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TWF - Tex Willer Forum

Dix Leroy

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Messaggi pubblicato da Dix Leroy

  1. Comprate questa sera sia la collana Vindex (1 e 2) sia la collana Aquila (solo n.1).

    Due prodotti molto diversi pur se con dimensioni simili (ma non uguali!)

    Liquido subito quella di Zagor che è in linea con le due precedenti collane, seppur i disegni stavolta un gradino sotto.

    La nuova collana a striscia di Tex è realizzata molto bene, sulla falsariga di quella edita nelle prime uscite dell'anastatica,

    ma con carta e copertina di tutt'altra qualità. Un piacere da tenere in mano e sfogliare, ma l'aspetto "vintage", almeno nel progetto grafico è del tutto assente (se non nei disegni di Torricelli, che però stavolta appaiono con più personalità e meno "ricopiati" da Galep. Per la storia preferisco aspettare qualche altro albo, ma l'atmosfera che si respira è molto, molto vicina ai fumetti che a me piace leggere. Ovviamente, come da molti ricordato tutto si riduce a uno sfizio per chi se lo può permettere e sinceramente non me la sento di invitare gli amici del forum di preferire queste strisce agli albi da edicola.

    In fumetteria mi hanno detto che ci sono altri acquirenti e che a loro la cosa piace anche.

     

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  2. Storia del West di Gino D'Antonio. Non occorre fare il giro del mondo per trovare autori che in 100 pagine

    sapevano raccontare una storia completa con i suoi tempi e il suo ritmo e anche le esigenze editoriali

    (tranne le scadenze, visto che per 75 uscite ci mise quasi quindici anni).

    Oppure prendete Watchmen (la serie originale): racconta un universo alternativo mai visto prima e presenta

    una marea di personaggi. Il libro che raccoglie i 12 episodi è più corto di un MaxiTex qualunque.

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  3. <span style="color:red">22 ore fa</span>, frank_one dice:

    Sono d'accordo con te, ci vorrebbero più storie da un albo. Per quelle con più ciccia si può pensare (e pensarci bene) di arrivare a due albi, i tre albi li lascerei a casi veramente eccezionali, massimo una volta all'anno, per storie-evento. In NESSUN caso arriverei a quattro.

    E' che nel corso degli anni i lettori (e gli sceneggiatori) si sono abitati a "star larghi". Forse gli unici a pensarla diversamente sono i disegnatori, ma anche qui, se non sei proprio fisso in una testata ben venga una sola storia che dà un guadagno a lungo termine (e meno ricerche da svolgere). Ma io da vecchio cultore degli anni cinquanta alle vicende fiume non mi sono mai abituato, se non per grandi occasioni come "Tra due bandiere" o "Il ritorno di Montales", che non sono certo tra le più lunghe della saga.

  4. E se questo fosse il futuro prospettato negli alti piani?

    Pur avendo smesso la collezione di Tex, in pochi mesi mi scuciranno quasi metà della somma che spendevo annualmente per il mensile. Il fatto è che avendo pochi albi di piccolo formato e con una storia (spero) semplice e avvincente li avrò spesi volentieri!

    E neanche mi sento "truffato", tanto da prendere pure quella di Zagor...

  5. L'estate è il periodo perfetto per inondare di speciali le edicole (specie quelle delle località di villeggiatura), non certo per andare a complicare la vita delle  fumetterie (che almeno qui in agosto chiudono per ferie...) e dei suoi occasionali clienti che sono i lettori di Tex e Zagor. Ma se non ricordo male poi in autunno escono i "pack" con le strisce raccolte in cellophane, quindi la cosa si risanerà. Se siamo alla terza collana di Zagor tanto male 'sta roba non va.

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  6. Ticci non è un lavoratore qualsiasi e neanche un disegnatore qualsiasi.

    Ebbe la possibilità di lavorare per l'America, ma a un certo punto firmò per Bonelli e finì presto a disegnare in esclusiva per Tex, diventando uno dei maggiori artefici del successo del personaggio. Bravura, carattere, un pizzico di sperimentazione, sicuramente consegne puntuali (con aiuto di amici e parenti). Logico che a un certo punto abbia strappato condizioni economiche a lui vantaggiose.

    Ma tutti i lavoratori suoi coetanei (lasciate perdere politici e industriali che sulla poltrona di casa casa morirebbero per la mancanza del potere), o almeno quelli che il Signore ha tenuto in buona salute, neanche ricordano più l'ultimo giorno che timbrarono un cartellino.

    Piacere nel disegnare? Forse.

    Una pensione da fame se la richiedesse? Molto probabilmente.

    Un libero professionista o guadagna moltissimo, per cui l'inps servirebbe a poco, o è costretto a lavorare finché la salute glielo concede.

  7. Nizzi ha scritto una storia col pilota automatico perché da anni non ama scrivere Tex.

    Ticci ha mosso critiche alla storia ma l'ha portata a termine pur con problemi di salute.

    Boselli ha dovuto far uscire la storia perché l'unico valore sono i disegni di Ticci.

    Il lavoro era pronto, è stato pagato e occorre rientrare delle spese, a carico dei lettori, ampiamente avvertiti per tempo.

    Un bel problema per il criticone che vuole indicare a tutti i costi un colpevole, diciamo che è un concorso di colpa.

  8. Pur sostenendo l'iniziativa (perché A ME piacciono le strisce e alcune volte per averne originali mi è toccato spendere), come per altre edizioni più o meno lussuose e più o meno introvabili, mi associo a Diablero per chiedere anche per questa storia una riproposizione (nei tempi adatti e nella collana più consona) da edicola. Stiamo aspettando ancora "Il ponte minato", mentre le nuove strisce di Zagor hanno già avuto la loro "edizione economica".

  9. Adesso, joe7 dice:

     

    La cultura infatti serve a raccontare bene, non per documentarsi: la cultura non è documentazione. Serve anche la documentazione, ma questa viene dopo: esistono fumetti documentatissimi, ma noiosissimi. 

     

    Se vuoi raccontare bene, devi leggere le opere di persone che raccontano bene. Tutti gli scrittori hanno preso da grandi scrittori. Questo vale anche per chi racconta fumetti o film. E persino per le barzellette. La cultura è fondamentale per comunicare in modo coinvolgente. E anche per comunicare meglio a livello quotidiano.

     

    Prendiamo la "Dama di Picche": se la raccontasse una persona che non ha letto molto, o ha letto in modo superficiale, farebbe una storia piatta e noiosa, prevedibile e con frasi da "mister banalità". Se la racconta invece chi ha letto molto e ha assimilato quello che ha letto, come il Gianluigi Bonelli, fa una storia in cui ogni sequenza è coinvolgente. Questa è la differenza.

    Non sono del tutto d'accordo. Ho avuto insegnanti che avevano una grande cultura, ma non sapevano trasmettermela, mentre ho avuto alcuni amici che sono andati a scuola meno di me che è un piacere sentir parlare, magari anche di sciocchezze.

    Non disprezzo la cultura, ma se fosse così ogni scienziato sarebbe un grande scrittore. Ci vuole mestiere ma soprattutto doti innate, che mille libri letti non sapranno insegnare. Penso che tra gli scrittori moderni e Bonelli ci sia un abisso di sapere, eppure Gianluigi, forte del suo viaggiare, dei suoi libri letti e delle ore passate a tirar pugni o tirare al piattello li batte ugualmente.

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  10. Adesso, joe7 dice:

    La capacità di narrare e di coinvolgere era un dono di Gianluigi Bonelli, e adesso nessuno è capace di fare altrettanto.

    E per me non basta neppure possedere una vasta cultura. Tante belle storie bonelliane non si basano su fatti fondati o documentati, ma vengono raccontati così bene che ai lettori non importa nulla e si fanno coinvolgere dal racconto.

    Talvolta ci sono svarioni, sviste, o veri e propri errori, che vengono fuori solo a un attento esame.

    Come per chi sa davvero raccontare le barzellette, che spesso sono soltanto sciocchezze, ma sei stato cinque minuti in sua balìa e ti sganasci ugualmente o forse proprio per questo.

  11. <span style="color:red">1 ora fa</span>, Diablero dice:

    questo albo ribadisce sempre di più che Tex Willer NON È nella stessa continuity di Tex Gigante. Sono troppe le cose che è assolutamente impossibile che siano mai accadute nella serie gigante.

    Questa cosa era già risaputa. Il Tex delle serie ora in edicola sono in continuità, sono le storie vecchie ad appartenere a un altro "universo". Resta solo da capire da quando comincia l'attuale Tex e quale periodo è sostanzialmente "scritto male" o "non del tutto canonico". Per partito preso ho sempre pensato che la serie "classica" terminasse col 300, ma visto che Galep ha copertinato fino al 400 resto col dubbio.

  12. Vi faccio questa semplice osservazione. Quando imparai a leggere mi resi conto che il mondo era pieno di cose scritte: cartelli, manifesti, campanelli, etichette, scatole... Un giorno ero in autobus e rimasi sconvolto da una targhetta di alluminio dove c'era scritto "VIETATO SPUTARE" e lo ritenni un avviso inutile e assurdo: ma a chi cavolo viene in mente di sputare dentro l'autobus? Ma mi si fece notare che qualche vecchiaccio che a me sembrava masticasse la gomma del ponte in realtà teneva in bocca del tabacco, e ogni tanto, magari senza farsi vedere se ne liberava.

    Oggi vedo i calciatori (e anche qualche calciatrici) che stanno sempre a sgaracchiare per terra e ovviamente i giovani li imitano.

    Se venissimo portati nell'antica Roma o nell'antica Grecia dopo mezz'ora cercheremmo l'uscita perché chissà che abitudini avevano (e non erano certo barbari). Stesso dicasi per il selvaggio West. Il senso del pudore e della vergogna va e viene e sicuramente cambia (in meglio ma molto spesso in peggio) con rapidità stupefacente.

  13. E' più facile ricordare la fase editoriale che abbiamo vissuto, rispetto ai fatti storici in cui non c'eravamo.

    Mio padre cominciò la raccolta nei primi anni sessanta, consigliato dall'edicolante a collezionare la "Tre Stelle", all'epoca chiamata l'edizione definitiva. Si veniva ad accontentare la richiesta pressante dei primi volumi, già difficili da trovare anche in ristampa, specie fuori Lombardia.

    Il successo pieno di Tex è da trovarsi qui. La reputazione certo se l'era creata con le strisce, che però avevano stancato per i problemi già elencati dagli altri pard nei giorni scorsi. Tanti compravano e leggevano il Tex, ma gran pochi lo collezionavano.

    • +1 1
  14. Tengo a ribadire che la mia frase di ieri era una semplicizzazione estrema a seguito del "comizio" di Diablero (che ha tutto il diritto di esprimere la sua opinione nella lunghezza che ritiene opportuna". Il mio punto di vista è risaputo e giustamente osteggiato e condiviso in egual misura. Ho voluto dire in breve che un'opera che vorrebbe essere "importante" (che sia un fumetto "seriale" o uno "d'autore), non dovrebbe distinguersi perché ha una messa in scena disturbante o provocatoria, ma perché vuole porci dinnanzi a un problema o a un messaggio che l'autore sente di condividere con i suoi lettori.

    Se invece tutta l'opera ha il solo scopo di far vedere che i personaggi dei fumetti hanno difetti come li abbiamo tutti, spiacente ma non mi trova interessato, lo so già e non serve mostrarmelo. Paperino è pigro, Pippo è un po' svampito, Zio Paperone è tirchio e Alan Ford un po' ingenuo. Ma le loro storie parlano d'altro.

    Se volete saperlo per un po' mi sono sganasciato come un matto a leggere le strisce di Edika (Perché tanto odio!), ma tempo un anno mi sono ricordato che ci sono modi più garbati e altrettanto divertenti.

  15. <span style="color:red">3 ore fa</span>, Diablero dice:

    Hai mai visto una moda "moderna" trattata bene in una storia di Barks? Non molto tempo fa nel forum si era parlato (per una supposta - e inesistente - somiglianza con "Diablero") della storia della ragazza allevata dai dingo. Che viene catturata e rincitrullita tramite la moderna musica rock...  :laugh:

     

    Si potrebbe dire che questa continua derisione di ogni "modernità" (dall'arte alla pubblicità alla moda, tutto ciò che è "moderno" viene deriso in Barks) sia dovuta solo al fatto che doveva far ridere: ma allora come mai in "Old California", con i Paperi che viaggiano indietro nel tempo, tutto viene trattato con rispetto e nostalgia? Cosa rappresenta davvero Zio Paperone nella versione "eroica" matura?

     

    Il cinismo di Alan Ford è eterno e immutabile: nelle storie del Numero Uno, tutti sono sempre stati cialtroni, dall'alba dei tempi, nessun eroe è mai stato davvero degno di rispetto e tutto ciò che li faceva muovere era l'avidità o la stupidità. La stessa cosa viene detta in MaxMagnus: cambiano i suonatori, ma la musica è sempre la stessa, e l'amministratore fiduciario è sempre al suo posto ad ogni cambio di regime.

     

    La visione del mondo di Barks è diversa: è nostalgica, Barks crede che un tempo le cose fossero migliori, e che il mondo sia gettato in caduta libera in un vortice di stupidità. In Barks non è tutto immutabile: dice proprio che stiamo peggiorando.

     

    In entrambi i casi, credo siano visioni del mondo così chiare e contrastanti con il falso ottimismo del "mondo migliore possibile" da aver contribuito al loro successo e alla loro qualità: a rimanere nel tempo in genere non sono le opere che dicono che stiamo tutti bene e siamo governati benissimo...  :lol:

     

    Beh, ormai sono 15 anni e il successo non solo non cala, ma continua ad aumentare... direi che il tempo ha parlato! :laugh:

     

     

    Visione "idilliaca dall'alto", che non trova molti corrispondenti con la realtà.

     

    Se guardiamo la REALE storia del fumetto, cosa scopriamo? Che in generale le storie più "eversive", più controcorrente, sono state quelle realizzate per "robaccia commerciale", proprio appunto perchè "non ci faceva caso nessuno, basta che vendano"

     

    Negli anni 70, Steve Englehart scrisse una saga di Capitan America in cui una cospirazione vuole distruggere la democrazia e imporre una dittatura, dominata dall'"Impero Segreto". Capitan America sgomina, in una storia lunga con l'aiuto di altri eroi tipo gli X-men, l'Impero Segreto, e alla fine ne insegue il capo fino al suo covo: la Casa Bianca. Il capo dell'organizzazione golpista e criminale è il Presidente degli Stati Uniti (all'epoca credo fosse ancora Nixon, ma non sono sicuro, in ogni caso non se ne vede la faccia). Il Presidente degli Stati Uniti si spara un colpo in testa, di fronte a Capitan America. Negli albi successivi Capitan America cambia costume perchè non crede più nella bandiera americana, diventando "Nomad"

     

    [Englehart comunque è anche quello che in una storia del Dr Strange mostra che il Dio creatore del mondo al momento del Big Bang era un mago criminale proveniente dal futuro, e in una storia dei Vendicatori una prostituta di Saigon viene eletta "Madonna Celestiale". che partorirà il salvatore dell'universo... era un tipetto così insomma...  :laugh:]

     

    Perché potevano farlo? Perché a nessuno importava nulla dei fumetti. Erano "robaccia". C'era stata la campagna di stampa di Wertham negli anni 50 che li aveva esposti all'opinione pubblica bigotta e beghina che credeva nella "cultura alta" e che era rimasta scandalizzata che i ragazzi avessero simili letture invece di opere "educative" e "di qualità" e ne erano stati quasi distrutti. Ma poi la politica se ne era fregata. "roba da poco che non fa girare troppi soldi" significa, in genere, poca censura e MASSIMA libertà espressiva. Erano i tempi in cui nei "pornazzi" si poteva deridere la politica, e in cui GL Bonelli poteva tranquillamente far vedere Tex che combatteva contro gli Stati uniti, o proteggeva un rapinatore dalla Legge, o solidarizzava con un criminale assassino ricercato come Apache Kid, o poteva uccidere crudelmente Higgins (oggi no!)

     

    Facciamo un salto di qualche decennio. Una ventina di anni fa la DC pubblica una serie "irriverente" e molto più "eversiva" dei suoi normali Supereroi, chiamata "The Authority". L'idea di base era che se un supereroe avesse davvero a cuore il bene pubblico, diventerebbe un supercriminale. Perché si troverebbe come nemici tutti i governi che NON vogliono il bene pubblico. Quindi questo gruppo di personaggi dai poteri eccezionali, The Authority, prende in pratica il controllo del mondo, proibendo guerre, genocidi, giudicando le dispute fra nazioni secondo (la loro) giustizia, etc.

    Nell'ultima storyline della serie, il "nemico" è il governo degli Stati Uniti, che vuole eliminarli e li sostituisce con supereroi "governativi" sponsorizzati. Dopo aver vinto la lotta uccidendo le loro controparti "autorizzate dalla legge" (ma in realtà erano un campionario di sadici assassini motivati soprattutto dai soldi), decidono di "punire", a scopo intimidatorio, gli Stati uniti. Vanno alla casa bianca, prendono Bush Junior (all'epoca presidente), con lui che si difende balbettando "non è colpa mia, io non conto niente, mi dicono loro cosa devo dire...", e... lo teleportano in Afghanistan. Di fronte ai poveri contadini che stava "liberando" a furia di bombe. E lo lasciano "alla loro clemenza" (non viene mostrato, ma è chiaro che non sopravvive a lungo).

    Però stavolta la storia viene censurata. La serie viene bloccata per mesi, e poi esce in una versione molto censurata, e poi viene chiusa dalla DC nonostante avesse vendite elevate, con gli autori che smettono con la DC e vanno alla Marvel.

     

    Non si può più fare.

     

    I film, telefilm e i videogiochi di supereroi iniziano a macinare soldi, e soprattutto, adesso i fumetti DC vengono analizzati, recensiti, se ne parla nel web e su youtube, e quindi...  NON SI RISCHIA PIÙ LO SCANDALO!

     

    Andatevi a vedere cosa c'era nelle "Riviste D'autore" passato il primo momento di novità (e di libertà), diciamo nella seconda metà degli anni 80: storie stereotipate, banali e "buoniste" che più inoffensive non si può. Magari "poetiche", al grido di "bisogna salvare i cuccioli" e "la guerra è cattiva", ma nulla che facesse incavolare qualcuno (qualcuno ancora ci provava, gli autori davvero "popolari" che facevano aumentare le vendite e quindi erano più tollerati tipo Pazienza, ma le storie di Pazienza su Comic Art venivano sempre criticate da lettere in redazione che dicevano che Pazienza era un autore "da pornazzi", non "da fumetto d'autore".

     

    Che idea avevano di "roba d'autore" questi lettori? Evidentemente si confondevano con le letture consigliate dalla parrocchia...

     

    La maggior parte della gente che se ne riempie la bocca, i classici NON LI HA MAI LETTI. Senti emeriti tromboni ignoranti (politici soprattutto ma anche tanti presentatori e giornalisti lecchini) mettersi a pontificare in TV sul fatto che nella "letteratura alta" non si parla di cose "basse" e "peccaminose", e ti rendi conto che sono ignoranti come capre (o fingono di esserlo per fare propaganda alle menti semplici)

     

    James Joyce è considerato il massimo autore di lingua inglese della prima metà del XX secondo, l'Ulysses è il suo capolavoro riconosciuto: e nell'Ulysses c'è una scena con una descrizione dettagliata di un personaggi che va a defecare in un gabinetto, cosa prova istante per istante, nel famoso "stream of consciousness" di Joyce. I suoi personaggi si masturbano, trombano, e fanno tutte le "robacce" che secondo i tromboni benpensanti "non si devono scrivere".

     

    Ah, ma Joyce era notoriamente un dissoluto, ateo, anticlericale, e messo all'indice dalla Chiesa! Deve essere per quello, no? No. Dante nella Divina Commedia mette merda e scoregge. E trovatemi un qualsiasi premio Nobel per la letteratura in tutta la storia del premio che passerebbe il vaglio dei "benpensanti" tromboni televisivi... (chi dice "Dario Fo" si prende il premio per la battuta più bella della giornata :laugh: )

     

    Milan Kundera, che non era solo un eccezionale romanziere ma anche un saggista e polemista, definisce la differenza Arte e il Kitsch (tipo la propaganda) dicendo che il Kitsch è "LA NEGAZIONE DELLA MERDA". L'arte parla dell'uomo REALE, parla della nostra vita, di noi come persone reali. Con luci e ombre, e noi produciamo anche merda. L'essere umano è anche questo, tromba, rutta, scoreggia, e produce merda. Se vuoi parlare dell'esperienza umana con ONESTÀ e fare arte, non lo puoi negare. Anche se scrivi fantasy o fantascienza.

     

    O puoi essere uno che vuole rifilare balle, uno che vuol fare propaganda per un politico o un detersivo, che ti racconta fuffa falsa e priva di valore, e per venderti il suo prodotto ti dice che tu non produci mai merda, e chi ti dice il contrario è una persona brutta, un pornografo, un maiale e non è "un vero artista", che i "veri artisti" descrivono un umanità che non fa "cosacce" ed è perfettamente lavata con Dixan...

     

    C'è più "arte", vera, nella produzione "popolare" (certo, sempre secondo la legge di Sturgeon, "il 90% di tutto è merda", con "merda" in questo caso non in senso letterale ma come oggettivo e veritiero giudizio critico, nel mare della produzione "popolare" se non hai una mappa o una guida ne devi leggere di schifezze prima di trovare qualcosa di valido, a questo servirebbe la critica...se davvero servisse a qualcosa!) che non nella produzione "d'autore". Perché vale anche qui un altra grande verità: se parti convinto di essere un "artista" e vuoi fare cose "artistiche", produrrai solo kitsch. Perché sarai molto, molto, molto più "inquadrato" e limitato dal fatto che vuoi fare una cosa che piacerà ai critici, ai tromboni, che possa vincere premi, etc, di un autore "popolare" molto più libero (poi la legge di Sturgeon vale anche al contrario: anche in queste condizioni, il 10% non è merda, se un autore è valido riesce a fare cose valide anche con i mille paletti del "fumetto D'autore"...)

    I fumetti dove i personaggi ruttano e scoreggiano non mi piacciono.

  16. Il fumetto popolare dovrebbe essere realizzato da bravi autori (e meno bravi, basta che vendano), per un pubblico di affezionati che tutti i mesi o settimane si aspettano senza sosta e senza tregua nuovi episodi del loro personaggio preferito. Il cosiddetto "autore" invece pubblica il fumetto come e quando vuole lui, senza indicazioni "dall'alto" e senza timori reverenziali sui temi che vuole trattare e sul messaggio che vuole diffondere. Capita e spero capiterà che le cose si sovrappongano e sul fumetto in serie passano cose importanti e grandi prove artistiche, mentre altre volte su cartonati costosi stampati con tutta la cura possibile si vedono solo donnine scollacciate o scene di dubbio gusto. Al pubblico come sempre consensi o stroncature.

  17. 42 minuti fa, Il sassaroli dice:

    Mi pare un po' contraddittorio parlare di immobilismo e poi di spericolatezza delle testate Audace. Io direi che negli ultimi 10 anni SBE le ha provate tutte come formato, numero di pagine, colore, tematiche, targhet, e alla fine pare che nulla abbia funzionato. Dopo 10 anni sopravvive in edicola solo ciò che c'era prima dei tentativi. Con l'unica -notevole- eccezione di Tex Willer.

    (apparente) è la cosa che ti è passata sotto il naso. Sono d'accordo che si siano provati vari espedienti, ma è mancato quello vincente a cui tutte le testate poi si sarebbero adeguate. Il Tex Willer doveva esserlo, io stesso ero molto elettrizzato all'annuncio. Eppure sono stato tra i primi a stancarmene, perché non solo aveva lo stesso problema della serie principale, ma ci volevano ancora più mesi per terminare la storia.

    Sabato avevo voglia di leggermi un bel fumetto: ho aperto una scatola dove tengo le strisce e ho letto la prima avventura della terza serie del Sergente York (tre albi da 32 strisce). Soddisfattissimo e con ancora metà del pomeriggio per fare altre cose.

  18. 2 ore fa, Magic Wind dice:

    Il formato a 110 pagine è lo stesso da quasi 50 anni, è uno dei segni di riconoscibilità del prodotto, come il marchio "Tex" in copertina, non credo sia molto saggio cambiarlo.

    L'aumento progressivo dei prezzi invece è una cosa inevitabile, anche se diminuissero la foliazione per tenere fermo il prezzo, prima o poi questo aumenterà comunque...

    L'immobilismo (apparente) del formato Bonelli è una delle motivazioni del suo declino. Non dico che l'editore non si sia sforzato di stare al passo con i tempi e provare a venire incontro ai lettori, eppure da fuori l'impressione è l'esatto contrario: il settore è in sofferenza e noi siamo chiamati a supportare. I cambiamenti a volte sono necessari e nel passato c'erano eccome: negli anni cinquanta/sessanta l'Araldo era una bottega di innovazione. Per non parlare della vera spericolatezza delle testate "Audace".

  19. 2 ore fa, joe7 dice:

    Come ultima cosa, il racconto a strisce: può darsi che abbia una narrazione più veloce (a me non sembra, ma sono gusti), ma resta sempre un prodotto che costa troppo (le strisce anastatiche allegate alla Gazzetta costavano 4,99 euro, quindi come un fumetto normale di Tex; lo Zagor formato striscia inedita costa 2 euro e 50, la metà di un albo Bonelli). E così torniamo al punto di prima. 

    Il costo per pagina ahimè è il problema principale. La striscia oggi è un formato speciale, la tiratura è bassa e la diffusione minima (fumetteria e non edicola). Ma il punto focale per me è un altro. Quando una storia è costruita per una testata mensile a molte pagine diventa pesante da seguire e difficilmente porta il lettore a seguire più testate contemporaneamente.

    Quando Tex era a strisce innanzitutto era molto più semplice da seguire, offriva un intrattenimento per al massimo una decina di minuti, e il lettore a questo punto contava i giorni che mancavano all'acquisto del successivo numero. Per ingannare l'attesa niente di meglio di comprarsi (o recuperare tramite scambio) un'altra collana, con un'altra vicenda altrettanto lineare e altrettanto appassionante. Nel giro di qualche mese il nostro fumettologo seguiva dalle quattro alle sei testate contemporaneamente, magari foraggiando un paio di case editrici e non soltanto una. Non dico di tornare alle strisce, ma gli albetti da 64 pagine dovrebbero imparare quella lezione. Quando la DC e Marvel sfornavano ottime storie (e venivano tradotte in italiano), piano piano andò a finire che compravo 15 fumetti al mese. Ogni testata Star o PlayPress ospitava puntate da 22 tavole di due o tre personaggi.

    Poi c'era Alan Ford, che pur inconcludente e con storie in cui il succo della storia erano le gag e non la vicenda in sé si potevano divorare in un quarto d'ora aspettando la cena. O le strisce di Lupo Alberto o Sturmtruppen.
    Perfino Nick Raider (scritto da Nizzi) era agevole da seguire, pur con i difetti che poi mi portarono a mollare.

    Indovinate invece qual'era (già allora) quella in cui spesso gli albi venivano comprati e non letti.

    Risposta esatta.

    • +1 1
  20. Beh a stampare un albo di 64 pagine ci vuole meno tempo: magari salta fuori qualche ora di ferie a questi poveretti che stampano tutto l'anno (con albi supplementari proprio nel periodo estivo). Poi, anche se i fatti tendono a dimostrare il contrario, sono convinto che anche ai disegnatori farebbe bene produrre storie più corte. Ritengo malsano che si passino anni a realizzare una singola avventura, perlopiù dimenticabile nella maggior parte dei casi.

    Lo scrittore sarà pagato a pagina sicuramente, ma in questo caso più la fa durare e meno si dovrà impegnare a breve termine per immaginarsene una nuova, cosa sicuramente più impegnativa.

    Nessuno si senta offeso, la mia è solo una constatazione, come lettore invece desidero vicende interessanti e sbrigative, difficilissimo da trovare in produzioni recenti. Spesso quando ho voglia di leggere un fumetto rispolvero una vecchia striscia, uno dei primi volumi della collezione storica (dove ne trovo almeno un paio), o un vecchio Comic, spesso firmato da Stan Lee.

    Il prezzo a questo punto è il male minore: una brutta storia o una noiosa costa sempre troppo, rispetto a un capolavoro a cui sono disposto ad allargare i cordoni della borsa, a costo di rinunciare a qualcos'altro.

    • +1 1
  21. In ogni caso in quei tempi non era poi strano vivere di espedienti. Chi viveva in città magari aveva più spese e quindi inventarsi un mestiere e metter su una piccola bottega poteva anche risolvere qualche problema (però ne creava altri). E non credo che in Italia tutti avessero un campo, mucche e pecore oppure lavorassero stabili per qualcuno che li aveva. Erano altri tempi, poi quando c'era necessità o si emigrava dove dicevano c'era lavoro sicuro o si entrava nell'esercito. Non molto diverso dal vecchio West!

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