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Condor senza meta

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Tutto il contenuto pubblicato da Condor senza meta

  1. Correva l’anno 1969 e una giovane band rock, i King Crimson, pubblicava all’esordio un capolavoro destinato a divenire la pietra miliare di un genere; settembre 1994, esordisce su Tex scrivendo un capolavoro, uno sceneggiatore destinato a tracciare nuovi sentieri narrativi, fondamentali per l’imprescindibile modernizzazione della saga. Una similitudine poco attinente? Forse; tuttavia il nocciolo della questione sta nel fatto, che esordire con un capolavoro è da predestinati! Evitando di soffermarmi sulla precisazione che Boselli avesse già collaborato con Bonelli alla stesura di un precedente episodio un decennio prima, si può tranquillamente affermare che il “Passato di Carson” rappresenti uno dei picchi insuperati dell’attuale curatore e a mio avviso rientra nel dorato olimpo delle storie più belle di sempre. Boselli con un colpo di genio, studia una trama splendida che tiene il lettore incollato alle pagine dalla prima all’ultima vignetta. Ottima l’idea di sviluppare sulla prima parte un flashback del passato del vecchio cammello per poi destinare nella seconda, lo scontro finale dei nostri contro la famigerata banda degli Innocenti. Molto originali risultano alcune scene, quale il progettato agguato del gemello Dobbs nel salone del barbiere o tutto il campionario di messaggi in codice, tra bandane rosse, strette di polsi e caratteristiche frasi di riconoscimento. Ma ciò che più colpisce l’attenzione di ogni lettore, è la straordinaria caratterizzazione dei personaggi e una sceneggiatura molto fresca e serrata, che garantisce molto pathos e tensione. I numerosi villain sul sentiero della vendetta, appaiono molto ben assortiti e tratteggiati magistralmente. Grimes, Boone, Waco Dolan, Larry il contabile, Jonny Lame lo zoppo e così via dicendo, rappresentano una ricca lista di personaggi che arricchiscono la trama e ci mostrano l’ottima fantasia dello sceneggiatore. Una nota a parte merita Ray Clemmons, un furfante “grigio” che realmente mostra sprazzi di sincera amicizia verso l’antico nemico/fratello e che riscatterà la sua figura con un atto eroico nel finale. Già dalla prima prova Boselli mostra la sua grande abilità nel creare personalità complesse e ricche di sfumature caratteriali, degne di un manuale di psicologia. Che dire poi dei nostri eroi? Duri, autentici, coraggiosi e molto decisi! Ammetto che essendo da sempre un fan di Carson, rischio di essere troppo di parte, visto che nessuno come Boselli in questo episodio, riesce a far brillare di luce propria il ranger dai capelli d’argento. Per una volta l’ottimo Tex si ritrova a essere una spalla preziosa per il suo vecchio amico, per l’occasione deciso, indipendente e risoluto come non mai. Molto coraggiosa ma azzeccata la scelta di far apparire nella saga personaggi come Lena e Donna; una vecchia fiamma del “vecchio reprobo” la prima, la presunta figlia la seconda (potrei pure togliere l’aggettivo mi sa!). In soli tre albi l’autore infarcisce di tante innovazioni la serie, ma lo fa con classe e bravura, tanto è vero che il suo debutto non suscitò la rivolta inferocita dei fans tradizionalisti in massa, anzi ancora oggi viene ricordato come un insuperato capolavoro. Che dire poi per l’ottima suspense che aleggia nell’ultimo albo, con uno scontro finale a cardiopalma e molto commovente. Una storia che rileggo regolarmente ogni anno da più di vent’anni e ogni volta è un tuffo al cuore. Una prova perfetta, senza pecche, che ha segnato indelebilmente la saga del nostro amato ranger. Parte di merito dell’eccezionale successo dell’episodio va pure agli ottimi disegni di Marcello, un disegnatore molto utile e prezioso, che instaurò un’intesa perfetta con Boselli. Un binomio di artisti collaudato e di valore, che creò una sequenza di episodi di altissimo livello; storie indimenticabili che fecero innamorare me e molti altri lettori e che ancora oggi vengono ricordate con emozione. Il mio voto finale è 10
  2. A pochi mesi dal debutto sulla regolare, Canzio replicò, riprendendo un soggetto di Nizzi abbandonato durante lo stallo creativo. Il riempitivo che ne venne fuori, rispetto all'accettabile prova di esordio, dal mio punto di vista, deluse non poco. L'episodio per ampi tratti pare un raccontino da libro Cuore, con l'orfanello perseguitato, il saltimbanco dal cuore d'oro, il nonno scassinatore ma religioso, la "fatina buona" che diventa un marshall dopo la morte dell'amato marito, uomini crudeli e spietati che schiaffeggiano il bimbo e lo chiudono al buio con i topi. Oltre il soggetto un po' atipico e poco texiano (non a caso si afferma che Nizzi per l'occasione avesse riciclato un suo spunto per Larry Yuma), ciò che influisce non poco sulla mia valutazione non positiva, è la lentezza della sceneggiatura che, aggravata da dialoghi a tratti verbosi, rende noiosa la lettura. Poco azzeccate poi alcune scelte narrative, una su tutte la figura di rimbambito che fa Carson quando viene disarmato come l'ultimo dei citrulli (Canzio riesce nelle sue due uniche storie a renderlo "macchietta" peggio di come lo mostrava Nolitta e ce ne vuole, davvero!) o la scena poco plausibile del duello fra Tex e Snake Joe: come faccia un uomo armato di pistola a farsi fregare in quel modo da un avversario con un'ascia, è un mistero. Altro che villain crudele, un avversario simile merita la palma di idiota del secolo . Anche l'enigma del messaggio cifrato appare forzato. Il vecchio scassinatore fa tanto per rendere difficile il ritrovamento del bottino e lo nasconde a due passi da casa? La scimmietta intelligente dell'incipit avrebbe trovato immediatamente il denaro! Poi che dire dell'incredibile lezione biblica di un Tex che sembra indossare per l'occasione, i panni del più saccente Martin Mystere? Nota alquanto stonata; ci sta che il nostro mostri un'intelligenza fuori dal comune, ma dalle nozioni che ci snocciola, pare che sia un seminarista nato! Ho pure trovato molto crudo il modo con cui i nostri si sbarazzano degli sgherri di Henteline nei pressi della missione: passi che si liquidi a distanza la sentinella con un coltello lanciato, presumibilmente a tradimento, per non allarmare i nemici asserragliati nella cripta, ma non capisco come Tex possa sparare per uccidere Indio, che gli dà le spalle mentre tenta di salire la scala a pioli! Può darsi che esagero nel dare peso a questa situazione, ma onestamente mi pare non rientri nella mentalità di Tex. Una delle poche note positive, la caratterizzazione del vecchio saltimbanco che mi ricorda vagamente Hursus dell'Uomo che ride di Hugo, e la presunta complicità fra Tex e la bella marshall che porta un po' d'innovazione nella saga. Per ovvie ragioni, l'autore non approfondisce la cosa, ma il seme fu comunque piantato e mostrò come il vento del cambiamento cominciasse a spirare su alcuni aspetti ferrei della saga. Un po' stucchevole, invece, il tentativo in poche pagine di riabilitare la figura di Henteline: scelta ripetitiva e meno probabile in questo contesto. (A dire il vero mi aveva convinto già poco con Calavera nel precedente episodio, figurarsi qui!) Letteri se la cava egregiamente, ma un po' di stanchezza si comincia a percepire nello svolgere della trama. Il livello è ancora più che accettabile ma ben presto, l'involuzione di tratto dell'infaticabile disegnatore romano, si farà palese. Il mio voto finale è 5
  3. Condor senza meta

    [403/404] Bande Rivali

    Con Nizzi fermo ai box, l'inizio del centenario 400-500 offrì l'occasione di sperimentare nuove firme sulla serie ammiraglia. Subito dopo il debutto di Canzio, toccò a Michele Medda cimentarsi con la saga del celebre ranger. Per un personaggio in cui la tradizione è la spina dorsale, due new-entry consecutive, rappresentarono quasi un record. L'autore sardo sfornò all'esordio una storia notevole, mostrando una buona dose di coraggio. Forse proprio l'aver osato troppo in alcune scene, lo penalizzò oltremodo nei giudizi dei lettori e ciò non gli giovò per la riconferma. Personalmente ho sempre apprezzato l'episodio, sia per lo spunto originale, ma soprattutto per l'ottima sceneggiatura quasi cinematografica e per la buona resa dei tanti personaggi che agiscono tra le scoppiettanti pagine. Una lettura interessante, molto scorrevole; un buon intrigo, ben condito da intrallazzi politici e colpi di scena. Anche i due pards (tralasciando alcune situazioni alquanto forzate), risultano ben attivi e riconoscibili. Sotto questo aspetto, reputo molto più attinente la caratterizzazione di Medda rispetto a quella consueta di Nolitta, purtroppo l'autore pagò lo scotto per l'aver perso di vista le linee guida della serie e alcune scelte troppo "all'avanguardia" fecero storcere il muso allo zoccolo duro dei lettori, molto restio a metabolizzare in così poco tempo tutte queste novità. Fosse accaduto oggi, forse un debutto simile avrebbe suscitato meno scalpore, ma allora i tempi erano ancora troppo immaturi per poter proporre situazioni un po' al limite come la vista di un bordello, o un west alquanto crepuscolare e disincantato, che poco si confaceva alla consuetudine. Tuttavia molto ben congegnata risulta la rivalità fra i Pinkerton e Tex, così come appaiono ben caratterizzati i componenti della banda Chase e molti vari comprimari, passando dal vecchio Addison, allo sceriffo, da Sam Pickett a Orso che Corre, da Layla al giovane scribacchino Herbert. Un campionario di personaggi molto ricco e variegato. Unico grosso scivolone di Medda, il colpo basso di Tex nel duello con O' Bannon: passi che il nostro possa incontrare un avversario alla sua altezza, ma ricorrere a un simile stratagemma per ribaltare la situazione, non è da lui. Pure alquanto forzata la collocazione geografica, che stride un po' con il tema del livore fra sudisti e nordisti. Questi due aspetti, uniti alla scena poco felice che vede Tex quasi soccombere sotto il piccone della incartapecorita ma' Chase, influiscono ad abbassare la valutazione di un episodio tutto sommato ben strutturato. Col senno di poi Medda avrebbe potuto far parte della squadra di autori di Aquila della Notte ma rappresentò l'uomo "tutto sommato" giusto al momento sbagliato. Capitolo disegni: Blasco si esibì nella sua ultima prova sulla serie. Sebbene siano ben visibili molte correzioni redazionali, bisogna ammettere che il suo congedo fu di pregevole fattura: forse favorito dalla tematica e l'ambientazione che si sposò perfettamente col suo tratto o per merito di una sintonia con Medda migliore rispetto a quella fin allora mostrata con Nizzi, fatto sta che sfornò una prova notevole, a mio avviso una delle sue migliori su Tex. Il mio voto finale è 7
  4. Peste e corna! Mai una volta che non mi scappi un refuso! E dire che prima di confermare l'invio del commento, lo rileggo, ma qualche svarione mi sfugge sempre. In questo caso specifico, me ne sono accorto quando ormai non potevo più modificare. Ovviamente il termine era "collezione" come hai correttamente dedotto, Marco. Grazie comunque per la segnalazione . Una cosa è certa: visto i miei precedenti, difficilmente potrei ambire a un ruolo di editor o revisore in una casa editrice! P.s. Cominciai a leggere Tex nel 1989 o giù di lì, e in quel periodo la serie viaggiava verso il numero 350, di conseguenza dovetti attendere un po' di anni prima di acquistare direttamente all'edicola l'albo celebrativo. Inizialmente leggevo Topolino e Diabolik, ma appena la mia pista incontrò quella del celebre ranger, il passato fu cancellato come da un colpo di spugna e da allora, non ho più smesso di acquistarlo. Che emozione mi portò quel 1994: il primo Tex a colori e dopo pochi mesi, la possibilità di acquistare sugli scaffali di un negozio di dischi un inedito album dei Pink Floyd. Ricordo che ero al settimo cielo. Che bella quell'età, quando basta poco per essere felici!
  5. Verissimo pard, ho dimenticato di specificarlo.
  6. Dopo un centenario di tranquilla navigazione con al timone un solido Nizzi, abilissimo a traghettare la testata fuori dalle insidie dovute all'abbandono del grande "Ammiraglio" Bonelli, la saga si trovò a varcare le fatidiche Colonne d'Ercole, facendo rotta verso un futuro alquanto incerto. Il numero 401 segnò in primis l'epocale avvicendamento alle copertine tra Galep e Villa; un evento di straordinaria importanza, che porterà nuova linfa e qualità nelle cover, visto che il giovane disegnatore subentrante, dimostrerà fin dall'inizio di essere abbondantemente all'altezza del compito affidatogli, anzi credo che una tale scelta, considerando il tracollo grafico del papà di Tex, malato da tempo, andava fatta qualche annetto prima. Un ulteriore fattore che gettò un po' di apprensione e perplessità sulla rotta futura, fu la crisi creativa che investì Nizzi in quel periodo. Un blocco totale all'inizio, che costringerà Sergio Bonelli a provare altri sceneggiatori sulla saga per garantire l'uscita degli albi in edicola, e anche quando l'autore modenese recupererà quel tanto di ispirazione per tornare in sella, diverrà evidente che nulla sarà più come prima e una lenta e costante involuzione narrativa si paleserà fra le sue storie. Col senno di poi, potremo dire che l'editore tirerà fuori il jolly Boselli dal mazzo e un così provvidenziale innesto nella serie sarà fondamentale per la continuity, ma suppongo che in quei lunghi mesi la tensione nella casa editrice si tagliasse a fette. Proprio in questa fase interlocutoria, avvenne il debutto di Decio Canzio ai testi. L'allora Direttore generale, vera e propria colonna portante all'interno della casa editrice, si cimentò la prima volta sulle pagine del famoso ranger, dopo aver avuto all'attivo alcune sceneggiature su Zagor; su due piedi mi viene in mente quella con il presunto discendente di Don Chishotte, seminatore di guai tra le contrade di Darkwood . Fra un impegno e un altro (arrivò pure a gestire la corrispondenza con i lettori, tanto e vero che alcune risposte alle mie lettere portano la sua firma), l'infaticabile Decio compose una storia adeguata, che può essere tranquillamente collocata nel girone delle prove abbondantemente sufficienti. Il soggetto sebbene non del tutto originale, viene sviluppato in maniera funzionale e l'esito finale sembra una via di mezzo fra l'opera di Nolitta e quella più tradizionale di Nizzi. Il ritmo non è trascendentale, alcune scene risultano un po' forzate, ma tutto sommato il buon Decio se la cava egregiamente. Non posso tuttavia esimermi dal notare la figura barbina che fa Carson, ridotto a pura macchietta e delegato ai margini nei momenti chiave. Nolitta lo escludeva, ma se l'esito deve essere questo, poteva benissimo farlo pure Canzio. Il cagnolino "Stracci" alla fin dei conti risulta più centrale nella scena e questo è già tutto un dire. Pure la figura del villain Guerrero mi convince poco. So che andrò un po' controcorrente rispetto a parecchi giudizi positivi di chi mi ha preceduto, ma trovo un po' troppo altalenante la caratterizzazione. L'autore fa di tutto per renderlo simpatico al lettore, ma a tratti esagera: in fondo Nick "Calavera" rimane sempre un boss locale immischiato in vari crimini e accecato dall'oro, detto questo stupisce come Tex possa arrivare a intenerirsi così tanto, a costo di abbassare la guardia e rischiare di farsi fregare giunto sul luogo del tesoro. Al sottoscritto piacciono i personaggi "grigi" ma gestirli in una saga come quella di "Aquila della Notte" non è semplice. In questo caso, a mio avviso, Canzio esce dal seminato e nel suo attaccamento al villain creato, danneggia un po' la figura di Tex. Anche la scena del presunto gesto magnanimo durante la sparatoria, a pensarci bene risulta un'incongruenza: sarebbe stato un atto di lealtà cessare il fuoco in quel contesto durante un duello ravvicinato e a pari condizioni, ma si dà il caso che Nick si apposti in agguato e spari inizialmente a tradimento, quindi che senso ha non completare l'opera? Qualcuno potrebbe obiettare dicendo che non avesse intenzione di liquidare i due pards, ma allora perchè sparargli addosso? A me suona come una lieve forzatura per rendere ancora più pulita l'immagine del villain "cattivo ma buono". Boselli simili personaggi li gestisce meglio, ma questa è una mia personale considerazione che poco influisce nella recensione. Sempre una sicurezza i pennelli di Fusco, magistrale autore sugli scenari innevati. Forse non è la sua storia migliore come resa grafica, tuttavia il suo tratto è sempre un valore aggiunto. Il mio voto finale è 6
  7. I ricordi sono i pilastri su cui si poggia la personalità di ogni individuo: poi quelli della giovinezza, attorniati dall'alone di malinconia e tenerezza come sono, una volta riaffiorati dalla memoria, rendono faticoso ogni forma d'imparzialità di giudizio. Come dimenticare quel lontano giorno di febbraio di venticinque anni fa, quando finalmente stringevo fra le dita il primo albo celebrativo a colori della mia colorazione? All'epoca una pubblicazione multicolor era un vero e proprio evento e non di rado mi capitava di contare i mesi per regolarmi sulla data d'uscita. Appena vidi quella copertina così suggestiva e triste, rimasi affascinato. Ancora ragazzino non focalizzai appieno il valore simbolico e umano di quel saluto, con cui Galep prendeva commiato dai suoi fans e dalla sua amata creatura, così come diedi meno peso a quell'importante passaggio di consegne, che vedeva premiato Villa, uno dei disegnatori che già apprezzavo di più. La storia allora mi parve stupenda e i disegni non mi disturbarono affatto. Di acqua sotto i ponti ne è corsa parecchia da quel freddo giorno d'inverno; oggi con un quarto di secolo in più sul groppone e di letture texiane, rivedo tutto sotto una diversa angolazione, come è giusto che sia nel lungo percorso dell'esistenza, dove l'esperienza accompagna le nostre metamorfosi caratteriali e di giudizio. Solo adesso comprendo appieno di quanto fosse carica di pathos e umanità quella figura di Tex con sorriso mesto, incamminatosi cappello alla mano lungo la via del tramonto, stagliandosi contro gli accesi raggi del crepuscolo. Solo adesso comprendo quanto fatica saranno costate a Galep le ultime tavole, logorato dalla malattia ma restio ad abbandonare la passione di una vita e i suoi lettori, spinto dal suo amore verso Tex. Oggettivamente, la sua opera conclusiva non rende onore al suo talento e alla sua carriera, ma mettendoci nei panni di Sergio Bonelli, come avrebbe potuto bocciare il frutto di un tale lavoro e relegare in pensione il papà grafico della celebre saga ammiraglia della sua casa editrice, allora come oggi? Anche gli affezionati lettori storici, come avrebbero potuto accettare di non vedere la firma di Galep su quell'importante albo celebrativo che anticipò di un mese appena la triste dipartita del compianto disegnatore? Tutto le altre valutazioni tecniche vanno in secondo piano a mio avviso; la storia, sebbene esile strutturalmente e debole graficamente, conserva un'importanza emotiva che il tempo non può scalfire. Da non dimenticare, inoltre, che fu pure il primo albo celebrativo affidato a uno sceneggiatore che non fosse il grande G.L. Bonelli e suppongo che Nizzi abbia pure per questo accusato un po' di timore reverenziale. Dopo tutto ciò che ho appena scritto, cercherò comunque di recuperare un briciolo di razionalità ed esprimere una mia votazione, il più possibile imparziale. Il mio voto finale è 6
  8. In un'epoca in cui le storie brevi dei Color erano solo utopia, l'episodio in questione rappresentò per parecchio tempo la prova più breve di Nizzi sulla saga. Tutto sommato nel risicato numero di pagine a disposizione, l'autore riuscì a realizzare un accettabile lavoro, scorrevole e ironico, con una serie di personaggi ben caratterizzati. Come non sorridere dinanzi al becchino ubriacone o lo sceriffo con problemi di circolazione, che riuscirà tuttavia a rendersi utile nel corso della trama? Anche la giovane prostituta dal cuore d'oro si ritaglia una parte importante nella sceneggiatura e alzi la mano chi, durante la lettura, non ha accarezzato l'idea che il nostro ranger tutto di un pezzo potesse vacillare dinanzi a cotanta grazia. A parte le battute, il riempitivo che funge da preludio all'albo celebrativo non è malaccio, anche se ovviamente risente della brevità, soprattutto nel finale troppo affrettato. Aggiungendo alcune decine di pagine e rielaborando con più attenzione l'epilogo, poteva benissimo essere usato per l'albo a colori del quarto centenario. Poco incisiva la figura di Burnett, come appaiono troppo rubagalline i suoi sgherri, tuttavia la scena di Tex che penetra nel ranch chiuso in una cassa da morto, è molto simpatica e avvincente a mio parere. Non volendo essere troppo prolisso, per evitare di rischiare che il mio commento diventi più lungo della storia in questione , chiudo analizzando il comparto grafico affidato ai consolidati pennelli di Fusco: suppongo che un numero così esiguo di tavole rappresentò un gioco da ragazzi per il veloce e prolifico disegnatore, e l'esito fu soddisfacente con un'azzeccata rappresentazione grafica delle "macchiette" che Nizzi inserì nel copione, per chiudere un centinaio di tutto rispetto. Il mio voto finale è 6
  9. Condor senza meta

    [397/399] Topeka!

    Dopo una trama alquanto atipica per le sue caratteristiche, Nizzi ritorna sui solchi tracciati da G.L. Bonelli, componendo un episodio convenzionale e molto classico. Riprendendo lo spunto ritrito della cittadina stretta dalla morsa del prepotente gangster di turno, avvalendosi di una funzionale sceneggiatura e sempre validi dialoghi, l'autore porta a casa il risultato rischiando il minimo, usando una similitudine calcistica. Poco importa se il soggetto è tutt'altro che originale, con molta abilità e mestiere Nizzi sfodera un capitolo della saga molto valido e piacevole da leggere. Non mancano i colpi di scena, come alcune trovate a effetto, come il treno carico di dinamite che garantirà a Tex di cavarsela brillantemente in una dura situazione. Molto ben tratteggiate le figure dei due villain, Torrey e la sua degna spalla Floyd, leguleio molto abile nel tessere trame e agguati. Molto convincente pure la figura romantica dello sceriffo Stoddard, un galantuomo che paga il cambiamento dei tempi e rimane schiacciato dagli ingranaggi di un west crepuscolare che vira verso un futuro in cui non c'è più posto per uomini di tale pasta e ideali. Unico neo, non di poco conto per un fan di Carson come il sottoscritto, il ruolo sempre più da spalla "comica" che assume il ranger: un'involuzione lenta ma graduale, che in simili storie si nota in maniera più marcata. Davvero è un tantino umiliante che "Capelli d'argento" si faccia battere come un qualsiasi pensionato da Torrey in un corpo a corpo. Non riesco a digerire questa scena, che poi è uno snodo che porta a un epilogo che vorrebbe suonare come un colpo di scena, ma a mio avviso delude, visto che occorre un flashback per chiarirlo al lettore e ha come unico esito, quello di far rubare la scena a Tex da un personaggio fino allora presentato come un ragazzotto onesto, volenteroso ma imbranato. Forse sono troppo severo in questo giudizio, ma mi pare una piccola incongruenza che poteva essere evitata con una chiusura più ispirata. Primi segni dell'incipiente crisi creativa? Capitolo disegni: Blasco su Tex è da luci e ombre. Il suo personalissimo stile grafico nel complesso non stona e a tratti ammalia il lettore, ma bisogna riconoscere che paragonato al parco disegnatori di allora, paga parecchi punti. Anatomie approssimative, figure legnose e statiche, troppe vignette inchiostrate senza la dovuta cura, fattezze difformi dello stesso personaggio durante la storia e una rappresentazione dei pard (soprattutto di Carson) non all'altezza dei suoi colleghi. Anche le prospettive appaiono troppo naif per la serie regolare, ma bisogna riconoscere che tuttavia qualcosa del suo tratto conserva un fascino difficile da spiegare e che mi fa dimenticare in parte gli aspetti negativi accennati in precedenza. In ogni modo al giorno d'oggi, difficilmente il disegnatore ispanico lo vedremmo sulla regolare, di certo avrebbe trovato una più congeniale collocazione sui Maxi o nei Color. Il mio voto finale è 7
  10. L'aggettivo "crepuscolare" appare spesso nei commenti che precedono, e a ragione, visto che per l'episodio in questione, mai definizione fu più adatta. Un velo di mestizia avvolge l'anima durante la lettura e un senso d'impotenza serpeggia al cospetto del mai sconfitto odio razziale verso i nativi. Uno sdegno che sconfina in rabbia verso i fondatori di Poncha Spring, che nel nome del progresso e del dio denaro, non esitano a trucidare un'intera tribù di Pawnee e si crogiolano negli anni tra la ricchezza e la rispettabilità. Un sinistro equilibrio infranto dal ritorno di Labbro tagliato, unico superstite all'orribile eccidio caduto quasi nell'oblio. Purtroppo il sangue del passato porta a versare altro sangue, infatti incalzati dal nuovo pericolo, la banda di assassini non esiterà a eliminare tutti coloro che possono rappresentare un problema. Nachite pagherà con la vita il tentativo di affidare a Tex la sacrosanta giustizia, così come verranno scaraventati all'inferno prima Gruber (l'esecutore materiale del duplice delitto sul treno) e Billing, uno dei componenti dell'azione sanguinosa compiuta dieci anni prima, ma roso dal rimorso e quindi l'anello debole della catena. In un clima asfittico e palesemente ostile, Tex e Carson condurranno le loro indagini e riusciranno a punire i colpevoli e fare giustizia. Episodio atipico di Nizzi, con poca azione ma molte implicazioni psicologiche. L'autore ci dona una raffinata caratterizzazione dei personaggi che arricchisce la prova e mostra tutta la sua grandezza di narratore. Billing è un personaggio molto riuscito; la sua estenuante lotta contro i rimorsi di coscienza è tratteggiata magistralmente da Nizzi e mi accodo a chi sostiene, che si finisce per provare pietà verso quest'uomo, molto diverso rispetto al cinico sindaco Gettinger, lo sceriffo Palmer e gli altri componenti della banda dell'eccidio. Anche lo stalliere Dudley è ben caratterizzato e sebbene abbia l'apparenza dello scemo del paese, brilla di una luce rara. Splendido l'epilogo con la fiera Ke-tah che vendica la sua gente e il suo uomo, uccidendo il villain principale, mentre la vignetta finale realizzata da un Monti in stato di grazia, è un gioiello della saga per carica emotiva e commozione. Il mio voto finale è 8
  11. Così come la mucca che, dopo aver prodotto una quantità record di latte, compromette tutto gettandolo a terra dopo aver scalciato con gli zoccoli il secchio ricolmo, il grave errore con lo spoiler in copertina dell'albo "Una pallottola per il presidente" vanifica ogni tentativo di Nizzi di celare l'identità dell'ignoto cecchino nel primo numero. Una imperdonabile leggerezza redazionale, resa ancor più evidente dall'assenza di eventuali indizi certi che potessero indirizzare il lettore verso la figura dell'impostore in divisa. Tralasciando questo notevole pecca, la storia imbastita dall'autore si fa leggere volentieri, snodandosi fra agguati e intrighi. Una sorta di partita a scacchi fra i congiurati e i due pards, resa avvincente da una sceneggiatura scoppiettante e trovate ad effetto, come il piano di depistaggio di Wallace e Kennan, o il rocambolesco salvataggio di Tex, abile e sempre baciato in fronte dalla dea bendata. Nizzi, sebbene lontano dal comporre un capolavoro, se la cava egregiamente con esperienza e validi dialoghi. Peccato solo per qualche passaggio forzato e qualche origliata di troppo. Un po' affrettato il finale, tuttavia la scena esilarante con Tex che declina l'invito del presidente, scaricando la colpa al Vecchio Cammello, fa sorridere e dimenticare la facile opera di smantellamento della congiura. Brillanti i disegni di Civitelli, perfettamente a suo agio nelle storie di ambientazione cittadine. Il suo tratto pulito e pieno di dettagli, è un valore aggiunto alla trama. Ricordo col sorriso sulle labbra, le tante ore trascorse a ricopiare con molta passione le tante vignette del disegnatore aretino. Se non ricordo male, arrivai a disegnare una trentina buona di pagine, rielaborando parzialmente la trama, tanto mi appassionavano quelle tavole molto ben realizzate. Forse anche questo aneddoto di gioventù mi lega particolarmente a questo episodio e mi rende meno imparziale nel giudizio. Il mio voto finale è 8
  12. Guido Nolitta, al secolo Sergio Bonelli, dopo aver risolto il problema spinoso della continuity della saga affidando il pesante testimone nelle mani di Claudio Nizzi, ritornò tra i crediti delle sceneggiature del ranger, anni dopo la sua ultima prova. Un lettore sentimentale potrebbe pensare che ciò fosse dettato dal desiderio di tornare a cimentarsi sulla cara serie dopo anni di silenzio, ma, come ormai ben noto, uno dei maggior motivi che spinsero il Sergione nazionale a rimettersi d'urgenza alla macchina da scrivere, fu l'improvvisa (e seria) crisi creativa che colpì Nizzi in quel periodo. Facendo di necessità virtù, l'editore sfruttò in pieno l'occasione per coprire al massimo la programmazione, componendo una storia lunghissima come sua attitudine: una vera e propria maratona narrativa da guinness dei primati, tanto è vero che tutt'oggi, risulta ancora l'episodio più esteso mai apparso tra le pagine di Tex. Il sottoscritto, sebbene ragazzino, ebbe modo di leggerla in diretta, visto che già nel 1993 la passione per il mitico ranger era sbocciata, tuttavia ricordo che appena lessi l'ultima vignetta, tirai un sospiro di sollievo . Ma procediamo per gradi e analizziamo separatamente i diversi fattori, come conviene fare ogni volta che si cerca di recensire un episodio di Nolitta su Tex. Lo spunto di soggetto non è male, magari non originalissimo, ma discretamente congegnato. La presenza dei mitologici uomini giaguaro capitanati da Tezcalipoca, il mistero celato dietro il Codex Muller, le uccisioni politiche, il rapimento di Kit, la presenza di personaggi come il padre custode dei segreti della cripta di San Diego, sono tutte situazioni che contribuiscono a stuzzicare la curiosità. Magari si può avere un po' da ridire sulla forzatura del tempio sotterraneo, scoperto casualmente dal villain con tanto di pozza "genera mostri", ma trattandosi di un'opera di fantasia, il peccato è veniale. Capitolo antagonisti e co-protagonisti: i fratelli Herrera convincono a metà, così come sembra un po' eccessiva la venerazione a loro dedicata dai compaesani. Passi la povertà che ti induce a essere ossequiante verso il riccone del paese, ma qui un po' si esagera. Buona la presenza del Morisco, più al centro dell'azione rispetto alla consuetudine, ma molto efficace. A tal proposito, reputo interessante la scena dell'ipnosi, inedita dote del dotto egiziano che verrà recuperata in seguito da Nizzi nella storia "Yukatan". Montales a mio avviso è colui che brilla più di tutti; deciso, ironico e coraggioso come non mai, molto differente dall'influente scaldasedie divenuto negli anni. Buona la caratterizzazione di Matewa, ma concordo con chi preferiva Tiger al suo posto. Non mi esprimo sull'assenza di Carson per non essere scortese , ma non è un mistero che Nolitta non amasse inserire il vecchio cammello nelle sue sceneggiature. Capitolo dialoghi e sceneggiatura: eccoci al punto dolente! Dialoghi stucchevoli, pesanti, ridondanti e molto verbosi; una sceneggiatura a tratti dalla lentezza esasperante e lungaggini messe a posta per incrementare il numero di pagine. E pensare che ben trenta tavole sono state sforbiciate . I fans di Nolitta potranno protestare dicendo che ciò fa parte del suo stile compositivo, tuttavia questi difettucci continui su Tex, a mio avviso, hanno portato l'autore a sciupare spesso e volentieri delle buoni intuizioni e discreti soggetti. De gustibus ovviamente. Capitolo personalizzazione Tex: solito sosia, abile ma lontanissimo dalla caratterizzazione tipica. Un pistolero molto loquace e controverso, dubbioso oltre media, nervoso all'inverosimile, istintivo e poco attento a leggere le situazioni e riconoscere il marcio negli avversari (vedi la trappola a casa degli Herrera nell'albo finale). A tratti poi, risulta poco decisivo nell'azione: ho sempre trovato stonata la scena clou nella grotta, dove lui si limita a tenere sotto tiro Victor Herrera, mentre Montales e Matewa s'incaricano di liberare Kit, sfidando da eroi una marea di avversari. Potete dirmi ciò che volete, ma simili scelte con Tex hanno poco a che vedere. Molto forzata la ribellione dello sgherro degli Herrera che permette la vittoria dei nostri, come non mi convince l'epilogo, con un Kit irriconoscibile che non si sente a proprio agio nel controllare un disarmato Antonio Herrera e proprio il villain che viene ancora venerato dai popolani, facendolo apparire al lettore quasi come un eroe ingiustamente catturato. Il suo monologo finale, osannato dai suoi compaesani lo avrei evitato. Piccola divagazione: mesi fa un mio spunto di soggetto per il giochino del forum fu criticato per via della mancata coerenza col personaggio di Eusebio, ma leggendo questa storia, apprendiamo dal Morisco, che prima di mettersi al suo servizio, il cupo messicano scassinava serrature, di conseguenza non è poi così incongruente l'idea che in un lontano passato potesse aver fatto parte di una banda, comunque poco importa e chiudo la breve partentesi. Capitoli disegni: un encomio a Letteri per l'impresa di aver realizzato un simile malloppone; risulta palese un calo sul finire, dovuto alla comprensibile stanchezza dopo l'estenuante impegno. Cominciano comunque ad affiorare i primi segni di decadimento dell'artista romano, ancora lievi ma destinati a crescere nelle prove successive. Riepilogo: storia all'agro-dolce che comunque merita la sufficienza. Il mio voto finale è 6
  13. Condor senza meta

    [382/384] La Tigre Nera

    Richiamo il mio vecchio commento in merito a questa strepitosa storia, per dare la valutazione che allora mi sfuggì. Il mio voto finale è 10
  14. Il ritorno di "Cobra" Galindez, a meno di un anno dalla sua prima apparizione sulla saga, dà vita a un episodio spumeggiante e ben sceneggiato. La trappola ordita dal testafina messicano è diabolica e la sua astuzia, coadiuvata da un grande cinismo e ottimi complici, metterà seriamente nei guai Tex e Carson. Il tradimento di Baker, oltre a mettere nel sacco i due pards, diviene un evento fondamentale per fomentare l'odio del colonello Maynard contro la gente di Cochise. Si arriva a un punto nella trama in cui sembra diventi impossibile uscire dal vicolo cieco e poter contrastare la sinistra macchinazione di Galindez, ma "quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare" e stavolta toccherà a Cochise recitare la parte del leone. Il fiero capo Apache, guida con grande decisione e coraggio la spedizione per liberare i suoi "fratelli di sangue bianchi" e proprio l'intrepida impresa del celebre guerriero, sarà il preludio della rivalsa di Tex. Nizzi, tuttavia, opta per una scelta narrativa ad effetto per strutturare l'epilogo della bellissima storia: sarà proprio il presunto rimorso del velenoso villain intrappolato nella cripta dai nostri, a sconfiggerlo definitivamente e farlo morire di crepacuore (anch'io come altri forumisti avrei preferito che rimanesse in vita per ulteriori comparse, ma evidentemente l'autore ne aveva le tasche piene di dover fargli escogitare altre trame contorte ma pericolose ). La scena, forse un po' inattesa e atipica trovandosi al cospetto di un tale avversario, risulta indubbiamente affascinante, e mi colpì tantissimo da ragazzo. Ottima la sceneggiatura, la consueta ironia e la caratterizzazione dei personaggi. Il ritmo è notevole e la storia fila via che è un piacere, scandita sempre da dialoghi impeccabili. Non mancano tuttavia alcuni snodi poco convincenti. Come fatto notare in alcuni precedenti commenti, suona strano che con un tal bottino, i complici di Galindez lo lascino indisturbato a sostituire i lingotti con le pietre, come è un'ingenuità colossale che nessuno alla miniera sospetti della partenza del capo e non dia un'occhiata al contenuto delle casse. A tal proposito anche il piano del Cobra di indirizzare i rurales alla miniera è un tantino forzato. Come è possibile che guerriglieri esperti come Venustiano, non abbiano pensato di cancellare le tracce, dopo un trasferimento forzato dovuto al fatto che il vecchio rifugio non fosse più al sicuro? Va bene che Galindez è un genio del male, ma i suoi uomini fanno proprio la fine dei polli . Anche l'eccessiva fiducia mostrata da Baker nei confronti dell'infido complice, non si addice alla sua personalizzazione. Come non prendere precauzioni contro un simile giuda? Passi collaborare per la realizzazione del piano, ma nella fase della spartizione, come non sospettare che il messicano voglia liberarsi anche di lui per non dover dividere con nessuno? Tralasciando queste mie piccole perplessità, tutto sommato la storia è notevole e ci mostra ancora uno sceneggiatore in ottima forma. Molto funzionali e caldi i disegni di Fusco, stile adattissimo con simili ambientazioni. Ogni sua prova in quegli anni era una garanzia! Il mio voto finale è 9
  15. Avete presente quei piacevoli antipasti che precedono i banchetti delle grandi occasioni, che, sebbene delizino le papille gustative, servono solo a stuzzicare l'appetito? Ecco, l'episodio in questione a me ricorda i suddetti manicaretti. La trama è piacevole, il soggetto carino, la sceneggiatura pur accettabile, tuttavia appena conclusa la lettura, rimane l'impressione di una storiellina riempitiva, che ha solo l'onore e l'onere di precedere un trittico di classici nizziani di altissimo livello. La vicenda scivola via piacevolmente senza grandi pecche, ma l'intrigo dei loschi Wallace e Rossiter, che porteranno all'assassinio del capitano Curtis, crimine su cui fa fulcro tutta la trama, viene scoperto troppo rapidamente dai nostri e tirando le somme, gli antagonisti non si rivelano nemici di grande livello. Pure non eccessivamente esaudiente la caratterizzazione dei personaggi, vuoi per la brevità della prova, vuoi per la scelta dell'autore di non entrare troppo nei dettagli, in una storia riempitiva senza eccessive pretese. Il mestiere e la buona condizione di Nizzi in quei periodi, garantisce un esito sufficiente, ma visto i tre gioielli narrativi che la seguiranno, non mi viene di aggiungere altro. Purtroppo non contribuisce a migliorare la valutazione, un Galep stanco e afflitto dalla malattia, ormai giunto sul mesto viale del tramonto. Una prova grafica non più all'altezza, caratterizzata da troppe imprecisioni anatomiche e prospettiche e un'interpretazione di Carson degna di un vecchio Matusalemme. Il tracollo qualitativo dell'artista si era già palesato sul texone e troverà conferma in questa breve prova, che mette quasi tristezza. A tal proposito, rimane valida l'annosa questione se fosse stato il caso congedarlo prima e risparmiargli questo modesto epilogo di una gloriosa carriera, o se la scelta sentimentale di Sergio Bonelli di lasciarlo nello staff dei disegnatori fino agli ultimi giorni di vita, essendone il padre grafico, fosse in fondo giusta. Di certo ogni lettore avrà la sua opinione in merito e il sottoscritto si guarderà bene di esprimere la propria; posso solo dire che il talento artistico di Galep manca tanto sulla saga e al panorama del fumetto italiano. Il mio voto finale è 6
  16. Una saga di così lunga durata, non può non evolversi e adattarsi agli usi e costumi dei lettori. Il Tex Bonelliano pionieristico e vulcanico degli esordi, sebbene occupi un posto privilegiato nel cuore degli affezionati lettori, alla fine del primo ventennio del XXI secolo rischierebbe dei apparire anacronistico e oggettivamente troppo vintage per tenere il mercato. A mio avviso il segreto dell'immenso successo della serie, sta proprio nella capacità degli autori di apportare quei dovuti ammodernamenti narrativi senza snaturare gli stilemi classici del personaggio. In questa chiave di lettura, bisogna prendere atto che Boselli stia oggettivamente lavorando bene; un compito non semplice, svolto finora con personalità stilistica e notevole coraggio in alcune scelte.
  17. Tipica storia funzionale con cui Nizzi riusciva brillantemente a coprire la programmazione editoriale. Partendo da uno spunto originale di soggetto, l'autore imbastisce una sceneggiatura piacevole, corredata da ottimi dialoghi, consueti colpi di scena e ritmi narrativi accettabili. La missione di recuperare in Messico le matrici trafugate dal Dipartimento del Tesoro americano, darà vita a una girandola di eventi, con i nostri pards tenuti d'occhio, a loro insaputa, dal gruppo di ribelli confederati ai comandi dell'ambizioso maggiore Costigan. A essere pignoli, potrebbe far storcere il muso che Tex e Carson si ritrovino pedine inconsapevoli del piano della banda di sedicenti patrioti. Come non si può non notare che verranno ben due volte salvati da aiuti esterni: gli Apache imbeccati da Costigan prima, e la cavalleria dopo. Tuttavia la trama corre via bene e non annoia. Il piano di fingersi fuorilegge per entrare nelle grazie di Moncada, appare un tantino forzato ma porterà i suoi frutti, sebbene l'inconveniente del ritorno di Aguero metterà pepe e azione nell'incursione a Rancho Dorado. Proprio Costigan libererà i pards dall'inseguimento degli imbufaliti messicani, per ricevere in cambio delle matrici sfregiate e inutilizzabili. Trovata di Tex azzeccata e molto a effetto. Per una volta i due pards rivestiranno i panni della lepre e la loro disperata fuga, per sottrarsi alla rivalsa dei confederati, verrà salvata dal provvidenziale (e un po' scontato) arrivo della cavalleria. Epilogo così e così, con i villain che in fondo la faranno pur franca, ma considerando l'episodio nel complesso, lo si può perdonare. Ultima prova sulla serie regolare di Della Monica, un disegnatore accettabile che però non riscontrerà i favori degli addetti ai lavori. Rispetto alla prima prova, noto meno influenze ticciane e molti più riferimenti a Villa. Prova grafica non malvagia ma troppo spesso i volti di Tex differiscono fra loro e questo aspetto, disturba un po'. Il cartoonist salernitano omaggiò l'allora pluripremiato film "Balla coi lupi" conferendo a Costigan delle caratteristiche facciali vagamente simili a Kostner. A tal proposito la quarta vignetta di pagina 108 dell'albo "Rancho Dorado" rimarca fedelmente il taglio di una scena della pellicola, o così mi par di ricordare. Il mio voto finale è 7
  18. La spina dorsale del breve episodio, è la buona idea di far agire separatamente i pards, durante la caccia ai banditi di Lancey. La felice intuizione di Nizzi rende avvincente l'esile trama e ci consegna un Tiger Jack protagonista e in grande spolvero. Seppur ferito, l'eroico navajo riesce a eludere la caccia della posse, scatenatagli contro dai banditi, che hanno tutto l'interesse di tappargli la bocca prima dell'arrivo degli altri pards. Il tutto si complica quando Carson, a causa di un contrattempo, finisce un po' banalmente nelle mani di Lancey. L'epilogo è un concentrato di tensione e colpi di scena. I banditi gettano la maschera, assassinando crudelmente i poveri cittadini della posse e ricattando Tex, costretto a gettare le armi (a parte la provvidenziale precauzione che dà il titolo all'albo). L'arrivo di Tiger, permetterà di sbrogliare l'intricata matassa e nella sparatoria decisiva, l'autore ritaglia un ruolo importante anche al dottore della posse, che libera Carson facendo fuoco sull'ultimo bandito. Che dire, il rapporto durata-qualità in questa avventura è altissimo, il tutto reso eccezionale dai grandiosi disegni puramente western del magistrale Giolitti. Il viso di Tex sarà pure atipico, ma in compenso i paesaggi, il dinamismo delle vignette e il panneggio degli abiti intrisi di polvere, è da urlo. Un piccolo esempio per descrivere l'innata classe del disegnatore romano: il realismo quasi fotografico con cui riesce a rappresentare, con pochi tocchi di pennello, le tracce impresse sul terreno sabbioso in una vignetta delle prime tavole in cui è presente Tiger. Di esempi simili potrei farne a bizzeffe, ma non mi va di allungare troppo la zuppa e mi limiterò solo a far notare la non consueta scelta grafica, di proporre in parecchie tavole la vignetta doppia in verticale: una variazione della tradizionale gabbia bonelliana che ho molto apprezzato e che, a mio avviso, in parecchie circostanze arricchisce di dinamismo le vignette. Il mio voto finale è 8
  19. Prova incolore di Nizzi, che, per l'occorrenza, rispolvera il rodato e ricorrente spunto di soggetto (molto caro pure a G.L. Bonelli), dell'incontro del nostro eroe con popolazioni atipiche, nascoste in valli segrete del suolo americano. Stavolta toccherà a una colonia di ex schiavi africani, sfuggiti alla nave negriera dopo un naufragio ed insediatasi in un meandro remoto del Texas. Il soggetto, già non originale di suo, non viene valorizzato più di tanto da una sceneggiatura lineare e priva di eccessivi sussulti. Eppure il prologo, con la forte scena del ritrovamento dello scheletro del minatore, con tanto di serpenti annidati fra le costole colpisce l'attenzione, così come l'enigma dell'ombra che indica l'accesso alla valle dei "Diavoli neri" stuzzica la curiosità del lettore, peccato che però col procedere della trama, ci si ritrova in un canovaccio già visto altre volte e la sceneggiatura perde di mordente. Nizzi porta a casa il compitino con molto mestiere ma poca ispirazione, e, a differenza di altre occasioni, rischia di far sbadigliare il lettore. Molte le analogie narrative con precedenti avventure che inducono a pensare, che l'idea di base sia composta a tavolino. Gli africani che si alleano ai bandidos messicani per assaltare le carovane, richiamano i Thugs apparsi parecchi numeri prima, così come l'alleanza con Kende per liberare Carson finito fra le grinfie dei nemici, ricorda l'espediente di "Desperados" con Santiago che, magari risulta meno saggio e più simpatico dell'anziano africano, ma ai fini narrativi il succo è simile. Non basta la trovata del falso allarme a scuotere l'inerzia di un'avventura, non da buttare ma troppo prevedibile e monocorde, con degli avversari non all'altezza: Tonga è proprio un vigliacco di prima categoria e pure i messicani non brillano di pericolosità a fin dei conti. Lessi su uno dei Magazine che l'episodio era stato commissionato a Marcello per un texone, ma la trama non convinse la redazione e venne relegata nel mensile. L'esordio del compianto disegnatore ligure fu molto positivo; il suo tratto dinamico si sposò immediatamente col genere e convinse Sergio Bonelli ad arruolarlo in pianta stabile nella saga. Ben presto, i suoi disegni divennero una presenza frequente fra le tavole degli albi del ranger, e diedero vita a storie celebri. La sua qualità, unita a un'alta velocità d'esecuzione, sarà oro colato per la redazione e negli anni a seguire porterà al sodalizio con Boselli, che arricchirà la saga di preziose gemme narrative. Ma questa è un'altra storia! Il mio voto finale è 6
  20. Esatto pard! La penso perfettamente come te. La scena della spia risulta uno snodo narrativo troppo forzato. Uno dei primi segnali dell'appannamento creativo dell'autore. P.s. Evidentemente parlando di alcool e bottiglie, anche il sottoscritto ha preso la sbornia, visto che mi accorgo di essere incappato in uno svarione grammaticale nel mio commento; un apostrofo galeotto nell'articolo indeterminativo che sembra essere uscito da una strampalata missiva di Pat Mc Ryan...
  21. "Chi non beve in compagnia, o è un ladro o una spia!": il noto detto si attaglia perfettamente alla scena clou dell'episodio in questione, visto che lo spione al soldo di Patton, viene individuato da Tex e company proprio per la leggerezza di fingere una sbronza, lasciando quasi intatta la bottiglia. Un' astemio svezzato all'alcool o un giuda rincitrullito? I nostri non avranno ovviamente dubbi in proposito e da qui, monteranno la trappola destinata a far crollare, come un castello di carte sotto il soffio di un bambino dispettoso, i loschi piani del prepotente villain di turno. Saltando la premessa, è palese che il lettore si trovi al cospetto di una storia minore e non è un caso che la sceneggiatura sia stata assegnata a Blasco, (non era un mistero che Nizzi avesse verso l'artista spagnolo una considerazione inferiore rispetto ad altri disegnatori della saga). Ciò non toglie che l'episodio si fa ben apprezzare lo stesso, vuoi per il marcato sapore tradizionalmente western della trama, vuoi per il giusto mix di azione, ottimi dialoghi e ritmo narrativo. Da un soggetto molto basilare e scontato, l'autore ricava un'ottima storia, facendo leva sull'indiscussa capacità di gestire i due pards e la presenza di comprimari e antagonisti, vedi lo sceriffo Walker, il ranchero Mckenzie, il bieco Patton e Nolan, magari poco sfaccettati caratterialmente (d'altronde il grigio era un colore indigesto pure al vecchio Bonelli per le anime delle sue creature!) ma molto funzionali nello svolgersi della vicenda. Tex si mostra nel suo consueto ruolo di duro raddrizzatorti, implacabile con i prepotenti e molto disponibile ad aiutare gli amici in difficoltà, coadiuvato da un Carson spigliato ed efficiente. Episodi simili, non fanno gridare al capolavoro ovviamente, ma alla fine della lettura lasciano soddisfatti e fanno notare che Nizzi in quel periodo, aveva così tanto assimilato il personaggio, da non far rimpiangere eccessivamente il grande creatore della serie. Prova grafica di Blasco senza infamia e senza lode. Alcune incertezze anatomiche dei corpi si evidenziano molto chiaramente, come non si fa fatica a distinguere molti "ritocchi redazionali". Tuttavia il suo stile latino, si prestava bene a questa tipologia di storie ed evidentemente anche in redazione la pensavano così, visto che in seguito gli venne assegnata la storia "Topeka" molto simile per struttura e ambientazione. P.s. Forse la fretta non ha permesso ai redattori di correggere lo sgraziato primo piano di Tex contenuto nella vignetta n°3 di pag 39 dell'albo "La spia". "Gran putifarre" esclamerebbe Carson: cosa costava ritoccare almeno con una pecetta o del bianchetto, l'occhio sinistro del ranger, totalmente fuori simmetria e inguardabile? Il mio voto finale è 7
  22. Ennesimo episodio cult firmato Claudio Nizzi. Una vicenda fiume spalmata su cinque albi e divisa in due parti, che ha lasciato il segno nei ricordi dei lettori, grazie soprattutto a una sceneggiatura molto carica di pathos e intrecci molto interessanti. Ma procediamo per gradi, analizzando separatamente le due parti. La prima, affidata ai pennelli di Fusco, risulta decisamente migliore e ci fa immergere nella diabolica trappola ordita dal nuovo ring di Tucson, coadiuvato dal prezioso contributo del colonnello Olivera e il governatore Zamora, atta a eliminare Tex e aprire la speculazione dei terreni della riserva ed eliminare Montales, pedina di disturbo per il progettato golpe delle autorità di Chihuahua. Il soggetto è poco originale, ma l'autore riesce a tessere una tela narrativa raffinata e variopinta, arricchita dalla presenza di ottimi personaggi e scene memorabili. Molto interessanti le figure di Olivera e Cobra Galindez, due villain di spessore che innalzano il valore dell'intreccio. Come tacere poi della splendida sequenza di Tex al paredon dinanzi i fucili puntati del plotone d'esecuzione: una delle vette più alte raggiunte da Nizzi sulla serie. Nell'episodio, con Tex in gattabuia, giganteggiano Montales e i restanti pards, con un Carson sugli scudi. Che maestria dell'autore nel mostrarci l'infinità amicizia che intercorre fra i due pards! Carson che corre sul tetto del treno attanagliato dall'ansia di arrivar tardi in Messico o che reagisce "vivacemente" ai commenti degli avventori del saloon, trasudano una forte umanità e un intenso affetto per l'amico, che mi hanno sempre molto colpito. Con la fuga di Tex, finisce la prima parte e inizia la rivincita. L'iter narrativo ricorda vagamente "In nome della legge", tuttavia Nizzi riesce a brillar di luce propria senza emulare troppo l'illustre predecessore. La seconda parte inizia con l'inatteso colpo di scena del tradimento di Galindez, comunque dopo un promettente inizio, si affievolisce un po' col proseguo. Il ritmo rimane accettabile e le scene piacevoli, tuttavia la sceneggiatura non riesce a mantenere l'alto livello di liricità e tensione del primo atto. La presa di Escalante, è una sequenza che appassiona, ma risulta un po' forzata e facilona. Anche la trappola in cui cadono Olivera e Galindez, sebbene apparentemente ben congegnata, ci mostra una dose di ingenuità inattesa degli antagonisti, che fino a quel momento si erano mostrati due autentici furboni smaliziati. Poco incisiva la figura di Zoro, mentre brillano padre Elias e Conchita, che si guadagnerà una seconda apparizione sulla serie, alcuni anni dopo. Anche l'odio di Velasco è ben descritto e plausibile, mentre Zamora incarna il perfetto maneggione politico, ambizioso e lussurioso, disposto a tutto spinto dalla sete di potere. Riassumendo, non posso non affermare che ho sempre apprezzato questa splendida storia e proprio rileggendo le numerose pagine, rimpiango i tempi in cui Nizzi riusciva a sfornare, con tale abilità, queste perle compositive. Per ciò che riguarda il comparto grafico, sebbene Civitelli sia uno dei miei disegnatori preferiti, devo ammettere che il tratto più "sporco" di Fusco, si sposa meglio con la tematica in questione. Non è la prima volta che confesso che ho rivalutato con gli anni il personalissimo stile del compianto Fernando. Civitelli ai tempi, seppur avendo raggiunto buoni livelli di qualità, stava ancora cercando di evolvere il suo tratto, opera che gli riuscirà brillantemente nel decennio successivo, tanto è vero che l'aretino si è conquistato un posto privilegiato nell'olimpo dei disegnatori texiani. Il voto finale deriva dalla media aritmetica: 10 prima parte, 8 secondo atto. Il mio voto finale è 9
  23. La natura ha le sue leggi insindacabili a cui nessuno si può sottrarre. Anche il titanico G.L. Bonelli si dovette piegare al peso del fardello degli anni e il suo congedo con la celebre saga da lui creata, fu alquanto mesto e malinconico. Ben lungi dal voler muovere alcuna critica all'autore, entrato prepotentemente nel cuore di noi fans che abbiamo sognato a occhi aperti, trascinati come piume nel vento sospinti dalla sua vulcanica fantasia, mi limito solo a constatare che l'ultima sua prova su Tex, non rende giustizia alla lunga e luminosa carriera. Mi chiedo ancora oggi se fu una buona scelta quella di pubblicarla. Il cuore ovviamente appoggia la decisione editoriale del figlio Sergio, la ragione molto meno, considerata l'arida trama e il ritmo compassato ed estenuante, pieno di tempi morti e dialoghi spenti e ripetitivi. Lo stesso editore mise le mani avanti, scrivendo un pensiero in appendice alla storia proprio per giustificare le motivazioni sentimentali che lo inducevano a dare alle stampe l'ultima modesta fatica dell'illustre padre. Certo che, se si leggessero in rapida sequenza capolavori del tipo "Odio senza fine" e questo albo, si faticherebbe a credere che siano opera dello stesso autore. Per doveroso rispetto al grande Bonelli, non mi soffermerò sulle numerose carenze e incongruenze che abbondano nell'episodio, posso solo pensare che al giorno d'oggi un simile "tributo alla carriera" avrebbe facilmente trovato posto su un Magazine, o molto plausibilmente, snellito di almeno una cinquantina di pagine, in un episodio breve del Color Tex, ma allora il figlio Sergio non disponeva di queste valide alternative. Aldilà di tutto finora detto, un nodo stringe la gola al pensiero che "Il medaglione spagnolo" fu l'ultima sceneggiatura del patriarca del fumetto italiano, tuttavia artisti della sua risma vincono la morte e vivranno sempre nei ricordi di chi ha amato la loro arte. I disegni di Letteri palesano una certa fretta, forse dovuta ai gravosi impegni che incombevano sullo stakanovista disegnatore romano. Diciamo un buon riscaldamento prima (o verosimilmente durante!) della realizzazione di due episodi lunghissimi del calibro di "Oklaoma" e "Gli uomini giaguaro" che insieme raggiunsero il ragguardevole totale delle mille tavole (o giù di lì). Voto suggeritomi dal cuore: 10, ma per onestà esprimo quello obiettivo che la razionalità mi impone. Il mio voto finale è 4
  24. Dopo l'avventura fiume ambientata sulle "Colline del Vento", Nizzi si concesse una storia minore, per rompere un po' il ritmo e preparare il terreno alla successiva (e corposa) sceneggiatura messicana. Il riempitivo proposto, è molto gradevole e carico d'azione. A dire il vero, col senno di poi, il soggetto, alquanto interessante, meritava una sceneggiatura più adeguata. Senza limiti di foliazione, la storia avrebbe potuto avere uno sviluppo più consono ed elevarsi a un grado di valutazione maggiore, ma la scelta dell'autore fu chiara in proposito e tutto risulta più ridimensionato. Si può benissimo scindere l'episodio in due parti: la prima in cui si sviluppa la rapida (anche troppo!) indagine dei due pards per rintracciare i rapitori dell'ingegner Lacroix e la seconda, ambientata nell'esotico scenario dell'isola di San Fernando, a largo della foce del Rio Bravo in acque messicane, che risulta molto più riuscita e avvincente. La brevità della storia non permette all’autore di delineare meglio gli antagonisti e questo alla lunga penalizza l’esito finale. Macedo, El Caribe e la sua banda, finiscono col divenire avversari non eccessivamente ostici. Si mostra molto sbrigativa anche la sessione che porta i due ranger a sconfiggere il desperado Macedo e farsi guidare sull’isola, ove viene tenuto prigioniero lo scienziato. Come appare uno snodo narrativo un po’ forzato (che diverrà un negativo marchio di fabbrica nizziano) l’origliata dello spione di turno che metterà i banditi sulle tracce dei ranger in apparente missione top secret. Giunti sull’isola, la faccenda si complica un po’. Dapprima col naufragio, poi con la cattura di Carson a opera degli sgherri del Caribe. Proprio sull’isola Tex incontra Santiago, una sorta di simpaticissimo “Crusoe”, che si rivelerà un ottimo alleato e un prezioso aiutante per l’azione risolutiva finale. Santiago, a differenza delle altre comparse, appare molto più caratterizzato; un piccolo delinquentello da strapazzo, dato per disperso dalle autorità, molto abile e pratico che non fatica minimamente a vivere da eremita sull’isola. La perfetta conoscenza dei luoghi, uniti alla sua agilità e furbizia, saranno oro colato per Tex. L’esilarante “svitato” messicano, potrebbe benissimo riapparire in qualche episodio futuro della saga a mio avviso. Molto movimentato, ma un po’ affrettato l’epilogo, che vedrà i nostri liberare Lacroix e sfuggire sotto le grinfie della banda, a bordo di una goletta, col Caribe ai ferri. Nizzi ci mostra un Tex più incerto e approssimativo in alcuni frangenti sull’isola e alcuni errori sembrano degni del miglior Nolitta. Prima stranezza: appena risvegliatosi, nota le orme sulla sabbia di un uomo a piedi scalzi che si dirige verso la foresta, ma invece di chiedersi chi sia il misterioso individuo, ipotizza siano di Carson e non si capisce per quale motivo il fraterno amico, oltre a non cercarlo, si fosse sfilato gli stivali. Altro strano errore quello di non nascondere il corpo senza vita di Macedo, era ovvio che potesse prima o poi essere compromettente per la sua missione. Completano il campionario di errori grossolani, la mancata cancellazione delle tracce che porteranno gli uomini del Caribe a scoprire il rifugio segreto di Santiago e serviranno su un piatto d’argento Carson privo di sensi, e la disattenzione che lo porta a essere colpito da una gomitata dal Caribe, rimanendo completamente allo scoperto dinanzi i fucili spianati dei nemici. Ovviamente alla fine se la cava riacchiappando a nuoto il nemico, ma nella realtà credo che almeno una dozzina di proiettili se li beccava di certo. Piccola curiosità personale: suppongo che l’isola di San Fernando sia un’invenzione geografica dell’autore, visto che non mi pare appaia su nessuna carta geografica, a differenza di Anuta, teatro di una celebre storia narrata dal grande Bonelli, che effettivamente esiste tra la miriade di atolli presenti nel Pacifico. Molto valida la prova grafica di Monti, abilissimo nel tratteggiare i desperados messicani e gli incantevoli scenari tropicali degni del miglior albo di Mister No (d’altronde anche su quella serie prestò la sua opera prima di approdare su Tex, se ricordo bene). Da notare pure la particolare cura e l’esito molto bello a vedersi, di molte onomatopee degli spari, che diventano un valore aggiunto alla grafica della vignetta. Il mio voto finale è 7
  25. Condor senza meta

    [358/362] Sioux

    Il biennio 89-90 rappresentò un periodo di grazia creativa per Nizzi. A pochi mesi dall'uscita del gioiello "La congiura", il prolifico sceneggiatore sfoderò un'altra pietra miliare della sua produzione texiana. Il "ciclo Sioux", a mio personale parere, è uno dei capisaldi della serie. Il primo capitolo si snoda su più di tre albi, ma ha il grosso pregio di mantenere sempre un alto profilo e la brillante sceneggiatura, valorizza al massimo il soggetto, senza far minimamente annoiare il lettore. Ottima la macchinazione che l'autore escogita per montare l'ossatura della sua storia. Di certo non è originalissimo lo spunto del complotto per impossessarsi delle terre assegnate agli indiani, ma il ritmo serrato, un monumentale Tex e una folta schiera di personaggi ben rappresentati, fanno di questo episodio un piccolo gioiello. Come non appassionarsi dinanzi alle scene che vedono un Tex stratega e acuto, mettere in scacco lo squadrone dell'arrogante generale Stonewell? Come non rispettare un uomo d'onore della risma di Nuvola Bianca? Come non stringere i pugni con rabbia udendo le motivazioni del politicante Johnson una volta smascherato o non cedere alla tentazione di picchiare personalmente Zanoby? Oltretutto alcuni passaggi e dialoghi, raggiungono picchi di epicità non indifferenti. Molto intenso il predicozzo che l'ottimo colonnello Graham rivolge all'infido senatore Johnson, quando gli fa notare che contare i corpi dei caduti durante le campagne militari, non è un gioco e proprio per scongiurare ciò, la via della diplomazia non dovrebbe mai smarrirsi. Molto profetiche a tal proposito pure le tristi parole del generale Davis a fine episodio, che fanno capire quanto gli indiani siano destinati a rimanere stritolati dalla Storia. Graham, Davis, il giovane tenente a cui il ranger augura una lunga carriera, rappresentano il volto saggio e pulito dei "portatori di stellette", a cui, purtroppo, fanno da contrappasso palloni gonfiati tronfi di boria e ambizione come Stonewell, che finisce col rompersi le corna nell'urto contro l'ottimo piano difensivo di Tex, che potrebbe benissimo tenere cattedra di strategia a West Point. Umiliato Stonewell, l'episodio sembrerebbe essere giunto ai titoli di coda, invece Nizzi con maestria inserisce la plausibile complicazione dovuta al colpo di coda mosso da Lupo Zoppo, che approfittando della disfatta delle giacche blu, rivendica la possibilità di lottare senza esclusione di colpi, compromettendo i sudati piani di Aquila della Notte. La titubanza di Nuvola Bianca, è narrativamente funzionale e umanamente comprensibile: chi a posto suo non si troverebbe una pulce nell'orecchio dopo tanti anni di soprusi subiti dall'uomo bianco? Solo la sua parola d'onore e l'intrepida azione di Tex, che sconfigge le macchinazioni di Zanoby, Lupo Zoppo e Coda Macchiata, impediscono che la crisi degeneri in una nuova e cruenta guerra indiana. Lo Scout Zanoby è ben caratterizzato e si mostra un astuto verme, mentre il complice Alvin è una macchietta che Nizzi inserisce solo per farsi spiegare (e con lui il lettore) i piani. Forse il finale risente un po' della lunghezza della prova e alcuni passaggi risultano un po' forzati (come per esempio il casuale incontro dei nostri con Zanoby nelle vicinanze della banda di Lupo Zoppo o la confessione di quest'ultimo del piano atto all'eliminazione del sakem sul ciglio del dirupo), ma questa lieve sensazione, non influisce a sminuire più di tanto il valore dell'episodio, che si concluderà con un lieto fine (ben diverso sarà l'epilogo del secondo capitolo). Mi scuso per esser stato un po' prolisso, ma al cospetto di una storia che ha sempre suscitato forti emozioni, diviene naturale scrivere di getto le proprie opinioni. Piccola curiosità: come mai Galep nella copertina "Le Colline del vento" trasforma in notturna la scena dell'inseguimento di Tex e Carson e mette una torcia in mano del sergente che guida l'inseguimento, al posto della colt? Nulla d'importante, si capisce, ma me lo sono sempre chiesto! Per ciò che riguarda l'opera grafica di Ticci, cosa dire? Il maestro senese sforna un'infinità di tavole con una qualità pazzesca! Sfondi mozzafiato, sequenze complicatissime con interi squadroni di soldati, cariche di bisonti, assalti indiani etc. realizzate con una dinamicità da far stropicciare gli occhi. Se fosse esistito un premio oscar fumettistico come miglior "regista", Ticci lo avrebbe ripetutamente vinto a mani basse! Chapeau! Il mio voto finale è 9
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