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Leo

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Messaggi pubblicato da Leo

  1. Io trovo che questa sia tutto sommato una buona storia, nonostante la pensi come Don Fabio sulle storie brevi (le storie di un albo difficilmente possono raggiungere vette elevate).

    Non ci vedo un Nizzi svogliato, ma un autore esperto di gialli che, una volta tanto, e per lo spazio esiguo di un albo, ci ha proposto una trama gialla e non western. Non è western perchè l'azione, come avete detto in tanti, è praticamente assente, e anch'io mi chiedo, come Carson00, che senso avesse qui la presenza di Carson: ad esempio, qualche giorno fa ho letto "Pioggia", e qui, nonostante la brevit? della storia, a mio parere il Vecchio Cammello ci sarebbe stato benissimo. In questa storia, invece, è poco più di un orpello: o gli si fa fare qualcosa in più, oppure (sia pure con mio rammarico) è meglio lasciarlo a casa.

    E' un giallo discreto, anche se è vero che colpevole e arma del delitto sono abbastanza scontati. Il suo punto di forza è probabilmente l'ouverture, con i pochi abitanti del paese asserragliati nel saloon, terrorizzati dai recenti inspiegabili avvenimenti e dalla maledizione del vecchio indiano. In questa prima parte, anch'io come Pedro Galindez, rivedo molto de La miniera del terrore, storia ovviamente di ben altro spessore rispetto a questa.

    Tirando le somme, è una storia che si fa leggere bene, un buon riempitivo, senza ambizioni ma senza dubbio onesta.

    Sul capitolo disegni: le parole di Don Fabio mi fanno riflettere molto, perchè avrei potuto scriverle io qualche anno fa. Anch'io, pur trovandolo tecnicamente perfetto, non venivo "scaldato" da Civitelli: più da Piccole Donne (come mi pare abbia detto da qualche altra parte lo stesso Don Fabio) che non da West. Al bianco "freddo" di Civitelli preferivo il nero sporco e "puzzolente" di Ortiz, Fusco, Ticci o Font, o il tratto morbido e caldo di Marcello. Da qualche anno a questa parte, invece, Civitelli mi emoziona: le espressioni dei suoi volti sono parlanti, i suoi paesaggi, sè perfetti e puliti, sono anche stupendamente scenografici nel loro realismo.

    Storie come Il Presagio, La Grande Sete e La Cavalcata del morto le ricordo anche per il suo determinante contributo.

  2. Qualche giorno fa ho finito di leggere La Maschera dell'Orrore, da cui ho tratto grande soddisfazione. Tanta azione, situazioni ben congegnate, paesaggi naturali mozzafiato, una girandola di personaggi riusciti (Gil Baron, l'agente indiano, lo stesso trippone Bennett). Di quest'ultima storia si possono dire più o meno le stesse cose, ma, nonostante tutto, la sua lettura mi ha lasciato più freddo. Quoto Paco per le sue parole su Colter e sull'umanit? di Tex, ma, a parte questi aspetti, ho la sensazione che qui gli autori fossero un po' appannati: i dialoghi non sono freschi come altre volte, la trama si dipana bene ma non entusiasma, probabilmente manca il carisma di un avversario vero, che certo non è rinvenibile nelle abbastanza opache figure di Chambronne e di Snake Bill. La stessa cosa posso dire sul capitolo disegni: il tratto di Fusco rivela abbastanza pesantemente, a mio parere, la stanchezza dell'autore, e proprio non posso fare a meno di fare un confronto (per la contiguit? temporale di cui parlavo prima) con La Maschera dell'Orrore, dove i paesaggi di Ortiz fanno sgranare gli occhi tanto sono belli. Sia chiaro, non sto facendo un confronto tra i due disegnatori, Fusco per me è un intoccabile, ma stavolta i suoi disegni, con ancora negli occhi le vignette dello spagnolo, mi sono parsi non entusiasmanti, sfilacciati, non all'altezza del nome dell'artista.

  3. Pur non essendo un amante delle storie riempitivo, devo dire che questa mi è davvero piaciuta, e mi dispiace vedere le tante critiche che le sono "piovute" :P addosso. Innanzitutto l'ambientazione: paesino tipico del sudovest, case basse e bianche, main street (si fa per dire) unica strada del villaggio e per di più sonnacchiosa. Una banda di fuorilegge in cui, nonostante il limitatissimo numero di pagine, si intravedono almeno tre bei personaggi: il figlio del ranger, Jess e Sheldon. Dei primi due è ben delineato il rapporto d'amicizia. Prima nel dialogo tra i due in cui Evans si "confida" con Jess manifestandogli il suo desiderio di andarsene, poi con la scena in cui Evans si rammarica di dover tradire Jess, ed infine con Jess che, sentendosi tradito, scarica il suo ex amico Evans. Ray Sheldon è senza dubbio un personaggio boselliano. Un bandito senza scrupoli, che non si perita di minacciare di tagliare la gola ad una signora pur di ottenere ciò che vuole, ma anche un codardo, uno che, all'udire i primi spari, si acquatta alle pareti sperando che sia tutto finito. Significativo il suo flashback, rivelatore di una fragile psicologia tormentata dalle parole del vecchio padre, parole che evidentemente hanno fatto breccia nel cuore del figlio, senza che quest'ultimo voglia ammetterlo. E intanto aspetta, spera che sia tutto finito, ma lo attende invece l'uomo del destino, perchè prima o poi deve arrivare, come dice il vecchio, quello che spara più veloce. La vita del bandito è una vita di perdizione, alla fine della pista c'è il nulla, il suo vecchio gliel'aveva detto, lo aveva avvertito, ed ora era l', all'appuntamento con "quello più veloce": molto bello, il personaggio di Ray Sheldon. E nel frattempo, durante questa tempesta di sensazioni e ricordi che travolge il biondo bandito, un'altra tempesta, quella degli elementi, infuria l' fuori, e tra la pioggia fitta che tutto oscura, si intravede l'ombra, semi invisibile eppure netta e decisa, di un giustiziere in spolverino col collo alzato. Entr?e molto cinematografica, il nostro appare e scompare, e confonde gli avversari, già annebbiati dalla pioggia e dalla fama del loro imprevisto avversario. Il tutto, reso magnificamente da due grandi esordienti. Decisamente non mi piacciono le avventure di un albo, ma questa è una bellissima eccezione.

  4. In questa storia vi è una girandola di personaggi da far girare la testa, e ognuno di essi è essenziale nel dare una spinta alla vicenda. Ricorrere a così tanti personaggi, ed averne bisogno per far svolgere la trama, potrebbe essere indice di debolezza (e spesso lo ?), con personaggi inseriti forzatamente proprio perchè altrimenti non si sa come andare avanti: il sergente Buford, incontrato casualmente, rimanda al barista Mike; quest'ultimo, sempre per caso, ha ascoltato non visto le parole di Gil Baron; questi, a sua volta, prima di morire fa giusto in tempo a coinvolgere l'agente indiano; l'agente porta i nostri dal Teschio ma al contempo li fa cadere in trappola, poi c'è il soccorso insperato del francese che, mezzo matto, o matto per intero, accetta gratuitamente di prender parte alla missione suicida di Tex e Carson sull'isolotto del teschio... insomma, la carne al fuoco è davvero troppa e si rischia di non riuscire a cuocere tutto per bene. E invece non c'è debolezza, ma una storia ben salda che fila dritta con vigore. E la carne, tanta, è pronta per una abbondante scorpacciata, e ben cotta. Il tocco di Nizzi nella sceneggiatura è infatti davvero ispirato, la storia va avanti che è una bellezza divertendo come poche altre volte; i tanti personaggi sono come tanti attori guidati da un sapiente regista che sa ben calibrare gli ingressi in scena e i successivi congedi, e gli svariati paesaggi naturali (con un Ortiz semplicemente da paura) superbi teatri di sequenze emozionanti e memorabili. L'unica situazione IMHO esagerata è l'eccessiva facilit? con cui i nostri rapiscono il Teschio... l'identit? di quest'ultimo non era un mistero (troppi riferimenti durante la storia) ma le motivazioni sè, non erano affatto immaginabili. Storia sceneggiata magistralmente e disegnata in maniera spettacolare, è a mio parere uno dei gioielli della saga.

  5. Argento delle miniere? :blink: a me sembra che si parli di un colpo in banca. C'è qualcosa che non so sul prosieguo della trama, o che magari non ho capito?

    Dopo lo scherzo di ieri, del pappagallo impiccione, ti svelo il retroscena: la notizia è riportata a pag. 2, quella famigerata pagina con la copertina del numero successivo seguita da poche scarne anteprime, tra cui questa!
    Me l'ero persa, questa risposta... ho pensato che davvero avessi una talpa in redazione. In effetti alla Bonelli sono migliorati, eliminando finalmente le vignette spoileranti, ma ancora non sono perfetti...
  6. A me questa storia è piaciuta molto. I primi due albi sono un condensato di azione e di inseguimenti, e anche in occasione degli appostamenti infruttuosi (che rallentano lo svolgersi dell'azione) le pantomime tra i due pards non fanno calare per nulla il divertimento. La Tigre Nera è più comparsa che non reale protagonista, stavolta; eppure questa storia conferisce alla Tigre Nera altri attributi, oltre a quelli che già avevamo conosciuto alla sua prima apparizione: alla genialità, al carisma e alla follia si aggiungono la capacità di farsi amare in maniera disinteressata (l'avvenente Lohana, pur sapendo di non essere contraccambiata, lo ama "con tutta sè stessa", e lo descrive, quasi con tenerezza, "come un uomo preso dai suoi sogni... ma che con il tempo imparerà ad amarla") ed una certa fragilità (si veda la scena in cui la Tigre, prostrata dall'accesso d'ira per l'arrivo dei rangers in città, accoglie l'invito di Lohana a riposare con un viso stanco che suscita pietà e con un braccio teso dolcemente, come segno di affettuosa gratitudine, verso la spalla di Lohana): in questa scena, la Tigre prova sentimenti umani, di affetto e gratitudine, e appare stanco e pensieroso: perde la sua aura di immense crudeltà e grandezza diventando più umano. Tuttavia, i veri privilegiati nel ruolo di antagonisti primari sono i fanatici del voodo (e la sempre affascinante, misteriosa e inquietante New Orleans) che non a caso riescono a catturare Tex e Carson, e potrebbero spedirli anche all'inferno, tanto è ben architettata la loro trappola: con la complicità coatta del capitano Finnegan, aiutante dei carnefici ma vittima esso stesso, i seguaci del voodo riescono ad avere la meglio su Tex e Carson e a portarli vicinissimi alla morte, nella Laguna. La scena della Laguna, poi, è bellissima: Carson sconfortato e Tex che lo rimbrotta e lo rincuora al contempo, Carson che si affligge e Tex che gli urla a brutto muso di tirare su le gambe. "Vuoi comandare fino all'ultimo, eh?", dice Carson, che subito dopo però tira su le gambe sfuggendo agli alligatori, per poi vantarsi con Tex, riacquistando la perduta baldanza (e ironia), di essere riuscito a fregarli. Ma quanto è bella questa scena? Mi ha ricordato un po' (per le differenze, non per le analogie) quella de La legge del più forte, in cui Tex e Carson stanno per morire affogati in una vasca in cui il livello dell'acqua si alza sempre di più. Lì Tex, nonostante sembri realmente giunta l'ultima ora, sfotte Carson: "la verità è che tu sembri proprio spassartela, in questa tinozza", con Carson che risponde egli stesso in tono ironico. Lì la scena era ironica e surreale, e per questo bellissima; qui invece la sequenza è drammatica, con Tex che deve urlare contro Carson perchè questi possa riaversi dallo sconforto, riuscendovi alfine e ritrovando un po' di quella forza d'animo che sembrava ormai perduta. La scena degli zombie, invece, è un orrore (nel senso letterale del termine) ma è in definitiva talmente inessenziale ai fini della storia che la bypasso volentieri non guastandomi la sensazione di grande soddisfazione che questa storia mi ha lasciato. Civitelli semplicemente disumano.

  7. Emozionante la sequenza del confronto tra Tex e padre Clemente, tocco di classe il modo in cui Ruju risolve il dilemma di Tex sulla catarsi del vecchio bandito assassino che ora veste la tonaca. 

    Assolutamente d'accordo.
    Scena molto bella, soprattutto quando Tex, con gesto secco e deciso, blocca il braccio del frate che invece sta amichevolmente mescendogli del vino. Altrettanto bello è il siparietto tra Tex e Carson che "graziano" l'ex bandito

    Nelle pagine finali, vediamo padre Clemente prendere la sua decisione. Aiuter? Gallardo a impadronirsi dell'argento delle miniere, sarà il suo ultimo colpo, poi ritorner? al suo gregge.

    Argento delle miniere? :blink: a me sembra che si parli di un colpo in banca. C'è qualcosa che non so sul prosieguo della trama, o che magari non ho capito?
  8. Preso stamattina.

    Storia interessante perchè sorretta da un idea originale.

    Simpatico e accattivante il personaggio principale, padre Clemente. La sua redenzione ci viene presentata in qualche riga, poi Ruju ci mostra Tex inizialmente dubbioso e poco propenso a concedergli fiducia, questo per lasciare un filo di suspence per il secondo albo, anche se è chiaro che il frate è sincero e non torner? alla vecchia vita, ma è spinto a dare una mano ai vecchi complici solo dalla minaccia che incombe sui bambini. Ecco dal momento che la sua sincerit? mi pare scontata, avrei preferito che Ruju avesse dato un po' più di psicologia al vecchio bandido, specialmente nella sequenza che lo vede ristabilirsi nel monastero che lo ha accolto.

    Poco incisivi anche i ritratti di Gallardo e dei suoi uomini, caratterizzati solo dalla brutalit? che viene dipinta anche in modo forse eccessivo ( una costante dei "nemici" nati dalla penna di Ruju). Sono, in realtà, solo mezze calzette e mi è sembrato quasi surreale vedere Tex e Carson toglierli di mezzo in una manciata di pagine: sette uomini al ranch  più  altri otto al monastero (mi chiedo: troppa faciloneria in questo tiro a segno ?). Nel secondo albo ne rimangono solo sei da fronteggiare e sarà una passeggiata o forse una buona occasione per rimediare.

    Cosè, la parte finale dell'albo, con tutti quei neri seppia ortizziani, non mi è sembrata particolamente fluida. Devo assolutamente rileggermela.

    Disegni di Ortiz con le tavole pagate al Kg, unico motivo per cui ce lo ritroviamo ancora tra le mani. Ah, dimenticavo, essendo del 1932, ha compiuto da due mesi ( essendo nato a settembre ) le 80 primavere, fa parte, dunque, anche lui del club degli allegri ottantenni per cui ha tutte le scusanti!
    Gli auguro, nonostante tutto, lunga vita!

    Quoto Ymalpas.


    Ruju ci presenta sempre soggetti non banali, e non è poco. La sceneggiatura è buona, ma anch'io lamento il fatto che i cattivi siano fondamentalmente delle mezze calzette, che si distinguono solo per una bestiale ferocia e nient'altro. Sanno taglieggiare i peones (e in questo loro basso delinquere mi paiono ancor più dei miserabili, quindi non degli avversari davvero all'altezza), ma non sanno neanche organizzare da soli un vero colpo in banca, tanto che "si accontentano" della proposta di Guillermo per una rapina architettata da lui. Oltre che miserabili e incapaci di veri colpi da bandidos, sono anche degli inetti, data l'eccessiva facilit? di Tex e Carson nell' averne ragione nonostante la schiacciante inferiorit? numerica (so che questa non è una novità per Tex, ma non mi piace lo stesso vederli stravincere in così poche vignette).


    L'altra cosa che mi è poco chiara sono le fughe separate del capo dei banditi con Guillermo e quella di Cesar con i bambini: entrambi i gruppi devono convergere sul covo sulle montagne, perchè viaggiare separati? Mi è sembrata solo una scorciatoia che ha consentito a Tex di salvare i bambini consentendo comunque la fuga del gruppo di Guillermo, così che la storia possa continuare.

    Per queste ragioni ritengo i cattivi di questa storia per nulla interessanti: non sono intelligenti n° complessi. Non sono desperados, ma solo disperati e miserabili.

    Si vede che l'interesse di Ruju è tutto per Guillermo. Questo è un bel personaggio, ma anch'io, come Ym, non credo che ci riserver? (brutte) sorprese. Torna alla sua vecchia vita ma non con cattive intenzioni. Concordo peraltro con il Berna sul fatto che Tex non si accorga che Guillermo, in occasione del loro primo incontro/scontro, non è morto: mi pare una forzatura


    Su Ortiz: il disegnatore iberico è uno dei miei preferiti. Ammetto il netto calo, innegabile, ma le sue atmosfere (forse solo per affezione al passato) continuano a piacermi.

  9. Anch'io, invece, ritengo che l'esordio di Ruju sia stato molto positivo. La storia è ricca di pathos e propone un personaggio che, seppure non troppo originale (un padre folle di dolore per la morte del figlio), è gestito comunque in maniera molto felice. Trovo un po' forzato, questo sè, il ferimento di Kit, e il fatto che Loman consideri il ragazzo complice di Due Corvi: in quel momento, secondo me, Loman è sfuggito di mano a Ruju, gestito fino a quel momento in maniera IMHO perfetta. Un ranger molto in gamba che sfrutta il suo mestiere e la sua esperienza di cacciatore di uomini per una causa che nulla ha a che fare con la Giustizia, ma che riguarda il suo personalissimo desiderio di Vendetta, al fine di estinguere il lancinante dolore per il lutto più grande: la morte di un figlio. Sejias è a mio parere magistrale nel tratteggiare i lineamenti e il viso del ranger, folle ma al contempo lucido (e per questo ancora più inquietante). Finch? la sua è stata una lucida follia, a me è piaciuto molto (anche quando aveva le visioni di suo figlio: folle sè, ma lucido, dato che Loman riconosce, nel fatto di rivedere il fantasma di suo figlio, di stare impazzendo), poi, quando ferisce Kit, e più ancora quando si convince di dover uccidere anche Tex, ho storto un po' il naso: la follia da lucida passava a semplice follia, a mio parere troppo forzata, e contemporaneamente il mio interesse scemava. Resta comunque una gran bella storia, che mi ha ricordato Clint Eastwood, un po' per Mystic River (dove un padre folle di dolore per la morte della figlia uccide un innocente) un po' perchè, in questa storia, come dice Tex "nessuno ha vinto": la storia non ha infatti lieto fine, è un pugno nello stomaco, non c'è spazio per la catarsi, si resta amari fino alla fine. Come nei film del grande Clint.

  10. La storia è fantastica, ha ritmo, suspence, ironia : se la consideriamo dal profilo della pura avventura, è certamente una pietra miliare! Se invece poniamo la questione sul piano dell'opera d'arte, ecco che ti dico che 'Fuga Da Anderville', ' Il Passato Di Carson', ' Furia Rossa' , ad esempio, presentano secondo me uno scavo psicologico che le rende superiori, a livello complessivo. Comunque, intendiamoci: è una figata di storia! Me la rileggo almeno tre volte all'anno e ancora un po' e la recito! 

     

    Concordo con Don Fabio: le storie che ha citato come capolavori non sono paragonabili a questa. In quelle storie vi è l'epica, il dramma, la lotta dell'uomo con il proprio destino. John Walcott, Ray Clemmons e lo straziato Tiger di Furia Rossa restano indelebili bella memoria, perchè di loro non ci resta solo il personaggio, ma soprattutto la loro ANIMA. La Tigre Nera è spettacolare, adrenalinica, l'ultima parte mi ricorda un po' Indiana Jones (e quindi mi diverte un mondo), lo stesso personaggio di Sumankan, tenebroso e folle, è affascinante come pochi. A tutto ciò si aggiungano le strepitose scene ironiche di un Nizzi al massimo della forma (splendida la scena in cui Carson non vorrebbe entrare nella fortezza ma poi segue Tex, con quest'ultimo che pensa:"il solito vecchio Kit", per non parlare di un Tex ormai fuori combattimento che tra il collo spezzato e la cena sceglie la cena :D o della scena capolavoro di Shakespeare) e le inquadrature superlative di Villa (per me semplicemente un Dio). Per tutti questi elementi, in effetti questa storia è un Capolavoro. Pur essendolo, non è comunque paragonabile alle storie sopra citate (cui ci aggiungo L'Uomo senza Passato o Gli Invincibili): La Tigre Nera diverte, quelle altre storie invece ti artigliano l'anima, lasciandoti in cambio l'anima dei loro personaggi: John Walcott, ad esempio, per me è un vecchio amico...

    • +1 1
  11. Non mi aspettavo francamente tutte queste critiche negative nei confronti di questa storia. A me è piaciuta: intrigante il tema del complotto ai danni di quella sempre bella figura del Generale Davis, personaggio dotato di carisma, che riesce a riempire la storia con la sua sola presenza. Le serrate scene d'azione (molto cinematografica quella che vede i nostri nella canoa impegnati in una disperata sparatoria con i banditi che corrono lungo la riva del fiume) e il ritmo incalzante mi hanno divertito non poco, e non ho francamente trovato granch? forzata la scena del serpente: mi avrebbe innervosito di più il solito riflesso della canna del fucile o la scarsa mira dei soliti poco provetti pistoleri. la verità è che, in ogni circostanza in cui Tex e Carson sfuggono ad un agguato, c'è una forzatura. Quella del serpente è una variante come un'altra. Mi è piaciuta anche la scena finale, con la fine del tirapiedi americano del boss. Forzata la scena del testimone oculare? Beh, non si può escludere che i servizi segreti americani o messicani fossero infiltrati tra i golpisti per sventare il colpo di stato: qualcuno si è lamentato del mancato intervento di Tex e Carson contro i ribelli; la presenza di infiltrati in grado di informare Davis può essere una risposta indiretta al mancato intervento dei ranger: un po' di fantasia... D'accordo sul mancato inseguimento, che non è da Tex, ma mi faccio una domanda: cosa avrebbe aggiunto alla storia il solito scontatissimo inseguimento con la cattura di un personaggio tutto sommato secondario e che non desta l'ineteresse di nessuno? Qui il protagonista è Davis: salvato lui, che importanza ha che tutti i pesci piccoli cadano nella rete?Sono davvero contento di poter dire che anche questo ultimisso Nizzi mi è piaciuto, e non poco.

  12. Storia semplicemente incredibile, il più alto capolavoro di Nizzi e la mia terza storia di tutti i tempi. Molti rimproverano a Nizzi una scrittura fredda, pur tecnicamente perfetta. Io stesso, più volte (l'ultima volta la notte scorsa nel topic "Caccia Infernale"), ho dichiarato la mia predilezione per le storie boselliane, ricche di grandi comprimari, anche se amo ugualmente le storie di Nizzi, più texcentriche e fedeli ai canoni GLBonelliani. Lo stesso Nizzi, in una sua intervista, riteneva pericoloso sottrarre la centralit? a Tex, individuando le ragioni del successo di Tex, rispetto a Ken Parker, proprio nella presenza pesante e centrale del ranger, che poco spazio lascia ad altri protagonisti. Ken Parker, invece, spesse era solo testimone delle vicende in cui suo malgrado era coinvolto, e ciò probabilmente ha portato (sono sempre parole di Nizzi) a un successo di ?lite e non di massa. Nizzi, nel proporci il suo Tex, ha quindi fatto una precisa scelta, si è dato una ben rigida "poetica", coerente peraltro con le esigenze dell'editore, che non voleva proporre un personaggio differente da quello di Bonelli senior. Nizzi è stato coerente con questa scelta, seguendo contemporaneamente i dettami dell'editore. Poi Boselli ha gettato una pietra nello stagno, e ha creato comprimari protagonisti. A molti non piace, e come più volte ho ribadito, io non sono tra questi. Per questa ragione, dico PECCATO. PECCATO perchè Nizzi, se solo lo avesse voluto, non sarebbe stato da meno nel creare storie corali ed epiche. Intendiamoci, io amo le storie di Nizzi, ma considero questa, Fuga da Anderville, il suo capolavoro. Ed è significativo che questa sua storia sia quella più atipica dell'intera sua produzione. Tex è presente, certo, ma i protagonisti, in questa storia, sono altri, sono i tre Walcott. Loro sono centrali, e sotttraggono spazio a Tex. E' la loro storia, la loro saga; Tex è sullo sfondo, e la storia è meravigliosa. Boselli ha voluto creare i suoi comprimari, ed ha replicato questa suaa scelta in molte storie, e per me ha fatto bene. Nizzi invece lo ha fatto ben poche volte, per quella precisa scelta di cui parlavo prima, e, visti i risultati da lui ottenuti quelle poche volte, non posso che provare rammarico. Un'altra storia che mi viene in mente è Sangue sul Colorado, dove protagonisti sono i componenti della famiglia proprietaria terriera (di cui ora non ricordo il nome): storia intensa, moto delicata nelle sequenze intime, che palesa (ma ovviamente non ce n'era bisogno) la bravura dell'autore nel realizzare simili sceneggiature. Quando sceglie di mettere Tex sullo sfondo, e di mettere in risalto altri personaggi comprimari, lo stesso Nizzi raggiunge vette altissime. John è uno dei miei preferiti in assoluto: sicuramente opportunista, ma soprattutto spirito pratico. "Il Nord vincer? perchè la sua causa è storicamente giusta": senso pratico, quindi, ma anche consapevolezza del concetto di giustizia e di diritti umani. Quanti, nel Sud, ritenevano che la causa confederata fosse sbagliata? Quanti, imbevuti dei concetti schiavisti, sapevano discernere quanto fossero profondamente ingiuste le ragioni della loro guerra? John lo sa, John riece a discernere il giusto dall'errato, e non è davvero cosa da poco: spirito pratico, ma anche spirito libero. Libero dai preconcetti e dalla mentalit? dominante nel suo paese. Tra coloro che non riescono a discernere vi è Leslie, il cui personaggio, nato per suscitare antipatia (del lettore e di Tex) suscita in me un comunque profondo rispetto. E'un uomo del suo tempo, è un uomo della sua terra (la Virginia schiavista dell'epoca), è coerente con la sua storia e con la storia del suo paese, ha forti i concetti della patria e dell'onore. Ma non è solo un fanatico accecato dalla propria causa: ha ben presenti anche i valori familiari, ed è in grado di nutrire affetto, nonostante la sensazione di tradimento che deve avergli suscitato il comportamento di suo cugino John, e lo dimostra tentando di far trasferire il proprio cugino da Anderville. Due personaggi epici in uno scenario inasanguinato e drammatico, eppure così dolce all'apparenza, nei panorami ticciani riproducenti i morbidi campi di cotone del Sud. Capolavoro la storia, capolavoro i due Walcott. Il Nizzi che preferisco, non a caso un Nizzi con due grandi comprimari

  13. Ragazzi, che topic...43 pagine di botte e risposte, non senza asprezze...

    Probabilmente la storia merita un topic così ricco, in quanto essa stessa è ricca di spunti di discussione. Il primo è la solita diatriba sui comprimari di Boselli, qui presenti in larga copia: Laredo, Parkman, Cunningham e tutti i suoi uomini, Mazay e suo fratello Goyaklee, e naturalmente Revekti e i suoi fanatici seguaci: non saranno un po' troppi, e troppo scarsamente delineati è La centralit? di Tex non ne risente in maniera eccessiva?

    L'autore milanese dice spesso che il suo Tex è fedele a quello di GLB, e molti forumisti (vd Capelli d'Argento, o Anthony Steffen) dissentono da questa sua pretesa in quanto affermano che le storie di Bonelli senior sono texcentriche, manichee e in definitiva lineari. Don Fabio addirittura dice che sta perdendo quel vecchio amico (Tex) che era solito scambiare quattro chiacchiere con i pards e con i lettori (e qui ci vedo nostalgia per GLB ma anche per Nizzi, secondo me impareggiabile nelle gustosissime pantomime tra i pards). Io sono fondamentalmente d'accordo con loro, ma, nonostante le premesse comuni, le mie conclusioni sono totalmente differenti. Anch'io ritengo che Boselli, checch? lui stesso dica (non me ne voglia Borden per questa mia presunzione), non sia troppo fedele a Bonelli senior: Boselli ha in qualche modo rivoluzionato Tex, facendogli perdere molto spesso centralit? nelle storie e privilegiando i comprimari delle stesse. Comprimari molto diversi da quelli classici GLBonelliani, perchè tormentati, non scontati, molto umani nelle loro psicologie tutt'altro che granitiche. Per me Boselli ha portato questi elementi di novità in Tex, discostandosi non poco dagli schemi originari di Bonelli (seguiti abbastanza fedelmente da Nizzi), ed io ritengo che queste innovazioni costituiscano invece il punto di forza dell'autore milanese. Tex lo conosciamo, lui vincer? sempre, i suoi esiti sono scontati. Boselli allora ci fa appassionare a personaggi i cui esiti sono incerti, ed ecco che il lettore ha tutto il tempo di "legare" con questi comprimari, più umani di Tex e in quanto tali fallibili, e con i quali almeno per me è più facile un processo di identificazione. Quale sarà il destino del tenente Parkman° e di Laredo? e di Glenn Corbett? edi Colorado Belle? e di Mitch? Tex non può morire, n° essere sconfitto. Con Boselli entrano in gioco invece più ordinari esseri umani, ed è al loro destino che ci appassioniamo, un destino aperto a tutte le soluzioni. Questo amo di Boselli. In questo l'autore milanese si allontana da GlB, e lui stesso in un'intervista ha confessato che di fronte a Oklahoma di Berardi ha pensato che "allora Tex si può scrivere anche così". E lui lo scrive così, e alleggerisce Tex, e gli fa rubare la scena da un Laredo o da un Parkman, come avviene in questa storia. E' la sua cifra, a molti non piace, io ne sono invece entusiasta.

    Per queste stesse ragioni giudico positivamente questa storia. Qui vi è un comprimario perfettamente caratterizzato, e tanti personaggi di contorno comunque ben delineati. Revekti stesso lo annovero tra i personaggi di contorno, perchè in effetti è un po' leggerino, alla fine della storia. Ma non si puo' dire che sia un personaggio mal riuscito, o addirittura paragonarlo all'inguardabile Espectro. Revekti lo vediamo poco, è più un pretesto per la storia, pero' è un pretesto appassionante, un nemico in potenza molto pericoloso: assolda indiani per l'odio nei confronti dell'uomo bianco, e alla fine comprendiamo anche (e non mi pare un approfondimento da poco) che questo suo inestinguibile odio risiede in quell'umiliazione patita da bambino ad opera del suo stesso padre, il bianco Cunningham. Lui, il doppio, lui, il meticcio, rinnega la sua metà bianca e si vota alla causa della riscossa indiana in contrapposizione a quei bianchi che odia, e che ha ben ragione di odiare. Per questo è diventato un predone sanguinario. Non è caratterizzato questo personaggio? Vi sembra forse inconsistente? Certo, fa una magra fine, ma egli era il pretesto della storia, non ne era il protagonista. La storia non è incentrata su di lui, così come non è incentrata su Laredo.

    Già, Laredo. Chi si lamenta della sua evanescenza non ha torto. Qui Laredo ha peso scarsissimo, sembra quasi che ci sia solo per giustificare le presenze del suo ben più pesante scout Mazay e del di lui fratello Goyaglee. In effetti Boselli se lo sarebbe potuto risparmiare, Laredo, perchè è fin troppo evidente che l'autore non ha alcun interesse per lo scout, lo considera una mera comparsa, uno che non ha più nulla da dire. Il suo interesse è tutto per Parkman, il vero protagonista e il personaggio tutto sommato più riuscito della storia. Sono i flashbacks di Parkman che viviamo, la sua frustrazione e la sua amarezza per la perdita della donna amata, i suoi ricordi dolorosi rievocati dal ritratto di lei sempre conservato gelosamente. Ma Parkman non è solo uno che si piange addosso, ha un suo concetto dell'onore e non è un vigliacco, e il lettore può apprezzare entrambe queste caratteristiche dalle reazioni dell'ex tenente alle provocazioni delle carogne assoldate da Cunningham.

    Questa storia è la storia di Parkman: la storia dei suoi rapporti tesi con quei nuovi e atipici compagni d'arme, dei suoi conflitti interiori e delle sue reazioni alle provocazioni esterne e alla sua amarezza interiore. Ed è una bella storia, che Boselli ci sa raccontare, anche attraverso il sempre evocativo flashback, con le consuete delicatezza e sensibilit?. Certo, la scena dell'eccidio del villaggio Pima, con Parkman che dice che nel furore della battaglia non si è avveduto, se non troppo tardi, del massacro che stavano compiendo non l'ho proprio digerita, e la considero un vero infortunio di Boselli: come fa un soldato, e un ex ufficiale per giunta, a non accorgersi di stare infierendo su degli inermi? E? una forzatura troppo grossa, un errore talmente grande che rischia di minare pesantemente il processo di rivalutazione del tenente che l'autore ha perseguito con questa storia.

    E questo non ?, a mio modo di vedere, l'unico punto debole della storia: il finale è indubbiamente affrettato, e non parlo qui della pochezza di Revekti (che, ripeto, a mio parere ha comunque ben recitato il suo ruolo e la quantit? di vignette per spedirlo al creatore non mi sembra poi essenziale ai fini della storia), quanto dell'intera scena, che vede Tex e pards avere la meglio (sia pure con il provvidenziale aiuto di Kit e dei navajos) su un avversario che doveva essere (anche se non è ben specificato) di molto superiore in termini numerici. Trovo forzata e poco verosimile questa scena in cui un nemico così forte e così ben guarnito di guerrieri possa essere stato battuto tutto sommato così facilmente.

    Queste due forzature (ed altre piccole sbavature qua e l') non mi consentono di gridare al capolavoro. Resta però una bella storia. Il mio amico Don Fabio dice che in Boselli ci vede il dolo, inteso come intenzionalit? a discostarsi dal Tex classico: in qualche modo è vero, Boselli tenta di stupire e di appassionare il lettore, anche uscendo dagli schemi se del caso, e lo fa con la passione e l'amore del cantastorie o del bardo per la propria affezionata platea. Non riesco proprio a fargliene una colpa; anzi, gliene sono grato. E pazienza se non tutte le ciambelle riescono col buco. Bisogna provarci sempre, per partorire capolavori.

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  14. E fatemi la cortesia di non sminuire il fumetto, dicendo che non è arte o che non possa dare vita a dei capolavori, perchè dentro un fumetto c'è il disegno e la letteratura, c'è la poesia e il cinema, c'è la pittura e la storia. Creare un fumetto è arte e, quando la tua arte tocca certe vette, allora non c'è dubbio che tu abbia dato origine ad un capolavoro.

    Assolutamente d'accordo.
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  15. Beh, Ray, al di l' del fatto che i gusti sono gusti (la storia che tu giudichi mediocre è invece piaciuta a tanti, me compreso), non puoi sperare che un autore che scrive così tante storie possa sempre ripetersi. C'è il capolavoro e la storia onesta, l'ispirazione e il mestiere (e comunque per me questa è una storia ispirata, non semplicemente di mestiere). Non può essere diversamente, altrimenti avremmo tutti capolavori e quindi nessun capolavoro. Per i texoni per Pablo Contreras: mi sembra strano che Borden non ne abbia citati almeno altri due, che ti consiglio di leggere Pablo perchè sono a mio parere molto belli: Fiamme sull'Arizona e La Grande Rapina.

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  16. Soggetto sempre interessante, non supportato però da un'adeguata sceneggiatura, che anzi mi è parsa a dir poco indecorosa. Tex e Carson subiscono un attentato, fanno fuori tutti ma tra le rocce del deserto non trovano l'organizzatore, Thompson. E che fanno? Lo lasciano andare, perchè probabilmente è fuggito? Ma dove mai sarebbe potuto andare? I due pards che rinunciano ad inseguire e braccare uno scaldasedie? E' un errore semplicemente imperdonabile, ed è il motore di questa storia. Solo l'incredibile fuga di Thompson, infatti, consente alla storia di andare avanti. Ma andare avanti come? Con l'organizzazione dell'assassinio del complice di Thompson, ricoverato al forte. Guarda caso, Thompson ha un contatto al forte, e gli è sufficiente ricattarlo per convincerlo ad uccidere un uomo. E che avrà fatto mai, questo barista del forte, per dover essere costretto ad eseguire addirittura un omicidio, e nel bel mezzo del forte per giunta? Ma non è finita qui. Tex e Carson giungono al forte eindividuano con velocit? a dir poco sconcertante l'assassino. E mentre lo sbatacchiano, ecco che esce fuori provvidenziale il messaggino (firmato NOME e COGNOME: Mike Thompson!) in cui gli si commissiona l'omicidio. Semplicemente ridicolo! E ridicolo è anche il modo del tutto fortuito con cui i nostri ritrovano Thompson: gli è sufficiente ascoltare non visti un dialogo tra il soprastante di Thompson e un suo fornitore che si lamenta per un mancato pagamento! Mah. Trovato finalmente questo Thompson, questi contribuisce a smascherare tutti, da Latimer a Douglas, ed ecco che la storia sembra finalmente finita. E invece NO: Tex non vuole avvertire Parker, e non se ne capisce davvero il perchè, e preferisce affrontare un agguato con i Navajos nascosti nel treno! E se l'agguato fosse avvenuto nei pressi di Washington, che avrebbero fatto i Navajosè Sarebbero rimasti stipati in un carro merci fino alla capitale? Sventato l'agguato, riesce poi anche la cattura di Latimer, nel treno, nonostante i nostri non l'abbiano mai visto!!! Lo riconoscono solo dal vestito a quadretti, che evidentemente questo scaldasedie di città non si cambia mai!!!. E la scena finale, poi, con Douglas, piedidolci minuto e rotondetto, che mette in scacco i pards e quell'omaccione di Ely Parker... Bah: questa storia va avanti a prezzo di forti scossoni assestati dal suo creatore, davvero poco in forma in questo caso. Quanto ai disegni: Carson è veramente brutto, ed evidentemente anche Tex non è accettabile, dato che l'autore dei visi del ranger è il solito impareggiabile Monti. A parte i volti dei nostri, però, devo dire che io amo De La Fuente. I suoi impiantiti di legno mi sembra di poterli calpestare, i suoi ambienti li posso respirare, i suoi paesaggi sono uno spettacolo per gli occhi. Nella scena iniziale dell'agguato, la spettacolare grande vignetta raffigurante "la collina della morte" mi ha molto ricordato la stessa scena (con Tex e Carson braccati su una collina rocciosa e poi salvati dagli Apaches) di quel capolavoro che per me è Fiamme sull'Arizona (una delle storie che ho amato di più sin da quando ero piccolo, per me uno dei più grandi capolavori nizziani). Per non parlare dei personaggi: a parte Tex e Carson, fate caso ai volti di tutti gli altri. Sono tutti incredibilmente espressivi, la loro mimica facciale è parlante ed esprime in maniera superlativa gli stati d'animo dei personaggi in ogni momento. Non mi intendo granch? di disegni, ma io credo che De La Fuente possa davvero definirsi GRANDE.

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  17. La storia non la giudico così negativa, anche se è chiaro che non può annoverarsi tra le grandi storie (ma non ve ne era neanche l'intenzione, credo: si tratta di un voluto riempitivo). Più che sulla trama, che molti di voi hanno definito lineare e che io ho invece trovato un po' contorta e a tratti poco verosimile, volevo soffermarmi sui disegni, per dire che anch'io accolgo la petizione per un impegno a tempo pieno di Torricelli su Tex. Non solo per il commovente ritorno di un Tex che per anni è stato "il" Tex (ed è stato in effetti un tonfo al cuore: quando ho letto la storia, non avevo idea che il disegnatore si ispirasse a Galep, e rivedere il Tex del disegnatore sardo è stata una vera e graditissima sorpresa) ma più in generale per la bellezza dei disegni che abbiamo potuto ammirare.

  18. Ma anche la fine di Mondego è riuscitissima: ho letto che molti hanno storto il naso, perchè Mondego è stato bruciato e poteva invece tornare. Ed invece non poteva esserci altro destino per lui perchè, se è vero che è un personaggio in chiaroscuro, come tutti i più grandi personaggi boselliani, rimane pur sempre un killer a pagamento, un sicario, e Tex non può lasciarlo andare. Di conseguenza, la scelta di Mondego è stata una scelta di libertà, e non poteva essere diversamente, se non si voleva tradire il personaggio.

    Scusate se mi autoquoto. Lo faccio per ribadire che la penso come Paco. Come ho scritto nel mio precedente post, e come ben dice Paco sui ruoli da rispettare, Tex non può lasciare andare Mondego. Mondego a quel punto ha 2 possibilità:1) tentare di battere Tex, pur essendo consapevole di quanto sia temibile come avversario2) farsi arrestare. La scelta di Mondego (oltre al gusto della sfida, che come dice Paco sicuramente accende il duello per entrambi i contendenti) è una scelta di libertà. Solo così il personaggio non si tradisce e rimane quello che è stato per tutta la storia: un killer, certo, un fuorilegge, ma fondamentalmente un uomo libero. Su una sua fuga, ed un suo ritorno: nella successiva occasione cosa avrebbero potuto fare, Mondego e Tex? Diventare amiciò Non è possibile. Pur essendo "bordenline" (per riprendere la tua "battutaccia"), Mondego è e rester? un killer. Un sicario a pagamento. Prima o poi la resa dei conti deve avvenire. E' allora è meglio che avvenga in un'unica storia, così da sublimare con la morte il destino di un personaggio che ci è piaciuto.
  19. "Di sceriffi corrotti ne sono passati tanti, sotto le rudi mani di Tex Willer, ma nessuno aveva la caratterizzazione psicologica di Starker, il suo sogno, la sua visione della giustizia e di come si tiene in pugno una città."

    In questa frase di Thrillermagazine è riassunto alla perfezione ciò che mi ha fatto amare la storia: Starker e la sua complessa psicologia, e soprattutto Starker e il suo sogno. Quoto in pieno.

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