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TWF - Tex Willer Forum

Laramie

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Everything posted by Laramie

  1. Buonasera, @Ombra Silenziosa 😉 Prendo atto della risposta e provo ad argomentare meglio la mia posizione: in effetti ho scritto che Zachary è "tutt'altro che un santo", ma sono stato troppo buono con lui. SPOILERISSIMO BIS Che abbia meritato l'indigestione di piombo ad opera di Tex per le persone che ha ucciso è innegabile. Per me il punto critico sono proprio le ultimissime pagine, ma qui credo sia tutta una questione di sensibilità differenti. Per quanto mi sforzi, non riesco proprio a vedere in Zachary il responsabile della strage dei McCullen: il suo obiettivo era uccidere il colonnello Warren, comandante di una compagnia dedita al saccheggio. Poteva forse prevedere la strage successiva? No, è Jack Spade che ammette che anche secondo lui il colpevole non era fra i McCullen e che il loro fu solo uno sfogo sanguinoso, neanche gli interessava vendicare il colonnello. Quella di Spade e degli altri è stata una pura rappresaglia, un crimine di guerra bello e buono. Se nella storia venisse detto che Zachary ha deliberatamente fatto ricadere la responsabilità della morte del colonnello Warren sui McCullen per salvarsi la pellaccia, magari indirizzando i soldati verso la loro casa, allora capirei l'incazzatura dei fantasmi, ma, per come vengono presentati gli eventi, non riesco a percepire la sua morte come giustizia per i morti. È Zina, dopo la morte di Spade, a dire che la storia non è ancora finita, quindi è ovvio che è la morte di Zachary a essere decisiva in questo senso. A meno che gli spiriti non ce l'avessero con Zachary per il fatto che ha messo in piedi un "business del crimine" sfruttando il loro nome, ma la vedo difficile. Ciò detto, a questo punto è chiaro che qui il tema è la percezione delle responsabilità individuali: ognuno ha la propria sensibilità in merito e le nostre divergono.
  2. SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER Il consueto Magazine invernale si ripresenta con la solita veste grafica e la serie di articoli e approfondimenti dedicati al western nelle sue varie forme. Presente, ovviamente, un articolo-riassuntone su Mefisto. Il tuttologo texiano/western-dipendente non troverà niente di nuovo sotto il sole, ma sta di fatto che si tratta pur sempre di una lettura piacevole. Voto al prodotto in quanto tale: 8 "La palude del morto" di Jacopo Rauch e Corrado Mastantuono è una storia di 78 molto weird e horror, valorizzata soprattutto dal lavoro del disegnatore romano che si conferma un maestro. Tex è sulle tracce di un gruppo di banditi e la sua missione lo porta nei pressi della Dead Man Swamp, palude dove, molti anni prima, si era verificato un massacro ai danni di una famiglia di persone pacifiche, i McCullen, perché erano accusate, ingiustamente, di aver ucciso un comandante nordista. La sceneggiatura di Rauch si presenta liscia e scorrevole senza troppi fronzoli e, soprattutto, senza grossi inciampi. L'unica nota un po' stonata, ma riconosco che è una fisima mia, è il finale. SPOILERISSIMO Io capisco la volontà di stupire il lettore con gli effetti speciali, capisco che il colpo di scena finale faccia sempre il suo effetto, ma stavolta no, non ci siamo proprio. Alla fine si scopre che l'oste Zachary ha fatto secco il colonnello nordista e che si è disfatto del fucile con cui ha sparato. Zachary è tutt'altro che un santo perché ha cercato di intascarsi il bottino della rapina, ma il finale della storia lascia suggerire che la sua morte abbia "liberato" gli spiriti dei McCullen e che ora possano riposare in pace. Scusate, ma no! Zachary era in guerra e ha accoppato un colonnello nordista responsabile di saccheggi e chissà quali tipi di uccisioni, torture e violenze. Fosse per me gli avrei dato una medaglia! Zachary non può essere considerato responsabile della morte dei McCullen perché la loro morte è stata decisa dai soldati della compagnia, i quali sospettavano comunque che l'assassino non fosse fra loro. Nella storia non è presente niente, ma proprio niente, che faccia supporre che Zachary abbia volontariamente fatto ricadere la colpa dell'uccisione del colonnello nordista Warren sui McCullen. Voto alla storia: 7 Voto al "colpo di scena" finale: 4 "La strada del male" di Mauro Boselli e dei Cesari è un racconto breve sul passato di Mefisto che si aggiudica il premio come miglior storia del volume. Il suo unico difetto, se vogliamo chiamarlo così, è che è una storia per aficionados che di Mefisto sanno più o meno tutto, o perlomeno che hanno letto "Fuorilegge" e le storie su Tex Willer perché i collegamenti sono tanti. A parte questo, Boselli sceneggia con la consueta maestria inserendo un gran numero di scene in sole 32 pagine. La storia è narrativamente inattaccabile e si preannuncia come la prima di una serie di vicende, per quanto brevi, destinate a collegare il finale di "Fuorilegge" con il ritorno in pompa magna di Mefisto alla testa degli Hualpai e, soprattutto, con la leggendaria "Il figlio di Mefisto". I Cestaro ormai sono i nuovi interpreti del negromante (ben più indicati del pur bravissimo Civitelli e strappano il premio anche a Roberto De Angelis, che pure lui ha interpretato benissimo lo storico nemico) e chissà che dopo il Texone non vi sia qualche altra loro incursione con il vecchio mattoide. Voto: 8
  3. Preso, letto e gustato. SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER A mio avviso Ruju ha confezionato un'ottima storia che, pur con qualche difettuccio ogni tanto, dimostra che su Tex è possibile raccontare ancora qualcosa di originale rimanendo comunque nei binari della tradizione. Non credo infatti di aver mai letto una storia in cui i pards gestiscono l'evacuazione da una città in fiamme, ma può darsi che sia la mia memoria a fare cilecca. Ottima la gestione dei personaggi, in particolare modo di Carson in grande spolvero. Negli ultimi anni (ultimi... quasi 30 in realtà) lo si era visto così in forma solo nelle storie di Boselli, lieto che anche Ruju abbia deciso di dargli il giusto risalto e che di recente si sia messo a scrivere più storie con il quartetto al completo. Ho apprezzato anche la gestione del ritmo del racconto: non ho percepito nessun senso di fretta del tipo "oddio, mancano X pagine e devo ancora raccontare questo e quello", bensì un procedere degli eventi ponderato e con ogni scena che si prende il giusto tempo per raccontare ciò che deve. Non mancano le classiche scene ad effetto tipiche di Ruju al punto che è riuscito ad infilare un duello con il coltello anche in una storia cittadina (quanti duelli con il coltello ha scritto Ruju? Vuole entrare nel guinness dei primati?), che in questo terzo albo mi sembrano gestite meglio rispetto al solito. La sola cosa che davvero ho trovato eccessiva è il fatto che Warberg rimanga tranquillamente a Vancouver pur avendo dato lui stesso l'ordine di appiccare l'incendio. Come può essere così sicuro che la sua casa e lui stesso non finiscano arrosto? Il vento avrebbe potuto cambiare direzione all'improvviso e spingere le fiamme verso di lui. Io capisco le esigenze di trama, eh, ci mancherebbe, però qui secondo me è troppo. Mastantuono gigantesco come sempre. Non mi stancherò mai di ripeterlo: uno dei migliori disegnatori del mondo che qui ha dato piena dimostrazione del proprio talento, in particolare nella rappresentazione di Artiglio d'Orso, forse il suo cattivo più carismatico. Insomma una storia con molti pregi e alcuni difetti* che, in fin dei conti, non ne guastano troppo la lettura. Voto (come a scuola): 8.5 *Sulle prime la fine di Warberg non mi è piaciuta. L'ho trovata banale, quasi una trovata da serie B, e lo stavo anche per scrivere, poi ci ho riflettuto e mi sono detto che in realtà è una fine degna del personaggio: lui che ha ordinato l'incendio di Vancouver per fare quintali di soldi con la ricostruzione finisce per morire arso vivo. Legge del contrappasso al suo apice.
  4. SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER Un buon secondo albo che mantiene alto il livello della storia. Ritmo lento che si prende tutto il tempo per raccontare le cose con calma e la vicenda che procede per sfociare nel finale di gennaio. Mastantuono si conferma un genio del disegno (mi ha solo lasciato perplesso una vignetta con Tex e Carson a cavallo che sembrano del tutto sproporzionati, ma si tratta di UNA vignetta su non so quante, quindi anche chissenefrega) e Ruju è vicino a realizzare la sua storia migliore su Tex. L'unica cosa che ho trovato un po' forzata, come è già stato evidenziato, è la scena in cui Artiglio d'Orso accoppa Bailey da lontano al posto di fare secco almeno uno tra Tex e Carson. Faccio notare una cosa divertente: l'albo termina con Carson a terra ferito. Ora, ok che lo sappiamo che alla fine si riprenderà del tutto, ma a fine storia l'occhio casca sulla terza di copertina dove si vede Carson bello come il sole intento a pagaiare su una canoa!
  5. Premesso che posseggo già gli albi originali e quindi non avrei avuto bisogno di questa ristampa, ho deciso di recuperarla perché l'intera collana de "Le grandi storie Bonelli" mi piace tantissimo, così come apprezzo molto l'idea stessa alla base della serie: proporre a prezzi contenuti storie che magari non hanno il blasone dei classici, ma non sono da meno in termini di qualità complessiva. Ciò detto, la storia è quel capolavoro che ricordavo. Quasi trecento pagine intrise di dramma, inquietanti, ricche di personaggi complessi e variegati. Presentata in un unico albo, la storia si legge in scioltezza come se fosse un romanzo con le scene che si susseguono una dopo l'altra in vari cambi di ambientazione e con l'atmosfera generale che si fa sempre più cupa e tesa. Riguardo alla produzione di Borden, credo che questa storia sia il suo capolavoro. Forse il cuore batte di più per i classici firmati con Marcello (non ci si stacca mai dall'imprinting infantile/adolescenziale, ahime) e opere più recenti come i Texoni di Villa e Carnevale, ma la testa riconosce che qui Boselli ha raggiunto l'apice. Su Mastantuono posso solo ripetere ciò che ho già detto nel topic di "Vancouver", ovvero che è senza ombra di dubbio uno dei migliori disegnatori del mondo e che la sua presenza su Tex è un valore aggiunto, anche se riconosco che lo stile lo rende inevitabilmente ostico ad una parte di pubblico. Un 9 complessivo: muti, mani al cielo e tutti a casa.
  6. Un primo albo che mette in scena i personaggi, li dispone sulla scacchiera e prepara le mosse per le vicende successive. Nel complesso il giudizio è positivo per quanto riguarda il lavoro di Ruju, decisamente in ripresa rispetto a un periodo recente molto appannato e, per me, deludente. Ben riuscito il personaggio di Angela, figura a tutto tondo e non solo bella statuina, capace di far battere sia il cuore di Carson che, me lo immagino, quello di più di un lettore. Un Tex un po' più in ombra in questo primo albo, ma ci sta viste le premesse. L'unica cosa che non ho apprezzato è la seconda scazzottata a fine albo, più che altro per quei momenti particolarmente sboroni già evidenziati da @Diablero. Ottimo, come da copione, Mastantuono. Per me uno dei migliori disegnatori viventi, fa lievitare oltremodo questa storia verso l'eccellenza. Il suo stile è notoriamente fuori dagli schemi ("quali" schemi, poi?), ma a me piace tantissimo.
  7. "I giustizieri di Vegas" è stata ristampata a colori alcuni anni fa nella serie costa rossa. Mastantuono a colori è un crimine (tranne quando fa Disney), ma l'edizione merita tantissimo.
  8. È evidente che la regola aurea di GL Bonelli era "così è se mi pare", per cui non si è mai fatto problemi di continuity e altre amenità (vedi la doppia guerra civile) e si è limitato a scrivere quel che pareva a lui. Il suo stesso Tex (e intendo il Tex del Bonelli dei tempi d'oro) non è sempre uguale ad ogni storia e anche l'impianto narrativo, checché ne dica Nizzi, è dinamico e aperto a nuovi stimoli. Quindi è inevitabile trovare incongruenze, situazioni tirate per i capelli, eccetera. Posso capire quei lettori per i quali certe storie hanno un alone sacro, ma capisco molto di più Boselli che si è trovato a scrivere questa storia. Boselli ha concepito questa saga come lo "scontro finale" dell'epica mefistofelica, perciò ha radunato alcuni dei personaggi più rappresentativi del ciclo. La presenza di Padma era inevitabile. Così come era inevitabile la sua riproposizione come nemico di Mefisto e quindi alleato di Tex. Di conseguenza, Boselli non poteva fare accettare la presenza di Padma ai pards così alla leggera, per cui gli ha creato un determinato arco narrativo e ha rivisto la scena della salvezza di Mefisto. (che poi la presunta morte di Mefisto si spiega molto facilmente: Mefisto era morto davvero, poi, miracoloooooooo, il suo cuore si è rianimato, i suoi poteri si sono risvegliati e hanno riattivato il cervello) Una volta decisa l'impostazione da dare alla storia, la presenza di Padma e tutto il resto sono stati praticamente una conseguenza. Obiezione: "Eh, ma allora Boselli avrebbe dovuto/potuto scrivere un'altra storia!" Il "problema" è che la storia che aveva in mente era quella e non è che le storie possano andarsene così con uno schiocco di dita. Tra la coerenza della storia attuale e l'attenersi a quanto scritto da Bonelli, Boselli ha scelto le ragioni della storia e per me ha fatto benissimo perché lui stava scrivendo "Sierra Nevada" e la sua responsabilità era verso di essa. E prima che qualcuno mi salti addosso, la risposta è NO, non è che adesso qualcuno si può inventare che Lilyth non è mai morta o che Tex è il capo dei Mohawk solo perché gli è venuta una bella storia in mente. È ovvio che le due cose sono imparagonabili.
  9. Storia ambiziosa di Ruju (3 albi) disegnata da un autentico maestro come Mastantuono e ambientata in Canada. In teoria sarebbe un goal a porta vuota, ma meglio volare bassi che non si sa mai. Per quanto riguarda Mastantuono, per me è nella top ten dei migliori disegnatori del mondo, un vero genio in grado di fare qualsiasi cosa al punto che anche le storie più bolse e noiose si salvano sempre quando le disegna lui.
  10. Dipende. Come "solista" forse non riuscirebbe a tenere in piedi la baracca, ma in coppia con un altro nemico mi è sempre piaciuto molto. Sia Lily che Castle hanno ottimi motivi per volere le teste dei pards ed entrambi sono spietati a sufficienza. Come coppia potrebbero funzionare, anche perché una è una vecchia volpe con tanta esperienza sul groppone, l'altro è un giovanotto che ora è pieno d'odio, perciò li vedrei bene insieme.
  11. Credo di aver saltato di botto le ultime sei o sette pagine di discussione... Ragazzi, fate paura! In ogni caso ho votato ottimo alla storia complessiva: avrei dato "eccellente" alla storia dei Cestaro (vuoi per i disegni, vuoi perché lo stesso Borden mi è sembrato più ispirato) e "buono" alla storia di Civitelli. Ergo, "ottimo" è la sintesi perfetta. Il motivo dello "scarto" delle due votazioni risiede perlopiù nel fatto che la quadrilogia di Civitelli si dilunga eccessivamente in una serie di passaggi, soprattutto nel secondo e terzo albo, che avrei preferito maggiormente diluiti e compressi. Forse l'alone mitico (e mistico) di Mefisto e la mastodontica saga-monstre con ben tre disegnatori coinvolti hanno pompato a dismisura le aspettative di molti lettori. Spiego (argh!) semplificando un po': trattandosi di una storia con Mefisto (ma in generale direi di un supercattivo dei fumetti) è inevitabile che essa si divida sommariamente in due parti: la prima, sostanzialmente migliore, è quella dove a condurre il gioco è il cattivone. Solo che poi quando è Tex che passa al contrattacco succedono, inevitabilmente, le "solite cose" e la storia perde un po' di appeal. Per quanto mi riguarda, sarà che ormai l'unica cosa che mi esalta davvero è una cena pizza+birra senza reflusso gastrico, ho cercato di volare molto basso con le aspettative e questo credo mi abbia permesso di gustarmi maggiormente la vicenda, al netto delle lungaggini indicate sopra e di un altro paio di questioni, rispetto a quanto avrei fatto se fossi stato in attesa del capolavoro. Diciamo che una storia da tre albi dei Cestaro e una da tre di Civitelli sarebbero risultate nel complesso più digeribili, ma alla fine è andata così, pazienza. Tra i personaggi migliori indicherei Mefisto e Lily, mentre Ruth ha perso un po' di appeal nella seconda storia (anche perché lo sguardo diabolico tratteggiato dai Cestaro non è stato replicato da Civitelli) ed è stata adombrata dagli altri comprimari. Yama ormai è retrocesso nella categoria di "sfigato expert", quindi anche basta con costui. Riguardo agli altri, boh, Padma e Narbas sono stati un piacevole ritorno, ma nulla di più. Il gradino più alto del podio se lo merita Lily: quando fa il cazziatone a Mefisto perché sta lì a perdere tempo invece di uccidere subito il suo nemico (Padma) stavo per stappare lo spumante. Sono ANNI che spero gli antagonisti trovino un modo intelligente per essere sconfitti invece di prendere sempre prigioniero l'eroe e finalmente Lily ha dato voce ai miei pensieri. Future storie con Mefisto? Meh, per quanto mi riguarda se dovessero arrivare ben venga, le leggerò come sempre, però preferirei evitare. Come evidenziato dal finale, abbiamo un'altra Dickart che ha tutti i crismi per guadagnare la scena al posto del fratello e, soprattutto, del nipote e non mi dispiacerebbe vedere lei all'opera, magari in coppia con Nick Castle.
  12. SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER Storia discreta, a tratti anche noiosa, che si dipana per 330 pagine durante le quali si ripropongono più o meno le stesse situazioni: Tex e Carson arrivano nel luogo X, incontrano un amico/alleato, si avvicinano al covo del cattivone, agguato fallito e poi resa dei conti. E si passa al prossimo, che i vendicatori del titolo sono quattro. Tuttavia ci sono diverse cose che funzionano: la parte iniziale, le battute fra i due pards, la figura del colonnello Hamilton (che mi ha moooolto ricordato un altro ben noto sudista nizziano) e perfino alcune autocitazioni. Le scene d'azione sono tutte abbastanza simili, ma il tiro al piccione è sempre un piacere. Insomma un Maxi che testimonia il fatto che Nizzi, sotto l'ala di Boselli, avrebbe avuto ancora delle frecce al proprio arco, ma anche che ormai sulla lunga distanza il vecchio leone non ce la fa più. È andata come è andata e, purtroppo, da lettore leggerò le ultime storie di Nizzi pensando sempre quel video al festival del giallo. Casertano sempre in gran forma: qualche volto e qualche vignetta che mi hanno convinto poco ci sono, ma nel complesso si tratta di una buona prova, chiara e leggibile.
  13. Uno dei migliori cartonati usciti finora. Una storia epica che rimanda alla grande Hollywood che fu, anche se alcune scene orchestrate da Giusfredi mi sono sembrate un po' tamarre, in contrasto con il tono generale dell'opera. Poco male, si parlerà comunque di un paio di pagine totali su 50. Giusfredi si conferma uno degli sceneggiatori bonelliani più da tenere d'occhio in questo momento, è in crescita costante praticamente da sempre. Gomez oltre l'immaginabile. Al di là di Dago, è evidente che l'esperienza maturata con il mercato francese ha accresciuto ancora di più il suo stile al punto che non ritengo più un azzardo annoverarlo fra i migliori disegnatori viventi. Dovrebbe esserci una storia breve per un Color, ma spero che ci sia modo di far rimanere Gomez in pianta stabile, magari destinandolo anche alla serie regolare. Ricordo che in un'intervista di qualche mese fa lo stesso Boselli si era detto dubbioso su questa possibilità, ma io spero che le reazioni positive (confidando che ci siano perché il cartonato è davvero bello) lo convincano a cambiare idea.
  14. Questa storia è contemporaneamente la prima storia di Nizzi di 330 pagine dopo il suo ritorno e... la prima storia di Nizzi di 330 pagine dopo il suo abbandono! Anzi, a pensarci bene credo sia la prima storia di Nizzi a superare le 220 tavole dopo quasi 20 anni, ormai. Al di là di questo dato statistico, acquisterò sicuramente l'albo e lo accetterò per quello che è, sia esso un capolavoro, una ciofeca o un buon lavoro. Mi viene da ridere al pensiero che da ragazzino ero un anti-nizziano convinto (benché certe storie, alcune anche recensite qui sul forum, mi piacessero!!!) e oggi invece mi dispiace che sia andata com'è andata. Pazienza.
  15. Lone Wolf in effetti suona noto anche a me, ma credo sia perché si tratta di un nome effettivamente comune. Non mi stupirei se tra le centinaia di storie comparisse più di un personaggio con quel nome. Diciamo che quello di Borden ne "I rangers di Lost Valley" è il personaggio storico, gli altri sono degli omonimi 😉
  16. Il mio primo Dago fu la saga scozzese al termine della quale c'è una battaglia con un botto di guerrieri che entrano nella città nemica e fanno un macello. Wood ispiratissimo e Gomez che mi fece l'effetto che Ticci deve aver provocato nei lettori degli anni '70, un mostro. La lessi un'estate al mare su dei Lanciostory. Se non sono passati 20 anni poco ci manca. Bei tempi, comunque.
  17. La grafica originale mi lascia molto perplesso (eufemismo), trovo la versione di @Letizia decisamente migliore. Ciò detto, ho già la salivazione azzerata per questo albo e ho cominciato il conto alla rovescia per l'appuntamento in edicola. Gomez è stato uno di quei disegnatori che mi ha spalancato le porte ad un mondo intero, quello di Dago e del Rinascimento e non esagero se dico che studio quell'epoca storica, benché solo per passione, anche per merito suo (e del mai troppo celebrato Robin Wood, chiaro). Ho ottimi ricordi sia del suo Texone che della storia per l'Almanacco e spero che rimanga stabilmente su Tex. In quanto a Giusfredi, per me è lo sceneggiatore bonelliano più interessante da seguire al momento perché è giovane e con una scrittura personale in crescita costante e le storie sempre più importanti che gli vengono affidate ne sono una dimostrazione.
  18. No, ma infatti ripeto che la storia mi è piaciuta, rimane un classico del Nizzi del periodo. Alla fine queste forzature, anche evidentissime come in questo caso, sono da mettere in conto quando si parla di narrativa avventurosa, l'importante è non abusarne troppo nella stessa storia e in questo caso, per fortuna, non succede. CIO' DETTO: Sarà perché ho il pizzetto anche io, ma per me il momento top di tutta la storia rimane a pag. 64 del primo albo quando Tex, dopo aver riempito di cazzotti il poliziotto corrotto Riordan, torna in albergo e scommette con Carson che i poliziotti non verranno mai ad arrestarli e gli dice: "Se perdi ti taglio il pizzo. Ci stai?" e Carson ribatte: "Un corno!"
  19. Buonasera! Ho da poco riletto questa storia e quindi mi accingo a mettere insieme alcune impressioni. La prima cosa che ho notato, anche pensando ad alcune critiche lette sul Web in merito a certe storie recenti, è che, a parte la scazzottata con i cinesi all'inizio, la prima vera scena d'azione si ha a pagina 94 del secondo albo, cioè i nostri passano quasi 200 pagine a parlare, fare piani, fare spostamenti, eccetera. Non che sia un male, eh, intendiamoci, è solo un'osservazione a caldo per quel che riguarda i commenti ad alcune storie uscite negli ultimi anni (quasi tutti letti su Facebook). La seconda cosa che ho notato è che la premessa generale della storia mi pare un po' traballante: Tex e Carson arrivano a San Francisco una decina di giorni dopo la sparizione di Tom Devlin, e fin qui ok. Mike e Brennan li informano che ad avere notizie scottanti sul rapimento è Barbanera, il quale è al gabbio da circa un anno. E già qui viene da chiedersi come abbia fatto a saperlo, ma ok, magari viene spiegato. Poi arriva il momento del colloquio proprio con Barbanera e mi aspetto che Drake riveli in modo dettagliato come è entrato in possesso delle informazioni che ha. Invece tutto si risolve in un "in carcere si chiacchiera spesso e se hai un coltello puoi spremere un po' di gole" (ho sintetizzato). Boh, a me sembra che tutte le premesse narrative siano un po' deboli. Detto questo, la storia è briosa e ricca di situazioni e avvenimenti: ha ragione chi dice che è una commedia d'azione (d'azione da un certo punto in poi, diciamocelo) più in linea sullo stile di Indiana Jones di cui all'epoca era appena uscita la trilogia classica. La parte marinaresca con Barbanera di nuovo in azione è ottima e anche tutta la parte finale sull'isola magari può sembrare un po' sbrigativa, ma credo che Nizzi abbia volutamente strinto i tempi: giunto a quel punto, più che mettere in scena il canonico tiro al piccione con i Nootka non avrebbe potuto fare, quindi per me è un bene che abbia chiuso in maniera concisa. Villa in piena maturazione e sempre più vicino alle vette che raggiungerà di lì a pochi anni. Le pagine della caccia alla balena sono da annoverare nel suo palmares. Dovendo dare un voto, darei un 8 convinto. Ripeto che le basi della storia per me sono ballerine, ma l'avventura nel suo complesso è divertente, ricca di avvenimenti e con dei grandi disegni. Unica annotazione: io posseggo gli albi originali acquistati da mio nonno a suo tempo e ne "La mano nella roccia" ci sono una decina di pagine bianche, anzi, diciamo scolorite, sbiancate, usate il termine che volete. L'albo è stato conservato esattamente come gli altri, ma è l'unico a presentare questo difetto. Sapete se è un "errore tipografico" già noto all'epoca o, come più probabile, è il mio albo che ormai è da mandare al macero?
  20. Buonasera! Leggendo questa caterva di commenti mi è venuta la voglia di rileggermi "Fuga da Anderville" dopo oltre 15 anni dall'ultima volta per vedere che effetto mi avrebbe fatto. Devo dire che non l'ho trovata quel capolavoro che ricordavo, sarà che con gli anni sono diventato più esigente, ma una bella, anzi bellissima storia quello sì. Innanzitutto c'è lo scenario sempre affascinante della guerra civile americana: non sono d'accordo con il fatto che Nizzi non mostri la guerra, la mostra eccome, fa solo vedere cose diverse rispetto a quello che ha fatto vedere Bonelli in "Tra due bandiere": i campi di concentramento, l'atmosfera da crepuscolo degli dèi (viene detto che siamo nella fase finale del conflitto, con il sud ormai avviato all'inevitabile sconfitta), le piccole pattuglie di uomini induriti, la popolazione civile esasperata e incattivita, eccetera. I due cugini: se John è fin troppo stereotipato (buono e giusto in tutto, anche se non brilla d'intelligenza), Leslie si dimostra un personaggio più complesso con la sua fede per la Confederazione, ma che cerca di salvare il cugino internato ad Anderville. La figura di Tom. E poi, Ticci: superbo. Non so se ci sia lo zampino di Monti (qualche primo piano mi sembra suo), nel caso il "superbo" vale anche per lui. Qualcosa per me non gira per il verso giusto: qualche scelta contraddittoria (per dirne una: Tex che NON sfrutta la sua falsa identità nella scena della locanda dove Tom viene malmenato dal locandiere. Se avesse detto di essere un fornitore della Confederazione con il proprio schiavo nessuno gli avrebbe detto niente) e la scena della morte di Tom che non riesco a non considerare sbrigativa nella sua risoluzione e anche lo stesso Tex non ne esce benissimo. A parte questo, una lettura piacevolissima che mi ha riportato con la mente a una qualche domenica pomeriggio a casa dei miei nonni quando leggevo le centinaia di Tex che mio nonno aveva in casa (dico aveva perché poi vecchio cowboy, con il beneplacito di mia nonna che non li voleva più a occupare posto, li ha smollati a me e ancora oggi un po' se ne pente).
  21. Buongiorno! Onestamente questo Color non mi ha entusiasmato particolarmente. Intendiamoci, apparentemente c'è tutto: una trama solida con due personaggi davvero ben riusciti e un Kit Willer protagonista (in tutti i sensi: Tex e Carson sono, di fatto, due comprimari) e delle buone atmosfere noir (Ruju si è divertito e si vede), oltre che un'ambientazione originale. I disegni di Laura Zuccheri sono ottimi come sempre e io sono davvero contento che abbia ripreso a lavorare stabilmente su Tex. A questo punto dovrebbe esserci la consacrazione definitiva, no? E invece no, perché ho trovato il finale veramente fiacco e poco incisivo e una colorazione piatta (stile Color, nulla di nuovo) che per me ha impoverito il disegno della Zuccheri. Questo non è un discorso del tipo "colore sì/colore no", perché basterebbe leggere alcuni dei fumetti che Laura ha fatto per la Francia (vi consiglio "Le spade di vetro" in Italia pubblicato da Renoir) per vedere come una certa colorazione possa valorizzare un disegno e un'altra affossarlo. Altro aspetto che mi ha fatto un po' storcere il naso è il mancato sfruttamento dell'ambientazione: a parte un paio di brevissime scene, la presenza del Carnevale di New Orleans è un mero sfondo e poco più e la storia si sarebbe potuta ambientare ovunque e sarebbe cambiato poco. Una lettura per me discreta, insomma, un po' sulla scia di quasi tutti i Color lunghi usciti dopo "Delta Queen", l'ultimo che ho letto con grandissimo piacere e che ogni tanto ritiro fuori.
  22. Buongiorno! Letto il Bis, pur con qualche giorno di ritardo e ammetto di non esserne stato molto colpito. Ufficialmente è tutto nella norma: Tex che fa Tex, storia classicamente western senza troppi fronzoli, eccetera. Eppure non l'effetto è stato abbastanza asettico e mi fa dubitare ancor di più sul senso di un albo Bis. Spiego: finché parliamo di Nathan Never, Julia o Dylan Dog in cui le storie sono principalmente ad albo singolo allora abbiamo un albo in più che va ad aggiungersi alla collana e, pur con qualche aggiustatina (tipo la storia di Julia giovane) ha un suo senso. In serie come Tex (o Zagor), in cui le storie del mensile sono da due albi in su, la presenza del Bis mi suona come un impoverimento: il solito bianco e nero, il solito formato, il solito numero di pagine e, come se non bastasse, una storia normalissima che non giustifica la presenza del Bis. Questo, lo ripeto, a prescindere dal fatto che la storia in quanto tale sia buona (e in questo caso lo è), ma come albo extra non ha proprio ragione d'esistere. Dello stesso livello i disegni di Freghieri: erano e rimangono sempre un bel vedere, ma, sarà il formato standard, li ho trovati inferiori rispetto all'ottima prova mostrata sul Texone. Dovendo dare un turpe voto, darei un 7 perché la storia in quanto tale si difende bene. Siamo comunque lontani dall'ottimo "Agente indiano" dell'anno scorso.
  23. Addirittura, troppo buono! Purtroppo, e parlo per esperienze personali, in questi casi vige sempre il famoso detto "Tra il dire e il fare c'è di mezzo E IL" perché uno magari vorrebbe fare questo e quello, poi però deve fare i conti con la realtà e magari si rende conto che certe cose non sono realizzabili. Non per lui e/o non subito. Va detto che di quello che può o non può fare la Bonelli io non so un tubo perché al massimo posso vantare una visita in redazione nel 2018 e basta. Più che fare qualche ragionamento ipotetico non posso fare e, ovviamente, lo faccio con la consapevolezza che non ha nessuna attendibilità e che la cosa migliore è aspettare, continuare a leggere ciò che mi piace e vedere cosa succede.
  24. Buonasera, Un sacco di stimoli interessanti, provo a mettere giù qualche punto: 1) I manga: definirli prodotto per decerebrati è quantomeno esagerato. Diciamo che ci sono ANCHE dei manga così, ma è quello che succede quando gli editori si buttano sulla strategia del "ndo cojo cojo" e inondano il mercato con fantastiliardi di prodotti: è chiaro che nel calderone c'è roba che uno si vergognerebbe a leggere, ma il discorso analogo vale per i cataloghi originali di Netflix e Prime Video o per la letteratura. Ricordo ancora di quando esplose la mania del giallo svedese in seguito al successo della trilogia di Millenium di Stieg Larsson: di botto il mercato venne invaso da giallo/thriller scandinavi di dubbio gusto, ma dubito che in mezzo non ci fossero anche dei buoni prodotti. 2) Il digitale: di solito con le previsioni non ci prendo mai, quindi non so dire se la transizione quasi totale al digitale avverrà per davvero, se i due mercati si affiancheranno in modo più o meno paritario o se resterà una nicchia, per quanto attiva e rumorosa. Quel che immagino per certo è che nei primi due casi per un'azienda come la Bonelli il digitale è problematico da gestire. Fingiamo che Bonelli venda SOLO in digitale: facendo un calcolo estremamente grezzo e impreciso, mettiamo che un singolo albo venga venduto a 1 euro (0,99 cents, si sa come funziona). I costi di stampa non esisteranno praticamente più, ma il costo delle tavole, dei redattori, dei grafici, eccetera, rimarrà uguale. Quante copie digitali dovrà vendere Bonelli per essere in pari con quanto ricavava in precedenza dalle vendite degli albi se questi verranno venduti a 1/4 del costo originario? Affinché venga raggiunto il pareggio TUTTI i lettori attuali dovranno convertirsi al digitale (per me non c'è alcun problema perché ho già l'e-reader, per molti altri la vedo difficile) e in più se ne devono prendere molti altri: il doppio, forse il triplo. Se oggi Tex vende 150.000 copie (cifra buttata lì), con un digitale totale ne occorrerebbero 300.000 IN PIU' per ottenere gli stessi introiti (al netto dell'abbattimento dei costi di stampa). Dove si trovano questi 300.000 in più? Un discorso analogo si può fare anche per una eventuale serie nuova da leggere esclusivamente sul web. E questo ci porta al punto 3. 3) Bonelli 3.0: quando qualcuno dice che Bonelli dovrebbe aggiornarsi in termini di strategie di marketing, di comunicazione, che dovrebbe puntare sulla multisettorialità e su prodotti replicabili e vendibili su vari mercati io sono d'accordo al 100%. In teoria. Nella pratica mi chiedo: ma Bonelli ha i mezzi per un'operazione di questa portata? Non si tratta di aprire una pagina Facebook per ogni serie, si tratta di ri-pianificare TUTTA la strategia aziendale nel medio-lungo termine. A parole sembra facile, nella realtà ci sono un numero infinito di ostacoli dettati da mille fattori che possono ridimensionare o far sbandare tutto. Diceva quel tale che dal sublime al ridicolo c'è soltanto un passo e aveva ragione da vendere.
  25. Buongiorno! In qualità di quasi-ex-giovane (compirò 32 anni a ottobre) e di quasi-ex-lettore di manga (quando One Piece sarà finito lo diventerò ufficialmente), mi sento di dire la mia in merito agli ultimi commenti e magari dare un piccolo contributo. (chiedo scusa se parte il pippone) La mia biografia fumettistica è la seguente: ho iniziato leggendo letteralmente di tutto come Topolino, Zagor, Il comandante Mark, qualche Tex sparso (che da bambino mi piaceva poco) e qualche manga come Dragon Ball. Nell'età dell'adolescenza le letture erano fondamentalmente divise in due: vari manga e qualche Bonelli. Pian piano, i Bonelli e qualche altro autore come Pratt, Manara e Crepax hanno preso il sopravvento al punto che oggi di manga leggo solo One Piece, cioè una volta ogni tre mesi circa, per il resto solo roba nostrana o francese. I manga che leggevo una volta o sono finiti o si sono interrotti da anni, mentre i nuovi non mi interessano. Da quasi-ex-lettore di manga (One Piece, L'attacco dei giganti, Berserk, Alita, Vagabond fra i principali) posso dire che quello che mi attirava inizialmente erano sì le trame avvincenti e le ambientazioni fantasiose, ma ciò che affascinava me e, per testimonianza diretta, i miei coetanei del periodo e ci convinceva a continuare a leggere quei fumetti era il fatto che i protagonisti fossero spesso degli adolescenti che crescevano e maturavano nel tempo man mano che proseguiva la storia e facevano esperienze di vita. Esattamente come accadeva a noi a 15/16 anni. Gatsu di Berserk è un ragazzo chiuso, scontroso e incarognito con il mondo, poi l'inserimento in un gruppo di compagni lo porta a crescere e a sentirsi parte di una comunità (ho semplificato scandalosamente, andatevi a leggere il fumetto); Mikasa de L'attacco dei giganti all'inizio è chiusa e repressa emotivamente a causa di un trauma infantile, poi lo supera e si apre alle altre persone; Usop di One Piece è un bugiardo fifone con complessi di inferiorità che, spronato dai compagni, trova le proprie qualità, le coltiva e le fa crescere. Sono questi personaggi imperfetti, acerbi e in divenire che popolano i manga e sono personaggi che crescono e cambiano, pur rimanendo sempre loro, esattamente come fanno gli adolescenti ed è per questo che risultano così affascinanti per quel target. Poi iniziano le esperienze di vita vera ed è il lettore stesso che cresce e matura e pian piano abbandona certe letture perché è andato avanti. A volte le abbandona del tutto, e io conosco gente che ha riempito la casa di manga per anni e adesso si legge al massimo la fattura del commercialista, oppure passa ad altro. Tex, ma in generale tutta la Bonelli, non offre personaggi di questo tipo: o meglio, quelli che cambiano e si evolvono sono casomai i comprimari della singola storia. Tex e i pards sono così, hanno il loro carattere e non cambiano più. Il che, per me, VA BENISSIMO, io non voglio che Tex cambi personalità e parta per un viaggio in montagna in cerca di se stesso, voglio che rimanga così com'è. Nei limiti del possibile dettati dalla rotazione degli autore, ma che non diventi un bounty killer! Però i manga hanno quest'arma in più: propongono dei protagonisti che sono in qualche misura uguali a loro e li inseriscono in un contesto fantasioso e non convenzionale. I lettori vengono attratti dal contesto del fumetto, e ci sta, ma se rimangono per 10, 50, 100 numeri, è per i personaggi. Ergo, i lettori di 15/16 anni in larga parte non leggono Tex perché non gliene frega niente: io stesso ricordo che da ragazzo provai a convincere alcuni amici (lettori di manga) a leggere Tex dicendo che era disegnato benissimo e che aveva storie avvincenti. Il tenore dei commenti fu il seguente: "Indiani e cowboy? Bah!" Da lì ho capito che quella del venditore non sarebbe stata la mia strada, ma ho capito anche che la percezione (che sia del tasso di criminalità, del clima o dei fumetti Bonelli) è il male del mondo e che per cambiare la percezione dei lettori o, più in generale, dei consumatori ce ne vuole. Significa investire una barca di soldi in marketing e comunicazione senza avere la certezza di un ritorno economico, roba che in tempi come questi ci vuole un gran coraggio a fare. Che poi, a ben vedere, la Bonelli a intercettare il pubblico degli adolescenti ci ha provato con Dragonero Adventures, 4Hoods e Creepy Past. Sono passati anni, ma secondo me in redazione ancora piangono al pensiero dei soldi che hanno buttato dalla finestra.
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