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TWF - Tex Willer Forum

Leo

Ranchero
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Tutto il contenuto pubblicato da Leo

  1. Leo

    [Maxi Tex N. 28] Il segreto della missione spagnola

    Ma infatti, @R come Ramon, te lo dico con simpatia: stai sbagliando di grosso! Urge una ripassata delle storie di Nizzi! Sono proprio le sue battute, Tex tratta spesso e volentieri male Carson, ma è il gioco delle parti, con Tex negriero senza cuore e Carson povera vittima indifesa.
  2. Leo

    [726/727] Il pistolero vudu

    CONTIENE SPOILER CONTIENE SPOILER CONTIENE SPOILER CONTIENE SPOILER CPNTIENE SPOILER A mente fredda, dico che comunque ci vuole coraggio a proporre una storia del genere. È vero che la componente sovrannaturale in Tex è sempre esistita, ma quest'espediente à la Proteus mi sembra davvero molto tirato. Anche il momento decisivo, quello di Carson che con un mirabile sforzo di volontà riesce a sottrarsi all'incantesimo, è qualcosa di già visto altrove, direi forse di abusato, nella letteratura fantastica. Quando poi ho visto le pallottole deviare, mi sono fatto una risatina d'incredulita': non ci credo, mi son detto, e ho avuto la fastidiosa sensazione di trovarmi davanti a un piccolo "salto dello squalo" non della testata ma personale dello sceneggiatore. Eppure questa storia, da me semplicemente esecrata per quanto detto sopra, non è da buttare via: quegli stessi elementi che sopra ho definito esili e abusati, quel deja vu fastidioso a cui il nostro Tex è costretto ad attingere non solo per i topoi classici del West ma anche per trovate più al limite, alla fin fine non hanno mancato di divertirmi, assolvendo in definitiva al loro compito e raggiungendo lo scopo. Potrei forse rimproverare a Ruju il fatto che, per farlo, si è ridotto al minimo sindacale e si è servito di espedienti, ma è meglio una storia così stramba (non strana, proprio stramba, con quei proiettili...) che però riesce a divertire o una che è più "onesta" (passatemi il termine) ma annoia? E ancora: quanta legittimità può attribuirsi a queste mie parole, che discettano e sproloquiano su stramberie e onestà, di fronte a una avventura che comunque alla fine riesce a portare a casa la pagnotta, cioè riesce nel suo intento di produrre intrattenimento? La verità è che, quando vedo Zagor in Tex, sono sempre diffidente e non riesco a smettere i panni del moralista che rimprovera che certe cose su Tex nonsi fanno. Forse farei bene a far cadere questi panni a terra e restare nudo, o in mutande come il Tex di Nizzi, e godermi un bel bagno nelle paludi rujane, che per quanto mefitiche alla fine sono, se non rigeneranti, almeno rinfrescanti. I disegni, infine, mi sono piaciuti tantissimo
  3. Leo

    [523/525] I Lupi Rossi

    Ma infatti ho preferito glissare perché non saprei dire cosa non va o cosa non mi piace. Ci sono due personaggi intensi e tutto un contorno interessante. Inoltre, fino alla prima parte mi piace molto: è dopo lo stacco temporale che non mi ritrovo più: Loup Fork in mano a Quaile, North che pur non essendo più sceriffo fa le ronde notturne a difesa dei Pawnee; ripeto che non saprei cosa imputare a Boselli, che anzi racconta al solito una storia ambiziosa e non a caso apprezzata da tanti. Alcuni la antepongono pure, come te, a Il Passato di Carson, segno che ancora una volta Boselli centra l'obiettivo. Qui si entra nel soggettivo puro, come con Patagonia. È probabilmente anche inutile cercare di capire il perché di certe situazioni: ci sono scintille che scoccano e scintille che non lo fanno, e spesso la causa non sta nella storia ma nel fruitore della stessa.
  4. Leo

    [523/525] I Lupi Rossi

    Non sono mai riuscito ad amare questa storia, e questa mia rilettura non fa eccezione. Non saprei dire perché, forse ci sono troppi personaggi, forse è un po lenta. La verità è che non saprei dire bene perché, e in questi casi preferisco glissare: ci sono storie che ti restano dentro, e altre che non fanno scoccare la scintilla. Qui non è scoccata. Per ora, in questa mia rilettura, ho potuto assaporare solo capolavori o grandi storie. Poi una storia divertente (quella di El Morisco) e due storie che non ho amato, l'ultima di Juan Raza e questa. Diciamo che il 500 non è partito come il 400...
  5. Era chiaro quello che avevi scritto, non c'è bisogno di fare dell'ironia sulle capacità di comprensione di un testo scritto, sia pure con termini (anche) matematici. Sì, per me bastava anxhe una pausa caffè, a sorbirlo da solo, lì , nella prateria, sotto le stelle. Bastavano un caffè, le stelle e la mente, finalmente, fredda. A mente fredda avrebbe ripensato (anche) a Tex. E sarebbe tornato. E a me sembra che Borden fosse più vicino alla mia versione: la freccia è un pretesto per fermarsi, e per scoprirsi migliore. Ma ripeto che non voglio la ragione di Borddn, è solo il mio modo di vedere le cose. Come dice Carlo, possiamo discuterne all'infinito, e non arriveremmo a una conclusione. Ma le tue parole erano chiare.
  6. Tu scrivi questo. E più tardi scrivi che la freccia gli fa scemare la paura di morire e incrementare la paura di morire solo. Per questo torna sui suoi passi. Non lo vedi come uno che cambia idea, e dici che lo fa solo perché , con la freccia , ha paura di morire solo. Dici questo o no? Io dico invece che la freccia è servita solo come pausa di riflessione, e che a prescindere dalla paura di morire o di morire solo torna disinteressatamente. Per me sarebbe tornato anxhe SENZA LA FRECCIA, bastava qualsiasi occasione di pausa per riflettere. Riflettere non sulla paura di morire solo o meno, ma sulla possibilità di salvare o meno i suoi amici. E Borden dice che la freccia è un pretesto per fermarsi a iflettere. Ma che la cosa decisiva non è la ferita o la paura di morire, si scopre semplicemente migliore di quello che crede. Che poi borden non ne sappia più di noi, siamo tutti d accordo
  7. Ma non stavolta, stavolta la sua tesi è più vicina alla mia che alla tua posto che ha detto che si è solo scoperto migliore, senza altri pensieri. Con questo non voglio nemmeno dire di aver ragione io e torto tu, perché anche lo stesso Borden, che pure ha scritto la storia, potrebbe avere torto. È proprio come dice Condor senza meta: una volta creati, i personaggi vivono di vita propria, e chissà quali sono stati i loro reali intendimenti e le loro vere motivazioni. In questo senso, mi viene in mente una risposta di Borden, che mi lasciò di stucco: quando gli chiesi come mai, ne L'Inesorabile, il fuorilegge avesse espresso, nell'ultima scena, parole di odio verso il fratello, che pure gli aveva salvato la vita, e senza che prima fosse stato palesato questo sentimento avverso, lui mi rispose: "bisognerebbe chiederlo al personaggio, ha sorpreso anche me". Non potei replicare: aveva ragione!
  8. Ok, grazie per la risposta.
  9. E allora siamo d'accordo. Non lo sei con Diablero però Sulla sua vecchiaia malinconica, che non pare realmente giustificata né dall'esito di questa storia né da Jethro, non credi che potrebbe esserci una terza avventura che in qualche modo provochi la cupezza dei suoi ultimi tempi? Sarebbe un buon pretesto per fare tornare un personaggio che, due volte su due, ha colto nel segno.
  10. La verità è che, per alcuni di voi, Diablero ha sempre ragione. La cosa bella è che spesso ce l'ha anche secondo me (eccede su Nizzi però), però non dategliela sempre, eccheccavolo. Che è proprio quello che dico io. Testuale quasi. Ma è importante la conclusione: perché torna, Corbett? Io dico che torna per un sentimento di amicizia verso Tex e Kyrby (anxhe verso Tex, da cui è "affascinato"). Per Diablero, invece, torna per non morire da solo. Qual è la tua chiave di lettura?
  11. Ma della pausa parlo io! Dico che la freccia gli consente di fermarsi a pensare. E dico infine che torna per amicizia, mentre Diablero dice che torna perché la paura di morire da solo è più forte della paura di morire tout court. Mi sembra che quello che dici tu è proprio quello che dico io, però nonostante questo dai ragione a Diabelro! E dillo che sei prevenuto
  12. Leo

    [726/727] Il pistolero vudu

    ATTENZIONE AGLI SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER Sarà che sto cambiando, invecchiando. Ma una storia come questa, che avrebbe fatto gridare allo scandalo il Leo di dieci anni fa, tanto è esageratamente sovrannaturale, oggi me la godo così, come una bella bevuta di un bicchier d'acqua. La trama, come dice Poe, è esile e non c'è nulla di davvero originale, nulla che non si sia visto altrove, compreso uno dei personaggi (stavolta Carson) che con la forza di volontà riprende il controllo di sé: certo, qui la sicurezza di Tex è da brividi, un attestato di fiducia, peraltro ben ripagato, che dovrebbe inorgoglire il vecchio Cammello. Sulle pallottole che scansano il pistolero Carrillo: perché nel primo albo, in casa di Trevin, non c'è stato questo stesso effetto, con il medaglione che, molto più prosaicamente, si è limitato ad arrestare la pallottola con la sua sola forza d'urto? Cosa è cambiato? Il secondo medaglione, appena forgiato, è più potente del primo? Boh. Per me questa è una storia di Zagor, scandaloso che una trama del genere esca su Tex nel 2021. Scandalosa, ma divertente. Sono indignato e soddisfatto. In definitiva, sono confuso.
  13. Non potevano fuggire, perché non avevano cavallo. Per fuggire, Corbett ruba un cavallo, tramortendo kirby. Comunque, tutte queste supposizioni attestano la bellezza del personaggio, confermata poi in Jethro. Ecco perché a me piacerebbe rivederlo, magari in quella vicenda che gli amareggera' la vecchiaia. Mi piacerebbe.
  14. Lettura interessante, ma credo sia la più lontana. Corbett entra nel Rio Grande, e lo fa per varcare la frontiera. È in questo momento che ci ripensa, ma volutamente Boselli non esplicita nulla: come avrà ragionato Corbett? Cosa lo ha spinto, in definitiva? Questo lo sa solo Corbett. Piuttosto, dovrei rileggere Jethro. Anche in quell'avventura, Corbett è sbruffone e ridanciano, quindi la sua vecchiaia malinconica non si spiega con i fatti del Texas. So che Jetrho è successiva e che Boselli, ai tempi de La grande invasione, non immaginava certo di farlo tornare: questo basterebbe a spiegare l'apparente incongruenza tra il Corbett sguaiato di Jethro (che però dovrei rileggere, non vorrei ricordar male, chiedo il vostro soccorso in questo senso) e quello triste che è andato a morire isolato da tutti E se ci fosse però, anche qui, un'altra lettura? Se Corbett fosse malinconico per un'altra vicenda, che Borden potrebbe raccontare in futuro? Cosa ne penseresti, @borden?
  15. Ok, ho capito. Resta il fatto che, quando mette piede sul Rio Grande, fa dei pensieri che lo portano a tornare indietro. Per te ciò che lo spinge indietro è la consapevolezza che può morire, e se accadesse lo farebbe da solo e a questo punto vuole almeno salvare gli amici. Per me, invece, il suo è un ripensamento disinteressato. Può fuggire, ma alla fine non se la sente. La tua è una visione coerente con il personaggio, la mia è più romantica. Quale delle due ha sposato Tex, buon giudice di uomini? La mia, mi pare. E non perché si sia fatto abbindolare (tex non crede minimamente alle scuse di Cprbett, figuriamoci), ma perché si è convinto della modifica radicale delle motivazioni dell'uomo.
  16. È una freccia, che gli annulla la paura di morire. Spacciato per spacciato, torno a morire con i miei amici, questo è il ragionamento di Diablero. Che non mi convince. Non è spacciato né ha paura di morire, è un jayhawker del Kansas ed è sufficientemente esperto per sapere che la freccia non lo spaccera'. La freccia gli raffredda la mente, questo fa. Gli dirada la nebbia, oltre la quale vede Tex e Kirby. E torna da loro: è una visione più bella dai
  17. La bellezza del personaggio di Corbett sta in questa ambiguità. Per me Tex non ha sbagliato a giudicarlo, semplicemente perché Corbett, in quel momento, era ingiudicabile. Se Tex lo avesse lasciato andare, il primo pensiero di Corbett sarebbe stato varcare il Rio Grande. Quindi Tex non sbaglia. Non concordo con te quando dici che Corbett è terrorizzato dalla morte. Un ex guerrigliero come lui non ha paura di morire, e non fugge per quello. Lui fugge per la LIBERTÀ. Quella è la sua motivazione. Quindi la freccia, che per te sarebbe decisiva perché ha annullato in Corbett la paura della morte, per me non lo è per questa ragione. Il tuo assunto è: Corbett fugge per paura della morte, poiché crede che la freccia possa spacciarlo, ecco che la paura passa e pensa agli amici. Io non la vedo così. Corbett, accalorato dalla situazione e dall'azione, fugge per conquistare la libertà. La freccia lo costringe a fermarsi per medicarsi. Lì comincia a pensare, e più forte del desiderio di libertà, prorompe in lui il desiderio di salvare i suoi amici. Non perché crede che stia morendo: non si fa scoraggiare dalla freccia, e gli zoccoli del suo cavallo sono sulla riva del fiume di frontiera. Se lui fa dietrofront, è solo per AMICIZIA. un sentimento che gli diventa chiaro solo a mente fredda. È lì che qualcosa, questo sentimento di amicizia, ha il sopravvento sul resto. Ed è lì che Corbett cambia, inaspettatamente anche per lui. Quindi Tex non ha sbagliato a giudicarlo, perché quando Corbett era al forte era ancora un'altra persona. O meglio, CREDEVA lui stesso di essere un'altra persona...
  18. Non mi piace criticare anzitempo, ma le tavole in anteprima servono a ingolosire, e purtroppo i disegni non mi sembrano il massimo. Spero di essere smentito, ovviamente. Tuttavia, io credo che questo albo, a prescindere dalla sua riuscita, sia da festeggiare: abbiamo un nostro vecchio companero che è riuscito ad approdare sul tamburino. Lo leggeranno anche tra cent'anni, "Monni". Basta questo, direi.
  19. Leo

    [506/507 ] A Sud Del Rio Grande

    "E venne il giorno...", per parafrasare un titolo famoso, della prima storia che non mi è piaciuta in questa mia rilettura. Non la ricordavo positivamente, e il ripercorrerla a distanza di anni non mi ha fatto cambiare idea. Prendo in prestito le parole di F80T che, con ottima sintesi, espone le ragioni che, anche per me, rendono questa storia deludente. Ingarbugliata, pesantuccia, e nonostante questo prevedibile. Ci aggiungo che non mi piace nemmeno la motivazione di Vance, che vuole vendicarsi tramite il figlio per una colpa del padre, peraltro morto da anni. Insomma, l'esordio del secondo centinao a mio parere non è felice. Doveva succedere, prima o poi.
  20. Mi prendo il "distratto" perché purtroppo mi capita di leggere a tarda sera e di non essere nel pieno delle mie facoltà mentali, con gli occhi già cascanti dal sonno. Ma in questo caso mi ha fregato il fatto di aver già letto la storia e di conoscerla bene... Sulle parole di Corbett, continuo a sostenere che il punto non è se ha sbagliato a non colpire Tex (cosa che mi parrebbe comunque poco consona ad un ex guerrigliero esperto di lotte all'arma bianca come lui) o se lo ha fatto di proposito, ma il fatto che potesse farlo. Il fatto che avesse messo Tex in una posizione di vulnerabilità, e qui non mi sembra di essere distratto. Peraltro, intendiamoci, non è affatto una critica, anzi, la scena è funzionale a caratterizzare meglio Corbett. Sul personaggio di Corbett più in generale, dissento da Diablero. In soldoni, nel suo bel post, Diablero attribuisce la conversione di Corbett da cattivo a buono alla mera convenienza di salvarsi perché colpito dalla freccia. Senza la freccia, è la tesi di Diablero, Corbett avrebbe varcato il Rio Grande e arrivederci a tutti gli amici. Anche per me la freccia è stata determinante, ma solo perché lo induce a riflettere, a guardarsi indietro. A un certo punto Corbett sta per varcare il Rio Grande. Perché torna sui suoi passi? Si fa un rapido ragionamento sulle probabilità di salvezza, sul fatto che possa o meno trovare un medico dall'altra parte della frontiera, oppure giudica di non essere in pericolo di vita ma torna indietro lo stesso per i suoi amici Kirby e Tex? Per me la chiave sta tutta qui: Corbett considera Tex ormai come un amico. Poi, certo, è sbruffone e bugiardo; certo, a pag.109 dice a Tex di essere fuggito senza dirgli niente perché altrimenti lui non lo avrebbe permesso: ma il punto non sono le bugie, alle quali peraltro Tex non crede neanche di striscio. Anche in Jethro! Glenn dice una bugia a Tex, il quale FA FINTA DI CREDERCI, senza cascarci neanche per un momento, perché non si fa grandi illusioni sulle qualità morali del suo compagno. E anche qui, nella prima apparizione dell'ex galeotto, Tex non crede che Glenn sia fuggito per salvarli. Tex SA che il fuorilegge ha cercato di svignarsela, ma sa anche che a un certo punto HA CAMBIATO IDEA, e non per mere ragioni utilitaristiche. Ha cambiato idea perché ha ripensato agli amici di Fort Quitman, ha cambiato idea perché ha pensato a Tex.
  21. Leo

    Il Tex di Boselli è veramente Tex?

    E perché dovrei farlo? Il sostituto c'è già, si chiama Claudio mi pare e viene da un paese in provincia di Modena So che quella definizione non ti è mai piaciuta, ma io la trovo calzante invece. Per me il Tex veramente innovativo l'ha scritto Boselli. Quello di Nizzi era volutamente contenuto nei binari del grande vecchio, al massimo il suo può essere un Tex 1.5. Nolitta, poi, ha scritto l'A-Tex: lì Tex non c'era proprio, dai Il filone fantastico secondo me è più difficile da innovare. Poi io non posso parlare in questo senso, perché non ho mai condiviso l'entusiasmo dei più per Mefisto, Yama, ecc. Ad esempio, la storia di Yama di Boselli mi è piaciuta molto poco, mentre proprio Bourbon Street la ritengo invece una storia, oltre che avvincente, molto originale. Io per asciuttezza intendevo un certo modo più asettico di trattare i sentimenti. Berardi indugia meno sul pathos, è più "controllato", laddove Boselli alle volte cerca di suscitare commozione (dovrei però rileggere Ken Parker, vado molto a memoria...). Forse non consapevolmente, ma probabilmente c'è anche Nolitta... Vero. C'è da dire che al vecchio Glb il passato interessava poco, così come anche a Nizzi. L'elemento del flashback in Tez è stato trattato compiutamente sostanzialmente da Boselli. Hai solo 67 anni, quasi 68, sei ancora un giovinetto. E poi, io l'incontro tra Tex e Ken lo vorrei scritto da te, quindi non puoi andare in pensione prima
  22. Il punto non è che abbia sbagliato, ma che Tex fosse in balia di lui. Poi lui lo manca, di proposito oppure per errore, ma di fatto Tex si era preso una ginocchiata finendo a terra, vulnerabile. Questo è il punto. Sulla figura di Corbett, invece, nel mio post dico le tue stesse cose, salvo discostarmi sulla conclusione: la freccia può avere aiutato Corbett a riflettere, ma la sua scelta finale non è di pura convenienza, e forse avrebbe potuto farla anche senza freccia. Che Corbett sia un bastardo fatto e finito è stata la mia premessa, ma la conclusione la vedo diversamente da te. Ora non posso argomentare di più per questioni di tempo (sono in pausa pranzo), magari stasera provo a dare una risposta più articolata.
  23. Non un errore ma un depistaggio: è possibile che Corbett in quel paese abbia passato una vecchiaia malinconica e di poche parole, caratteristiche plausibili e funzionali a depistare il lettore. In effetti fa di tutto per non far capire di chi si tratti: mi sono fatto ingannare dalla mia pregressa conoscenza della storia.
  24. Non sbagli, hai ragione tu. Mi sono lasciato ingannare dalla mia conoscenza della storia: rileggendo le prime pagine, io sapevo già di Corbett, ma di certo non lo sapevo la prima volta; certo, anche la prima volta era facile sospettarlo...
  25. Leo

    Il Tex di Boselli è veramente Tex?

    Ultimata la rilettura delle storie boselliane degli albi che vanno dal 400 al 500, vorrei qui proporre una sintesi di quanto letto finora. La suddivisione in centinaia è ovviamente arbitraria, ma non più di quanto non lo siano molte date convenzionali della Storia, e si presta quindi ad essere utilizzata per un primo “bilancio” delle mie letture di questi giorni. Probabilmente non dirò, in questo mio intervento, nulla di nuovo rispetto a quanto detto finora negli oltre 2.000 messaggi che ho postato nel forum, a commento delle varie storie o nei confronti tra gli autori. Tuttavia, mi piace qui postare un commento a caldo, come consuntivo della rilettura sistematica che ho avviato in questa primavera 2021, che mi sta portando a riscoprire storie che non leggevo da tempo o, come nel caso del Morisco, che non avevo mai letto. Spesso si è definito quello di Boselli come il Tex 2.0: alcuni lo hanno fatto con accezione negativa, altri ritenendo invece che quella boselliana sia stata una ventata di freschezza in una testata a serio rischio di asfissia. Naturalmente, io appartengo alla seconda fazione, avendo sempre ritenuto che gli elementi di novità apportati da Boselli su Tex abbiano salvato il personaggio principe della SBE da morte pressoché certa. L’intervento di Nizzi aveva infatti sì consentito a Tex di navigare a vele spiegate per molti anni dopo l’abbandono del creatore del ranger, ma anche quella “barca” stava arenandosi nella pervicace ripetitività di alcuni schemi e situazioni che, a distanza di quasi 50 anni dalla creazione del personaggio, avevano generato un po’ di stanchezza, nei lettori come nello stesso autore principale che, non volendo o sapendo staccarsi da certe sue rotte consuete, non riusciva più a reggere il timone e a dare all’imbarcazione una rotta salda e sicura. L’intervento di Boselli è stato per “sottrazione” e per “addizione”: ha cioè limitato Tex, sottratto allo stesso un certo numero di pagine, per lasciare spazio non agli antagonisti (ché questo aveva saputo farlo anche Nizzi, nel fulgore della sua carriera) ma ai comprimari, ai co-protagonisti. Tex, Carson e gli altri due pards non possono morire, quindi scrivere storie innovative, che non fossero la consueta sequela di avventure dall’esito scontato, passava giocoforza dalla creazione di nuovi personaggi, il cui destino fosse invece sempre in bilico. Occorreva quindi creare un universo di co-protagonisti per le cui sorti si potesse trepidare, dando loro il giusto spazio ma senza mettere in ombra Tex. Gioco molto pericoloso, la cui riuscita poteva dipendere dalla fermezza del polso di colui che si accingeva a una simile impresa e da una perfetta conoscenza tecnica della macchina che si voleva assemblare: caratteristiche che Mauro Boselli ha dimostrato di possedere appieno, divenendo il creatore del Tex 2.0 e, più in generale, il salvatore di Tex. Nuovi personaggi, quindi, su cui riversare l’alea delle avventure. Ma, affinché tali nuovi personaggi facessero breccia nel cuore del lettore, affinché quest’ultimo li percepisse come meritevoli di empatia e di interesse, occorreva che gli stessi fossero ben tratteggiati, che li si conoscesse, che ci fossero gli elementi per amarli. E qui nasce l’idea del passato: questi personaggi non li vediamo solo nel tempo “presente”, funzionali alla storia che li ospita, ma ne conosciamo il vissuto, le vicende, le sofferenze che li hanno infine portati nelle pagine del mensile. Guardiamola, questa messe di comprimari, tanti quanti non ce n’erano forse stati nelle pagine del ranger fino a quel momento: Ray Clemmons e Lena Parker, il Sergente Torrence e Mickey Finn, naturalmente Shane e i soldati dell’Oca Selvaggia, l’Ingegner Castleman, Gothlay e la sua famiglia, il figlio del comanchero Juan Raza, il grande Glenn Corbett. Con loro irrompe il passato, attraverso la tecnica del flashback, il cui utilizzo è dosato in maniera sapiente, posto che le pagine da dedicarci non possono per forza di cose essere molte e devono quindi essere dirette, rapide, devono centrare immediatamente l’obiettivo. Così, con poche ma sempre intense vignette, veniamo a conoscenza della storia dei personaggi, o meglio di un evento decisivo della loro vita, che ha avuto conseguenze e che ancora incombe sul destino degli stessi. Il lettore quindi è portato dapprima ad “affezionarsi” al character di cui ha appena conosciuto un evento traumatico o decisivo del passato, per poi seguirne le vicende con quell’interesse e quella curiosità che fatalmente non potevano essere più presenti nelle storie dal consueto schema “buoni e cattivi”, che vedeva irrimediabilmente la vittoria dei primi. Non sempre c’è il passato dietro la costruzione di tali personaggi, ma anche nei casi in cui non c'è l’uso che degli stessi ne fa Boselli li rende comunque indimenticabili, per caratteristiche o comportamenti: come scordare lo sceriffo Merrick? O il vecchio Bean, che aggredisce il figlio anche in punto di morte? Come non amare Liz, Laredo e Parkman? Come non avere incubi ricorrenti su Jack Thunder? Boselli, peraltro, non ricostruisce solo il passato dei suoi personaggi, creati per la storia del momento; si incunea invece anche nel passato dei pards, o dei comprimari storici, andandoci a raccontare quello di Carson nella sua storia più celebre, e più tardi anche quelli di Montales, Jim Brandon, El Morisco. E’ un’anticipazione dell’operazione in più larga scala che avrebbe compiuto anni dopo per lo stesso Tex, dando vita alle avventure del giovane Tex Willer. In tutto questo, il merito più grande dell’autore meneghino è forse proprio quello di non essersi giocato Tex. Nei meandri della vita dei nuovi personaggi, tra ribelli irlandesi e cacciatori di piste, tra galeotti e freaks assassini, il rischio di lasciare troppo in ombra il personaggio principale era concreto. Eppure, Boselli è riuscito, con un efficace lavoro di bilancino, a non oscurare mai Tex né a mettere in discussione il suo contributo all’esito della storia, che risulta sempre decisivo. Il lavoro per sottrazione, quindi, lungi dall’aver ridotto Tex a mero comprimario, ne ha invece esaltato ulteriormente le caratteristiche di decisore e risolutore, tanto più importante quanto più la storia si presentava intricata e complessa e animata da personaggi all’altezza. E il fatto poi che questi personaggi siano spesso grigi, oltre ad alimentare ulteriormente l’interesse del lettore, che non sa come, alla prova dei fatti, questi uomini si porteranno, esalta anche la figura di Tex buon giudice di uomini, pronto ad affidarsi a loro in circostanze disperate ma sempre con una certa consapevolezza di fondo. Il Tex 2.0 non è figlio solo di Boselli ma, come spesso accade, di tutto il "substrato" che Boselli ha acquisito nel corso della sua carriera di lettore e di scrittore. In Boselli non c’è solo Gian Luigi Bonelli, ci sono anche D’Antonio e Berardi, oltre ad altri contributi che non sono in grado, ahimè, di individuare. Non ci sono solo gli anni cinquanta e sessanta avventurosi del vecchio Tex, ci sono anche gli anni settanta e ottanta di Ken Parker. Boselli ha attinto a piene mani dalla lezione dello scrittore genovese: in Ken Parker, il personaggio principale spesso era solo un pretesto per raccontare storie della frontiera, dell’Ovest, in seguito anche dell’Est industriale e cittadino (Sciopero e I Ragazzi di Donovan, ad esempio). Racconta storie, Berardi, di gente sconosciuta, di archetipi (i pionieri, gli operai, i cowboy, gli indiani, i soldati, i giornalisti della Frontiera, gli schiavi), affiancandoli a Ken, che fa da filo conduttore di una grande, cruda e poetica insieme, storia del West. E cosa fa Boselli, se non raccontare storie di personaggi ignoti, innestando in esse poi Tex? Cosa non era piaciuto, a Sergio Bonelli, di Oklahoma? Forse lo spazio lasciato alla famiglia che partecipa alla Grande Corsa? Alla storia d’amore della figlia con l’indiano? Alle vicende col gioco d’azzardo del ragazzo? Alle aspirazioni del vecchio giornalista? All’orgoglio dello sciancato lanciatore di coltelli? Forse sì, forse è questo che non gli era piaciuto. Non ha capito, Sergio Bonelli, che invece ci voleva forse proprio questo, per non giocarsi Tex, doveva tener presente che di acqua ne era passata sotto i ponti e che i lettori diventavano più esigenti, mediamente più colti, e che la concorrenza degli altri media si faceva sempre più serrata e spietata. Ci voleva un salto di qualità, per evitare il salto dello squalo. Ingaggiando Boselli, Sergio Bonelli non si rese conto che quest’ultimo era una sorta di cavallo di Troia, che con lui stava facendo entrare in pianta stabile in Tex anche Berardi, D'Antonio, oltre che naturalmente lo stesso Boselli, non mero emulo dei suoi predecessori, ma scrittore comunque originale. Originale perché, intanto, ha saputo fondere Berardi con GLB, cosa tutt’altro che semplice, proponendo un Tex in linea con i tempi ma del tutto fedele al personaggio concepito e sviluppato dal vecchio nel corso del tempo; poi, rispetto a Berardi, che ha intenti e un modo di scrivere “veristi” (nel senso che vuole raccontare il vero, con una certa attenzione all’ambiente che racconta e ai suoi meccanismi), Boselli è più ancorato alla letteratura avventurosa, un po’ perché è il personaggio Tex che lo esige, e un po’, credo, per i suoi gusti personali. Ciò consente a Boselli di essere meno vincolato di Berardi, e mentre quest’ultimo tende a mantenersi asciutto nella sua narrazione, Boselli si consente maggiore pathos e una scrittura più epica. In sintesi, nel centinaio in questione Boselli si impone con la sua cifra, con gli elementi caratteristici della sua scrittura, perfettamente incastonati nel mondo texiano, sia che si tratti di storie western che di avventure di tipo magico-orrorifico (El Morisco o Silver Bell), raccogliendo nel migliore dei modi la pesantissima eredità di GLB (e di Nizzi) e consentendone l’evoluzione verso un nuovo modo di scrivere Tex, fresco, moderno e in definitiva salvifico: il Tex 2.0. Fatto, per la gran parte, di autentici capolavori.
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