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Leo

Ranchero
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Tutto il contenuto pubblicato da Leo

  1. Leo

    [671/672] La banda dei serpenti

    Ma la compagnia non sa che lo sceriffo ha velleità di glorioso pistolero. È proprio l'idea di inserire una simile situazione che per me è abbastanza strampalata...
  2. Leo

    [Maxi Tex N. 20] Il ponte della battaglia

    Prima vignetta inaccettabile: i soldati del Nord sembrano troppo piccoli, pur tenendo conto della prospettiva e della distanza, e nel frattempo il Maggiore che incita a combattere per l'Unione! Lo stesso identico errore viene ripetuto a pag.93, nella prima vignetta, in cui il Maggiore ricorda il suo passato e ancora urla: "Per l'Unione!", sconcertandomi non poco: uno svarione ci sta, ma errare due volte significa essere proprio convinti che il Sud sia l'Unione! I miei appunti alla storia finiscono qui: posso ben dire di aver letto una storia bellissima, epica, corale, di grande spessore. Anche qui, come nel mensile "Per le strade di Sacramento", tanti personaggi, ma qui sono tutti ben gestiti, non ce n'è uno di troppo, ognuno svolge pregevolmente la sua parte, ognuno contribuisce ad ispessire una storia già sostanziosa di suo. Ruju mi aveva colpito, in primavera, con il suo romanzo, con i suoi dialoghi e i suoi tempi cinematografici perfetti: questo Maxi è la degna continuazione dell'appagamento provato dopo aver letto "Un caso come gli altri": non uno dei migliori Maxi degli ultimi anni, a mio parere, ma una delle migliori STORIE degli ultimi anni,a prescindere dalla collana di pubblicazione. Ciò che amo in Ruju, quella prerogativa sua che spero non perda mai, è la cura nel tratteggiare ciascun personaggio, da quelli principali alle comparse: nessuno degli attori che mette in scena sembrano burattini, o sono meramente piegati alle vicende della trama; al contrario, ognuno di essi ha una sua individualità, un suo autonomo spessore (penso ai ricordi del Maggiore Sizemore, alle vignette in cui si indugia sulla bella Amanda mentre torna al villaggio dalla casa del Maggiore, alla famiglia cajun che ri-accoglie André). Al di là della qualità della storia, reputo memorabili delle singole scene, da cui può trarsi la bravura di questo sceneggiatore: il vecchio Sizemore che si lascia andare ai ricordi della gloria passata, lo stesso Maggiore che frusta i suoi rei di essere scappati (scena per nulla gratuita: anzi, tratteggia perfettamente il carattere di padrone intransigente da vecchio despota del Sud), le domande che gli rivolge Tex, con i suoi "perché" stringenti che incalzano il vecchio soldato, la fiducia accordata ad André con Tex che gli volta le spalle, gli stessi sermoni di quel brillante personaggio che è Padre Abraham, e poi lo splendido finale, significativamente ambientato su quel ponte che aveva fatto la gloria del vecchio comandante, e che ora invece, a chiusura del cerchio, gli riserva una morte ignominiosa. Ymalpas ha fatto un accostamento con il Colonnello Watson, dicendo però che questo Sizemore non gli si avvicina: è vero che Watson è ben altra pasta, ma la reazione di questo vecchio soldato che non si arrende ricorda dannatamente da vicino la meravigliosa scena conclusiva del capolavoro nolittiano, con il vecchio notabile che non si arrende a vedere sprecato "il lavoro di una vita". Per tutto quanto detto sopra, eleggo Sizemore miglior personaggio della storia, che pure annovera altri personaggi che potrebbero contendersi la palma di miglior attore non protagonista: la bella Janelle, il coraggioso Padre Abraham, l'opportunista ed ingenua Amanda, lo stesso bandito redento André, che Ruju ha il coraggio di far perire nell'ultimo scontro. E naturalmente il macellaio Callaway, personaggio sopra le righe (tarantiniano, appunto), ma comunque sempre credibile, nel suo essere reduce segnato in maniera irreversibile dalla violenza del conflitto civile. Insomma, Ruju da applausi: grazie, grazie, grazie! per questo Maxi. Dopo tanti, troppi anni, hai ridato dignità ad una collana che non meritava di essere bistrattata in quel modo, divenuta ormai solo un ricovero di storie non riuscite. Cossu: legnoso, è vero. Ma efficace nella caratterizzazione di TUTTI i personaggi, da padre Abraham, forte ed energico, al tenebroso André, dalle sensuali ragazze che fanno capolino nella storia (tra le quali, la bella Francine, la cui scenetta con Carson è gustosissima, vivaddio), al perverso Callaway, al luciferino Sizemore. Anche Tex mi è piaciuto moltissimo, mentre trovo purtroppo inguardabili le spesse strisce di stoffa grezza che Carson ha al posto dei capelli. A parte quest'ultimo aspetto, prova convincente anche per lui. Maxi promosso a pieni voti! Incredibile.
  3. Leo

    [671/672] La banda dei serpenti

    Forse sarebbe bene rileggerla prima di darne un giudizio definitivo, ma onestamente la storia mi pare macchinosa, cervellotica, contorta fino all'estremo. Non è questione, come dice Carlo, di vecchi lettori e di nuovi stili; è piuttosto che la storia è volutamente poco chiara, tende consapevolmente a confondere, ma l'effetto che raggiunge è l'opposto di quello che si prefigge: invece di intrigare, annoia. E annoia per quello che dice Pato, e cioé perché di fronte non abbiamo personaggi ma marionette, mosse piuttosto pesantemente da fili troppo spessi per non essere visti e per non disturbare lo spettacolo: una longa manus dell'autore che assesta potenti scossoni perché la storia possa arrivare in qualche modo alla fine: e allora ecco una banda di serpenti che si rivelano innocue bisce (scacciate dal macellaio e dalla donna, oltre che da Tex!); i cavalieri del Re che se possibile sono ancora più anonimi della banda sopra citata; un gruppo di ragazzi che, nell'Ovest dove a malapena sanno leggere e scrivere, studiano il codice penale e compiono il delitto politico perfetto per sollevare le coscienze; un'intera città che si trasferisce in un altro posto; un sicario intercettato da Carson perché Tex ha la sfera di cristallo al posto della testa (ma dai...); una compagnia ferroviaria che riesce ad esprimere ben due candidati, uno occulto e l'altro palese, per poi restare con un pugno di mosche in mano!; un colonnello corrotto chiamato in città a tutelare la sicurezza (la cui presenza è davvero un di più gratuito); per non parlare della perla di sceriffo e dei suoi sogni di gloria, un vero caso umano, tanto inverosimile quanto inutile ai fini dell'interesse per la storia. Non ho capito se a fregare l'autore sia stata l'eccessiva ambizione di dar vita ad una storia importante (perché l'intento è evidente, diamo atto almeno di questo) o una carenza di idee che lo ha portato ad infarcire la vicenda di personaggi inutili e mal gestiti, come il colonnello, lo sceriffo, lo stesso marito di Mabel, col suo patetico tentativo di ammazzare il candidato avversario davanti a tutti per far bella figura davanti alla mogliettina (non credevo ai miei occhi mentre leggevo quella parte, altro che i fratelli Donegan, ho pensato!). Mi dispiace, e dico davvero, non apprezzare il lavoro di un autore, soprattutto se in gamba come Manfredi, ma davvero non mi sento di non essere severo nei confronti di una storia che reputo purtroppo riuscita male. Poi rileggerò anche questa, senza dubbio, per una seconda chance che non nego a (quasi) nessuna storia. Capitolo disegni: Sejas non lo amo particolarmente. A volte mi ricorda Blasco, suo connazionale. Non mi emoziona.
  4. Leo

    [Color Tex N. 09] La Pista dei Sioux

    Non amo il Color Tex, perché spesso le storie di sole 160 pagine si rivelano una delusione. E invece, ecco una bella storia, per sceneggiatura e disegni, ad allietare queste ore estive. Faraci imbastisce un bel "giallo" in un contesto tipicamente western, e se è vero che il flashback toglie parte della sorpresa, è altrettanto vero che fino alla fine restano ignote le motivazioni di Garth, e fino alla fine non si sa se costui sia un'anima nobile o un'anima nera: ed è suspense anche questa! Non concordo neanche con il mio amico Satan quando ritiene che gli indiani siano messi lì solo per allungare il brodo: senz'altro servono anche a questo, ma stavolta l'espediente pare ben poco forzato, sia perché in una storia così marcatamente western gli indiani ribelli non possono mancare, sia per la forza di questi antagonisti, non solo semplici pedine mosse da Faraci per qualche pagina in più, ma anche personaggi in grado di avere una propria personalità, come ben dimostra l'ottima scena del confronto padre-figlio sulla rupe, con l'incidente non intenzionale che porta poi il figlio all' intenzionale negazione d'aiuto. Alla riuscita della storia contribuiscono anche gli ariosi paesaggi di Milano, che ci conduce in un'ideale passeggiata per il territorio del Wyoming e i suoi colori, con il verde vivo delle colline felicemente sovrastato dall'azzurro del cielo o dalla luce calda del tramonto: sì, anche i colori mi sono piaciuti! Non amo il Color Tex, ma questo rappresenta una felice eccezione.
  5. Leo

    [Texone N. 06] La Grande Rapina

    io lo ritengo uno dei texoni più belli di tutti i tempi, un grande capolavoro western. Hai detto bene: è un film. Accoppiata di autori superlativa
  6. Leo

    [Texone N. 31] Capitan Jack

    Neanche a me piacerebbe questa filosofia se pensassi che dietro il mancato sviluppo dei personaggi c'è davvero questo: lo sceneggiatore deve scrivere quanto meglio può, cercando di valorizzare al contempo la matita che darà corpo alla sua trama. Io credo che Faraci abbia cercato di farlo, e in alcuni passaggi lo ha fatto anche bene, ma se nel complesso i personaggi non sono appaganti come dovrebbero non credo affatto sia perché si dovevano privilegiare gli sfondi. Come ben dice pecos, il fumetto è un connubio tra testi e disegni, e gli uni devono essere all'altezza degli altri e viceversa, altrimenti si finisce per dar vita ad un prodotto zoppo.
  7. Leo

    [Texone N. 31] Capitan Jack

    Nella citazione di Pecos ho volutamente riportato solo alcune frasi, brevi estratti di un commento più lungo e molto ben scritto; solo alcune frasi che però sintetizzano il giudizio che ne ho dato io e lo fanno con maggiore efficacia di quanto abbia fatto io. Sull'epicità mi ero espresso più o meno negli stessi termini, mentre non ho saputo descrivere la sensazione che Pecos riesce ottimamente a rendere, quando dice che la figura monumentale che poteva essere Capitan Jack lascia un senso di non-finito: è esattamente quello che ho provato io, Pecos; Capitan Jack aveva le potenzialità per essere un gigante, ed invece è solo un abbozzo, lui e tutto il suo mondo di contorno, i suoi rapporti con Hooker Jim, le motivazioni alla base di alcune decisioni apparentemente poco sensate e però decisive. Un abbozzo, un non-finito: sono totalmente d'accordo. Ho lamentato soprattutto il fatto che le pagine c'erano pure per approfondire Capitan Jack, se teniamo conto che molte - troppe - sono state dedicate alla battaglia centrale, con tanti troppi bang bang (circa 40 pagine), tra i quali spicca - in negativo - la scena da te citata: anch'io non ne posso più di questo Rambo che, nelle situazioni disperate, non trova di meglio che contare sulla propria invulnerabilità, mandando a quel paese la verosimiglianza della storia e la credibilità dello stesso protagonista: lungi dall'apprezzare questo spericolato scavezzacollo, ne esco con una sensazione di forte fastidio. Sono contento che qualcun altro la pensi come me su questa storia, che avrebbe potuto essere un capolavoro ma che è solo una buona storia.
  8. Leo

    [Texone N. 31] Capitan Jack

    Non trovo corretta questa affermazione, ma il suo esatto contrario: il grosso dei disegnatori che si sono alternati sul Texone sono extra Tex e solo alcuni provengono dalla serie regolare, mentre è vero che altri semmai ci sono entrati dopo, nella regolare, per le buone prove regalate nel Texone. Quindi, se è vero che il Texone nasce da un "errore", è vero poi che la filosofia sopravvenuta (del disegnatore nuovo o extra Tex) è stata fondamentalmente rispettata. E il Texone è stato quasi sempre un prodotto di qualità, nemmeno paragonabile al Maxi, purtroppo...
  9. Leo

    [Texone N. 31] Capitan Jack

    Questa di Breccia e l'altra di Biglia, nell'inedito mensile in edicola, hanno diversi punti in comune, a partire proprio dalla figura del capo indiano antagonista. Entrambi sono uomini che decidono di muovere guerra all'uomo bianco dopo aver subito delle ingiustizie, entrambi compiono delle scelte discutibili, entrambi pagano con la sconfitta e poi con la morte i loro errori. Ma se nella storia di Boselli i fari sono tutti concentrati sulla figura del colonnello Bad Hand, nel Texone di Faraci ampio spazio è proprio lasciato alla psicologia di Capitan Jack, un capo indiano che vede minato giorno dopo giorno il suo potere da cattivi consiglieri, in primis lo sciamano Curly Headed e "il pessimo elemento" Scarface Charlie, che sostengono senza troppi veli alla guida della tribù il rivale Hooker Jim. Questa è la situazione che ritroviamo fin dalle prime pagine, quando Capitan Jack vendica l'onore oltraggiato di Winema compiendo il suo primo grande errore — il cacciarla via ingiustamente dal villaggio perché disonorata — dietro suggerimento proprio dello sciamano, decisione che accetta a malincuore per non apparire "debole" (dimostrando con il suo gesto rivoltante l'esatto contrario). In questa sequenza apparentemente insignificante Faraci disegna magistralmente l'animo combattuto di un grande capo, tutta la sua insicurezza che nasce da un ambiente in cui il suo operato è messo continuamente e subdolamente in discussione. Il personaggio di Winema, non è un fatto paradossale, ritornerà alla fine della storia, e sarà come una cartina di tornasole, che spingerà Capitan Jack a ritornarare sui suoi passi e, soprattutto, a schierarsi contro il vile Hooker Jim, che allora potrà tradirlo. La debolezza di Capitan Jack è messa sotto la luce d'ingrandimento a pagina 53, siamo nel forte indiano dove Tex e Carson sono accorsi al capezzale del loro amico ranger John Foster. Proprio in queste pagine, la scorreria indiana alla fattoria che apriva il Texone trova finalmente la sua giusta collocazione e risulta un fatto di importanza primaria, non il classico espediente che serve a fare entrare in azione i due pards: il responsabile è la mala erba Hooker Jim che in quella circostanza — agisce al di fuori dell'autorità di Capitan Jack — la cui politica con i bianchi è in aperto contrasto con la sua. Il secondo errore magistrale di Capitan Jack risiede nella decisione di riunirsi proprio con la banda ribelle di Hooker Jim. Capitan Jack è ben consapevole che dopo i fatti di sangue di cui quest'ultimo si è macchiato, si sta cacciando in una soluzione senza uscita nei confronti delle Giacche Blu che i Modoc vorrebbero, a questo punto, riportarli nella riserva inospitale. Basterebbe consegnare il responsabile Hooker Jim e invece — d a pagina 65 a pagina 73 — ci troviamo di fronte a un'altra decisione inspiegabile: il massacro della piccola colonna militare inviata nel campo indiano a parlamentare la resa degli indiani. E' un gesto che significa la guerra. Capitan Jack, che probabilmente non avrebbe avuto voluto uno scontro aperto con l'uomo bianco, non avrebbe dato il suo assenso se fosse stato un capo nell'esercizio pieno dei suoi poteri. Appare invece come una marionetta abilmente manovrata dallo sciamano che lo porta prima a riaccogliere il vile ribelle Hooker Jim e poi lo spinge alla guerra con il successivo massacro di militari. Capitan Jack, la cui mente è come annebbiata (pensa di dover continuamente dimostrare di essere un capo vincente), compie come nel caso precedente di Winema, una scelta che ha degli effetti del tutto opposti a quelli che si prefiggeva. Sui letti di lava, dove la tribù si rifugia poco dopo, vincente avrà modo di dimostrare di esserlo un'ultima volta, ma la sua debolezza è tutta in quell'Hooker Jim che come una spina gli si è conficcata nel fianco. Nel corso della storia abbondano le vignette, come questa sopra con characters silenti, in cui Breccia provvede a suggerire magistralmente gli stati d'animo dei personaggi della storia. Siamo nei Lava Beds, nell'enorme caverna che Capitan Jack ha scelto come riparo per i vecchi, le donne e i bambini Modoc. Anche in questo caso, l'ottima decisione presa dal capo è messa subito in discussione dal trio capitanato dallo sciamano che è il vero deus ex machina della situazione, il quale però è subito messo a tacere da Capitan Jack che spiega in breve la sua efficace tattica basata sulla guerriglia su un terreno maledettamente disagevole per i militari. E' uno scacco per i congiurati che mugugnanti devono assistere all'ovazione dei guerrieri per il loro capo, che per l'ennesima volta dimostra di essere il più popolare nella tribù. Ma ancora una volta è una forza da cui Capitan Jack non trarrà il giusto profitto. L'altra scena capitale della storia è nelle pagine conclusive dell'albo.Il generale Canby e una delegazione di cui fa parte anche Winema, si incontra con i Modoc di Capitan Jack sui letti di lava. Quest'ultimo ha tutto l'interesse di trattare, dice il generale a pagina 204. "Capitan Jack non è uno stupido... nè una belva assetata di sangue, sa che non potrebbe vincere la battaglia" gli fa eco l'agente indiano al seguito della delegazione. Gli occhi del capo e gli occhi di Winema si incontrano di nuovo a pagina 208 nella stricia centrale. Occhi che Capitan Jack chiude nella tavola successiva quando ripensa al trio di serpenti che gli rinfaccia la mancanza di coraggio se non ucciderà Canby. Ancora una volta Capitan Jack si trova in una posizione di vantaggio rispetto alla delegazione venuta a parlamentare, ha appena vinto la prima guerra sui letti di lava contro l'esercito, gli basterebbe accordarsi, ha già dimostrato di essere un capo vincente e a questo punto cede invece alle richieste sconsiderate dello sciamano e di Hooker Jim: gli effetti della sua decisione saranno per lui ancora una volta l'opposto di quello che si prefiggeva. Mentre fa fuoco contro Canby, Hooker Jim spara a Winema e il grande capo perde tutte le certezze. Ritornerà infatti inspiegabilmente sui suoi passi, urlerà di dolore nell'apprendere da Tex che la giovane è morta — maledetti vigliacchi — sono le sue parole, le parole di un uomo che finalmente ha aperto gli occhi. Ora c'è Tex, gli promette il suo aiuto. Ma occorre fare un passo indietro per spiegare la conclusione della storia. Siamo qui al pugno di Capitan Jack a Hooker Jim, pagina 196. La sequenza è quella del duello tra Tex e Capitan Jack. Ancora una volta Tex, come da tradizione, si affida allo scontro risolutivo all'arma bianca che in tante occasioni gli ha permesso di uscire vincitore da una situazione difficile. In questo frangente si tratta non solo di riportare a casa la pelle: sconfiggere Capitan Jack potrebbe infatti anche metterlo in condizione di farlo ragionare e nella sequenza successiva, quando ciòè giunge la delegazione di Canby, un Capitan Jack sconfitto da Tex, tratterebbe indubbiamente la resa invece di macchiarsi di un omicidio che lo porterà sulla forca. Tex, ovviamente, il duello sta per vincerlo. I congiurati sono più che consapevoli delle conseguenze, non è a loro che è mai mancata la lucidità nel leggere gli avvenimenti. Hooker Jim spara quindi alle spalle a Tex (come poi spareranno alle spalle a Winema): è l'ennesima riprova che è un essere spregevole — non c'è onore nella sconfitta — dice come a scusarsi, ma Capitan jack non riesce a trattenere il pugno, perché a sua differenza è un uomo d'onore. Cosa che difetta fino alla fine invece nel suo rivale: saranno proprio Hooker Jim e i suoi accoliti, in cambio del condono, a facilitare la cattura di Capitan Jack. Nelle ultime due pagine, mentre attende l'alba e una fune insaponata, può confessare a Tex che se non gli è mancata la forza delle grandi decisioni, gli è mancata invece la forza delle piccole decisioni, quelle sacrosantemente giuste, è un uomo piccolo piccolo quello che confessa a Tex le sue paure e la sua debolezza. La scena è identica a quella delle morte di Lone Wolf nell'albo "Il colonnello mano cattiva": abbiamo due capi disillusi che aspettano con poca serenità la morte, entrambi consapevoli che la guerra contro l'uomo bianco è inutile. Neanche Tex può niente in questo frangente. A Capitan Jack può solo chiedere di morire con dignità. L'ultimo vignettone è un Tex al galoppo che si lascia alle spalle quella che è anche la sua sconfitta ed è un tipo di conclusione che si vede raramente nelle pagine del mensile, ricorda un po' quella dello speciale "Patagonia" e un po' tutte quelle storie in cui Tex è calato in una situazione Storica con la S maiuscola. Fa niente, resta una grande storia quella scritta da faraci e disegnata da Breccia. Quoto il lungo post di Ymalpas che, come gli accade spesso, è magistrale nell'analizzare le storie, soffermandosi sui punti cruciali della trama e corredandone il commento con le vignette più rappresentative. Lui stesso aveva quotato il mio post, per prenderne le distanze, e facendolo con tale dovizia di particolari, che quasi quasi devo recedere dalle mie posizioni iniziali. Io avevo detto che avrei preferito un maggior approfondimento psicologico, Ymalpas mi mette di fronte a tante di quelle scene di questo tenore che sembra dirmi: "Ma che cavolo vuoi di più??? Questa è una storia con la S maiuscola". Condivido questa sua domanda retorica risentita, ma solo in parte, ed in parte resto della mia idea. Il tuo commento, Ym, coglie tutto quello che di buono c'è in questo Texone, che resta una storia importante: io stesso l'ho detto, l'ho definita epica, e ho definito, forse un po' ingenerosamente, solo "apprezzabile" lo scavo psicologico dei personaggi. E nonostante io stesso mi sia riservato una seconda lettura per meglio saldare alcuni punti, e nonostante il tuo - davvero bello - post, ancora sono convinto di quanto detto. Anche grazie al tuo post. Quano dici: "Basterebbe consegnare il responsabile Hooker Jim e invece — da pagina 65 a pagina 73 — ci troviamo di fronte a un'altra decisione inspiegabile: il massacro della piccola colonna militare inviata nel campo indiano a parlamentare la resa degli indiani." e poi, più tardi: "Ritornerà infatti inspiegabilmente sui suoi passi", per due volte usi lo stesso avverbio e aggettivo: "inspiegabile" e "inspiegabilmente". Ed è così: queste scene cruciali a mio parere potevano trovare altra giustificazione, non penso minimamente di sostituirmi all'autore ma - che so - si poteva far cogliere lo stretto rapporto che aveva legato in passato Capitan Jack a Hooker Jim o comunque inventarsi un qualche elemento che spieghi il complesso di inferiorità che tiene in soggezione questo "Capitano" che si rivela piccolo piccolo e inadeguato al suo ruolo. E' una figura storica realmente esistita, ha fatto davvero ciò che è narrato nella trama, è un evento davvero inspiegabile e magari si potevano focalizzare meglio le presunte ragioni che avevano spinto questo personaggio storico ad agire come ha agito, risultandone fatalmente sconfitto. Avrei cercato di sviscerare meglio le motivazioni psicologiche alla base delle sconsiderate azioni di questo piccolo uomo, di questo leader inadeguato che, proprio in quanto tale, si prestava ad un approfondimento delle sue tante sfaccettature. Questo continuo a pensarlo. Ma dirò di più: forse avrei potuto anche fare a meno di quanto detto sopra, ciò che ho digerito poco forse sono le quasi 40 pagine consecutive di "bang bang" centrali di cui avrei volentieri fatto a meno: troppe vignette destinate all'azione; non dico che non ci debbano essere, ma ne avrei sacrificata più di qualcuna per privilegiare la descrizione del lato umano dei tanti personaggi della storia, alcuni solo abbozzati. Ora devo scappare, a risentirci... Detto questo, continuo a pensare che sia una gran bella storia; non siamo quindi così distanti...
  10. Leo

    [Texone N. 31] Capitan Jack

    Ho letto con piacere le molte recensioni positive che su internet circolano su Capitan Jack, e sono contento per questa incursione di Faraci nell'epica, una componente che nelle sue storie - fondamentalmente ordinarie - fino ad ora era mancata. Eppure, nonostante il texone di quest'anno appartenga al filone che amo di più - vicende tratte dalla Storia - non ho apprezzato appieno il taglio che l'autore ha voluto dare alla vicenda, privilegiando la componente d'azione in una trama che ben si prestava invece all'approfondimento della psicologia dei personaggi e delle loro motivazioni: se si fosse dato maggior risalto a quest'aspetto, invece di occupare vignette con dei "bang bang" di troppo, ne avrebbe giovato il tasso di drammatizzazione della vicenda, quel pathos indispensabile per rendere una storia epica e memorabile. Non è assolutamente una bocciatura, e non escludo che una seconda lettura possa darmi impressioni differenti, ma senz'altro a mio parere una storia con questi personaggi (onore a Sergio Bonelli per averci pensato) poteva scavare di più nel loro intimo fornendo un ritratto più profondo e più complesso di quello - pur apprezzabile - che ne è venuto fuori. I disegni, invece, sembrano fatti apposta per dividere, come infatti puntualmente è avvenuto. Un Tex e un Carson troppo lontani dalla tradizione, dei nasi da "rinoplastica" (per rubare un'espressione di Wasted Years), dei volti sostanzialmente sgradevoli. Tex e Carson sono diversi, quella caricatura che sembra il diavolo del Milan (il simbolo della squadra prima dell'avvento di Berlusconi, per intenderci) non può essere Kit Carson. A fronte di questa personalissima e a me non gradita interpretazione dei volti dei ranger, il disegnatore sfodera per il resto una prova maiuscola e molto originale - vera delizia per gli occhi - che in definitiva può far dimenticare quei ritratti così lontani dalla tradizione, anche perché proposti su una testata che nella sperimentazione grafica aveva la sua ragion d'essere originaria.
  11. Leo

    [668/670] I rangers di Lost Valley

    S P O I L E R Apprezzo sempre tantissimo quando i pards si separano: la storia si biforca su strade parallele che si ricongiungono solo in un secondo momento, non prima di aver riservato momenti esaltanti a ciascuno dei protagonisti. E se anche stavolta l'impresa di Tex mi pare un tantino eccessiva (riuscire a far ricongiungere i rangers senza praticamente alcuna vittima), mi godo quella altrettanto iperbolica di Carson che mette fuori combattimento cinque avversari tutto solo (per poi essere salvato da un provvidenziale e nizzianissimo intervento dei buffalo soldiers - nizzianissimo perché spesso l'autore modenese abusava di questi fortunosi interventi della "provvidenza"). Buonissimo primo albo quindi, preludio di una vicenda che, con l'ingresso di Mano Cattiva, promette di farsi ancora più avvincente: il Colonnello non sarà infatti il classico strumento di salvezza, ma sarà probabilmente esso stesso un protagonista-antagonista, nella migliore tradizione boselliana: lo si capisce dai suoi intenti bellicosi e guerrafondai verso indiani che fino ad ora Boselli non ci ha fatto disprezzare, stando anzi forse troppo attento a farli apparire politicamente corretti: penso al risparmio dei mandriani da parte di Mamanti e all'empatia che può suscitare la tragedia personale di Lone Wolf (che credo sia peraltro storicamente accaduta). Ai disegni, Biglia mi è piaciuto molto: era uno dei miei preferiti anche in Magico Vento.
  12. Leo

    [668/670] I rangers di Lost Valley

    Non sono d'accordo Sam. Gli animatori di questa discussione sono Ymalpas, West10, natural killer, Pecos, Anatas, Havasu e lo stesso Borden, utenti che sono sì perfezionisti (o almeno lo sono in questo caso), ma non possiamo dire che il loro interesse preponderante sia questa ricerca del perfezionismo a scapito della critica senza pregiudizi. Nel loro caso non possiamo proprio dirlo. Fossero altri utenti, ma proprio loro... Sono contento che sia tutto ok, ero rimasto alla tua defezione al raduno per problemi di salute: muy bien, allora!
  13. Leo

    [668/670] I rangers di Lost Valley

    Sam negli anni di cui parli tu non c'erano nemmeno i forum però. In un forum si parla un po' di tutto no? Se una discussione ci appassiona vi partecipiamo; in caso contrario, passiamo oltre (come faccio io in questo caso). Ma un forum di discussione è un forum di discussione no? E i tempi sono cambiati: c'è più istruzione, più curiosità, si approfondisce di più. Ogni cosa, comprese le esse in fondo a una parola inglese italianizzata... Cambiando discorso, come stai?
  14. Leo

    [668/670] I rangers di Lost Valley

    Non solo Carson c'è, ma è pure in ottima forma!!! Bene così.
  15. Leo

    [668/670] I rangers di Lost Valley

    Le tavole di Biglia sono fantastiche, ma ditemi la verità: starò tre mesi senza Carson?
  16. Leo

    [666/667] L'onore di un guerriero

    Non è il Ticci dei primi tempi. Né quello degli splendori. Fuga da Anderville, la leggenda della vecchia missione, Sioux, sono lontane. Ma. Ma è ancora un signor disegnatore, e questo un po' stupisce. Il Galep di Soldati a cavallo, il Letteri delle ultime storie boselliane, ci aggiungo il Fusco di Athabaska Lake, li potevamo leggere con l'affetto per i Grandi, con la benevolenza verso i Padri, ma non con soddisfazione pura e semplice, o con un piacere netto da qualsiasi riflessione sull'età che avanza e sul tempo assassino. Per Ticci non è così. Non lo è ancora per nulla. Fratello Carson e sorella colt sono laggiù, inarrivabili, ma qui hai comunque uno statuario Lunga Lancia, una seducente Niabi, un odioso Unghia di Lupo, dei pard convincenti. E dei paesaggi ancora magnifici, nella consueta economia di linee. È un gran bel Ticci, altroché. Non il gigante che fu, ma comunque ancora un Maestro irraggiungibile per molti.
  17. Leo

    [666/667] L'onore di un guerriero

    Ritengo che Ymalpas abbia centrato il grande punto di forza di questa storia, vale a dire un personaggio tormentato quale co-protagonista che tuttavia non ruba la scena ai pards, che anzi dirigono l'azione e sono sempre nel vivo della vicenda. Ottime le performance di Kit e Tiger, Tex superlativo in tutto il finale, solo Carson fa in effetti da contorno, ma in una storia così può andare. S P O I L E R Le battute iniziali del duello tra Tex e Lunga Lancia sono perfette, bellissime nel loro essere secche, senza troppi fronzoli o giri di parole. Sguardi e parole rendono efficacemente l'idea di ciò che sta per accadere, uno scontro tra titani che non darà soddisfazione a nessuno di essi, un duello senza gloria ma con tanta amarezza. Rimprovero a Ruju di non averlo fatto durare qualche pagina in più, francamente: Lunga Lancia è un così bel personaggio che, sia per valorizzarlo che per accrescere il tasso drammatico della storia, avrei preferito che mettesse in difficoltà Tex per più tempo. Nonostante questo, è stato comunque un duello difficile da affrontare per il nostro, l'apprensione di Carson ne è la manifestazione più evidente. Dopo il duello, efficacissimo è il colpo di scena del volo vertiginoso nel fiume, che ha anche lo scopo narrativo di eliminare per un po' dalla storia i due protagonisti per lasciare spazio a Unghia di Lupo, cui è dedicato l'intero epilogo di questa avventura. Drammatico, intenso, rivelatore, è il dialogo tra il fratello minore di Lunga Lancia e Niabi: era la gelosia, soprattutto, la molla che aveva fatto scattare la rabbia di Unghia di Lupo. Niabi glielo spiattella in faccia, sapeva di essere desiderata da lui, e lui non aveva alcun diritto di bramare la moglie di suo fratello. Ma questo, il lettore attento, lo aveva già capito nel precedente confronto, avutosi nel primo albo, tra Lunga Lancia e Unghia di Lupo: Lunga Lancia tenta di convincere il fratello a desistere dalle sue scorrerie sanguinarie, ma quando Unghia di Lupo fa un accenno a Niabi, Lunga Lancia si arrende. Ha capito, in quel momento, la vera natura del tarlo che rode suo fratello: l'invidia per il potere di Lunga Lancia, va bene, per la sua gloria, per il suo ruolo da sakem, tutto giusto. Ma è il desiderio per la cognata il vero dramma di Unghia di Lupo, e Lunga Lancia lo capisce, sin da quel primo dialogo all'inizio della storia. E non può farci niente. Risolto il conflitto tra questi protagonisti, a Ruju non interessa narrare molto altro, e chiude in maniera iper-veloce la questione del Tenente Morris: ho trovato stonato che un tenente venga malmenato così davanti a tutta la truppa, senza che nessuno intervenisse, ma Ruju non aveva più molte pagine a disposizione, le aveva riservate allo scontro fratricida e ai dialoghi intensi delle pagine precedenti: va benissimo così. In sintesi, L'Onore di un Guerriero conferma una vola di più quanto Ruju abbia saputo calarsi in Tex, e quanto sia lecito attendersi da lui grandi cose. Per me il suo capolavoro non l'ha ancora scritto, ma con questa storia ci è andato vicino.
  18. Leo

    [Texone N. 31] Capitan Jack

    ah ok hai ragione non avevo fatto molta attenzione. Comunque per entrambe ho delle grandi aspettative: spero possano definirsi epiche... Chissà che Faraci non si sia serbato il suo capolavoro per il suo primo texone...
  19. Leo

    [Texone N. 31] Capitan Jack

    Sceneggiatura simile?
  20. Leo

    [668/670] I rangers di Lost Valley

    Coincidenza in effetti molto curiosa: entrambe le idee iniziali sono di Nolitta, e come spesso accadeva con il grande Sergio, entrambe attingono dalla Storia, cosa che ho sempre considerato un valore aggiunto per qualunque storia. E poi, finalmente una tripla: comincio già a respirare a pieni polmoni!
  21. Leo

    [Texone N. 31] Capitan Jack

    A parte il pizzetto impomatato e francamente improponibile di Carson, i disegni esprimono una vitalita' e un vigore che lasciano ben sperare. Speriamo che i testi siano all'altezza, così da poter godere appieno di uno degli ultimi contributi del grande Guido Nolitta...
  22. Leo

    [601/602] I Giustizieri Di Vegas

    Nel raduno Mauro ha riferito che più volte si raccomanda con gli autori circa l'espressione facciale di Tex, che assolutamente non deve essere cupa. Anche per me il Tex originale è quello simpatico e col sorriso di chi è molto sicuro di sé alla Ticci o alla Fusco. Se ho espresso apprezzamento per il Tex di Mastantuono è perché non ho potuto non gradire il vigore di quel volto granitico, in una storia peraltro a tinte talmente fosche che ben giustificano, a mio parere, almeno alcune sequenze in cui Tex è davvero cupo. L'entrata in scena del nostro ranger, ad esempio, nella taverna di Naco, in cui il nostro è furioso per il trattamento inflitto ai pastori navajos da quelle belve in forma umana, per me è semplicemente da applausi. C'è in questa storia una tensione, in diversi suoi punti almeno, che ben giustifica secondo me l'espressione di granito di Tex. Che poi questo di Mastantuono non sia il Tex cui tutti siamo abituati, siamo d'accordo. Che però non possa essere una tantum un Tex, o quantomeno il Tex di una storia abbastanza fosca come questa, francamente non siamo d'accordo no.
  23. Leo

    [601/602] I Giustizieri Di Vegas

    M'era venuta voglia di rileggere un'avventura con Carson sugli scudi, e mi sono ripreso questa doppia: che goduria ragazzi! Carson è a dir poco epico, contro dei cattivi brutti (vedi Joshua Webb), cattivissimi (tutti), ma anche apparentemente suadenti e affascinanti (l'accoppiata Mathers-Brown, due personaggi indimenticabili, caratterizzati in maniera superba da un Boselli più in forma che mai). Mastantuono, poi, è gigantesco nella resa dei personaggi e degli ambienti. Anche il suo Tex mi piace molto, granitico, duro, forse un po' troppo incavolato ma ogni tanto non guasta. L'unico che proprio non digerisco è proprio Carson, la cui caratterizzazione lascia molto a desiderare. Peccato.
  24. Leo

    [666/667] L'onore di un guerriero

    Che siano problemi della Bonelli non ci piove; che siano più frequenti rispetto al passato idem. Ma alla fin fine mi accontento della qualità del prodotto, pur sempre elevata, non soffermandomi su aspetti che giudico tutto sommato marginali.
  25. Leo

    [666/667] L'onore di un guerriero

    Non sono d'accordo Paco. Una cosa è correggere degli errori passati di cui ci si è avveduti, in nome di una maggiore correttezza grammaticale o di una maggiore aderenza storica; un'altra è commettere dei refusi non intenzionali e del tutto fortuiti. Pur avendoli menzionati io stesso nel mio precedente post, ritengo gli stessi abbastanza fisiologici, soprattutto se si tiene conto che prima Canzio faceva il correttore quasi a tempo pieno, mentre l'attuale curatore è uno che produce 2000 tavole all'anno di grande qualita'. Diciamo quindi che simili inezie ci stanno, in albi dalla qualità complessivamente molto alta. Per il resto, spero nel ritorno delle patatine fritte
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