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ymalpas

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  1. ymalpas

    Articoli Su Tex

    TEX, L'ARCITALIANO L'eroe di Bonelli e Galep ha compiuto 60 anni Il più grande italiano a fumetti è texano e vive in Arizona, dove è agente indiano, capo dei Navajos e ranger del Texas (da buon italiano accumula cariche diverse). Tex Willer compie sessant?anni: è infatti il 1948 quando arriva in edicola un albetto in formato striscia diverso dal familiare formato ?gigante? adottato un decennio dopo. E? scritto da Giovanni Luigi Bonelli e disegnato da Aurelio Galleppini (Galep). Il successo non è immediato, arriva davvero solo negli anni Sessanta con il passaggio al formato gigante. E ancora adesso vende più di duecentomila copie al mese, è il mensile di punta della Sergio Bonelli Editore (Sergio è il figlio di Giovanni Luigi), leader con la Disney del mercato italiano del fumetto. Tex è stato (scioccamente) etichettato come fascista negli anni Settanta per i suoi metodi poco garantisti, è stato amato da icone di sinistra come il sindaco di Bologna Sergio Cofferati, ma in realtà è soprattutto italiano. Un italiano diverso dal Sordi o dal Tognazzi della commedia all'italiana. Spesso i personaggi più famosi in un determinato Paese riflettono il carattere di un popolo: Superman, creato dagli ebrei desiderosi di assimilazione Jerry Siegel e Joe Shuster, è l'alieno (non a caso alien in inglese significa anche immigrato) che diventa più americano degli americani, potentissimo e al tempo stesso gentile, come è (o vorrebbe essere) la superpotenza Usa. Tex è quello che agli italiani piacerebbe essere: è invincibile, insofferente a ogni autorit?, rispettoso soltanto delle leggi che lui stesso si è dato, nemico di tutti i potenti, essenzialmente anarcoide. Lo stesso Bonelli, narratore di razza, ha detto ?Tex è un raddrizzatore di torti uso a dar ragione a chi ce l'ha, senza badare al resto?. Quando Tex pesta a sangue senatori corrotti, allevatori criminali, generali boriosi, realizza le aspirazioni segrete di molti lettori. Non ci sono donne accanto a Tex: la moglie, l'indiana Lilyth, figlia del capo dei Navajos, muore presto, fa il suo dovere di sfornare l'erede Kit e di renderlo il leader degli indiani Navajos che sono la sua famiglia, il suo clan, visto che da vero italiano Tex è familista. Cosè, privo di moglie rompiscatole (gli italiani possono dire di voler essere dei tombeur des femmes, ma in realtà amano soprattutto giocare con i loro amici) può andare in giro per l'America con la sua combriccola (i pards, li chiama lui), l'amico di sempre Kit Carson, il figlio Kit (copia più giovane del padre, ci chiediamo perchè non lo abbia chiamato Pier Tex) e l'indiano Tiger Jack a raddrizzare torti. E, facendolo, si diverte e diverte i lettori. Da sei decenni. Articolo di Stefano Priarone, Novembre 2008
  2. <div align="center"> L'americano Hal Foster è stato uno degli indiscussi e venerati maestri di Aurelio Galeppini. <div align="justify"> Vediamo di conoscerlo meglio, illustrandone brevemente la vita. Il suo nome completo era Harold Rudolf Foster ed era nato a Hallifax in Canada, il 18 agosto 1892. A 18 anni si guadagnava da vivere con incontri di boxe, ma già dai primi anni venti, allorch? si trasfer? a Chicago, inizi? a frequentare diversi corsi al Chicago Art Institute, alla National Academy of Design e alla Chicago Academy of Fine Arts, che gli permisero in seguito di lavorare come illustratore per alcune riviste e di realizzare poster pubblicitari. Quando nel 1929, Joseph Neebe acquisè i diritti per produrre delle strisce quotidiane di "Tarzan", scelse proprio Foster per disegnarne il primo episodio. Sette anni dopo, nel 1936, Foster cominciò ad essere stanco di illustrare le storie che gli venivano affidate e a sentire il bisogno di qualcosa di diverso: fu così che nel febbraio 1937 vide la luce il suo "Prince Valiant". Il personaggio conobbe un immediato successo mondiale, tanto che furono tratti dal fumetto anche diversi film! Gli splendidi disegni de "Il Principe Valentino" ( così era chiamato in Italia ) erano ambientati in un medioevo fantastico ai tempi di Re Art?. Il tratto fortemente realistico evidenziava un gusto da parte dell'autore per l'anatomia perfetta e per l'accurata documentazione storica, che gli permetteva una riproduzione fedele dei costumi e delle ambientazioni. Solo nel 1971, dopo ben 1789 pagine, Foster decise di abbandonare la serie e il fumetto fu portato avanti da John Cullen Murphy. Il pap? di "Prince Valiant" morir? di l' a poco, a Spring Hill, il 25 luglio 1981. <div align="center"> <div align="justify"> La vignetta che è riprodotta sopra ha ispirato Galep per la copertina del numero 101, intitolato "El Morisco". Galep, per alleggerire il gravoso carico di lavoro, non disdegnava di appropriarsi e quindi reinventare disegni altrui. In quegli anni eroici non si guardava con troppa sottigliezza all'originalità e al copyright, per nostra fortuna. <div align="center"> <div align="justify"> In questa copertina, Galep riproduce la stessa atmosfera magica e evocativa. La posizione delle mani del Morisco ricalca in maniera pressoch? identica quella del Merlino fosteriano. Anche il teschio e le ampolle sembrano coincidere perfettamente nei due disegni. Sul trespolo Galep disegna una civetta, Foster un altro rapace, ma la sostanza, in definitiva, non cambia. <div align="center"> <div align="justify"> Dei tanti maestri d'oltreoceano che hanno ispirato Galep, dobbiamo ricordare innanzitutto l'immenso Alex Raymond. Ma il contributo di Hal Foster nelle tavole di Tex non manca mai di sorprenderci. Gli scimmioni per esempio, che nelle storie di Gianluigi Bonelli, sono una presenza costante, cioè una presenza ostile e malefica. Per il Gombo di "Satania!" e il Tagliatore di teste de "La voce misteriosa", Galep ha avuto un modello impareggiabile da seguire. Foster gli ha indicato la via per rappresentare questi - mostri - dotati di una forza straordinaria, pari solo alla loro ferocia! Non a caso, nella vignetta di Foster campeggia in bella evidenza la parola - DEMONE - ! <div align="center"> <div align="justify"> Il primo Tex è un fumetto western che non disdegna la contaminazione letteraria. Bonelli è un ammirato lettore di romanzi di cappa e spada, che a un certo punto fanno capolino nelle storie del ranger. Galep, contaggiato dall'acuto senso di avventura che quelle sceneggiature traspirano, non esita a riprodurre antichi castelli medievali nei più disparati angoli dell'America ottocentesca. E Foster che di quel filone è l'indiscusso narratore per immagini, non può che porsi ancora una volta come modello ineluttabile di ispirazione. Le mura che vediamo in lontananza, nella vignetta sopra, ricordano quelle che custodivano i sogni destinati a infrangersi del Leopardo Nero, ovvero "Il grande re!". <div align="center"> <div align="justify"> Altre mura, diroccate, sono quelle che si ergono nella savana della Florida. Ricorderete tutti il castello di Mefisto e del Barone Samedi. Rivedetevi la copertina de "Il figlio di Mefisto" e guardate con attenzione questa immagine, impossibile non notare una certa affinit?! <div align="center"> <div align="justify"> In quella stessa storia, incubi e demoni si materializzano lasciando stupito il lettore per l'originalità della loro rappresentazione grafica. Ma ancora una volta c'è dietro lo zampino di Foster ( si vedano le pagine 40 e 41 dell'albo numero 125 ). <div align="center"> <div align="justify"> Il volto del Merlino di Foster ispira a Galep anche uno dei personaggi dei primissimi episodi, ovvero il Gran Sacerdote del Dio Sole, che appare nell'albo numero 15 intitolato "La montagna misteriosa", e i cui lineamenti non hanno nulla di indio, come fa notare giustamente Carlo Monni nella scheda di uBCfumetti: somiglia piuttosto ad uno stregone medievale e con i capelli lunghi e la fluente barba bianca ricorda molto da vicino un altro grande cattivo della serie, il Coyote Nero! <div align="center"> Il Gran Sacerdote del Dio Sole in una Cartolina di Claudio Villa. Copyright Tex Willer Forum esclusa la biografia di Foster, tratta e riadattata dal sito italiano di Wikipedia.
  3. ymalpas

    [581/582] Lo Sceriffo Indiano

    Vorrei chiedere a Faraci il perchè della scelta di un titolo come "La preda umana" per il secondo albo. E' già stato sottolineato che è lo stesso di uno storico albo di Zagor. E' una regola non scritta alla SBE quella di non riutilizzare gli stessi titoli, da qui una sorta di stupore generale tra noi lettori. Tito, puoi darci una risposta ?Ritornando alla trama, c'è un particolare interessante che riguarda la figura del giudice, un cattivo che spero ci regali qualche sorpresa, anche considerando il fatto che...
  4. Originariamente erano stati annunciati solo 30 volumi della Collezione Storica a Colori di Repubblica! Oggi si ipotizza la soglia dei 150 tomi!
  5. ymalpas

    Articoli Su Tex

    Tex, nella fabbrica delle storie del West di Stefano Rossi Repubblica è 28 gennaio 2007 L' editore Sergio Bonelli la definisce spesso "la fabbrica dei sogni". Una fabbrica con una sede immateriale, la rete di contatti fra sceneggiatori e disegnatori che creano le storie delle varie testate, e una sede fisica, gli uffici di via Buonarroti a Milano, dove i redattori verificano, controllano e correggono, sotto la supervisione del direttore generale Decio Canzo e dello stesso Bonelli, che legge ogni singola pagina di ciascun albo. Per Tex la lavorazione è particolarmente complessa, poich? si tratta di un character così ben definito da poter essere trattato quasi come una persona vera. ?Non esiste una ricetta?, spiega Claudio Nizzi, che lo scrive da 23 anni, ?posso usare un personaggio secondario apparso in episodi precedenti, oppure attingere da precedenti storici per inventare un seguito di fantasia. Immagino sempre le sceneggiature a misura del disegnatore. C' è chi tratteggia meglio le scene all' aperto, chi è più espressivo nel far recitare i personaggià. Un equilibrato dosaggio fra consuetudini narrative di genere ed elementi originali è la miscela di Mauro Boselli, l' altra prima firma delle avventure texiane: ?Il western è ripetitivo per natura, è l' iterazione dei temi a creare le basi del mito. La ripetizione consente al lettore di entrare in un mondo che riconosce, tanto più nella dimensione atemporale di Tex. Per introdurre una novità, bastano due righe in un libro di storia?. Anche per Tito Faraci, scrittore sperimentato di fumetti ma autore texiano all' esordio, con cinque albi in lavorazione, ?fissati l' inizio e la fine della storia, in mezzo c' è una strada con molte possibili deviazioni, che cerco di esplorare?. La fabbrica è sempre aperta. Ogni storia copre due o tre albi, per 220 o 330 tavole. Uno sceneggiatore ne manda avanti anche una mezza dozzina, inviando le pagine di testo alla quindicina di disegnatori che lavorano per la serie regolare. In base ai loro tempi, dalle 20 tavole mensili dei più veloci alle 7-8 dei più lenti, si calendarizzano le uscite. Arredi, attrezzi, veicoli, paesaggi, tutto è frutto di un' accurata documentazione. Tex non impugna una pistola qualunque ma una Colt Frontier calibro 44/40 e lo fa perchè la Frontier utilizza le stesse munizioni del suo fucile, il Winchester 73. Cosè, quando deve ricaricare, ogni pallottola è quella buona. Ecco perchè per i cattivi impiombarlo è cosa maledettamente difficile. Portare tutto il lavoro di preparazione su foglio è un' alchimia a volte misteriosa persino per Claudio Villa, autore di tutte le copertine texiane dal 1994, comprese quelle (inedite) delle uscite di Repubblica: ?Ho bisogno di qualche giorno per staccarmi dal disegno che ho pensato nella mia testa e vedere cosa ho fatto davvero. Tex sogno di vederlo sempre a colori come nelle mie copertine, ma so anche che il bianco e nero viene animato dalla fantasia del lettore. Il mio Tex è il frutto di anni passati a cercare di conoscerlo e il suo viso ne esprime la psicologia: occhi non stretti da cattivo ma nemmeno spalancati da ingenuo, un naso arcuato e deciso, una solidit? fisica che d' sicurezza?. Un altro grande disegnatore, Fabio Civitelli, aggiunge: ?Lo scenario ideale è il deserto. Perchè? Non c' è niente e si fa prima. A parte gli scherzi, sceneggiatore e disegnatore, se collaborano bene, si scambiano idee e suggerimenti. In più ora c' è Internet, con le immagini di città del West dell' 800?. Altri tempi da quando Aurelio Galleppini disegnava le Montagne Rocciose guardando le Dolomiti.
  6. ymalpas

    [581/582] Lo Sceriffo Indiano

    Ho letto il primo albo di questa storia che giudico in maniera estremamente positiva sia per i testi e la sceneggiatura di Faraci, che riesce a essere originale, distanziandosi sia da Nizzi che da Boselli, sia per gli spettacolari disegni dei fratelli Cestaro, per i quali se proprio si vuole avanzare una critica, sarebbe da rivolgere ad alcune vignette che ritraggono un volto di Tex non proprio perfetto ( ma già dal secondo albo, da quanto ci hanno riferito loro stessi, ci sarà un netto cambiamento nella fisionomia del ranger... che li ha lasciati decisamente soddisfatti ). Il tema principale di questa storia è l'AMICIZIA che lega Tex allo sceriffo indiano di Greystroke, ma anche l'amicizia che unisce quest'ultimo agli abitanti della cittadina che lo hanno eletto e che è messa a dura prova dalla taglia di 5000 dollari che pende sul capo del presunto assassino, l'amicizia di Jerry per il giudice, e quella che lega il giudice stesso a Tex, che va costruendsi poco a poco lungo la storia. Largo spazio è lasciato alla NATURA e alle STAGIONI. Il caldo sole primaverile e il lento cadere della neve, la comparsa di pericolosi animali selvatici ( ne ho individuato finora almeno tre specie ), la presenza inquinante delle miniere che si moltiplicano a vista d'occhio in una natura incontaminata, che suscita il risentimento degli apaches. Un altro tema è proprio quello RAZZIALE, ovvero la facile/difficile integrazione di un marshall indiano nel mondo civilizzato dei bianchi che è un ideale rovesciamento di quello che vede un bianco a capo di una comunit? di nativi. C'è il tema del GIALLO legato alla morte misteriosa di Rita Kent e di suo padre, che si ricongiunge a quello del PEZZO GROSSO che domina la cittadina di Greystroke. Per il momento è sembrato dei minori, ma confido che acquister? un notevole spessore già nelle prime pagine del secondo albo. Resta da parlare di TEX. Il Tex di Faraci. E' un personaggio, come dicevo prima, poco riconducibile a quello di Nizzi e Boselli. Il Tex di Faraci cerca di rifarsi a quello Bonelliano, nei dialoghi che sono pieni di trovate e frasi da antologia, nell'atteggiamento sbruffone e sbarazzino, attaccabrighe ( anche se qualche scena mi è sembrata forzata, c'è qualcosa in effetti da ritoccare e ne riparleremo, ma la strada giusta è indubbiamente questa e dal mio piccolo cantuccio consiglio vivamente al buon Tito di seguirla con tutte le sue forze ). Rispetto alla sua "seconda" storia, "Evasione", questa mi sembra avere una marcia in più e d'altronde basta dare uno sguardo a quanto ho scritto sopra per rendercene conto. Mi sono piaciute le innumerevoli sorprese sulle quali va a sbattere piacevolmente il muso il lettore durante la lettura, i frequenti colpi di scena, l'interesse crescente che va assumendo la storia dopo le stentate pagine iniziali. E la grande voglia che ho di leggere il seguito di questa avventura la dice lunga sui suoi meriti. Con i fratelli Cestaro, conto sin dalla prossima settimana, quando tutti avranno letto l'albo, di passare al setaccio alcune delle loro tavole!Per i fortunati lettori che non hanno ancora avuto modo di sfogliare le pagine di quest'albo, auguro un buon divertimento. Il voto alla storia, per me, non può essere inferiore a 8.
  7. Le ragioni del successo di Tex ?In una vecchia intervista così si esprimeva Giovanni Luigi Bonelli: ?Il motivo del successo? La mia identificazione con il personaggio: le avventure di Tex le vivo io... e so anche che cosa vogliono i miei lettori: il trionfo del bene, la carogna presa a cazzotti. La gente odia il militare arrogante, il pezzo grosso, il banchiere. Odia il potere?.
  8. Quando si parla di rarit?... Alla mostra-mercato ?Collezionando?, la scorsa primavera, tra i fumetti, il più caro con 8.000 euro, è risultato il numero 1 di Tex prima serie intitolato ?Tragica notte?, quindi a seguire, il numero 1 di Diabolik, "Il re del terrore", venduto per 4.000 euro.
  9. <div align="center"> Questo manifesto, del 1890 circa, stampato a New York da Hirsch & Company, per publicizzare una marca di sigari, fa certamente parte di quel copioso numero di locandine che sono servite a Galep come modelli di imitazione per le copertine o i personaggi che hanno animato il fumetto di Tex. Alcuni giorni fa vi avevo proposto il "Purple Rider" canadese, un personaggio straordinariamente somigliante a Tex. Questa è la volta di Steve Dickart, alias Mefisto! E anche in questo caso sembrano sussistere pochi dubbi! A voi la parola!
  10. ymalpas

    Domande A: Claudio Villa

    Claudio, è vero che per la Tigre Nera, come mi è capitato di leggere, ti sei ispirato in parte al cattivo del cartone animato "la Rosa di Bagdad" ?
  11. Dal sito "baci e spari" dell'amico Corvo59 apprendo oggi della scomparsa di uno dei disegnatori storici di Tex, Pietro Gamba, morto il 23 dicembre 2008.
  12. Dell'articolo, che è vecchio del 1994, quindi precedente al caso, quello si celebre, del Codacons, vale la pena estrapolare queste due righe: Sappiamo che qualsiasi uso improprio dell'immagine e del marchio Tex è sgraditissimo all'Editore, che in taluni casi non ha esitato a ricorrere alle vie legali per perseguire la violazione del diritto d'autore. In questo caso Sergio Bonelli ha però esitato, anzi ha subito, punto e basta. E devo dire che ho esitato anche io, un attimo, a proporvi questo articolo, perchè ancora oggi è vivo il dibattito sul fatto se l'omosessualit? sia una deviazione oppure no, se si debbano riconoscere diritti oppure no a queste persone. Insomma lo capisco. Però mi duole sapere che certe scelte editoriali, in un discorso più generale, debbano subire questo tipo di forzature. E tanto se ne è parlato, giustamente, sull'altro topic dedicato al caso Codacons. Resta comunque una chiave di lettura sulla sessualit? di Tex, molto discutibile, ma siamo qui per questo, dopottutto.
  13. ymalpas

    Sergio Bonelli

    Io, mio padre e Tex: un' avventura senza frontiere! di Michele Serra Repubblica è 26 settembre 2004 ?Secondo me uno, da solo, non può ammazzare venti persone. Non è possibile. Sarà anche l' eroe perfetto, avrà anche ragione e i suoi nemici torto. Ma uno contro venti, insomma, non è verosimile~?. Sergio Bonelli è seduto nel cuore del suo piccolo impero del fumetto, un grande appartamento milanese vicino alla Fiera, zeppo di libri, albi illustrati, giornali, quadri, carte, juke-box. Dice che è stufo di raccontare sempre la stessa storia, che è quella di Tex, ma è soprattutto la storia di un padre e di un figlio. Però la racconta (e la racconta benissimo, acuto, spiritoso e malinconico), anche perchè di storie così non ce ne sono molte, nella vita come nella fiction. Nella mente e nelle pagine scritte da suo padre, Gianluigi Bonelli (1908-2001), Tex di persone poteva ammazzarne quante ne voleva - altro che venti. Il suo valore, il suo spirito di giustizia, la sua prestanza fisica bastavano da soli a giustificare ogni impresa. Era il giustiziere intemerato, il pistolero invincibile, il suo mondo di riferimento era romantico e primitivo, era quello (idealizzato) di Tom Mix, degli eroi giusti e virili di Jack London, dell' epopea della Frontiera. Il mondo di John Wayne e dei primi western, quelli che andavano diritti alla vittoria dei giusti e alla disfatta dei cattivi. ?Mio padre - racconta Sergio - era una persona con una marcia in più. Molto bello, atletico, sanguigno, già prima della guerra nuotava il crawl come Johnny Weissmuller, traduceva Jack London, adorava Dumas, era in continuo movimento, fisico ed esistenziale. Per lui l' avventura, nei libri, al cinema, nei fumetti, era l' espressione della forza e della bellezza. Avrebbe potuto fare l' attore, piaceva alle donne, ma era un milanese pulito e ingenuo, non riusc? mai a legare con il mondo romano. Aveva dentro, fortissimo, invincibile, il suo universo narrativo e morale. Quando lo portai in Arizona, lui già vecchio, a vedere i luoghi nei quali aveva ambientato tante avventure di Tex, diede un' occhiata distratta e mi disse di sapere già a memoria com' erano fatti quei posti. Mi fece rabbia. Ma era fatto così?. Crescere confrontandosi con un padre così, per giunta separato e risposato, non deve essere stato semplice. Ma una madre coraggiosa e pratica ("bravissima a fare i conti") che, infischiandosene del rancore, diventa editore dell' ex marito, e il clima febbrile e ottimista del dopoguerra, non lasciano al giovane Sergio lo spazio per le diffidenze o i rimpianti. ?La mia è stata probabilmente il primo esempio riuscito di famiglia allargata. Io lavoravo con mia madre in casa editrice, mio padre era spessissimo con noi, sono cresciuto frequentando la sua seconda moglie e loro figlio. Il confronto era continuo, il rapporto molto stretto, ma a me faceva soggezione quell' uomo così determinato e fertile, che sfornava le storie di Tex (e quelle di tanti altri personaggi) senza correggere una riga, e costringeva Galep a disegnare come un treno, anche di notte, per stargli dietro. Andavo in Lambretta a Chiavari a ritirare i disegni di Galep, e mai e poi mai avrei pensato, un giorno, di prendere il posto di mio padre e scrivere io le avventure di Tex~ ?La prima volta che ci provai era il '58, Tex era già un successo notevole, scrissi "Il ragazzo del West" ma mi mancava il finale. Lo portai da Bonelli, quasi piangevo per l' emozione e la fifa, sono un insicuro, vivo di dubbi~ Chiesi a mia padre di finirlo lui, non mi sentivo alla sua altezza. Lo fece. Diceva che io sarei stato perfetto per sceneggiare Paperino, che non capivo l' avventura, la determinazione assoluta dell' eroe, che esitavo, mi perdevo per strada~. Avevo una tale soggezione di lui, e del suo talento, che la prima storia di Tex scritta interamente da me, e firmata con uno pseudonimo, usc? quasi vent' anni dopo, nel '76. Mio padre mi cambiava i dialoghi, non approvava il carattere più riflessivo, quasi crepuscolare del mio Tex. Nelle mie storie c' era quasi sempre un partner comico. Lui lo eliminava, quasi ci soffriva, spiegava che il comico, con l' avventura, non c' entra nulla. ?Nel frattempo avevo acquistato fiducia in me stesso soprattutto grazie a Zagor, personaggio che avevo inventato e che vendeva moltissimo. Non come Tex, perchè Tex è ineguagliabile, ma comunque abbastanza da farmi sentire un autore anche io. Il passaggio di consegne è avvenuto lentamente, negli anni, parallelamente al declino fisico di mio padre?. Il Tex del figlio e il Tex del padre riflettevano, e molto, non solo il transito di generazione, ma anche il passaggio d' epoca. Il western aveva perso la sua sicurezza (e forse sicumera) morale, la psicologia dei caratteri si faceva più complicata, ragioni e torti meno lampanti. Bonelli padre era un salgariano, aitante e manesco (artisticamente parlando), Bonelli figlio è un italiano moderno, colto e spiritoso, gentile e preoccupato per la crisi del settore. ?Non per me, sa, io dalla vita ho avuto cose che neanche mi sognavo, ancora oggi non mi pare vero di avere soldi e facolt? di spenderli come mi pare. è per la gente che lavora qui, quaranta dipendenti, più di duecento tra disegnatori e sceneggiatori, che mi preoccupo. Sa, il problema è che il fumetto sembra una robetta popolare, ma invece è una cosa complicata, importante, non facile da leggere se non lo si fa con applicazione e passione. I ragazzini di oggi hanno la playstation, tanti altri svaghi diretti, facili, digeribili. Una pagina di fumetto ha una struttura piuttosto raffinata, bisogna avere voglia di capirla, mettere in relazione parole e disegni, trama e azione?. E Tex? ?E Tex sta benone, nonostante i numeri non siano più quelli, strabilianti, di qualche anno fa. Da anni le storie le scrive Nizzi, molto bravo, molto serio, uno che ha studiato a fondo fisico e spirito del Tex di Bonelli (Sergio chiama il padre Bonelli, ndr). Mi d' ancora grandi soddisfazioni, Tex, ma dico a tutti, in casa editrice, di dimenticarlo, perchè non può essere di esempio un fumetto così perfetto e così fortunato. Le rese sono ancora minime, e per me è importante, sa. Io quando vedo le cataste dei resi, montagne di carta, penso allo spreco, a tutti quegli alberi fatti fuori. Sono fatto così, certe cose mi immalinconiscono~?. Chissà Bonelli padre, le cataste dei resi, come le avrebbe affrontate. Forse fatte fuori a cazzotti, abbattute a pistolettate, fatte sparire dalla faccia della terra, come faceva (e fa) Tex con i cattivi.
  14. TEX, EROE VIRILE E SOLITARIO SI E' ISCRITTO ALL' ARCI - GAY di Carlo Brambilla Repubblica è 10 maggio 1994 "Per mille satanassi! Questa, ragazzi, non me la dovevano proprio fare". Sergio Bonelli, l' editore del leggendario Tex Willer, ha fatto un balzo sulla sedia quando i suoi collaboratori gli hanno mostrato la pubblicit? della nuova campagna di tesseramento dell' Arci-Gay comparsa su Adam, il mensile di Adelina Tattilo specializzato in moda e costume gay. Un sacrilegio: Tex Willer e il vecchio Kit Carson vengono usati come testimonial per convincere i lettori ad iscriversi ai circoli culturali degli omosessuali. Nel fumetto si vedono i due eroi che si stanno spogliando in camera da letto. Carson dice: "Un nuovo saloon dell' Arcigay? Potremmo farci un salto...". E Tex: "Buona idea Carson! Tanto più che abbiamo appena rinnovato la tessera". "Anche un personaggio di carta deve pagare il prezzo della notorietà", aggiunge Bonelli per sdrammatizzare. La vicenda però non gli va già. Soprattutto perchè non sa cosa fare. Teme che una sua denuncia contro l' Arci-Gay possa essere interpretata come un atto di intolleranza. "Non ho nulla contro i gay - tiene a precisare - Ma non posso permettere che si usi l' immagine di Tex senza che sia stata chiesta alcuna autorizzazione. Ho risposto infinite volte ' no' a chi mi chiedeva di usarla per vendere merendine, patatine o altre diavolerie. Ho rinunciato a un sacco di soldi per conservare integra l' immagine del mio personaggio. La stessa scelta deve valere anche per l' Arci-Gay. Scriver? una lettera di diffida. Che non si permettano più di rifare questo scherzetto". La provocazione ideata da Franco Grillini, presidente nazionale dell' Arci-Gay, con la collaborazione di Maurizio De Martino, ha fatto centro. "Non pensavamo di sollevare tutto questo interesse - assicura Grillini - Certo siamo stati ingenui ad utilizzare un disegno senza l' autorizzazione. Chiediamo scusa. Non lo faremo più. Ma il nostro voleva essere un gioco per combattere lo stereotipo degli omosessuali effemminati, contro i quali naturalmente non abbiamo nulla, ma che rappresentano un' infinitesima parte del popolo gay. La gente non sa che la stragrande maggioranza degli omosessuali è composta dai loro compagni di banco, di ufficio, di lavoro. Persone assolutamente normali e spesso particolarmente virili, come Tex Willer, appunto". Certamente tutte virili sono le storie di Tex Willer. Storie nelle quali i personaggi femminili sono praticamente inesistenti. Si sa che Tex è un vedovo e che sempre è stato fedele alla memoria delle sua giovane moglie indiana, Lilith, figlia di Nuvola Rossa, capo dei Navajos, morta in una delle prime avventure. Si sa che dalla loro relazione è nato il figlio Kit, che accompagna spesso Tex e che tratta Carson come un vecchio zio. Ma in 40 anni, da quando Gianluigi Bonelli, padre di Sergio, ha creato il mitico personaggio, pochissime altre donne hanno attraversato le pagine di Tex. Inevitabile che qualcuno si diverta a sollevare sospetti. Era successo del resto anche al povero Batman, accusato più volte di farsela con Robin. "Nelle nostre storie le donne sono assenti per un motivo molto semplice - spiega Sergio Bonelli - Il pubblico di Tex vuole avventure forti, veloci, scattanti. Le donne, invece, portano rallentamenti nelle sceneggiature per effetto delle inevitabili storie d' amore". Sarà. Ma sono tutti discorsi che convincono ancora di più Grillini di quanto sia giusta la scelta di Tex come testimonial dell' Arci-Gay: "C' è uno slogan del movimento omosessuale americano che dice ' Troppo maschio per non essere gay' e mi pare si adatti a meraviglia a Tex Willer".
  15. ymalpas

    Tex E Il Signore Degli Abissi

    TEX WILLER DAI FUMETTI AL CINEMA di Daniela Brancati Repubblica è 27 luglio 1984 E' da aprile che se ne parla, ma finalmente sembra che Tex Willer c' è l' abbia fatta a superare tutti gli scogli, amministrativi, legali ed anche affettivi. Ora, se tutto andr? liscio anche nel consiglio di amministrazione della Rai, dove la proposta definitiva approder? presto (forse perfino la prossima settimana), si dovrebbe dare il via alla produzione e il popolare fumetto diventer? film entro dicembre e poi serie televisiva di tredici puntate. Dato il lungo e faticoso lavoro di preparazione, le uniche perplessit? residue potrebbero essere sul perchè proprio RaiTre, la rete regionale e culturale, debba condurre in porto un' operazione di telefilm, abbastanza al di fuori dalla filosofia generale della rete. Ma sembra che difficolt? di questo tipo non ne sorgeranno. Le traTtative con Gian Luigi Bonelli, autore e padre del fumetto nato 35 anni fa, letto da quattro milioni di persone, sono state laboriose, dal momento che a lui spettava l' opzione sull' attore protagonista, e il gradimento sulla sceneggiatura. Ora, dopo averlo negato per ben due volte, Bonelli ha finalmente detto sè alla terza stesura della sceneggiatura predisposta dal regista Duccio Tessari, da Gianfranco Clerici e Marcello Coscia. Il protagonista, come è noto, sarà Patrick Wayne, figlio del popolarissimo John. La scelta americana è giustificata dal fatto che gli attori italiani sono spesso molto caratterizzati, difficili trovarne uno che si muova come un cowboy, che ne abbia la faccia scolpita dal sole e dalle intemperie. Costo dell' intera operazione è un miliardo e quattrocento milioni per 11 film, e quattrocento milioni a puntata per la serie alla quale, se va bene, ne seguirò una seconda. Dice Filippo De Luigi, amministratore della parte di produzione televisiva di Cinecittà, partner a metà di RaiTre nell' "affare Tex": "L' idea iniziale era quella di fare un episodio pilota, ma ci sarebbe costato 900 milioni, senza offrire nessuna possibilità di sfruttamento immediato nelle sale". Il film invece sarà utilizzato per due puntate della serie, ma ne sarà anche promozione e sondaggio, andando prima nel circuito cinematografico. Cosè a settembre cominceranno le riprese - cinque settimane di lavorazione per il film e due episodi per la serie - che si svolgeranno in parte a Cinecittà, col criterio di set polivalente, adatto cioè ad essere smontato e riconvertito in breve tempo per girare tutte le scene in interni razionalizzando al massimo i ritmi di lavoro e le risorse, e in parte ad Almeria, in Spagna. E' l' infatti una specie di Disneyland, dove Sergio Leone gir? il suo "C' era una volta il West", perfettamente tenuta, dove girare un western è possibile a costi molto più bassi che altrove e, naturalmente molto più bassi che ricostruendo ex novo. Dice Stefano Munaf?, capostruttura di RaiTre: "Noi siamo una rete povera che negli ultimi tempi ha prodotto molto a costi bassissimi. I film di Luciano Odorisio, di Peter Del Monte, ci sono costati poche centinaia di milioni. Quando siamo andati a Cinecittà, ci siamo scontrati con la mentalit? di chi è abituato a produrre film d' autore. Le scenografie erano pensate con materiali pregiati, ma lavorandoci su, ne abbiamo ridotto i costi di due terzi". E Duccio Tessari, chiamato a dirigere l' intera operazione: "Forse nella prima sceneggiatura c' era più fantastico e movimento, era meno tradizionale rispetto ad ora, avevamo tentato di coniugare il genere western col fantastico di Arca Perduta, ma la stesura attuale sarà forse più gradita alla marea di affezionati lettori di Tex".
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    Tex E Il Signore Degli Abissi

    TEX WILLER: SARAI IL NOSTRO INDIANA JONES - di Paolo D' Agostini Repubblica è 04 luglio 1985 Cinecittà: Tex Willer se ne sta appoggiato a un muro - il muro del Teatro 12 - e si fa fotografare nel caldo soffocante di mezzogiorno. La camicia gialla con tutte le cuciture al posto giusto, e con i polsini abbottonati è proprio quella delle copertine, anche il fazzoletto nero sottile legato stretto al collo e svolazzante nel vento torrido è regolamentare, come gli stivali speronati e naturalmente il cinturone allacciato sui jeans. Ma sotto al cappello marrone calcato sugli occhi il sorriso smagliante è quello di Giuliano Gemma. L' interno del teatro di posa è stato trasformato da Duccio Tessari, regista del film, e dai suoi collaboratori in un lungo cunicolo (di cartapesta) che sbuca in una grande grotta (di cartapesta anch' essa realizzata dallo scenografo Antonello Geleng). E' qui che sta girando Tex e il signore degli abissi: è qui che, dopo le sei settimane di riprese effettuate in Spagna (Almeria), il set trascorrer? i prossimi, conclusivi, dieci giorni. Lo stato maggiore della "operazione Tex" siede a un lungo tavolo sotto un tendone improvvisato nel piazzale all' ingresso della città del cinema. Il prof. Rossini, direttore della Terza rete tv della Rai, produttrice del film, sottolinea con soddisfazione che si tratta di una produzione tutta affidata a mezzi interni, e annuncia che se il film (che uscir? nelle sale a fine anno) dar? la verifica commerciale che ci si aspetta, si passer? a una seconda fase: il film, insomma, sarà il "pilota" di una successiva serie televisiva (13 episodi da un' ora). Il passaggio allo sfruttamento seriale, dice il professore, "? già predisposto", ma la Terza rete non sarebbe in grado di affrontarlo da sola: lo farà, se lo farà, con l' aiuto della ReteUno. C' è anche l' anziano signor Giovanni Bonelli, creatore del più celebre fumetto italiano, il quale si dice "contento" di vedere il suo personaggio passare, a 37 anni dalla nascita, allo schermo. Cosa che non era ancora mai accaduta malgrado le molte richieste. E perchè ha concesso ora i diritti alla Rai? "Perchè mi sono simpatici". La parola a Tessari che, dai "sandaloni" agli spaghetti-western, è una vecchia volpe del cinema "popolare", e che recentemente ha avuto ripetutamente a che fare con la serialit? televisiva ("Liala", "Caccia al ladro d' autore"). Dice che ha avuto carta bianca e che perciò se il film verr? brutto sarà colpa sua. Dice poi la cosa che forse sta più a cuore a chi ha voluto questo viaggio di Tex dal fumetto allo schermo, e lo dice dando atto a "pap?" Bonelli di aver precorso Spielberg di qualche decennio. Questo Tex infatti, di cui si è valorizzato "il cot? fantastico e magico", impegnato in un' avventura dove ha come partner una regina azteca che si chiama Tulac (ed è Isabel Russinova), si propone molto decisamente di competere con Indiana Jones, l' avventuriero/archeologo/giustiziere di cui si rilev?, alla prima apparizione, l' evidente matrice fumettistica. La fortuna del genere western si rinnova, la sua terra d' origine americana lo rivaluta (Clint Eastwood): con Tex non si fa western tradizionale n° "all' italian"; si cerca qualcosa di originale, si vuole giocare la "carta vincente" di una tradizione avventurosa che risale a Salgari. L' amministratore delegato della Sacis, distributrice all' estero del film (in Italia è a cura Titanus), Gianpaolo Cresci, esalta il concorso di tutte le industrie pubbliche dell' audiovisivo, dice che Tex è già venduto in Spagna, che le prevendite avevano già raggiunto l' Estremo oriente, Giappone incluso, che c' è "interesse" dalla Francia, dagli Usa, dal Medio Oriente. Che il film ha ricevuto l' invito della Mostra di Venezia, nella sezione (e l' uditorio non trattiene una certa ilarit?), "Venezia Giovani". Il funzionario di RaiTre Stefano Munaf? aggiunge che il preventivo era di un miliardo e 400 milioni, ma che si andr? più in l'. Giuliano Gemma: Tessari dice che è stato scelto "a furor di popolo": un' inchiesta appositamente ordinata l' ha collocato in testa ai gusti del pubblico, che nei panni di Tex lo ha preferito a Paul Newman e Robert Redford. E' vero che si era parlato anche di Patrick Wayne (figlio di John) ma solo come eventuale ripiego. "Un' occasione di rivincita" la definisce pacatamente ma fermamente l' attore: dopo un Marco Polo americano, un Verdi inglese e un Colombo irlandese, non potrebbe essere un Tex italiano a imporsi sui mercati mondiali?
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    Roberto Raviola ( Magnus )

    GALOPPANDO CON TEX SE N' E' ANDATO MAGNUS Articolo di Marco Marozzi Repubblica è 06 febbraio 1996 Dopo Hugo Pratt e Bonvi, un altro fumetto è volato via. Roberto Raviola, il Magnus di Kriminal, Satanik, Alan Ford. E' morto di un tumore al fegato: nessuno poteva operarlo. Se ne è andato pochi giorni dopo aver consegnato l' ultima tavola di un Tex Willer destinato ad entrare nella storia (piccola?) dell' avventura a disegni. Ci aveva messo sette anni a completarlo. "Finito questo lavoro io muoio" si rideva addosso. E l' ultima tavola è il suo addio: nell' angolo a sinistra c' è lui che saluta. Pelato, con i baffoni, gli occhi ironici nonostante tutto. E una data: 8.1.96. Lo ha trovato nel bagno, morto, Silvana, la ragazza con cui viveva, in un alberghetto sui colli di Imola dal nome poetico: la Locanda del Gallo. L' si era rinchiuso, via dalla sua Bologna, quando era salito sul cavallo di Tex. "Sono andato - declamava a chi andava a trovarlo - nella bella valle che il Santerno bagna che parla tosco in terra di Romagna". L' aveva raccolto un anno fa Bonvi, con alle spalle - come lui - un matrimonio tramontato. Due irregolari, tre con il loro amico Pratt, che di Bonvi fu testimone di nozze. Intrecci di vita, matite, bevute. Magnus e Bonvi avevano persino beccato da qualche parte due tricicli e se la correvano per i corridoi della locanda, tutta loro esclusi i week end, quando li sfrattavano per far posto ai turisti. "Facciamo Shining" sghignazzavano. E Bonvi, ucciso a Natale da un' auto, aveva messo in vendita le sue ultime tavole per portare soldi al suo amico-eremita. "Tex lo sta rovinando...". A comprare i disegni ora due volte tristi è stato Red Ronnie. "Un grande, un altro che si aggiunge alla lista. Stringiamoci forte noi ex ragazzi" piange Francesco Guccini, del ' 39 come lui e che gli sceneggià negli anni 70 - come per "Storie dello spazio profondo" di Bonvi - una delle avventure della serie "Lo sconosciuto". "Anzi Unknow, senza la enne, inglese inventato". Ricordi di vita di un ex legionario. Raviola ovviamente. In questi giorni aveva ripreso in mano la serie, con la voglia di raccontare anche l' il suo andarsene. Senza mai toni macabri. "Era uno schivo che spesso parlava con gli occhi" lo ricorda un altro amico, Silver di Lupo Alberto. Aveva fatto anche splendide tavole per "Sarti Antonio e il malato immaginario", il giallo forse più bello di Loriano Macchiavelli. Ieri mattina Marco Panini, l' editore, era andato a Imola per prendere alcune tavole che dovrebbero apparire sul prossimo numero di Comix. Con gli editori aveva sempre avuto un rapporto di spinoso affetto. "Vieni tu a colorarmi gli inchiostri" ringhiava a Sergio Bonelli che "gli faceva fretta" per le 224 pagine di Tex. Seicento strisce. "Tra i burattini tipici delle mie storie e le incisioni del West". Si definiva "fumettista". Diplomato all' Accademia di Belle Arti, una partenza da pubblicitario (come tutti gli altri citati) si scopr? fumettista affrescando il muro di un' osteria. "Magnus pictor" si firm?. Si mise a dipingere "I promessi sposi", poi nel ' 64 sulla scia del neonato Diabolik la folgorazione: Kriminal, biondo assassino senza nessuna legge, coperto da una tuta da scheletro. Figure tagliate a metà, inquadrature rivoluzionarie, con primi piani ad effetto che anticiparono un cinema horror alla Dario Argento. L' anno dopo ecco Satanik, laida vecchia che una pozione trasforma in bellissima killer. Sesso a volont?, mai si era visto nei fumetti. "Poi quando tutti si misero a fare le stesse cose lasciai perdere". Ed ecco nel ' 69 Alan Ford, biondo, bello, imbranato agente speciale, con un capo che sembrava Lionel Barrymore sulla sedia a rotelle e un socio stile Tot?.
  18. ?Nello scrivere il personaggio di Tex - ha dichiarato Sergio in un' intervista - mi sono reso conto di quanta coincidenza ci fosse tra i suoi comportamenti e quelli di mio padre nella vita, che divergono molto dai miei?.
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    Tex E Il Signore Degli Abissi

    RAGAZZI, TORNA TEX IL SATANASSO Articolo a cura di Alberto Farassino, pubblicato su Repubblica del 06 settembre 1985 LIDO DI VENEZIA - A differenza di Pecos Bill, che negli anni Cinquanta ne rappresentava il contrapposto beneducato e borghese (albi più costosi, colorati, col marchio Disney-Mondadori che rassicurava i genitori), Tex Willer non è quasi mai stato un eroe western puro. Le sue avventure lo hanno spesso portato lontano dai paesaggi del West, fra popolazioni orientali, sette magiche, in città esotiche e grotte misteriose, alle prese col soprannaturale e il fantastico. Tex e il signore degli abissi di Duccio Tessari, produzione Rai-Cinecittà, non può dunque essere inserito che marginalmente nella stagionale "rinascita" del film western. Si colloca piuttosto nel ben più vasto filone fantasy-avventuroso, rinato ormai già da qualche anno. E rimane soprattutto un "eroe di carta", che dal fumetto originale eredita la povert? e l' approssimazione sbrigativa senza riuscire a nasconderla con la ricchezza cinematografica e spielberghiana delle scenografie, degli effetti speciali e anche del ritmo e dell' intensit? narrativa. Pu? sembrare paradossale per un fumetto, ma l' "immaginario" prodotto da "Tex" è sempre stato più verbale che visivo. E anche nel film i momenti più divertenti e familiari, quelli che a Venezia Giovani hanno strappato risate e applausi a schermo acceso, sono quelli in cui Tex e i suoi amici escono in alcune delle loro più famose espressioni. Fossi matto. Quel vecchio satanasso. Le carogne come te non muiono mai. Ritornate nei canili dai quali siete venuti. Ricacciamoli nelle loro sputacchiere. E naturalmente "una bistecca alta tre dita con una montagna di patatine fritte". L' inizio del film ne infila una bella serie e anche le prime sventole, i primi colpi di pistola o carabina, le prime cadute plateali dei colpiti e i primi sfracelli di tavoli e sedie si accolgono con piacere. Poi inizia la vera avventura di Tex, alla ricerca di certi fucili trafugati ma soprattutto alla scoperta del mistero di certe morti improvvise che trasformano in pochi istanti le vittime in orrende mummie pietrificate. Si lasciano alle spalle i paesaggi ispano-laziali del vecchio spaghetti-western e ci si inoltra in intricate foreste e città sotterranee dove vivono malefici aztechi dominati da Flavio Bucci, camuffato da Montezuma con una corona di piume ritte sul capo. E l' impresa western travalica nell' horror e nella fantascienza. La coppia Gemma-Tessari, che aveva debuttato nel mitologico già autoironico (Arrivano i Titani) e aveva poi dato vita con Ringo a uno dei più fortunati protagonisti della stagione del western italico, sembra voler recuperare entrambe le tradizioni, non poi così distanti, nel p?plum e del western. Nel film ci si d' il braccio invece che la mano, come facevano gli antichi romani di Cinecittà. Grotte e templi derivano direttamente dall' iconografia del p?plum e così il catastrofico crollo finale alla "Ultimi giorni di Pompei" con i massi in polistirolo che rimbalzano qua e l'. Ma la fantasia figurativa è scarsa, la sceneggiatura sprovvista di veri intrecci e invenzioni. Tessari ci mette qualche belluria visiva in controluce e indovina qualche scena efficace come l' automummificazione finale nella sala del trono. Ma il film rimane come il suo protagonista Giuliano Gemma, ancora capace ogni tanto di qualche scatto e capriola senza controfigura, ma lento e appesantito in salita e sulle distanze.
  20. Romanzi come "La Primula Rossa" della baronessa Emma Orczy erano solo letture intese come passatempo, che nulla hanno donato o suggerito alle sceneggiature di Tex, secondo quanto afferm? Gianluigi Bonelli. In ben altro conto teneva invece le letture di classici come quelli di Dumas padre, o dell'italiano Salgari, un autore definito completo. Un altro scrittore particolarmente amato era Rider H. Haggard, padre dei romanzi "She" e "Le miniere di Re Salomone".
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    I Vip Che Leggono Tex

    Tex Willer giustiziere? Nei ricordi dei lettori, soprattutto uomo di legge. ?E oggi, sicuramente, un pacifista, se pensiamo a quante guerre fra indiani ed esercito riesce a scongiurare - dice Patrizio Roversi, velista per caso e texiano per scelta - Nel difendere i navajos emenda i suoi modi politicamente scorretti, visto che va avanti a suon di sganassoni. E poi Tex è anarchico, è un disobbediente, è insofferente alla disciplina militare. Quanto alle sue storie, sembrano uscite dalle pagine di Propp: crisi, reazione dell' eroe, lieto fine. Una struttura rassicurante da fiaba per adulti. Adulti? Mia figlia Zoe, che ha 8 anni, legge tutti gli albi che porto in casa. E sono tanti, ricompro anche le ristampe. In onore di Tex ho provato anche a imparare a cavalcare ma le colline bolognesi non sono l' Arizona?. Tex Willer superato? ?Tex è grunge e i ragazzi di cui parliamo a Zelig guardano piuttosto i Simpson - spiega Marco Silvestri, "Nucleo" dei Pali e Dispari - Tex è piuttosto distante da loro ma essendo un personaggio superiore alle sue storie è diventato un mito, una cartoonificazione di John Wayne impolverata che parla poco?. Tex piace ancora? ?Direi proprio di sè - è l' opinione di Gino Vignali, autore comico della ditta Gino & Michele - Nel '90 avevamo arredato la casa di Teo Teocoli in una nostra sitcom con i suoi albi. Sergio Bonelli mi regal' la serie dall' 1 al 350. La scorsa estate me ne hanno rubati 50, scelti numero per numero, da qualcuno che evidentemente doveva completare la sua, di collezione?. infine, Tex come modello? ?Certamente - è il ricordo dell' attore Paolo Rossi - in vacanza per me le Dolomiti erano le Montagne Rocciose?. Il bello è che era vero, erano le Dolomiti il modello di Galleppini. ?In Tex e nei fumetti in genere trovavo il respiro dell' avventura, con in più un benefico sforzo di immaginazione richiesto al lettore - continua Rossi - E poi, mi piaceva il West. Da bambino, tenni un dito premuto sul mento per un mese, per farmi venire la fossetta come Kirk Douglas. Giravo con il sorriso a tutti denti come Burt Lancaster e siccome lui in Vera Cruz si passa l' olio da cucina nei capelli a mo' di brillantina, lo feci anch' io a un pranzo con parenti. Si incazzarono tutti?. Articolo di Stefano Rossi apparso su Reppublica il 27 febbraio 2003.
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    Tex E Il Signore Degli Abissi

    Il primo telefilm italiano doveva essere Tex. E' una storia che risale alla fine degli anni Settanta. Uno degli sceneggiatori di quel Tex televisivo doveva essere Alberto Abruzzese, che tre anni fa ha consegnato la laurea honoris causa a Sergio Bonelli. Abruzzese, chi ha avuto l' idea di fare i telefilm di Tex? ?Era un progetto della Rai di Fichera, alla fine degli anni '70, molto prima dell' accettazione della serialit?. Un lavoro pioneristico, guidato da Achille Pisanti che aveva studiato sceneggiatura negli Stati Uniti e che vedeva coinvolti anche Gino Frezza, Marco Videtta e Francesco Nardella, tutti professionisti della comunicazione. Era un lavoro dal forte impianto teorico: io sostenevo che era più importante leggere un saggio sull' estetica di Lukacs che non un manuale di sceneggiatura?. Ma perchè sceglieste proprio Tex? ?Perchè il fumetto ha delle articolazioni interne che sono vicine alla scansione di un telefilm. Ci sono elementi che si ripetono, e c' è il climax finale. Ma c' è anche un problema: un fumetto dipende moltissimo dalla partecipazione del lettore alla costruzione del testo. La traduzione in un telefilm doveva tenerne conto?. Quante sceneggiature ha scritto? ?Ognuno di noi ne ha scritte quattro, tratte dalle storie di Gianluigi Bonelli. E andando avanti con il lavoro ci si convinceva sempre di più che Tex non poteva diventare un film, ma una serie. Invece purtroppo il nostro lavoro è stato totalmente sprecato e travisato con la realizzazione di due episodi che divennero un disastroso film di Duccio Tessari. Una vera follia, un massacro in cui noi non avemmo alcuna responsabilità?. E invece quella dei telefilm è un' idea da riprendere? ?Certamente. Anche se oggi non potendoli più fare a basso costo, si dovrebbe usare l' intreccio dei generi tipico di Tex per un prodotto televisivo che sfrutti al meglio le nuove tecnologie?. Tratto da un articolo di Luca Raffaelli apparso su Repubblica.
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    Il Mercato Di Tex

    STRISCIA LA CRISI DEL FUMETTO di Luca Raffaelli Repubblica è 28 dicembre 1995 Dylan Dog non è più un fenomeno. Tex e Diabolik. Sembrano reggere bene solo i due grandi vecchi del fumetto italiano: Tex mantiene 350.000 copie di vendita, Diabolik è in costante crescita e punta alle duecentomila. Senza contare la vendita delle ristampe e degli speciali. Tex a parte, tutti i prodotti Bonelli risentono del periodo di crisi: Dylan Dog è sceso a 450.000, Nathan Never si assesta a 170.000, chiudono le ristampe di Mister No. Topolino è il settimanale più venduto (oscilla tra le 400 e le 450.000) contornato da un' altra miriade di testate disneyane ad andamento altalenante: soffrono ad esempio le Giovani Marmotte di Qui, Quo e Qua, mentre il Lupo Alberto di Silver regge bene a 60.000. I supereroi americani navigano con difficolt? tra le 5 e le 10.000 copie di venduto, con punte di 15.000 per Batman e l' Uomo Ragno. Stesso discorso per i manga. Blue, capostipite del genere erotico, vende intorno alle sedicimila copie. Linus versione Oreste del Buono e Baldini & Castoldi ha ripreso qualche copia e ora tocca le 20.000. L' Intrepido sotto le 10, Comic art (ora unito all' Eternauta), unico mensile del fumetto avventuroso d' autore ormai sopravvissuto, si aggrappa ai suoi seimila affezionati.
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    Interviste Agli Autori

    Quell' eroe creato da pap? re delle edicole Di Luca Raffaelli Repubblica è 30 settembre 2008 Sergio Bonelli, lei si ricorda com' erano le edicole negli anni Quaranta? ?Me le ricordo bene. Una qui a Milano in piazza Brescia aveva una bella vetrinona davanti alla quale mi fermavo a guardare voglioso tutti gli albi dell' Uomo Mascherato o di Flash Gordon. Purtroppo ne potevo acquistare solo uno ogni tanto. E poi ce n' era un' altra a piazza De Angelis. Quando andavo alle elementari e veniva mio padre Gianluigi Bonelli a prendermi mi faceva passare davanti a una pasticceria in via Marghera e mi metteva davanti al grande dubbio: un marron glac? o un fumetto? E allora non avevo dubbi: si andava a piazza De Angelis a comprare Topolino, che costava 50 centesimi?. Qual è la principale differenza con un' edicola di oggià ?Allora erano fondamentali le copertine. Adesso le facciamo belle perchè ci piace, ma un tempo erano determinanti per il successo di un personaggio. Quanto la bellezza di un cartellone per il successo di un film?. ? vero che uno dei suoi primi incarichi professionali riguardava proprio il rapporto con le edicole? ?Mia madre Tea, che era a capo della nostra piccolissima casa editrice, mi faceva fare il giro delle edicole di Milano in lambretta per verificare la vendita delle nostre pubblicazioni. Un lavoro terribile: ero timido, per gli edicolanti ero solo un ragazzino e mi facevo almeno cinquanta chilometri in scooter. Terribile?. Quand' è che Tex cominciò a diventare il protagonista delle edicole? ?Dieci anni dopo il suo esordio, quando lo proponemmo con il formato attuale. Prima il fumetto era letto dai bambini, che gli preferivano Capitan Miki, il Grande Blek e il Piccolo Sceriffo e non amavano i lunghi dialoghi tipici della scrittura di Bonelli padre, che si ispirava alla letteratura popolare di Rider Haggard, o di Conrad o di Zane Grey?. Per questo venne creato Kit Willer, il figlio di Tex? ?S?. Un po' perchè Gianluigi era appassionato dei moschettieri e voleva ricreare la squadra dei quattro pards, un po' per avvicinarsi ai più piccoli, tanto che a un certo punto gli venne in mente di creare una serie tutta per lui. Ma fortunatamente non si fece. Io non l' ho mai amato, un po' perchè è un doppio e un po' perchè un ragazzo che spara non mi sembra bello?. Quanto è cambiato Tex in questi sessant' anni? ?? cambiato ogni volta che è cambiato il soggettista. Già quando ho cominciato a scriverlo io Tex era diverso, più dubbioso. Il Tex di Bonelli padre non aveva mai dubbi, capiva al primo sguardo se uno era un cattivo, e allora per lui erano guai. E forse è stata proprio questa mancanza di incertezze uno dei motivi del suo successo?.
  25. A chi faceva notare a Gianluigi Bonelli quanto le primissime avventure del ranger fossero più piacevoli e coinvolgenti di quelle più recenti, il noto autore rispondeva, bonariamente stizzito, "Storie!".
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