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Condor senza meta

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Messaggi pubblicato da Condor senza meta

  1. La spina dorsale del breve episodio, è la buona idea di far agire separatamente i pards, durante la caccia ai banditi di Lancey. La felice intuizione di Nizzi rende avvincente l'esile trama e ci consegna un Tiger Jack protagonista e in grande spolvero. Seppur ferito, l'eroico navajo riesce a eludere la caccia della posse, scatenatagli contro dai banditi, che hanno tutto l'interesse di tappargli la bocca prima dell'arrivo degli altri pards. Il tutto si complica quando Carson, a causa di un contrattempo, finisce un po' banalmente nelle mani di Lancey. L'epilogo è un concentrato di tensione e colpi di scena. I banditi gettano la maschera, assassinando crudelmente i poveri cittadini della posse e ricattando Tex, costretto a gettare le armi (a parte la provvidenziale precauzione che dà il titolo all'albo). L'arrivo di Tiger, permetterà di sbrogliare l'intricata matassa e nella sparatoria decisiva, l'autore ritaglia un ruolo importante anche al dottore della posse, che libera Carson facendo fuoco sull'ultimo bandito. Che dire, il rapporto durata-qualità in questa avventura è altissimo, il tutto reso eccezionale dai grandiosi disegni puramente western del magistrale Giolitti. Il viso di Tex sarà pure atipico, ma in compenso i paesaggi, il dinamismo delle vignette e il panneggio degli abiti intrisi di polvere, è da urlo. Un piccolo esempio per descrivere l'innata classe del disegnatore romano: il realismo quasi fotografico con cui riesce a rappresentare, con pochi tocchi di pennello, le tracce impresse sul terreno sabbioso in una vignetta delle prime tavole in cui è presente Tiger. Di esempi simili potrei farne a bizzeffe, ma non mi va di allungare troppo la zuppa e mi limiterò solo a far notare la non consueta scelta grafica, di proporre in parecchie tavole la vignetta doppia in verticale: una variazione della tradizionale gabbia bonelliana che ho molto apprezzato e che, a mio avviso, in parecchie circostanze arricchisce di dinamismo le vignette. Il mio voto finale è 8

  2. Prova incolore di Nizzi, che, per l'occorrenza, rispolvera il rodato e ricorrente spunto di soggetto (molto caro pure a G.L. Bonelli), dell'incontro del nostro eroe con popolazioni atipiche, nascoste in valli segrete del suolo americano. Stavolta toccherà a una colonia di ex schiavi africani, sfuggiti alla nave negriera dopo un naufragio ed insediatasi in un meandro remoto del Texas. Il soggetto, già non originale di suo, non viene valorizzato più di tanto da una sceneggiatura lineare e priva di eccessivi sussulti. Eppure il prologo, con la forte scena del ritrovamento dello scheletro del minatore, con tanto di serpenti annidati fra le costole colpisce l'attenzione, così come l'enigma dell'ombra che indica l'accesso alla valle dei "Diavoli neri" stuzzica la curiosità del lettore, peccato che però col procedere della trama, ci si ritrova in un canovaccio già visto altre volte e la sceneggiatura perde di mordente. Nizzi porta a casa il compitino con molto mestiere ma poca ispirazione, e, a differenza di altre occasioni, rischia di far sbadigliare il lettore. Molte le analogie narrative con precedenti avventure che inducono a pensare, che l'idea di base sia composta a tavolino. Gli africani che si alleano ai bandidos messicani per assaltare le carovane, richiamano i Thugs apparsi parecchi numeri prima, così come l'alleanza con Kende per liberare Carson finito fra le grinfie dei nemici, ricorda l'espediente di "Desperados" con Santiago che, magari risulta meno saggio e più simpatico dell'anziano africano, ma ai fini narrativi il succo è simile. Non basta la trovata del falso allarme a scuotere l'inerzia di un'avventura, non da buttare ma troppo prevedibile e monocorde, con degli avversari non all'altezza: Tonga è proprio un vigliacco di prima categoria e pure i messicani non brillano di pericolosità a fin dei conti. Lessi su uno dei Magazine che l'episodio era stato commissionato a Marcello per un texone, ma la trama non convinse la redazione e venne relegata nel mensile. L'esordio del compianto disegnatore ligure fu molto positivo; il suo tratto dinamico si sposò immediatamente col genere e convinse Sergio Bonelli ad arruolarlo in pianta stabile nella saga. Ben presto, i suoi disegni divennero una presenza frequente fra le tavole degli albi del ranger, e diedero vita a storie celebri. La sua qualità, unita a un'alta velocità d'esecuzione, sarà oro colato per la redazione e negli anni a seguire  porterà al sodalizio con Boselli, che arricchirà la saga di preziose gemme narrative. Ma questa è un'altra storia! Il mio voto finale è 6   

  3. <span style="color:red;">14 ore fa</span>, Barbanera dice:

    la scena della Spia,che dà il nome addirittura ad un albo di Tex, è davvero una forzatura esagerata di Nizzi, un escamotage che da questo albo in avanti diventerà purtroppo troppo ricorrente nelle sue sceneggiature.

    Esatto pard! La penso perfettamente come te. La scena della spia risulta uno snodo narrativo troppo forzato. Uno dei primi segnali dell'appannamento creativo dell'autore.

    P.s.  Evidentemente parlando di alcool e bottiglie, anche il sottoscritto ha preso la sbornia, visto che mi accorgo di essere incappato in uno svarione grammaticale nel mio commento; un apostrofo galeotto nell'articolo indeterminativo che sembra essere uscito da una strampalata missiva di Pat Mc Ryan...  :D 

     

  4. "Chi non beve in compagnia, o è un ladro o una spia!": il noto detto si attaglia perfettamente alla scena clou dell'episodio in questione, visto che lo spione al soldo di Patton, viene individuato da Tex e company proprio per la leggerezza di fingere una sbronza, lasciando quasi intatta la bottiglia. Un' astemio svezzato all'alcool o un giuda rincitrullito? I nostri non avranno ovviamente dubbi in proposito e da qui, monteranno la trappola destinata a far crollare, come un castello di carte sotto il soffio di un bambino dispettoso, i loschi piani del prepotente villain di turno. Saltando la premessa, è palese che il lettore si trovi al cospetto di una storia minore e non è un caso che la sceneggiatura sia stata assegnata a Blasco, (non era un mistero che Nizzi avesse verso l'artista spagnolo una considerazione inferiore rispetto ad altri disegnatori della saga). Ciò non toglie che l'episodio si fa ben apprezzare lo stesso, vuoi per il marcato sapore tradizionalmente western della trama, vuoi per il giusto mix di azione, ottimi dialoghi e ritmo narrativo. Da un soggetto molto basilare e scontato, l'autore ricava un'ottima storia, facendo leva sull'indiscussa capacità di gestire i due pards e la presenza di comprimari e antagonisti, vedi lo sceriffo Walker, il ranchero Mckenzie, il bieco Patton e Nolan, magari poco sfaccettati caratterialmente (d'altronde il grigio era un colore indigesto pure al vecchio Bonelli per le anime delle sue creature!) ma molto funzionali nello svolgersi della vicenda. Tex si mostra nel suo consueto ruolo di duro raddrizzatorti, implacabile con i prepotenti e molto disponibile ad aiutare gli amici in difficoltà, coadiuvato da un Carson spigliato ed efficiente. Episodi simili, non fanno gridare al capolavoro ovviamente, ma alla fine della lettura lasciano soddisfatti e fanno notare che Nizzi in quel periodo, aveva così tanto assimilato il personaggio, da non far rimpiangere eccessivamente il grande creatore della serie. Prova grafica di Blasco senza infamia e senza lode. Alcune incertezze anatomiche dei corpi si evidenziano molto chiaramente, come non si fa fatica a distinguere molti "ritocchi redazionali". Tuttavia il suo stile latino, si prestava bene a questa tipologia di storie ed evidentemente anche in redazione la pensavano così, visto che in seguito gli venne assegnata la storia "Topeka" molto simile per struttura e ambientazione. P.s. Forse la fretta non ha permesso ai redattori di correggere lo sgraziato primo piano di Tex contenuto nella vignetta n°3 di pag 39 dell'albo "La spia". "Gran putifarre" esclamerebbe Carson: cosa costava ritoccare almeno con una pecetta o del bianchetto, l'occhio sinistro del ranger, totalmente fuori simmetria e inguardabile? :P:D Il mio voto finale è 7

  5. Ennesimo episodio cult firmato Claudio Nizzi. Una vicenda fiume spalmata su cinque albi e divisa in due parti, che ha lasciato il segno nei ricordi dei lettori, grazie soprattutto a una sceneggiatura molto carica di pathos e intrecci molto interessanti. Ma procediamo per gradi, analizzando separatamente le due parti. La prima, affidata ai pennelli di Fusco, risulta decisamente migliore e ci fa immergere nella diabolica trappola ordita dal nuovo ring di Tucson, coadiuvato dal prezioso contributo del colonnello Olivera e il governatore Zamora, atta a eliminare Tex e aprire la speculazione dei terreni della riserva ed eliminare Montales, pedina di disturbo per il progettato golpe delle autorità di Chihuahua. Il soggetto è poco originale, ma l'autore riesce a tessere una tela narrativa raffinata e variopinta, arricchita dalla presenza di ottimi personaggi e scene memorabili. Molto interessanti le figure di Olivera e Cobra Galindez, due villain di spessore che innalzano il valore dell'intreccio. Come tacere poi della splendida sequenza di Tex al paredon dinanzi i fucili puntati del plotone d'esecuzione: una delle vette più alte raggiunte da Nizzi sulla serie. Nell'episodio, con Tex in gattabuia, giganteggiano Montales e i restanti pards, con un Carson sugli scudi. Che maestria dell'autore nel mostrarci l'infinità amicizia che intercorre fra i due pards! Carson che corre sul tetto del treno attanagliato dall'ansia di arrivar tardi in Messico o che reagisce "vivacemente" ai commenti degli avventori del saloon,  trasudano una forte umanità e un intenso affetto per l'amico, che mi hanno sempre molto colpito. Con la fuga di Tex, finisce la prima parte e inizia la rivincita. L'iter narrativo ricorda vagamente "In nome della legge", tuttavia Nizzi riesce a brillar di luce propria senza emulare troppo l'illustre predecessore. La seconda parte inizia con l'inatteso colpo di scena del tradimento di Galindez, comunque dopo un promettente inizio, si affievolisce un po' col proseguo. Il ritmo rimane accettabile e le scene piacevoli, tuttavia la sceneggiatura non riesce a mantenere l'alto livello di liricità e tensione del primo atto. La presa di Escalante, è una sequenza che appassiona, ma risulta un po' forzata e facilona. Anche la trappola in cui cadono Olivera e Galindez, sebbene apparentemente ben congegnata, ci mostra una dose di ingenuità inattesa degli antagonisti, che fino a quel momento si erano mostrati due autentici furboni smaliziati. Poco incisiva la figura di Zoro, mentre brillano padre Elias e Conchita, che si guadagnerà una seconda apparizione sulla serie, alcuni anni dopo. Anche l'odio di Velasco è ben descritto e plausibile, mentre Zamora incarna il perfetto maneggione politico, ambizioso e lussurioso, disposto a tutto spinto dalla sete di potere. Riassumendo, non posso non affermare che ho sempre apprezzato questa splendida storia e proprio rileggendo le numerose pagine, rimpiango i tempi in cui Nizzi riusciva a sfornare, con tale abilità, queste perle compositive. Per ciò che riguarda il comparto grafico, sebbene Civitelli sia uno dei miei disegnatori preferiti, devo ammettere che il tratto più "sporco" di Fusco, si sposa meglio con la tematica in questione. Non è la prima volta che confesso che ho rivalutato con gli anni il personalissimo stile del compianto Fernando. Civitelli ai tempi, seppur avendo raggiunto buoni livelli di qualità, stava ancora cercando di evolvere il suo tratto, opera che gli riuscirà brillantemente nel decennio successivo, tanto è vero che l'aretino si è conquistato un posto privilegiato nell'olimpo dei disegnatori texiani. Il voto finale deriva dalla media aritmetica: 10 prima parte, 8 secondo atto. Il mio voto finale è 9 

  6. La natura ha le sue leggi insindacabili a cui nessuno si può sottrarre. Anche il titanico G.L. Bonelli si dovette piegare al peso del fardello degli anni e il suo congedo con la celebre saga da lui creata, fu alquanto mesto e malinconico. Ben lungi dal voler muovere alcuna critica all'autore, entrato prepotentemente nel cuore di noi fans che abbiamo sognato a occhi aperti, trascinati come piume nel vento sospinti dalla sua vulcanica fantasia, mi limito solo a constatare che l'ultima sua prova su Tex, non rende giustizia alla lunga e luminosa carriera. Mi chiedo ancora oggi se fu una buona scelta quella di pubblicarla. Il cuore ovviamente appoggia la decisione editoriale del figlio Sergio, la ragione molto meno, considerata l'arida trama e il ritmo compassato ed estenuante, pieno di tempi morti e dialoghi spenti e ripetitivi. Lo stesso editore mise le mani avanti, scrivendo un pensiero in appendice alla storia proprio per giustificare le motivazioni sentimentali che lo inducevano a dare alle stampe l'ultima modesta fatica dell'illustre padre. Certo che, se si leggessero in rapida sequenza capolavori del tipo "Odio senza fine" e questo albo, si faticherebbe a credere che siano opera dello stesso autore. Per doveroso rispetto al grande Bonelli, non mi soffermerò sulle numerose carenze e incongruenze che abbondano nell'episodio, posso solo pensare che al giorno d'oggi un simile "tributo alla carriera" avrebbe facilmente trovato posto su un Magazine, o molto plausibilmente, snellito di almeno una cinquantina di pagine, in un episodio breve del Color Tex, ma allora il figlio Sergio non disponeva di queste valide alternative. Aldilà di tutto finora detto, un nodo stringe la gola al pensiero che "Il medaglione spagnolo" fu l'ultima sceneggiatura del patriarca del fumetto italiano, tuttavia artisti della sua risma vincono la morte e vivranno sempre nei ricordi di chi ha amato la loro arte. I disegni di Letteri palesano una certa fretta, forse dovuta ai gravosi impegni che incombevano sullo stakanovista disegnatore romano.  Diciamo un buon riscaldamento prima (o verosimilmente durante!) della realizzazione di due episodi lunghissimi del calibro di "Oklaoma" e "Gli uomini giaguaro" che insieme raggiunsero il ragguardevole totale delle mille tavole (o giù di lì). Voto suggeritomi dal cuore: 10, ma per onestà esprimo quello obiettivo che la razionalità mi impone. Il mio voto finale è 4

  7. Dopo l'avventura fiume ambientata sulle "Colline del Vento", Nizzi si concesse una storia minore, per rompere un po' il ritmo e preparare il terreno alla successiva (e corposa) sceneggiatura messicana.

    Il riempitivo proposto, è molto gradevole e carico d'azione. A dire il vero, col senno di poi, il soggetto, alquanto interessante, meritava una sceneggiatura più adeguata. Senza limiti di foliazione, la storia avrebbe potuto avere uno sviluppo più consono ed elevarsi a un grado di valutazione maggiore, ma la scelta dell'autore fu chiara in proposito e tutto risulta più ridimensionato.

    Si può benissimo scindere l'episodio in due parti: la prima in cui si sviluppa la rapida (anche troppo!) indagine dei due pards per rintracciare i rapitori dell'ingegner Lacroix e la seconda, ambientata nell'esotico scenario dell'isola di San Fernando, a largo della foce del Rio Bravo in acque messicane, che risulta molto più riuscita e avvincente.

    La brevità della storia non permette all’autore di delineare meglio gli antagonisti e questo alla lunga penalizza l’esito finale. Macedo, El Caribe e la sua banda, finiscono col divenire avversari non eccessivamente ostici. Si mostra molto sbrigativa anche la sessione che porta i due ranger a sconfiggere il desperado Macedo e farsi guidare sull’isola, ove viene tenuto prigioniero lo scienziato. Come appare uno snodo narrativo un po’ forzato (che diverrà un negativo marchio di fabbrica nizziano) l’origliata dello spione di turno che metterà i banditi sulle tracce dei ranger in apparente missione top secret.

    Giunti sull’isola, la faccenda si complica un po’. Dapprima col naufragio, poi con la cattura di Carson a opera degli sgherri del Caribe. Proprio sull’isola Tex incontra Santiago, una sorta di simpaticissimo “Crusoe”, che si rivelerà un ottimo alleato e un prezioso aiutante per l’azione risolutiva finale. Santiago, a differenza delle altre comparse, appare molto più caratterizzato; un piccolo delinquentello da strapazzo, dato per disperso dalle autorità, molto abile e pratico che non fatica minimamente a vivere da eremita sull’isola. La perfetta conoscenza dei luoghi, uniti alla sua agilità e furbizia, saranno oro colato per Tex. L’esilarante “svitato” messicano, potrebbe benissimo riapparire in qualche episodio futuro della saga a mio avviso. Molto movimentato, ma un po’ affrettato l’epilogo, che vedrà i nostri liberare Lacroix e sfuggire sotto le grinfie della banda, a bordo di una goletta, col Caribe ai ferri. Nizzi ci mostra un Tex più incerto e approssimativo in alcuni frangenti sull’isola e alcuni errori sembrano degni del miglior Nolitta. Prima stranezza: appena risvegliatosi, nota le orme sulla sabbia di un uomo a piedi scalzi che si dirige verso la foresta, ma invece di chiedersi chi sia il misterioso individuo, ipotizza siano di Carson e non si capisce per quale motivo il fraterno amico, oltre a non cercarlo, si fosse sfilato gli stivali. Altro strano errore quello di non nascondere il corpo senza vita di Macedo, era ovvio che potesse prima o poi essere compromettente per la sua missione. Completano il campionario di errori grossolani, la mancata cancellazione delle tracce che porteranno gli uomini del Caribe a scoprire il rifugio segreto di Santiago e serviranno su un piatto d’argento Carson privo di sensi, e la disattenzione che lo porta a essere colpito da una gomitata dal Caribe, rimanendo completamente allo scoperto dinanzi i fucili spianati dei nemici. Ovviamente alla fine se la cava riacchiappando a nuoto il nemico, ma nella realtà credo che almeno una dozzina di proiettili se li beccava di certo. Piccola curiosità personale: suppongo che l’isola di San Fernando sia un’invenzione geografica dell’autore, visto che non mi pare appaia su nessuna carta geografica, a differenza di Anuta, teatro di una celebre storia narrata dal grande Bonelli, che effettivamente esiste tra la miriade di atolli presenti nel Pacifico. Molto valida la prova grafica di Monti, abilissimo nel tratteggiare i desperados messicani e gli incantevoli scenari tropicali degni del miglior albo di Mister No (d’altronde anche su quella serie prestò la sua opera prima di approdare su Tex, se ricordo bene). Da notare pure la particolare cura e l’esito molto bello a vedersi, di molte onomatopee degli spari, che diventano un valore aggiunto alla grafica della vignetta.  Il mio voto finale è 7

  8. Il biennio 89-90 rappresentò un periodo di grazia creativa per Nizzi. A pochi mesi dall'uscita del gioiello "La congiura", il prolifico sceneggiatore sfoderò un'altra pietra miliare della sua produzione texiana. Il "ciclo Sioux", a mio personale parere, è uno dei capisaldi della serie. Il primo capitolo si snoda su più di tre albi, ma ha il grosso pregio di mantenere sempre un alto profilo e la brillante sceneggiatura, valorizza al massimo il soggetto, senza far minimamente annoiare il lettore. Ottima la macchinazione che l'autore escogita per montare l'ossatura della sua storia. Di certo non è originalissimo lo spunto del complotto per impossessarsi delle terre assegnate agli indiani, ma il ritmo serrato, un monumentale Tex e una folta schiera di personaggi ben rappresentati, fanno di questo episodio un piccolo gioiello. Come non appassionarsi dinanzi alle scene che vedono un Tex stratega e acuto, mettere in scacco lo squadrone dell'arrogante generale Stonewell? Come non rispettare un uomo d'onore della risma di Nuvola Bianca? Come non stringere i pugni con rabbia udendo le motivazioni del politicante Johnson una volta smascherato o non cedere alla tentazione di picchiare personalmente Zanoby? :D Oltretutto alcuni passaggi e dialoghi, raggiungono picchi di epicità non indifferenti. Molto intenso il predicozzo che l'ottimo colonnello Graham rivolge all'infido senatore Johnson, quando gli fa notare che contare i corpi dei caduti durante le campagne militari, non è un gioco e proprio per scongiurare ciò, la via della diplomazia non dovrebbe mai smarrirsi. Molto profetiche a tal proposito pure le tristi parole del generale Davis a fine episodio, che fanno capire quanto gli indiani siano destinati a rimanere stritolati dalla Storia. Graham, Davis, il giovane tenente a cui il ranger augura una lunga carriera, rappresentano il volto saggio e pulito dei "portatori di stellette", a cui, purtroppo, fanno da contrappasso palloni gonfiati tronfi di boria e ambizione come Stonewell, che finisce col rompersi le corna nell'urto contro l'ottimo piano difensivo di Tex, che potrebbe benissimo tenere cattedra di strategia a West Point. Umiliato Stonewell, l'episodio sembrerebbe essere giunto ai titoli di coda, invece Nizzi con maestria inserisce la plausibile complicazione dovuta al colpo di coda mosso da Lupo Zoppo, che approfittando della disfatta delle giacche blu, rivendica la possibilità di lottare senza esclusione di colpi, compromettendo i sudati piani di Aquila della Notte. La titubanza di Nuvola Bianca, è narrativamente funzionale e umanamente comprensibile: chi a posto suo non si troverebbe una pulce nell'orecchio dopo tanti anni di soprusi subiti dall'uomo bianco? Solo la sua parola d'onore e l'intrepida azione di Tex, che sconfigge le macchinazioni di Zanoby, Lupo Zoppo e Coda Macchiata, impediscono che la crisi degeneri in una nuova e cruenta guerra indiana. Lo Scout Zanoby è ben caratterizzato e si mostra un astuto verme, mentre il complice Alvin è una macchietta che Nizzi inserisce solo per farsi spiegare (e con lui il lettore) i piani. Forse il finale risente un po' della lunghezza della prova e alcuni passaggi risultano un po' forzati (come per esempio il casuale incontro dei nostri con Zanoby nelle vicinanze della banda di Lupo Zoppo o la confessione di quest'ultimo del piano atto all'eliminazione del sakem sul ciglio del dirupo), ma questa lieve sensazione, non influisce a sminuire più di tanto il valore dell'episodio, che si concluderà con un lieto fine (ben diverso sarà l'epilogo del secondo capitolo). Mi scuso per esser stato un po' prolisso, ma al cospetto di una storia che ha sempre suscitato forti emozioni, diviene naturale scrivere di getto le proprie opinioni. Piccola curiosità: come mai Galep nella copertina "Le Colline del vento" trasforma in notturna la scena dell'inseguimento di Tex e Carson e mette una torcia in mano del sergente che guida l'inseguimento, al posto della colt? Nulla d'importante, si capisce, ma me lo sono sempre chiesto! Per ciò che riguarda l'opera grafica di Ticci, cosa dire? Il maestro senese sforna un'infinità di tavole con una qualità pazzesca! Sfondi mozzafiato, sequenze complicatissime con interi squadroni di soldati, cariche di bisonti, assalti indiani etc. realizzate con una dinamicità da far stropicciare gli occhi. Se fosse esistito un premio oscar fumettistico come miglior "regista", Ticci lo avrebbe ripetutamente vinto a mani basse! :) Chapeau! Il mio voto finale è 9

  9. Episodio molto breve che incarna perfettamente tutti gli stilemi del western classico. L'assalto al treno, la ricerca del bottino nascosto, la caccia ai banditi degli uomini di legge, tempeste di sabbia e sparatorie nella ghost town, tutti elementi che hanno reso celebre l'epopea del selvaggio West e che Nizzi gestisce con molta abilità, architettando una trama, non certo originalissima, ma molto ben strutturata e piacevole. Ciò che irrobustisce l'esile soggetto, è la notevole caratterizzazione dei banditi; proprio la diffidenza che serpeggia nella banda dopo la liberazione di Fraser dal treno, mette pepe alla parte centrale della storia. Thorpe e il detenuto fuggiasco si rivelano ben presto più velenosi e letali di due scorpioni. fanno fuori i primi due complici sotto una valanga di massi in una gola (scena molto d'impatto a mio avviso, con una resa grafica magistrale, ma su Giolitti tornerò in seguito), per poi far eliminare da un bislacco alleato, il sempre vigile sceriffo Beckman, altro "giuda" ben tratteggiato dallo sceneggiatore. Rimasti soli, i due villain finiscono con lo scornarsi fra loro, ognuno con un vantaggio rispetto all'avversario: la conoscenza dell'ubicazione del tesoro per Fraser, e la pistola per Thorpe. "Fra i due litiganti, il terzo gode" recita il proverbio e proprio lo svitato Lomax, bandito dato per morto da Fraser, finirà per spuntarla fra i due. Un po' banale la fine di Thorpe, che si fa impallinare come un tordo e pure Fraser finisce col fare una fine magra, precipitando in un fosso nella miniera. Lomax, a sua volta, dopo aver coltivato a lungo la vendetta ed essere giunto a un passo dalla vittoria, morirà banalmente a causa di un crotalo durante il recupero della grana: la tipica giustizia divina sempre molto presente fra le pagine della saga. E Tex? Proprio la poca incisività dei nostri, rappresenta il punto debole dello scoppiettante episodio. I due rangers, si limitano a un lungo inseguimento, senza interferire con gli eventi che portano alla distruzione intestina della banda. Esclusa la liquidazione di Amos Quincy e il recupero del bottino, avvenuto grazie a un provvidenziale aiuto della dea bendata, i protagonisti fanno ben poco; ricorda vagamente la trama della storia bonelliana "Dinamite", ma lì almeno il cinese cade sotto il piombo di Tex. Togliendoli dalla sceneggiatura, la storia avrebbe funzionato lo stesso e questo fattore non è positivo in un episodio di "Aquila della Notte" secondo il mio punto di vista. Palese l'omaggio dell'autore agli spaghetti western di Sergio Leone e non è casuale che le fattezze di Fraser ricordino vagamente (per usare un eufemismo) il famoso attore Van Cleef. Un grosso rimpianto la prematura morte di Giolitti che ci impedì di vederlo più spesso sulla saga, una volta arruolato da Sergio Bonelli agli inizi degli anni '90. I suoi disegni sono strepitosi e lo stile fatto apposta per il genere western! Sfondi da urlo, un panneggio eccezionale, il migliore visto sulla saga fino allora (solo Villa tiene il passo su questa caratteristica), la grande capacità di far "bucare le vignette" e dare l'impressione al lettore di poter respirare la polvere del deserto e sentire l'odore del legno marcito delle costruzioni in rovina. Peccato solo per la "strana" rappresentazione di Tex, che appare molto invecchiato e poco idoneo con lo standard grafico del personaggio, ma visto l'elevato livello del resto, gli si perdona facilmente questa lieve debolezza. Il mio voto finale è 7

  10. On 4/9/2018 at 18:14, Condor senza meta dice:

    "La congiura" fu una delle prime storie di Tex che lessi nei primissimi anni 90 e contribuì a farmi innamorare perdutamente della saga dell'intramontabile Ranger. Rappresenta a mio avviso un connubio pressoché perfetto fra una sceneggiatura avvincente (il Nizzi di quel decennio aveva raggiunto il suo apice creativo che gli permetteva di sfornare ottime storie in serie) e i disegni magistrali di Villa, che nonostante la giovane età, dimostrava già un talento straordinario. La trama molto avvincente riprende vagamente il canovaccio della celebre "Lotta sul mare", con una prima parte ambientata nella turbolenta San Francisco dove, fra scazzottate con cinesi, pedinamenti, polizia corrotta, spionaggio e la liberazione del vecchio Drake da Alcatraz, non ci si annoia di certo, per poi concludersi con l'inseguimento sul mare per la liberazione del capitano Devlin, rapito e vittima di un losco complotto. Nizzi in grande spolvero tiene alto il ritmo della narrazione con ottimi dialoghi, colpi di scena e buona caratterizzazione dei personaggi. Eccellente l'espediente di recuperare Barbanera, anzi mi chiedo come mai si sia atteso quasi trent'anni prima di ipotizzare un ritorno di un simile personaggio fra le pagine della saga. Le tavole di Villa, come accennato prima, sono delizia per gli occhi. La sequenza della fuga da Alcatraz rasenta la perfezione, le scene marinare non fanno rimpiangere le mitiche tavole di Galep. Che dire poi delle tavole relative alla caccia alla balena o allo sbarco sulla costa canadese per la liberazione di Devlin: pura poesia in punta di pennino!

    Fu il mio primo commento che scrissi sul Forum e mi accorgo di non aver reso palese la votazione. Provvedo subito. Il mio voto finale è 10

  11. <span style="color:red;">22 ore fa</span>, Barbanera dice:

    ma, soprattutto, una simbiosi tra i due pard, tra Tex e Carson che il miglior Nizzi riusciva a rendere in modo perfetto...

    Due esempi: il dialogo tra le menti dei pard durante la partita a poker...splendido

    oppure quando Carson vorrebbe ammirare da vicino la bella Nadine e Tex gli chiede "E cosa le racconterai per ammaliarla?le fiabe del nonno" :D:lol: splendido

    Perfettamente d'accordo. Nizzi fin dalle prime prove, crea un rapporto speciale fra i due pards. Un'amicizia solida e preziosa più del diamante. Come reciterà Sam Brennan nell'albo seguente: "Di amici così s'è perso lo stampo! 

     

    <span style="color:red;">11 ore fa</span>, Grande Tex dice:

    Il centenario  seguente è  forse quello con meno origliate nizziane, e salvo un paio di storie Carson non è  mai una macchietta. Direi che la tua definizione si adatta più al centinario 500 600.

    Hai ragione Grande Tex, erroneamente ho citato il centenario 400-500, ma realmente intendevo alludere a storie più recenti. Gran Matusalemme ballerino, la senilità avanza. :D

  12. Storia che presumibilmente fu concepita senza grandi pretese; un riempitivo, ma di gran classe! 

    Nizzi, raggiunto l'apice creativo, sfornò un episodio molto gradevole e divertente, ambientando nuovamente l'azione tra gli acquitrinosi canali della Louisiana (a distanza di pochi albi dalla precedente escursione dei nostri nei dintorni di New Orleans). Il soggetto prende spunto dalla tradizionale guerra tra compagnie fluviali, con una banda di inafferrabili pirati del fiume che, destabilizzando le concorrenti, fa il gioco del bieco Coleman, che conta di rimanere padrone incontrastato dei trasporti sul Mississippi. Come al solito, l'intervento deciso di Tex e Carson, convocati da Mc Parland nell'occasione, farà tramontare i progetti criminali del villain e contribuirà a ristabilire la giustizia. L'ambientazione, la presenza di Mc Parland, le sparatorie sui battelli, le carte da gioco rilasciate sulle vittime, ricordano vagamente la celebre storia "L'asso di picche" composta da G.L. Bonelli sul primo centinaio. Nella sceneggiatura di Nizzi non mancano né l'azione, né  siparietti ironici. Molto ben riuscita la scena dell'assalto dei nostri al covo della banda di Matieu nel cuore della palude, nei pressi del battello arenato in disuso. Una sequenza ben scritta, che si legge ben volentieri, con i due pards in forma strepitosa. Ottimi i dialoghi e la carrellata di personaggi che sfilano tra le pagine, ognuno con una ruolo ben definito e funzionale alla trama. Forse manca quel pizzico di originalità e qualche colpo di scena a effetto, ma tutto sommato sono sottigliezze. Non posso esimermi dal notare il primo insorgere di due debolezze nizziane, che nell'episodio in questione incidono poco, ma diverranno zavorra nelle storie del centenario seguente: la presenza risolutiva dell'origlione di turno, e l'eccessivi brontolii di Carson che rischiano di sconfinare nella fifa. La prima origliata la fa il bandito sul battello che scopre subito il bluff dei rangers in merito all'abbandono delle indagini e gli permette di organizzare l'agguato. Molto più importante come snodo narrativo, quello del vecchio Mac, che serve praticamente sul piatto d'argento la soluzione dell'enigma. Azzeccata la scelta di Blasco ai disegni. L'artista spagnolo, ciò che paga in resa anatomica dei personaggi, lo recupera con ottimi sfondi e splendide scene fluviali, fra battelli e liane. Mi par di aver scorto pure un ritocco redazionale apportato da Galep in un viso di Tex verso la fine dell'episodio, oltre ai consueti interventi di Monti, ma potrei pur sbagliarmi. Molto carina la caratterizzazione grafica di Nadine, Blasco d'altronde se la cavava abbastanza bene nella realizzazione di affascinanti fanciulle, peccato che incappasse pure lui nella trappola della ripetitività di fattezze, tanto è vero che a memoria, mi sembra di ricordare che in "Topeka", Molly venne disegnata come la gemella della fascinosa complice dei pirati del teschio. :D Il mio voto finale è 7

  13. Una delle più ricorrenti scelte narrative di Nizzi, fu quella di ripescare per le sue sceneggiature personaggi (Gbonelliani e non) già apparsi sulla serie. Nell'epoca in cui si accingeva a dare alle stampe l'episodio in questione, aveva già rispolverato in rapida sequenza nel giro di poche decine di albi, antagonisti del calibro del Carnicero, Proteus, Manuel Pedrosa e a breve avrebbe ridato lustro al capitan Barbanera. In tempi più recenti l'abitudine è rimasta, ma i risultati, purtroppo, sono via via andati scadendo. Chiusa la premessa, bisogna ammettere che optare per il ritorno di Zhenda sulla serie, appare oggi come una lieve forzatura. L'orripilante strega non aveva del tutto incantato già nel suo debutto con Bonelli e Galep, e in fondo era difficile trovare uno spunto di soggetto originale che la riguardasse. Infatti, sebbene l'abile sceneggiatore riesce a tirar fuori una storia di tutto rispetto, le motivazioni che spingono ad agire il "demonio in gonnella" risultano l'esatta fotocopia della storia che la precede e lo stesso Sagua (sarà poi davvero il cognato di Tex?), torna a essere rappresentato come una personalità troppo ambigua e poco convincente a mio avviso. L'incipit è molto brillante e ricco di tensione, a me ricorda, con le dovute proporzioni, le scene iniziali della celebre storia del Diablero scritta dal grande Bonelli. Tutto sommato il ritmo narrativo si mantiene accettabile per tutto il corso della storia e molte scene meritano di essere ricordate: la sparatoria contro i mercanti di armi al soldo di Walcott a esempio o il particolare agguato alla Roccia del Corvo, con l'inusuali armi dei Sinaguas che spiazzano inizialmente i nostri. Proprio la presenza dell'ennesimo popolo primitivo scoperto per caso dai villain e divenuto complice dopo essere soggiogato, non mi fa tanto impazzire come idea, molto più caratterizzato invece l'avido Koster, che, sebbene detesti la strega, conta di sfruttarla per arricchirsi; peccato per lui che i piani finiranno contro una pallottola sparata da Tiger. Ero già a conoscenza del fatto che Nizzi, non del tutto soddisfatto delle "innocue grinte" con cui Civitelli disegnò i Sinaguas, si vide costretto a mutare il finale, invece apprendo solo adesso leggendo il commento di Ymalpas, che le vignette in flashback non sono copie delle originali di Galep, bensì una riproduzione certosina del disegnatore aretino, che riesce a imitare alla perfezione lo stile dell'illustre precedessore. Che bello questo forum, si riesce sempre a scoprire qualcosa di nuovo! :). Ritornando al finale, ammetto che delude un po', vuoi per la poca attinenza col soggetto della scena negli abissi del Gran Canyon con tanto di mostruosi varani e foresta tropicale sotterranea di Verniana memoria, sia perchè risulta troppo rapida l'arresa di Zhenda, che come giustamente fa notare pure Carson nelle ultime vignette, se la cava pure a buon mercato, in fondo. Dopo più di due albi di azione e trappole, si poteva escogitare qualcosina di meglio. Molto belli i disegni di Civitelli, forse non del tutto adatti alla tematica dark dell'episodio, ma estremamente puliti ed espressivi. Era evidente di quanto stesse raffinando il suo stile in quel periodo e cominciarono ad apparire pure i primi effetti di chiaroscuro; una sperimentazione che lo porterà con gli anni, a raggiungere una qualità grafica eccelsa. I suoi puntinati, li adoro letteralmente! Il mio voto finale è 8

     

    P.s.  In una rubrica di posta su TuttoTex, qualche anno dopo l'uscita degli albi,  Sergio Bonelli ammise una potenziale inesattezza commessa da Nizzi in sceneggiatura, quando definì pantere nere le sanguinarie belve ammaestrate da Zhenda. Qualche lettore di allora tramite lettera (come cambiano i tempi! :o)  fece notare che fosse stato più corretto descriverle come giaguari neri e l'editore, sempre molto attento alle segnalazioni, ne parlò nella rubrica e chiarì la questione, citando pure un testo specifico da lui posseduto. Un semplice pourl parler nostagico il mio, che poco influisce nella valutazione finale, ma ci fa capire come la rivoluzione copernicana di internet, abbia radicalmente cambiato il mondo e la vita di tutti i giorni. 

  14. Ogni escursione dei nostri nel grande nord, ha sempre rappresentato una variopinta girandola di emozioni, epiche avventure e divertimento allo stato puro. Anche Nizzi, giunto in piena forma creativa, non poteva esimersi di ambientare una sua storia in questi incantevoli scenari. “I predatori del grande nord” è un episodio a dir poco scoppiettante, che riesce a mantenere una nitida brillantezza narrativa lungo la ragguardevole durata di tre albi interi. Se non fosse per un finale un tantino affrettato, avremmo potuto etichettarlo come uno dei capisaldi nizziani sulla saga; tuttavia il valore rimane notevole e, a mio avviso, rappresenta, assieme al texone ”L’ultima frontiera”, la trama “nordica” migliore composta dallo sceneggiatore di Fiumalbo. L’episodio getta le sue fondamenta su un ben architettato complotto politico, atto a sabotare la realizzazione di una linea ferroviaria in Canada. Appena l’ingegnere Stanford, incaricato dei rilievi topografici dei luoghi, scompare assieme alla sua spedizione guidata da Gross Jean, il colonello Brandon non esita a convocare il quartetto completo di amici, per farsi aiutare nelle difficoltose indagini. Ha inizio così un’avventura fiume scandita da scene memorabili, ritmo narrativo serrato e deliziosi siparietti ironici, utilissimi a mantenere alta l’attenzione del lettore senza stancarlo troppo lungo la miriade di tavole. L’agguato presso le rapide del Red River e la successiva scalata da alpinista puro di Tex lungo la scoscesa rupe per sorprendere i Piedineri e rompere l’assedio, aprono una serie di sequenze e colpi di scena, davvero funzionali e memorabili. Ottima la caratterizzazione del criminale Lou Caudill, un’astuta pedina nelle mani dei congiurati che riuscirà più volte a mettere in seria difficoltà i nostri. Ma non mancano altri personaggi interessanti, anche minori, che infarciscono la sceneggiatura e si rivelano azzeccati nei vari snodi narrativi. Jean Morisse, il tirchio capitano Tanakis, il simpatico sergente Wilding, l’infido maneggione Jenkins, la povera ”cuore infranto e occhio nero” Tenera Betulla e altri che al momento mi sfuggono, rappresentano un ricco campionario di comparse ben delineate, che innalzano di molto il valore stilistico della prova di Nizzi. Un continuo susseguirsi di azione e tranelli, il tutto ben descritto da dialoghi freschi e infarcito da ottima ironia, rendono appassionante e divertente la lettura. Merita uno speciale plauso il grande Fusco che, negli episodi ambientati nel grande nord, ci sta come il cacio sui maccheroni. Il suo personalissimo tratto si presta perfettamente per gli scenari e le tematiche dell’episodio e rappresenta un autentico valore aggiunto. Curioso l’aneddoto narrato da Nizzi, che all’arrivo a Winnipeg dei nostri, confida di essersi perso per strada Tiger, infatti per parecchie tavole il povero Navajo scompare dalle vignette, senza che nemmeno il disegnatore ci presti caso; si riuscirà comunque a ovviare all’errore, giustificandone l'assenza col pretesto della sistemazione dei cavalli. Molto esilarante inoltre la scena del pestaggio di Caudill nella topaia, con un Carson ironico all’ennesima potenza e degli "avventori macchiette" da far sbellicare delle risate.

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    Anche Fusco ci mette del suo per alleggerire certe sequenze con enorme dose d’ironia: alcune voli orizzontali e piroette a mezz’aria degli avversari colpiti da Tex, sembrano uscite direttamente dalle scazzottate dei film di Bud Spencer e Terence Hill ed è innegabile affermare, che simili “caricature” grafiche strappano grosse risate in serie. Il mio voto finale è 9

  15. <span style="color:red;">4 ore fa</span>, Barbanera dice:

    A dire la verità, a fare la figura degli estremisti sono soprattutto il profeta e il nobile Yusuf, principali avversari nei primi due albi.Glb volutamente lascia avvolto in un alone di mistero fin dall' inizio la figura del Principe,che gli serve per "cucinare"un finale buonista che secondo me è l' unico possibile... Infatti,come successo altre volte,Glb dimentica nelle ultime pagine volutamente un personaggio principale (il nobile Yusuf, capoccia dell'armata del principe e avversario di Tex fin dall'inizio,scompare infatti nel finale) e lascia parlamentare con Tex e Cochise solo il Principe con un guerriero anonimo. 

     

    Giusta osservazione Barbanera, credo tu abbia colto nel segno, ma questo stratagemma narrativo mi convince poco. L'epilogo suona come una sorte di preludio a quella forma di buonismo che ha pervaso l'opera Bonelliana nel centenario successivo (vedi come esempio il finale della "Foresta Pietrificata").  

  16. <span style="color:red;">2 ore fa</span>, Barbanera dice:

    caro pard, secondo me il finale è il più giusto possibile...tre "generali", anzi tre capipopolo decidono di  parlamentare e trovano un accordo...dopo tanto sangue e tante vite sprecate nella costruzione di un sultanato nel West, il Principe Amhed capisce che perseverare nel suo folle gesto è sbagliato e porterebbe solo alla morte dei suoi uomini, senza nulla concretizzare e ottenere.

    I Tuareg non temono la morte (e GLB lo fa capire bene) ma si rendono conto che sacrificarsi è inutile,la causa è persa...e Ahmed, capo GUERRIERO  a capo di gente guerriera, dona a due capi GUERRIERI (Tex e Cochise) due simboli di pace: cosa c'è di più bello di un finale come questo??

     

    Tex vuole evitare un ulteriore bagno di sangue,e si comporta come il migliore degli uomini...grande GLB

    Appunto come sostenevo nel mio commento caro pard, in ogni giudizio o recensione vige la regola della soggettività. L'epilogo, seppur legittimo e a lieto fine, a me lascia un po' la sensazione della favoletta del "vissero tutti felici e contenti". Sia ben chiaro, da pacifista sarei felice che ogni controversia si risolvesse così nella vita, ma visto il soggetto e le ripetute battaglie che si susseguono nei due albi (unico leitmotiv della storia visto che la trama è piuttosto esile), trovo un po' troppo semplicistica la resa del principe. Il fanatismo difficilmente fa rima con buon senso e in fondo il capo Tuareg se la cava anche alla grande, visto il sangue di innocenti versato sotto il vessillo del suo utopistico piano. 

  17. Gradevole "antipasto" servito da Nizzi, prima dell'arrivo di pietanze ben più corpose e saporite. Storia breve ma alquanto piacevole, sebbene la sceneggiatura perda un po' di tono nella sessione finale. Interessante lo spunto del corpo di polizia indiana, ma la trama, a tratti molto semplice e lineare, non lo sfrutta appieno. L'episodio, scivola via senza eccessivi sussulti. Ben presto si scopre a cosa fosse dovuto l'interessamento del turpe Wolson, disposto a tutto pur di rintracciare la giovane guida Na-Ta-Wah, costretta a disertare dal forte dopo uno spiacevole episodio. Tex riuscirà a dimostrare la verità e far trionfare la giustizia, non senza qualche grattacapo iniziale dovuto all'orgogliosa testardaggine degli ufficiali di Fort Whipple. Sempre ottimi i dialoghi di Nizzi, accompagnati da una sceneggiatura efficiente. Risultano molto ben caratterizzati il colonello Moresby e il capitano Buntline, militari dalla testa ai piedi, ma disposti ad ammettere i propri errori e chiedere scusa. Un po' sottotono invece il giovane Kit che durante il colloquio al quartier generale, perde lucidità e complica i piani del padre. Wolson è il tipico malvagio vigliacco e infido, mentre non brillano per caratterizzazione i soldati Yuma ai suoi ordini: sembrano più delle marionette che si limitano ad eseguire gli ordini del villain senza alcuna remora.

    Come non citare inoltre l'azione brillante di Carson, molto autonomo e risolutivo nel finale? Eccellente la prova grafica di Monti, ormai ben calatosi nel ruolo di disegnatore effettivo della saga. Splendida la tavola con insolito vignettone verticale, con Kit che si tuffa dalla rupe per sfuggire dalle grinfie degli sgherri in divisa. Uniche note dolenti a mio avviso: la sua rappresentazione troppo matura di "Piccolo Falco" che in alcune vignette sembra quasi più anziano di Tex e la consueta ripetitività di fattezze dei suoi personaggi, che a ogni lettura danno sempre la convinzione di essere già stati visti in altre storie. Al contrario di Zaniboni, che dichiarò in una vecchia intervista di prendere spunto dai visi incontrati per strada per lo studio dei suoi personaggi, il compianto Monti forse usciva di rado o era troppo discreto per fissare insistentemente gli avventori, considerato il suo povero campionario di modelli facciali. :P  Il mio voto finale è 7

  18. Propongo un altro spunto di soggetto per questo interessante gioco:

     

    Appena giunge alla riserva la notizia del ferimento di El Morisco  in un misterioso agguato, Tex e Carson si precipitano a Pilares per sincerarsi delle condizioni del dotto amico e scoprire il movente e l'identità dei colpevoli del vile attentato. Raggiunto il brujo egiziano (in gravi condizioni ma fuori pericolo di vita), scoprono che Eusebio è scomparso. Alacremente i due rangers avviano le loro indagini, cercando di rivolgere le loro attenzioni verso eventuali nemici dello "stregone di Pilares". Ben presto però l'attività investigativa prende una svolta radicale e con sorpresa viene a galla un bandolo inatteso dell'intricata matassa. Si viene a scoprire che il vero obbiettivo dell'agguato non fosse il Morisco, rimasto ferito casualmente, bensì Eusebio. Emergono dal passato strane ombre dalla vita del taciturno e fedele servitore, risalenti ai tempi in cui da ragazzo orfano, faceva parte di una banda di rapinatori comandata dal bieco Carlos Libeiro. Il giovane Eusebio desideroso di cambiar vita, abbandonò la banda prima che i rurales la smantellassero e procedessero alla cattura del pericoloso capo dei desperados. A distanza di anni, evaso dalle carceri messicane, Libeiro (divenuto patologicamente paranoico) mette in moto la macchina della vendetta, contro colui che ritiene lo abbia tradito e si sia impossessato del bottino nascosto della banda (in realtà requisito dalle autorità messicane dopo l'arresto). Inscenando l'agguato, fa rapire l'ignaro Eusebio e lo tortura per ritorsione e farsi rivelare il nascondiglio della grana. L'arrivo provvidenziale dei nostri, sancirà la sconfitta del folle desperado e salverà la vita al malconcio amico messicano.  

  19. <span style="color:red;">2 ore fa</span>, Letizia dice:

    Peccato, speravo che te ne fossi accorto almeno tu.

    E' una sintesi molto stringata di un mio romanzo (Il figlio di Tex) che non hai letto (ecco perché ho detto peccato).

    Il soggetto è però impubblicabile così com'è.

    Ma con un paio di modifiche, uno bravo come te potrebbe tirarci fuori qualcosa di buono.

    E non è una sviolinata a fini di lucro: il soggetto è gratis.

    Se poi specifichi a Boselli che Kansas Kid in realtà è un figlio di Tex, concepito con un'altra donna prima del matrimonio indiano con Lilyth, gli fai venire il mal di testa e reputerà ancora più impubblicabile il soggetto. :P :D 

  20. Dopo più di quarant'anni spesi a scrivere storie di Tex e a far sognare folte schiere di lettori con le sue fantastiche avventure, G.L. Bonelli si apprestò a congedarsi dall'universo di "Aquila della notte". La storia in questione fu la penultima prova del patriarca del fumetto italiano sulla saga della sua celeberrima creatura e per l'occasione, decise di ambientare l'azione nel grande Nord, con il ritorno di due dei più amati coprotagonisti usciti dalla sua penna: Jim Brandon e il simpatico meticcio Gros Jean! Purtroppo il peso degli anni sul groppone si fece alquanto sentire e la trama sfornata, seppur leggibile, risulta lontana anni luce rispetto alle epiche avventure dei decenni precedenti. L'episodio, come gli ultimi composti da Bonelli, è molto breve, ma soprattutto non brilla per complessità nell'intreccio e i tempi di sceneggiatura non sono del tutto ideali. L'inizio è molto fiacco e verboso, viziato inoltre da una sequenza illogica a mio avviso: passi che Gross Jean si sciroppi migliaia e migliaia di chilometri per avvisare Tex di cosa bolla in pentola aldilà del confine, se l'azione fosse dovuta a motivi di sicurezza e per evitare eventuali intercettazioni nemiche dei telegrammi, ma che senso ha raggiungere l'Arizona, se Jim Brandon gli ha taciuto pure  i motivi della urgente convocazione? Altro aspetto che non mi fa impazzire dell'episodio, il fatto che non ci sia uno straccio d'indagine dei nostri. Tex e Carson ricevono la lista dei "cattivi" dalla spia di Jim, neanche fosse una lista di votanti a un seggio elettorale, e  in fin dei conti si limitano a menare solo le mani. Poco pericolosa si rivela la cricca di Soapy Smith; visto la scarsa consistenza dell'organizzazione criminale, i pards potevano pure risparmiarsi il prezzo del viaggio :D. Anche i disegni di Letteri sembrano meno ispirati del solito, come sono evidenti i tanti interventi redazionali per adeguare la sceneggiatura, che come già su detto, fu limata da Nizzi. Monti e non solo (in alcune tavole si scorgono più mani nelle varie vignette) si sono dovuti molto prodigare con "pecette" e china per rettificare alcune sequenze. Curioso pure il fatto che l'episodio preceda di pochi mesi un'altra escursione in Canada dei nostri in una splendida sceneggiatura di Nizzi; suppongo che Sergio non se la sentì di non pubblicare o far slittare la storia del padre, così i lettori si trovarono nell'arco di cinque albi, due avventure nel freddo Canada. Proprio l'autore modenese optò per una sorta di continuità narrativa, citando nella sua successiva trama la missione contro Soapy e co. e lo farà pure anni dopo nell'avventura "Yukon selvaggio", quasi a voler giustamente omaggiare il suo celebre predecessore. 

    Il mio voto finale è 6

  21. Considerando il suo consolidato stile, "I diavoli rossi" appare come una trama atipica di Nizzi. Un episodio alquanto breve, dal soggetto molto scarno, sebbene marcatamente western, che deve la sua discreta riuscita, a una sceneggiatura impeccabile e la variegata presenza di personaggi ben caratterizzati. Proprio le azioni e le storie di ogni coprotagonista, rappresentano il cuore pulsante dell'episodio. Lo sceneggiatore, quasi come un Boselli ante litteram, si sbizzarrisce a far recitare una folta schiera di interessanti personaggi: si passa dalla coppia di postiglioni, al malinconico ex militare, passando dal sarto galantuomo, alla dolce maestrina o all'infido rinnegato Colin Chase. Gli Apaches sul sentiero di guerra, l'assalto alla diligenza, l'assedio alla stazione di posta, rappresentano tutte situazioni tipiche del genere, tuttavia saranno proprio le sfaccettature delle sue creature a far lievitare il valore dell'esito finale. Personalmente ritengo che Boselli in seguito riuscirà molto meglio in simili schemi narrativi, tuttavia Nizzi non demerita e facendo leva su dialoghi incisivi e una coppia di ranger altamente performanti, riesce a fare il salto di qualità a un presunto riempitivo. Da citare il ribrezzo che provoca il personaggio di Bellamy, un uxoricida codardo e meschino a cui fanno da contraltare le bellissime figure dell'ex capitano Freemont e il bandito eroe Benton. Sebbene con il veleno nel cuore, devo ammettere che i disegni di Galep palesano un vorticoso calo qualitativo. Concordo con chi precedentemente ha fatto notare che la buona riuscita di alcuni protagonisti, si debba anche alla capacità di recitazione facciale che il compianto papà grafico di Tex riuscì comunque a fornire con molto mestiere, così come non sfigurano le anatomie dei cavalli, ma il resto non è all'altezza del suo standard artistico. Troppe vignette appaiono tirate via e inchiostrate con poca cura, molti primi piani risultano sgraziati, Carson troppo spesso sembra la copia di "Matusalemme" per quanto viene rappresentato vecchio e pure il viso di Tex assume troppe variazioni durante le tavole. L'affetto che mi lega a Galep e alla sua immensa arte, mi imporrebbe di non esprimere simili giudizi negativi, ma ritengo sia onesto esternare il mio reale giudizio. D'altronde rientra nelle leggi della natura che anche le rose più profumate e vellutate col tempo siano destinate ad appassire, e, in par modo, l'innato talento di un maestro, col trascorrere delle primavere, può risultarne scalfito. Il mio voto finale è 7

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