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Juan Ortega

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Messaggi pubblicato da Juan Ortega

  1. Riletta dopo tanto tempo.

    Storia dall'aura mitica che, leggendo i commenti precedenti, può appassionare oppure no.

    Ci sono senz'altro dei momenti epici, in particolare la scena finale dopo la tragica battaglia di Shiloh Church, dove GLB inquadra come meglio non si potrebbe la pazzia di quel conflitto:

    "Addio Rod! E che il tuo sangue possa ricadere sui pazzi criminali che hanno dato il via a questo orrendo massacro".

    Forse retorico o eccessivamente melodrammatico ma di grande impatto; un "j'accuse" che non è solo di TEX e di Bonelli stesso, ma di tutti quelli che vedono all'interno di una guerra soprattutto distruzione e corpi dilaniati.

    Quel fucile "spezzato" è altamente simbolico di quella follia, al pari dell'elmetto dei soldati americani nel Vietnam con il simbolo della pace (un palese ossimoro).

    La storia in sé ha anche altri momenti molto riusciti (ad esempio la rissa iniziale nel saloon) ma, in definitiva, la trovo un pò troppo spezzettata con situazioni che si susseguono disordinatamente e che, a mio parere, ne penalizzano un pò la lettura.

    La guerra è ben presente, la si percepisce ma, in fondo, non viene vissuta e quindi rimane un pò sfocata.

    E forse anche le figure dei vari ufficiali presenti nella storia potevano essere caratterizzate meglio (non ne rimane impressa nemmeno una).

    Non posso non parlare di Galep.

    Come già scritto in altri post, non sono un suo particolare estimatore ma qui le sue tavole sono veramente eccellenti. A tratti superlative. La succitata scena dell'addio a Rod non mi avrebbe suscitato tanta emozione senza il suo tocco d'artista, con quel sole che si leva alle spalle del fucile piantato sulla tomba dello sfortunato amico.

    Ma dove, secondo me, tocca l'apice sono nelle tre cover degli albi di questa storia, tra le più belle dell'intera serie.

    A memoria (chiaramente non le ricordo tutte) ben poche possono rivaleggiare con queste.

     

  2. Una delle storie che ricordavo con più piacere delle mie prime letture di Tex.

    Parto subito dai disegni di Letteri, per me strepitosi. Ormai è risaputo che nelle ambientazioni cinesi si trovava a suo completo agio, ma qui c'è molto di più.

    Le tavole dove vengono letteralmente devastati i locali cinesi dalla torma di rissaioli assoldata da Tex sono da antologia. E l'ammaliante Jane non poteva essere caratterizzata meglio di come è stato fatto.

    Una "femme fatale" dal grandissimo fascino e dall'altrettanto importante personalità.

    Tornando alla storia trovo anch'io che l'appendice messicana, oltre ad essere meno interessante, sia del tutto superflua ai fini della storia. Per me termina con la morte di Jane poi inizia un'altra breve avventura dove c'è poco da dire.

    Da una lettura adulta effettivamente si possono notare diverse incongruenze nella sceneggiatura, già citate in altri commenti. Incongruenze che, secondo me, non vanno a minare una storia scoppiettante, dove i colpi di scena si susseguono uno dietro l'altro. E la lettura fila che è un piacere. Insomma storia che si rilegge ancora con piacere immutato.

     
    Al di là di palesi forzature, possono piccoli errori o qualche buco nella trama farci giudicare negativamente una storia che comunque ci emoziona e trascina?

    Per me, chiaramente, no! E vale per GLB come per Nizzi e tutti gli altri autori di Tex.

    E vale anche per questa "Chinatown".

  3. On 28/12/2020 at 23:48, Magico Vento dice:

    Nonostante, a mio avviso, non sia uno dei migliori soggetti dell'autore, in quanto è una "semplice" storia di vendetta, la storia è sviluppata in modo "esplosivo" e avvincente, come solo G.L.Bonelli sapeva fare. Nella mia personalissima classifica, "Il giuramento" non è la mia preferita di Bonelli padre, ma è certamente una delle migliori.

    Concordo in pieno. La grandezza di questa storia sta proprio nel suo sviluppo, assolutamente magistrale.

    Non starò a ripetere i tanti pregi contenuti in questo "Il giuramento" perché già ben elencati da chi mi ha preceduto nei commenti.

    Sottolineo solo due piccoli particolari.

    Il primo è come Tex apprende che Lilyth non c'è più; il dialogo con Ta-Hu-Nah è privo di ogni banalità, fatto più di sguardi, di sensazioni a pelle che di parole.

    Tex sa che la sua sposa è "in viaggio verso le celesti praterie" ben prima che gli venga detto o fatto intuire.

    Freccia Rossa resta sullo sfondo, non è lui che deve avere l'ingrato compito di accogliere Aquila della Notte al villaggio.

    Ma la sua proverbiale saggezza non viene meno:

    "Aquila della Notte è qui"

    "Troppo tardi per rivedere mia figlia e troppo presto per evitare il pericolo di morte che striscia come veleno sulla mia terra"

    Il secondo particolare è rappresentato dalle due figure di militari che Tex incontra.

    In primis il sergente al posto di blocco che trova un abile compromesso tra i suoi doveri militari e su quelli morali; è un ufficiale e non può trasgredire apertamente gli ordini che gli sono stati dati ma, ai fini pratici, appoggia Tex e la sua ingrata missione. Memorabile quando ordina ai suoi uomini di sparare su Tex quando lui è già abbondantemente fuori tiro.

    Infine il capitano medico, dalla rettitudine morale esemplare. Ufficiale vecchio stampo ma non ottuso come tanti militari che ci sono stati presentati in altre storie. Il suo commiato da Tex è tutt'altro che amichevole ma resta un rispetto di fondo (e forse anche un briciolo di comprensione) ben esemplificato da quel "secco gesto di saluto a Tex" come riporta la didascalia.

    Due figure di ufficiali dell'esercito molto diverse tra loro ma tratteggiate splendidamente.

    On 28/12/2020 at 23:48, Magico Vento dice:

    Fantastico Galep ai disegni. In particolare, degne di nota la scena in cui Brennan affonda con la sua stessa nave e la assai suggestiva vignetta finale.

    Come non ribadirlo. Galep in forma strepitosa, che riesce graficamente a tener testa a questa storia epocale.

    Aggiungo anche le facce butterate dei loschi figuri che avevano portato le coperte infette che, già dalla prima lettura che feci da ragazzotto, mi colpirono e impressionarono molto.

    • Grazie (+1) 1
  4. Tea Bertasi (in Bonelli) è una persona che mi ha sempre molto incuriosito.

    Forse perché di lei ho sempre saputo pochissimo, una figura rimasta sempre sullo sfondo dietro alla straripante personalità dell'ex marito GL Bonelli e al figlio Sergio, sceneggiatore ed editore di grande successo.

    Il suo ruolo nel creare il futuro "impero" Bonelli fa parte ormai della storia.

    Fu lei, nell'immediato dopoguerra, ad assumere il ruolo di editore lasciato vacante da Bonelli che non voleva più farsi carico di quell'incombenza.

    Come titolare della casa editrice prese quindi in mano la situazione e iniziò quella produzione che, con le dovute e comprensibili differenze, ben conosciamo oggi.

    Ho ripescato un vecchio Dime Press (di ottobre 95) dove c'è una sua rarissima intervista.

    Mi ha colpito tantissimo questa figura di pioniere di donna imprenditrice, soprattutto in un contesto quasi esclusivamente maschile come quello dell'editoria degli anni 40/50.

    Personalmente non immagino quanti e quali problemi e pregiudizi abbia dovuto affrontare, considerando anche che era una donna sola e quindi, sulla carta, più vulnerabile.

    Anche se la signora Tea, nell'intervista, afferma che "la sua figura di donna sola suscitava in tutti una grande solidarietà".

    Affermazione che sa tanto di libro Cuore e di grande modestia; forse questa solidarietà se l'era guadagnata con il suo sapersi affermare ed imporre.

    Ma questo è solo un mio pensiero.

     

    Bello il ricordo che dà di Galep.

    La signora Tea racconta che, quando Galep arrivò a Milano dalla natia Sardegna, soggiornò per oltre un anno nella loro casa dividendo la camera con Sergio in attesa di trovare una propria sistemazione.

    Che tempi eroici dovevano essere!

    Non vorrei terminare questo mio pensiero con un retorico "si stava meglio quando si stava peggio" (che piacerebbe un mondo a mia madre!), ma trovo che quei racconti contengano un fascino unico ed irripetibile.

    Così come questa figura di donna coraggiosa e decisa che trasmette un fascino unico.

     

     

    • +1 1
  5. Grande storia di un Bonelli ispiratissimo.

    Idealmente ci si può ricollegare al precedente "Il tesoro del tempio", dove venivano affrontate tematiche simili e dove veniva proposta la figura di El Morisco (oltre che quella dell'indimenticabile Esmeralda....).

    E anche qui il "brujo" di Pilares fa la sua comparsa per mettere Tex sulla traccia giusta (buffo vederli conversare dandosi del "lei" :D).

    Da antologia l'entrata del lugubre Eusebio che, nella sua tenuta da beccamorto, NON augura il benvenuto ai due pard:

    "El Morisco vi dà il benvenuto e vi prega di entrare"

    "E tu non ci dai il benvenuto?"

    "No senores"

    Mitico Eusebio!!!

    La trama è scorrevole, senza cadute di tono, soprattutto nella parte iniziale con la presenza dello scaltro Pablito che si dimostra abile antagonista dei nostri.

    Di grande impatto la misteriosa caverna del signore dell'abisso e la stessa figura dell'incappucciato che pesca dai crateri le terribili pietruzze verdi.

    Ma è tutta la storia che fila alla grande con situazioni e dialoghi sempre all'altezza.

    Memorabili i duetti tra i due pard:

    "Sempre convinto di trovare guai laggiù?"

    "Me lo sento nelle ossa, come i reumatismi in un giorno di pioggia"

    "Te l'ha mai detto nessuno che sei un formidabile menagramo?"

    "Pettegolezzi!"

    Finale amaro ma del tutto naturale: Tulac e i suoi fedelissimi sanno che i loro sogni di gloria sono sfumati e, senza indugi, si danno la terribile morte che risplende sinistra nell'oscurità del loro loculo.

    Letteri in grandissima forma: i suoi disegni sono un piacere per gli occhi.

    E lo saranno ancora per tanti anni.

     

  6. <span style="color:red;">9 ore fa</span>, Barbanera dice:

    Be', secondo te Tex riuscirebbe a stendere un energumeno come Pat Mac Ryan senza trucchi?

    Per me sì, altrimenti non l'avrei scritto. In una scazzottata il calcio nei coglioni, sempre secondo me, non rientra nelle regole.

    Questione di gusti e punti di vista. Tutto qui.

  7. <span style="color:red;">8 minuti fa</span>, Condor senza meta dice:

    Il fatto che Tex possa essere in difficoltà ci sta, sai che noia se non lo fosse mai, ma nella scena di Medda, citata da Anthony, quello che, a mio avviso, fa storcere il muso fu che il nostro la spunta con un palese colpo basso.

    Anche per me fu quella la cosa fastidiosa. Ben venga il Tex in difficoltà, non ci vedo nulla di male, ma risolverla con una palese scorrettezza no.

  8. <span style="color:red;">32 minuti fa</span>, valerio dice:

    Ma il Texone di Buzzelli cosa aveva di così strano? I disegni intendi? Se è per i disegni ok, la storia è iper tradizionale (e molto divertente).

    Sì, fu tenuto nel cassetto per i disegni.

    Il modo in cui Buzzelli aveva realizzato Tex aveva destato parecchie perplessità in Sergio.

    La storia piace molto anche a me e, senza dubbio, si presta molto bene a Tex!

  9. <span style="color:red;">9 ore fa</span>, Poe dice:

    Già, un po' come in certi film western con John Wayne o James Stewart o Glenn Ford, GL Bonelli trasmetteva emozioni senza calcare la mano, senza frasi melense, senza primi piani caricati. Così che alla fine il lettore, nonostante la solita vittoria del nostro, chiude l'albo con l'amaro in bocca, quasi come se Tex in fondo avesse fallito.

    Esattamente ciò che intendevo dire. ESATTAMENTE!

    <span style="color:red;">9 ore fa</span>, Poe dice:

    Un personaggio nolittiano o boselliano ante litteram, in cerca di una redenzione che la morte gli impedisce, tratteggiato con pochi ma efficaci dialoghi ("Io non sono che un messicano senza speranze che vive alla giornata", dice) e che vede in Tex l'unico "amigo" che lo rispetta, in un mondo di banditi prepotenti verso di lui, in modo non molto diverso, probabilmente, dalla società "normale" che l'ha respinto. Così che il lettore non può che affezionarsi a lui e dispiacersi per la sua fine.

    Visto da un punto di vista sociologico è una raffigurazione di come a volte, per strani disegni del destino, per singoli episodi della vita oppure semplicemente perché le cose dovevano andare così ci ritroviamo in situazioni strane, che non ci appartengono ma dalle quali non riusciamo a liberarci.

    Il personaggio di Ortega, traslato dal suo contesto letterario, assume un senso metaforico, una parabola in cui credo un pò a tutti sia capitato di ritrovarsi.

    E questo è uno dei  motivi per cui ci sono così affezionato.

    • +1 1
  10. Storia a cui sono particolarmente affezionato essendo la prima che ricordo distintamente di avere letto.

    La ricordo fondamentalmente perché mi rimase impresso il Tex guercio che, a memoria, non ricordo più di aver visto.

    Rileggendola oggi riesco a cogliere tante sfumature che in precedenza non avevo colto.

    Innanzitutto i dialoghi, dove GLB è maestro nel dare quel sapore colorito e spumeggiante alle battute di Tex.

    "Ehi non cominciamo con le domande! Vengo da una parte e vado dall'altra".

    "Smettiamola di recitare la parte dei gentiluomini! Nessuno di noi lo è"

    "Basta con le malinconie e cerchiamo di scoprire cosa c'è nel fondo di un altro paio di bottiglie"

    La storia fila che è un piacere con Tex protagonista indiscusso mentre Kit e Tiger restano in secondo piano recitando la loro parte alla perfezione.

    E' un Tex in forma smagliante: duro, smargiasso, provocatore quanto basta per essere credibile come bandito e infiltrarsi a Robber City (nome geniale!).

    E fa capire subito al malcapitato Red che è meglio non pestargli i piedi sbattendolo come un tappeto.

    Non c'è che dire, GLB riesce a caratterizzare questo bandito con un occhio solo come meglio non si potrebbe e lo rende assolutamente credibile.

    E per finire c'è Juan Ortega, il povero campesino finito poco volontariamente a far parte della banda di Lingo.

    Figura che potrebbe sembrare marginale ma, in realtà, perfettamente funzionale alla storia.

    Lui porta Tex a Robber City, lui lo mette in guardia da Lingo al quale rischia di fargli ombra, lui lo ospita nella sua baracca per evitargli le ritorsioni di Red e soci.

    Insomma risulta essere il miglior alleato possibile per il nostro ranger.

    E non è solo simpatico ma, quando chiamato in causa, si dimostra anche valido e coraggioso.

    Ma queste figure il più delle volte sono destinate a fare una brutta fine e il povero Ortega non sfugge a questa triste sorte.

    E qui è bravissimo GLB a farlo accomiatare da noi lettori senza inutili piagnistei, senza facile retorica o patetici epitaffi.

    No, basta un dialogo scarno ma essenziale:

    "Coraggio Juan" (Tex guarda lo sfortunato amico colpito gravemente)

    "Gilas... niente più campi... di Nogales" (Ortega sa che è alla fine e da addio al suo sogno di tornare a Nogales per comprare un appezzamento di terra)

    "Te la caverai! Ora tutto è finito" (Tex mente soprattutto a se stesso)

    "Sì, tutto finito. Adios Gilas"

    Ortega muore tra le braccia di quello strano bandito di nome Gilas che, non a caso, finirà anch'egli la sua esistenza poco dopo, togliendosi la benda e ridiventando Tex.

    Anche per scene come questa considero GLB un mito inarrivabile.

     

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  11. <span style="color:red;">16 minuti fa</span>, andreadelussu74@gmail.com dice:

    Sul fatto,che Kit ritrova di colpo la memoria dopo aver preso una botta in testa,da quello che ho capito leggendo articoli di giornale,non è inpossibile

    Vero, lo disse anche Trinità per lo sfortunato tizio che si era rincretinito dopo una sventola di Bambino.

    La seconda botta però, anziché farlo rinsavire, gli diede il colpo di grazia :P

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  12. Come un agnellino che va incontro ad un branco di lupi affamati, mi accingo a dare un giudizio su questa storia: delusione!

    So che mi esporrò al pubblico ludibrio ma questa storia non mi è piaciuta per nulla.

    Sarà che, dopo i tanti commenti positivi letti in altri post, avevo veramente alte aspettative e mi prefiguravo una storia al pari di "Furia Rossa" o "Fuga da Anderville".

    Invece non mi ha proprio emozionato, anzi l'ho trovata retorica e in alcuni casi troppo votata al sentimentalismo che, lo confesso, non mi appassiona mai.

    On 27/11/2019 at 01:34, Diablero dice:

    Comunque, ho ripreso in mano l'albo. E mi sono ricordato cosa avevo provato all'epoca leggendolo. Noia. Non mi era piaciuto per nulla, avrebbe forse dovuto essere nelle intenzioni una cosa "sconvolgente", ma in realtà, di particolare c'è solo l'idea "Kit contro Tex" (solo che l'aveva già fatto G.L. Bonelli nel primo ritorno di Mefisto, non era sta gran novità), ma poi lo svolgimento è telefonatissimo. Fiore di Luna ha scritto "non arriva viva alla fine" in fronte, tanto era prevedibile la cosa. Ottimi i disegni, ma davvero, la storia pare di averla già letta anche la prima volta che sfogli l'albo.

    E cito @Diablero, perché questa volta mi trovo pienamente d'accordo col suo giudizio.

    Nizzi è un autore che apprezzo e diverse sue storie le trovo tra le migliori dell'intera serie.

    Ma "L'uomo senza passato" mi ha lasciato veramente insoddisfatto.

     

  13. <span style="color:red;">2 ore fa</span>, valerio dice:

    Storia sopravvalutata che non regge al passare del tempo e a ciò che è stato scritto dopo sullo stesso tema, ma soprattutto non regge al confronto con molte altre storie dello stesso autore.

     

    <span style="color:red;">1 ora fa</span>, valerio dice:

    Sulle piste del nord mi pare nettamente superiore a nei territori del nordovest..

    Tanto per cambiare concordo al 100% con Valerio. In entrambi i casi.

    Di GL Bonelli potrei citarne decine più riuscite di questa che non mi ha mai appassionato.

    "Sulle piste del Nord" è proprio una di queste, storia magistrale, una delle mie preferite dell'intera serie.

    <span style="color:red;">9 minuti fa</span>, Magico Vento dice:

    È un piacere "chiacchierare" con voi, pards!

    Sottoscrivo:)

  14. On 2/6/2008 at 17:31, Pedro Galindez dice:

    La storia in sè è gradevole e leggibile, però molti degli elementi, pur usati appropriatamente, sanno di dej? vu e mancano di freschezza; anche i "cattivi" non sono certo particolarmente incisivi. Si vede proprio che Nizzi usciva da un periodo di inattività. La mia personale valutazione ?:soggetto 6,5sceneggiatura 6,5disegni 8

    Concordo con questo commento.

    La storia è piacevole, anche se non memorabile. Effettivamente si ripropongono delle situazioni già viste in passato che privano un pò di originalità la storia che comunque funziona bene e si lascia leggere con piacere. Merito anche delle sempre splendide tavole di Fusco, sempre a suo agio nei territori del nord.

    I suoi paesaggi, i cani da slitta, le foreste innevate sono veramente da standing ovation.

    E da standing ovation è anche la bella Linda Colter, con la quale Kit Willer fa il galletto e ci prova in modo garbato ma abbastanza evidente.

    Ahhh la gioventù:rolleyes:

    Infine splendide le copertine di Villa, così come il lettering utilizzato: secondo me un valore aggiunto non trascurabile.

  15. Storia alquanto insolita che ricorda in piccola parte "La locanda dei fantasmi" ma, secondo me, gode di una sua originalità.

    La tematica poliziesca qui è decisamente preponderante rispetto al solito canovaccio western e trovo che Medda riesca a trasmettere molto bene lo sgomento e il terrore difronte ad omicidi così efferati.

    E, soprattutto, riesce a tenere nascosto l'assassino sino alla fine (io ero fuori strada completamente).

    Rispetto alla precedente storia "Bande rivali" ho decisamente apprezzato di più questa storia, che trovo appassionante sebbene esca dai canoni texiani.

    Ma qui sta la bravura di Medda che non perde mai di vista nella sceneggiatura la centralità di Tex e riesce a renderlo credibilissimo anche in questa storia dalle tinte noir.

    Personaggi di contorno simpatici e ben rappresentati. Come già detto da altri Herbert Addison è tutt'altro rispetto alla precedente storia, dove l'avevo trovato alquanto insopportabile.

    Probabilmente l'aria del West l'avrà maturato :D

    Riguardo ai disegni di Letteri a me sono piaciuti come al solito... forse sono stato poco attento ma non ho trovato difetti evidenti e, secondo me, la storia sfrutta bene le sue caratteristiche (ricordo che anche nella "Locanda dei fantasmi" mi convinse molto).

  16. <span style="color:red;">1 ora fa</span>, juanraza85 dice:

    Tra i contenuti di approfondimento, nel mio precedente post ho colpevolmente dimenticato di citare il bell'articolo sui nativi arruolatisi volontari nell'esercito canadese durante la Seconda Guerra Mondiale, molto dei quali hanno combattuto in Italia, ed alcuni vi sono anche morti (a questo proposito, dopo averlo letto mi sono ripromesso di andare appena possibile a visitare il cimitero canadese di Ortona, che mi è decisamente vicino). Tre pagine davvero ben scritte, che illustrano perfettamente il contributo non indifferente ma non sempre adeguatamente riconosciuto di quegli uomini, anch'essi troppo spesso vittime dei pregiudizi razziali dei loro superiori...

    L'anno scorso sono stato in vacanza ad Ortona e, in una giornata di tempo incerto, siamo andati a visitarlo.

    Come la visita ad altri cimiteri di guerra, ne vale la pena.

    Non sapevo però che ci fossero anche nativi tra le file canadesi, questo l'ho imparato dal Magazine.

  17. <span style="color:red;">8 minuti fa</span>, MacParland dice:

    Solo per "Gli Intoccabili"? E per i sei film di Leone? ("Il Colosso di Rodi" non lo conteggio) "Nuovo Cinema Paradiso" e "Novecento"? Morricone è uno di quei motivi per cui l'oscar è un premio fasullo. (Insieme a Kubrick, Leone, Takahata, Hitchcok...)

    Mi sono limitato agli episodi più eclatanti, quelli citati nel Magazine.

    In realtà il mancato premio più scandaloso fu quello di "Mission", episodio ricordato con amarezza anche dallo stesso Morricone.

    Io aggiungerei anche lo splendido "I giorni del cielo" di quel genio di nome Terrence Malick, per il quale avrebbe dovuto musicare anche "La sottile linea rossa", opera di ineguagliabile valore e bellezza.

    Scusate, fine OT.

  18. Anch'io ho trovato questo Magazine molto piacevole.

    Premetto che è una pubblicazione che ho sempre trovato gradevole, così come lo era il precedente Almanacco del West.

    Bello il ricordo del grande Ennio Morricone nell'articolo di Maurizio Colombo; tra l'altro, grazie proprio al magazine, ho scoperto che il grande compositore curò anche la colonna sonora di "La cosa", uno dei miei film preferiti del grande John Carpenter. Non si finisce mai di imparare.

    Assolutamente condivisibile anche lo sdegno (per me questo è il termine giusto) per il furto dello strameritatissimo oscar per la colonna sonora nel caso de "Gli Intoccabili" e, soprattutto, "Mission". A proposito di quest'ultimo film c'è un piccolo aneddoto che raccontò Morricone in un'intervista.

    Quando il regista Roland Joffé gli chiese di musicare la colonna sonora, Morricone, dopo aver guardato il film sentenziò che era perfetto così, non aveva bisogno delle sue musiche.

    Per fortuna il regista non si arrese finché Morricone non accettò: ed uscì un capolavoro che si sommò a quello del film.

    E proprio Morricone la definì la sua opera più riuscita.

    Interessante e molto ben curato l'articolo sulla storia delle Giubbe Rosse. Ho particolarmente apprezzato anche il ricordo di Gesuita Joe, terribile protagonista di uno degli episodi di una collana capolavoro come quella di "Un uomo un'avventura".

    Riguardo alle due storie a fumetti le ho trovate entrambe gradevoli.

    Se Biglia dimostra una sicurezza notevole ed un tratto sicuro (splendida la primissima tavola), Rossi non mi è sembrato completamente a suo agio, soprattutto nella staticità di molte sue figure. Trovo anch'io che manchino decisamente di dinamismo.

    Si tratta comunque di piccole critiche all'interno di una prova, secondo me, più che sufficiente.

    Curiosità: ma solo a me l'indiano "Scudo di ferro" della storia di Boselli ricorda tantissimo l'indimenticabile "Vento nei capelli" di "Balla coi Lupi"?

    Nel caso, l'ho trovato uno splendido omaggio.

     

  19. Come nel caso di "Furia rossa" anche qui arrivo con "modesto" ritardo a leggere uno degli episodi più amati dai lettori di Tex.

    Cosa si può aggiungere che non sia stato già detto?

    Mi limiterò col dire che il ritmo della narrazione è veramente incalzante, ci sono così tanti avvenimenti che si susseguono che non riesci a distogliere lo sguardo dalla lettura.

    Tanto per dire ho iniziato a leggere la storia ieri sera poco prima di mezzanotte e sono andato avanti fino alla fine dell'ultimo albo (generalmente alla sera resisto per molto molto meno).

    Al di là dei tanti meriti innegabili di questa storia, la cosa che mi ha colpito di più è l'estrema cura dei particolari, ogni cosa è gestita sapientemente e mai lasciata al caso.

    Ci sono così tanti personaggi di contorno che sarebbe stato facile privarne qualcuno dell'opportuna caratterizzazione.

    Che invece c'è sempre e sa renderli originali.

    Ma, finita la lettura, la cosa che più mi ha lasciato soddisfatto è la centralità della figura di Carson, finalmente riportato a quella dignità che in passato (GLB a parte) gli era stata un pò tolta.

    Troppe le figure barbine che gli erano state affibbiate, sempre bisognoso di una spiegazione per le cose più banali, a volte un perfetto incapace.

    Si vedano ad esempio le due storie di Canzio, curiosamente uscite poco prima di questa.

    Qui no: che sia il Carson giovane oppure quello più anziano è un personaggio che sa menare la danza alla grandissima e ha, finalmente, il ruolo e il carattere che gli competono.

    Le tavole di Marcello mi sono piaciute molto, a mio parere notevolmente migliori di quelle di "Thonga il tiranno".

    • +1 1
  20. Ero molto curioso di leggere questa storia, in quanto conosco poco Decio Canzio come sceneggiatore.

    A dir la verità proprio pochissimo, praticamente solo i due episodi della collana "Un uomo un'avventura".

    Se "L'uomo del Messico" mi aveva lasciato un pò indifferente, considero invece "L'uomo del Nilo" uno degli episodi migliori di quella splendida collana.

    Tra l'altro Canzio è un personaggio che mi ha sempre incuriosito: magari un pò in ombra rispetto agli altri storici personaggi dell'epoca come GLB, Sergio Bonelli, Nizzi, ecc. ma nelle varie interviste è sempre considerato una colonna della casa editrice.

    Tornando alla storia non posso non riconoscere anch'io diversi tratti nolittiani nel suo Tex. Certo non così marcati come in "Caccia all'uomo" ma, nelle sue diverse sfumature, l'influenza di Nolitta si sente. E in comune con l'Andy Wilson di quella storia (indimenticabile per il sottoscritto) vorrebbe esserci il Nick Calavera di questa.

    Ma il paragone proprio non regge.

    E qui mi trovo totalmente d'accordo con quanto scritto dal pard @Condor senza meta: troppo altalenante la sua caratterizzazione.

    Direi quasi schizofrenica.

    Passa dall'accudire amorevolmente ed in maniera totalmente gratuita il vecchio sakem indiano, al tentare di accoppare il vecchietto che li ospita durante la tormenta, senza contare gli omicidi di cui è colpevole direttamente o indirettamente.

    E mi sembra quasi forzato l'intento di farlo stare simpatico a Tex, senza che effettivamente Calavera faccia qualcosa di così memorabile per guadagnarsi la stima del Ranger.

    Duole infine notare la pessima caratterizzazione di Carson che in questa storia fa esclusivamente la figura del beota.

    Sembra che anche Tex non lo sopporti invitandolo tra il serio e il faceto a tornarsene nella riserva per non far stare in pensiero (!!!) Kit e Tiger.

    Come dire, "leviamoci dalle scatole questa palla al piede". Non ci siamo.

    Però devo dire che questo "Oro di Klaatu" mi ha preso molto. Nonostante qualche passaggio un pò forzato la storia mantiene un ritmo fluido che accompagna il lettore verso il tragico finale.

    Da grande amante degli animali, ho apprezzato tanto "Stracci" e le cure amorevoli che gli riserva Tex in più occasioni. E pure la sua tristezza nel dovergli dire addio.

    I disegni di Fusco sono semplicemente meravigliosi. La sua "neve" è impareggiabile.

    In definitiva un debutto più che dignitoso che, considerata la fase di "emergenza" in cui è stato concepito, merita senz'altro un'abbondante sufficienza.

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