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TWF - Tex Willer Forum

Condor senza meta

Ranchero
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Info su Condor senza meta

  • Compleanno 06/09/1979

Informazioni sul profilo

  • Sesso
    Maschile
  • Nome reale
    Antonio Barreca

Io e Tex

  • N° 1° Tex che ho letto
    311
  • Pard preferito
    Kit Carson
  • Personaggio favorito
    Jim Brandon

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Condor senza meta's Achievements

Mentor

Mentor (12/14)

  • Dedicated
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810

Reputazione nella comunità

  1. Ormai è diventata una mia consuetudine quella di recensire un volume dopo tanto tempo della sua uscita. Purtroppo impegni lavorativi e altre beghe varie, mi stanno tenendo abbastanza distante dalla lettura e quindi accumulo ritardi su ritardi. Ovviamente lasciare le proprie considerazioni dopo che si è a lungo discusso e dibattuto punto su punto, non è affatto semplice, né gratificante: diventano davvero pochi gli spunti che possono essere tratti e aggiungere elementi nuovi è alquanto arduo. Comunque, premessa a parte, adesso son riuscito a leggere l’opera di Rauch e provo a dire la mia. Premetto che ho letto tutti i precedenti commenti, ma mi guarderò bene dall’infognarmi nelle varie diatribe, anche per evitare di aizzare le ceneri ancora ardenti. Storia lineare, che scorre fluida e intrattiene; tempi adeguati di sceneggiatura e dialoghi snelli che rendono più agevole e semplice la lettura. Non certamente un capolavoro, né però una ciofeca. Ovviamente il livello non riesce minimamente ad avvicinarsi allo spessore dell’ultimo texone di Borden, ma credo che Jacopo non avesse alcuna pretesa di donarci un’opera sperimentale o epica e si sia accontentato di rimanere nei margini, di una sceneggiatura attenta ma non memorabile. In effetti i personaggi che affollano le tavole, per quanto funzionali alla trama, non riescono a bucare come si deve la pagina. Si ha l’impressione che tutto scorra per inerzia, senza sobbalzi o passaggi arruffati, ma la trama stenta a decollare e non dona chissà quale apporto di pathos. Lo spunto dei due ragazzi rapiti dagli indiani che si ritrovano dopo tanti anni, è particolare ma non viene più di tanto sfruttata, così come non lievita la caratterizzazione di Yaqui o Selina. L’autore sembra voler proseguire nella sua opera narrativa senza strafare e il risultato finale è accettabile ma non certamente eccelso e magari, trattandosi di un texone ci si aspettava di meglio. Tuttavia non che Manfredi e Ruju fecero tanto meglio nelle sue ultime prove e questo mi induce a credere che gli sceneggiatori “secondari” non se la sentano di azzardare più di tanto su questa testata, e si accontentino di prove senza pecche né picchi. Su tutti i punti contestati veementemente finora, non mi esprimo più di tanto ma posso benissimo affermare che Rauch è un autore concreto e concentrato, che difficilmente incappa in svarioni da matita rossa, ma dovrebbe rischiare qualcosina in più, per riuscire a dare quell’unghiata che è nel suo repertorio. Il comparto grafico affidato ai pennelli “esterni” di Palumbo è adatto alla testata, visto che porta un’aria di novità che sulla regolare latita. Concordo che tematiche diverse avrebbero aiutato l’artista a mettersi a suo agio, ma l’esito, a mio avviso è buono, e denota personalità di tratto che al giorno d’oggi è merce rara; anche lo stile meno realistico e possente nei contorni e nei neri, mi ha convinto in ottica western. Una cifra stilistica che può dividere le platee, ma che merita una tale vetrina. Magari le fattezze di Tex potevano essere meglio caratterizzate e i cavalli necessitavano una maggiore precisione anatomica (quanto è difficile disegnarli, nel mio piccolo lo so bene e non mi stupisce che anche grandi autori lo facciano malvolentieri!) ma imho la prova è riuscita ed è sempre un piacere vedere cimentare disegnatori esterni sul format. Confido che in futuro la Bonelli riesca a farci altri regali di questo genere (Meyer, Sicomoro, Federici, Pedro Mauro!) Il mio voto finale è 6
  2. Condor senza meta

    Le domande a Jacopo Rauch

    Grazie Jacopo, per un lettore è sempre molto interessante "sbirciare" la mole di lavoro che sta dietro ogni tavola. Noto inoltre che le tue Storyboards sono così precise e dettagliate, che quasi potresti essere un autore completo e curare pure i disegni ☺️. Spero che di tanto in tanto tu possa tornare a farci visita sul Forum, perché, per quanto se ne dica, la presenza di voi artisti e addetti ai lavori è preziosissima. ☺️
  3. Congratulazioni Mister P! Il mio sincero augurio per un futuro da sceneggiatore. Però promettici che con ci abbandonerai anche tu, una volta passato "dall'altra parte della barricata"
  4. Non avevo colto l'ironia del tuo intervento e ciò mi "rincuora" un po'. Per quanto tu sia un utente fumantino, che quando gli salta la mosca al naso non le manda a dire e lancia risposte taglienti e a volte "urticanti", di solito hai sempre mostrato nella tua spigolosità una buona dose di lealtà. Appunto un commento così diretto e offensivo nei confronti di un utente mi avevano spiazzato e mi son permesso d'intervenire. Per sancire la chiusura dell'incomprensione, adesso sarebbe ideale una bella sbafata di piadine romagnole (buonissime!) e fiumi di birra, facendo pure posto a tavolo al pard Gilas2.
  5. Congratulazioni, d'altronde lo si capisce da come scrivi e dal tuo acume critico. Come mia abitudine, non entro in merito in diatribe che non mi riguardano, ma forse per il bene delle discussioni, se fra utenti non corre un certo feeling o simpatia, forse è meglio evitarsi, anzichè continuare a battibeccare. Comunque, schiettamente, stima a parte, definire "signor nessuno" un altro utente non mi pare il massimo della netiquette ed evidenzia una spocchia antipatica, perchè il Forum è democratico e qui abbiamo tutti uguali diritti e doveri, al netto di ciò che siamo o rappresentiamo nella vita reale (che in fondo agli altri importa poco, visto che si parla di Tex e della nostra passione). Senza rancore
  6. Condor senza meta

    [53/55] Il Grande Re

    Comincio con una considerazione: mi sta accadendo una cosa particolare in questo periodo; nonostante sia in arretrato con letture inedite, finisco sempre col rinviarle e proseguo imperterrito con la rilettura dei classici. Anche stavolta non ho resistito a godermi per l’ennesima volta “Il grande Re”, storia davvero splendida che testimonia lo stato di grazia compositiva di Bonelli in quegli anni. “Sangue Navajo”, autentica pietra miliare della saga, era uscita da poco, che già veniva data alle stampe questa storia notevole e indimenticabile. Bonelli si supera dipingendo due villain con i fiocchi: il “Leopardo Nero” è davvero un personaggio ben riuscito. La sua favolosa ricchezza, la mette a disposizione per realizzare il folle sogno di un impero nelle terre fredde del Canada. Memore delle vessazioni subite a causa del suo colore di pelle, sente il desiderio di rivalsa e auspica che lo stesso possano fare i popoli rossi riuniti, cercando di organizzare una grande rivolta. A pensarci bene lo scopo è nobile e di fatto la sua posizione nei confronti dei nativi non è tanto dissimile a quella di Tex, ovviamente il suo sogno di sconfiggere i visi pallidi è quantomeno utopistico e destinato a creare un colossale bagno di sangue. Consapevole del grosso rischio, Tex e il figlio Kit si mobilitano per cercare di far fallire questo pericoloso proposito e risulta una scelta azzeccata, sia strategicamente che di sceneggiatura, separarsi per seguire piste diverse. Mentre un abile Piccolo Falco si prodiga per scoprire e smantellare il traffico di armi, agendo con coraggio a Winnipeg, Tex spende la sua considerazione sui nativi per cercar di dissuadere i capi di partecipare alla rivolta. Davvero molto interessante l’idea del totem dei Mohicani, simbolo di pace, fatto sparire dagli sgherri del Grande Re, per spingere i guerrieri a disseppellire l’ascia di guerra. Tex fiuta l’inganno e recupera il misterioso totem, che altro non è che un misterioso meteorite, leggero, emettente suoni appena toccato e col potere di rendere scarlatte le acque del lago in cui è stato nascosto. Il ritrovamento del totem, cambia il corso degli eventi e Aquila della notte ha buon gioco per portare dalla sua il popolo indiano e spingerlo contro il castello del Leopardo Nero. Forse qui il cambiamento dei ribelli rossi è un po’ repentino, ma all’autore questa presunta scorciatoia la si perdona facilmente. Il finale è davvero intenso e scoppiettante, con molta azione, assedi e polvere da sparo, con tanto di tradimento degli uomini nel fortino nei confronti dell’ormai isolato Grande Re. In questo contesto davvero molto efficace si presenta anche la caratterizzazione di Pierre Gaul, infido braccio destro del Leopardo Nero e animaccia nera come la pece, ben rappresentata anche dal suo aspetto fisico poco rassicurante. In lui gli ideali non hanno alcuna presa, l’unica cosa che gli interessa è il denaro e il potere e di fatto, appena vede affondare la nave, vorrebbe scappare col bottino, ma viene punito e ucciso dall'ex alleato, che desiderava tradire. Il Leopardo Nero invece, in un finale melodrammatico, preferisce dare fuoco al suo fortino e morire tra le fiamme piuttosto che arrendersi e anche il finale che gli dedica Bonelli, lo rende meno antipatico al lettore, che quasi prova compassione dinanzi al tramonto del suo folle piano. Galep sfodera una prova grafica superba, con vignette molto efficaci e curate, che mi fanno pensare una maggiore tranquillità realizzativa o una grande ambizione per questo episodio epico e altisonante. Il papà di Tex, si supera con ottimi sfondi della foresta, scorci incantevoli del castello nella palude e il solito dinamismo perfetto nelle scene di azione e di agguati. Episodio non facile da disegnare, ma quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare e Galep, era il massimo sotto questo aspetto. Un artista immenso e prolifico, vero mattatore in storie di questo spessore. Il mio voto finale è 9
  7. Condor senza meta

    [53] Linciaggio

    E' risaputo che non è affatto facile per un artista dare seguito a un capolavoro. Ciò accade per le band dopo gli album celebri o ai registi in seguito a pellicole pluripremiate; evidentemente anche per uno sceneggiatore di fumetti è così, visto che Bonelli, dopo aver sfornato quella perla compositiva che risponde al nome di "Sangue Navajo", proseguì la programmazione della saga da lui scritta, con questo episodio minore, che non vorrei definire riempitivo, ma di certo con poche pretese. Non a caso lo stesso fu affidato quasi esclusivamente ai pennelli di Muzzi e fa particolare effetto vedere i volti dei suoi Tex, ma sull'aspetto grafico tornerò in seguito. Come dicevo pocanzi, la storia è altamente penalizzata visto che segue un caposaldo della saga e precede un episodio notevole "Il Grande Re". Ignoro se la sequenza fosse identica anche durante la pubblicazione delle strisce o è stata variata nella ristampa nell'albo gigante, ma presumo che sia più probabile il primo caso e magari qualche utente più preparato di me, potrà fornirmi conferma. Il soggetto è classico e forse non del tutto sfruttato, comunque raccoglie alcune buone idee: in primis la protezione che il ricco ranchero fornisce a una banda di tagliagole, coperti e protetti per fungere da "bravi" a suo servizio da sguinzagliare contro gli altri allevatori, nella guerra sui pascoli in corso nella zona. Purtroppo il capo dei banditi, come il miglior Griso che si rispetti, ha altre mire ed è pronto a mordere la mano del suo protettore per interessi personali, se l'azione di Tex e dei pards non sbaragliasse le sue previsioni. Divertente anche il modo in cui i due Kit e Tiger si camuffano in paese, prendendo il posto del povero maniscalco, cacciato con veemenza, sebbene risarcito con 500 dollari, poichè è chiaro che dopo il trattamento ricevuto, il buon uomo se ne guarderà bene di tornare in paese per riscuotere il saldo del suo compenso pattuito. Forse calandosi troppo nella parte di semplici artigiani, i pards di Tex si fanno cogliere in castagna e senza l'intervento di Tex, il collo di Tiger avrebbe rischiato grosso. Il contrattempo del tentato linciaggio costringe Tex a giocare a carte scoperte e mettere in bella vista la stella di ranger e inaspettatamente, dopo un duello educatore, trova degli alleati inaspettati, ovvero il giovane figlio dell'intransigente ranchero e il pratico soprastante. Curioso pure che stavolta Tex lasci la stella di sceriffo temporaneo a Kit Carson, non mi pare di ricordare che un simile gesto capiti spesso durante la saga. Azione e divertimento non mancano, tuttavia l'episodio viene risolto troppo in fretta e ciò non aiuta a sviluppare come si deve la sceneggiatura. Con maggior foliazione e qualche sezione narrativa meglio strutturata (compreso il solito e accelerato finale tipico di quegli anni di strisce) l'esito finale sarebbe stato meritevole di una valutazione più alta; così, a mio avviso, non va oltre una netta sufficienza. Muzzi si disimpegna bene ai pennelli, ovviamente non possiede l'eleganza e la classe di Galep, ma le storie cittadine già allora erano nelle sue corde. Vedendo le sue interpretazioni del viso di Tex, diverse dallo stile di Galep come ovvio, ma pur sempre efficienti, continuo a chiedermi, come sia stato possibile che in seguito si scegliesse di "censurarlo" su questo aspetto e costringerlo a vedersi schizzare sui suoi corpi i volti da Galep, con esiti non eccelsi e grotteschi in quanto a proporzioni anatomiche, come più volte da me ripetuto in passato anche in altri topic. Questa è la dimostrazione che anche un grande editore come Sergio, spesso prendeva granchi giganteschi. Il mio voto finale è 6
  8. Storia sciapa; sceneggiatura scritta col pilota automatico che non valorizza minimamente un soggetto trito e ritrito. La valutazione generale va fatta alla fine del prossimo albo, ma personalmente non riesco a provare grande interesse o curiosità per il possibile sviluppo, anche perchè sembra già scritto e prevedibile. Comprendo un po' i motivi che hanno spinto Ticci a lamentarsi durante la lavorazione e di fatto, senza i suoi ancora gradevoli disegni, difficilmente questa prova incolore di uno spento Nizzi, meritava la regolare. Carson che si fa beffare da un carneade qualsiasi con piccone e vanghe e come se non bastasse, si ritrova appeso a testa in giù come un prosciutto da stagionare. Tex che si ritrova a passare di lì e dopo averlo liberato, fugge come un agnellino mentre i villain comprottano una strage. Falco Giallo si vendica infischiandosi giustamente della parola data ad Aquila della Notte e quest'ultimo, oltre a essere l'ultimo a sapere le cose, non crede che il capo indiano possa aver fatto una cosa simile. Ma il non plus ultra della questione è quando si fa gabbare dal colonello e spedisce in gattabuia gli alleati Soshones che avrebbe dovuto difendere. Nolitta non avrebbe potuto far di peggio e ciò è tutto dire su quanto mi possa appassionare una storia simile. Anche lo strataggemma della galleria scavata dentro il forte che permette ai nostri di far evadere Falco Giallo e la sua gente, è labile come un grissino e inoltre, concorrdo che non è da Tex fuggire in continuazione, senza cercar di raddrizzare i torti e punire, come si deve i colpevoli. Sono davvero lontani anni luce i periodi in cui Nizzi ci proponeva belle storie indiane come "Fiamme sull'Arizona" o "Le Colline del Vento", ormai anche su queste tematiche che lo vedevano difendersi bene in passato, è crollato verticalmente. P.s. Sulla scena della scazzottata, ho notato pure quanto sia appiccicata bella apposta per creare un siparietto ironico e allungare il brodo: sembra quasi presa da un'altra sceneggiatura e posta in questo albo, quanto mi è parsa slegata dal contesto. Purtroppo è proprio vero che, anche dopo aver toccato il fondo non è così scontato risalire, ma c'è chi comincia a scavare e il Nizzi odierno, mi dispiace ammetterlo da vecchio fan, è uno di quelli che sta badilando peggio di un cercatore d'oro il suddetto fondo d'ispirazione artistica.
  9. La presenza degli autori è un valore aggiunto per un forum. Già il silenzio di Borden ha impoverito le discussioni; purtroppo Ruju interviene pochissimo, di conseguenza il fatto che Rauch decida di tanto in tanto di dire la sua in questa sede, deve renderci felici, altro che infastidire. Non capisco il perchè, se dibatto con un autore e muovo educatamente le mie eventuali critiche, non dovrei essere libero di farlo se mi mantengo dentro i limiti della doverosa educazione e rispetto dell'interlocutore. Ma questo vale anche con gli altri utenti, di conseguenza mi dissocio dalla presa di posizione letta sopra. Comunque, non volendo entrare in merito sullo screzio verbale che si è scatenato, mi auguro che si torni alla calma e si chiarisca tutto col sorriso. Le sanzioni sono sempre una sconfitta per il Forum.
  10. Infatti, ho letto gli elogi di Rubini in un post apposito da lui creato e i commenti di stima di Raul Cestaro, Filippucci e Villa destinati al grande maestro senese. A dire il vero, gli addetti ai lavori hanno espresso un coro unanime di approvazione e non poteva essere altrimenti visto l'immenso spessore dell'artista in questione. Ticci, oltre a essere una colonna portante di Tex, è stato e rimane, un punto di riferimento e ispirazione per ampie flotte di fumettisti. Un mostro sacro del fumetto italico e internazionale. Proprio per questo, quei commenti ingenerosi e ignoranti dei soliti critici di tastiera, mi hanno fatto innervorsire. Già un immane tristezza mi coglie al pensiero che l'ultimo baluardo dell'epopea d'oro di Tex possa essere giunto agli ultimi sgoccioli della sua gloriosa carriera!
  11. Solo stamane son riuscito a prendere l'albo, di conseguenza sulla storia non mi posso esprimere (purtroppo per impegni sono rimasto indietro con le letture, tanto è vero che anche il texone ancora giace sulla scrivania in attesa di essere gustato), tuttavia sento l'esigenza di puntualizzare un mio fermo punto di vista. Ho avuto la sventura d'imbattermi in un commento su Facebook, in cui si accusava il maestro Ticci di realizzare ormai disegni pressappoco scarabocchiati e a dire il vero, mi sono attorcigliate le budella dinanzi un simile scempio di pensiero. Basta una rapida sfogliata, per confermare quanto Ticci (alla veneranda età di 84 anni!) sia ancora un asso difficile da pareggiare. La maestria dei suoi sfondi, dei bilanciamenti dei neri, del suo stile sempre valido e riconoscibilissimo, della dinamicità delle sue vignette, sembrano quasi ai livelli di trent'anni fa. Rispetto ad altri illustri (e da noi lettori) amati colleghi (Galep, Letteri, Ortiz) che negli ultimi anni di carriera, per problemi di salute, hanno visto un lento ma inesorabile declino grafico, Ticci tiene botta ancora alla grande. "Disegni scarabocchiati", Tzè ma la gente che ca.... si fuma per dire corbellerie simili! Se la platea dei lettori medi di Tex è di questo livello, sono fiero di fare parte di una esigua fetta di "rompitasche" frequentante un Forum.
  12. Dopo aver sfiorato varie volte, con ottime prove, il colpo grosso, un Bonelli in alto grado d'ispirazione, sfornò un altro capolavoro della serie. "Sangue Navajo" è un caposaldo per ciò che concerne l'ambientazione indiana. L'autore imbastisce una trama intensa, che fa riflettere, a tratti indignare a causa del razzismo di fondo che muove l'azione dei biechi villain che, col loro sconsiderato gesto, danno il via all'incendio destinato a mandare in rogo le lande dell'Arizone, sotto il soffio di una nuova e sanguinosa guerra indiana. Ma è pure la storia in cui il Bonelli pensiero si fa palese e attrae. Ai tempi in cui fu composta non era consueto che nell'avventura western, si scrivesse schierandosi dal punto di vista degli indiani oppressi, ma il vecchio leone anticipò un'epoca, puntando il faro verso le ingiustizie e le angherie che i poveri indigeni erano costretti a subire, mostrandoli come un popolo fiero e reattivo e non certo come il branco cattivo e incivilizzato, che la letteratura e il cinema dei tempi descriveva. Ma tra le splendide strisce dell'episodio è ben evidente anche l'antimilitarismo dell'autore, che indirettamente ci mostra una critica agli eserciti, dove la boria, l'arroganza e l'intransigenza di pomposi ufficiali con le pigne nel cervello, rischiano di creare danni immani, destinati a essere pagati da incolpevoli civili o commilitoni. Ma proseguiamo per ordine: l'incipit è molto toccante e già inquadra un assurdo sentimento razzista, che spinge i due biechi affaristi Hope e Barlow a stendere come birilli, dei giovani navajo, la cui unica colpa è quella di inscenare per gioco, una corsa contro il treno, nel giorno del tragitto inaugurale della rete ferroviaria. Una giusta punizione al folle gesto di cattiveria gratuita, era il minimo che si potesse aspettare per fare giustizia, e in fondo Tex vorrebbe un simile epilogo per vendicare i suoi ragazzi e scongiurare il peggio, purtroppo però nè l'esercito rappresentato dal controverso colonello Elbert, nè il governatore hanno dapprima interesse a far luce sulla faccenda, anzi si prodigano per insabbiare il tutto. Unica voce fuori dal coro dell'assurda ipocrisia, quella del coraggioso e leale giornalista Floyd, che sfida il clima di odio razziale diffusasi contro i Navajos e scrive la verità dei fatti, anche a costo di rischiare il linciaggio e la distruzione del suo giornale, come effettivamente avviene. Consapevole che cavare whisky da un sasso è più probabile di far fa ragionare l'intransigente Elbert, che nega in modo assoluto l'instaurazione di una commissione d'inchiesta sull'accaduto, Tex decide di dichiarare guerra all'esercito. Non vi è infatti nessuna altra soluzione per poter far trionfare la giustizia e vendicare i giovani guerrieri. Ovviamente il pacifismo dell'eroe (e del suo autore) farà in modo che la guerriglia scatenata da Aquila della Notte non colpisca i militari incolpevoli e costretti a seguire gli ordini screanzati dei loro colonelli. Con molta astuzia e strategia, Tex e i suoi Navajos, riescono a infliggere grandi danni agli avversari, ostacolandone la campagna di avvicinamento militare alla riserva e infliggendo dure perdite economiche alle U.S. Army (basti solo vedere che fine fa Fort Defiance raso al suolo), senza spargimento di sangue. Il colonnello Elbert mostra tutta la sua mediocrità e meschinità allorchè spara su Kit nei panni di parlamentare, a tal punto da far esplodere pure la giusta reazione dei suoi sottoposti, che mostrano maggior buon senso e verranno premiati da Tex che li prende "ufficialmente" prigionieri, ospitandoli pacificamente nella Valle della Luna. Sorte diversa toccherà a Elbert stesso, punito, umiliato e strapazzato da Tex che lo rimanda al forte, rasato, in sella, nudo sotto il sole e a un passo dal collasso. Il piano di Tex è arguto e appoggiandosi sui servizi di "cronista di guerra" di Floyd, riesce a far invertire la ruota degli eventi, agitando l'opinione pubblica in favore dei Navajos, inducendo così i papaveri di Washinghton a far pressione sul Governatore, per far emettere un mandato di cattura a Hope e Barlow e favorire la tanta sospirata commissione d'inchiesta sul triste accaduto. L'eliminazione contemporanea dei due assassini, che si sparano a vicenda quando hanno ormai l'acqua alla gola e il prezioso regalo meritato che Tex fa a Floyd, chiudono l'episodio, ricco di azione, pathos, emozioni e tanta strategia. Ogni rilettura di questo capolavoro appassiona, e non è un mistero che abbia tracciato un solco dove poi sono nate altre storie epiche successive come "vendetta indiana" dello stesso Bonelli o il fortunato ciclo dei Sioux del più recente Nizzi. Una storia che appare ancora moderna e attuale, un classico senza tempo che non si scalfisce minimamente con lo scorrere dei decenni. Alla resa immensa della prova, contribuisce pure un Galep perfetto, impeccabile, elegante e molto espressivo. Non riuscirei a immaginare la storia disegnato da un altro artista, tanto è il livello eccelso ai pennelli del compianto padre grafico di Tex. Uniche note stonate (se così si possono chiamare due piccole inezie al cospetto di un colosso di prova corale) l'incongruenza delle divise del corpo dei rangers, rappresentati ingenuamente dall'autore come un corpo militare classico con tanto di forti e ufficiali in ghingeri, e la scena "impossibile" del telefono nel west, usato dagli editori per trasmettere la notizia bomba di Floyd, destinata a destabilizzare il castello di ipocrisia e menzogna dell'esercito, atta a coprire i due biechi assassini. Storie epiche e splendide come questa, realizzate perfettamente dal duo Bonelli-Galep, stanno alla base del successo senza tempo del nostro amato ranger e ammetto che, ancora oggi, mi emoziono ogni volta che mi accingo a rileggerle. Il mio voto finale è 10
  13. Dico la mia: personalmente non vi è alcun calo di stima verso l'operato di Mauro; ovviamente ci sono storie che reputo migliori e altre più criticabili, ma ciò è fisiologico e giusto, suppongo. Così come non ho mai disprezzato il lavoro di nessun autore che esso sia Nolitta, Nizzi, Faraci o Ruju. Anche qui vi è una giustificabile scala di gradimento, ma ciò che piace meno non va disprezzato, casomai criticato motivandone i criteri. Perfino l'ormai "famigerato" Nizzi, l'ho difeso a spada tratta nelle storie migliori e criticato nel suo oggettivo declino artistico, come è giusto che sia. Se altri utenti usano altri toni o hanno idee diverse dalle mie, cosa posso fare? Di certo so per esperienza che personalità come Diablero non mutano il loro punto di vista solo per far contento l'interlocutore. Si può chiedere cortesemente di non travalicare sui toni come spesso ho fatto in passato, ma non posso imporre il mio giudizio o imbavagliare quello altrui. Si finirebbe per litigare e non mi sembra mai il caso, soprattutto su un forum tematico che accomuna le nostre passioni. Spiace enormente che Mauro non partecipi più attivamente al Forum, si è perso tanto con la sua defezione, tuttavia son convinto, in primis che nessuno lo disprezzi (anzi...) e sopratutto, che non necessita alcun arringa difensiva da parte nostra, parla il suo operato. Ammetto però, che spesso sorvolo su argomenti triti e ritriti, poichè avendo ormai classificato alcuni punti di vista, non ha senso fossilizzarsi su di essi o incalzare chi la pensa in modo diverso dal mio. Preferisco continuare a esprimere i miei personali giudizi sulle storie che leggo o rileggo e descrivere nel possibile le mie emozioni. Di far cambiare le idee agli altri, non mi passa nemmeno per la capa.
  14. Per scrivere bene e appassionare il lettore, aldilà di un minimo di bagaglio culturale che è indispensabile per questo mestiere, è, a mio avviso, fondamentale la fantasia. Puoi essere l'uomo più colto di questo mondo, ma senza fantasia puoi solo trasmettere nozioni. Chi sa immergersi a occhi chiusi nel magico ruscello della fantasia, è capace di trasmettere emozioni, far viaggiare la mente dei lettori, creare personaggi epici, mondi alternativi e interessanti, far sognare a occhi aperti, chi ha bisogno di evadere dalla monotonia della quotidianità. Purtroppo noto che al giorno d'oggi la tecnica, la nozionistica, ricerca storica, impianti strutturali di sceneggiatura ferrei e dialoghi sempre meno sintetici hanno preso il sopravvento nella presunta modernità stilistica e questo non sempre è un bene. Far inaridire il fatato ruscello su citato è un peccato, oltre che un guaio e questo spiega il perchè la narrativa di Bonelli non tramonterà mai.
  15. Ci sono incipit splendidi che ti rimangono nella mente! Lessi la prima volta la storia da ragazzino e rimasi molto colpito dalla tensione narrativa del primo albetto, ove mistero, Horror e trhiller si fondevano perfettamente per dare vita a un preludio dal forte impatto emotivo. La scoperta del tempio azteco sepolto, la strana fonte luminosa capace di mostrare le ossa di coloro che si specchiavano in essa, l'ingresso nella sala tombale, il risveglio della mummia, l'urlo sovrumano da far accapponare la pelle. Un inizio superbo, reso molto bene dal tratto particolare di Muzzi. Ma non scema l'interesse nemmeno durante il proseguo. Gian Luigi Bonelli molto ispirato, sforna una parte centrale molto ritmata e carica di azione, con sequenze memorabili quali la staffetta disperata di Tex e Carson e il tentativo del primo di sacrificarsi in favore dell'amico, ricevendo la giusta arrabbiatura dello stesso. L'inevitabile scontro a fuoco fra Yaqui e Navajo (appoggiati da altre tribù amiche ad Aquila della Notte) si mostra molto crudo e spietato; un po' meno efficace l'azione delle mummie, che riescono a proiettarsi a distanza, ma non capaci minimamente di intimidire Tex, che abilmente escogita lo stratagemma per salvaguardare i guerrieri. Il finale forse è l'anello debole della catena, visto che frettolosamente chiude la trama che a tratti raggiunge cime quasi epiche. L'immensa arte di Galep, subentrato a Muzzi per concludere l'opera, aggiunge il resto. Certamente l'episodio che seguirà raggiunge vette qualitative maggiori, ma nel complesso, questa vivace e complessa trama si ritaglia un suo ruolo d'importanza nella serie di numeri del primo centinaio. Il mio voto finale è 8
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