Vai al contenuto
TWF - Tex Willer Forum

Condor senza meta

Ranchero
  • Contatore Interventi Texiani

    1249
  • Iscritto

  • Ultima attività

  • Giorni con riconoscenze

    83

Messaggi pubblicato da Condor senza meta

  1. Dopo alcune prove opache, Nizzi pesca il Jolly dal mazzo e sfodera un episodio degno del suo miglior periodo. Si potrà pure far notare che il soggetto gli fu suggerito da Villa, ma ciò non toglie che l’autore modenese cesella una sceneggiatura molto avvincente e l’esito finale è un piccolo gioiello. Il fatto che sia il giovane Kit al centro della scena, rappresenta già una piacevole novità, poi l’intreccio che porterà alla sua amnesia e all’innamoramento con la splendida Fiore di Luna, renderà originale e interessante la storia. Peccato solo per un finale un po’ troppo affrettato, che non sviluppa a pieno il recupero della memoria di Piccolo Falco e non valorizza l’atipico duello fra padre e figlio, tuttavia la commovente morte della giovane squaw e la sequenza strappalacrime nei titoli di coda, è di gran classe. A tratti sembra di rivedere alcuni snodi narrativi simili ad altre celebri storie come “Furia Rossa”, “Sioux”, il “Ponte tragico”, “Il giuramento” e si assiste a scene molto ben scritte come il duello con Joe Galvez e la gara di abilità Utes (che mi ricorda vagamente la nolittiana sfida con Cruzado). Molto ben strutturate le caratterizzazioni di Naso Piatto, Fiore di Luna e Falco Nero. Un po’ meno convincente Simon Gentry ma tuttavia nell’economia della storia, funziona molto. Non manca qualche origliata di troppo, ma nel complesso non inficia eccessivamente il proseguo della narrazione. Molto ben sceneggiate le scene dell’innamoramento tra Kit e Fiore di Luna, che ci mostrano un Nizzi che sembra essere tornato nel suo periodi di massimo splendore. Il comparto grafico dell'immenso Villa è strepitoso! Una prova magistrale; un capolavoro grafico contraddistinto da sfondi paesaggistici da urlo e dinamismo straordinario. Splendide le sequenze della scazzottata iniziale nel saloon, il duello fra Tex e Galvez e l’agguato di Flagstaff. Inquadrature perfette, panneggi strepitosi, ottimi anatomie e studio della luce e delle ombre impeccabile. Ma ciò che davvero lascia a bocca aperta è la superlativa espressività dei personaggi. Villa riesce a far recitare in modo unico le sue creature, a tal proposito basta vedere le straordinarie espressioni di Tex appena riceve la notizia che il corpo del figlio non è ancora stato trovato, il viso intriso di dolce compassione di Carson dopo un colloquio con il fraterno amico in merito al presentimento che il giovane Kit sia ancora in vita o il dolore stampato tra i lineamenti di Tiger, durante la sua tortura. Molto toccante pure la resa visiva della scena finale con la tristezza impressa nel volto di “Piccolo Falco”, ma potrei continuare a oltranza, visto che il titanico disegnatore sforna a ogni vignetta delle autentiche gemme grafiche. Non vedo l’ora di poter apprezzare il suo texone, e spero che la casa editrice si decida al più presto a sgravarlo di impegni extra, per dargli il tempo di tornare sulla serie regolare con più frequenza: fuoriclasse simili vanno sempre schierati ed è quasi un sacrilegio dover aspettare decine di anni fra una apparizione e un’altra. Sarebbe stato logico in passato far giocare Maradona solo in nazionale o Van Basten solo nelle partite di coppa? Il mio voto finale è 9

  2. Seguendo la regola del noto modo di dire “non c’è due senza tre”, la terza prova di Boselli avrebbe dovuto mantenere gli stessi livelli (elevatissimi) delle due storie che la precedettero, ma non fu esattamente così. Sia ben chiaro, l’episodio non è affatto male, anzi ricordo che da ragazzino mi appassionò parecchio, tuttavia è innegabile che non regge il confronto con i precedenti. Per l’occasione l’autore rispolvera un’idea affine alla vena soprannaturale Bonelliana e la sviluppa con molta abilità, rendendo la sceneggiatura molto avvincente e carica di suspense. Bisogna dare merito a Boselli per come riesce a gestire l’evolvere della narrazione, tenendo il lettore sulla corda fino alle ultime tavole, grazie a molti colpi a effetto e dialoghi brillanti, però non si può far a meno di notare alcuni aspetti un po’ troppo sui generis che caratterizzano il bizzarro soggetto. Lo sceneggiatore sforna un pepato sufflè in salsa fanta-horror, mischiando vari ingredienti non del tutto originali sulla saga. L’idea di un contagio misterioso derivante dalla caduta di un meteorite, richiama al rosso fiore della morte di Bonelliana memoria; i batteri “killer” fanno indubbiamente pensare alla prima storia del “Maestro”, così come pure il rinsecchimento delle vittime fa rievocare i “vampiri vegetali” della storia col Morisco. Boselli di suo, ci aggiunge una contaminazione vampiresca molto fantasiosa e avvincente, ma il mix finale tirando le somme appare un po’ forzato e a tratti confusionario. Anche le trovate dell’invulnerabilità alle pallottole dei corpi contagiati, gli occhi fosforescenti, il “tallone d’Achille" dei mostri consistente nel colpire la testa (mi si perdoni il gioco anatomico di parole), o la lingua aliena pronunciata dallo stregone Papago, seppur molto suggestive, aumentano l’idea di una pietanza resa acre dall’aggiunta di molte spezie. Non aiutano ad amalgamare il tutto nemmeno i disegni di un decadente Letteri. Il declino di tratto dello stanco disegnatore è palese, tuttavia bisogna pure dir che un simile soggetto andava affidato a un artista più “splatter” e dark (come un recente Bocci per fare l’idea), capace di rendere più coinvolgenti e “paurose” le scene cardine del thriller. Le deformazioni del ventre dei contagiati con tanto di aghi erettili, a mio avviso necessitavano una cura più attenta e mostrarsi più ripugnanti rispetto all’esito molto sempliciotto ottenuto dal disegnatore romano; anche le espressioni degli “zombie alieni dagli occhi rifrangenti” incutono poco timore e purtroppo le costruzioni del trading post all’inizio, e del paese in seguito, appaiono molto elementari e quasi naif per la serie regolare. Purtroppo anche i grandi artisti non scappano alla legge naturale dell’invecchiamento. Il mio voto finale è 7

  3. Episodio alquanto lineare e breve, quello che nel gergo può venire definito un classico riempitivo. La prova si attesta nella media di Nizzi in quel periodo: molto distante dagli anni migliori dello sceneggiatore, ma ancora leggibile e accettabile, sebbene con alcune riserve. E’ evidente di come l’autore cerchi di sopperire con mestiere alla crisi d’ispirazione latente, cavandosela abbastanza bene con una sceneggiatura valida, avvalorata dagli ottimi disegni di Monti, giunto all’apice della sua maturità artistica. Tuttavia alcuni snodi narrativi opinabili rendono un po’ scontata la vicenda e, dopo un’interessante incipit, la trama si appiattisce un po’. La presenza dell’apache Hondo, sul sentiero della vendetta a causa dell’assassinio della sorella, rischia di tramutarlo in una sorta di deus ex machina che sminuisce l’opera dei nostri. Proprio dal fiero apache Tex apprende la vera identità dell’assassino e nell’epilogo, il losco Maker cadrà sempre per opera del guerriero sfuggito dalla riserva. A nulla servono le raccomandazioni di Tex, l’inferocito apache agirà di testa sua, completando l’opera incompleta dei due pards, accettando solo alla fine di farsi condurre nuovamente nella riserva, per evitare le ripercussioni delle Giacche Blu. Non male la caratterizzazione del Bounty Killer Maker, un verme tutto d’un pezzo, come non dispiacciono le presenze del giovane Talberg, la bella Bessie e la vedova Desmond. La parantesi rosa tra i due piccioncini, non disturba, anzi poteva essere messa in più risalto per aumentare l’intensità del finale. Ciò che delude un “Carsoniano” della mia risma è  l’evanescenza del nostro Capelli d’Argento tra le pagine. Proprio la gestione dei due pards rappresenta, a mio modo di vedere, il termometro dell’ispirazione nizziana: durante il suo centenario d’oro, i due amici erano in perfetta sintonia, imprescindibili un dall’altro e molto simpatici durante i numerosi e spassosissimi siparietti ironici. Il Carson che vediamo agire in questo episodio, si fa pescare addormentato da Hondo durante il suo turno di guardia, si lamenta come una vecchia suocera inacidita e pende dalle labbra di Tex, facendosi spiegare tutto, neanche fosse incapace di fare due più due :craniate:. Davvero una brutta involuzione di un così prezioso alleato, che sembra uno svogliato esodato costretto ad attendere altri anni per andare in pensione :P. Sui disegni di Monti, ribadisco ciò che già avevo su accennato: davvero rappresentativi, dinamici e molto bilanciati tra chiari e scuri. Ottime inquadrature cinematografiche e superbe rappresentazione degli apache; a voler trovare il proverbiale pelo nell’uovo, solo troppo ripetitive alcune fattezze dei personaggi, ma già in altri commenti avevo espresso questo mio giudizio, che poco incide sulla notevole qualità grafica del compianto disegnatore. Proprio l’ineccepibile prova grafica comporta l’innalzamento di almeno un punto nella mia valutazione complessiva. Il mio voto finale è 7    

  4. E’ risaputo che bissare un capolavoro rappresenti un’impresa impervia, resa ancor più difficoltosa se l’opera superlativa coincide col debutto, tuttavia il buon Boselli non si perse d’animo e si accinse a sfornare un altro episodio cardine della sua produzione texiana. “Cercatori di piste” sebbene meno eclatante del debutto, si mostra oggi, a quasi un quarto di secolo di distanza, come una storia notevole e degna del confronto col capolavoro che la precede. Il binomio Boselli-Marcello si consolida con questo ulteriore gioiello e getterà le basi per ulteriori successi futuri. Inizierà infatti da quei numeri la staffetta Nizzi-Boselli che caratterizzerà gran parte del centinaio. Se da una parte lo sceneggiatore modenese lotterà purtroppo con il suo calo creativo che lo porterà a esiti altalenanti, dall’altro, l’attuale curatore della serie, piazzerà dei colpi vincenti che ancor oggi vengono riconosciuti come gioielli della saga. L’episodio in questione entra di diritto a far parte di questa lista e sarà presto in buona compagnia. E pensare che, come lessi in un’intervista di Nizzi, all’inizio Boselli era entrato nello staff per dar lavoro ai disegnatori più veloci come Letteri e Marcello; sia lodata la velocità del disegnatore ligure, mi viene da dire, infatti grazie a essa, nacque quel sodalizio che ha rilanciato la serie nei tardi anni novanta. Tornando all’episodio, il soggetto originale, ci mostra una banda di disertori, costretti ad abbandonare l’esercito per le angherie del comandante del forte. Legge e giustizia non collimeranno e Tex, non impiegherà nemmeno un istante per schierarsi dalla parte giusta. Infatti procedendo con la narrazione si scopre subito il valore e l’onore degli uomini dell’ex sergente Torrence, a cui fa da contraltare la sadica spietatezza della posse (composta più che altro da banditi e cacciatori di taglie prezzolati) capitanata dall’infido e controverso mezzosangue Mickey Finn. L’azione non manca, i dialoghi sono freschi e vincenti e pure la caratterizzazione di Tex, affiancato da uno straordinario Tiger stavolta, brilla e dona risalto a tutto l’apparato narrativo. Ma il grande merito di Boselli è nuovamente quello di creare una schiera di antagonisti e comprimari straordinari, ognuno ben delineato e funzionale. Il sergente Torrence in meno di un albo riesce a catturare il cuore di ogni lettore grazie alla sua fierezza, senso di giustizia e un coraggio indomito ricco di umanità. Molto toccanti le scene in cui emerge il grande amore per l’affascinante moglie indiana Luna e il rispetto biunivoco con i suoi uomini. Un personaggio che ho sempre apprezzato e dispiace un po’ che sia uscito di scena alla sua prima apparizione, anche se occorre dire che il triste epilogo è commovente ed epico. Molto ben riuscita pure la figura di Novak, un immigrato Boemo molto onesto e coraggioso, che si ritaglierà una seconda apparizione sulla serie. Ma Boselli riesce a dipingere con maestria pure i villain dell’episodio. L’ufficiale Craig incarna il perfetto mediocre che vive sotto l’ombra ingombrante del padre eroe e rendendosi conto di non possedere nemmeno un minimo di carisma del suo sottoposto Torrence, sfoga la sua invidia con violenta disciplina e tirannia. Mickey Finn è un mezzosangue che odia i Comanche, ma al contempo non trova posto e finisce col detestare pure i bianchi. Un anima controversa e inquieta che non ama nemmeno se stesso e nella violenza cerca il rifugio della sua frustata esistenza. A differenza di altri personaggi grigi, non si riesce minimamente a provare pena per un simile uomo, roso dall’odio verso il mondo intero e mai pentitosi del male fatto. In cima alla folta schiera di interpreti, sta il nostro Tex: deciso, risolutivo, ottimo giudice di uomini e al suo fianco un Tiger tirato a lucido e preziosa spalla, nettamente rivalutato rispetto il non adeguato utilizzo nizziano. Non mancano alcuni tocchi di classe stilistica, come la scena quasi cinematografica in cui Novak appena salvato dal supplizio di O’Brein, scorge la figura di Tex stagliata contro il sole cocente o la ribellione della guida indiana che in un sussulto d'onore, non tollera la tortura di Luna. Sul triste epilogo mi sono già espresso: molto funzionale e altisonante ma un vero peccato, visto che di un personaggio del carisma di Torrence si sente la mancanza. Marcello si mostra particolarmente adatto per un western così classico, il suo tratto nervoso ma espressivo si fa molto apprezzare e la sua grande abilità di dare un’anima espressiva ai suoi personaggi, valorizza ulteriormente le ottime creature boselliane. Il mio voto finale è 9

    • +1 1
  5. A differenza della consuetudine, stavolta partirò dal comparto grafico per esprimere le mie considerazioni in merito alla storia in questione; d'altronde come fare altrimenti in questo caso specifico! Un aggettivo per riassumere il grande Civitelli in questa prova: stratosferico! Con impareggiabile classe, il disegnatore aretino ci dona una perla grafica di rara bellezza, arricchita da una certosina opera di documentazione che gli permette di mostrarci la città di Boston come in cartolina. Ma ciò che più incanta, i giochi di chiaroscuro perfetti che rendono perfettamente l'idea dei vicoli innevati, e tutto quel campionario di effetti che fanno immergere il lettore nelle vignette e quasi gli fanno battere i denti dal freddo, per quanto alcuni scorci assumono un realismo impressionante. Che Civitelli sia amante della fotografia non è un mistero, ma di quanto sia abile a riprodurre i giochi di luce e inquadrature a effetti è ancor più palese; nessuno come lui riesce a imprimere nelle sue tavole quei magici tratteggi che lo rendono perfetto nelle scene cittadine e notturne. "Delitto nel porto" a mio avviso rappresenta uno dei suoi più grandi capolavori e soprattutto la prova da cui spiccherà il volo, raggiungendo una maturità di tratto tale, da renderlo un punto fermo e inamovibile della schiera degli illustratori texiani. Chiusa l'anteprima dedicata ai disegni, passiamo alla storia: di certo non da buttare ma non rende giustizia al grandissimo lavoro grafico. Ho avuto anch'io l'impressione che la tanta carne al fuoco dell'interessante soggetto, sia stata un po' sprecata da Nizzi con una sceneggiatura non all'altezza e figlia della sua crisi creativa. Lodevoli i personaggi di Alabama, Requin e Jules Calvi, ma a fin dei conti, i nostri si ritrovano scodellati sul piatto tutti i retroscena e tolta qualche sparatoria e scazzottata, alla fine non brillano eccessivamente. Che Colbert fosse un giuda, Tex avrebbe dovuto capirlo in tempo debito e non mi è affatto piaciuta l'ingenuità con cui si fa giocare pure da Requien nel finale. Ma il non plus ultra è senz'altro la pessima scena di Carson che si fa atterrare dall'agente Pinkerton neanche fosse un vecchio pensionato appena uscito da una casa di riposo. Passi che Tex debba dimostrare una prestanza fisica un tantino migliore, anche per via di una decina di anni in meno sul groppone, ma il vecchio cammello non può essere ridotto a un tale ruolo di macchietta comica. Ho sempre adorato la gestione dell'amicizia dei due pard di Nizzi nei suoi anni d'oro sulla saga, purtroppo col tempo i siparietti comici, degenerando, hanno confinato Carson in un ruolo di spalla ridicola paragonabile a Cico nella serie dell'uomo della scure, cosa inaccettabile visto la caratterizzazione ben specifica fatta da G.L.Bonelli agli esordi. "Carramba y carrambita" mi verrebbe da imprecare citando il simpatico pancione nolittiano, fa ancor più storcere il muso vedere il vecchio ranger fare figure cosi barbine a soli pochi numeri dalla splendida performance descritta da Boselli nel suo capolavoro di esordio. Non pervenuto il villain principale, una vera e propria comparsa e tutto sommato non brilla nemmeno Colbert come antagonista. Discreta la scena, resa molto bene da Civitelli, della fuga lungo i cunicoli della fogna, che lontanamente mi ricorda l'espediente di fuga di Jean Valdjean con Marius ferito sulle spalle in uno dei momenti catartici dei "Miserabili", Il voto finale anche stavolta deriverà dalla media aritmetica del 6 alla sceneggiatura e 10 ai disegni. Il mio voto finale è 8

    • +1 1
  6. A quasi un anno di assenza, il nome di Nizzi tornò a fare capolino tra i crediti di una storia di Tex. Dopo un inizio di centenario contraddistinto da svariate innovazioni stilistiche e di contenuti, lo sceneggiatore riappare sulla serie con un episodio alquanto tradizionale e convenzionale. Il soggetto, sebbene non del tutto originale, viene ottimamente sviluppato nel primo albo, con una sceneggiatura degna e dei siparietti molto esilaranti, tipo la spassosissima scazzottata sulla nave. Col proseguo, si palesano le difficoltà di un autore in crisi. La storia rimane accettabile, ma perde mordente e diviene molto prevedibile. Ho sempre trovato interessante la scena del faro, ma l'epilogo con il risveglio del vulcano, a dire il vero mi fa storcere un po' il muso. Che i villain fossero alquanto scalcinati è conclamato, ma che usino la dinamite dentro la bocca di un cratere è da idioti all'ennesima potenza. Anche la gestione dei quattro pard non è ottimale: visto la quasi inconsistenza di Tiger e le poche tracce lasciate da Kit, tanto valeva "lasciarli in tribuna" usando una similitudine calcistica. A dire il vero, Nizzi partecipa a modo suo alle fiera delle trovate innovative, abbozzando una love story fra Piccolo Falco e Linda Colter, che definire fiaccamente platonica è altamente riduttivo. Non sarebbe stato male osare un po' di più, ma evidentemente l'autore non se la sentì di forzare la mano. La presenza di Gross Jean aggiunge valore all'episodio, anche se come spesso accadde nelle sceneggiature del buon Claudio, per troppo tempo rimane fuori gioco, imprigionato dal cattivo di turno. Tirando le somme, episodio accettabile e leggibile, ma senza grandi picchi e molto scontato in alcuni snodi narrativi, prova tangibile di una crisi creativa e d'identità di un autore, stanco dopo aver brillantemente tirato da solo il carretto per circa un decennio. Purtroppo, mi duole dirlo, escluse alcune piacevoli eccezioni, il livello qualitativo di Nizzi non riuscirà più a pareggiare il suo apice dell'età d'oro del centenario 300. A chi se non a Fusco poteva essere affidata una storia ambientata nelle innevate foreste dello Yukon? Il grande disegnatore, sfodera un'ennesima prova di spessore, mostrandosi campione indiscusso nelle ambientazioni nordiche. Molto efficace la sequenza grafica del faro, come trovo stupende le sue foreste imbiancate e scene dinamiche di agguati fra slitte e piste innevate. Il mio voto finale è 7

  7. Seconda e ultima prova di Michele Medda sulla regolare. Come avvenuto all’esordio, l’autore sardo spiegò le vele della sua fantasia alle correnti dell’innovazione, che spiravano allora sulla serie del famoso ranger, tirando fuori un thriller avvincente con uno spunto di soggetto, quello del killer seriale, piuttosto inedito per la saga. L’episodio si mostra ben scritto e congegnato; con molta abilità lo sceneggiatore guida il lettore fra le pagine, sviandolo con maestria e inducendolo a sospettare man mano dei vari personaggi che affollano la trama. A turno i sospetti cadono sul violento proprietario del saloon, sul becchino, sul commesso dell’emporio, passando pure dal vice sceriffo Nebraska e addirittura su Herbert Addison, tornato sulla serie dopo pochi numeri, ma su questo ravvicinato ritorno mi soffermerò più avanti. Merito di Medda è proprio quello di riuscire a celare fino all’ultimo l’identità del folle killer e spiazzare tutti col colpo di scena finale: sfido chiunque a sostenere di aver intuito il colpevole prima dell’epilogo! :laugh:  Non male il ruolo di Tex che, nei panni di sceriffo a "tempo determinato", conduce, con buona dose di acume investigativo, le indagini relative ai misteriosi omicidi e fronteggia facilmente l’assalto di Holden, prepotente di turno a dire il vero poco caratterizzato. Proprio il boss locale è il protagonista della sottotrama che funge più che altro di riempitivo alla vicenda e per sparigliare le carte, visto che proprio per colpa dei suoi sgangherati sgherri, il lettore finisce col stimare e parteggiare per la figura dell’emancipata e coraggiosa Sally, subendo un contraccolpo notevole alla resa dei conti. Dato il discreto esito anche di questa prova, stupisce che a Medda non venne più data occasione di continuare il suo lavoro sulla saga, forse il suo stile innovativo e i suoi spunti di soggetto arditi, non tranquillizzarono Bonelli, sempre attento a tutelare la tradizione del personaggio nelle vesti di editore, un po’ meno in quelle di sceneggiatore. Elencati i fattori positivi della storia, mi soffermerò su quegli aspetti che mi hanno convinto un po’ meno. In primis l’idea di recuperare il giornalista Addison, evidentemente creatura cara all’autore, e trasformarlo di colpo da piedidolci imbranato a spalla perfetta per Tex. Questa scelta mi ricorda vagamente ciò che fecero le sorelle Giussani con Gustavo Garian all’esordio di Diabolik, dove il giovane rampollo da vittima al primo episodio, diviene di colpo investigatore privato e braccio destro di Ginko per svariati numeri. Una simile leggerezza narrativa, se nel caso del personaggio dell’Astorina può essere perdonata trattandosi di un’ingenuità figlia delle origini della testata, stona un po’ in una serie rodata e pluridecennale come quella di Tex. Simpatiche le varie macchiette disseminate nella narrazione (vedi per esempio il barbiere mio conterraneo :D) e la figura di Nebraska come vice di Tex, ma il sottoscritto comunque sente la mancanza di Carson in storie come questa, inutile girarci intorno. Anche la ripetitività di alcuni dialoghi salta subito all’occhio: una bella frase antirazzista sul colore del sangue pronunciata da Nebraska, viene sciupata dall’autore quando la fa ripetere pure alla giovane prostituta. Qui un piccolo editing sarebbe stato utile <_<. Pure l’analogia con Jack lo squartatore, nata forse da un veto della redazione al soggetto originale, finisce con l’apparire un po’ forzata. A mio avviso la trama avrebbe funzionato anche senza questa premessa, che suona solo come un espediente per ricacciare dentro la figura del giornalista detective Addison. Letteri mostra un lieve calo qualitativo e paga forse una sceneggiatura poco adatta alle sue caratteristiche stilistiche. Concordo perfettamente con chi prima di me sostiene che una storia simile, affidata a un disegnatore più “dark” avrebbe reso molto di più in termini di pathos e impressioni visive, purtroppo non avremo mai la controprova. Oltre questa considerazione, non si può non notare che alcune tavole cominciano ad apparire approssimative e alcuni errori anatomici più ricorrenti; nel complesso la prova grafica rimane ancora sufficiente ma il tratto del grandissimo disegnatore romano, sarà destinato a regredire inesorabilmente nelle prove successive. Il mio voto finale è 7

  8. <span style="color:red;">18 ore fa</span>, Barbanera dice:

    La più bella storia di Boselli.punto.

     

    Nessuno autore è riuscito a condensare in un unico episodio sia il mito della frontiera sia il mondo di Tex.un omaggio a Glb

     

    On 11/4/2019 at 23:12, Leo dice:

     

    Io credo che, nonostante le tante bellissime storie sfornate dal nostro Borden negli ultimi venticinque anni (eh già, un quarto di secolo quest'anno...), questa resti la sua più bella, insuperata e probabilmente insuperabile.  Mai il Vecchio Cammello è stato tanto epico. Mai un cattivo ha fatto tanta paura come Boone, o Waco. Mai più abbiamo avuto un personaggio come Ray Clemmons. Per me questa storia rappresenta il punto più alto di Tex.

     

    A proposito di esordi al fulmicotone, altri "predestinati" potevano essere Medda e Berardi, entrambi cimentatisi con Tex in quell'inizio degli anni '90 che sembrava poter regalare grandi autori per Tex (e che fortunatamente ci ha lasciato almeno Borden).

    Perfettamente d'accordo con entrambi i commenti. Ho sempre ritenuto "Il Passato di Carson" un'autentica pietra miliare della serie. Anche Berardi debuttò col botto con "Oklahoma", altro classico che occupa un posto privilegiato nella scala delle mie preferenze, e personalmente rimane il rimpianto di non averlo più potuto apprezzare sulle pagine del nostro amato ranger. In quanto a Medda, come già scritto nel commento di "Bande rivali", ritengo che avrebbe potuto benissimo far parte della squadra degli autori, ma l'esordio, sebbene di buona fattura, a mio avviso non può competere con i due gioielli prima citati. 

    • +1 1
  9. Correva l’anno 1969 e una giovane band rock, i King Crimson, pubblicava all’esordio un capolavoro destinato a divenire la pietra miliare di un genere; settembre 1994, esordisce su Tex scrivendo un capolavoro, uno sceneggiatore destinato a tracciare nuovi sentieri narrativi, fondamentali per l’imprescindibile modernizzazione della saga. Una similitudine poco attinente? Forse; tuttavia il nocciolo della questione sta nel fatto, che esordire con un capolavoro è da predestinati! Evitando di soffermarmi sulla precisazione che Boselli avesse già collaborato con Bonelli alla stesura di un precedente episodio un decennio prima, si può tranquillamente affermare che il “Passato di Carson” rappresenti uno dei picchi insuperati dell’attuale curatore e a mio avviso rientra nel dorato olimpo delle storie più belle di sempre. Boselli con un colpo di genio, studia una trama splendida che tiene il lettore incollato alle pagine dalla prima all’ultima vignetta. Ottima l’idea di sviluppare sulla prima parte un flashback del passato del vecchio cammello per poi destinare nella seconda, lo scontro finale dei nostri contro la famigerata banda degli Innocenti. Molto originali risultano alcune scene, quale il progettato agguato del gemello Dobbs nel salone del barbiere o tutto il campionario di messaggi in codice, tra bandane rosse, strette di polsi e caratteristiche frasi di riconoscimento.

    Ma ciò che più colpisce l’attenzione di ogni lettore, è la straordinaria caratterizzazione dei personaggi e una sceneggiatura molto fresca e serrata, che garantisce molto pathos e tensione. I numerosi villain sul sentiero della vendetta, appaiono molto ben assortiti e tratteggiati magistralmente. Grimes, Boone, Waco Dolan, Larry il contabile, Jonny Lame lo zoppo e così via dicendo, rappresentano una ricca lista di personaggi che arricchiscono la trama e ci mostrano l’ottima fantasia dello sceneggiatore. Una nota a parte merita Ray Clemmons, un furfante “grigio” che realmente mostra sprazzi di sincera amicizia verso l’antico nemico/fratello e che riscatterà la sua figura con un atto eroico nel finale. Già dalla prima prova Boselli mostra la sua grande abilità nel creare personalità complesse e ricche di sfumature caratteriali, degne di un manuale di psicologia. Che dire poi dei nostri eroi? Duri, autentici, coraggiosi e molto decisi!

    Ammetto che essendo da sempre un fan di Carson, rischio di essere troppo di parte, visto che nessuno come Boselli in questo episodio, riesce a far brillare di luce propria il ranger dai capelli d’argento. Per una volta l’ottimo Tex si ritrova a essere una spalla preziosa per il suo vecchio amico, per l’occasione deciso, indipendente e risoluto come non mai. Molto coraggiosa ma azzeccata la scelta di far apparire nella saga personaggi come Lena e Donna; una vecchia fiamma del “vecchio reprobo” la prima, la presunta figlia la seconda (potrei pure togliere l’aggettivo mi sa!). In soli tre albi l’autore infarcisce di tante innovazioni la serie, ma lo fa con classe e bravura, tanto è vero che il suo debutto non suscitò la rivolta inferocita dei fans tradizionalisti in massa, anzi ancora oggi viene ricordato come un insuperato capolavoro. Che dire poi per l’ottima suspense che aleggia nell’ultimo albo, con uno scontro finale a cardiopalma e molto commovente. Una storia che rileggo regolarmente ogni anno da più di vent’anni e ogni volta è un tuffo al cuore. Una prova perfetta, senza pecche, che ha segnato indelebilmente la saga del nostro amato ranger. Parte di merito dell’eccezionale successo dell’episodio va pure agli ottimi disegni di Marcello, un disegnatore molto utile e prezioso, che instaurò un’intesa perfetta con Boselli. Un binomio di artisti collaudato e di valore, che creò una sequenza di episodi di altissimo livello; storie indimenticabili che fecero innamorare me e molti altri lettori e che ancora oggi vengono ricordate con emozione. Il mio voto finale è 10

    • +1 1
  10. A pochi mesi dal debutto sulla regolare, Canzio replicò, riprendendo un soggetto di Nizzi abbandonato durante lo stallo creativo. Il riempitivo che ne venne fuori, rispetto all'accettabile prova di esordio, dal mio punto di vista, deluse non poco. L'episodio per ampi tratti pare un raccontino da libro Cuore, con l'orfanello perseguitato, il saltimbanco dal cuore d'oro, il nonno scassinatore ma religioso, la "fatina buona" che diventa un marshall dopo la morte dell'amato marito, uomini crudeli e spietati che schiaffeggiano il bimbo e lo chiudono al buio con i topi. Oltre il soggetto un po' atipico e poco texiano (non a caso si afferma che Nizzi per l'occasione avesse riciclato un suo spunto per Larry Yuma), ciò che influisce non poco sulla mia valutazione non positiva, è la lentezza della sceneggiatura che, aggravata da dialoghi a tratti verbosi, rende noiosa la lettura. Poco azzeccate poi alcune scelte narrative, una su tutte la figura di rimbambito che fa Carson quando viene disarmato come l'ultimo dei citrulli (Canzio riesce nelle sue due uniche storie a renderlo "macchietta" peggio di come lo mostrava Nolitta e ce ne vuole, davvero!) o la scena poco plausibile del duello fra Tex e Snake Joe: come faccia un uomo armato di pistola a farsi fregare in quel modo da un avversario con un'ascia, è un mistero. Altro che villain crudele, un avversario simile merita la palma di idiota del secolo :laugh:. Anche l'enigma del messaggio cifrato appare forzato. Il vecchio scassinatore fa tanto per rendere difficile il ritrovamento del bottino e lo nasconde a due passi da casa? La scimmietta intelligente dell'incipit avrebbe trovato immediatamente il denaro! Poi che dire dell'incredibile lezione biblica di un Tex che sembra indossare per l'occasione,  i panni del più saccente Martin Mystere? Nota alquanto stonata; ci sta che il nostro mostri un'intelligenza fuori dal comune, ma dalle nozioni che ci snocciola, pare che sia un seminarista nato! :D Ho pure trovato molto crudo il modo con cui i nostri si sbarazzano degli sgherri di Henteline nei pressi della missione: passi che si liquidi a distanza la sentinella con un coltello lanciato, presumibilmente a tradimento, per non allarmare i nemici asserragliati nella cripta, ma non capisco come Tex possa sparare per uccidere Indio, che gli dà le spalle mentre tenta di salire la scala a pioli! Può darsi che esagero nel dare peso a questa situazione, ma onestamente mi pare non rientri nella mentalità di Tex. Una delle poche note positive, la caratterizzazione del vecchio saltimbanco che mi ricorda vagamente Hursus dell'Uomo che ride di Hugo, e la presunta complicità fra Tex e la bella marshall che porta un po' d'innovazione nella saga. Per ovvie ragioni, l'autore non approfondisce la cosa, ma il seme fu comunque piantato e mostrò come il vento del cambiamento cominciasse a spirare su alcuni aspetti ferrei della saga. Un po' stucchevole, invece, il tentativo in poche pagine di riabilitare la figura di Henteline: scelta ripetitiva e meno probabile in questo contesto. (A dire il vero mi aveva convinto già poco con Calavera nel precedente episodio, figurarsi qui!) Letteri se la cava egregiamente, ma un po' di stanchezza si comincia a percepire nello svolgere della trama. Il livello è ancora più che accettabile ma ben presto, l'involuzione di tratto dell'infaticabile disegnatore romano, si farà palese. Il mio voto finale è 5   

    • +1 1
  11. Con Nizzi fermo ai box, l'inizio del centenario 400-500 offrì l'occasione di sperimentare nuove firme sulla serie ammiraglia. Subito dopo il debutto di Canzio, toccò a Michele Medda cimentarsi con la saga del celebre ranger. Per un personaggio in cui la tradizione è la spina dorsale, due new-entry consecutive, rappresentarono quasi un record. L'autore sardo sfornò all'esordio una storia notevole, mostrando una buona dose di coraggio. Forse proprio l'aver osato troppo in alcune scene, lo penalizzò oltremodo nei giudizi dei lettori e ciò non gli giovò per la riconferma. Personalmente ho sempre apprezzato l'episodio, sia per lo spunto originale, ma soprattutto per l'ottima sceneggiatura quasi cinematografica e per la buona resa dei tanti personaggi che agiscono tra le scoppiettanti pagine. Una lettura interessante, molto scorrevole; un buon intrigo, ben condito da intrallazzi politici e colpi di scena. Anche i due pards (tralasciando alcune situazioni alquanto forzate), risultano ben attivi e riconoscibili. Sotto questo aspetto, reputo molto più attinente la caratterizzazione di Medda rispetto a quella consueta di Nolitta, purtroppo l'autore pagò lo scotto per l'aver perso di vista le linee guida della serie e alcune scelte troppo "all'avanguardia" fecero storcere il muso allo zoccolo duro dei lettori, molto restio a metabolizzare in così poco tempo tutte queste novità. Fosse accaduto oggi, forse un debutto simile avrebbe suscitato meno scalpore, ma allora i tempi erano ancora troppo immaturi per poter proporre situazioni un po' al limite come la vista di un bordello, o un west alquanto crepuscolare e disincantato, che poco si confaceva alla consuetudine. Tuttavia molto ben congegnata risulta la rivalità fra i Pinkerton e Tex, così come appaiono ben caratterizzati i componenti della banda Chase e molti vari comprimari, passando dal vecchio Addison, allo sceriffo, da Sam Pickett a Orso che Corre, da Layla al giovane scribacchino Herbert. Un campionario di personaggi molto ricco e variegato. Unico grosso scivolone di Medda, il colpo basso di Tex nel duello con O' Bannon: passi che il nostro possa incontrare un avversario alla sua altezza, ma ricorrere a un simile stratagemma per ribaltare la situazione, non è da lui. Pure alquanto forzata la collocazione geografica, che stride un po' con il tema del livore fra sudisti e nordisti. Questi due aspetti, uniti alla scena poco felice che vede Tex quasi soccombere sotto il piccone della incartapecorita ma' Chase, influiscono ad abbassare la valutazione di un episodio tutto sommato ben strutturato. Col senno di poi Medda avrebbe potuto far parte della squadra di autori di Aquila della Notte ma rappresentò l'uomo "tutto sommato" giusto al momento sbagliato. Capitolo disegni: Blasco si esibì nella sua ultima prova sulla serie. Sebbene siano ben visibili molte correzioni redazionali, bisogna ammettere che il suo congedo fu di pregevole fattura: forse favorito dalla tematica e l'ambientazione che si sposò perfettamente col suo tratto o per merito di una sintonia con Medda migliore rispetto a quella fin allora mostrata con Nizzi, fatto sta che sfornò una prova notevole, a mio avviso una delle sue migliori su Tex. Il mio voto finale è 7

  12. <span style="color:red;">4 ore fa</span>, Mister P dice:

    Uhm, devi aver confuso "collezione" con l'altro termine. Comunque il primo centenario che ho avuto tra le mani è stato il #300... e tu hai un anno più di me. Dilettante :P !

    Peste e corna! Mai una volta che non mi scappi un refuso! :D E dire che prima di confermare l'invio del commento, lo rileggo, ma qualche svarione mi sfugge sempre. In questo caso specifico, me ne sono accorto quando ormai non potevo più modificare. Ovviamente il termine era "collezione" come hai correttamente dedotto, Marco. Grazie comunque per la segnalazione :). Una cosa è certa: visto i miei precedenti, difficilmente potrei ambire a un ruolo di editor o revisore in una casa editrice! :azz: :laugh:

    P.s. Cominciai a leggere Tex nel 1989 o giù di lì, e in quel periodo la serie viaggiava verso il numero 350, di conseguenza dovetti attendere un po' di anni prima di acquistare direttamente all'edicola l'albo celebrativo. Inizialmente leggevo Topolino e Diabolik, ma appena la mia pista incontrò quella del celebre ranger, il passato fu cancellato come da un colpo di spugna e da allora, non ho più smesso di acquistarlo. Che emozione mi portò quel 1994: il primo Tex a colori e dopo pochi mesi, la possibilità di acquistare sugli scaffali di un negozio di dischi un inedito album dei Pink Floyd. Ricordo che ero al settimo cielo. Che bella quell'età, quando basta poco per essere felici! :)

  13. Dopo un centenario di tranquilla navigazione con al timone un solido Nizzi, abilissimo a traghettare la testata fuori dalle insidie dovute all'abbandono del grande "Ammiraglio" Bonelli, la saga  si trovò a varcare le fatidiche Colonne d'Ercole, facendo rotta verso un futuro alquanto incerto. Il numero 401 segnò in primis l'epocale avvicendamento alle copertine tra Galep e Villa; un evento di straordinaria importanza, che porterà nuova linfa e qualità nelle cover, visto che il giovane disegnatore subentrante, dimostrerà fin dall'inizio di essere abbondantemente all'altezza del compito affidatogli, anzi credo che una tale scelta, considerando il tracollo grafico del  papà di Tex, malato da tempo, andava fatta qualche annetto prima. Un ulteriore fattore che gettò un po' di apprensione e perplessità sulla rotta futura, fu la crisi creativa che investì Nizzi in quel periodo. Un blocco totale all'inizio, che costringerà Sergio Bonelli a provare altri sceneggiatori sulla saga per garantire l'uscita degli albi in edicola, e anche quando l'autore modenese recupererà quel tanto di ispirazione per tornare in sella, diverrà evidente che nulla sarà più come prima e una lenta e costante involuzione narrativa si paleserà fra le sue storie. Col senno di poi, potremo dire che l'editore tirerà fuori il jolly Boselli dal mazzo e un così provvidenziale innesto nella serie sarà fondamentale per la continuity, ma suppongo che in quei lunghi mesi la tensione nella casa editrice si tagliasse a fette. Proprio in questa fase interlocutoria, avvenne il debutto di Decio Canzio ai testi. L'allora Direttore generale, vera e propria colonna portante all'interno della casa editrice, si cimentò la prima volta sulle pagine del famoso ranger, dopo aver avuto all'attivo alcune sceneggiature su Zagor; su due piedi mi viene in mente quella con il presunto discendente di Don Chishotte, seminatore di guai tra le contrade di Darkwood :). Fra un impegno e un altro (arrivò pure a gestire la corrispondenza con i lettori, tanto e vero che alcune risposte alle mie lettere portano la sua firma), l'infaticabile Decio compose una storia adeguata, che può essere tranquillamente collocata nel girone delle prove abbondantemente sufficienti. Il soggetto sebbene non del tutto originale, viene sviluppato in maniera funzionale e l'esito finale sembra una via di mezzo fra l'opera di Nolitta e quella più tradizionale di Nizzi. Il ritmo non è trascendentale, alcune scene risultano un po' forzate, ma tutto sommato il buon Decio se la cava egregiamente. Non posso tuttavia esimermi dal notare la figura barbina che fa Carson, ridotto a pura macchietta e delegato ai margini nei momenti chiave. Nolitta lo escludeva, ma se l'esito deve essere questo, poteva benissimo farlo pure Canzio. Il cagnolino "Stracci" alla fin dei conti risulta più centrale nella scena e questo è già tutto un dire. Pure la figura del villain Guerrero mi convince poco. So che andrò un po' controcorrente rispetto a parecchi giudizi positivi di chi mi ha preceduto, ma trovo un po' troppo altalenante la caratterizzazione. L'autore fa di tutto per renderlo simpatico al lettore, ma a tratti esagera: in fondo Nick "Calavera" rimane sempre un boss locale immischiato in vari crimini e accecato dall'oro, detto questo stupisce come Tex possa arrivare a intenerirsi così tanto, a costo di abbassare la guardia e rischiare di farsi fregare giunto sul luogo del tesoro. Al sottoscritto piacciono i personaggi "grigi" ma gestirli in una saga come quella di "Aquila della Notte" non è semplice. In questo caso, a mio avviso, Canzio esce dal seminato e nel suo attaccamento al villain creato, danneggia un po' la figura di Tex. Anche la scena del presunto gesto magnanimo durante la sparatoria, a pensarci bene risulta un'incongruenza: sarebbe stato un atto di lealtà cessare il fuoco in quel contesto durante un duello ravvicinato e a pari condizioni, ma si dà il caso che Nick si apposti in agguato e spari inizialmente a tradimento, quindi che senso ha non completare l'opera? Qualcuno potrebbe obiettare dicendo che non avesse intenzione di liquidare i due pards, ma allora perchè sparargli addosso? A me suona come una lieve forzatura per rendere ancora più pulita l'immagine del villain "cattivo ma buono". Boselli simili personaggi li gestisce meglio, ma questa è una mia personale considerazione che poco influisce nella recensione. Sempre una sicurezza i pennelli di Fusco, magistrale autore sugli scenari innevati. Forse non è la sua storia migliore come resa grafica, tuttavia il suo tratto è sempre un valore aggiunto. Il mio voto finale è 6

  14. I ricordi sono i pilastri su cui si poggia la personalità di ogni individuo: poi quelli della giovinezza, attorniati dall'alone di malinconia e tenerezza come sono,  una volta riaffiorati dalla memoria, rendono faticoso ogni forma d'imparzialità di giudizio. Come dimenticare quel lontano giorno di febbraio di venticinque anni fa, quando finalmente stringevo fra le dita il primo albo celebrativo a colori della mia colorazione? All'epoca una pubblicazione multicolor era un vero e proprio evento e non di rado mi capitava di contare i mesi per regolarmi sulla data d'uscita. Appena vidi quella copertina così suggestiva e triste, rimasi affascinato. Ancora ragazzino non focalizzai appieno il valore simbolico e umano di quel saluto, con cui Galep prendeva commiato dai suoi fans e dalla sua amata creatura, così come diedi meno peso a quell'importante passaggio di consegne, che vedeva premiato Villa, uno dei disegnatori che già apprezzavo di più. La storia allora mi parve stupenda e i disegni non mi disturbarono affatto. Di acqua sotto i ponti ne è corsa parecchia da quel freddo giorno d'inverno; oggi con un quarto di secolo in più sul groppone e di letture texiane, rivedo tutto sotto una diversa angolazione, come è giusto che sia nel lungo percorso dell'esistenza, dove l'esperienza accompagna le nostre metamorfosi caratteriali e di giudizio. Solo adesso comprendo appieno di quanto fosse carica di pathos e umanità quella figura di Tex con sorriso mesto, incamminatosi cappello alla mano lungo la via del tramonto, stagliandosi contro gli accesi raggi del crepuscolo. Solo adesso comprendo quanto fatica saranno costate a Galep le ultime tavole, logorato dalla malattia ma restio ad abbandonare la passione di una vita e i suoi lettori, spinto dal suo amore verso Tex. Oggettivamente, la sua opera conclusiva non rende onore al suo talento e alla sua carriera, ma mettendoci nei panni di Sergio Bonelli, come avrebbe potuto bocciare il frutto di un tale lavoro e relegare in pensione il papà grafico della celebre saga ammiraglia della sua casa editrice, allora come oggi? Anche gli affezionati lettori storici, come avrebbero potuto accettare di non vedere la firma di Galep su quell'importante albo celebrativo che anticipò di un mese appena la triste dipartita del compianto disegnatore? Tutto le altre valutazioni tecniche vanno in secondo piano a mio avviso; la storia, sebbene esile strutturalmente e debole graficamente, conserva un'importanza emotiva che il tempo non può scalfire. Da non dimenticare, inoltre, che fu pure il primo albo celebrativo affidato a uno sceneggiatore che non fosse il grande G.L. Bonelli e suppongo che Nizzi abbia pure per questo accusato un po' di timore reverenziale. Dopo tutto ciò che ho appena scritto, cercherò comunque di recuperare un briciolo di razionalità ed esprimere una mia votazione, il più possibile imparziale. Il mio voto finale è 6

    • +1 1
  15. In un'epoca in cui le storie brevi dei Color erano solo utopia, l'episodio in questione rappresentò per parecchio tempo la prova più breve di Nizzi sulla saga. Tutto sommato nel risicato numero di pagine a disposizione, l'autore riuscì a realizzare un accettabile lavoro, scorrevole e ironico, con una serie di personaggi ben caratterizzati. Come non sorridere dinanzi al becchino ubriacone o lo sceriffo con problemi di circolazione, che riuscirà tuttavia a rendersi utile nel corso della trama? Anche la giovane prostituta dal cuore d'oro si ritaglia una parte importante nella sceneggiatura e alzi la mano chi, durante la lettura, non ha accarezzato l'idea che il nostro ranger tutto di un pezzo potesse vacillare dinanzi a cotanta grazia. :censored2::laugh: A parte le battute, il riempitivo che funge da preludio all'albo celebrativo non è malaccio, anche se ovviamente risente della brevità, soprattutto nel finale troppo affrettato. Aggiungendo alcune decine di pagine e rielaborando con più attenzione l'epilogo, poteva benissimo essere usato per l'albo a colori del quarto centenario. Poco incisiva la figura di Burnett, come appaiono troppo rubagalline i suoi sgherri, tuttavia la scena di Tex che penetra nel ranch chiuso in una cassa da morto, è molto simpatica e avvincente a mio parere. Non volendo essere troppo prolisso, per evitare di rischiare che il mio commento diventi più lungo della storia in questione :D, chiudo analizzando il comparto grafico affidato ai consolidati pennelli di Fusco: suppongo che un numero così esiguo di tavole rappresentò un gioco da ragazzi per il veloce e prolifico disegnatore, e l'esito fu soddisfacente con un'azzeccata rappresentazione grafica delle "macchiette" che Nizzi inserì nel copione, per chiudere un centinaio di tutto rispetto. Il mio voto finale è 6 

  16. Dopo una trama alquanto atipica per le sue caratteristiche, Nizzi ritorna sui solchi tracciati da G.L. Bonelli, componendo un episodio convenzionale e molto classico. Riprendendo lo spunto ritrito della cittadina stretta dalla morsa del prepotente gangster di turno, avvalendosi di una funzionale sceneggiatura e sempre validi dialoghi, l'autore porta a casa il risultato rischiando il minimo, usando una similitudine calcistica. Poco importa se il soggetto è tutt'altro che originale, con molta abilità e mestiere Nizzi sfodera un capitolo della saga molto valido e piacevole da leggere. Non mancano i colpi di scena, come alcune trovate a effetto, come il treno carico di dinamite che garantirà a Tex di cavarsela brillantemente in una dura situazione. Molto ben tratteggiate le figure dei due villain, Torrey e la sua degna spalla Floyd, leguleio molto abile nel tessere trame e agguati. Molto convincente pure la figura romantica dello sceriffo Stoddard, un galantuomo che paga il cambiamento dei tempi e rimane schiacciato dagli ingranaggi di un west crepuscolare che vira verso un futuro in cui non c'è più posto per uomini di tale pasta e ideali. Unico neo, non di poco conto per un fan di Carson come il sottoscritto, il ruolo sempre più da spalla "comica" che assume il ranger: un'involuzione lenta ma graduale, che in simili storie si nota in maniera più marcata. Davvero è un tantino umiliante che "Capelli d'argento" si faccia battere come un qualsiasi pensionato da Torrey in un corpo a corpo. Non riesco a digerire questa scena, che poi è uno snodo che porta a un epilogo che vorrebbe suonare come un colpo di scena, ma a mio avviso delude, visto che occorre un flashback per chiarirlo al lettore e ha come unico esito, quello di far rubare la scena a Tex da un personaggio fino allora presentato come un ragazzotto onesto, volenteroso ma imbranato. Forse sono troppo severo in questo giudizio, ma mi pare una piccola incongruenza che poteva essere evitata con una chiusura più ispirata. Primi segni dell'incipiente crisi creativa? Capitolo disegni: Blasco su Tex è da luci e ombre. Il suo personalissimo stile grafico nel complesso non stona e a tratti ammalia il lettore, ma bisogna riconoscere che paragonato al parco disegnatori di allora, paga parecchi punti. Anatomie approssimative, figure legnose e statiche, troppe vignette inchiostrate senza la dovuta cura, fattezze difformi dello stesso personaggio durante la storia e una rappresentazione dei pard (soprattutto di Carson) non all'altezza dei suoi colleghi. Anche le prospettive appaiono troppo naif per la serie regolare, ma bisogna riconoscere che tuttavia qualcosa del suo tratto conserva un fascino difficile da spiegare e che mi fa dimenticare in parte gli aspetti negativi accennati in precedenza. In ogni modo al giorno d'oggi, difficilmente il disegnatore ispanico lo vedremmo sulla regolare, di certo avrebbe trovato una più congeniale collocazione sui Maxi o nei Color. Il mio voto finale è 7 

  17. L'aggettivo "crepuscolare" appare spesso nei commenti che precedono, e a ragione, visto che per l'episodio in questione, mai definizione fu più adatta. Un velo di mestizia avvolge l'anima durante la lettura e un senso d'impotenza serpeggia al cospetto del mai sconfitto odio razziale verso i nativi. Uno sdegno che sconfina in rabbia verso  i fondatori di Poncha Spring, che nel nome del progresso e del dio denaro, non esitano a trucidare un'intera tribù di Pawnee e si crogiolano negli anni tra la ricchezza e la rispettabilità. Un sinistro equilibrio infranto dal ritorno di Labbro tagliato, unico superstite all'orribile eccidio caduto quasi nell'oblio. Purtroppo il sangue del passato porta a versare altro sangue, infatti incalzati dal nuovo pericolo, la banda di assassini non esiterà a eliminare tutti coloro che possono rappresentare un problema. Nachite pagherà con la vita il tentativo di affidare a Tex la sacrosanta giustizia, così come verranno scaraventati all'inferno prima Gruber (l'esecutore materiale del duplice delitto sul treno) e Billing, uno dei componenti dell'azione sanguinosa compiuta dieci anni prima, ma roso dal rimorso e quindi l'anello debole della catena. In un clima asfittico e palesemente ostile, Tex e Carson condurranno le loro indagini e riusciranno a punire i colpevoli e fare giustizia. Episodio atipico di Nizzi, con poca azione ma molte implicazioni psicologiche. L'autore ci dona una raffinata caratterizzazione dei personaggi che arricchisce la prova e mostra tutta la sua grandezza di narratore. Billing è un personaggio molto riuscito; la sua estenuante lotta contro i rimorsi di coscienza è tratteggiata magistralmente da Nizzi e mi accodo a chi sostiene, che si finisce per provare pietà verso quest'uomo, molto diverso rispetto al cinico sindaco Gettinger, lo sceriffo Palmer e gli altri componenti della banda dell'eccidio. Anche lo stalliere Dudley è ben caratterizzato e sebbene abbia l'apparenza dello scemo del paese, brilla di una luce rara. Splendido l'epilogo con la fiera Ke-tah che vendica la sua gente e il suo uomo, uccidendo il villain principale, mentre la vignetta finale realizzata da un Monti in stato di grazia, è un gioiello della saga per carica emotiva e commozione. Il mio voto finale è 8

    • +1 1
  18. Così come la mucca che, dopo aver prodotto una quantità record di latte, compromette tutto gettandolo a terra dopo aver scalciato con gli zoccoli il secchio ricolmo, il grave errore con lo spoiler in copertina dell'albo "Una pallottola per il presidente" vanifica ogni tentativo di Nizzi di celare l'identità dell'ignoto cecchino nel primo numero. Una imperdonabile leggerezza redazionale, resa ancor più evidente dall'assenza di eventuali indizi certi che potessero indirizzare il lettore verso la figura dell'impostore in divisa. Tralasciando questo notevole pecca, la storia imbastita dall'autore si fa leggere volentieri, snodandosi fra agguati e intrighi. Una sorta di partita a scacchi fra i congiurati e i due pards, resa avvincente da una sceneggiatura scoppiettante e trovate ad effetto, come il piano di depistaggio di Wallace e Kennan, o il rocambolesco salvataggio di Tex, abile e sempre baciato in fronte dalla dea bendata. Nizzi, sebbene lontano dal comporre un capolavoro, se la cava egregiamente con esperienza e validi dialoghi. Peccato solo per qualche passaggio forzato e qualche origliata di troppo. Un po' affrettato il finale, tuttavia la scena esilarante con Tex che declina l'invito del presidente, scaricando la colpa al Vecchio Cammello, fa sorridere e dimenticare la facile opera di smantellamento della congiura. Brillanti i disegni di Civitelli, perfettamente a suo agio nelle storie di ambientazione cittadine. Il suo tratto pulito e pieno di dettagli, è un valore aggiunto alla trama. Ricordo col sorriso sulle labbra, le tante ore trascorse a ricopiare con molta passione  le tante vignette del disegnatore aretino. Se non ricordo male, arrivai a disegnare una trentina buona di pagine, rielaborando parzialmente la trama, tanto mi appassionavano quelle tavole molto ben realizzate. Forse anche questo aneddoto di gioventù mi lega particolarmente a questo episodio e mi rende meno imparziale nel giudizio. Il mio voto finale è 8

  19. Guido Nolitta, al secolo Sergio Bonelli, dopo aver risolto il problema spinoso della continuity della saga affidando il pesante testimone nelle mani di Claudio Nizzi, ritornò tra i crediti delle sceneggiature del ranger, anni dopo la sua ultima prova. Un lettore sentimentale potrebbe pensare che ciò fosse dettato dal desiderio di tornare a cimentarsi sulla cara serie dopo anni di silenzio, ma, come ormai ben noto, uno dei maggior motivi che spinsero il Sergione nazionale a rimettersi d'urgenza alla macchina da scrivere, fu l'improvvisa (e seria) crisi creativa che colpì Nizzi in quel periodo. Facendo di necessità virtù, l'editore sfruttò in pieno l'occasione per coprire al massimo la programmazione, componendo una storia lunghissima come sua attitudine: una vera e propria maratona narrativa da guinness dei primati, tanto è vero che tutt'oggi, risulta ancora l'episodio più esteso mai apparso tra le pagine di Tex. Il sottoscritto, sebbene ragazzino, ebbe modo di leggerla in diretta, visto che già nel 1993 la passione per il mitico ranger era sbocciata, tuttavia ricordo che appena lessi l'ultima vignetta, tirai un sospiro di sollievo :D. Ma procediamo per gradi e analizziamo separatamente i diversi fattori, come conviene fare ogni volta che si cerca di recensire un episodio di Nolitta su Tex. Lo spunto di soggetto non è male, magari non originalissimo, ma discretamente congegnato. La presenza dei mitologici uomini giaguaro capitanati da Tezcalipoca, il mistero celato dietro il Codex Muller, le uccisioni politiche, il rapimento di Kit, la presenza di personaggi come il padre custode dei segreti della cripta di San Diego, sono tutte situazioni che contribuiscono a stuzzicare la curiosità. Magari si può avere un po' da ridire sulla forzatura del tempio sotterraneo, scoperto casualmente dal villain  con tanto di pozza "genera mostri", ma trattandosi di un'opera di fantasia, il peccato è veniale. Capitolo antagonisti e co-protagonisti: i fratelli Herrera convincono a metà, così come sembra un po' eccessiva la venerazione a loro dedicata dai compaesani. Passi la povertà che ti induce a essere ossequiante verso il riccone del paese, ma qui un po' si esagera. Buona la presenza del Morisco, più al centro dell'azione rispetto alla consuetudine, ma molto efficace. A tal proposito, reputo interessante la scena dell'ipnosi, inedita dote del dotto egiziano che verrà recuperata in seguito da Nizzi nella storia "Yukatan". Montales a mio avviso è colui che brilla più di tutti; deciso, ironico e coraggioso come non mai, molto differente dall'influente scaldasedie divenuto negli anni. Buona la caratterizzazione di Matewa, ma concordo con chi preferiva Tiger al suo posto. Non mi esprimo sull'assenza di Carson per non essere scortese :P, ma non è un mistero che Nolitta non amasse inserire il vecchio cammello nelle sue sceneggiature. Capitolo dialoghi e sceneggiatura: eccoci al punto dolente! Dialoghi stucchevoli, pesanti, ridondanti e molto verbosi; una sceneggiatura a tratti dalla lentezza esasperante e lungaggini messe a posta per incrementare il numero di pagine. E pensare che ben trenta tavole sono state sforbiciate :D. I fans di Nolitta potranno protestare dicendo che ciò fa parte del suo stile compositivo, tuttavia questi difettucci continui su Tex, a mio avviso, hanno portato l'autore a sciupare spesso e volentieri delle buoni intuizioni e discreti soggetti. De gustibus ovviamente. Capitolo personalizzazione Tex: solito sosia, abile ma lontanissimo dalla caratterizzazione tipica. Un pistolero molto loquace e controverso, dubbioso oltre media, nervoso all'inverosimile, istintivo e poco attento a leggere le situazioni e riconoscere il marcio negli avversari (vedi la trappola a casa degli Herrera nell'albo finale). A tratti poi, risulta poco decisivo nell'azione: ho sempre trovato stonata la scena clou nella grotta, dove lui si limita a tenere sotto tiro Victor Herrera, mentre Montales e Matewa s'incaricano di liberare Kit, sfidando da eroi una marea di avversari. Potete dirmi ciò che volete, ma simili scelte con Tex hanno poco a che vedere. Molto forzata la ribellione dello sgherro degli Herrera che permette la vittoria dei nostri, come non mi convince l'epilogo, con un Kit irriconoscibile che non si sente a proprio agio nel controllare un disarmato Antonio Herrera e proprio il villain che viene ancora venerato dai popolani, facendolo apparire al lettore quasi come un eroe ingiustamente catturato. Il suo monologo finale, osannato dai suoi compaesani lo avrei evitato. Piccola divagazione: mesi fa un mio spunto di soggetto per il giochino del forum fu criticato per via della mancata coerenza col personaggio di Eusebio, ma leggendo questa storia, apprendiamo dal Morisco, che prima di mettersi al suo servizio, il cupo messicano scassinava serrature, di conseguenza non è poi così incongruente l'idea che in un lontano passato potesse aver fatto parte di una banda, comunque poco importa e chiudo la breve partentesi. Capitoli disegni: un encomio a Letteri per l'impresa di aver realizzato un simile malloppone; risulta palese un calo sul finire, dovuto alla comprensibile stanchezza dopo l'estenuante impegno. Cominciano comunque ad affiorare i primi segni di decadimento dell'artista romano, ancora lievi ma destinati a crescere nelle prove successive. Riepilogo: storia all'agro-dolce che comunque merita la sufficienza. Il mio voto finale è 6

  20. On 6/9/2018 at 20:45, Condor senza meta dice:

    Non potevo esimermi dal scrivere un commento su questa storia a me molto cara. "La Tigre Nera" rappresenta a mio avviso una delle migliori sceneggiature create da Nizzi per la saga di Aquila della Notte. Un giusto mix di azione, mistero, ironia, spionaggio, agguati, indagini vorticose, il tutto reso molto avvincente dalla presenza di un antagonista di spessore (che sembra uscito da un romanzo di Salgari) e dallo stato di perfetta forma dei due rangers, tirati a lucido per l'occasione. La sessione finale di "Percorso infernale" poi, è uno dei più avvincenti epiloghi della serie, dove trabocchetti, colpi di scena e svariati duelli nel labirinto, fa scorrere l'adrenalina a fiumi. Il merito dell'ottima riuscita dell'episodio va indubbiamente suddiviso con gli stratosferici disegni di Villa, che sfodera tavole stupende, arricchite da inquadrature da urlo e particolari dettagliatissimi, che provano l'inconfutabile grandezza di colui che ritengo sia uno dei migliori fumettisti mondiali. Col senno di poi, confesso che rimpiango la scelta fatta allora dalla casa editrice che lo promosse nel meritatissimo ruolo di copertinista; ovviamente non certo per la qualità delle cover, che in questo quarto di secolo è rimasta sempre eccelsa, ma per la conseguenza di non averlo più potuto apprezzare con regolarità fra le tavole della serie. 

    Richiamo il mio vecchio commento in merito a questa strepitosa storia, per dare la valutazione che allora mi sfuggì. Il mio voto finale è 10

  21. Il ritorno di "Cobra" Galindez, a meno di un anno dalla sua prima apparizione sulla saga, dà vita a un episodio spumeggiante e ben sceneggiato. La trappola ordita dal testafina messicano è diabolica e la sua astuzia, coadiuvata da un grande cinismo e ottimi complici, metterà seriamente nei guai Tex e Carson. Il tradimento di Baker, oltre a mettere nel sacco i due pards, diviene un evento fondamentale per fomentare l'odio del colonello Maynard contro la gente di Cochise. Si arriva a un punto nella trama in cui sembra diventi impossibile uscire dal vicolo cieco e poter contrastare la sinistra macchinazione di Galindez, ma "quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare" e stavolta toccherà a Cochise recitare la parte del leone. Il fiero capo Apache, guida con grande decisione e coraggio la spedizione per liberare i suoi "fratelli di sangue bianchi" e proprio l'intrepida impresa del celebre guerriero, sarà il preludio della rivalsa di Tex. Nizzi, tuttavia, opta per una scelta narrativa ad effetto per strutturare l'epilogo della bellissima storia: sarà proprio il presunto rimorso del velenoso villain intrappolato nella cripta dai nostri, a sconfiggerlo definitivamente e farlo morire di crepacuore (anch'io come altri forumisti avrei preferito che rimanesse in vita per ulteriori comparse, ma evidentemente l'autore ne aveva le tasche piene di dover fargli escogitare altre trame contorte ma pericolose :D). La scena, forse un po' inattesa e atipica trovandosi al cospetto di un tale avversario, risulta indubbiamente affascinante, e mi colpì tantissimo da ragazzo. Ottima la sceneggiatura, la consueta ironia e la caratterizzazione dei personaggi. Il ritmo è notevole e la storia fila via che è un piacere, scandita sempre da dialoghi impeccabili. Non mancano tuttavia alcuni snodi poco convincenti. Come fatto notare in alcuni precedenti commenti, suona strano che con un tal bottino, i complici di Galindez lo lascino indisturbato a sostituire i lingotti con le pietre, come è un'ingenuità colossale che nessuno alla miniera sospetti della partenza del capo e non dia un'occhiata al contenuto delle casse. A tal proposito anche il piano del Cobra di indirizzare i rurales alla miniera è un tantino forzato. Come è possibile che guerriglieri esperti come Venustiano, non abbiano pensato di cancellare le tracce, dopo un trasferimento forzato dovuto al fatto che il vecchio rifugio non fosse più al sicuro? Va bene che Galindez è un genio del male, ma i suoi uomini fanno proprio la fine dei polli :D. Anche l'eccessiva fiducia mostrata da Baker nei confronti dell'infido complice, non si addice alla sua personalizzazione. Come non prendere precauzioni contro un simile giuda? Passi collaborare per la realizzazione del piano, ma nella fase della spartizione, come non sospettare che il messicano voglia liberarsi anche di lui per non dover dividere con nessuno? Tralasciando queste mie piccole perplessità, tutto sommato la storia è notevole e ci mostra ancora uno sceneggiatore in ottima forma. Molto funzionali e caldi i disegni di Fusco, stile adattissimo con simili ambientazioni. Ogni sua prova in quegli anni era una garanzia! Il mio voto finale è 9

  22. Avete presente quei piacevoli antipasti che precedono i banchetti delle grandi occasioni, che, sebbene delizino le papille gustative, servono solo a stuzzicare l'appetito? Ecco, l'episodio in questione a me ricorda i suddetti manicaretti. La trama è piacevole, il soggetto carino, la sceneggiatura pur accettabile, tuttavia appena conclusa la lettura, rimane l'impressione di una storiellina riempitiva, che ha solo l'onore e l'onere di precedere un trittico di classici nizziani di altissimo livello. La vicenda scivola via piacevolmente senza grandi pecche, ma l'intrigo dei loschi Wallace e Rossiter, che porteranno all'assassinio del capitano Curtis, crimine su cui fa fulcro tutta la trama, viene scoperto troppo rapidamente dai nostri e tirando le somme, gli antagonisti non si rivelano nemici di grande livello. Pure non eccessivamente esaudiente la caratterizzazione dei personaggi, vuoi per la brevità della prova, vuoi per la scelta dell'autore di non entrare troppo nei dettagli, in una storia riempitiva senza eccessive pretese. Il mestiere e la buona condizione di Nizzi in quei periodi, garantisce un esito sufficiente, ma visto i tre gioielli narrativi che la seguiranno, non mi viene di aggiungere altro. Purtroppo non contribuisce a migliorare la valutazione, un Galep stanco e afflitto dalla malattia, ormai giunto sul mesto viale del tramonto. Una prova grafica non più all'altezza, caratterizzata da troppe imprecisioni anatomiche e prospettiche e un'interpretazione di Carson degna di un vecchio Matusalemme. Il tracollo qualitativo  dell'artista si era già palesato sul texone e troverà conferma in questa breve prova, che mette quasi tristezza. A tal proposito, rimane valida l'annosa questione se fosse stato il caso congedarlo prima e risparmiargli questo modesto epilogo di una gloriosa carriera, o se la scelta sentimentale di Sergio Bonelli di lasciarlo nello staff dei disegnatori fino agli ultimi giorni di vita, essendone il padre grafico, fosse in fondo giusta. Di certo ogni lettore avrà la sua opinione in merito e il sottoscritto si guarderà bene di esprimere la propria; posso solo dire che il talento artistico di Galep manca tanto sulla saga e al panorama del fumetto italiano. Il mio voto finale è 6

  23. Una saga di così lunga durata, non può non evolversi e adattarsi agli usi e costumi dei lettori. Il Tex Bonelliano pionieristico e vulcanico degli esordi, sebbene occupi un posto privilegiato nel cuore degli affezionati lettori, alla fine del primo ventennio del XXI secolo rischierebbe dei apparire anacronistico e oggettivamente troppo vintage per tenere il mercato. A mio avviso il segreto dell'immenso successo della serie, sta proprio nella capacità degli autori di apportare quei dovuti ammodernamenti narrativi senza snaturare gli stilemi classici del personaggio. In questa chiave di lettura, bisogna prendere atto che Boselli stia oggettivamente lavorando bene; un compito non semplice, svolto finora con personalità stilistica e notevole coraggio in alcune scelte. 

    • Mi piace (+1) 1
    • Grazie (+1) 1
  24. Tipica storia funzionale con cui Nizzi riusciva brillantemente a coprire la programmazione editoriale. Partendo da uno spunto originale di soggetto, l'autore imbastisce una sceneggiatura piacevole, corredata da ottimi dialoghi, consueti colpi di scena e ritmi narrativi accettabili. La missione di recuperare in Messico le matrici trafugate dal Dipartimento del Tesoro americano, darà vita a una girandola di eventi, con i nostri pards tenuti d'occhio, a loro insaputa, dal gruppo di ribelli confederati ai comandi dell'ambizioso maggiore Costigan. A essere pignoli, potrebbe far storcere il muso che Tex e Carson si ritrovino pedine inconsapevoli del piano della banda di sedicenti patrioti. Come non si può non notare che verranno ben due volte salvati da aiuti esterni: gli Apache imbeccati da Costigan prima, e la cavalleria dopo. Tuttavia la trama corre via bene e non annoia. Il piano di fingersi fuorilegge per entrare nelle grazie di Moncada, appare un tantino forzato ma porterà i suoi frutti, sebbene l'inconveniente del ritorno di Aguero metterà pepe e azione nell'incursione a Rancho Dorado. Proprio Costigan libererà i pards dall'inseguimento degli imbufaliti messicani, per ricevere in cambio delle matrici sfregiate e inutilizzabili. Trovata di Tex azzeccata e molto a effetto. Per una volta i due pards rivestiranno i panni della lepre e la loro disperata fuga, per sottrarsi alla rivalsa dei confederati, verrà salvata dal provvidenziale (e un po' scontato) arrivo della cavalleria. Epilogo così e così, con i villain che in fondo la faranno pur franca, ma considerando l'episodio nel complesso, lo si può perdonare. Ultima prova sulla serie regolare di Della Monica, un disegnatore accettabile che però non riscontrerà i favori degli addetti ai lavori. Rispetto alla prima prova, noto meno influenze ticciane e molti più riferimenti a Villa. Prova grafica non malvagia ma troppo spesso i volti di Tex differiscono fra loro e questo aspetto, disturba un po'. Il cartoonist salernitano omaggiò l'allora pluripremiato film "Balla coi lupi" conferendo a Costigan delle caratteristiche facciali vagamente simili a Kostner. A tal proposito la quarta vignetta di pagina 108 dell'albo "Rancho Dorado" rimarca fedelmente il taglio di una scena della pellicola, o così mi par di ricordare. :D Il mio voto finale è 7 

×
×
  • Crea nuovo...

Informazione importante

Termini d'utilizzo - Politica di riservatezza - Questo sito salva i cookies sui vostri PC/Tablet/smartphone/... al fine da migliorarsi continuamente. Puoi regolare i parametri dei cookies o, altrimenti, accettarli integralmente cliccando "Accetto" per continuare.