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TWF - Tex Willer Forum

Leo

Ranchero
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Tutto il contenuto pubblicato da Leo

  1. Già nel mio post iniziale avevo citato una storia di Ruju, di cui peraltro serbo, come d'altronde per El Supremo, un buon ricordo, e cioè La Pista dei Forrester. Il vilain Ramirez vive in un fortino tipo quello di Carrasco, in Messico, con tanto di torretta con le vedette e solide mura. Da quel ranch, apparentemente inespugnabile, i fratelli Forrester riescono a fuggire scavalcando con i cavalli un muricciolo basso, del tutto fuori contesto in quello che fino a quel momento era parso un ranch-fortezza. Lì per me Ruju non sapeva come cavare i Forrester dai guai e ha provvidenzialmente ridotto a muretto quelle che erano solide mura difensive. Mi potrai dire che non rientra nella categoria 1, nel senso che non è impossibile ma che è solo improbabile che un ranch-fortino così ben difeso avesse un punto così gratuitamente vulnerabile. Tuttavia, al di là della categoria di appartenenza, gioco che ho proposto io stesso ma al quale non mi ci voglio impiccare, ho trovato la scena poco credibile e poco coerente col contesto prospettato fino a un momento prima. Questi elementi mi piacciono poco, e sì, sono consapevole di essere sfracellamaroni come ho già detto più volte. Altro francamente non mi viene in mente. Un po' sicuramente per la labilità della mia memoria, ma un po' anche per merito della testata, che resta sempre sostanzialmente robusta nelle trame proposte.
  2. Sono andato a rivedere la scena in questione. Kit non divelle la grata ma ci si aggrappa con la corda dopo che è stata divelta. Questo non mi era andato giù. In effetti nella scena lo stesso Kit pensa che, tirando con la corda verso l'esterno, le sbarre dovrebbero restare incastrate, "o almeno me lo auguro", dice nell'ultima vignetta. Rileggendola così, con lo stesso dubbio che si pone Kit, non mi pare più così inverosimile questa scena: il giovane Willer non aveva molte scelte, e confidava che le sbarre si sarebbero incastrate e avrebbero tenuto. Faccio mea culpa, quindi, mi dispiace averti provocato un'incazzatura per superficialità Anche per te il Texone di Faraci, in quella scena, è risultato indigeribile. E' chiaro che molto dipende, come tu dici, da ciascuno di noi, dal grado di accettazione di ognuno, ma io credo (e magari mi sbaglio) che possano individuarsi dei parametri più o meno oggettivi per "pesare" una storia. E molta della sua qualità passa dall'essere credibile. Dal saper proporre situazioni plausibili, o almeno dal saper giustificare imprese eccezionali con una costruzione solida delle situazioni (come accade ne Gli Invincibili, dove i nostri nel fortilizio di Carrasco riescono nella loro impresa grazie ad un valore che ci viene mostrato, mentre nel caso di Faraci non si vedeva niente se non il novello Rambo invulnerabile). Dissento parzialmente, caro Sam C'è un 'altra categoria, a cui credo di appartenere: gli esigenti. Io voglio divertirmi a leggere, ma la lettura deve sapermi divertire. E per saperlo fare deve proporre situazioni credibili. Faccio un altro esempio, e mi dispiace che in mezzo ci sia il solito Faraci, sfortunato su Tex ma per altri versi un solido professionista: la prima storia su Bowen. La scena in cui Bowen vuole ammazzare i proprietari del suo vecchio ranch, oppure la sequenza finale, in cui tutti si ritrovano in un unico posto solo perché l'autore ce li ha portati là, di peso, ad un mega appuntamento il cui unico scopo è far finire la storia con la resa dei conti: nella prima scena, c'è una totale incoerenza del personaggio. Sembra un uomo navigato, rotto a mille esperienze, che senso ha voler uccidere l'acquirente del tuo vecchio ranch, come avesse fatto a te chissà quale torto? Nell'ultima scena, invece, si vede la longa manus dell'autore, che invece deve essere invisibile, non si deve nemmeno scorgere, in una storia. Tutte le avventure finiscono con una scena finale e una resa dei conti, solo che queste devono arrivare con naturalezza, senza spintoni da parte del deus ex machina-autore. E qui ne approfitto per riparlare ancora de La Rupe del Diavolo: Quello che fa Nizzi è normale, ma io continuo a vedere una sproporzione tra azione e motivazioni. Gli indiani si sottopongono a una mattanza evitabilissima, che a mio parere incide sulla bontà della storia. E' un allungamento di brodo ottenuto tramite una scena poco plausibile. I Siksika avrebbero potuto ritirarsi, i tuoi messicani no. I tuoi messicani si trovano coinvolti in una mega-sparatoria all'interno di uno spazio circoscritto, sulle prime hanno anche il vantaggio del numero e della mitragliatrice, le cose per loro si mettono male solo dopo e comunque progressivamente, non da subito. Il paragone per me non ci sta. *** In conclusione, per me la storia deve essere credibile. Indiani che si fanno ammazzare a gogo non lo sono, o lo sono fino a un certo punto. I personaggi devono comportarsi in maniera coerente. Bowen è un mezzo matto o un individuo razionale? Se rientra nel secondo caso, non puoi propormi una scena in cui cerca di ammazzare uno gratuitamente per un presunto e risibile torto subito. La credibilità è la caratteristica che io cerco nelle storie di Tex. Sennò non mi diverto. Il rispetto della Storia? Fino a un certo punto. Che Tex abbia incontrato vari personaggi del West in periodi in cui i loro omologhi della realtà erano già morti, questo non mi tocca. L'universo texiano può ben prendersi qualche libertà, il suo West è un mondo a parte rispetto al reale ottocento americano. Me ne infischio che le patatine all'epoca di Tex non esistevano ancora, mentre apprezzo - anche se non ne faccio una questione di Stato - se i Seminoles vengono rappresentati con i loro costumi. L'accuratezza è sempre da premiare, è un valore aggiunto che permette al lettore di unire l'utile al dilettevole. La verosimiglianza? Qui entriamo nei gusti personali, o anche in questioni di opportunità. Io credo che il lettore medio di Tex non è il lettore di Zagor, e ama leggere storie verosimili. Questo non significa che, qualche volta, non possano introdursi elementi fantastici. Ho applaudito l'ultima di Manfredi, Colorado Belle è la mia terza storia di sempre, Omicidio in Bourbon Street è una bomba. Mi è piaciuta molto anche quella di Apikern. Però non bisogna abusarne, a mio parere questo tipo di storie si deve dosare con una certa parsimonia. Assolutamente d'accordo.
  3. Mi dispiace averti irritato. Però ho premesso che El Supremo resta comunque una bella e importante storia e, soprattutto, che il mio modo di leggere è da sfracellamaroni. Non riesco a controllare prima di stasera e non posso escludere a questo punto di ricordare male. Solo che la cosa mi è rimasta impressa e per questo l'ho riportata. Stasera potrò verificare. Per rimediare, ti dico che sto per ordinare il tuo capolavoro di Deadwood Dick cartonato, e consiglio a tutti di farlo perché non c'è prezzo che tenga, è un'opera eccezionale sia da un punto di vista grafico che per i testi, semplicemente magnifici. Ho rimediato, almeno un po'?
  4. Sospensione di incredulità. Ricorrere troppo a questo "patto" con il lettore a mio parere riduce il valore delle storie. Questa "complicità" che si richiede al lettore spesso consente all'autore comode scorciatoie senza le quali la storia non andrebbe avanti. Non dico che non si debba fare, dico che non se ne deve abusare. C'è da dire peraltro che la verosimiglianza può declinarsi in tanti modi e con diverse gradazioni fino a sconfinare nell'inverosimile dichiarato. Ymalpas vuole giustamente sentire le varie campane del forum. Dico la mia e per dirla sono costretto a ricorrere ad alcuni esempi: 1) El Supremo: una bella storia, importante, di quattro albi, una di quelle storie ambiziose che a mio parere garantiscono l'ottima salute della testata (perché tanti di noi siamo ancora qui proprio per le storie ambiziose che oggi solo Borden, ancora soltanto lui, sa regalarci). Ebbene, nella storia in esame c'è una scena in cui Kit Willer divelle una grata in un modo impossibile per le leggi della fisica. Una scorciatoia che consente al figlio di Tex di venir fuori da una situazione senza uscita. Scene del genere, è più forte di me, non riesco a digerirle: perché mettere i protagonisti spalle al muro, se poi non ne possono uscire se non con una forzatura? Sono esagerato? Sì, ma questo è il mio modo di leggere. Non sopporto le scene impossibili, mi fanno considerare viziata la storia. La stessa cosa mi è accaduta con una storia recente di Ruju, in cui i nostri riescono a fuggire da un fortilizio tipo quello di Carrasco semplicemente scavalcando il muro di cinta con i cavalli! Anche quella, per me, è una storia irrimediabilmente viziata. Lo so, sono uno sfracellamaroni. CATEGORIA: IMPOSSIBILE 2) Capitan Jack: Tex è in una situazione disperata. Decide quindi una sortita suicida in cui, alla Rambo, si getta tra gli avversari mietendo vittime con due pistole, una per mano. Non c'è tattica, non c'è strategia, c'è solo Tex Rambo che conta sull'invulnerabilità conferitagli dall'essere il protagonista della testata. Il Tex di Faraci SA che non può morire: per questa ragione non è credibile, è un personaggio di cartone, una marionetta nelle mani dell'autore. In questo caso non c'è una scena impossibile, ma solo tremendamente improbabile. Non mi piacciono nemmeno queste. Meglio del punto 1, ma comunque non soddisfacente. CATEGORIA: POSSIBILE MA INVEROSIMILE (può esistere una categoria simile? ) 3) La rupe del diavolo: è credibile che dei ladroni, quali sono i Siksika, si intestardiscano così ad assaltare l'imbarcazione? Ci deve essere equilibrio tra azioni e motivazioni: se questo non c'è, come in questo caso, gli avversari sono come quegli omini dei videogames che, ucciso uno, ne esce fuori subito un altro, e così via fino a una strage infinita. Se gli indiani stanno combattendo per difendere le proprie famiglie e la propria terra allora ci sta che si lancino in imprese disperate; non però in questo caso, ragion per cui la storia non può passare indenne ad un giudizio più attento. La sequenza, per quanto possibile in linea teorica, è molto improbabile per le motivazioni sottese all'attacco: è quindi, per dirla alla Ymalpas, "superata e biasimevole". CATEGORIA: POSSIBILE MA IMPROBABILE; l'improbabilità inoltre non serve a mettere in risalto i pards e sembra generata da un "tirar via" dell'autore. 4) Sfida sulla sierra: quoto @pecos: "È credibile o verosimile? Certo che no, è una situazione estrema!". E' altamente improbabile, quasi impossibile: siamo più o meno al punto 2. Ma qui, come ben dice pecos, la scena è talmente ben gestita che quella "quasi impossibilità" è funzionale a far risaltare l'elevatissimo valore di quegli eccezionali combattenti che sono sia i nostri pards che gli irlandesi. I nostri vincono perché sanno muoversi, a un certo punto si impossessano della Gatling, riescono a asserragliarsi in alcuni edifici, e comunque, molto verosimilmente, pagano anche loro un non trascurabile tributo di sangue, in termini di compagni caduti. Ecco che per me la sequenza diventa formidabile, perché verosimile nell'eccezionalità dei pards (diverso è il caso di Faraci, che fa uscire Tex totalmente allo scoperto a fare bang bang). CATEGORIA: POSSIBILE MA IMPROBABILE; in tal caso però l'improbabilità mette in risalto i pards ed è gestita in maniera tale da apparire tutto sommato credibile. 5) Colorado Belle (o Omicidio in Bourbon Street): Per come sono costruite, non hanno la pretesa di essere verosimili. L'idea di fondo le fa annoverare tra le storie di Tex che volutamente sconfinano nel fantastico. Non sono frequenti, ma fanno parte della tradizione texiana. CATEGORIA: DICHIARATAMENTE INVEROSIMILE. Detto ciò, per il mio modo di essere lettore io non sono contento delle prime tre storie mentre promuovo a pieni voti le altre due (o tre). Ragion per cui io mi aspetto, per il futuro, un Tex calato in contesti verosimili, che si muova anche in condizioni estreme ma in cui sappia muoversi, con strategia e senza rambate. NO quindi al Tex Rambo che sa di non poter morire, NO agli avversari da videogiochi, NO a sequenze palesemente impossibili. In qualche circostanza, ma solo una volta ogni tanto, mi piace lo sconfinamento nel fantastico, come la storia di Apikern o l'ultima di Manfredi sulla signora dei vampiri. Certo, i dinosauri e i vichinghi non credo che oggi li digerirei, come non ho digerito La città nascosta faraciana: idee che personalmente reputo bislacche, al di là dell'inverosimiglianza o meno. Cosa diversa, infine, è l'aderenza storica. Se si cala Tex in un contesto storico (i Seminoles, la Guerra Civile) tendenzialmente pretenderei aderenza e accuratezza storica.
  5. Leo

    [714/715] La rupe del diavolo

    Questa è una paura anche mia. E un problema che andrebbe risolto sin da ora, anche se non è semplice... La scrittura di Borden ha davvero quel quid in più. È una scrittura che ho piu volte definito calda e appassionata. Si vede che lo scrittore si diverte nello scrivere e si diverte in modo diverso da come sapeva fare Nizzi: quest'ultimo si divertiva a mettere Tex al centro di una girandola di avventure e a farlo parlare come faceva Glb con dialoghi e battute altrettanto se non più gustosi; Boselli invece, che a mio parere nel linguaggio texiano sta un gradino sotto a Nizzi, si diverte a imbastire storie con personaggi memorabili e dialoghi intensi: penso in questo momento non solo ai suoi capolavori, ma anche alle sue storie minori, come ad esempio L'ultima diligenza, Il Fuggiasco, la comunque molto glbonelliana La Lunga Pista, la splendida Montagne Maledette o Morte nella nebbia. Missouri e Vegas per me sono già vicine al capolavoro e non parliamo nemmeno poi delle sue marcelliane o di Colorado Belle. Un nuovo, salvifico, soffio vitale ha investito Tex, come accadde anche a Zagor, da quando Bonelli e Canzio chiesero a Boselli di provare a scrivere per Tex. Speriamo che il miracolo si ripeta.
  6. Leo

    [714/715] La rupe del diavolo

    Io direi che se lo dice Tex (perché Borden è Tex, o meglio il miglior Tex, da circa venticinque anni a questa parte), allora il discorso può considerarsi chiuso
  7. Leo

    [714/715] La rupe del diavolo

    Capisco il concetto, ma una cosa è una scena del genere, un'altra l'utilizzo di una parola. Lo "scusatemi" che ti scandalizza poteva benissimo essere censurato da Borden, visto che si tratta solo di una parola. Ma proprio perché è solo una parola, probabilmente giustifica il fatto che neanche il curatore ha dato tanta importanza alla cosa no? Questo è un errore, siamo d'accordo. Ma non la farei tanto lunga comunque: la notte precedente avevano vigilato e non era successo niente.
  8. Leo

    [714/715] La rupe del diavolo

    Ragazzi, quanto a lettore pignolo io penso di poter meritare almeno il podio. Ma in quel caso Tex fa la commedia, fa la com-me-dia, sono scuse fittizie, è il gatto che gioca col topo. Ma veramente ne stiamo parlando da cosi tante pagine?
  9. Leo

    [714/715] La rupe del diavolo

    Ma Carlo ha spiegato che la sceneggiatura viene mandata prima al curatore e poi al disegnatore: quindi può trattarsi di una scelta narrativa di Nizzi su cui Boselli ha cambiato idea in seconda battuta o anche, chissà, un errore del disegnatore rettificato poi in questo modo?
  10. Leo

    [714/715] La rupe del diavolo

    Mi sono perso l'altro topic. Ti chiedo la cortesia di segnalarmelo o di dirmi quali furono le sue risposte.
  11. Leo

    [714/715] La rupe del diavolo

    Francamente mi sembra la si stia facendo un po' troppo lunga su questa storia. Gros-Jean chiama i pards perché un origlione (sempre lui!) ha sentito cose imprecisate che dovrebbero avvenire ai danni della nuova compagnia fluviale. Cosa non si sa né si sa quando. I nostri passano la notte precedente alla partenza nell'imbarcazione, probabilmente pensando che quello sarebbe stato il momento dell'attacco, non immaginando che il sabotaggio (con annessa strage, elemento IMHO poco credibile e molto forzato) sarebbe avvenuto durante la traversata. Tex e pards vengono quindi sorpresi, ma le scuse sono, come ben dice Grande Tex, solo un modo per depistare i banditi. Possiamo lamentarci del clima troppo vacanziero con cui i nostri pards hanno affrontato la traversata notturna, ma le scuse sono solo funzionali a non allarmare i criminali per poterli poi fregare agevolmente poco dopo. Aggiungo che nemmeno a me piacciono gli indiani da videogame, che fanno a gara per farsi ammazzare. Né penso che questi fossero mossi da particolare furore "nazionalistico" nei confronti della tinozza sull'acqua. L'aspetto in questione non è quindi piaciuto molto neanche a me, come anche ne L'Assedio di Mezcali. Sono, questi, particolari importanti nel mio personale metro di giudizio sulle storie che leggo, e infatti siamo di fronte a mio parere a due storie non indimenticabili. Però non sono nemmeno così scandalose come qualcuno afferma: ci sono in esse scelte poco felici, ma ad esempio ho letto con più piacere entrambe le avventure rispetto a una "Braccato", e sono ben conscio che nella narrativa seriale ogni tanto dobbiamo trangugiare calici non troppo squisiti. Non possiamo leggere tutti i mesi Colorado Belle, non sarebbe un fumetto mensile sennò.
  12. Leo

    [530/533] Athabasca Lake

    Ovviamente non ero a conoscenza della cronologia della redazione delle storie e anzi faresti opera meritoria se la pubblicassi sul forum. Tuttavia, mi piace pensare che Nizzi, non nello sfacelo ma magari un po' in difficoltà, abbia pensato al Grande Nord vedendolo come un suo personale porto sicuro, un approdo a cui aggrapparsi per sfornare, dopo anni di storie così e cosi, qualcosa di nuovamente ambizioso.
  13. Leo

    [530/533] Athabasca Lake

    La penso come te: qui ha voluto andare sul sicuro. Visto che sto mostrando la corda - si sarà detto, perché ne era assolutamente consapevole - fammi tornare tra i laghi e le foreste canadesi, che lì mi muovo come fossi a casa mia. Nizzi in questo tipo di storie è imbattibile. Quando ci sono di mezzo politicanti e militari si diverte un mondo.
  14. Leo

    [530/533] Athabasca Lake

    Quoto tutto. Oggi, dopo essermi fatto il bagno stamattina nelle Rapide del Red River, ho voluto fare, già che ero da queste parti, una gita lacustre sull'Athabaska Lake. Ciò che mi ha più impressionato è che questa lunga storia (ben 4 albi!) venga poco dopo I Fratelli Donegan: cioè dopo un picco così basso Nizzi poté riscattarsi con un'avventura delle sue. Non c'è da esagerare: questa è soprattutto una storia di mestiere, con poca ispirazione, ma mestiere ce n'è talmente tanto da doversi proprio togliere il cappello in segno di omaggio. C'è poco da fare: nel grande Nord, Nizzi si è sempre divertito e di conseguenza ha fatto divertire noi lettori. Penso che continuerò con altre storie nordiche, anche se le conosco e le ricordo tutte piuttosto bene. Per me, Nizzi ha dato un robusto contributo nel proporre questo tipo di storie, anche se alla fine è toccato a Boselli scrivere quella che io reputo la migliore tra esse, con I Territori del Nordovest, che personalmente preferisco anche a Sulle piste del Nord. Curiosamente, secondo me Boselli ha scritto anche la più brutta di esse, sono indeciso per la verità tra Winnipeg e Alaska, quasi che volesse racchiudere, con i due estremi, il meglio e il peggio di un contenitore gravido di suggestioni qual è quello del grande Nord nella saga texiana. Boselli per me ha sbagliato pochissimi colpi nella sua lunga carriera, e tutti noi texiani dobbiamo essergli grati, tra le tante altre cose, per quell'autentico gioiello rappresentato dal suo primo maxi con grandi protagonisti Jim Brandon e Red Duck, ma poi il Nord non gli ha portato troppa fortuna, mentre Nizzi, a queste latitudini, anche nei momenti più bui ha sempre mantenuto un rendimento più che sufficiente, come conferma anche la storia attualmente in edicola La Rupe del Diavolo.
  15. Leo

    [343/346] I Predatori Del Grande Nord

    Nizzi cita West Fork ne La rupe del Diavolo? E io me la vado a riprendere e la rileggo dopo qualche anno. Storia molto glbonelliana, mi torna in mente l'aggettivo che spesso Carlo Monni usa per Nizzi: scrittore di maniera. Qui non c'è nulla di originale. C'è, su un soggetto abbastanza ridotto all'osso, una sequenza di avventure che tengono col fiato sospeso e una varietà di personaggi funzionali solo ad essere sconfitti da Tex. Per questo, per i miei personali gusti, non parlerei di capolavoro per una siffatta storia, che ha però l'indubbio merito di divertire, e tanto. Le rapide del Red River, la scalata successiva in cui i pards che restano sotto vivono terribili momenti di ansia, la scena alla locanda di Morisse, il piano ottimamente congegnato da quel bel cattivo che è Lou Cadill, la bella figura dell'avventuriero greco Tanakis sono tanti momenti di una storia che fila che è un piacere, supportata dalle non poche ma sempre gustose pause di ironia che scandiscono l'intera vicenda, con dialoghi al solito (per il Nizzi di quegli anni) spassosissimi. Per me questa è una storia paradigmatica della cifra di Nizzi: non grandi soggetti, interesse scarso per i personaggi di contorno, che sono solo funzionali alla storia e non approfonditi, ma sceneggiature avvincenti e dialoghi divertenti. Preferisco, l'ho detto mille volte, lo stile di Boselli e la sua scrittura appassionata, ma riconosco che storie come questa sono quelle che hanno fatto la fortuna editoriale del ranger, perché fanno divertire l'intera platea dei lettori, sia quelli più sofisticati che quelli che vogliono leggere senza lambiccarsi troppo il cervello. E' evidente, infine, quanto in questa storia si sia divertito anche l'autore, e quanto Nizzi fosse riuscito a "glbonellizzarsi", come nessun altro dopo di lui.
  16. Leo

    [714/715] La rupe del diavolo

    Io mi sono accorto di Canzio nel n.401, così come di Medda e di Boselli. In quegli anni quindi sicuramente ci ho fatto caso. Vi svelo un segreto: quando ho letto per la prima volta Il Passato di Carson, verso metà del primo albo ho storto il naso: storia troppo complicata, chi si crede di essere, sto Boselli? Giuro che ho pensato così! Mesi dopo, era una giornata bellissima e io dovevo giocare a calcetto (bei tempi ). Avevo un paio d'ore di libertà, mi stendo sul letto e riprendo quegli albi, gli unici degli ultimi mesi che non avevo ancora letto. Non avevo la migliore disposizione d'animo, memore del mio tentativo di mesi prima... e vabbé, mi dico, rileggiamo sto autore presuntuoso e un po' contorto...il resto è storia
  17. Leo

    [714/715] La rupe del diavolo

    Ma io non parlo di eta, come invece ha fatto Navajo warrior. Nemmeno io fino a metà anni '90 ci ho mai fatto caso. Poi però sono cresciuto, anche come lettore. Altri invece non sono cresciuti mai, leggono Tex con la stessa ingenuità dell'infanzia, ma per me questo approccio alla lettura non rende giustizia allo sforzo degli sceneggiatori.
  18. Leo

    [714/715] La rupe del diavolo

    Anch'io conosco alcuni lettori che non sanno chi siano autori e disegnatori. Ma non credo siano i migliori. Leggono Tex per il puro piacere di leggerlo ma se gli chiedi quale storia li abbia colpiti di più hanno scarsi ricordi. Leggono per vedere Tex e il West, la storia è poco importante. Non sono senz'altro questi i lettori migliori, per me. Quando Boselli, negli anni '90, cominciò a scrivere storie ispirate, non si rivolgeva al lettore che si sorbisce qualunque cosa, ma destinava i suoi sforzi a un pubblico che riconoscesse l'originalità del racconto e l'apprezzasse (come fa ancora oggi). Leggere il nome "Nizzi" del post 2000 sul tamburino, invece, almeno a me faceva venire l'incazzatura: due o tre mesi senza Tex, mi dicevo! Se tutti fossero stati come me, e avessero magari protestato con l'editore (cosa che peraltro io non ho fatto...) chissà che non ci saremmo risparmiati noi e non avremmo risparmiato al personaggio mesi e pagine di storie inutili. Lo stile dei due autori era riconoscibilissimo e l'uno non poteva non destare biasimo quanto l'altro invece entusiasmo. Non farsi problemi sul nome dell'autore è indice di lettura superficiale per me. Che poi alcune storie di Nizzi potevano pure risultare riuscite. Ma con quel nome sul tamburino le premesse non erano promettenti. Con quell'altro nome, "Boselli", potevo apprestarmi a sognare una storia potente o bella, come spesso accadeva. Il nome sul tamburino è importante. Chi non ci fa caso è un lettore più naif.
  19. Leo

    [714/715] La rupe del diavolo

    Ah ok scusa Carlo, avevo confuso i due post anche perché ho letto la storia tardi e quindi ho dovuto leggermi velocemente 9 pagine di topic.
  20. Leo

    [714/715] La rupe del diavolo

    Le ho lette ma, se ho capito, Borden le ha bollate come "balle". Erano supposizioni peraltro argute e plausibili, ma evidentemente non rispondenti al vero.
  21. Leo

    [714/715] La rupe del diavolo

    L'inusualita sta in una sequenza obiettivamente più dilatata del solito e nelle due auto-citazioni a distanza di poche pagine. Nulla di particolare, come dici tu, ma mi piaceva pensare che Nizzi avesse scritto in in quel modo anche per strizzare un po' l'occhio ai "suoi" lettori (come in definitiva ha fatto)
  22. Leo

    [714/715] La rupe del diavolo

    Grazie per le risposte. In effetti l'incipit di questa storia è così inusuale che ho pensato che Nizzi volesse riannodare vecchi fili, e di conseguenza che questa fosse la sceneggiatura del suo ritorno.
  23. Leo

    [Texone N. 35] Tex l'inesorabile

    Contentissimo di leggerti anche qui, oltre che su Facebook. Bentornato!
  24. Leo

    [714/715] La rupe del diavolo

    Mi piacerebbe sapere, da @borden o dai sempre informati @Carlo Monni e @ymalpas, se questa storia sia la prima scritta da Nizzi dopo il suo ritorno. Se cioè la storia sia stata scritta prima del color Tex di quest'estate e prima dell'Assedio di Mezcali. Ho questo sospetto perché, nelle prime 30-40 pagine, Nizzi propone: - le consuete lamentele del vecchio Carson con le giunture arrugginite dopo il viaggio del treno (vecchio tormentone nizziano) - Carson crapulone e preso in giro (vecchio tormentone nizziano) - citazione di Athabaska Lake, Tex n.530 - poco dopo, citazione di West Fork, Tex n.343. Insomma, c'è l'insistenza dell'autore con i suoi vecchi cliché e ci sono ben due auto-citazioni in poche pagine, quasi a dire guardate quanto ho scritto, vi ho portato Tex nel grande Nord sia negli anni '80 che negli anni 2000, e ve lo riporto ancora oggi. Sembra proprio di leggere non pagine di una storia, ma il racconto di una rimpatriata tra amici perduti e finalmente ritrovati, e cosa c'è di meglio che andare in un bel ristorante tutti insieme a mangiare bistecche e patatine e a prendere bonariamente in giro il vecchio Carson? E per tutti insieme intendo tutti tutti, cioè anche l'autore e i lettori, tutti idealmente seduti a quel tavolo a scambiarci sguardi d'intesa per lo scherzo che tra poco subirà il Vecchio Cammello. Tutti invitati da quel vecchio e grande autore che è Claudio Nizzi, che indugiando sui tanti elementi del passato sta di fatto ricollegando una vecchia storia (la sua) ai tempi presenti. Per questo chiedo se non sia stata questa, la sua prima storia dopo il ritorno. Sarei contento, cari @borden @Carlo Monni e @ymalpas, se poteste rispondermi. Poco dopo, i nostri vanno a bordo della Belle Star. Tex e company ci vanno la notte prima, temendo che il sabotaggio sia organizzato prima della partenza. Non succede nulla, e la notte dopo sono rinfrancati; per questo, forse, abbassano la guardia. Quando Tex esce in mutande di notte lo fa per gli scossoni del battello, quindi per una causa che potrebbe essere imputata a un'anomalia nella navigazione (avaria del battello, banchi di sabbia, ecc.) più che a un intervento umano: per tale ragione, non trovo scandalosa la scena delle mutande, dalla quale Tex esce d'altronde benissimo, mettendo fuori combattimento rapidamente i sabotatori. L' "odissea" che ne segue è poi il seguito onesto di una buona storia, che si farà ricordare se non per altro per la suggestiva ambientazione del Grande Nord, tra bracci di fiume e paludi e rupi del demonio e gole vertiginose che si prestano ad agguati, splendidamente resi dal sempre grande Mastantuono. Bentornato vecchio leone.
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