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Condor senza meta

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Tutto il contenuto pubblicato da Condor senza meta

  1. La sicurezza nazionale è gravemente minata dalla presenza della banda capeggiata da John Fleming e ribattezzata “banda dei lupi” e di fatto i delinquenti, dopo ogni loro incursione malavitosa, come un branco di lupi, fanno perdere le tracce nell’intricato labirinto di rocce che risponde al nome di “Craters of the moon”. E’ questa la base su cui si fonda la breve storia che ho appena finito di rileggere. Soggetto di stampo classico e non originalissimo, ma sviluppato con dovizia da Bonelli, che riesce con brio a dare ritmo e azione alla sua prova e accompagna per mano il lettore in una veloce lettura piacevole e per nulla noiosa. Per quanto la banda sembri inafferrabile, l’intervento di Tex, straordinariamente accompagnato per l’occasione solo da Carson e Tiger, dà una forte svolta alla missione. Con acume strategico il ranger studia la disposizione geografica dei luoghi, il modus operandi della banda e dopo un accurato sopralluogo nei Crater (ambiente spettrale e brullo reso molto bene dai pennini di Galep) con una buona dose di candelotti di dinamite e la collaborazione di alcuni volontari assoldati dallo sceriffo, scrive la parola fine alla carriera criminosa della banda. Forse uno sviluppo più articolato avrebbe giovato ad arricchire la trama, che risulta basilare e semplice, così come è un po’ forzato che nessuno dei tutori dell’ordine della zona non sospettasse di Fleming, visto che il suo ranch era palesemente una copertura (dove mai si è visto un allevamento senza manzi?), ma per il resto la buona sceneggiatura, i soliti dialoghi secchi ed esplosivi e il buon ritmo, compensano la povertà del soggetto. Per ciò che riguarda i disegni, storie simili affidate a più mani (Gamba in ausilio di Galep?) non mi fanno per nulla impazzire: in alcuni casi il papà di Tex riesce a uniformare in maniera accettabile lo stile grafico, qui molto meno e il pasticcio stilistico si nota, con alcune sproporzioni nei crani di Tex alle volte che rasentano un livello amatoriale. Capisco che il varo delle strisce a 80 unità costrinse gli addetti ai lavori a dei ritmi realizzativi ancora più forsennati, ma una soluzione simile non riesco proprio a mandarla giù, i disegni di Galep in epoca di maturità stilistica massima vengono pesantemente danneggiati ed è un vero peccato. Il mio voto finale è 7
  2. Certamente pard, in effetti il mio era un appunto ironico per rimarcare il fatto che Nizzi le bistecche e patatine le ha rese un clichè. Per il resto bisogna ammettere che Bonelli, contrariamente a quello che si è spesso detto anche su questa sede, era davvero molto abile nel creare scene molto divertenti, utilissime a spezzare il ritmo della narrazione. Saggiamente le dosava nelle storie più "leggere" di ambientazione, dove un tocco di comicità e ironia si sposavano perfettamente al soggetto, evitandole negli episodi più drammatici e crudi. Un autore davvero completo che merita di essere rivalutato soprattutto agli occhi delle nuove generazioni di lettori che spesso lo snobbano.
  3. Man mano che mi inoltro nella rilettura del periodo d'oro della saga, ottengo ulteriori conferme sulla grandiosità di Gian Luigi Bonelli. La storia in questione che mi appresto a commentare dopo averla riletta di recente, è alquanto breve, dal soggetto semplice ma funzionale ma soprattutto è un ricco condensato dell'universo che ha reso Tex celebre fra i lettori. Agguati sventati, indagini accurate che portano alla soluzione dell'enigma, tanta azione, interrogatori marca Willer con masse di cerotti e ossa rotte per i malcapitati che li subiscono, sparatorie a iosa e tanta sana ironia. Cosa chiedere di meglio da un fumetto? Dimenticavo: dialoghi sempre perfetti, scorrevoli e divertenti che aiutano la lettura e valorizzano la sceneggiatura. Incaricati di indagare su sospetti casi di sparizioni di mandrie, i nostri sebbene le iniziali difficoltà, fiutano la pista giusta, anche grazie a preziose informazioni estorte a dei banditi a suon di sganassoni e alla collaborazione del simpatico e coraggioso Tom, che pur di aiutare i nostri nelle indagini, rischia grosso durante un attentato ai suoi danni. L'idea della banda è semplice ma acuta; far imbarcare a piccoli gruppi le mandrie razziate sul battello del capitano Manning e condurle su un isolotto sulle rive del Brazos, ove ricavare pellame e grasso da rivendere ai mercati dell'est, facendo così rapidamente sparire tracce e refurtiva. Ovviamente l'intervento dei nostri è repentino e, studiato un piano con lo sceriffo locale, l'escursione sull'isolotto contornato da acque ricche di famelici squali e segnato da un puzzo terribile di carne morta che attira volatili a migliaia, porterà alla sconfitta definitiva della banda e all'arresto dei due caporioni, ovvero il capitano soprannominato "Il carnicero" e il bandito Fenny. Come già detto, storia breve ma frizzante e il divertimento è assicurato grazie anche a sequenze davvero memorabili e spassose come la scena dell'agguato mentre i nostri sono seminudi in tinozza da bagno, con svenimento di una vecchietta che rimane colpita da vedere i fisici statuari dei due ranger, o il pestaggio del bandito con tanto di nuvoletta che immortala lo stesso che suona l'arpa, mentre sul suo viso è stampato un sorriso da ebete. Un miscuglio di azione e ironia geniale. Altro piccolo appunto: per svariate volte l'autore cita le bistecche e patatine, suppongo che questa storia sia stata letta più volte da Nizzi durante la sua opera di documentazione texiana prima di essere assoldato sulla saga. Cosa dire di Letteri? Sempre più sicuro dei suoi mezzi e sempre sul pezzo. Stile pulito, efficace, dinamico e nette migliorie anche nella caratterizzazione grafica dei due protagonisti. Oltretutto, visto la frequenza con la quale si trovano storie da lui illustrate nella programmazione editoriale, denota, se ce ne fosse bisogno, di quanto fosse pure celere nella realizzazione. Il disegnatore ideale che ogni editore vorrebbe nelle sue file. Difatti Letteri ripagherà la scelta illustrando nella sua lunga carriera una mole di tavole da paura. Il mio voto finale è 7
  4. Credo che sia proprio così. Durante la collaborazione del periodo, presumibilmente non c'erano delle "gerarchie fisse" e il ruolo di inchiostratore e matitista veniva scambiato alla bisogna. Ciò lo si nota sopratutto nella differenzazione di stile delle chine, molto più dettagliate e cariche di tratteggi e panneggio quelle di Galep, mentre sotto questo aspetto Gamba era più basilare. Diventa difficile però a volte distinguere le mani anche all'interno della stessa storia e ciò avvalora la tua tesi che i ruoli erano variabili a secondo delle necessità e dei ritardi da dover recuperare. Purtroppo non sempre l'esito complessivo era eccellente ed è un vero peccato, visto che Galep, a mio avviso, attraversava il periodo di miglior forma grafica e queste collaborazioni figlie della fretta, lo penalizzavano oltremodo nella qualità.
  5. Episodio minore, breve ma esplosivo, come la media del periodo d’altronde. Dopo aver sventato un attacco di vigilantes ai danni di una innocente famiglia di allevatori, Tex e Carson scoprono che dietro a quei cappucci si nascondono dei banditi della vicina cittadina al sold di Sam Loren, il pezzo grosso di turno. Il piano dell’elegante villain è quello d’impossessarsi dei territori vicini per poi venderli alla Ferrovia, ma l’arrivo di Tex scombussola tutto. Fra sparatorie, agguati, sceriffi corrotti e Killer prezzolati, vola tanto di quel piombo fra le vignette che la noia non è di casa nelle poche pagine che compongono la storia. Non manca il siparietto ironico con l’avventore dell’albergo che scappa infuriato dopo l’incursione di Tex che sbaglia camera, durante l’agguato in albergo, così come mi fa sbellicare di risa Carson quando esclama “Caspita che brutto!” dopo aver rimosso il cappuccio da uno dei vigilantes. Sam Loren finisce la sua carriera di furfante sfidando Tex e facendosi falcidiare dalle sue pallottole con estrema facilità nel veloce finale. Per il resto la storia fila via che è un piacere e raggiunge in pieno la sufficienza. Altrettanto sufficienti i disegni di Muzzi, che si destreggia con consueta lena in una sceneggiatura cittadina che è affine alle sue capacità e stile. Il mio voto finale è 6
  6. Anzi in alcune ultime storie di Nizzi (a mente mi viene l'Assedio di Metzcalli ma ce ne sono tante altre anche nei suoi anni migliori) gli indiani feroci sembrano messi là solo per fare da bersaglio al piombo dei nostri (e questo è da criticare a mio avviso ma non c'entra con questo discorso!). Se poi vogliamo considerare quanto erano buoni e puri i Mescaleros del piccolo capolavoro boselliano "Sulla pista di Fort Apache" (altro "piccolo" esempio di produzione post Bonelli) ci rendiamo conto che fare polemica è diventato un piacevole sport sul web, ma occorre farla bene e quando ci sono i presupposti per farla, se no rimane fine a se stessa.
  7. Hai perfettamente ragione Diablo, in quel periodo di cambiamento di formato, con evidente aumento vertiginoso di produzione in tempi stretti, il povero Galep ha per forza di cose dovuto appoggiarsi ad aiutanti esterni Col senno di poi, possiamo dire che fu un peccato, visto che parte del suo periodo di apice artistico fu "sporcato" da questo tipo di collaborazioni che se permettevano il rispetto dei tempi per mandare l'albo in edicola, di contro creavano un miscuglio stilistico che penalizzava l'esito finale dei disegni. Per quanto Galep cercasse con le chine di amalgamare il tutto, non sempre riusciva a coprire tutte le magagne e la fretta non lo aiutava, di fatti venivano fuori quelle sproporzioni da te fatte notare, che a tratti disturbano non poco l'occhio. Purtroppo come ogni legge dello showbiz, "lo spettacolo deve continuare" di conseguenza la priorità era quella della pubblicazione e nella fretta l'aspetto prettamente artistico, veniva delegato in seconda fila. Comunque mi chiedo di che pasta fossero quei disegnatori per macinare questa immane mole di tavole in tempi ristretti e con esiti tuttavia superbi al netto di qualche imperfezione. Quanta fatica e amore per il fumetto trasuda da questa stoica impresa, oggi sarebbe davvero impensabile pretendere tanto. Su Bonelli, nulla da eccepire a cio' che hai scritto: era un periodo in cui riusciva a trasformare in storia appassionante anche il manuale d'istruzioni di un frullatore. Spesso non ci rendiamo conto, ma il suo talento era cristallino e in fondo trovo davvero che fosse un autore anche molto "moderno" per i tempi, infatti le sue storie invecchiano bene e sono ancora dei cult oggi, a svariati decenni di distanza.
  8. Episodio molto breve e ovviamente dal soggetto alquanto scarno. Tex e Carson si ritrovano a dover salvare una coppia di donne, mamma e figlia dalla furia degli Apache sul piede di guerra. El Plateado, il leader dei predoni è un tipo ostinato e temibile e i nostri dovranno sfoderare molto coraggio e astuzia per sconfiggerlo. Sceneggiatura molto ben realizzata e intensa, con molta azione e sparatorie. Il Bonelli del periodo è un autore conscio del suo valore e del fatto che la sua creatura fumettistica ha fatto breccia nei lettori; anche storie minori come questa si trasformano in letture accettabili e piacevoli, grazie alla consueta verve vulcanica dello scrittore. Per chi è amante delle trame più complicate e ariose, episodi simili possono non bastare, ma ci sta che in una saga si alternino momenti più aulici a episodi minori. Riepilogando: storia breve e secondaria, senza vette di qualità altissime ma che raggiunge la sufficienza. Da lì a breve gli episodi più memorabili faranno capolino. Disegni nella media di Galep, a tratti meno curati del solito, evidentemente anche l’artista consapevole di essere alle prese di una prova minore, ha puntato più sulla quantità che sulla qualità, tuttavia il suo Tex è sempre un piacere per gli occhi e le storie con gli indiani il suo pane. Il mio voto finale è 6
  9. Condor senza meta

    Addio a Gianfranco Manfredi

    Ricordo pure una sua piccola parte in Abbronzatissimi 2, dove impersona il ruolo di un editore che finirà per salvare il protagonista Jerry Calà, dopo un "tributo" versato dalla moglie Eva Grimaldi. 🤣 Gianfranco era davvero un artista dal talento poliedrico.
  10. Condor senza meta

    [76/77] Il Tesoro Del Tempio

    L'abilità di un grande narratore va riscontrata pure nella capacità di scrivere scene che colpiscono il lettore e rimangono nell'immaginario collettivo e sotto questo aspetto il celebre Gian Luigi Bonelli aveva talento da vendere. Prendiamo in esempio questa storia; sebbene la brevità e l'oggettiva valutazione che non sia una delle sue migliori, ma di sequenze memorabili l'autore ce ne dona a iosa. Già nell'incipit, il rinvenimento nel deserto del povero informatore indiano, letteralmente spolpato dalle formiche rosse ha il suo macabro fascino. Non pago, Bonelli ci delizia con la splendida Esmeralda intenta a far il bagno in una sorta di piscina pullulante di minacciosi alligatori. Una miscela perfetta di sex appeal, mistero e sensazioni. Ma non finisce certo qui: per la prima volta appare sulla saga l'interessantissima figura del Morisco, con la sua casa atipica, le teche con esemplari d'insetti e rettili velenosi, l'inquietante Eusebio che si presenta ai nostri con un grosso coltello in mano e il suo aspetto di tetro menagramo, l'eleganza e la sapienza del dotto Morisco, simpatico fin dalla prima vignetta e destinato a diventare un amico ricorrente fidato e importante. Ulteriore scena geniale è quella in cui Tex prova i famigerati funghi sacri e la sua mente si smarrisce nei turbini delle allucinazioni, con tanto di mostri preistorici, centauri in azione con archi e frecce, templi aztechi, globi luminosi e il ghigno di Mefisto, in quella che anche Morisco asserisce, è una sorta di premonizione al suo imminente ritorno nella famosa storia con Padma. Già basterebbe solo questo per rimanere soddisfatti della storia, resa graficamente in maniera impeccabile da un Letteri sempre più a suo agio con l'universo di Aquila della Notte. Ma oltre alle singole scene, l'episodio si fa apprezzare pure per la buona struttura e l'idea di base. Chiamati a indagare per la strana tendenza dei Comanches in rivolta di razziare il bestiame, Tex e Carson scoprono un traffico aldilà del confine, fra i predoni rossi e una banda di banditi messicani agli ordini del'ineffabile Fidel Romulio. Il comanchero conosce l'accesso a una valle in cui nascono dei strani funghi dagli straordinari effetti allucinogeni che fornisce alla bella Esmeralda e i suoi Aztechi in cambio del bestiame razziato dai Comanches di Tonito. Fidel vorrebbe pure sposare la splendida donna, più per interesse che per altro, visto che mira al possesso del faraonico tesoro stipato nei sotterranei del tempio situato nella Valle dell'Hueso. Dopo aver rischiato la vita molte volte, con l'aiuto di alcuni allevatori amici e delle Giacche Blu in un drammatico assedio del ranch, Tex e Carson vengono indirizzati a Pilares e dal Morisco ottengono chiarimenti fondamentali per svelare l'arcano. A voler essere pignoli (ho notato che in tanti lo hanno fatto prima di me), bisogna dire che gli aiuti esterni stavolta sono un tantino troppi ma nel complesso della storia si accettano e bisogna riconoscere che le sparatorie con i Comanches e l'assedio al ranch sono scritte in maniera impeccabile da Bonelli, che sfrutta appieno pure la grande abilità di Letteri ai pennelli. La cupidigia di Fidel lo porterà a tradire la gente di Esmeralda e perire miseramente nel sotterraneo del tesoro, gli stessi Aztechi verranno spazzati da banditi messicani assoldati da Romulio e ai nostri non rimane che fare da spettatori (altra scelta narrativa alquanto discutibile) La bella e sfortunata Esmeralda morirà fra le braccia di Tex e il suo ultimo desiderio di essere seppellita nel tempio, verrà esaudito dai nostri. Da notare come la storia possa essere considerata un prequel del capolavoro che Bonelli scriverà qualche anno dopo, ovvero "Diablero". Di fatti, oltre alla stessa collocazione geografica, anche Mitla userà i funghi sacri per far trasformare il suo Guaimas e tornerà nuovamente il Morisco ad affiancare i nostri. A pensarci bene Esmeralda rimane avvolta da un alone di mistero come Mitla, e reputo che sia una grande trovata dell'autore, che così rende ancora più affascinanti e memorabili le due splendide creature (Letteri è bravissimo a rappresentarle con un fascino che buca la pagina). Spero che nessuno degli sceneggiatori attuali si faccia mai venire l'idea di scrivere un ipotetico seguito in cui scopriamo che le due donne erano sorrellastre. Ovviamente sono ironico, anzi la smetto subito per non fornire strane idee bizzarre. Scherzi a parte, ho trovato l'episodio davvero molto piacevole e valevole, anche al netto del difettuccio dei nostri meno incisivi e decisivi come altre situazioni simili, ma nel complesso questa consapevolezza non ha affatto rovinato la mia lettura. Che dire di Letteri: il suo ingaggio fu davvero provvidenziale per la saga. Oltre a saper rendere in maniera splendida le figure femminili come Esmeralda, il compianto disegnatore romano sfodera una sequenza di tavole davvero molto dinamiche e ad effetto con Comanches in assalto, mandrie lanciate nella prateria, ranch assediati, templi misteriosi con sotterranei pittoreschi ed arcani, per non dimenticare il fatto che proprio dalle sue matite nascono personaggi importanti come il Morisco ed Eusebio, che bissano Nat Mc Kenneth della precedente prova. Come già fatto notare, ancora qualche lieve imprecisione nei primi piani dei nostri si riscontra fra le pagine, ma il suo stile pulito ed elegante e la sua immensa duttilità si fanno largo alla grande nelle sue prove. Storie come questa o "Diablero" devono molto ai suoi disegni e bisogna riconoscere che anche il suo contributo fu fondamentale in termine di quantità e qualità nel costituire le fondamenta del periodo d'oro della testata. Il mio voto finale è 8
  11. Condor senza meta

    Addio a Gianfranco Manfredi

    Grazie pard! Son certo che se l'avesse potuto vedere Gianfranco, avrebbe giudicato schiettamente il ritratto, magari tirandomi le orecchie per la poca somiglianza , ma mi andava di omaggiarlo; un piccolo gesto per manifestare la mia stima nei suoi confronti.
  12. Condor senza meta

    Addio a Gianfranco Manfredi

    Un piccolo omaggio a Gianfranco Manfredi, fatto rapidamente con la biro durante il lavoro. Mitakuye Oyasin
  13. Questo si, rispetto ai vichinghi o alla gente medioevale della città d'oro, la presenza di gente russa può pur starci, ma ho catalogato gli stessi nel gruppo "strane civiltà" perché Bonelli ce li mostra come una comunità fuori dal mondo, con quasi nessun contatto con l'esterno, tanto è vero che dopo anni e generazioni non conoscono più la loro moneta o di essere in uno stato passato nel frattempo agli Usa. Se non è un gruppo strano questo!
  14. Dopo svariate prove con soggetti più classici, Bonelli ripropose un episodio catalogabile nel gruppo “strane civiltà”. Stavolta tocca a un gruppo di esuli russi occupare un lembo remoto dell’Alaska. Occorre una premessa: di solito sono poco amante di questo tipo di spunti narrativi, ancor più oggi dopo tanti anni di esperienza come lettore. Anche per la storia in questione reputo un po’ dura da digerire che alcune generazioni di esuli potesse vivere così lontano dal mondo da non sapere di essere ormai in territorio americano. Ancor più risibile come il truffaldino mercante francese riesca a gabbarli con moneta falsa in cambio di oro cristallino. Da lettore ragazzino ti poni meno domande, ovviamente ora non è più così e soggetti simili mostrano tutte le loro debolezze. Ma procediamo per gradi: la prima parte della storia è molto bella, soprattutto grazie all’ottima sceneggiatura di Bonelli che tocca alte cime di drammaticità e tensione narrativa. Scene come l’assalto dei lupi o la fuga del principe Sergio con il dramma del boicottaggio dei rifornimenti, sono rese magistralmente da Bonelli e si rimane incollati alle pagine. Il tutto è arricchito dall’ulteriore nemico naturale, ovvero il gelo che caratterizza quelle brulle lande infestate da lupi famelici. Qui il merito va diviso pure con Galep che sfodera una prova grafica da paura. La prima parte è molto ritmata e tesa e fa respirare un’aria di mistero e tensione davvero notevole. Purtroppo col proseguo la storia si sgonfia parecchio e non solo per le debolezze del soggetto citate pocanzi. Rispetto ad altre storie simili, la rivolta che permette al principe Sergio di rimpossessarsi del trono rubatogli, è sviluppata troppo celermente e non evoca grandi emozioni. Anche i nostri sono poco incisivi e visto che in fondo quasi tutti i cosacchi erano dalla parte del nobile Sergio, ci si chiede come mai questi abbia dovuto aspettare Tex per accorgersene e ribellarsi. Anche la strana coppia di banditi, ovvero il mercante francese e lo spacciatore di oppio e rubli falsi cinese, evapora troppo facilmente come neve al sole, di fatto si termina la lettura con una strana sensazione d’incompiutezza. Storia che prometteva davvero tanto visto le premesse, l’ambientazione, la tensione e il mistero dell’inizio, il ritorno di Gross Jean e indiani in rivolta sotto l’effige del misterioso Drago, ma il proseguo non lo trovo affatto all’altezza e rovina la “zuppa”. Splendido il comparto grafico con Galep sugli scudi. Le sequenze notturne sotto la neve e con l’assalto dei lupi sono d’antologia. Si nota la mano di qualche aiuto esterno nella realizzazione (ho letto nei precedenti commenti il nome di Cormio e di Gamba) ma il maestro sardo amalgama tutto con classe e ci dona una prova eccellente che aiuta tantissimo la storia ad appassionare, soprattutto nella prima parte. Credo di non essere smentito se affermo che il papà grafico di Tex si stesse avvicinando allora al culmine della sua maturità artistica. Tavole che sono davvero uno spettacolo, fra natura selvaggia, indiani in rivolta, slitte, lupi, russi e sullo sfondo un Alaska selvaggio che sembra far battere i denti dal freddo anche al lettore. Stavolta mi ritrovo costretto a fare una media aritmetica per definire il voto finale. La prima parte è da 8, la seconda da 5 scarso. Abbuono mezzo punto in più alla media grazie ai disegni per raggiungere la cifra intera. Il mio voto finale è 7
  15. Condor senza meta

    [73/75] Pony Express

    Analizzando grossolanamente il soggetto, ci si accorge che in fondo l’episodio tratta del solito pezzo grosso, che si vuole impadronire della città, espandendo i propri tentacoli sulle attività più redditizie, in maniera più e meno lecita. Niente di così originale verrebbe da pensare eppure Gian Luigi Bonelli riesce a spiazzare tutti, tirando giù una sceneggiatura convincente e poco convenzionale che lascia il segno. Già l’incipit è qualcosa di anomalo: per pagine e pagine l’unico protagonista è il giovane Kit, che dopo l’assalto alla diligenza che lo aveva soccorso nel deserto, si vede costretto a impiegarsi come Pony express per la “Central Overland” per portare avanti il compito che gli era stato affidato nell’indagine. Il tutto si complica, allorché i Kiovas e i Comanches vengono indotti a scendere sul sentiero di guerra da una banda di trafficanti d’armi diretta dal fantomatico Tom Blackburn, ovvero il bandito sulle cui tracce sono schierati Tex e company. Fra trappole, rapimento di Kit, salvataggi insperati e fior di sparatorie con gli indiani, la trama prende il decollo e pure Tex torna al centro dell’azione, dopo essere stato assente per parecchie sessioni dell’episodio. Il giovane Kit, sebbene mal ridotto dopo la prigionia, riesce ad avvisare il padre del piano degli indiani di assaltare un fortino commerciale, tramite l’aiuto di un rinnegato. Ovviamente l’intervento di Tex e l’esercito sventa l’eccidio e sconfigge definitivamente la banda di predoni indiani. A tal punto è originale l’idea che vede far fallire il piano di Tex consistente nel far seguire il rinnegato (liberato con una finta evasione) per rintracciare Blackburn, per via della vendetta compiuta dai reduci comanche, che pensano di essere stati a loro volta traditi dal personaggio che doveva favorire il loro accesso al fortino. Ma ormai la macchina della giustizia messa in moto da Tex non ammette concessioni e Big Charley, il pezzo grosso che travestendosi con parrucca e folti baffi finti assumeva l’identità di Blackburn per favorire i suoi piani criminosi, ha i minuti contati. L’ultimo suo piano, consistente nel far fallire il padrone della Central Overland sfruttando il doppio gioco di una bella ballerina di cui la vittima era invaghito, viene stroncato dalla decisa azione dei nostri e in una sparatoria concitata, Tex riuscirà a scrivere finalmente la parola fine alla carriera criminosa del villain. Episodio molto avvincente e ben sceneggiato, che mostra ancora una volta quanto Bonelli sapesse ben gestire i suoi spunti, rendendoli sempre intriganti e piacevoli, sebbene spesso partissero da soggetti simili e ripetitivi. La storia fu affidata ai pennelli di Muzzi e il disegnatore, sfruttando le grandi sessioni con l’assenza di Tex, si poté sbizzarrire senza le odiose correzioni facciali di Galep sul protagonista. Vista la lunghezza della sceneggiatura e la nota lentezza del disegnatore milanese, suppongo che i tempi di realizzazione non furono celerissimi, ma l’esito finale è dignitoso e funzionale. In alcune vignette s’intravede la sua mano anche nei volti di Tex e mi chiedo che necessità ci fosse a farli ridisegnare da Galep, visto che il suo ranger non era affatto male. Ma inutile tornare ad aizzare questa annosa questione. Il mio voto finale è 8
  16. Condor senza meta

    Addio a Gianfranco Manfredi

    Rientrare da lavoro e apprendere una simile notizia rattrista molto. E' difficile da spiegare, ma quando ci lascia un artista che ha accompagnato col suo lavoro il tuo percorso dell'esistenza, rimani disorientato. Non ho mai nascosto la mia stima per Gianfranco; un artista eclettico, originale, di personalità. Cantautore, scrittore, sceneggiatore, fumettista, attore, un talento davvero multimediale per un uomo colto e intellettuale, con ideali ben chiari e saldi. Davvero una gran perdita e col senno di poi, anche le sue sfuriate sui social (a volte un po' fuori dagli schemi a dire il vero) da oggi mancheranno tanto. Sebbene non del tutto a suo agio su Tex, ha fornito il suo onesto contributo alla saga, ma creature come Magico Vento, Volto Nascosto, Adam Wild denotano una preparazione storica e una capacità narrativa non indifferente. Ma ciò che non dimenticherò tanto facilmente è la sua umile disponibilità: svariati anni fa sottoposi un mio racconto alla sua attenzione, nutrendo pochi dubbi di ricevere risposta e invece Gianfranco mi stupì oltremodo. Non solo aveva letto attentamente il mio scritto, ma si premurò a rispondermi sinceramente e fornendomi tanti preziosi consigli e correzioni per migliorare l'opera e raffinare lo stile. Sembra poco ma per me non lo è. Quel messaggio rimarrà da oggi ancora più impresso nel mio cuore e lo considererò una sorta di testamento stilistico personale, donatomi da un grande autore che amava tanto il suo lavoro, a tal punto da non snobbare nemmeno carneadi come me, incitandoli a migliorare ma sempre tenendo un basso profilo. Grazie Gianfranco! Che la terra ti sia lieve.
  17. Storia molto breve ma non banale. Tex e Carson si ritrovano in missione ad Abilene, richiamati per portare ordine in una città piombata nel turbine del caos e del malaffare, dove lo sceriffo non riesce a porre rimedio. Pronti via, subito scazzottata con un villain di turno, ovvero quel Rod Shannon che molesta la giovane Cora, per impadronirsi delle miniere del padre. Da questa lezione inizia una girandola di eventi, fra agguati e distruzione dei saloon, con i nostri che a suon di pallottole fanno un bel repulisti nella città marcia. La brevità dell’episodio non consente chissà quale spunto di soggetto e a Bonelli basta imbastire bene le scene di azione e le sparatorie, piazzando due scelte vincenti quali la scena del povero ubriacone che sbagliando chiave, si becca la dinamite destinata ai due pards e il trucco della campana d’oro per gabbare i banditi, per portare a casa la sufficienza. Ovviamente ci troviamo al cospetto di un breve riempitivo che tuttavia diverte e serve all’autore per tirare un po’ il fiato e rilassarsi con una trama più semplice e meno epica. I disegni sono affidati nuovamente alla strana coppia Gamba-Galleppini ma noto un tratto meno caricaturale del solito e una migliore cura nei tratteggi e nel bilanciamento fra bianchi e neri; suppongo e magari qualcuno più preparato di me potrà darmi conferma, che a Gamba toccarono le matite mentre a Galep le chine, fattore che permise al papà grafico di Tex di uniformare il più possibile con il suo stile le vignette. Curiosa la sequenza di strisce di pagina 46, in cui Cora varia per ben tre volte pettinatura, evidentemente la comunicazione fra i due disegnatori fu non idonea, tanto è vero che sembra di trovarsi dinanzi tre diversi personaggi femminili. Il mio voto finale è 6
  18. Condor senza meta

    [72/73] New Orleans

    Metti il ritrovamento in un baule di una vecchia mappa che conduce a un tesoro leggendario, il piano criminoso di una banda di malviventi per entrarne in possesso, l’opera di protezione di Tex e Carson nei confronti della coppia padre-figlia presi di mira, l’arrivo in una città caotica e corrotta come New Orleans, la consueta verve compositiva di Bonelli e la storia è servita. I nostri eroi spenderanno fatica e polvere da sparo per far fallire il piano della cricca di Larousse nei confronti dei Dawson. Giunti dopo varie peripezie a New Orleans entrano in contatto con il marcio che regna nella citta, ove Milton, il fratello del defunto Asso di Picche, ha occupato il posto di boss rimasto vacante e con l’ausilio di criminali del livello di Larousse e spadroneggia fra i quartieri della città fluviale. Ma guai a sfidare Tex, infatti con la consueta decisione e intraprendenza, spalleggiato da un Carson in pienissima forma psico-fisica nell’occasione, darà vita ai fuochi artificiali, sbaragliando le truppe nemiche e salvando i due Dawson. Storia frizzante, forse un po’ breve per il soggetto, ma fila via che è un piacere. Per la prima volta incontriamo il caro sceriffo Nat Mac Kenneth, che negli anni a seguire diverrà un amico ricorrente, ma soprattutto si rimane deliziati dalla giusta miscela di azione e ironia che Bonelli ci propina. Davvero esilarante la scena col Carson “poeta” che decanta versi al risvegliarsi di Tex, o il portantino di colore che si getta in acqua dalla passerella alla vista dei due rangers, scambiati per fantasmi. Anche molto efficaci e poetiche le didascalie che chiudono le ultime due vignette, ennesima dimostrazione del grande valore di narratore di Gian Luigi Bonelli, perfetto sia nei dialoghi, nelle svolte ironiche, nelle scene d’azione e molto poetico quando occorre. Che dire: il top! Letteri, alla sua seconda prova su Tex, conferma ampiamente le buone impressioni del debutto. Nella storia cittadina e fluviale mostra la sua duttilità stilistica e in futuro simili location, soprattutto con sette e cinesi, saranno a suo panaggio. Il mio voto finale è 7
  19. Condor senza meta

    [70/72] Pueblo Bonito

    Bonelli aggiunge un altro tassello importante nella costruzione del mitico periodo d'oro della saga. La storia che vede fare l'apparizione di Zhenda è davvero un piccolo gioiellino e segna un importante passaggio nella vita di Aquila della Notte. Il soggetto è davvero straordinario: per la prima volta la figura di capo dei Navajos di Tex viene messa in dubbio e rischia di far scoppiare una sanguinosa guerra fratricida fra il suo popolo. Chi reclama l'insigne del comando è Sagua, un guerriero molto aitante e presumibilmente figlio di Freccia Rossa e la strega Zhenda. I capivillaggio delle terre alte sono soggiogati dal carisma della strega, che si mostra fin dall'inizio la vera artefice della rivolta. Lo stesso Sagua è in fondo un personaggio alquanto leale che vorrebbe prendere il potere grazie al suo valore e non ai trucchi della madre, tuttavia anch'egli almeno all'inizio ne subisce l'influsso e si mobilita per ottenere i piani. L'episodio inizia con la bellissima scena in cui il vecchio stregone eremita Ta-Hu-Na assiste a uno strano presagio e vorrebbe avvisare Tex del pericolo. Purtroppo le belve che Zhenda riesce ad addomesticare come gattini, lo uccideranno su ordine della megera e si comprende fin dall'inizio dell'eccessiva pericolosità del complotto. Non mancano nemmeno i rinnegati fornitori di armi che al cospetto di Sagua capiscono che forse non è il caso "giocare troppo col fuoco" e meglio tenerselo amico. Walcott scomparirà dalla storia, così come il suo presunto intento di indagare dove Zhenda attinga alle pepite. Verrà ripreso poi nel sequel di Nizzi, ma quella è un'altra storia. L'episodio decolla trainato da molta azione. Tex, messosi in moto per scongiurare un assurdo spargimento di sangue tra i Navajos, si ritrova assediato presso il Pueblo Bonito in compagnia di Tiger e i due se la vedranno davvero brutta contro i motivati avversari e riporteranno ferite da piombo più o meno gravi. Anche l'esercito è costretto a intervenire allorquando la banda di Grande Orso (uno dei capi fedeli a Zhenda) assalta un ranch ai confini della riserva. La sequenza è molto serrata e drammatica e ci vorrà l'importante intervento diplomatico di Carson per scongiurare una ritorsione indistinta delle Giacche Blu contro i Navajos. Man mano che ci si avvicina all'epilogo, l'autore arricchisce oltremodo l'approfondimento psicologico dei personaggi che ha posto nella scacchiera; se Zhenda continua imperterrita nei suoi piani per amore del figlio e si affida alla profezia ricevuta nella scena ad effetto degli abissi in presenza della mummia degli avi, Sagua coltiverà i suoi dubbi che lo porteranno alla fine all'armistizio con Tex. Il popolo delle pianure rimarrà fedele a Tex e si metterà in moto per spalleggiare Aquila della Notte. Bellissime le sequenze con i messaggi dei tamburi che echeggiano minacciosi per tutta la riserva. Il finale è davvero al cardiopalma: dopo il rapimento di Kit e dell'amico la situazione sembra degenerare e lo scontro armato inevitabile. Eppure dopo il sacrificio di Big Elk che scaraventa con se Zhenda nel burrone dell'esecuzione, il buon senso albeggia in Sagua che accetta la proposta di Tex e scongiura così la guerra. L'unico capo fedele a Zhenda che si ribella all'accordo finirà con i suoi predoni nella bocca dell'esercito e il peggio sembra così scongiurato. La profezia delle due "sole vittime" si è dunque avverata anche se in seguito Nizzi la annullerà facendo ritornare comunque Zhenda in una storia valevole sì, ma non confrontabile a questa gemma bonelliana. Sebbene affezionato al sequel, forse era il caso non farlo, ma piangere sul latte versato è ormai inutile. Proprio con un'immagine romantica e simbolica si chiude la storia (un po' come era iniziata), infatti sarà proprio Nuvola Rossa a vedere dalla Mesa degli Scheletri la figura di un'aquila spiccare il volo stagliandosi contro i raggi del sole morente, a simboleggiare il successo di Aquila della Notte e la pace fra il popolo Navajo. Che dire, davvero una trama molto complessa ma ben sviluppata da Bonelli, che per l'occasione eccelle pure in una sopraffina caratterizzazione dei personaggi, che acquistano una tridimensionalità apprezzabile e denota l'ambizione spesa per la realizzazione di questo episodio cardine un po' troppo sottovalutato dai lettori. Molto ben rese pure le scene di azione e ottimo l'equilibrio e la ritmicità della sceneggiatura. Chi non a Galep poteva essere affidata una simile storia? E l'artista di par suo, sfodera una bellissima prova, dosando bene il suo innato stile fra scene magiche, altre di lotta serrata con molta folla fra le vignette ed espressività dei personaggi. Come fatto notare da qualcuno, s'intravede pure la mano di Gamba e altri disegnatori in aiuto realizzativo, ma l'esito finale è comunque più armonioso e coeso di altre occasioni di collaborazione. Il mio voto finale è 9
  20. Questo potrebbe essere il commento di un lettore occasionale che si è approcciato alla lettura dell'ultima fatica nizziana sulla regolare: "storia simpatica, dal forte gusto classico, con una sceneggiatura ben ritmata e idonea, dialoghi efficaci e frizzanti, trama tutto sommato scorrevole e senza grandi sbavature. Un'oretta spesa bene in compagnia del vecchio caro Tex" Qualcuno dopo aver letto la premessa potrebbe credere che al sottoscritto l'episodio sia piaciuto, ma la risposta non è così scontata. Cerco di spiegarmi meglio: indubbiamente rispetto alle sue ultime prove, Nizzi almeno qui ci fornisce una trama che in qualche modo sta in piedi e non annoia eccessivamente, grazie anche ai nostri che sono più sul pezzo senza commettere quelle assurde piccionate a cui spesso l'autore ci ha abituato negli ultimi anni di carriera, tuttavia un lettore "forte" della saga (e mi inserisco modestamente in questa categoria visto che ormai da più di trent'anni leggo e amo Tex con assoluta continuità) non può ritenersi del tutto soddisfatto di questo compitino che sa di minestrina riscaldata. Ci troviamo al cospetto di una sorta di "opera omnia" di Nizzi; di fatto nei due albi troviamo condensati tutta una serie di topoi e trovate dell'autore, che a tratti mi hanno dato davvero l'impressione di un collage fatto a tavolino o la stoffa di Arlecchino. L'ufficiale corrotto, il giovane da discolpare, l'amico di Tex che chiede il suo aiuto, l'origliata, il salto dalla rupe per lasciare con un palmo di naso gli indiani codardi che non ripetono lo stesso gesto, la trappola del testimone per incastrare il villain corrotto e tanto altro ancora che sa di già visto (fortunatamente manca lo slaccio del cinturone, ma magari sotto questo aspetto il buon Claudio è stato opportunamente catechizzato). Mi ci si può obiettare che dopo tantissime storie è quasi impossibile trovare strade del tutto nuove senza rinnegare gli stilemi della saga e ci può stare, ma se si usano sempre e solo le stesse combinazioni, senza verve e brio, l'esito non può che essere questo brodino riscaldato, che rinfranca magari il palato di un lettore in erba o poco esigente, ma annoia e delude un vecchio appassionato che negli anni ha finanziato l'editore sborsando cifre considerevoli per non mancare a nessun appuntamento in edicola. Anche le battute, che caratterizzano i simpatici siparietti fra i due pards, sembrano essere riprese con un copia e incolla, magari osare un po'sui dialoghi per modificare la pietanza non sarebbe un delitto, ma l'autore non ci pensa nemmeno e sembra proseguire col pilota automatico. Già nel mio precedente commento dopo la lettura del primo albo, avevo grosso modo evidenziato quei punti che reputavo deboli del soggetto. La lettura del volume finale non li scioglie del tutto, ma ripeto, l'esito complessivo risulta più decoroso rispetto alla storia precedente dell'autore di Fiumalbo. Anche le citazioni si sprecano: dopo aver ripreso "Il Soldato comanche", Nizzi nell'epilogo rievoca (più o meno volutamente) quel gran capolavoro di "Vendetta Indiana". Comunque, per quanto le vignette finali siano a effetto, la scena non può minimamente essere equiparata alla celebre bonelliana, anzi a voler essere pignoli, la presenza dell'indianina fuori dal forte in attesa di infilzare come un tordo l'ufficiale corrotto responsabile dell'eccidio della sua gente, suona come una forzatura. Quanto tempo è rimasta lì appostata senza che nessuno notasse la sua presenza? Sapeva forse l'ora precisa in cui il nemico sarebbe passato? Aveva avuto una visione o sperava in un assoluto corpo di fortuna? Ecco, per quanto la scena appare emozionante a un'occhiata distratta, dimostra di essere costruita un po' male e piazzata lì per fare effetto. Anche lo stratagemma dell'arrivo differito di Carson col testimone, usato tante volte dall'autore, in questo caso funziona meno bene rispetto ad altre occasioni. Se alle volte Tex usava questo trucchetto per far tradire il colpevole, stavolta non si capisce benissimo il motivo per cui farlo. Idea copia e incolla? A me pare di sì. Per ciò che riguarda la caratterizzazione dei personaggi, mi aspettavo poco a dire il vero, visto l'andazzo dell'ultimo Nizzi, che in questo aspetto mostra una sciatteria al limite del passabile. L'indianina si difende sotto questo aspetto e mostra una buona personalità che le darà un po' di lustro fra le pagine, di contraltare il soldato disertore si appiattisce molto nel proseguo della trama. Invece di spendere vignette in flashback che mostrano al lettore come procacciavano la selvaggina, con tanto di incursione nel forte per accaparrarsi di un arco, l'autore avrebbe potuto dosare meglio il rapporto fra il soldato e la donna. Il rapporto che emerge dalle sequenze in cui sono insieme, non parrebbe solo di semplice amicizia e la scena stucchevole di quell'abbraccio alla CandyCandy lo avrei evitato. Visto le forme e il decoltè con cui Bruzzo la rappresenta, mi chiedo come abbia fatto il disertore a non cedere, ma questa è tutt'altra storia. Solo un pretesto la futura moglie, che appare sciapa come una minestrina senza sale. Non volendo fare scomodi paragoni con autori che sono riusciti a maneggiare meglio la materia (esempio Borden con il triangolo Laredo-Liz e Parkman) qui Nizzi non riesce nemmeno a pareggiare il livello di alcune sue ottime storie come la Maschera dell'orrore o il texone affidato a Parlov. Perchè inserire un coinvolgimento sentimentale se poi si lascia tutto così insoluto? L'ennesima citazione per arricchire la trama? Anche qui direi di sì. Fortunatamente Tex e Carson non fanno stavolta grandi svarioni e figuracce, ma può bastare solo questo per soddisfare un lettore di lungo corso? Evidentemente storie come queste non sono rivolte a gente da Forum, piuttosto alla grande platea che ha meno pretese da una lettura di un albo e si ritrova a suo agio con le consolidate sequenze e schemi. Buono il lavoro svolto da Bruzzo, che si conferma un artista dal grande potenziale e margini di miglioramento. Anche i suoi disegni danno spesso quel senso di già visto, d'altronde è più che palese che l'autore si ispiri allo stile del primo Ticci e forse proprio per questo acquistano quell'ariosità che rende di spessore il comparto grafico. Certamente storie come quella boselliana ambientata nell'Artico, essendo ambiziose e complicate danno più visibilità alle qualità grafiche di un disegnatore, ma Bruzzo se la cava benissimo anche in sceneggiature più di routine come questa, anzi contribuisce col suo tratto a valorizzare la trama classica e far lievitare il mio giudizio complessivo oltre la sufficienza. Il mio voto finale è 6
  21. Hai ragione, chiedo venia! In effetti in più di sei anni che frequento il Forum "coerente" lo sono stato poche volte e dovevo iniziare proprio con una valutazione di una storia di Nolitta? Mi autoinfliggo un'ammonizione!
  22. Ma sì, anch'io reputo che per sconfiggere un esercito composto da più di mille guerrieri Tex non poteva affrontarli da solo. Ci stanno benissimo la trappola con le gatling, l'uso della dinamite e degli alleati in giacca blu e tutto il resto. Io non contesto questo, bensì la sequenza di sceneggiatura troppo veloce, quasi didascalica, che fa perdere a mio avviso parecchio pathos all'epilogo. Bonelli sapeva ben scrivere finali epici, qui nella fretta di chiudere la faccenda non ci riesce. La simbologia poetica delle armature ha il suo fascino ma dare un po' più di "spessore" ai condottieri non avrebbe guastato; a me pare siano solo bersagli presi di mira dalle gatling. Gusto mio personale ovviamente, ma dopo l'ottima sequenza iniziale, la ben ritmata sezione centrale con la lotta ai trafficanti d'armi, un finale più curato ed epico avrebbe dato quel tocco in più alla storia.
  23. Come avevo già accennato nella sfida in semifinale, la mia preferenza va coerentemente assegnata a "Giungla Crudele". Sebbene poco texiana, come tutte le prove di Nolitta su Tex, la storia ambientata nel'Istmo di Panama ha il vantaggio di essere alquanto ariosa, dall'ambientazione esotica molto attraente e con buona dose di avventura e azione. Un tex nolittiano ma deciso, in una storia originale e avvincente, resa indimenticabile pure dall'interpretazione magistrale di un Ticci in stato di grazia. I suoi sfondi, fra deserti dell'arizona, mari caraibici, foreste e paludi, fra orde di indios feroci e rettili pericolosi, sono una delizia per gli occhi!
  24. Episodio che mi da l’impressione di un’occasione mancata. Lo spunto di soggetto aveva potenziale e l’incipit drammatico, con l’eroica fine dei due soldati nel deserto, alimenta le aspettative per una grande prova, però un finale non all'altezza del prologo, sciupa alquanto le buoni intenzioni e relega la prova parecchi gradini sotto nella scala di valutazione. Chiamati a indagare sul misterioso leader “Mano di ferro”, che si appresta a guidare l’ennesima rivolta indiana, Tex e Carson si mobilitano, tagliando in primis il canale di rifornimenti. Un paio di soffiate mettono i nostri sulla giusta pista e la parte di sceneggiatura che vede la sfida contro le bande di mercanti d’armi, si fa apprezzare, anche per via di un ritmo vivace e molto azione. Bonelli recupera l’idea dello scontro fra bande concorrenti, con Tex che strategicamente alimenta le tensioni e ne approfitta della lotta fra loro. Un’ennesima rivelazione porta i nostri a scoprire che in realtà non esiste un solo leader nella rivolta, bensì cinque pellirossa che, indossate delle vecchie armature dei conquistadores trovate occasionalmente, radunano a sè folte schiere di indiani ribelli da condurre sul sentiero di guerra. La parte finale come già accennato, a mio avviso, pecca di eccessiva celerità: il piano di Tex per mettere in trappola il migliaio di guerrieri che compongono la rivolta, è cinico e si avvale di decine di gatling, dinamite a grappoli e parecchi squadroni di soldati. Per chiudere rapidamente l’episodio, Bonelli abbonda di didascalie e riduce all’osso le scene della battaglia, di fatto l’enorme numero di ribelli (un migliaio specificato più volte durante la narrazione) viene liquidato in pochissime pagine e ciò rende poco incisiva la battaglia e sgonfia di molto il valore emotivo dell’epilogo. Peccato: con uno sviluppo più adeguato, soprattutto nella sessione finale, l’esito complessivo poteva essere di tutt’altra caratura, così invece lascia l’amaro in bocca e sebbene non da bocciatura, il giudizio finale non supera una risicata sufficienza. Nuovamente in coppia Gamba e Galep, forniscono una prova grafica carica di alti e bassi. Fra vignette tirate vie, sproporzioni varie e netti stacchi stilistici fra i due artisti, i disegni non sono il massimo e mi chiedo se la scelta di queste staffette improvvisate per accelerare i tempi di realizzazione fu una buona idea. Fortunatamente di lì a breve, con l’innesto in pianta stabile di artisti del calibro di Letteri, Ticci, Nicolò e in seconda battuta Fusco, il parco disegnatori garantì livelli altissimi senza bisogno di queste collaborazioni forzate e dagli esiti altalenanti. Il mio voto finale è 6
  25. Condor senza meta

    Come rilanciare Tex?

    Ma no!!! Sai scrivere bene amica mia.
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