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Francamente mi sorprende questo gorgo di polemiche su Ombre di morte. Viene rinvenuta una storia inedita di Gian Luigi Bonelli, incompleta ma provvista dei disegni di un grande artista come Tarquinio. La storia non è evidentemente pubblicabile sulla serie regolare. Non solo è incompleta, problema a cui si potrebbe rimediare, come in effetti si rimedierà. Ma i disegni, a quanto scrive chi ha visto il volume, non sono in linea con gli standard del Tex di oggi (valutazione che, ovviamente, non attiene alla qualità del disegno, ma solo alle sue caratteristiche). Ancor più, la storia presenta degli elementi che la rendono eccentrica rispetto alla continuity (blanda, ma esistente) che si è venuta a formare in mezzo secolo di storia del ranger. Che si fa? Si rimette tutto nel cassetto? Che spreco! Si corregge e si completa Bonelli, affidando i disegni dell'intera avventura a un altro disegnatore? Scelta possibile, ma che cancella proprio quello che rende straordinario il ritrovamento. Ecco allora che la Bonelli decide di pubblicare in volume speciale, fuori serie, sceneggiatura originale e tavole (cui viene aggiunto il lettering; scelta legittima, ma così come sarebbe stato legittimo - e forse anche filologicamente più corretto - pubblicare le tavole senza lettering). Il volume si rivolge, evidentemente, non alla generalità dei lettori di Tex, ma a un nucleo di appassionati che non vedono l'ora di studiare - o semplicemente gustarsi - come il grande vecchio sceneggiava le storie del nostro eroe preferito. Tale scelta penalizza gli "ordinari" lettori di Tex? Certo che no, visto che si trova regolarmente in edicola tanto la serie ordinaria, tanto Tex Willer, a cui si aggiungono - in questi mesi - il Cartonato di Civitelli, il Maxi, il Color e perfino un Magazine straordinario. E allora perché tutte queste critiche? Non sarebbe stato piuttosto criticabile l'ipotetica scelta di pubblicare sulla serie ordinaria di una storia monca e datata, o - secondo un'altra possibilità - una storia di GLBonelli platealmente adulterata? Attenzione, allora, che il nostro amore per Tex non diventi un amore tossico.
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I disegni saranno anche un po' così, ma a me ha dato più soddisfazione leggere questo maxi che non affrontare La cavalcata del destino oppure l'eptalogia di Mefisto. I quattro pards in un western classico, ma con più linee di interazione tra i personaggi che si intersecano tra di loro. E, soprattutto, questa volta fortunatamente non ritorna nessuno
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Nella recensione che ha preceduto questa ho stroncato l'albo celebrativo scritto da Boselli e disegnato da Villa, che, a mio parere, è stato uno spreco dell'arte che il copertinista di Tex ha dispensato a piene mani. Mi è dispiaciuto fare una valutazione così dura, perché non solo stimo Boselli come autore e come curatore, ma anche perché tutti possiamo agevolmente apprezzarne l'amore per Tex e la passione che lo anima. Sono, allora, proprio contento di poter valutare quest'ultima storia di Tex Willer favorevolmente, dicendo che è perfetta. Perfetta, si badi, non un capolavoro. Che intendo dire? Che mentre L'agente federale è una storia che rimane fortemente impressa nella mia memoria, quest'ultima rientra tra le tante belle avventure di Tex Willer. Però, mi pare che in questa storia sia tutto giusto: il soggetto interessante, la sceneggiatura avvincente, i tempi calibrati (non mi sembra, in particolare, che l'ultimo albo sia affrettato); con quella chiosa finale che mi ha strappato non un sorriso, ma una sonora risata. Ecco, Boselli ha mostrato come, utilizzando con consapevolezza e maestria i ferri del mestiere, possano venir fuori tre albi a cui non si può muovere alcun appunto. Menzione a parte per i disegni di Gomez, che sono semplicemente straordinari, qui ancor più che nel cartonato.
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Tutti i quattro Vangeli raccontano dell'unzione di Betania. Una donna si avvicina a Gesù, rompe un vaso d'alabastro e lo unge con una rilevante quantità di costosissimo olio di nardo. Il gesto ha un significato profetico - anticipa l'unzione funebre di Colui che presto sarebbe stato crocifisso - e teologico - l'olio viene offerto, "sprecato" proprio come presto Gesù avrebbe offerto, "sprecato" la sua vita in Croce -. Ma per chi ha guardato la scena con occhi umani, prosaici, il gesto è stato uno spreco bello e buono: come osserva l'Iscariota, vendendo il profumo si sarebbero potuti ricavare trecento denari, con cui aiutare i poveri. Ecco, passando alle nostre parva res, l'albo n. 755 mi ha richiamato alla mente l'unzione di Betania. Ma, trattandosi di fumetto, e quindi di cosa profana, questa unzione l'ho vista con gli occhi dell'Iscariota. Disegni fenomenali, un'ottima colorazione, l'emozionante sogno di Tex, la beffarda fine del senatore. Tutto sprecato, per una storia tutto sommato inconsistente, che ricorderò solo per l'inopinata risurrezione di Higgins. Risurrezione, sì, perché, per le mille ragioni già illustrate da @Exit, @Diablero, @Leo e ancora altri, Higgins era morto, anzi non poteva non essere morto nel deserto. Risuscitato da @borden, ma per fargli fare cosa? Ripetere stancamente quello che già aveva fatto negli albi passati (cosa che, invero, sta accadendo un po' troppo spesso ai personaggi redivivi). E scappare da Tex, che però nemmeno questa volta riesce a realizzare la vendetta che aveva giurato. Mi duole, mi duole veramente dirlo, ma questa storia è in tutto e per tutto sbagliata.
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La storia non è brutta, ma... ma: 1) nell'ottavo centinaio degli albi di Tex, quanti ritorni abbiamo avuto? Senza voler contare personaggi ricorrenti come Montales e Morisco, non sono un po' troppi gli antagonisti che ritornano, a volte senza tante ragioni, dal passato? 2) il duello è un elemento narrativo importante; per questo è sbagliato, a mio giudizio, inserirlo in quasi ogni storia e renderlo, così, ripetitivo. Insomma, prosegue una sequenza di storie della serie regolare che è piuttosto deludente.
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Sono capitato tra le pagine di quel forum. Francamente, mi pare che gli utenti che lo frequentano avrebbero preferito che Tex si estinguesse alla morte del suo creatore. Non capisco, però, perché continuino a leggerlo e a parlarne. A proposito di questa storia, e in particolare della frase "io non ho fatto quell'ingenuo giuramento", pronunciata da Kate Warne, qualche utente di quel forum ha accusato Boselli di dare dell'ingenuo a GLBonelli. Ecco, mi sembra che una simile conclusione sia frutto o di ingiustificata acrimonia e malafede nei confronti di chi si assunto il compito di regalarci ancora storie inedite di Tex; oppure una scarsa dimestichezza con la comprensione del testo. Quella frase non è assolutamente rivolta al creatore di Tex; piuttosto essa ci dà la cifra di Kate Warne, donna evidentemente spregiudicata, che considera ingenui gli scrupoli di Tex. Ecco, se esistesse in carne e ossa la Kate di Boselli, probabilmente non si tratterebbe di una donna da avere accanto per la vita; ma il personaggio, invece, è interessantissimo e consente a Boselli di ampliare ancor di più il ventaglio di attori che animano il Texone. Si dice che Boselli ami ile anime grige. In realtà, qui ci propone una tavolozza di personaggi dai colori diversi: dalla persona per bene che non si fa scrupoli a uccidere il nemico; alla carogna che, però, ha ancora incubi notturni. Che poi la storia umana sia stata sempre ricca di persone (uomini ma anche donne) pronte a tutto per raggiungere il loro obiettivo, che hanno spregiudicatamente concesso il loro corpo per gli scopi che si prefiggevano (ricchezza, potere o, come nel caso in esame, informazioni) è dato innegabile. Kate appartiene a questa categoria. Non è come Tex, e proprio per questo la sua presenza è interessante. Venendo al sodo, si tratta di una belllissima opera dello sceneggiatore e del disegnatore, che merita, salvo approfondimento a seconda lettura, un risultato ampiamente positivo, direi 9.5. Splendidi i disegni.
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A parte l'improponibile sequenza del processo, che non è credibile nemmeno con il più grande sforzo di sospensione dell'incredulità, la storia è leggibile. Anzi, è preferibile a quella precedente, che tanto mi ha annoiato che non ho avuto nemmeno la voglia di commentarla. Solo che questa storia in due albi va a legarsi a una vecchia storia, di cui altera il finale al solo scopo di riproporne il modello. Un'operazione francamente incomprensibile, visto che il modello di narrazione si sarebbe ben potuto riproporre senza scomodare quei personaggi e quella storia. Ciò rende la valutazione della storia negativa. I disegni, molto ispirati dal tratto di Civitelli, non mi sono parsi malvagi.
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Valutazione ampiamente positiva per questo albo. Molto interessante il rapporto che si instaura tra Tiger e Astrid. Viene sviluppato in poche pagine, ma delicate e dense di significato, tenuto conto che l'episodio si allaccia a Furia Rossa. Asciutta, e proprio per questo emozionante, la scena in cui i pards mescolano il sangue. Come è stato già detto, Tex, Tiger e Kit sono già fratelli, ma è bello che vogliano suggellare anche simbolicamente questo legame già esistente tenendo a mente il bene di Piccolo Falco. Font, come è emerso, è stato costretto a un lavoro rapido. Ma se ne è rimasto penalizzato il tratto, a volte molto asciutto, rimane la capacità di far recitare i personaggi in scena, che rende comunque gradevole il comparto grafico. Splendida, per testo e resa visiva, la tavola che riasume un caposaldo della saga, e cioè Furia Rossa
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Mi risulta più facile recensire una cattiva storia che una riuscita bene. Quindi, ho ben poco da scrivere su questa appassionante vicenda, valorizzata da una sceneggiatura vivacissima ma equilibrata e disegnata impeccabilmente da De Angelis. Probabilmente si tratta, insieme a l'Agente Federale, della storia più bella pubblicata su Tex Willer; e, pur senza sminuire la splendida Pearl, il racconto più riuscito dell'ultimo biennio. Complimenti a Boselli e a De Angelis! Giusto a chiosa, sulla polemica circa Tex che lascia Querquer alla vendetta di Cochise, la scena non mi ha punto disturbato. Come è stato da più utenti osservato, Tex non era nelle condizioni di intervenire: un autorevole capo indiano, più anziano e suo fratello di sangue, era fermamente intenzionato a fare giustizia dell'assassino del padre, uno schifoso scalpatore di donne e di bambini. Ovviamente, era intenzionato a fare giustizia secondo i suoi parametri culturali, che pretendevano una lenta agonia. E, se anche oggi la cosa ci appare un orrore, una giusta prospettiva storica ci evidenzia che sino al 1828 la legge inglese prevedeva che i traditori venissero sottoposti alla pena dell'hanged, drawn and quartered (trascinati legati a un cavallo sino al patibolo, impiccati, decapitati con la spada e squartati). Più in generale, giustizia e vendetta erano due concetti che - soprattutto lontano dai circoli intellettuali europei - ancora si confondevano. Dunque, Cochise voleva (e doveva, nella sua prospettiva) far soffrire il proprio prigioniero, per retribuirlo delle sofferenze provocate. In questo contesto, cosa avrebbe dovuto fare il giovane Tex, che è uomo giusto, ma che - come mi pare che si possa affermare - intende anch'egli la giustizia come retribuzione per il male fatto? Uccidere egli stesso Querquer, privando il suo amico e protettore di quello che questi riteneva essere un suo diritto? Ergersi su un piedistallo culturale e stigmatizzare le barbare intenzioni del capo Apache? Mi sembra piuttosto ridicolo, tanto più che in alcune occasioni Tex ha inferto ai propri nemici una pena dolorosa e angosciante, sia pure solo sul piano psicologico (penso soprattutto a Fraser e a Brennan). Più seria è l'obiezione di chi afferma che l'Autore avrebbe potuto evitare di porre Tex in quella situazione. Ma, a mio avviso, tale obiezione vale solo se si affermi che la fine di Quarquer, nell'ecosistema culturale in cui opera il nostro eroe, è ingiusta. Se invece accogliamo una concezione retributiva (che non ci appartiene culturalmente come italiani del XXI secolo, ma appartiene al mondo di Tex), ecco allora che non c'è alcun problema se il nostro giovane eroe è presente, pur rattristato, alla fine del criminale.
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[728/729] Una colt per Manuela Montoya
F80T replied to Sam Stone's topic in Le Storie dal 701 al 800
Io ricirdo che sulla vedova Alyson Diablero, interloquendo con me nel topic Retcon e continuity in Tex, aveva scritto questo: Diablero Pubblicato 12 Novembre 2022 ... Siete liberi di raccontarvi tutte le favolette che volete se può farvi dormire meglio, ma come tesi non sta in piedi. 1) Quando gli dicono che Alyson non ha chiuso occhio e si aggirava per il campo, Tex non è con Alyson. Non deve fare il "finto tonto". È con il suo fratello di Sangue Tiger Jack. Pensate che Tex debba fare moine strane e fingersi tonto... con Tiger Jack? Tiger Jack ha capito benissimo la situazione, e ha osservato la donna. È Tex, non lui, a dire che se Alyson non dorme... È PER LA PUZZA! Cos'è Tex, un bambino dell'asilo? Che si vergogna ad ammettere con i suoi amichetti che c'è una bambina a cui piace? Come toppa è peggiore del buco... Tex non sarebbe tonto, sarebbe timidissimo e infantile, tanto di vergognarsi con Tiger Jack del fatto che una donna pensi a lui... 2) Tex, ancora convinto che se Alyson non dorme è per la puzza... la ospita NEL SUO HOGAN! Cioè, Tex secondo voi "finge di essere tonto" per non dare speranze ad Alyson... E POI LA INVITA A DORMIRE A CASA SUA? In quella scena semmai Tex (agendo da tonto che non ha capito ancora nulla, nonostante quello che gli ha detto Tiger Jack) ALIMENTA le speranze di Alyson (al punto che probabilmente lei passa sveglia un altra notte, poverina, aspettando che lui torni e si infili nel letto... come può immaginare che sia davvero così tonto?) No, cito quello che scrisse Ymalpas su questa storia, che descrive benissimo quello che tutti abbiamo letto... "Perchè, diciamocelo, da questa avventura Tex ne esce scornato, facendo la figura di un coglione che di umano ha poco, e come fa notare giustamente Anthony Steffen, è un tipo chiuso e riservato, tormentato nell'anima come Tiger Jack, a farglielo notare. La figura peggiore che Tex poteva fare l'ha fatta in questa storia e sarebbe bastato poco per farla diventare quello che potenzialmente poteva essere: una pietra miliare della serie." -
Colgo la tua osservazione e la faccio mia. In altra discussione, d'altra parte, ho osservato che le mie bimbe guardano incantate Cenerentola della Disney, senza farsi troppe domande sul perché del tardivo, parziale e condizionato intervento della Fata Madrina. Dunque, affermo con forza anche io che non è giusto passare sotto i raggi x ogni singola scena di ogni singolo albo di Tex. Solo che... Solo che questo è un forum di discussione proprio sui fumetti di Tex, sicché, dopo aver valutato Pearl come una delle più belle storie dell'ultimo anno, mi pareva interessante proporre due riflessioni: una sull'impostazione delle tavole della Zuccheri, una sull'uso della lingua, tema che mi stuzzica particolarmente. Ed effettivamente, le risposte che ho avuto mi faranno riflettere su quest'ultimo tema, perché da una parte si afferma che l'italiano non sia sufficientemente versatile da consentire la traduzione dell'espressione Dime Novel; dall'altro, si sostiene - non senza ragioni - che la capacità dell'italiano di contaminarsi con parole provenienti da altre lingue sia uno dei suoi punti di forza, non a caso utilizzato da un Maestro della scrittura come GLBonelli. Prima di tacermi, rinnovo gli apprezzamenti per il bell'albo che ho letto; apprezzamenti che, evidentemente, non sono riuscito a esprimere con adeguato rilievo.
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Emersa la mia ignoranza sul genere Dime Novel, in realtà rimane la sostanza della mia (del tutto trascurabile) osservazione. Possibile che l'espressione non fosse traducibile in italiano? Comprendo la volontà di Boselli di essere il più accurato possibile, ma Tex è una saga italiana, fatta per essere primariamente letta in Italia. Ciò è tanto vero che il nostro eroe parla in italiano con i texani, i messicani, i canadesi, i navajos, gli apaches... Dunque, si usa il termine generico di sceriffo, anziché distinguere tra sheriff e marshal; si parla di tenente, e non di first liuetenant; conosciamo Toro Seduto, non Tatanka Yotanka. Certo, poi di recente c'è un albo di Tex Willer dedicato agli scalphunter, anziché ai cacciatori di scalpi... P.S. - A scanso di equivoci, ritengo che conoscere più lingue sia una enorme ricchezza umana e culturale, ancor prima che professionale. Mi informo quotidianamente dai siti di informazione angolosassoni, cerco di leggere libri e guardare film e serie TV in lingua originale, maneggio l'inglese sufficientemente bene da fare esperienze lavorative all'estero; inoltre, ormai adulto, ho deciso di riprendere a studiare seriamente il francese. Quindi, ho la presunzione di ritenere che la mia osservazione non sia dovuta a una sciocca idea di superiorità linguistica dell'italiano...
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Ho letto Pearl immediatamente dopo la sua comparsa nelle edicole, ma non avevo ancora avuto modo di commentarlo. Ritengo che sia, valutato complessivamente per soggetto, sceneggiatura, disegni e colorazione, una dei più begli albi degli ultimi anni. Mi è piaciuto molto l'accento su Tex e Carson come uomini giusti, piuttosto che come poliziotti efficienti; altrettanto apprezzabile e il lavoro di introspezione psicologica che, pur nel limitato numero di pagine, è stato fatto sui personaggi. Se proprio volessimo fare qualche appunto, visto che qualcosa si deve pur scrivere, non mi è piaciuto l'uso dell'espressione "Dime novel", cui avrei preferito, nel contesto in cui è adoperata, "Romanzetti rosa". E mi sarebbe piaciuto che il disegno della Zuccheri fosse meno ingabbiato.
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Se la memoria non m'inganna, ricordo di aver letto su questo forum che GLB mise mano al passato di Tex dietro insistenza del suo editore/figlio. Se così è, negli albi che sto commentando mi pare che si possano leggere i segni di una mancanza di coinvolgimento dell'Autore nella vicenda, pur drammatica, da lui inventata. A parte alcuni aspetti che ben si potrebbero considerare errori, come i sei razziatori che divengono cinque, o il vaso di fiori su cui viene attirata la nostra attenzione senza che lo spunto venga poi adoperato (1), quello che mi ha colpito negativamente è l'insolita unidimensionalità dei sentimenti di Tex: a fronte dell'uccisione del padre e del fratello non mostra mai dolore o nostalgia (che invece vediamo chiaramente nell'altro - assai migliore - tuffo nel passato rappresentato da Il giuramento); piuttosto, Tex è rappresentato solo come spietato vendicatore, cosa che è, ma non esclusivamente. In sostanza, la mia opinione è che si sia trattata di un'occasione tutto sommato sprecata. Aggiungo che forse i lettori di GLB non erano critici spietati come noi utenti di questo forum, altrimenti questa storia sarebbe stata fatta a pezzi ben peggio di come di recente accaduto ad alcune storie di Boselli e Ruju (1) In passato si è discusso della validità dell'assioma per cui "se fai vedere una pistola nel primo tempo, nel secondo tempo quella pistola deve sparare". Almeno in questo caso, però, per come è costruita la scena, quell'assioma è per me senz'altro valido.
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Un antagonista, Artiglio d'orso, decisamente memorabile; Kit Carson che non è il vecchio lamentoso e un po' ottuso raccontatoci in tante avventure, ma un uomo affascinante, coraggioso e possente; dei disegni maestosi, con personaggi che recitano in maniera credibile. Che altro chiedere a un fumetto? io promuovo con buon voti la storia di Ruju e Mastantuono. Poi, certo, qualche difetto c'è. In particolare, il Tex di altre epoche se ne sarebbe infischiato di estorcere con l'inganno la confessione di mister Warberg, ma lo avrebbe punito direttamente; inoltre, qualche scena, anche il duello tra Kit Carson e Kircher, è forzata. Ma, dopo diversi anni di frequentazione di questo forum, che tanto mi ha arricchito come texiano e - più in generale - come lettore di fumetti, mi sto chiedendo se l'esame critico di ogni minuzia mi renda un lettore più consapevole e felice, o semplicemente non finisca per rovinarmi il piacere della lettura di Tex. Certo, ci saranno storie più efficaci (e questa, a mio parere, è un storia efficace) e storie che mi prendono di meno (così come a lunga saga di Mefisto); continuerò a rilevare implausibilità, errori di sceneggiatura e di disegno. Ma, come ho scritto in altro post, non mi sembra sensato impiegare il mio tempo a criticare la misura delle scarpette di Cenerentola