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  1. “Ladies e gentlmen, ecco a voi Claudio Nizzi!” Verrebbe da esordire così, approcciandosi al commento della storia in questione. Prove simili sono una delizia per i sensi; puro divertimento che accompagna il lettore dalla prima all’ultima tavola e che si rileggono sempre molto volentieri. Diamo a Nizzi ciò che è di Nizzi: è purtroppo vero che il suo verticale calo qualitativo, nella tarda fase di carriera, ha portato noi appassionati a muovere (motivate!) critiche, ma bisogna ammettere che l’autore, che si apprestò a cogliere la sfida offertagli da Sergio Bonelli nei primi anni ottanta, mostrava grande qualità e spessore. “I cospiratori” è il primo capitolo delle sue ambientazioni messicane e come si suol dire, il buongiorno si vede dal mattino. Episodio scoppiettante; un perfetto mix di azione, intrigo, strategia, ironia e tanto divertimento. Si comincia a delineare la tendenza di Nizzi di dividere il quartetto, visto che con un banale pretesto nell’incipit, Kit e Tiger vengono spediti “a farfalle” e l’azione si concentra sull’affiatata coppia Tex-Carson. Un duo al pieno della forma, sia per decisione, intraprendenza e tanta ironia. La trama parte circoscritta, con un misterioso omicidio, una convocazione poco chiara e un gruppo di messicani disposti a tutto pur di impedire i nostri di raggiungere Monterrey, ove è palese che il caro Montales è nei guai. Come un sasso nello stagno che produce dopo il suo tonfo, molteplici cerchi concentrici a raggio crescente, anche la storia tende ad ampliarsi pagina dopo pagina. Seguendo un ritmo serrato, dopo scene gustosissime come la mega rissa nella taverna del porto, il piano dei messicani sul veliero del capitan Maycroff o la strepitosa sequenza della fuga in treno con il travestimento da frati, si entra nel vivo e si comprendono i reali motivi della cospirazione. Senza cali di ritmo, si giunge allo scoppiettante epilogo, arricchito da personaggi ben resi come il freddo tedesco o la cricca di cospiratori, non tacendo del capitano Marquez o il tenente Cordoba, preziosi alleati per Tex, nella difficilissima missione di sventare l’attentato dinamitardo. Dopo essersi travestito da frate, il celebre ranger indosserà pure la divisa messicana e risolverà la spinosa questione, pure con un briciolo di fortuna, che ovviamente non guasta mai. Che dire, una prova davvero notevole che inaugurerà un filone molto felice per Nizzi, ovvero le ambientazioni oltre confine tra cospiratori, serpenti in divisa e traditori. Si potrà obiettare (giustamente!) che l’autore di Fiumalbo contaminasse le sue storie con caratteristiche tipiche della commedia, (da notare quanto spassosa sia la scena sul treno con “frate Carson” che risponde a capocchia con un latinorum inopportuno, seguito dall’espressione attonita della malcapitata credente messicana ) ma quando componeva con una simile verve e ispirazione creativa, brillava di luce propria. Tutto grasso che colava per una saga che stava attraversando un pericoloso guado, dopo il disimpegno dovuto alle ragioni anagrafiche del grande Bonelli e le evidenti difficoltà del figlio di proseguire la tradizione. Il recupero di Montales non è di poco conto; è vero che nel presente episodio funge solo da pretesto e rimane ai margini della scena, ma Nizzi avrà il merito di rivalutarlo e utilizzarlo molte volte nella sua gestione, donandogli quel lustro che, anni e anni di assenza, gli avevano tolto. Non trascurabile l’ottimo contributo di Civitelli ai pennelli: un disegnatore ancora in fase di rodaggio e a tratti acerbo, che però lascia già intravedere le sue grandi qualità da fuoriclasse, soprattutto nella resa degli sfondi, realizzati con certosina precisione. Il bilanciamento fra bianchi e neri è ancora da migliorare (cosa che riuscirà brillantemente all’artista con l’inserimento dei suoi celebri puntinati, qui ancora assenti a panaggio di retini incrociati più tradizionali ma sempre molto efficaci), tuttavia l’eleganza di tratto, la buona “recitazione” dei personaggi e la discreta tenuta sulla lunga distanza, decretano l’onorevole riuscita grafica del difficile episodio e suppongo che sancì il vero battesimo del fuoco dell’artista arietino, superato brillantemente per la gioia degli appassionati del buon disegno, che ancora oggi, a distanza di tre decenni, si deliziano gli occhi con la splendida arte di un simile maestro. Il mio voto finale è 9
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