Prima di rileggere questa storia mi sono chiesto se davvero mi andava di farlo.
Ricordavo, infatti, che le scene iniziali, quella in cui i due nativi sono costretti a salire sul carro bestiame e quella in cui, ormai intrappolati, vanno incontro allo loro triste sorte, mi hanno sempre provocato disgusto, rabbia e impotenza.
Lo so: di ingiustizie è pregna l'intera saga di Tex. Ma, forse per i disegni evocati i del mai troppo rimpianto Vincenzo Monti, la vicenda raccontata ne Il testimone mi ha toccato particolarmente.
Alla fine ho preso in mano i tre albi e ho riletto, assaporando nuovamente il fiele di quei tre sentimenti. Li ho sentiti ancora più forti, giacché a 40 anni ho la consapevolezza, che da adolescente forse ancora mi mancava, che i pregiudizi razziali sono ben radicati anche nella società in cui viviamo e che lo sviluppo economico si nutre sempre del sangue dei più deboli.
A parte le riflessioni sociologiche, la sceneggiatura è pienamente nizziana: Tex è poliziotto, più che giustiziare, e l'azione cede il passo ai ragionamenti e all'analisi. Eppure la scrittura è potente ed è valorizzata dagli splendidi disegni.
Come è stato scritto già prima, Billing è il personaggio centrale della narrazione. In lui possiamo riconoscere l'uomo debole, indotto - come purtroppo nella vita può capitare a chiunque - a perseguire il male e incapace, pur pieno di rimorsi, di redimersi.
Gli antagonisti ci fanno schifo. Eppure, sappiamo benissimo che la civiltà in cui viviamo passa anche attraverso tanti, troppi episodi storici non troppo diversi dal massacro degli indiani, che tanto ci ripugna.
Alla fine, Tex e Carson fanno giustizia. Ma il villaggio del Pawnee è stato ormai cancellato, Nachite e Labbro Tagliato sono morti, Ke-tah si è vendicata, ma ha perso comunque l'uomo della sua vita.
Al fumetto assegno il voto 9, ma lo ripongo in libreria e non so se avrò mai voglia di rileggerlo nuovamente.