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TWF - Tex Willer Forum

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Messaggi pubblicato da F80T

  1. On 15/7/2020 at 01:09, Diablero dice:

    Il voto continua ad essere largamente positivo, ma in alcuni momenti della storia, quelli più adrenalinici, il punto debole sono, purtroppo, i disegni.

     

    Mi astengo, al momento, all'esprimere valutazioni sulla sceneggiatura. La storia, infatti, è interessante, ma voglio aspettare di capire come si scioglie l'intreccio.

    I disegni di Sejas, prò, non mi sono piaciuti eccessivamente. Mi hanno, in qualche modo, evocato il tratto dell'ultimo Blasco.

  2. Mi sono accostato a questa storia con grande curiosità, essendo ben consapevole che si tratta della trasposizione in fumetti di un romanzo del grande Bonelli.

    Forse per l'eccesso di aspettative, sono rimasto un po' deluso, trovando lo sviluppo della trama tutto sommato piatto.

    Mi ha invece sorpreso il lato "sadico" di Tex nell'escogitare la punizione del gambler Fraser. E' vero che, così facendo, lo ha salvato dal cappio; ma, nella mia ricostruzione della personalità di Tex (ogni lettore ne ha una), il ranger non sottopone i mascalzoni a punizioni degradanti.

    Il finale, quello sì veramente bello!, è invece, a mio avviso, in linea con la psicologia di Tex giustiziare. Fraser, ferito, viene lasciato in balia dei propri rimorsi, ma con la possibilità di salvarsi da una morte cruenta mercé l'uso di quell'unico colpo di pistola. 

    Molto belli i disegni di Ticci.

  3. Una delle composizioni di Bach che più apprezzo sono le variazioni Goldberg.

    Si tratta di un frutto della tradizione musicale di prendere un'aria con lo sviluppo piuttosto semplice e costruirci sopra una pluralità di brani diversi, variando la tonalità, la melodia, lo sviluppo ritmico e armonico del brano principale.

     

    In un fumetto seriale, agli autori spetta il compito di cimentarsi con l'arte delle variazioni: da una soggetto semplice nella sua struttura essenziale, occorre ricavare una pluralità di storie originali.

    E' quello che fa Gian Luigi Bonelli con Sangue Navajo e Vendetta Indiana, che condividono la struttura essenziale e che raggiungono entrambe i vertici della produzione texiana.

     

    Forse più semplicistica Vendetta indiana nell'attribuire tutta la responsabilità ad un unica persona, il colonnello Arlington, accecato dal desiderio di gloria; laddove Sangue Navajo ci presenta la "banalità del male". In entrambi i casi, Tex si rivela uomo giusto e fine stratega. Emozionante e innovativo il finale di vendetta indiana.

     

    Promossi i disegni dell'esordiente Ticci, benché io preferisca il tratto più maturo.

     

    Infine, ho una richiesta di chiarimenti agli utenti più esperti.

    Nella storia che commento, gli Ute appaiono come alleati dei Navajo. In altre storie texiane (penso a L'uomo senza passato, ma anche a Furia rossa) gli Ute sono presentati come nemici. Qual è, nella serie del Tex, l'evoluzione dei rapporti tra questi due popoli? E come era, nella realtà storica,  il rapporto tra Navajo e Ute? Grazie!

  4. Ho ricevuto per il mio compleanno Nei Territori del Nord Ovest, nella bella versione cartonata e a colori.

    Finalmente, in questi primi scampoli di vacanze estive, ho potuto assaporarlo, mitigando il caldo estivo con i ghiacci splendidamente illustrati da Font.

    Proprio a proposito del disegnatore spagnolo, osservo che quella che sto commentando è sicuramente una delle sue migliori prestazioni artistiche a servizio di Aquila della Notte.

     

    Il giudizio sulla storia è ampiamente positivo, sia quanto alla sceneggiatura, sia (come anticipato) quanto ai disegni. 

    Mi limito, allora, a due annotazioni positive e a due rilievi critici.

     

    Aspetti positivi.

    1) Estremamente efficace è la presentazione di Dawn: come già osservato da altri, in poche vignette viene delineata la complessità del suo carattere.

    2) A un certo punto della storia, Tex fa un commento riferito a Noatak, dicendo, nella sostanza, che alle volte le circostanze della vita inducono delle persone oneste a ritrovarsi fuori dai confini della legge. Gross Jean riferisce a se stesso il commento di Tex. Ma, se ho bene interpretato la sceneggiatura di Boselli, il ranger si riferiva molto delicatamente anche alla propria vicenda umana.

     

    Ed ecco i rilievi critici.

    1) Gross Jean parla inizialmente di Kathy Dawn come di una gatta con cui è meglio non aver nulla a che fare. Poche vignette dopo, però, si scopre che è la sua figlioccia. Mi pare che ci sia una certa discrasia tra i due momenti.

    2)  La vendetta finale avrebbe dovuto essere lasciata a Jim Brandon. Certo, poi Boselli sarebbe stato accusare di mettere da parte Tex. Ma penso che se ne sarebbe potuto benissimo infischiare, così come faceva GLB che, non a caso, qualche bella avventura in cui a mio parere Tex non è del tutto centrale l'ha anche scritta (In nome della legge, Il fiore della morte).

     

     

     

     

  5. Quando ho saputo che il Texone di questa estate avrebbe avuto una venatura horror ho storto un po' il naso...

    L'ho scritto, infatti, più volte che non amo gli episodi di Tex con aspetti soprannaturali.

     

    Una volta avuto in mano l'albo, e iniziatolo a leggere, sono rimasto invece molto favorevolmente impressionato.

    Certo, esiste qualche passaggio ostico, come ben evidenziato nei messaggi precedenti. Ma l'atmosfera creata da Boselli e Carnevale è tale da non farlo notare, visto che il lettore rimane letteralmente incollato all'albo sino ad essere giunto all'ultima pagina

     

    Quanto ai disegni, bisogna dire che  Carnevale ha avuto la sfortuna di essere pubblicato dopo uno dei disegnatori più amati dagli appassionati di Tex. Il suo compito, dunque, era ostico. 

    Nondimeno, ritengo che le sue tavole siano semplicemente splendide, e che siamo fortunati a vivere un periodo così florido, per l'aspetto grafico non meno che per la qualità delle sceneggiature, per il nostro ranger preferito.

  6. On 21/6/2020 at 19:17, Dix Leroy dice:

    Si tratta comunque di un interminabile prologo, con alcune scenette divertenti, alcune trascurabili, altre messe lì solo per riempire l'albo

    peraltro con un debolissimo sviluppo sulla trama

     

    Benché abbia continuato ad accorrere in edicola per acquistare tutti gli albi di Tex Willer, mi ero fin qui astenuto dal commentare questa storia.

    In effetti, poiché ho realizzato che ho commentato favorevolmente tutti gli albi della serie giovanile di cui ho scritto, mi sono trattenuto un po', prima di eccedere in complimenti.

     

    Rompo il silenzio per muovere un appunto a quanto scritto da Dix.

     

    A mio avviso, non si può qualificare la vicenda sin qui dipanatasi come prologo all'atteso incontro con i seminole.

     

    Abbiamo seguito Tex nelle sue avventure tra Texas e Florida, siamo venuti a conoscenza del fatto che sia stato braccato da un agente federale, di come gli sia sfuggito, del perché si sia ritrovato in Florida, di come abbia ottenuto la benevolenza del comandante della nave che lo potava a Tampa, del perché si sia ritrovato a vestire la divisa. In sintesi, stiamo scoprendo, tra frenetici cambi di scenario, un tratto della vita del nostro fuorilegge che ancora non conoscevamo.

     

    La vicenda si evolva impetuosamente, come impetuosamente scorre la vita reale e quella immaginaria di Tex. Dunque, per quanto mi riguarda non di prologo si tratta, ma di pura avventura.

  7. <span style="color:red;">4 ore fa</span>, Dix Leroy dice:

    Il Tex di Boselli è… il Tex di Boselli.

    Si rifà alle storie originali e ci mette del suo, perché è giusto così.

    A volte vengono fuori belle storie, a volte meno.

    Ma succedeva anche ai suoi precedessori.

     

    Sono d'accordo con Dix. Quello di Boselli è innegabilmente e veramente Tex; ma è il Tex visto con gli occhi di Boselli.

    Anche Nizzi scrive Tex interpretandolo dal suo specifico punto di vista, e altrettanto fanno Ruju e Manfredi.

    E' un fenomeno inevitabile; e, come già è stato specificato, in questo momento storico è un grande pregio della collana.

    A mio giudizio, non canonico era spesso, invece, il Tex di Nolitta. Ma questo aprirebbe un altro capitolo...

     

    <span style="color:red;">4 ore fa</span>, valerio dice:

    Comunque non pensare che ci siano necessariamente fans di Boselli o fans di Nizzi. Si possono benissimo apprezzare entrambi, come me e la maggior parte dei lettori, eh...

     

    Presente! Cresciuto texianamente con Nizzi, tra le storie cui sono più affezionato ce ne sono molte delle sue (Furia Rossa, Fiamme sull'Arizona, La ballata di Zeke Colter, Le colline dei Sioux). Non per questo taccio sulla pessima qualità di altre sue sceneggiature.

    E, ovviamente, apprezzare Nizzi non mi impedisce considerare Boselli un autore eccelso e di essere molto legato a tante delle sue storie (Il passato di Carson, La grande invasioneCercatori di pisteNueces Valley, Colorado Belle. E mi fermo, perché sono troppe).

  8. Due sono i limiti della seconda e ultima prova di Medda sulla serie regolare di Tex: il tratto del disegnatore cui la storia è stata affidata, che mal si attaglia a un noir con tinte forti; la figura di Herbert Addison, che, ritornato in scena fin troppo presto, si mostra molto evoluta rispetto alla prima comparsa.

     

    La vicenda narrata si allontana decisamente dai canoni texiani: uno dei due temi, quello del serial killer, è abbastanza insolito per una storia western. Ma, essendo rimasto un unicum  nella serie, ci può stare.

     

    Sicuramente la sceneggiatura è ben congegnata, addensando via via i sospetti del lettore sui cari personaggi, peraltro molto ben calibrati. Tex, per l'occasione in solitaria, è ben centrale e determinato. Il colpo di scena finale non guasta.

     

    Il voto finale è un 8 quasi pieno.

  9. <span style="color:red;">59 minuti fa</span>, Loriano Lorenzutti dice:

    Scusa, ma non ho capito, potresti spiegarti meglio? 

    Tra le righe dell'intervento di Boselli leggo che non c'è alcuna intenzione di cambiare l'abito di Kit Willer, nonostante i tentativi di Villa.

    Scelta legittima, ovviamente. Ma che mi dispiace un po' perché io invece l'abito multicolore di Piccolo Falco lo gradisco poco.

  10. Aggiungo che all'epoca dell'uscita del primo albo mi impressionò favorevolmente la camicia rosa che Kit Willer sfoggia in copertina.

     

    Tale giudizio positivo permane a distanza di anni. Non mi dispiacerebbe, infatti, se il giovane Willer mutasse, quanto meno nei colori, l'abbigliamento, che a me ricorda un po' troppo Arlecchino. L'alternativa potrebbe essere la camicia rossa che lo riveste in Tex 500.

     

    Ho verificato che se ne parlò su questo forum un decennio addietro ( http://texwiller.ch/index.php?/topic/2711-le-divise-dei-pards/&tab=comments#comment-57003 ), ma l'idea fu in generale respinta dagli utenti.

     

     

    In proposito, sarebbe bello se il mitico @cvilla volesse raccontarci di come è nata l'idea della camicia rosa, perché ha poi ritenuto di non coltivare la novità e se su tale decisione abbia inciso un eventuale riscontro negativo da parte del pubblico.

    • +1 1
  11. La storia, forse un po' verbosa, in sè considerata non è male; alla valutazione positiva contribuiscono in misura determinante i sontuosi disegni di Civitelli.

     

    Molto emozionante è, a mio giudizio, la scena in cui Tex e Kit fanno visita al ranch di famiglia e alle tombe di Ken e Mae Willer. Anzi, i sentimenti che quelle vignette suscitano fanno dimenticare le incongruenza topografiche di cui si è parlato qui e in altro topic (http://texwiller.ch/index.php?/topic/4808-tex-willer-n-1-4-vivo-o-morto/page/23/&tab=comments#comment-153851).

    Di minor impatto, anche perché sostanzialmente estranea allo sviluppo della vicenda, è invece la visita alla tomba di Sam Willer.

     

    Gli è che, a parte quanto noto in ordine al soggetto proposto da Civitelli e alle modifiche da questo subite, si sarebbe potuto valorizzare meglio il ritorno di Tex in luoghi a lui strettamente collegati; invece, a parte le scene di cui ho detto e i riferimenti a Tom Rebo, ne è venuta fuori una vicenda che avrebbe potuto essere ambientata dovunque.

     

    In sostanza, l'occasione è stata, a parer mio, sprecata.

     

     

  12. C'è una cosa che mi piace molto fare, e che nei giorni dell'isolamento per via della pandemia mi è mancata tanto: andare a pranzo o a cena fuori.

    Di tanto in tanto, quando riusciamo a "liberarci" dalla prole, mia moglie e io ci regaliamo una degustazione in un ristorante stellato; più spesso, prenotiamo un tavolo in ristoranti di buon livello, dove andiamo tutti insieme e ordiniamo a volte carne, a volte pesce.

    Non disdegniamo, però, la pizza, e conosciamo qualche ottima paninoteca gourmet.

    Alle volte, infine, la prole ha la meglio, e ci tocca andare da McDonald o da Burger King.

    Non per questo mi stampo in faccia un ghigno di disgusto, ma assaporo avido le untissime patatine abbondantemente intinte nella maionese.

     

    Tutto ciò, per cavarmi dall'impaccio di commentare una storia a proposito della quale si è sviluppato (e poi avviluppato) un dibattito dalle dimensioni spropositate, che risente evidentemente di antiche fratture (di cui, per fortuna, nulla so).

     

    Ho letto tutti i post, e non posso che essere d'accordo con Diablero: lo sviluppo della vicenda presenta alcune significative criticità.

     

    Eppure, i due albi mi sono piaciuti, e li ho letti con avidità.

    Forse funziona come con le patatine del McDonald (chi sa se a Carson sarebbero piaciute!): della qualità della materia prima è meglio non parlare; sono fritte male; eppure godo nel mangiarle.

    Ecco, in quest'avventura ho ritrovato un rassicurante e noto sapore, che, pur con tutti i suoi limiti, me l'ha fatta piacere. E', in fin dei conti, lo stesso concetto, espresso con altre parole, già illustrato da Natural Killer ben 12 pagine addietro.

     

    In fin dei conti, Tex è un fumetto seriale che va avanti da settantadue anni, e non una graphic novel che si consuma in un unico volume cartonato. Pertanto, è fisiologico, anzi necessario, che l'offerta narrativa sia varia: le vicende intricate e ricche di sottotrame di Boselli, la visione eterodossa di Manfredi, l'usato sicuro di Nizzi, la solida classicità di Ruju, gli esperimenti di Rauch e Medda...

     

    Ciò posto, dal prossimo numero conto di accomodarmi nuovamente nel ristorante stellato di Boselli.

     

    Ultima nota per i disegni.

     

    Corrado Mastantuono è divisivo, e a molti il suo tratto, a volte disneyano, non piace. Io invece ho molto apprezzato, come già detto in commento a La rupe del diavolo, la recitazione che dona ai personaggi e gli splendidi sfondi in cui li mette in scena. Spero di rivederlo presto all'opera con Tex, magari nella serie giovanile. 

     

    • +1 1
  13. Come ho già scritto altre volte su questo forum, non amo le storie di Tex in cui prevalga l'elemento della magia o dell'orrore.

    Mi rendo conto che sono pienamente canoniche, ma non le digerisco più di tanto.

     

    Forse per questa ragione, non ho mai riletto, dopo la sua pubblicazione, la storia Mefisto!

    Ricordavo solo che non mi aveva appassionato particolarmente e che i giudizi che l'avevano accompagnata erano piuttosto negativi.

     

    Mi sono, dunque, tuffato nell'avventura immaginata da Nizzi come se fosse la prima volta.

     

    Ciò che mi è balzato agli occhi è il livello eccelso dei disegni di Villa. Se è vero che il suo Texone è sontuoso, non si può dire che il suo stile sia migliorato nel corso degli ultimi 20 anni. C'era ben poco, infatti, da migliorare. Riuscitissime, per esempio, sono le vignette in cui Tex finge di aver perso il senno; molto coinvolgenti anche le ambientazioni parigine e palustri.

     

    E poi, le donne: che donne ha disegnato Villa!

    Loa, bella e discinta come una dea; Lily, perfida, matura e fascinosa!

    A proposito di quest'ultima, ho trovato molto stuzzicante la scena in cui, giunti finalmente in Florida, Boris e Lily si rilassano nell'intimità della camera d'albergo, e la donna si spoglia sino a rimanere in corsetto. Si tratta di una scena tutto sommato "hot" per gli standard del Tex di Sergio Bonelli, anche se molto pudica se raffrontata con la simile scena che vede come protagonisti Bud Lowett e Marie Gold...

     

    La sceneggiatura è nettamente bipartita. La prima parte comprende i primi due albi e buona parte del terzo; la seconda, più breve, parte dall'apparizione di Mefisto a Tex.

     

    Ebbene, nella sua prima parte la sceneggiatura è particolarmente invitante: tutta la preparazione alla "risurrezione" di Mefisto è ben congegnata, sebbene Tex non si veda molto. Boris e Lily sono molto ben caratterizzati. Il ritmo rallenta quando Tex arriva a Phoniex e le sue indagini stentano a decollare. Però, tutto sommato, la sceneggiatura continua a "tenere".

     

    Di colpo, però, tutto cambia, e lo sviluppo della storia ci presenta il volto svogliato di Nizzi.

     

    Dopo l'apparizione di Mefisto, vi è subito una plateale incongruenza: lo sceriffo e il suo vice si sono mostrati, sino a quel momento, giustamente scettici rispetto ai racconti del nostro ranger; di colpo, pur non avendo assistito all'apparizione del negromante, accolgono senza troppe domande le spiegazioni di Tex e si precipitano con lui alla Belle France.

     

    Arrivati al locale, tutta l'impalcatura della sceneggiatura crolla rovinosamente.

     

    Mefisto, mago così potente da tornare nel mondo dei vivi, scappa vigliaccamente e in preda al panico da Tex, senza cercare in alcun modo di colpirlo; poi, travestito da lebbroso, va incontro ai pards, ma solo per poter loro apparire in seguito vantandosi (in maniera piuttosto vanagloriosa) di averli beffati. Un po' poco per il personaggio che incarna la Nemesi di Tex.

     

    Una lunga preparazione allo scontro finale, che però si risolve in un niente...

     

    Ometto di dare un voto alla storia. Una valutazione negativa sarebbe offensiva per il disegnatore. Un voto positivo non sarebbe giustificato, posto che la storia è rimasta a metà.

     

     

  14. A distanza di oltre un anno dalla sua pubblicazione, ho riletto tutta d'un fiato (o quasi) L'ombra del Maestro.

    Devo dire che sono tornato a divertirmi parecchio.

     

    Certo, lo sviluppo della storia ha delle forzature:

     

    - l'agguato all'irlandese superstite si trasforma in una trappola per Tex, che era giunto sul posto solo grazie a una serie di intuizioni e fortunose coincidenze; perché ciò accadesse Low Yet doveva avere delle efficientissime doti divinatorie;

     

    - Kit Carson è un formidabile pistolero, e così anche Annie Oakley; ma troppo coraggio (o forse incoscienza) ci vuole a sparare tra la folla ai duster, di cui peraltro non potevano conoscere l'identità;

     

    Ned Buntline riesce coraggiosamente a bloccare col cappello, senza romperla, la fialetta con i bacilli; un sangue freddo, delle abilità di posizionamento atipiche per uno scrittore, ma anche una notevole dose di fortuna.

     

    Ma a parte ciò, si è trattata di una goduria.

     

    New York descritta con maestria, Carson che si gode a pieno il lusso dell'Hotel Astor, il ritmo cinematografico dato dall'alternanza tra l'incontro di boxe e il duello tra Tex e il Maestro, la credibilità di Nick Castle come antagonista.

     

    E poi, che splendidi disegni! La concorrenza è spietata (basti pensare a Villa, Civitelli e Ticci), ma sicuramente Dotti è uno dei disegnatori di maggiore qualità nella squadra del Tex.

     

    Lodi, dunque, a Boselli, che pur non arricchendo a New York il lungo elenco dei suoi capolavori, ci ha regalato un'ottima, divertente, avvincente avventura. E lodi a Dotti, che con il suo tratto è riuscito a farmi sentire l'odore (o meglio il puzzo) della Gotham di fine XIX Secolo.

  15. Tante ottime, meritate recensioni per Salt River. Unisco la mia voce per dire che si tratta di un'ottima storia.

     

    Aggiungo solo tre osservazioni.

     

    1) L'incipit, con Corvo Giallo che tenta di sfuggire al proprio destino, e poi si rassegna a non riuscirsi, è uno dei migliori usciti dalla penna di Boselli.

     

    2) Kit Willer vive la maledizione di essere perennemente imprigionato nella propria prima giovinezza. Quindi, continua a commettere gli errori tipici di quell'età, dovuti a irruenza, mancanza di esperienza, maggiore propensione ad assecondare i propri sentimenti e le proprie pulsioni. Noi lo abbiamo visto, nel corso dei decenni, ripetere errori di valutazione ; ma la realtà è che per lui quei decenni non sono passati, e non può imparare dai propri errori, altrimenti abbandonerebbe la sua giovinezza.

     

    3) In altro post si è a lungo discusso del tenente Parkman, e del suo essere personaggio a cavallo tra il bianco e il nero. Ecco, Sarah Wyatt è un altro splendido personaggio "reale" di Boselli, impastata come è di bene e di male (in questo caso più male che bene). E' complice fino in fondo delle malefatte di Curtiss, suo marito, ma al tempo stesso desiderosa di rifarsi una vita pulita, forse anche perché attratta con l'inganno in una vita di crimini; è inoltre benefattrice di Kit Willer, per il quale penso che abbia nutrito sinceri sentimenti di amicizia, e amica degli indiani. Ecco, se Tex e i suoi pards debbono essere integerrimi custodi dei valori positivi; se alcuni antagonisti debbono essere per natura votati al mare; a me piace pure che molti degli attori che animano le avventure del mio ranger preferito abbiano una personalità più complessa, proprio come quella che ognuno di noi ha nella vita reale.

     

     

  16. <span style="color:red;">14 ore fa</span>, virgin dice:

    le circolari e i verbali che scrivo sono illeggibili a causa dei periodi lunghi quindici righe e dello stile mezzo boccacciano, mezzo da anonimo secentesco, mezzo da decreto legislativo luogotenenziale

     

    Che dire? Per fortuna non sei uno degli autori del Tex, altrimenti non sarei in grado di leggerlo!

     

    Battute a parte, noto che la lingua che usi in questo forum è molto diversa da quella che descrivi. I casi, dunque, sono due: o l'italiano che adoperi di solito è molto più vicino all'italiano "standard" di quanto ti piace affermare; oppure in questa sede adegui il tuo registro linguistico agli interlocutori.

     

    In ogni caso, dimostri che la lingua è frutto (anche) del contesto in cui viene adoperata.

     

    Io non ho la tua esperienza di didattica, ma il mio lavoro ha molto a che fare con l'uso delle parole. Se c'è una cosa che ho imparato con l'esperienza, è che il linguaggio può diventare anche strumento di autocompiacimento; ma rimane principalmente un mezzo di comunicazione.

     

    Non a caso la lingua adoperata dal Boccaccio è diversa da quella del Manzoni, che a sua volta è diversa da quella del Verga. Ciascuno di essi ha inteso comunicare col proprio secolo.

     

    Anche Tex parla al suo pubblico contemporaneo. Se dunque Joan Baker si rivolge a suo padre chiamandolo "babbo"; se Tex e Marie Gold si danno del voi; nondimeno riproporre oggi un linguaggio simile sarebbe uno stucchevole anacronismo.

     

    E così, anche nell'approccio linguistico ai temi razziali non si può sottovalutare la sensibilità della comunità dei parlanti nell'Italia del 2020.

  17. Che bella discussione!

    L'intervento di Diablero, in particolare, ha messo tantissima carne al fuoco; ma io vorrei limitarmi all'aspetto linguistico, prendendo spunto da quanto scritto da Virgin.

     

    <span style="color:red;">9 ore fa</span>, virgin dice:

    Se la Treccani e il Sabatini-Coletti dicono stronzate mica siamo costretti a seguirli (e ne dicono spesso, anche).

    "Nero" ha tutt'altra accezione: al di là del fatto che indica i fasci, se lo usiamo come traduzione dell'inglese "black" non rende per nulla. Per gli statunitensi, ad esempio, spagnoli e italiani a volte sono "black" (data giusto di qualche mese fa un articolo di giornale che lamentava come a un premio fosse candidato un solo attore nero... Antonio Banderas :D ). Quindi, che facciamo? Il contadino bresciano e il manovale maghrebino sono "neri" entrambi; se poi hanno il busto bronzeo del batrace stivaluto nel tinello sono entrambi "neri" due volte.

    C'era un ascaro che era allegro, era negro, ma parlava in italiano; caso davvero mirabile di una persona che era nera e negra al contempo, ma basta avere un minimo di raziocinio per non confondere le due cose.

    Allora come li chiamiamo? "Africani"? Peccato che in Africa ci siano arabi, berberi e ottentotti che negri non sono affatto.

    Li chiamiamo "di colore"? Bella lì! Come se i cinesi, i mediterranei e gli scandinavi non avessero un colore.

    Quindi, che ne direste se li chiamassimo con un termine che designa in modo neutro e scientifico il loro fenotipo? Esatto: NEGRI.

    Io lo uso tutti i giorni e non ho mai visto quasi nessuno offendersi, nemmeno i negri; e sì che, dato il mestiere che faccio, ne conosco parecchi. Gli unici che ho sentito trasalire al riguardo sono un pugno di colleghi, italianissime passerine infiammate che praticano l'antirazzismo a parole, ma si guardano bene dal sedersi vicino a un negro in metropolitana.

    E poi, se qualcuno lo usa come un insulto, non insulta i negri, ma sé stesso. Ho sentito molto spesso usare la parola "bergamasco" come un insulto (molto, molto più spesso di "negro"), ma grazie a Dio nessuno si è ancora peritato di scrivere sul dizionario che "bergamasco" è un insulto e si preferisce la definizione più neutra "mangiatore di scarpinocchi".

     

    Sino a qualche anno addietro sarei stato integralmente d'accordo con lui, tanto più che l'inno che nella mia città si dedica alla Madonna, sua patrona, inizia, riecheggiando il Cantico dei cantici (Ct, 1, 5: Nigra sum sed formosa), con il verso "Negra ma bella". Come può essere offensivo l'aggettivo "negro" se lo si riferisce anche alla Madonna?  

     

    Poi, però, ho avuto la ventura di leggere qualche testo di grammatica e di linguistica; e il mio punto di vista è piuttosto mutato.

     

    Alla radice del mutamento ci sono due domande: chi stabilisce le regole della lingua? e chi le fa rispettare?

    E' evidente, infatti, che non c'è un legislatore della lingua italiana, né un Tribunale della lingua italiana.

    Nonostante ciò ci sono delle regole, che vengono fatte rispettare, e non solo dai maestri e dai professori di grammatica, ché quando siamo alle poste non c'è uno di loro che ci riprenda se sbagliamo una forma verbale, eppure in linea di massimo cerchiamo di non sbagliare nelle coniugazioni.

     

    Ebbene, la risposta è straordinariamente semplice. Il legislatore e il giudice della lingua coincidono: è la comunità dei parlanti che pone le regole; è la comunità dei parlanti che sanziona con lo stigma dell'ignoranza chi le viola. Provate a dire, mentre chiacchierate con uno sconosciuto, "Io ho andato alla Poste"; su di voi sentirete uno sguardo di disappunto.

     

    E se la comunità dei parlanti a un certo punto decide che davanti alla Z ci vuole l'articolo "lo", non importa che Leopardi abbia scritto "il zappatore": oggi scrivere così sarebbe un errore.

     

    Lo stesso è accaduto con l'aggettivo "negro". Ha da sempre avuto una connotazione neutra; ma a un certo punto la comunità dei parlanti ha iniziato, non importa ora per quale ragione, ad avvertire in questa parola una connotazione di disprezzo. E possiamo resistere quanto vogliamo, ma questa è la regola che ormai si sta consolidando nella lingua; e se non la rispettiamo veniamo sanzionati dal disappunto del nostro interlocutore.

     

    Lo stesso vale per l'uso del femminile per le cariche pubbliche (Sindaca, Ministra).

    Sono il primo a dire che occorre distinguere genere (delle parole) e sesso (della persona); che le cariche pubbliche sono neutre, per cui occorre utilizzare il genere maschile, che è l'erede del genere neutro latino; che possiamo avere un uomo che fa la guardigiurata, dunque possiamo anche avere una donna che fa il sindaco o il giudice.

    Ma se l'uso di espressioni come "la Prefetta""la Ministra""la Giudice" prenderanno definitivamente piede, dovremo farcene una ragione.

     

    Tornando al nostro Tex, la mia opinione coincide con quella di Diablero: è un sacrilegio ritoccare le vecchie storie per escludere espressioni che oggi vengono ritenute razziste; ma nello sceneggiare le nuove avventure del nostro ranger preferito, avventure destinate a un pubblico del XXI secolo, occorre tener conto della sensibilità linguistica dell'attuale comunità dei parlanti.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

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  18. Ho letto in ritardo il primo albo di questa nuova storia e non è facile intervenire in una discussione che, come ogni volta che si parla di Nizzi, si è immediatamente polarizzata.

    Sicuramente, non si può dire che la figura di Claudio Nizzi sia poco importante per gli appassionati del Tex, visto che nei suoi confronti si manifestano sempre sentimenti piuttosto "forti".

     

    Dal mio punto di vista, le prime 110 pagine scorrono gradevoli.

    Certo, le vicende che costituiscono l'antefatto sono un po' rocambolesche.

    Altrettanto vero è che il ritmo, nella prima metà dell'albo, risulta piuttosto lento. Ma questa, a mio sommesso avviso, è una scelta autoriale. Nella musica, d'altra parte, non c'è solo il ritmo travolgente del Bolero di Ravel (quello che spesso Boselli ci fa sentire), ma anche l'Adagio per Archi, op. 11 di Barber. 

     

    Quanto ai disegni, in passato il tratto di Mastantuono mi ha lasciato qualche perplessità. Al contrario, in questa occasione ho molto apprezzato sia l'espressività degli attori in scena (splendido il suo Tex che ride), sia i sontuosi sfondi, in interno e in esterno.

  19. <span style="color:red;">19 ore fa</span>, valerio dice:

    Nizzi 10.

    Ticci 10.

    Non sono aduso a dare il massimo dei voti ma qui non posso esimermi.

     

    Avevo 12 anni quando uscì questa storia, e avevo da poco iniziato a comprare la serie regolare di Tex, dopo averlo conosciuto leggendo TuttoTex.

     

    Non saprei dire quante volte ho cercato di ricopiare gli splendidi disegni di Ticci, così diversi da quelli di Villa che avevano illustrato la storia precedente (La Tigre Nera) eppure meravigliosamente dinamici ed evocativi.

    E poi, come non immedesimarsi con la tragedia vissuta da Tiger e non lasciarsi inumidire gli occhi come quelli di Carson, infastidito da un bruscolino?

     

    Anche per me Furia Rossa merita il massimo: 10 alla sceneggiatura, 10 ai disegni.

     

    Un'ultima annotazione. Quando è apparso il Texone di Villa, molti si sono meravigliati di Tiger che stacca la testa a uno dei componenti della banda degli Apache e la lancia nel campo avversario per distrarre i guerrieri. Ecco, se si ricorda bene la ferocia di Tiger in cerca di Taniah, allora non ci si può sorprendere molto. 

     

     

  20. Una banda di malviventi che intende rapinare una banca. Un soggetto visto e rivisto. Che noia...

     

    E invece no, perché Faraci allestisce una storia frizzante, grazie - in particolare - alla bella figura di Lord Hodson.

    Non male anche la descrizione del rapporto padre/figlio tra Tex e Kit.

    Notevole il personaggio dello sceriffo Cameron, che dimostra nel corso della vicenda tutta la sua debolezza, condita dal senso di inferiorità nel confronti di Tex, e che infine si riscatta, nobilitando la stella da sceriffo che portava sulla camicia.

     

    Che peccato che poi Faraci si sia perso per strada...

     

    Buoni i disegni di Bruzzo.

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