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About Leo
- Birthday 05/01/1978
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storia, letteratura, sport, cinema, politica
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Leo
Me and Tex
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Kit Carson
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Montales
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È chiaro che c'è anche una componente di flashback che si fonde col racconto, certo
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Gli altri soldati gli hanno raccontato tutto, e qualcos'altro si può intuire ed è facile da ricostruire. In realtà ora hanno una priorità: non far cadere nelle grinfie dello scout il figlio del loro amico. Per il resto non sappiamo come andrà e cosa faranno per punire i colpevoli. A me l'albo non è dispiaciuto. Poe gli ha attribuito un 6, io starei sul 6,5 - 7: non ha tempi morti, c'è qualche battuta divertente, e una vicenda tutto sommato interessante. Anch'io ho pensato al Soldato Comanche, finanche esteticamente il padre del soldato mi ricorda quello del Texone.
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A me è piaciuto molto anche l'ultimo, invece. Sono in arretrato con la serie, conto di recuperare durante le vacanze natalizie
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Appunto. Una vignetta infelice, in effetti. Ma può essere che Brindisi l'abbia disegnata più piccola di quanto non fosse. Se fosse stata una ragazza di 15 anni a dare quelle informazioni, non sarebbe sembrata così stonata. Le fattezze da bambina da otto anni invece rendono la scena poco credibile. Ma non è nulla di grave. Ma certo che lo è. Come lo è quella opposta che vede Tex sempre infallibile con la pistola. È vero che quest'ultima è una convenzione ormai accettata e che la scena con Jesse la viola, ma lo fa appunto per l'eccezionale agilità di un eccezionale avversario. Poi non è un duello, James fa quasi il gesto di arrendersi, Tex non vuole ammazzarlo, la scena è fulminea e in definitiva possono starci tutte le soluzioni. Non ne dubito Dalle letture recenti o dalla lettura in genere di Tex. È veramente complicato scrivere qualcosa di nuovo, i nuovi autori non sono Glb ma nemmeno il Boselli d'antan, e le recenti prove di Nizzi non si allontanano dai suoi standard post 500. Un lettore meno preparato di quelli che sono in media presenti qui può ancora leggere Tex in un certo modo naif, magari. Ma i più preparati o se ne sono andati o fanno fatica a digerirlo. In questa nausea da fatica digestiva io penso che spesso si rischi di gettare bambino e acqua sporca, e non si riesca a riconoscere il buono che ancora, talvolta, c'è.
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Con questa logica molti pericoli a cui è stato sottoposto Tex negli anni non andavano scritti. È un fumetto d'avventura, zeppo di questo tipo di forzature. Se andiamo a rileggere la collana pretendendo il realismo penso che bocceremmo i tre quarti delle storie. Una convenzione fumettistica vuole che Tex e Carson riescano a disarmare i loro avversari sparando all'arma che hanno tra le mani, senza nemmeno ferirli. Anche questa è una forzatura, ma la accettiamo in nome di una convenzione tacita tra lettore e sceneggiatore. Per una volta, possiamo accettare anche che Tex possa non riuscire, di fronte a un avversario così lesto a gettarsi a terra e fuggire. D'altronde, è Jesse James, un nemico "straordinario" nel senso letterale del termine. La forzatura di questa storia non mi sembra davvero la peggiore. Sarà che in questo periodo sto leggendo La storia del West, e che questa storia in qualche modo la richiama, ma a me è piaciuta davvero tanto. Una storia western che attinge dalla storia reale e che inserisce Tex in maniera non forzata. Avercene di storie scritte così bene. Ormai mi sembra che qui ci sia il tiro allo sceneggiatore, e tranne questa storia in soldoni parlo anche di me. Ormai non ci va più bene niente. Ma siamo sicuri che sia un problema solo di autori? Non è che anche noi lettori siamo usurati nello stesso modo in cui diciamo lo siano Boselli e Co? Ripeto, tranne che per questa storia parlo anche di me eh!
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I dialoghi più "pesanti" stanno nella prima parte di Carson, che in effetti sembra gratuita. Ma a parte queste pagine, il resto mi è parso avere un bel fluire narrativo. Sui tre metri: Jesse James non può morire né essere catturato. Tex nemmeno. Quindi se vuoi proporre un confronto devi fare in modo che entrambi siano lesti a non farsi ferire. Una forzatura come le tantissime di cui è costellata, da sempre, la saga.
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Su questo concordo
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Preferisco di gran lunga l'incontro tra Jesse James e Tex che la storia dello sconosciuto fratello di Tex o del protoMefisto, francamente. Poco importa che nella saga non fosse ancora apparso, se non fugacemente. Il volume è autoconclusivo e la continuity anche con la storia precedente è talmente blanda da essere totalmente irrilevante.
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Il commento che segue contiene spoiler. L'albo in questione non è una storia di Tex, ma e' la storia di Jesse James. Questo l'intento dichiarato dell'albo, Tex è sostanzialmente un ospite. Non considero la cosa come un difetto, siamo anzi perfettamente nel solco della filosofia di questa pubblicazione speciale. È dunque la storia di Jesse James, da un lato, e dell'incontro di quest'ultimo con Tex, dall'altro. Partiamo dalla prima. La vicenda del celebre bandito è declinata a partire dal peculiare modus operandi, mostrato in occasione della rapina al treno e nella successiva scena a pranzo in casa della madre, con i banditi che leggono gli articoli di giornali che li ritraggono come eroi romantici. Più tardi c'è il matrimonio di Jesse, tra i cui invitati c'è il cadavere del suo amico John, davanti alla bara del quale il bandito proferisce una promessa solenne: ucciderà Allan Pinkerton. La scena più cruda, più drammatica, deve tuttavia ancora venire: il braccio strappato di mamma James, e soprattutto la vignetta del patrigno col ragazzino esanime tra le braccia, hanno una cupezza tutta particolare, quella cupezza della realtà storica che fa capolino in una storia di fantasia, quasi a dimostrare quanto la storia sappia essere più crudele della fiction. La scena dell'attacco a casa James da parte degli uomini di Pinkerton è a mio parere molto forte emotivamente, con l'alone della tragedia che si fonde nel fuoco della bomba e prende corpo in una voce fuori campo che grida, straziata dal dolore, "aveva solo nove anni". La vicenda si conclude, infine, con la fallita rapina in Minnesota e la fuga disperata tra le paludi, entrambe raccontate con grande efficacia narrativa. Efficacia narrativa, appunto. Per me la storia non si perde in spiegoni inutili, o almeno se c'erano non me ne sono accorto, non hanno per nulla appesantito la lettura. È stato anzi un gran bel leggere, con una narrazione serrata e dall'ottimo ritmo, che in poche pagine è riuscita a compendiare una parte importante della vicenda umana della banda di fuorilegge più nota e romanzata del West. Nelle scene da me sopra citate manca la parte di Chicago, che ho voluto tenere per ultima. Qui, infatti, la vita del bandito si interseca con quella del nostro ranger. Qui sta il "succo" dell'albo: l'incontro-scontro tra i due personaggi. Jesse James è un bandito del Sud, e non nego che avrei voluto vederlo lì, nel Missouri, e nei panni da bandito di campagna, a scontrarsi con Tex. Non nella sfavillante e "moderna" città di Chicago, vestito da damerino. A parte questo mio desiderio, capisco però la scelta narrativa di Boselli che ha voluto ambientare il confronto tra i due durante la realmente avvenuta sortita di Jesse nella grande città nel tentativo di vendicarsi di Pinkerton. Mi limito quindi a commentare solo il momento dello scontro a fuoco, che ha lasciato senza parole @Letizia e che è stato oggetto di ironica critica anche da parte di @Diablero: entrambi sparano ed entrambi evitano di essere colpiti con un agile balzo. Di fatto il "duello" finisce in parità e forse e' questo che impedisce a Letizia di commentare oltre. Tuttavia, io penso che, trovandoci di fronte a una guest star, che per forza di cose non può né morire né essere catturata, non sia poi così inappropriato attribuirgli importanti capacità di velocità nel colpire e di destrezza nel fuggire. Uno scontro tra due leggende del West, insomma, può anche andare in questo modo. Ritengo questo albo felicemente scritto e altrettanto felicemente disegnato. Brindisi è molto bravo, e se un "berardeggiare" nella storia davvero c'è, non sta nel mancato uso delle didascalie, che ripeto io non ho affatto notato durante la mia prima, agile lettura (magari rileggendolo potrei farci caso, ma qui sto solo riportando le mie impressioni a caldo), ma nel tratto "milazziano" della parte grafica, che ho trovato stupenda. In estrema sintesi, gran lettura!
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Si è spostato da qualche anno a questa parte, ma prima dell'avvento di TW chiediamoci cosa sia stato Mauro Boselli per Tex. Oggi scrive TW con più passione della regolare, ma non perché il Tex classico non lo diverta. Sul Tex classico, Boselli è stato un gigante. Semplicemente, sono passati tanti anni e anche lui forse risente del passare del tempo e dell'usura. Una cosa è battere nuove piste col Tex Giovane, un'altra è continuare con il Tex classico, che lui scrive ormai da decenni, e su cui è anche legittimo che abbia esaurito un po' le idee. Da qui il suo buttarsi sui ritorni: quello di Lupe fu un disastro, e forse doveva essere un campanello d'allarme; invece ha proseguito su questa china, e dopo Lupe ha fatto tornare Yama. E dopo Yama, Mefisto. E poi, La Tigre Nera. E ancora, il monte Ranier. È evidente che si butta sul passato perché forse il presente gli riesce difficile scriverlo. Ma questo ora, da qualche anno a questa parte. Per il resto, il Boselli texiano è stato un autore ispiratissimo, ideatore di tante storie che hanno colpito al cuore il lettore, e che oggi possono tranquillamente considerarsi alla stregua di quelle di Glb. La produzione boselliana non ha davvero nulla da invidiare a quella del suo vecchio mentore.
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Perché prive di senso? L'ho riletta più volte e non l'ho mai trovata priva di senso. Perché dici che la difendo perché l'ho letta da bambino e so che è di Nolitta? Anche i ribelli del Canada è di Nolitta, anche Cruzado, eppure le ho sempre detestate. Perché è così complicato, così difficile, accettare che possano esserci modi di leggere differenti, meno intelligenti se proprio ritieni, più istintivi? Parli sempre di oggettività. Ma questo tuo messaggio è oggettivo? Processi tutti coloro a cui è piaciuta questa storia perché ritieni che siano tutti nolittiani imperterriti che non vogliono rinnegare l'idea che si sono fatti da bambini di una storia. Eppure questa storia oggi la rileggo e mi appaga ancora, e non perché sia nolittiano, e non per i miei ricordi da bambino. C'è una spiegazione più semplice e immediata: per alcuni di noi, questa storia funziona. Tentare di demolirla non modifica il tasso di appagamento che molti di noi traggono da questa storia. Una cosa è dire che Cheyenne Club non è texiana, e qui ti do parzialmente ragione. Ma dire che sono "indegne e prive di senso", semplicemente, non ha senso... perché se avesse senso e tu avessi ragione a dire che non hanno senso, "ci saremmo bevuti tutti il cervello", come dice Ymalpas. Questo forum sarebbe un covo di mentecatti, insomma. Il che significa che tu scrivi così tanto a beneficio di un club di minus habens. Ma io non credo che tu lo creda
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È infatti decisamente bella
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Ma è il solo punto un po' più allungato, in una storia ricca di eventi. E anche in Mister No è così, è il suo stile, non è mancanza di idee
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Riletta dopo un po' di anni, e come tutte le volte non ne sono rimasto deluso. Una storia tragica, piena di eventi, che trae ispirazioni da accadimenti reali avvenuti nel Wyoming di quegli anni. Tra i tre che penzolano impiccati da un albero all'inizio della storia, c'è una donna, Loretta Powell. In realtà con quella scena Nolitta ci ha rappresentato la morte di Ella Watson, reale vittima dei baroni del bestiame, il cui nome poi l'autore utilizzerà nel finale quale elemento decisivo per la sconfitta del ring. Peccato che questa morte sia ascrivibile all'ingenuita' di Tex. Se lui non avesse voltato le spalle a quella manica di assassini, e fosse stato il Tex glbonelliano, il linciaggio non sarebbe accaduto. È evidente che il Tex di questa sequenza è troppo ingenuo per essere lo scafato ranger temprato dalla frontiera che abbiamo sempre conosciuto. Nolitta avrebbe potuto inventarsi qualcosa di diverso. Più tardi, quegli stessi assassini attaccano il ranch di Macon. Tex li caccia via, dice Diablero, quando in realtà avrebbe dovuto ucciderli per quanto fatto nella scena precedente. Ma sono in quattro, Tex è acciaccato, c'è una donna nel ranch. Non vedo un evidente errore di caratterizzazione in questo caso, ma una scelta narrativa, magari discutibile, ma tutto sommato legittima. La scena successiva, in casa del Colonnello durante la festa, è semplicemente superlativa, anche se un po' pulp: la contrapposizione tra i belletti e le grazie delle attempate signore dai modi gentili e la distruzione delle rose e l'ostentazione dei cadaveri nel giardino fiorito ormai distrutto, rappresenta una sequenza a mio parere memorabile, una di quelle che restano impresse nella memoria tra i tanti eventi narrati in una serie ultrasettantennale. Resto francamente perplesso quando Letizia parla di allungamento di brodo. Alcune sequenze dilatate non nascono dalla mancanza di idee, ché anzi in questa storia di eventi ce ne sono in gran copia, ma dallo stile dell'autore, che troviamo anche in Mister No ad esempio (Zagor l'ho letto troppo poco per dare un giudizio), che fa assaporare anche i momenti di apparente quiete, che fa vivere anche al lettore una cavalcata più lunga, l'ingresso in un saloon, una partita di biliardo. Questa storia, in particolare, non lascia il tempo di respirare. Non è finita la scena da macelleria al Club che ecco un'altra scena adrenalinica, il confronto, avvincente, con il corrotto Sceriffo Tobin, impreziosito dall'atto di coraggio di una comparsa, il simpatico Skinny, che da un lato riscattera' la propria esistenza da pavido omino che aveva condotto fino a quel momento e dall'altro troverà una tragica quanto indimenticabile per il lettore morte. È vero, anche questa in qualche modo è causata dalla dabbenaggine di Tex, che anche stavolta ha girato le spalle allo sceriffo non valutando che quest'ultimo potesse colpirlo a tradimento. Altro errore di Tex, altro errore di caratterizzazione di Nolitta, perché per l'appunto Tex non è mai stato tanto ingenuo. Segue poi, il bel confronto con Watson e la parte finale, in cui l'intervento di Ella Watson vendica la morte subita dalla vera Ella 150 anni fa. La scelta narrativa di Nolitta era che questa dovesse essere decisiva, e per fare ciò era necessario che Tex fosse temporaneamente fuori gioco. Ecco allora una nuova botta in testa, ancora di spalle, francamente troppo perché in questo pivello noi si possa riconoscere il temprato cavaliere della frontiera dal sesto senso alla Uomo Ragno che abbiamo sempre ritrovato nelle storie glbonelliane. I tre errori più evidenti di Tex che Nolitta non si perita di inserire nella storia sono tutti funzionali al verificarsi di conseguenze che lo sceneggiatore vuole narrare: la morte di Loretta Powell, la morte di Skinny, l'intervento salvifico della figlia del vilain della storia. Si tratta in tutti i casi di elementi di forte pathos che Nolitta ha voluto raccontare, ideando però delle sequenze narrative che ledono l'immagine di Tex, allontanandosi dalla caratterizzazione che di questo aveva sempre fatto il padre. Hanno ragione quindi Diablero o Letizia quando dicono che questa storia, texianamente parlando, è sbagliata; hanno a mio parere torto quando non ne scorgono la bontà nemmeno come storia western. In questo senso, io la trovo invece una prova maiuscola, e in fin dei conti sono felice che sia stata scritta e pubblicata, sono felice di averla potuta leggere. Perché le scene clou sono indimenticabili, perché eccezionale è anche la figura del Colonnello, verace nel suo difendere il lavoro di una vita, nel suo malinteso senso di superiorità, nella sua ambizione sfrenata. Bellissima poi la scena finale, in cui il Colonnello si riprende prontamente e segue Tex a cavallo, perché "non è una donnicciola". Accetto quindi che, in nome di una bella storia, si sia fatto strame del personaggio di Glb? Qui sta il punto. Tuttavia, io non credo che lo si sia bistrattato in maniera inaccettabile, è vero che tre piccionate sono troppe da digerire, ma la mia soglia di tolleranza, il mio venire a patti con l'autore, mi consentono di poter accettare anche questa versione depotenziata del mio personaggio preferito, questa versione eretica, in nome di una storia ad alto pathos che mi appaga ampiamente. È evidente che dal suo punto di vista ha ragione Diablero. Ma i modi di leggere, di accettare certe cose, possono declinarsi in varie sfumature.