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  1. Una saga di così lunga durata, non può non evolversi e adattarsi agli usi e costumi dei lettori. Il Tex Bonelliano pionieristico e vulcanico degli esordi, sebbene occupi un posto privilegiato nel cuore degli affezionati lettori, alla fine del primo ventennio del XXI secolo rischierebbe dei apparire anacronistico e oggettivamente troppo vintage per tenere il mercato. A mio avviso il segreto dell'immenso successo della serie, sta proprio nella capacità degli autori di apportare quei dovuti ammodernamenti narrativi senza snaturare gli stilemi classici del personaggio. In questa chiave di lettura, bisogna prendere atto che Boselli stia oggettivamente lavorando bene; un compito non semplice, svolto finora con personalità stilistica e notevole coraggio in alcune scelte.
    2 points
  2. Esplorando il “nuovo mondo” di Tex Di Antonio F. Gianluigi Bonelli si teneva lontano dal Mito e dalla Storia. Il suo Tex era un semplice cowboy che era riuscito a diventare, in maniera piuttosto casuale ed imprevista, solo un “re” del rodeo. Aveva partecipato alla Guerra Civile spinto da motivazioni non troppo idealistiche e si era ritrovato una moglie indiana senza un vero perché. Tuttavia, a dispetto di degli inizi, piuttosto banali ed insignificanti, il suo Tex era diventato negli anni un autentico Padreterno, famoso nel West come infallibile ranger e autorevolissimo portavoce degli indiani. Aveva vinto a duello persino Buffalo Bill. Come fosse accaduto un miracolo di tali dimensioni, il padre letterario di Tex non si era premurato affatto di spiegarlo. E fino a quando il fumetto è rimasto un prodotto di consumo popolare e uno svago a bassissimo costo, nessuno si è mai preoccupato più di tanto di far notare incongruenze e stranezze. Tex era un uomo a posto che si era fatto da solo, un vero self-made man in tempi in cui il mito della Frontiera si alimentava di attori popolarissimi, veri eroi del Grande Schermo, quali Gary Cooper e John Wayne. Al pari di questi, Tex non aveva bisogno di una biografia che ne legittimasse la statura di eroe, rappresentando le aspirazioni e la voglia di rivincita dell’uomo comune, e vivendo esclusivamente nel presente immaginifico dei propri lettori. Man mano che il tempo passava, tuttavia, i lettori iniziarono a chiedersi il “quando” e il “perché” delle cose. E i numeri degli albi di Tex iniziarono a diventare troppi per non richiedere che vi si mettesse mano per conferire un po’ d’ordine e di linearità ad una vicenda divenuta nel frattempo leggenda. Leggenda a fumetti e leggenda editoriale, con quest’ultima che ha dato paradossalmente la spinta alla costruzione sistematica della prima. Nueces Valley, il passato prima del passato Il passato bonelliano di Tex si articolava fondamentalmente in due storie, famosissime: “Il passato di Tex” e “Tra due bandiere”, pubblicate rispettivamente nel 1967 e nel 1973. Ma ecco che dopo quarant’anni e passa di avventure e di vendite leggendarie, il retroterra bonelliano non basta più a supportare un personaggio divenuto “larger than life”. Allora Mauro Boselli, nelle vesti di sceneggiatore e curatore della collana, sente la necessità di aggiustare e aggiornare la rotta, facendo di Tex un westerner autentico e predestinato al mito. Lo fa, per l’appunto, inserendolo nella scia luminosa di una leggenda storicamente esistita, quel Jim Bridger col quale si apre e si chiude quella che è pure la più importante, in senso biografico, avventura di Tex. “Nueces Valley” intende partire dagli albori, facendo vedere tutto quello che era accaduto prima degli eventi narrati nel “Passato di Tex”, ovvero l’uccisione di Ken Willer e Tex divenuto suo malgrado fuorilegge. Mauro Boselli è un autore che ha ripreso molti temi di Gianuigi Bonelli, ma al tempo stesso ha uno stile e un intento narrativo profondamente diversi dal creatore di Tex. Sintetizzando all’estremo potremmo dire che Bonelli privilegiava sempre e comunque Tex, nella figura del quale si rivedeva in un processo di autoidentificazione, mentre Boselli è più interessato alla storia in se. Non a caso, le sceneggiature contemporanee di Tex si fanno apprezzare per le trame e le sottotrame, la vasta gamma di personaggi in primo e secondo piano, i colpi di scena sempre presenti, etc. Sono storie meno immediate e più complesse per un pubblico fattosi negli anni più adulto e smaliziato. “Nueces Valley” è costruita secondo uno schema tipicamente boselliano. Ovvero, è una storia “con” Tex, ma non proprio, a ben vedere, una storia “di” Tex. Non a caso il titolo richiama uno scenario e non si esaurisce nel più convenzionale “Tex racconta…” o “Le origini di Tex”. Qui si narrano le origini dell’eroe ma non solo. Per spiegare la natura del “Mito Tex”, Boselli ricorre alla Storia e alla Leggenda americane, come in qualche misura aveva già fatto per il suo romanzo “Tex Willer. Il romanzo della mia vita”, pubblicato nel 2011 da Mondadori. Tex Willer, secondo Mauro Boselli, è quello che si dice un predestinato. Tutti i passaggi mirabili che lo porteranno da fuorilegge a ranger a capo indiano e infine ad agente navajo non sono frutto del caso. C’è un luogo originario, bello e impossibile, in grado di forgiare la tempra. C’è una famiglia e una comunità dai valori semplici quanto solidi a delineare un carattere. Ci sono uomini d’avventura e addirittura eroi del folklore a tracciare la rotta. Se la vita di Tex, nonostante le gravi disgrazie patite sul piano personale, è stata per così dire un successo, le ragioni di ciò si trovano a monte. Vediamo come e perché. Da Jim Bridger a Tex Prima che un’epopea inizi, c’è sempre un antefatto da narrare. E il “bing bang” nel nostro caso non coincide con la nascita dell’Eroe, ma con la marcia di alcune carovane di coloni verso una valle ancora selvaggia e spopolata, nella Repubblica del Texas, anno 1838. E’ il West nella sua fase primigenia, in cui a spiccare è la figura del “mountain man”, l’esploratore, il cacciatore di pellicce. Compaiono due personaggi che entrano di diritto e per primi nella storia di Tex. I primi di una lunga lista di figure inedite che rinfoltiranno il pantheon texiano, chiarendolo e delineandolo nei suoi precisi contorni e in qualche caso collegandolo ad un’altra Storia, quella con la “esse” maiuscola. Accanto al buon e giovane Jim Baker, dal pittoresco cappello munito di penna d’oca, c’è infatti un uomo che è già un eroe del West, ovvero quel Jim Bridger sulla cui vita leggendaria si scriveranno celebri canzoni del folklore western. Quando sarà bambino, il piccolo Tex conoscerà Jim Bridges e inizierà a costruire il proprio cammino sulle gesta di lui, sul mito del grande eroe capace di grandi imprese, armato di coraggio e innato spirito per l’avventura. Bridges, che nel 1838 ha pressappoco gli anni del Tex attuale (guardacaso, ma niente qui è davvero legato al caso), rappresenta il prototipo dell’eroe a venire, il primo di una lunga serie di rimandi che costelleranno la nostra saga e il più importante di questi. Soffermiamoci su questo punto perché marca un profondo distacco tra il Tex di Bonelli e quello di Boselli. Il Tex di Bonelli ha poco o nulla di storico. E’ un cowboy e le sue avventure si svolgono del West, ma nei fatti è un “uomo qualunque” che reagisce alle prepotenze e ai soprusi con un occhio nemmeno troppo velato alla quotidianità. Il West per lui è solo uno sfondo, un luogo dell’immaginario in cui il cittadino onesto può prendere a cazzotti chi gli pesta i piedi senza i lacci e i lacciuoli dello Stato civilizzato. Una visione anarcoide dell’americanismo in salsa italiana che ebbe un notevole seguito popolare nel dopoguerra. Bonelli sottolinea più volte il retroterra povero e insignificante di Tex. Il ranch paterno “non era gran che” e il nostro dimostratosi abile con le pistole e i cavalli ma incapace di scrivere una lettera o di metter su un allevamento di vacche. Allo scoppio della Guerra Civile è ancora, per sua stessa ammissione, solo “un povero cowboy” con un insuccesso alle spalle e nessun particalare sogno riguardo al futuro. Anche la sua partecipazione al conflitto è più dettata dalle contingenze che da un nobile ed “eroico” idealismo. La storia in questione è un capolavoro, cruda e drammatica come poche, ma non ha il tono epico dei grandi appuntamenti con la Storia. Al contrario, Bonelli opta per un profilo volutamente basso che potesse permettere l’identificazione dell’uomo comune con Tex. Ma è davvero possibile, oggi, paragonarsi a Mr. Willer? I coloni della Nueces Valley Dicevamo di Bridger. Il suo arrivo è fondamentale per la salvezza dei coloni da un attacco indiano e le luci si accendono finalmente su questi pionieri. Alla guida dei quali c’è un certo Maggiore Leavitt, che ricorda di aver combattuto gli Shawnee di Tecumseh “quasi trent’anni fa”, rimandando ancora indietro le lancette dell’orologio agli albori di un West situato allora “ad Est”. Se Bridger non ha tratti particolari, Leavitt è una figura caratteristica: massiccio, in tuba e basettoni imbiancati, ha un modo di fare rude, burbero, ma comunque simpatico. Quindi c’è Clark, uomo ancora giovane e impetuoso, portato a darle come a prenderle, rivelando però l’animo di una persona onesta e non di un attaccabrighe. E poi, ancora, troviamo una coppia di giovani sposi, con lei in attesa dell’imminente nascita di un bambino. Si chiamano Ken e Mae Willer e sono, come si capisce bene, i futuri genitori di Tex. Non più semplici nomi o figure anonime, magari inquadrate unicamente di spalle. Hanno invece un corpo e un volto. Entrambi di bell’aspetto, mostrano fortezza d’animo e l’umiltà di chi non è abituato a prevaricare il prossimo. Aspetti che ritroveremo poi nel carattere di Tex. Ken mostra i tratti fieri e al tempo stesso pacifici dell’uomo dall’animo nobile. Mae, i lineamenti dolci e lo sguardo velato di malinconia di chi è purtroppo destinato ad una breve quanto sfortunata vita. Particolari da tenere d’attenzione per comprendere appieno il personaggio di Tex. Il primo scontro armato di questi coloni è con la tribù comanche di Buffalo Tail. L’antefatto finisce qui ed è una bella pagina western che funge da sfondo alla saga texiana. E’ il retroterra che Tex, non ancora nato, si porterà inconsciamente dentro di sé, mentre i personaggi di quelle carovane, da Leavitt e Clark ad altri di cui faremo presto conoscenza, saranno i primi esseri umani che popoleranno la sua mente e coloreranno la sua esistenza. La Nueces Valley di Bonelli si riduceva semplicemente ad un nome, ad un punto sperduto su una cartina di un Paese lontano, il famoso “Texas dei cowboys”. Grazie all’albo di Boselli, adesso conosciamo per davvero quel posto e l’insediamento umano che vi prese piede permettendo la nascita del nostro. Tex non nasce isolato, come avrebbe voluto Bonelli, desideroso in cuor suo di vedere la tabula rasa intorno al suo alter ego, ma all’interno di una comunità. Vediamo la fertile valle coi ranch ivi costruiti e la gente che si raccoglieva unita in occasioni di eventi lieti quanto spiacevoli. Come già preannunciato da Bonelli, la madre di Tex muore presto, lasciando il figlio maggiore e il più piccolo Sam privi delle necessarie cure materne. Tex perde la madre a cinque anni e lo vediamo al funerale composto, l’espressione appena triste e lo spirito già forte e virile da non cedere alle lacrime. Un ragazzo di nome Tex A questo punto la storia ha un balzo temporale di sei anni e ritroviamo Tex undicenne fare conoscenza del grande e famoso Jim Bridger. A quest’età il nostro Tex è un ragazzetto piuttosto fiero e sveglio dalla lingua pronta (“Capita, quando si cresce senza la madre!, dirà poi, ridendosela sotto i baffi, suo padre Ken). Spara al cappello di Jim Baker scambiando la sua penna per quella di un’anatra e si giustifica dell’accaduto senza un’ombra di scusa. Gli appassionati di Tex non potranno non aver immediatamente collegato l’accaduto con la simile vicenda che vide partecipi, nel dodicesimo albo della serie, il giovane Kit e il suo “padrino” Kit Carson. Tale figlio tale padre, verrebbe da dire. Uno di quei rimandi a cui accennavamo. Come Kit, anche Tex mostra in gioventù il carattere di un “impudente monello”. Di tutt’altra pasta sembra essere fatto, al contrario, il fratello minore Sam. Questa figura è stata approfondita da Boselli acquistando un peso diverso rispetto al veloce schizzo originario. Bonelli aveva dipinto Sam, da adulto, semplicemente come un uomo fortemente legalitario e dall’indole sedentaria: un allevatore. Boselli accentua la sua disparità da Tex mostrandoci un bambino che non è cresciuto abbastanza in fretta e con la scorza altrettanto dura del fratello maggiore. Sam ha un carattere più debole, più timoroso e bisognoso di una guida, laddove il piccolo Tex mostra già di avere la stoffa del leader. Nella versione bonelliana a dividere i due fratelli è fondamentalmente l’approccio giustizialista/legalitario, mentre in quella boselliana il discrimine maggiore è dato dal coraggio e dallo spirito avventuroso che caratterizza Tex a dispetto di Sam. La minore vivacità di quest’ultimo viene spiegata in virtù di una sua maggiore vicinanza alla figura paterna, a quel Ken Willer che con gli anni ha un po’ perduto l’antica spregiudicatezza del pioniere per acquisire i tratti più compassati e pragmatici di chi si è rintanato in un ranch. Al contrario, Tex sprizza vivacità da tutti i pori essendo cresciuto sotto l’ala protettiva del cowboy Gunny Bill, il tuttofare di casa di Willer, già presentatoci da Bonelli con tratti fondamentalmente identici a quelli riproposti qui da Boselli. Alla differenziazione tra Sam e Tex corrisponde quella tra Ken Willer e Gunny Bill, più serio e pacato il primo, più sanguigno e dinamico, nonostante l’età avanzata, il secondo. Ma Gunny Bill è anche, a partire dal piano esteriore, prefigurazione di Kit Carson, l’”eroe del west” che Tex riconoscerà e a cui stringerà la mano con soggezione il giorno del suo ingresso nel corpo dei rangers. Gunny Bill ha alimentato la fantasia del piccolo Tex suscitando in lui il gusto per l’audace avventura. E ad undici anni Tex troverà davanti a sé una figura di dimensioni ancora maggiori, il famoso Jim Bridges, le cui vicende si erano già incrociate con quelle della sua famiglia ai tempi dell’insediamento nel Nueces. Dunque, Jim Bridges, Gunny Bill, Kit Carson rappresentano in qualche modo le varie tappe che porteranno Tex a diventare la leggenda a noi nota e ad allontanarlo da una più comoda e meno altisonante esistenza da cowboy. Proprio ciò che sceglierà di essere suo fratello Sam, in virtù della relazione piuttosto stretta col padre Ken. Questo ci permette di dire che Tex è cresciuto con due “padri”: quello naturale, Ken, e quello “spirituale”, presente nelle figure di Gunny Bill e Jim Bridges. Sono loro che hanno posto le basi perché Tex diventasse il “tizzone d’inferno” mai sazio d’avventure che ancor oggi riconosciamo. La comunità del Nueces La Nueces Valley di Boselli non è la terra inospitale e semideserta intravvista nel “Passato di Tex”. Non uno sputo di Paese dimenticato da Dio. Al contrario è un piccolo Paradiso verdeggiante e discretamente abitato, per quanto soggetto a quelle disgraziate scorrerie che ne segneranno tragicamente il destino. Ma ciò che caratterizza lo speciale albo boselliano, a parere di chi scrive, è soprattutto l’affresco umano che ci mostra in essere una comunità, la comunità dei coloni del Nueces, entro la quale il nostro Tex si è trovato a trascorrere la prima fase della sua importante vita. Abbiamo già detto del Maggiore Leavitt, di Clark e ovviamente dei coniugi Willer. Col proseguire della storia faremo però conoscenza anche di altri personaggi, alcuni dei quali piuttosto importanti. C’è Joey, lo schiavo di mr. Clark, buon lavoratore e suonatore col banjo di minstrels shows. C’è il vecchio Lonny Nelson, una dura e apparentemente sgradevole figura, che vincerà gli iniziali pregiudizi verso i neri finendo col comperare Joey da Clark allo scopo di concedergli quindi la libertà. C’è in definitiva molta America in queste pagine e ancor più dell’avventurosa “cattle drive” lo dimostra la vicenda di Joey contemporaneamente narrata – dalla scazzottata a difesa dei suoi diritti fino alla concessione della libertà con relativa festa di popolo e musica Old Time. Joey prefigura Jethro, altro nuovo e futuro character della continuity boselliana ed è ciò che Bonelli in “Tra due bandiere” aveva toccato forse un po’ troppo frettolosamente preferendo soffermarsi su un generico rifiuto di ogni guerra. Boselli ci mostra invece qui un Tex che assorbe in ambito familiare e comunitario quei valori di eguaglianza e di tolleranza che gli riconosciamo ma di cui non conoscevamo l’origine. Infine, da sottolineare una presenza femminile in un contesto fondamentalmente maschile. Quella dell’aggraziata Edith, la ragazzina con la treccia bionda che fa gli occhi dolci non ricambiata al giovanissimo e impavido Tex, per ripiegare poi sul più disponibile Sam e infine sposarsi in un futuro che chissà se ci sarà narrato mai con un altro prestante uomo della compagnia, tale Jeremy Ross. Accanto a queste figure, già di un certo spessore, si aggiungono ulteriori comparse funzionali alla scena, come Carlos, il cuoco, i giovani cowboy Jack e Will, più un popolo senza nome che vediamo raccogliersi in momenti comunitari di una certa importanza, quali il ballo o una cerimonia religiosa. Questa comunità e questa valle rappresentano il primo mondo che Tex Willer ha conosciuto e da cui è partito successivamente all’uccisione del padre. Ed è legittimo pensare che questi uomini e questi luoghi resteranno impressi indelebilmente nella memoria del futuro ranger. Ci sarebbe inoltre da dire in merito ai vari Dick, Hutch e Rod, i primi pards di cui si circonderà Tex, ma si tratta di personaggi in evoluzione, sui quali è ancora presto consegnare una parola definitiva. Costoro, così come in seguito le figure inedite di Corbett e Jethro (per non dire, su un versante parallelo, di Clemmons, Lena e Donna) rappresenteranno il mondo di Tex anteriore all’epoca attuale con Carson, Kit e Tiger Jack presenti. Un mondo composito e ricco di sfumature, creato da Mauro Boselli, che non ribalta, ma rilancia su basi più contemporanee il personaggio creato settanta anni fa da Gianluigi Bonelli. Dalla Storia al Mito Per le ragioni elencate, “Nueces Valley” è qualcosa di più delle “origini” di Tex. E’ una ballata e un quadretto, una piccola epopea in puro stile western che riecheggia in alcuni tratti un altro capolavoro a fumetti, vale a dire la “Storia del West” di Gino D’Antonio. Come abbiamo detto, nel passato bonelliano il West si esalta in una sparatoria, perché il motivo centrale di Bonelli era quello di accostare Tex all’uomo comune, solitamente vessato, esaudendone i quotidiani bisogni di rivalsa. In quel caso il West rappresentava uno scenario, l’unico scenario possibile per cui una sorta di tribuno del popolo poteva scendere in strada e suonarle ai farabutti. Boselli ha invece calato il nostro Tex nella Storia, e al riguardo, se prestiamo attenzione al romanzo biografico pubblicato da Mondadori, si fa esplicito riferimento, per l’istruzione di Tex, nientedimeno che alla figura di George Washington! Nel “nuovo” Tex c’è dunque la Storia, ma questa deve piegarsi comunque alla Leggenda, secondo la celebre chiosa di John Ford. Il Tex di Boselli è contemporaneamente storico e mitico. Non più mera esaltazione del “common man” giustizialista, il Tex di Boselli – sulla scia di Jim Bridger – è un eroe destinato alla leggenda. C’è una sorta di passaggio di consegne fra il Tex adolescente e il maturo Bridger, laddove il primo dice: “Per me sei una specie di angelo custode” e il secondo replica preveggente: “Ah! Ah! Credimi, di me non avrei più bisogno, Tex Willer!” E lo stesso Bridger ottantenne, ma ancora arzillo, rivedendo Tex lo saluterà così: “Ho seguito la tua carriera, ragazzo mio! Fuorilegge, Ranger, Agente indiano… ti avevo predetto che ti saresti fatto un nome, alla Frontiera!” Le parole dell’antico Mountain Man si sono alfine avverate. La ballata di Jim Bridger sfuma nella canzone di Tex Willer. Suonala ancora, Mauro, verrebbe da dire.
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  3. Ma no, borden, non fraintendermi: da te non pretendo l'impossibile... anzi, non pretendo proprio nulla: semplicemente, se scrivi belle storie sono soddisfatto e direi che ciò accade, quindi tutto a posto. Dicevo soltanto che questa biografia narrata nei dettagli, con molteplicità di rimandi, molteplici inserzioni nella storia etc., mi colpisce meno la fantasia rispetto alla scarsità di dati che si aveva un tempo. Ma mi piace comunque. Un ottimo esempio secondo me è proprio "Vivo o morto": segue da vicino "Il totem misterioso" ricalcandone alcune parti, quindi ha molte cose in comune con esso; anzi, è quasi la stessa cosa, ma con diverse parti nuove che, pur senza cambiare una virgola di quanto già scritto, lo illuminano in maniera diversa. La scrittura e la sensibilità che ci sono alla base sono diverse rispetto all'originale; però le emozioni che si provano sono quasimente le stesse (a me è sembrato di tornare bambino quando leggevo i primi numeri di Tex)... e, al tempo stesso, il risultato finale è qualcosa di nuovo e sorprendente. Insomma, un'operazione molto complessa e sfaccettata, che secondo me proprio nell'accostarsi all'originale e nell'essere diversa ha i segreti del proprio successo. Non pretendo l'impossibile, borden... ma in effetti credo che tu lo stia facendo, perché il modo in cui stai mandando avanti la saga è qualcosa di incredibile e inimmaginabile fino a solo dieci anni fa. Preferisco il Tex venuto dal nulla di GLB, ma anche il tuo Tex pieno di corrispondenze, rimandi e simmetrie mi piace: è il prodotto di un successore che manda avanti l'opera del creatore non ripetendola pedissequamente, né tradendola, ma ampliandola dall'interno; che credo essere la cosa più bella e più giusta che possa fare il depositario di un'eredità e, in fin dei conti, è proprio ciò che rende gli eredi tali e non dei semplici epigoni o delle copie in sedicesimo. Come vedi, non c'è nulla di illogico e irrazionale in ciò che provo. Sono riuscito a spiegarmi meglio, adoperando qualche parola in più?
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