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TWF - Tex Willer Forum

Condor senza meta

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Tutto il contenuto pubblicato da Condor senza meta

  1. E' fisiologico che col passare del tempo, cambi il modo di approcciarsi alla lettura: da teenager lo spirito critico è acerbo e parecchie "sfumature" non vengono nemmeno colte, sebbene la lettura sia più spensierata. Crescendo si affina il gusto, lo spirito di osservazione e la comprensione del "fuori le righe"; ciò non significa che uno non si diverta più, perchè se così fosse non comprerebbe più nemmeno l'albo, solo che si diviene un tantino più esigenti anche nell'intrattenimento e fortunatamente la saga Tex continua a garantire un livello di qualità molto alto e idoneo. Tuttavia può capitare che alcune storie piacciano meno, e trovandosi su un forum tematico si esterna (o si cerca di fare) le motivazioni che inducono agli eventuali appunti critici. Senza questo aspetto, non avrebbe nemmeno senso l'esistenza del forum stesso, poichè bisogna pur considerare che chi lo frequenta fa parte di quella fetta di fan "sfegatati" o molto ferrati in materia. Si può concordare o meno su alcune valutazioni, a volte stuzzicarsi un po', ma il confronto è sempre stimolante e, secondo me, molto costruttivo se mantenuto sui giusti binari. Suppongo che lo stesso Mauro se elogiassimo sempre e comunque le sue prove, finirebbe per annoiarsi e disertare. Che il web abbia poi scatenato anche i "demolitori totali" su tutto e tutti, è un conto, ma onestamente su questo forum non mi sembra sia così marcato il fenomeno. O magari non lo noto io.
  2. Ma sì il giovane "scavezzacollo" se proprio deve mettere la testa al posto, è giusto che scelga la dolce Donna . In un colpo solo, potrebbe far diventare nonno sia Tex che il Vecchio Cammello, scusate se è poco! A dire il vero vedrei bene al suo fianco pure Luz, la figlia di Lupe, ma un harem mi pare un po' troppo per i canoni texiani.
  3. Come giustamente asserisci, torniamo a muoverci sul campo della soggettività: tu ritieni che gli spiegoni non rientrano tra i difetti della storia, ma altri utenti possono pensarla in maniera diversa. Personalmente, come Diablero, anch'io stavolta ho avuto l'impressione che l'eccessiva verbosità di alcune dialoghi non aiuti la leggibilità. In merito al mio appunto sulla "forzata coincidenza iniziale", hai ragione che non è un unicum sulla saga, ma ciò non significa che uno debba fare per forza i salti di gioia se non gli piace: anche gli origlioni di Nizzi o l'arrivo provvidenziale della cavalleria nel momento topico si contano all'infinito, ma basta la frequenza per evitare una personale critica? L'America è immensa e ripetere sempre il solito tran tran della coincidenza alla lunga può stufare, poi se la mia sia una critica motivata o meno non lo so, ma non è fatta per semplice pretesto. In ogni modo, come chiaramente espresso nel mio commento, rimando tutto al secondo albo, poichè il giudizio complessivo va dato alla fine; immagino infatti che il primo sia solo preparativo e che nel proseguo lo sviluppo della storia possa prendere il volo. Se poi anche dovessi rimanere deluso, non è un dramma: Carlo e Mauro di certo non si strapperanno i capelli per un mio eventuale giudizio non positivo.
  4. Perdonami Poe, di solito sono in piena sintonia con ciò che scrivi, però stavolta non condivido la tua frase. Definire una critica pretestuosa, equivale a dichiarare che chi la muove è in cattiva fede e non credo che sia affatto così. Poi uno può essere d'accordo o meno su alcuni appunti mossi dagli altri utenti, ma anche questo aspetto è soggettivo, non credi?
  5. Un'altra conferma sul fatto che simili ritorni sono una lama a doppio taglio per lo sceneggiatore. Le aspettative si fanno alte e riuscire ad accontentare tutti i lettori è come fare il 6 al superenalotto. Stavolta Mauro ha osato di più rispetto al ritorno di Lupe, ma l'esito spinoso è rimasto. Però spero che le nostre critiche non lo scoraggino troppo per il futuro, poichè togliere del tutto il sentimentalismo dalla saga non sarebbe un'idea azzeccata. Purtroppo il binomio eroe e amata è difficilissimo da gestire nella letteratura avventurosa, guardate Salgari a esempio, che dopo aver fatto scatenare fulmini e tuoni a Sandokan per conquistare la perla di Labuan, gliela fa perdere fra un romanzo e l'altro per non avere rogne . Comunque, personalmente non è tanto la "spudoratezza" di Manuela a infastidirmi (ci sta che una donna crescendo e soprattutto rimanendo sola al mondo, giochi tutte le sue carte per conquistare il ragazzo che in passato le fece battere il cuore e che il destino le pone nuovamente davanti in maniera inaspettata), piuttosto è la poca scorrevolezza della sceneggiatura e la pesantezza di alcuni dialoghi a rendere meno piacevole la lettura. Anche l'intreccio della trama al momento è, sì plausibile, ma un tantino esile, comunque la storia è composta da 220 pagine e magari il "secondo tempo" riabilita pure qualche incertezza della prima frazione. P.s. In un vecchio sondaggio sul forum, in cui si votava quale personaggio volessimo rivedere sulla saga, c'era pure Alyson; visto l'andazzo, immagino che Mauro preferisca ingoiare un intero cactus piuttosto di ficcarsi in un simile ginepraio.
  6. Suppongo che per poter esprimere un giudizio complessivo sia opportuno attendere il secondo albo. Il primo però, a dire il vero, qualche piccola perplessità la suscita, soprattutto a livello di ritmo, appesantito da dialoghi corposi e alcune scene alquanto dilatate. Forse Mauro nei panni insoliti di "arrangiatore" e non di "cantautore completo" trova qualche difficoltà in più a sviluppare le sue melodie narrative. Certamente da forumista, non posso esimermi di congratularmi con Carlo Monni: non capita tutti i giorni finire tra i crediti di una storia di Tex! Il suo soggetto ha il merito di recuperare un personaggio femminile di tutto rispetto come Manuela Montoya, finora tuttavia sembra apparire troppo lineare e poco graffiante. Spero di venire smentito tra un mese. Qualche intreccio in più non avrebbe guastato e anche la "forzata" coincidenza dei banditi ricercati da Tex che si mettono a servizio di Don Domingo, suona come un pretesto narrativo che, se usato da altri autori, avrebbe strappato più di una critica. Confido comunque che nel secondo albo le cose possano migliorare. Sui disegni, sebbene non siano il massimo, ho visto pure peggio onestamente. Laurenti sfodera uno stile latino che sembra un mix del primo Blasco e l'ultimo Seijas; qualche incertezza di troppo nelle fattezze dei pards e poca dinamicità di alcune posture nelle scene di azione, ma mantenuta la previsione di buona resa delle figure femminili. Onestamente però mi ha finora dato l'impressione di una prova di un disegnatore in fase calante e per un debutto non è la sensazione migliore che un autore può suscitare a un lettore. Purtroppo sulla regolare l'astina è stata sempre altissima e il rischio di non raggiungerla per un autore c'è. P.s. Sbaglio o rispetto alla vignetta apparsa in anteprima, a Kit sono state tagliate le ciglia in redazione? Coiffeur via Buonarroti
  7. 2021-Franco-Battiato.jpg

     

    Un mio piccolo omaggio grafico al maestro Battiato 

  8. Sequenza obiettivamente sui generis. Situazione esagerata che costringe pure l'autore alla banale trovata dello sfilamento dell'amuleto. Carillo di fatto si sgonfia come un palloncino, perchè traspare dall'epilogo che, senza la protezione degli invincibili amuleti, è facilmente battibile: un quaquaraqua qualunque che fa il duro se spalleggiato e nullo se preso di petto. Ruju avrà di sicuro modo di rifarsi, ma personalmente questa storia non mi ha convinto. P.s. Visto l'incredibile somiglianza e i poteri vudù, chi ci garantisce che il sedicente pistolero non si sia rincarnato il secolo dopo in Slash? Anche la mania delle pistole può averlo indotto a scegliere il nome della band!
  9. Mi sbaglierò, ma penso che Ruju si sia fatto prendere la mano e con lo sviluppo della sceneggiatura abbia alzato troppo il tiro, rendendo la strega quasi imbattibile. Difatti sull'epilogo è costretto a ovviare a questo errore, con delle "banali" circostanze per sconfiggere i villain, vedi l'amuleto sfilato dal collo a Carillo o l'ingenua scena della vecchia che praticamente si dà fuoco da sola. Non il massimo a dire il vero; due forzature che, visto i poteri fino a quel momento sfoggiati, rischiano di far arricciare oltremodo il naso al lettore, già saturo da trovate al limite della sospensione dell'incredulità. L'eccessiva ricerca del colpo di scena, se non coadiuvato da una solida impostazione di base, rischia di rendere stucchevole la prova e spero che Pasquale riveda questa tendenza palesata nelle ultime sue uscite. Non credo che il curatore in fase di approvazione soggetto, potesse ipotizzare uno sviluppo così esponenziale dei poteri della strega, suppongo che gli spunti non siano così dettagliati all'inizio; però potrà richiedere più attenzione in futuro per scongiurare simili imprecisioni.
  10. Non sono stato l'unico a pensarlo dunque. L'avevo già scritto sul post il mese scorso. Per me è preciso! Ovviamente ai tempi di "Appetite for destruction", al giorno d'oggi è molto più imbolsito.
  11. Proprio oggi, leggendo la storia, ho pensato la stessa cosa. L'episodio si fa leggere ma si ha l'impressione che Ruju abbia troppo alzato l'asticina dei poteri della anonima strega. Osare così tanto su Tex non sempre è un pregio. Una creatura che riesce a creare amuleti che schermano i proiettili, comandare alligatori, soggiogare la mente di un intero villaggio di Cajun solo per guadagnare tempo o riesce col semplice tocco ad impossessarsi di qualsiasi corpo voglia, rischia di divenire quasi imbattibile. E infatti per porre rimedio l'autore alla fine è costretto ha forzare un po' il finale, rendendo un po' banale la sua sconfitta. Un altro aspetto che condivido sulla dettagliata disamina di Diablero, è proprio quello che personaggi simili rischiano pericolosamente di sminuire la nemesi per eccellenza, ovvero Mefisto! I suoi poteri, al confronto sembrano una "versione demo" e onestamente questo mi stona un po'.
  12. @Carlo Monninon era affatto mia intenzione rivestire i panni di difensore, né accusatore di alcuno; solo che, pur riconoscendo le tue ragioni, ho trovato un po' troppo sopra le righe la tua ironia e istintivamente ho commentato, tutto qui. Tornando in topic, sono curioso di leggere la storia, sia perchè mi fa piacere che ci sia la firma di un utente del forum tra i crediti e anche perchè, dalle anticipazioni, si prospetta un episodio interessante. Sui disegni di Laurenti è ancora presto per sbilanciarsi: le tavole di anteprima qualche perplessità la suscitano, ma non è onesto giudicare l'opera di un artista senza aver prima visionato tutto l'albo. D'altronde Laurenti è un professionista esperto e valido e confido sul fatto che non ci deluderà.
  13. Rimango dell'idea che un minimo di tolleranza va pure usata sotto l'aspetto della sintassi. E' vero che un messaggio sconnesso diviene di difficile lettura, ma le lezioni pubbliche sono poco eleganti, a mio avviso. Se un utente non si esprime in maniera adeguata, o si ignora il messaggio o si segnala ai moderatori, che in privato avranno modo di indurlo a correggere gli errori di forma e di ortografia, visto che è pure previsto dal regolamento. Perdonate lo sfogo e soprattutto senza rancore Carlo, ma per quanto tu possa avere ragione, trovo un po' irrispettoso schernire un utente per eventuali carenze di base o alludere alla sua mancata capacità di comprensione. Il nostro Tex un atteggiamento del genere lo avrebbe biasimato.
  14. Condor senza meta

    [05/06] Doppio Gioco

    Prosegue la mia rilettura dell’overture della saga. Onestamente mi fa un particolare effetto notare di star scrivendo il mio commento dopo dieci anni dall’ultimo rilasciato in questa sessione. Oltretutto la cerchia di utenti che si è soffermata a commentare è strettissima; si ha l’impressione d’incamminarsi in un sentiero brullo e selvaggio, quasi vergine e con nessuna traccia di vita attorno. Ma imperterrito vado avanti e provo a lasciare la mia recensione, che potrebbe essere paragonata a uno sgraziato urlo nel deserto. Chiusa la premessa poco attinente e di questo mi scuso, mi rituffo nella storia in questione. Dopo alcune storie con un peso specifico notevole, Bonelli si concesse una prova con meno pretese, sviluppando un soggetto semplice, ma ravvivandolo con una sceneggiatura carica di azione e consueto ritmo. La coppia di prepotenti di turno, ovvero i fratelli Benton, agiscono per soffiare la miniera DI Devil’s Hole al vecchio Linyard. Mandati sul luogo a mettere le cose a posto, Tex e Carson escogiteranno un piano particolare che li porterà inizialmente ad agire divisi: mentre l’ex fuorilegge per la prima volta si appunta una stella di sceriffo al petto, il fido Carson si crescerà un’atipica barbaccia per entrare nella banda dei due villain. L’episodio si fa leggere volentieri ma procede in maniera molto lineare senza eccessivi sussulti e ciò contribuisce a non renderlo memorabile. Sul finale notiamo pure il primo intervento provvidenziale che aiuterà i due pards in difficoltà, che verrà ciclicamente proposto in futuro: stavolta tocca a un distaccamento di rangers abbigliati né più e né meno come un corpo dell’esercito regolare. Tirando le somme, il tipico episodio senza infamia e senza lode, che anticiperà due episodi con più caratura. Simpatica la scena che vede Tex in tenuta da Mariachi, con tanto di chitarra a tracolla, d’altronde già allora i suoi travestimenti erano numerosi e svariati. Si ripete curiosamente anche l’improbabile situazione in cui il nostro riesce a divellere una solida sbarra a mani nude, per accedere alla prigione in cui è chiuso Carson; evidentemente gli spinaci erano facili da reperire nel far west! Sotto l’aspetto grafico la cifra qualitativa di Galep si fa sempre più importante, con primi piani sempre più curati e vignette più eleganti e curate; da notare con quanta dovizia è rappresentato il canneto in cui approda il ranger dopo la sua caduta nel fiume. Considerata l’indiscussa competenza e conoscenza dell’universo texiano di Carlo Monni, non ho motivo di dubitare che Uggeri abbia collaborato alla stesura delle tavole, in effetti in molti passi uno stile diverso si nota, a tal proposito molto atipico il movimento cinetico rappresentato nella seconda vignetta della striscia 23 dell’albetto “Missione a Devil’s Hole” (anche quella opera di Uggeri?). In compenso, il papà grafico di Tex firma un numero molto alto di vignette in una parte dell’opera: ne ho contate almeno dieci in meno di venticinque strisce! Il mio voto finale è 6
  15. Questo aspetto della vecchiaia malinconica potrebbe pur essere un escamotage narrativo usato dall'autore per confondere un po' le acque e nascondere il più possibile al lettore l'identità della salma. Per come è impostata la trama della "Grande invasione", solo all'epilogo del flashback si ha la certezza che si tratti di Corbett e Mauro, da buon giallista, si è prodigato a rendere meno scontata possibile la rivelazione. Intuirlo troppo presto avrebbe letteralmente depotenziato il colpo di scena finale. La fulminazione sulla "via del Rio Grande" è la soluzione più plausibile, lo ammetto. Però mi chiedo perchè Corbett aspetti così tanto tempo per tentare la fuga. Occasioni ne avrebbe avuto pure prima, a memoria mi ricordo la scena con lui e Kirby che all'arma bianca fanno fuori decine di Comanche di sentinella, non poteva svignarsela allora? Bisognava attendere che l'assedio divenisse disperato per giocarsi questa carta? Che poi si ravvede tutto d'un colpo? Qualcosa in lui doveva pur essere scattato durante l'assedio o davvero la freccia citata da Diablero ha fatto la differenza nel suo cervello? Tutti quesiti che possono essere smentiti o confermati a secondo i punti di vista. Poi ci sono pure le esigenze narrative che noi lettori non consideriamo, ma che sono indispensabili all'autore per la costruzione di una trama.
  16. Sto seguendo con molto interesse le varie interpretazioni che ogni utente esprime in merito al finale dell’episodio e ogni post che leggo, avvalora la mia tesi che le storie, quando non sono banali o scontate, aprono infinite vie per giungere alla meta. Premetto che trovo abbastanza plausibili le ipotesi finora ben esposte, ma si potrebbe azzardarne anche un’altra: e se Corbett lasci Fort Quintman già deciso a chiamare i rinforzi? Che fosse una canaglia è fuori dubbio, ma il processo di “conversione” potrebbe già essere avvenuto durante l’assedio. Perché Gleen allora lascia il forte di soppiatto? Perché sa che Tex non approverebbe la sua idea di sortita, vuoi per mancanza di fiducia o perché ritiene poco conveniente disperdere le esili forze difensive per un’impresa molto incerta. La vigliaccheria e l’egoismo di Madsen (Boselli ci fa capire che il secondino è comunque molto peggio del forzato ad anima nera) viene usato da Corbett per distrarre i Comanche, mandandoli su una falsa pista, permettendogli di portare a termine il suo piano, ma nonostante tutto il forzato viene scoperto e ferito. Lo scoramento di Corbett dopo la maledetta freccia, potrebbe pure essere dovuto al fatto che il suo calcolo è fallito e che rischia di morire banalmente lontano dagli amici e senza essere riuscito nella sua impresa. L'ennesimo fallimento della sua scellerata esistenza! Giunto a un passo dal Rio Grande, sembra cedere alla tentazione di fuggire in Messico e infischiarsi dei reduci di Fort Quintman, ma “la coscienza” lo richiama all’ordine e finisce col chiedere aiuto alla cavalleria, tenendo fede al suo primo proposito. Quella stessa coscienza che lo induce a chiudere la sua vita in solitaria, per espiare forse le malefatte del suo passato. Questa chiave di lettura è meno complessa psicologicamente, ma in fondo altrettanto plausibile. Il bello della questione è proprio questo: la storia è una, ma le interpretazioni sono svariate e ognuna motivata a secondo della soggettività del lettore. Vedasi il mio commento precedente!
  17. Gli ultimi commenti di questo thread sono il fulgido esempio di come nella narrativa (che sia scritta o illustrata poco cambia), ogni scena o passaggio può prestarsi a svariate interpretazioni a secondo della sensibilità o stato d'animo di chi lo legge. Sia la chiave di lettura di Diablero, che vede nel gesto finale di Corbett solo un puro calcolo per interesse personale, che quello di Leo che romanticamente scorge un gesto di ravvedimento per andare incontro agli amici, pensandoci sono plausibili entrambi. Chi ha ragione? Chi torto? Suppongo che non lo sapremo mai. Solo Mauro potrebbe dire la sua, visto che quella scena l'ha pensata, scritta e sceneggiata. Ho avuto però sempre la sensazione che, una volta composta una sequenza narrativa, si liberi dal suo creatore e sembra vivere di vita propria, venendo alimentata dalla fantasia di ogni fruitore dell'opera e all'autore non resta altro che osservare l'imprevedibilità delle deduzioni. Può anche darsi che lo stesso autore alcune interpretazioni funzionali date dai lettori non le aveva affatto previste e magari si diverte a leggerle, alcune sono affini alla sue idea e altre fanno a pugni con ciò che voleva esprimere, eppure il lettore x le ha maturate lo stesso e ha amato comunque la sua storia. Il lettore x ha sbagliato? Può darsi, ma se la lettura gli ha donato un'emozione, il resto non importa. Il bello dell'arte è proprio questo. "La poesia non è di chi la scrive ma di chi gli serve" pronunciava Troisi nell'indimenticabile film "Il Postino" e la semplice frase riassume un concetto fondamentale del cibo dell'anima, ovvero l'arte.
  18. Condor senza meta

    Cerco un'altra storia.

    Figurati! Non scusarti, ci mancherebbe. Sono stato io a fare confusione
  19. Condor senza meta

    Cerco un'altra storia.

    Ciao Doudou, sperando di non fare una figuraccia come l'ultima volta che ti risposi di getto in merito alla missione , la storia che tu cerchi dovrebbe essere "La lettera bruciata" (Nizzi-Fusco) N.399. Lo sceriffo aveva problemi di circolazione e Tex bonariamente lo prese in giro, tuttavia il "vecchio rudere con la stella di latta" darà il suo contributo sul finale, intuendo i piani dei banditi vedendoli spiare la giovane prostituta e inducendo il ranger a escogitare la contromossa decisiva.
  20. In primis complimenti per l'ottima recensione pard, sempre molto curata e carica di spunti interessanti. Ho citato questo tuo passo solo perchè mi è sorto un dubbio, dovuto anche al fatto che è passato un po' di tempo dalla mia ultima rilettura: mi pare di ricordare che Borden fino alle ultime pagine non specifica l'identità della salma di cui venivano eseguite le esequie, o sbaglio? Leggendola per la prima volta, non si ha la certezza che si tratti di Corbett, cosi ricordo se la memoria non mi gioca uno scherzetto . Comunque per il resto è tutto molto condivisibile e la trovata dei bowie conservati in ricordo di un amico mi colpì molto, la tipica pennellata di classe boselliana ad arricchire ulteriormente una prova splendida.
  21. Condor senza meta

    [05] Satania

    La prima villain non si scorda mai! Comprendo che come premessa per il mio commento, questa frase non sia il massimo dell’originalità, tuttavia ben si sposa con la storia in questione. Bonelli, seppur in poche storie, era già riuscito a condensare un considerevole numero di presenze femminili degne di nota, ma giunto alla sceneggiatura in oggetto, lasciò il segno, con un’antagonista entrata nell’immaginario del lettore texiano. La banda che fa capo alla famigerata Satania, sembra più una setta che una comune congrega di banditi a dire il vero. L’autore non svela nessun retroscena sulla vita dell’affascinante villain, infatti proseguendo con la narrazione, non si sa il perché sia affiancata da un giavanese con tanto di orribile orangotango assassino e agisca mascherata pittorescamente nemmeno fosse uscita da un romanzo di Salgari. L’influenza salgariana si nota pure nell’atmosfera orientaleggiante che Bonelli crea nella sua avventura, con tanto di covo in una caverna con ingresso segnato da teschi scolpiti. A essere sinceri se Cora Gray brilla di una particolare luce, seppur sinistra, complici pure i disegni di Galep che le donano un fascino ammaliante e molto retrò, i restanti componenti della banda hanno un bassissimo peso specifico, soprattutto il braccio destro Cameron che non ne azzecca nemmeno mezza e si becca varie lezioni da Tex, sempre molto vigile e reattivo. Memorabile, sebbene alquanto sui generis, la scena dell’assalto notturno del bestione; stavolta oltre al piombo di Tex, necessita pure una buona dose di fortuna per scongiurare l’inconsueto agguato, difatti senza il catino di acqua posto ai margini della finestra, il rischio di essere colto nel sonno era molto alto. Da notare come Bonelli usi l’escamotage di nascondere inizialmente l’identità della villain, montando delle scene in cui l’inquadratura da dietro la poltrona non la mostra al lettore; nel celebre capolavoro “La cella della morte”, in cui è presente lo stesso stratagemma, la scoperta dell’antagonista sorprende visto che il congiurante è in fondo un “carneade” per l’universo texiano, in questa prima storia si rivela un tantino superflua la trovata, visto che è molto semplice, fin dalla prima lettura, capire chi si nasconde dietro la maschera e tiene le fila dell’associazione criminale. Un altro aspetto che al sottoscritto risulta piacevole è vedere Kit Carson agire al fianco di Tex; al giorno d’oggi non è di certo una novità, ma allora non capitava ogni episodio, anzi il nostro ranger spesso trovava pard occasionali nelle sue storie, fino alla costituzione definitiva del quartetto celebre. Curioso il dialogo della vignetta 29 dell’albetto “Agguato a Yuma”: “Siete venuto per Satania e non per la povera Cora Gray! Non è così?” “Non del tutto Cora, mi interessate anche voi, quasi quanto Satania!” Se non è quasi una dichiarazione questa, mi magio un cactus! Che poi ci si mette pure Galep a fare un po’ il “marpione” illustrando una sequenza al tavolo in cui i nostri, in presenza di Cora in elegantissimo e attillato abito nero, sembrano apprezzare oltremodo le grazie della loro dirimpettaia. Mi sbaglierò, o forse sono troppo mal pensante, ma sia nella prima vignetta della striscia pag. 16, che quella 18 dell’albetto “Al Corno d’oro” lo sguardo di Tex è un po’ troppo malupino e sembra essere calamitato dal decolté di Cora. L’epilogo ci mostra il fiero gesto suicida di Satania che preferisce abbracciare la morte piuttosto che subire l’onta dell’arresto; non sarà l’unica volta in cui l’autore decide di arricchire di enfasi drammatica la sconfitta delle sue eroine malvage. Sotto l’aspetto grafico mi sembra palese che il tratto di Galep sia decisamente migliorato e le vignette si arricchiscono di particolari e cura realizzativa. Evidentemente il compianto disegnatore ebbe il via libera di concentrarsi maggiormente sulla giovane saga e il risultato è tangibile. Cito solo la vignetta unica della striscia 10 dell’albetto “Attacco alla miniera” per dimostrare la mia tesi: reputo davvero straordinaria l’esecuzione della diligenza con i cavalli arrestati dalle redini del conducente. Il talento è una merce rara e il grande Aurelio ne aveva da vendere. Il mio voto finale è 8
  22. Archiviata l’epica trasferta sotto il sole messicano, il giovane Tex torna a battere le polverose piste degli States, vivendo un’avventura suddivisa in due tronconi, ma che conserva un buon livello narrativo in entrambi le parti. Il soggetto che dà vita alla prima sessione è molto classico e vede l’ennesimo ranchero gentiluomo, vessato dai prepotenti di turno per indurlo a cedere la propria proprietà. L’onesto allevatore risponde al nome di Stanfield, mentre dietro i piani criminosi si cela l’infido giudice Bess, che servendosi del Rosso, un bandito mezzosangue spietato e senza onore, conta di estendere i suoi beni ai danni dell’ex commerciante. Dopo un’iniziale incomprensione con Stanfield, Tex decide di aiutarlo e fattosi soprastante del ranch, dichiara guerra al villain. La storia procede spedita, senza intoppi ne grandi picchi. Tex se la vede brutta quando cade nelle mani del Rosso, che vorrebbe condannarlo a fare cibo per le formiche rosse, ma se la cava egregiamente e riesce a sbaragliare la banda dei banditi e prendere di mira Bess. Bonelli a questo punto, invece di chiudere la prova, rilancia e arricchisce la sceneggiatura con uno sviluppo inatteso, ma molto ben studiato. Scopriamo che Bess, tutore dei beni della nipote, vuole coprire le sue malefatte economiche dovute a vizi vari, come il gioco d’azzardo e l’oppio. Pur di garantire i suoi privilegi, è disposto a ordinare l’uccisione della bella nipote, ma fortunatamente Tex è vigile e scongiura una simile vigliaccata. Spariranno ben presto dalla storia il Rosso, Bess, il simpatico medico che parteggia per il nostro eroe, Stanfield e la nipote del giudice, in compenso con l’arrivo a Maricopa si alza il sipario sul secondo atto e faranno capolino sul “palco”, sia Carson e Marshal e il famigerato sindacato dell’oppio agli ordini di Wang-ho e il misterioso Mister X. L’episodio viene alimentato da nuova linfa e introduce per la prima volta nella serie, una setta segreta cinese che darà tanto filo da torcere al deciso Tex. Risalendo le tracce del contrabbando d’oppio, il giovane ranger (proprio in queste pagine verrà definitivamente riaccolto nel corpo investigativo) entrerà in rotta di collisione con l’organizzazione criminale e le scintille non mancheranno. Proprio la varietà di spunti che Bonelli mette sul piatto durante i primi anni, costituisce un punto notevole nel successo del personaggio. I suoi spunti attirano interesse e se Tex è sopravvissuto in edicola rispetto ad altri “colleghi di carta” un motivo ci sarà. Inoltre, l’indimenticato autore, oltre alla consueta vivacità dei dialoghi e sconfinata fantasia, sfodera a tratti didascalie che rasentano il poetico; provare per credere: “Ma Tex dovrà presto pagare lo sforzo di volontà di cui ha dato prova. Di via in via, nella notte appena rischiarata da pochi fanali, il coraggioso fuorilegge avanza, lasciando dietro di sé una traccia sanguinosa. L’uomo della tempra d’acciaio cammina con passo fermo nell’ombra della notte, e la sua sagoma nera sembra un minaccioso fantasma pronto a ghermire in una tragica morsa chiunque attraversi la strada” Tornando alla narrazione, da notare come Il finto paralitico Stern, si prenderà il lusso di infinocchiare banalmente l’avversario (una scena che pare suggerita da Nolitta a dire il vero ). Tex cadrà così nelle mani della setta e si beccherà gli ennesimi tagli sulla pelle, appeso come un salame negli angusti sotterranei. Trovo un po’ al limite l’escamotage delle fiamme che bruciano la corda nel concitato finale, tuttavia l’epilogo è adrenalinico e seppur rapidamente, la resa dei conti chiude di fatto la battaglia. Tralascerò stavolta il giudizio sulla prova grafica di Galep, visto che si assesta nella media di quel periodo e mi ritroverei costretto a ripetere sempre gli stessi commenti, invece mi soffermerò su alcune curiosità riscontrate durante la rilettura del piacevole episodio. In primis facciamo la conoscenza con lo sceriffo Weber che scopriamo essere il fratello di Jeff, il simpatico ranger che ha spinto il nostro eroe a fare la conoscenza di Mr Marshal e di fatto, contribuito a farlo entrare nel corpo segreto. Curiosa e simpatica la scenetta che vedrà protagonista il giovanissimo figlio dello sceriffo. Il ragazzino, galvanizzato dalla stretta di mano del suo beniamino in camicia gialla, dona una prova della sua abilità sferrando un potentissimo pugno a un malcapitato gatto che lo aveva fatto incespicare. Pare che Bonelli non amasse in particolar modo i felini e può darsi che questa scena servisse anche a evidenziarlo, oltre a fornire una lieve parentesi ironica per spezzare il ritmo narrativo. Che l’autore stesse prendendo gusto a inserire alcuni siparietti comici nelle sue avventure, è testimoniato pure dalla spassosa scena del servitore di colore di Stanfield che si infila sotto il tavolo scambiando Tex per un fantasma o dalla presenza della tata di Dory che attorno al tavolo della colazione, narra con molta enfasi i bam bam delle pistole del texano impavido. Il medico che esclama “Per tutte le siringhe dell’universo” meriterebbe menzione nel topic da me creato, inerente le espressioni più buffe del gergo texiano, così come è raro vedere Tex fumare un sigaro (rigorosamente profumato però) o incappare in una striscia dalla gabbia atipica come la numero 8 dell’albetto “Il volo dell’abisso” con la vignetta centrale a forma di rombo. Evidentemente Galep, anche se pressato dai tempi stretti, non disdegnava di escogitare qualche innovazione stilistica e d’impostazione. Scopriamo altresì che la taglia su Tex è raddoppiata nel frattempo e che il nostro “don giovanni” sa ben usare il suo fascino per sciogliere la lingua a una avvenente ballerina di saloon. “Per chi mi hai preso, Fatina? Pago sempre io… Toh! E tieni il resto!” Dirà con viso sornione, accarezzando sensualmente il mento della giovane bionda. Altro che eroe tutto d’un pezzo nei confronti del gentil sesso! Chiudo citando i baloon con ideogrammi cinesi che hanno tutta l’aria di essere inventati di par paro, con tanto di cancelletti e lettere disseminate in mezzo a simboli che definire pittoreschi è riduttivo, e l’anacronismo del telefono usato dal barbiere orientale durante lo sviluppo della trama. Essendo l’invenzione dell’apparecchio per comunicazione databile all’incirca nel 1870, non si capisce come più di vent’anni prima i cinesi possano averlo nel west; evidentemente Meucci copiò il brevetto della banda! Topiche simili ce ne saranno altre nel proseguo della saga, ma più volte abbiamo ribadito che, in quei tempi pioneristici, Bonelli poco peso dava a queste plausibilità cronologiche, in preda alla foga della narrazione, e quindi cataloghiamo anche questo bizzarro anacronismo nel più volte citato “condono” delle origini. Il mio voto finale è 7
  23. Condor senza meta

    [04] L'eroe Del Messico

    E venne il giorno in cui il nome di Tex Willer divenne leggenda! Il proseguo della trama messicana, dopo la cattura di Mefisto e Lily, si fa altisonante, epico. Tex mantenendo il suo impegno preso con Montales, si spende con coraggio e acume strategico per la rivoluzione del popolo messicano. Il giovane sveste per una volta i panni del fuorilegge e diviene di fatto un eroe nazionale. Lo stesso Montales gli riconosce la stoffa del leader e lo proclamerà il cervello della banda, tenendo per sé il ruolo del braccio. Un’investitura del tutta meritata, visto che lo scatenato Tex condurrà le redini con molto coraggio e costrutto. Libererà Montales caduto nelle mani dei nemici, farà visita arditamente in casa del capo delle forze di polizia messicane, smascherando abilmente la spia che tramava contro Manuel Perez. Con caparbia e una buona dose di “pazzia” studierà un piano per impadronirsi di un treno presidenziale e umiliare l’esercito messicano, favorendo sempre più l’annessione al progetto rivoluzionario di uomini e dissidenti militari. Bonelli sfodera una sceneggiatura scoppiettante e divertente, a tratti con qualche incongruenza di troppo, visto che appare molto semplificato il modo con cui i nostri conducono il ballo e ribaltano il regime messicano. Tuttavia, suppongo che all’autore non importasse di seguire eccessivamente i binari della plausibilità e che puntasse più che altro a ottenere una prova ariosa, aulica e all’insegna dell’avventura pura, senza troppi fronzoli o trucchetti politici e di spionaggio. Fa sorridere in fondo come Tex riesca a disarmare da solo un plotoncino di una decina di soldati, senza che nessuno di essi si ribelli alle sue colt, come non è proprio il massimo del credibile, che un sol rivoluzionario riesca a infilarsi nella tenuta del capo della polizia di uno stato sovrano, senza necessità di eludere nessun tipo di scorta. La figura di Manuel Perez è ben resa, ma sia lui che Montales rimarranno sullo sfondo, visto che le luce della ribalta spettano solo al giovane fuorilegge texano dall’indomito coraggio e il cuore d’oro. È già stato fatto notare quanto il nostro beniamino sia un uomo giusto, che si pente di aver dovuto sparare a dei soldati, rei solo di aver obbedito a degli ordini e che memore della bruttissima esperienza, spiega a Montales che bisogna cambiare strategia e colpire senza pietà i burattinai seduti dietro le scrivanie del comando e non i burattini sacrificati in prima linea. Un Tex che si esprime pure come un politico navigato, vedi l’epilogo della vicenda in cui ritiene la sua migliore ricompensa “la pace, la comprensione, il pacifico commercio tra i due popoli” e strappa un sentito abbraccio dal neo presidente del popolo (che purtroppo vedremo durerà poco) e il pianto commosso dell’amico Montales. Si chiude così la lunga parentesi messicana che segnò decisamente un importante passo avanti della giovane saga. Sempre all’infaticabile Galep toccò macinare strisce su strisce per portare a compimento l’ennesimo snodo vitale della produzione editoriale del personaggio. Sebbene sia ancora palese come la fretta per garantire in tempo l’uscita dell’albetto impedisse di curare al meglio le varie strisce, è altrettanto chiaro come la qualità complessiva delle stesse raggiunse un livello più che accettabile. Galep, dopo aver variato a lungo nelle prime storie, tirò fuori una precisa fisionomia per il suo eroe e uniformò al meglio lo stile, garantendo una resa migliore, tenendo sempre fede al consueto dinamismo narrativo delle sue vignette. Da notare come gli sfondi siano più ricchi e curati rispetto agli esordi e pure l’abbigliamento di soldati e personaggi è decisamente più ricercato e dettagliato. Bonelli per la prima volta gli fa disegnare un’intera sequenza sul treno e il disegnatore sardo se la cava abbastanza bene, dimostrando di quanto il suo talento fosse adattabile alle varie situazioni e ambientazioni. Non bisogna dimenticare che, se al giorno d’oggi reperire documentazione è banale con internet, nei primi anni cinquanta non lo era affatto e ogni autore doveva arrangiarsi come poteva, anche con molta fantasia e memoria visiva. Memoria che scarseggiò parecchio (ma in compenso la fantasia no ) nell’improbabile colt della seconda vignetta della striscia numero 7 dell’albetto “Il traditore”: è brutto dirlo, ma sembra che Tex tramortisca il malcapitato soldato messicano con una pistola giocattolo rubata a un bambino. Il mio voto finale è 8
  24. Condor senza meta

    [03/04] Fuorilegge

    Ammetto che stiamo a spaccare il capello in quattro (modo di dire molto azzeccato in questo caso ), tuttavia un minimo di volume in più nella capigliatura di Lily andava disegnato. O quanto meno un "tuppu" (come diciamo in siculo) alla Eva Kant per intenderci. Ma poco importa in fondo. Grazie Loriano
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