collana assuma i contorni del fumetto d’autore. Prima di soffermarmi un po’ sui protagonisti della vicenda, lasciatemi spendere una parola per il ritmo perfetto della sceneggiatura: una trama al cardiopalma, tesissima, ricca di colpi di scena e con pochissimi tempi morti, anche questo aspetto accattiva la lettura e ti tiene incollato alle pagine. Per una volta non si avverte minimamente l’assenza dei pards, anzi come già fatto notare prima da altri utenti, difficilmente avrebbero trovato il giusto spazio nella perfetta tela intessuta dall’autore. Il nostro eroe si disimpegna alla grande e trova un avversario temibile e all’altezza e ciò non può che far lievitare il valore dell’episodio. Charvez è davvero un antagonista ben scritto, feroce e pericoloso e molto inquietante nel suo stare in bilico fra magia e razionalità. Solo nell’epilogo qualche piccola ombra di codardia fa capolino, ma rispetto ad altri personaggi simili come Narveaz o il guerrierro immortale di Ruju, che incutono timore al prossimo soggiogandolo pure con la superstizione, lo colloco decisamente varie spanne sopra. Il destino vorrà che non sarà la mano di Tex a decretarne la fine, bensì il fucile della coraggiosa e fiera Ada Stark, una donna affascinante e forte che otterrà così la sacrosanta vendetta contro la belva comanche che sedici anni prima le portò via il padre e ignobile violenza carnale. Molto ben riuscita pure la figura del gentiluomo giusto e rispettoso che risponde al nome di Rick Simmons: il suo sincero amore per Ada e il figlio non suo, gli fa onore e non gli mancherà il coraggio per strapparlo dalle mani sporche di sangue del vero padre. Non mi sarà possibile dilungarmi su ogni personaggio che appare nella storia, per non correre il rischio di propinarvi un commento chilometrico, tuttavia ogni pedina che Borden inserisce nella scacchiera è ben descritta e definita. Dal rurales Alcalà, passando per Silent Foot , dal codardo Matt al fedele Jerry, ogni personaggio ha la sua giusta collocazione. Il suggestivo duello finale riabilita pure Daniel, fino a quel momento un po’ ambiguo nelle sue scelte, sebbene veniamo a sapere che il suo stato era alterato dalle droghe propinategli da Charvez, che lo inducono persino a uccidere a sangue freddo un indiano disarmato. Trovo molto particolare pure la figura di Carl, l’originario fidanzato di Ada: indubbiamente non brilla quando non se la sente di riaccogliere tra le sue braccia l’amata dopo la violenza di Charvez, ma negli anni scopriamo comunque che la ama ancora fino al punto di non sposarsi e soffrire per lei. Di certo non un personaggio positivo ma dipinto con talento da Boselli in poche pagine. Se non è estro narrativo questo, mi mangio un cactus come direbbe il vecchio Carson! :laugh: Mastantuono tiene perfettamente il passo dello sceneggiatore fornendo la prova ideale per una simile trama. Sempre molto secco, sintetico e tagliente; capace con pochi tratti a creare una malinconica atmosfera, bravissimo nella caratterizzazione grafica di Charvez e dei protagonisti. Uno stile che può pure non piacere, essendo sempre molto insolito per la media della saga, ma che in simili ambientazioni trova la giusta connotazione. Personalmente apprezzo più un tratto personale e riconoscibile, sebbene più grezzo, come quello di Mastantuono, piuttosto che una cifra stilistica più pulita ma carente di personalità come quella espressa da autori come  Bruzzo nelle sue prime opere sulla saga. Chiudo facendo notare dapprima una sgraziata (e innaturale!) posa di Tex disegnata nella prima vignetta doppia di pagina 21 dell’albo “Feticci di morte” a cui tuttavia fanno il contrappasso le splendide ed enigmatiche espressioni facciali di Charvez durante tutta la prova. Per par condicio evidenzio pure una piccola imprecisione di Borden (o almeno a me dà questa impressione) nel primo colloquio tra il ranger e Silent Foot: il bizzarro indiano dapprima chiama per nome Tex per poi nel proseguo del dialogo nominarlo con il più logico appellativo di Aquila della Notte. A mio avviso suona strano che i nativi lo chiamino con il suo nome di battesimo da bianco, magari è una mia fissa ma la penso così. A fatica accetto che sporadicamente lo faccia Tiger, visto il loro rapporto strettissimo, ma che lo faccia uno come Silent Foot mi sembra forzato. A proposito dimenticavo: ma quanto è bella la scena dell’incubo nell’incubo che vive Rick nel villaggio abbandonato? Che classe sopraffina nel descrivere le paure oniriche del vecchio soprastante e che trovata a effetto quella di spiazzare il lettore col proseguo del sogno; un elogio pure a Mastantuono che contribuisce alla grande nella riuscita di questo passaggio narrativo molto originale e azzeccato. Il mio voto finale è 9

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  • 1 mese dopo...

Allora...Storia finita ora per la prima volta. Il Boss mi ha tenuto spesso con il fiato sospeso e con il sedere attaccato al divano ignorando tutto. La scena dei carri è "spaziale" come architettura. I personaggi tutti ben fatti, dal cattivo e misterioso (magia) Charvez, ad Ada, a Rick, passando per Daniel fino a tutti i collaterali. Veramente complimenti, colpi di scena, un Tex "umano" ed in difficoltà. Perché ho dato solo 7 ? I disegni di Mastantuono e il suo stile non li apprezzo quindi il voto globale si abbassa. Poi tante belle scene in questa storia ma ogni tanto ho avuto la sensazione di "stacco" e di poca fluidità. Quindi sceneggiatura da 8,5 e disegni da 5,5 (e mi mantengo). Comunque storia che non dimenticherò e sicuramente un giorno rileggerò.

 

 

 

 

On 7/3/2015 at 17:52, Leo dice:

Storia maiuscola, poderosa, eccezionale.

 

S P O I L E R

 

S P O I L E R

 

S P O I L E R

 

Cosa deve avere una storia per meritarsi gli aggettivi che ho riportato sopra? Grandi dialoghi, diverse scene madri, comprimari che lascino il segno. E qui c'è davvero tutto questo.

 

Le scene che mi hanno molto colpito e che qui voglio ricordare:

 

- Il primo piano (Mastantuono da applausi) di Charvez che sembra guardare Aquila della Notte (che in realtà è ben nascosto e Charvez non sa che lui è lì) con Tex che digrigna i denti in un fremito di vero allarme (non diciamo paura). Tex lì ne resta veramente colpito, e il suo sguardo allarmato e insicuro un po' lo umanizza ingigantendo la figura di Charvez. Poco dopo, il nostro si lascia andare infatti a pensieri di dubbio quando si chiede se davvero il suo nemico non abbia una cattiva medicina e deve farsi forza dicendo a sé stesso di non cedere alla suggestione. C'è qui un Tex colpito, per una volta nettamente a disagio di fronte ad un avversario che lo ha disorientato. Questo secondo me umanizza il personaggio elevandone la statura: non un super eroe, "solo" un super uomo.

 

- Come dice Chinaski, Tex in questa storia è veramente in difficoltà. E ci aggiungo: finalmente! Difficoltà significa maggiore pathos, maggior tasso di epica nella vicende. Se nel primo punto cito un momento di difficoltà per così dire "psicologica", qui cito un momento di criticità reale quando muore il bravo caporale Alcalà (bel personaggio) e Tex viene colpito, cade dalla scarpata e perde i sensi. Ma non c'è tregua: poco dopo anche il povero Jerry "non sente più le gambe" e lo stesso Rick viene ferito, e i due, il ranger e Simmons, si trovano così esanimi di fronte agli avversari. E proprio quando sembra che sia finita, ecco la mano di Tex alzarsi a premere il grilletto fatale per il comanche venuto ad ucciderli: scena molto cinematografica, adrenalinica, non concede un attimo di respiro in un crescendo di eventi nefasti che tengono il lettore incollato alla sedia! Bravo bravo bravo Mauro.

 

- la scena finale, con l'ombra di Tex che compare dal nulla a sfidare Charvez, il doppio duello, il voltafaccia di Daniel, l'intervento di Sara, è un'altra sequenza prolungata e tesissima che si conclude con lo sparo liberatorio della donna che finalmente annienta l'incubo degli ultimi suoi sedici anni. Sequenza tesa e non priva di sorprese: Daniel che è tornato in sé, Rick che non è morto, l'intervento a sorpresa di Sara, sono tutti colpi di scena che Borden semina a piene mani riuscendo a mantenere la vicenda sempre sui binari del credibile (anche se l'annientamento rapido di tutti gli avversari è un pelino forzato e sbrigativo).

 

Anche i personaggi sono tutti riusciti, dal prode Alcalà al vigliacco Matt, con menzione particolare per la la coraggiosa Sara e il temprato Rick Simmons. Ho storto un po' il naso francamente al rivedere Silent Foot: quando il gruppo era numeroso li abbandona perché crede non abbiano scampo, e poi si ricongiunge con loro quando erano morte quelle che lui definiva "persone di peso"... mah, la cosa può spiegarsi solo con il carattere eccentrico e da mezzo matto di questo solitario ed anziano cacciatore di uomini, la cui filosofia stravagante se da un lato mi sconcerta devo dire che dall'altro mi affascina. Ed è sempre da "filosofo" che manda in avanscoperta Sara burlandosi poco dopo di Tex per quella sua scelta decisiva. Questa sua ironia, il suo voltafaccia (che però continuo a ritenere poco credibile), la sua stravaganza e lo stesso viso bonario ma letale che gli conferisce Mastantuono, rendono questo comprimario obiettivamente efficace e memorabile.

 

I disegni non potevano attagliarsi meglio a questa storia. Sono sempre molto sintetici, ma se Charvez fa davvero paura, se Sara è ancora una bellissima donna, se Silent Foot è "affascinante", se Rick ispira simpatia, se Tex è un super Tex, il merito è anche dell'eccellente realizzatore grafico.

 

Infine, segnalo un piccolo refuso (si vede che non c'è più Canzio ;) ): a pagina 101, seconda vignetta, nelle parole di Charvez c'è un "ne" di troppo. 

Concordo su tutto tranne che sui disegni. Venivo dalla storia di Piccinelli...Però sono gusti ma devo ammettere che sono molto "dinamici" ed adatti a quello che voleva il Boss. 

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  • 4 mesi dopo...

In questa storia le influenze cinematografiche sono diverse, ma quella che in certi momenti personalmente ho avvertito più forte è quella del film “Nessuna pietà per Ulzana”, capolavoro di Aldrich del 1972.

Non solo per la scena di Tex e Rick Simmons nascosti sotto il carro e bersagliati dai Comanches con pallottole e pietre (scena ripresa, appunto, dal film) ma soprattutto per l’atmosfera cupa e drammatica, quasi crepuscolare, che pervade tutti i (quasi) tre albi, così come per la sequela di morti che Tex si lascia dietro nel suo inseguimento all’imprendibile Charvez/Ulzana, per la ferocia dei suoi avversari (lì erano Apaches) e per il senso di un destino tragico che sembra sovrastare i protagonisti.

Con la differenza che il film di Aldrich non ha il lieto fine di Tex.

 

L’inizio con la lunga sequenza del salvataggio di Ada sotto la pioggia è eccezionale e il tratto di Mastantuono è particolarmente a suo agio in queste scene notturne e tenebrose. La morte dell’amico Gus e successivamente quella del padre di Ada accentuano ancora di più il tono da tragedia e suggellano una prima parte narrata magistralmente, curata in ogni dettaglio, come nella scena del funerale, con gli sguardi espressivi di Ada verso Tex, o le mani di Rick e della stessa Ada che si uniscono, mentre il Nostro se ne va a cavallo.

 

Il momento più epico ed emozionante, però, si trova secondo me a metà del secondo albo, ossia all’inizio dell’inseguimento a Charvez, con la didascalia che accompagna i nostri eroi, che riporto per la bellezza dello stile secco e suggestivo:

“Sei uomini…

Sei uomini che seguono una pista difficile in un territorio selvaggio…

Sei uomini bianchi che danno la caccia a un numero imprecisato di avversari…

E i loro avversari sono Comanches, i più letali, tenaci, resistenti uomini del Sudovest...

Capaci di cavalcare per giorni e giorni senza scendere mai di sella…

Quasi disperata è la prospettiva di raggiungerli, per questo pugno di uomini bianchi…

Anche se alla loro testa c’è Tex Willer, che non perde mai una pista, che non si arrende mai…”

 

Da questo momento parte un inseguimento avvincente, scandito da sempre nuove invenzioni narrative che non fanno mai calare la tensione: prima il ritrovamento dei cadaveri degli uomini uccisi da Charvez, poi i feticci magici e inquietanti, quindi il problema della mancanza d’acqua e - quando il ritmo sembra leggermente calare -, il doppio incubo di Rick (una novità per Tex, un espediente dylandoghiano), e subito dopo l’apparizione di Silent Foot, quindi, senza un'attimo di tregua, l'incontro con i Rurales, la loro strage e così via, in un crescendo di suspense e di paura (grazie anche all’ottima scelta di farci vedere un Tex seriamente in difficoltà in certi frangenti).

Insomma una lezione di come si conduce una storia senza annoiare un secondo.

 

Poi naturalmente ci sono i personaggi, e qui di bei personaggi ce ne sono ben quattro, indimenticabili: Ada e Rick Simmons, Charvez e Silent Foot. Ma anche, in secondo piano, Daniel Simmons, il caporale dei Rurales, e tanti altri minori ma ben tratteggiati, a partire da Carl, “quella specie di fidanzato” di Ada.

E poi naturalmente c'è Tex, un Tex granitico, determinato, più serioso del solito e con sottigliezze psicologiche spesso non presenti in altre storie (per esempio i consigli al fidanzato di Ada dopo lo stupro).

 

Alla fine, nonostante la cupezza, il bene trionfa (ci si aspettava qualche vittima tra i “buoni”), Rick e Daniel ristabiliscono il loro rapporto padre/figlio su nuove basi e Ada, dopo essere riuscita ad accettare e a superare, dopo anni, il trauma della violenza subita, uccide coraggiosamente il suo incubo, passando dal ruolo di vittima a quello di protagonista della storia, ristabilendo così anche l’armonia familiare infranta.

Anche mio figlio è per metà indiano…”, le dice alla fine Tex cavalcando sulla strada del ritorno, ma lultima parola della storia spetta ad Ada, che incita i superstiti ad attraversare simbolicamente il dannato Rio Grande.  :Ave:

Modificato da Poe
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<span style="color:red">2 ore fa</span>, Poe dice:

In questa storia le influenze cinematografiche sono diverse, ma quella che in certi momenti personalmente ho avvertito più forte è quella del film “Nessuna pietà per Ulzana”, capolavoro di Aldrich del 1972.

Non solo per la scena di Tex e Rick Simmons nascosti sotto il carro e bersagliati dai Comanches con pallottole e pietre (scena ripresa, appunto, dal film) ma soprattutto per l’atmosfera cupa e drammatica, quasi crepuscolare, che pervade tutti i (quasi) tre albi, così come per la sequela di morti che Tex si lascia dietro nel suo inseguimento all’imprendibile Charvez/Ulzana, per la ferocia dei suoi avversari (lì erano Apaches) e per il senso di un destino tragico che sembra sovrastare i protagonisti.

Con la differenza che il film di Aldrich non ha il lieto fine di Tex.

 

L’inizio con la lunga sequenza del salvataggio di Ada sotto la pioggia è eccezionale e il tratto di Mastantuono è particolarmente a suo agio in queste scene notturne e tenebrose. La morte dell’amico Gus e successivamente quella del padre di Ada accentuano ancora di più il tono da tragedia e suggellano una prima parte narrata magistralmente, curata in ogni dettaglio, come nella scena del funerale, con gli sguardi espressivi di Ada verso Tex, o le mani di Rick e della stessa Ada che si uniscono, mentre il Nostro se ne va a cavallo.

 

Il momento più epico ed emozionante, però, si trova secondo me a metà del secondo albo, ossia all’inizio dell’inseguimento a Charvez, con la didascalia che accompagna i nostri eroi, che riporto per la bellezza dello stile secco e suggestivo:

“Sei uomini…

Sei uomini che seguono una pista difficile in un territorio selvaggio…

Sei uomini bianchi che danno la caccia a un numero imprecisato di avversari…

E i loro avversari sono Comanches, i più letali, tenaci, resistenti uomini del Sudovest...

Capaci di cavalcare per giorni e giorni senza scendere mai di sella…

Quasi disperata è la prospettiva di raggiungerli, per questo pugno di uomini bianchi…

Anche se alla loro testa c’è Tex Willer, che non perde mai una pista, che non si arrende mai…”

 

Da questo momento parte un inseguimento avvincente, scandito da sempre nuove invenzioni narrative che non fanno mai calare la tensione: prima il ritrovamento dei cadaveri degli uomini uccisi da Charvez, poi i feticci magici e inquietanti, quindi il problema della mancanza d’acqua e - quando il ritmo sembra leggermente calare -, il doppio incubo di Rick (una novità per Tex, un espediente dylandoghiano), e subito dopo l’apparizione di Silent Foot, quindi, senza un'attimo di tregua, l'incontro con i Rurales, la loro strage e così via, in un crescendo di suspense e di paura (grazie anche all’ottima scelta di farci vedere un Tex seriamente in difficoltà in certi frangenti).

Insomma una lezione di come si conduce una storia senza annoiare un secondo.

 

Poi naturalmente ci sono i personaggi, e qui di bei personaggi ce ne sono ben quattro, indimenticabili: Ada e Rick Simmons, Charvez e Silent Foot. Ma anche, in secondo piano, Daniel Simmons, il caporale dei Rurales, e tanti altri minori ma ben tratteggiati, a partire da Carl, “quella specie di fidanzato” di Ada.

E poi naturalmente c'è Tex, un Tex granitico, determinato, più serioso del solito e con sottigliezze psicologiche spesso non presenti in altre storie (per esempio i consigli al fidanzato di Ada dopo lo stupro).

 

Alla fine, nonostante la cupezza, il bene trionfa (ci si aspettava qualche vittima tra i “buoni”), Rick e Daniel ristabiliscono il loro rapporto padre/figlio su nuove basi e Ada, dopo essere riuscita ad accettare e a superare, dopo anni, il trauma della violenza subita, uccide coraggiosamente il suo incubo, passando dal ruolo di vittima a quello di protagonista della storia, ristabilendo così anche l’armonia familiare infranta.

Anche mio figlio è per metà indiano…”, le dice alla fine Tex cavalcando sulla strada del ritorno, ma lultima parola della storia spetta ad Ada, che incita i superstiti ad attraversare simbolicamente il dannato Rio Grande.  :Ave:

Bella recensione, grazie!

 

Ma sul film (a parte che in Aldrich erano Apache) sei fuori strada, perché è noto che Sergio mi chiese espressamente di realizzare una storia ispirata a The Missing, di Ron Howard, a sua volta tratto dal romanzo The Last Ride, di Eidson, entrambi capolavori. La QUEST, il nemico un po' magico e la donna sofferente ma tosta vengono da lì. La trama per fortuna è alquanto diversa, i singoli episodi pure, ma credo che questo sia il solo vero caso in cui mi sono ispirato a un'opera precedente, e l'ho fatto solo perché mi è stato ordinato di farlo.

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<span style="color:red">6 ore fa</span>, borden dice:

Ma sul film (a parte che in Aldrich erano Apache) sei fuori strada, perché è noto che Sergio mi chiese espressamente di realizzare una storia ispirata a The Missing, di Ron Howard,

 

In effetti non ho mai visto il film "The Missing" di Ron Howard - cercherò di rimediare - ma le influenze cinematografiche sono spesso anche inconsce, immagino, e in "Nessuna pietà per Ulzana" c'è proprio una scena simile a quella in cui Tex e Rick Simmons sono nascosti sotto il carro e vengono bersagliati dai Comanches con pallottole e pietre (sì in Ulzana erano Apache, ma i Comanche di Mastantuono assomigliano molto agli Apache). Solo che lì alla fine Burt Lancaster muore.

 

E comunque è soprattutto l'atmosfera tragica e la parte dell'inseguimento che mi hanno fatto venire in mente il film di Aldrich, e poi be' anche "Sentieri selvaggi", all'inizio. Sono suggestioni, probabilmente, più che vere e proprie influenze esplicite.

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Ah, non è vero che è l'unica volta in  cui nelle mie storie c'è stretta connessione con un'opera precedente. In Tex 600 l'omaggio a Crichton è molto più stretto e palese. Al limite davvero. Ma trovo che una riscrittura sia ammessa, quando ne esce un'opera nuova. C'è anche quella di Nizzi della Ballata di Pratt.

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<span style="color:red">10 minuti fa</span>, borden dice:

 Ma trovo che una riscrittura sia ammessa, quando ne esce un'opera nuova. C'è anche quella di Nizzi della Ballata di Pratt.

 

Sì. Anzi, se danno vita a opere nuove, che sfruttano un canovaccio o un tema in maniera anche palese per reinterpretarlo, ben vengano le riscritture. Quella di Nizzi ad esempio mi piacque quando la lessi e anche quando la rilessi, dopo aver letto la Ballata. Certo, dovrei rileggerla, perché ormai ne è passato di tempo.

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Sulle riscritture non potrei essere più d'accordo. Dopotutto uno dei miei film western preferiti è "I magnifici sette" che è una riscrittura in chiave western de "I sette samurai".

Per tacere del fatto che la storia su cui si basa il film che ha reso adulto il western, ovvero "Ombre rosse",  è a sua volta  basata su una novella di Guy De Maupassant.

Modificato da Carlo Monni
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