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Condor senza meta

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  1. Condor senza meta

    [03/04] Fuorilegge

    La giovane saga aumentò vertiginosamente di giri. Collegata all’avventura dell’Idolo d’oro, prese il via una prima maratona narrativa, che, di fatto, sancì l’avvio dell’epopea texiana. Due new entry che appaiono per la prima volta in questa storia, diverranno personaggi di spicco della serie: Montales e Mefisto! Il desperado messicano è il primo amico ricorrente a esordire nella saga. E’ vero che per moltissimi anni Bonelli lo trascurò e solo nel secondo centinaio lo fece ritornare in una celebre storia, così come è vero che Montales è un personaggio che presenta molti cambiamenti. Da desperado, diventa una carica istituzionale messicana e di recente, addirittura il governatore di Chihuahua. Anche per Mefisto la genesi fu imprevedibile. Suppongo che nessuno avrebbe potuto prevedere che la scalcinata spia travestita da illusionista di due soldi, si trasformasse negli anni in un’autentica nemesi con tanto di poteri demoniaci. Davvero inesauribile la fonte della fantasia di Gian Luigi Bonelli! Tornando all’episodio in questione, l’avvio è davvero scoppiettante, con l’invasione di Santa Fe a opera delle truppe regolari messicane. Tex avrà modo di mettere in mostra il suo acume strategico e aiutare le giacche blu a evitare il peggio. La guerriglia che segue è caratterizzata dall’opera di Steve Dickart e sorella, che al soldo dei messicani, vendono informazioni strategiche ai guerriglieri. Le indagini di Tex porteranno subito a smascherare i due malviventi, ma la soluzione finale è ancora lontana, visto che, vittima di una diabolica trama ideata da Lily, il giovane ranger da cacciatore si tramuta in preda e finisce in gattabuia con l’infamante accusa di tradimento. Bonelli rimescola così le carte, infatti Tex fuggirà grazie all’aiuto del fidato Carson e tornerà a essere un fuorilegge. Fra i motivi che rendono importante questa trama c’è pure il consolidarsi del forte legame tra i due pards. Carson è sicuro dell’innocenza dell’amico e si prodiga a suo rischio e pericolo, per farlo evadere. Molto bella pure la scena in cui Kit, pur di prendere le difese del pard, contraddice palesemente il suo superiore Mr Marshall, che in questo caso non ci fa certo una bella figura. E’ già chiara l’idea bonelliana nei confronti dei portatori di stellette e lo stesso Marshall rientra pienamente in questa categoria, non stimata dall’autore. Molto avvincente l’epilogo con il giovane fuorilegge, che bracca i nemici e li incalza senza pietà, con una strategia simile al finale con Fraser nel “Massacro di Goldena”. Anche stavolta la storia non ha stacchi e subito dopo aver impacchettato e spedito le due spie a Fort Tampico, l’eroe in camicia gialla (tranne solo nel seguente episodio ) si affianca all’amico Montales nella giusta lotta contro i governativi. Bonelli evidenzia subito quanto ci sia affinità fra i due uomini e fa crescere esponenzialmente il loro rapporto di amicizia, vignetta dopo vignetta. Reputo sia doveroso citare un aspetto particolare della narrativa bonelliana di quel periodo: incastonate fra le sequenze della trama principale, l’autore crea delle piccole sottotrame indipendenti che hanno funzione di stemperare la tensione e spezzare i ritmi. Nell’arco di pochi albetti, Tex, sebbene a caccia di Mefisto e Lily, trova il modo di punire un gruppo di bari, sventare una rapina in banca e smascherare il bieco banchiere in combutta con i banditi e sopprimere lo sceriffo corrotto di El Paso. Scene fuori contesto e slegate dalla trama principale, che tuttavia non disturbano più di tanto. Di certo il Tex che appare in queste strisce è ormai un pistolero celebre e stimato dal popolo; la sua fama lo precede e lui non perde occasione per metterla in mostra e accattivarsi la simpatia degli avventori con solenni bevute offerte di sua tasca. Dove prendesse i soldi in questa fase di vita in cui l’oro dei monti Navajos era ancora un sogno, lo ignoro, ma evidentemente Bonelli non si curava affatto di queste piccole sottigliezze . Di certo è tangibile il raffinarsi dello stile compositivo che portò il grande autore a scrivere dialoghi sempre più avvincenti e didascalie intrise di tocco poetico. “E prima che gli sbalorditi messicani possano rendersi conto di ciò che sta accadendo, le sue pistole sgranano il loro rosario di morte” “E la caccia, ossessionante, inesorabile, ha inizio. Di roccia in roccia, di cespuglio in cespuglio, braccati come due belve, Mefisto e Lily corrono… Corrono… E sempre dietro a loro, a un trotto regolare, il misterioso cavaliere nero avanza, sicuro, come il destino. Spietato come la vendetta. E a tratti, un urlo lugubre rompe il silenzio della tremenda notte” C’è poco da aggiungere, Chapeau! Di contraltare, molto esilarante la scena in cui Tex, fuggendo dal forte risponde sfottendo con l’improbabile nome “Beniamino Prendimi” al soldato di guardia che gli aveva chiesto le generalità. Tutte prove evidenti di quanto il grande Bonelli ormai fosse calato nella sua parte di narratore e si divertisse un mondo a liberare le briglie della sua fantasia. Sotto l’aspetto grafico, il Galep che affronta questa lunga maratona, ha ormai raggiunto un equilibrio notevole tra velocità e resa. Fatta esclusione di alcune strisce quasi abbozzate, come la numero 3 dell’albetto “Sfida al pericolo”, il resto è realizzato con una mano sempre più sicura e armoniosa. Molto ben rese le difficili scene degli assalti militari; ottimo il dinamismo dei cavalli e notevolmente migliorata la resa dei volti e dei primi piani. Più cura si riscontra pure nel disegno delle diligenze e dei cannoni e da notare l’eleganza della tenuta "total black" indossata da Tex e Montales durante il loro piano. È evidente che man mano le cose stessero cambiando e l’autore, fu libero di poter dedicare più cura e attenzione alle sue vignette. A tal proposito, da notare quanto è efficace e affascinante tutta la sequenza notturna della cattura delle due spie. Spariscono in queste strisce i buffi disegnini nei colonnini e non mancano alcune veniali incongruenze grafiche, come lo scheletro seduto nella cantina di Villa Rica in una posizione praticamente impossibile o la strana capigliatura di Lily, che non si capisce come tenga raccolte le lunghe chiome, visto che quasi mai è inquadrata una treccia, una coda o qualcosa di simile . Piccoli errori che rientrano benissimo nel “condono” temporale delle origini. Per la prima volta ci troviamo pure al cospetto di due vignette intere che nel formato a striscia dovevano rappresentare davvero qualcosa fuori dell’ordinario. Il mio voto finale è 8
  2. Grazie Loriano, tranquillo non ti chiedo il bonifico , anzi quasi toccherebbe a me fartelo per la fiducia che mi accordi. Grazie anche a te Magico Vento. Sì, la storia l'ho riletta da poco, ma sul volume della CSAC, di conseguenza non ho il riferimento numerico delle pagine della regolare. Per intenderci, ho reputato concluso l'episodio con la striscia 11 dell'albetto "Attacco a Santa Fè". Ma è comunque un "confine" piuttosto labile visto che, teoricamente, le storie sono unite.
  3. Condor senza meta

    Cerco Storia

    Touchè . Chiedo scusa per aver fatto confusione e portato pure in errore @juanraza85 . Premetto che non avendo letto il Magazine e fuorviato dalla svista del convento, di getto ho scritto quel commento mettendo erratamente in relazione le due storie. Subito dopo mi son reso conto di essere fuori strada e ci ho scherzato su; che volete farci, la memoria realmente mi comincia a fare cilecca! In quanto alla nomea del preciso, grazie, ma non mi ci vedo, visto che non si contano in questi anni i refusi e le smarronate . Mi dispiace di aver condotto il thread di @Doudoufuori dai binari e mi merito la tua risposta "caustica", ma è pur sempre un peccatuccio veniale, dai. Comunque ci tengo a precisare che il mio pensiero era stato che la storia sulla saga Tex Willer citata, potesse riallacciarsi a quell'episodio, no che si trattasse proprio di quello. Rimbambito sì, ma non fino a questo punto.
  4. Il mistero dell’idolo d’oro A voler essere ironici, il primo mistero è sapere il perché non esiste di questa storia l’apposito thread sul forum . È corretto scrivere la recensione qui, o forse sarebbe meglio lasciarla sul post di “Fuorilegge”? Nel dubbio, seguo l’esempio di @Carlo Monni e scrivo in questa sezione il mio commento, in caso se in futuro verrà creato l’apposito argomento, potrà essere spostato. Chiusa la premessa, mi accingo a esprimere le mie considerazioni sull’episodio in questione, riletto di recente in questa fase in cui ho ripreso gli albori della saga. La sceneggiatura di Bonelli è alquanto lunga per la media del periodo e mostra molti spunti originali che in seguito torneranno ricorrentemente nella serie. Dietro al mistero delle morti, attorno la figura di un piccolo idoletto d’oro, Tex, mandato a indagare al forte, scopre i piani di rivalsa di alcuni discendenti delle antiche civiltà pre-colombiane a cui si sono uniti dei bandidos messicani, capitanati dall’avido don Felipe (che snocciola una sequenza di nomi degni di Cico, che non ricordo ) che contano di mettere le mani sull’immancabile tesoro nascosto. La prima parte della storia si sviluppa con interesse, ma poi, ammetto che il proseguo mi ha un po’ annoiato. Vuoi forse perché filoni simili sono stati meglio sviluppati in seguito o per una certa prevedibilità di sequenze o situazioni, ma di certo, l’episodio in questione non riesce affatto a tenere il confronto con l’ottima prova messicana che lo segue e a cui è in qualche modo legato, sempre seguendo quella continuity narrativa imbastita da Bonelli in quei periodi. Da notare che per la prima volta Tex mostra allo sceriffo la sua patacca di Ranger. Come se non bastasse l’autore cita in rapida sequenza alcune imprese passate dell’ex fuorilegge, come l’uccisione del Diablo o di Bill Mohican. Nel capitolo “che guarda al passato” non manca il ritorno della bella Tesah, ancora più affascinante del solito nella sua tenuta da campesinos, che verrà convocata da Tex per svelare le iscrizioni dell’idoletto e diverrà il fulcro del finale, visto il suo rapimento. Purtroppo dopo l’epilogo sparirà di colpo e ci vorranno quasi settant’anni per rivederla grazie a Borden. Anche l’affascinante Estrella, che palesemente stravede per il giovane e (udite udite! ) entra nella sua stanza mentre lui è ancora in déshabillé dopo il bagno, si perderà di vista tra le strisce, seguendo quell’abitudine bonelliana di trascurare alcune pedine, preso dalla foga della narrazione. Chi invece godrà di un trattamento di favore è l’altrettanto fascinosa Yogart, che sebbene all’inizio abbia seminato morti a ripetizione e attentato anche alla vita del giovane ranger, nell’epilogo, dopo l’alleanza con i buoni per fronteggiare i messicani di don Felipe etc etc., si guadagna pure il salvacondotto per raggiungere gli Stati Uniti e mettersi sotto la protezione del governo, con Tex a fare da garante a lei e alla sua gente. Cosa c’entri il copricapo pieno di piume è un ulteriore mistero, ma sappiamo bene che a quei tempi la plausibilità storica, di costumi e geografica era solo un optional. Come è altrettanto un mistero quanti spinaci si sia spazzolato Tex per divellere a mani nude le solide sbarre del tempio , ma anche questa ingenuità rientra nel “Condono temporale” in cui rientrano alcune leggerezze grafiche e narrative di quel periodo pionieristico ma comunque affascinante. Sempre più sicuro e coerente invece lo stile di Galep, ormai calatosi in pieno nella sua faticosissima missione di sfornare strisce a getto continuo; ho letto che per l’occasione fu aiutato da Uggeri alle chine, segno che i risultati in edicola stavano incoraggiando la casa editrice ad andare avanti, d’altronde anche la maggior lunghezza e complessità delle sceneggiature vanno rilette sotto questa presunta deduzione. Dopo essermi astenuto dal dare un voto finale alle primissime avventure, torno a farlo dalla presente opera, facendo (credo ) pure cosa gradita al pard @Loriano Lorenzutti che mi aveva bonariamente "richiamato" per essere stato vago nei miei ultimi giudizi : caro Loriano magari fosse solo quello il problema delle mie stralunate recensioni! . Il mio voto finale è 6
  5. Condor senza meta

    Cerco Storia

    Infatti credo che tu abbia ragione @juanraza85, ho citato quella storia di getto appena sentito il nome della missione e Lilyth, ma riflettendoci su, troppe cose non quadrano, quindi sono scontate le quotazioni dei bookmakers sul fatto che abbia preso un abbaglio.
  6. Condor senza meta

    Cerco Storia

    Non vorrei sbagliare, ma l'albo celebrativo dei sessant'anni "Sul sentiero dei ricordi", scritto da Nizzi per Civitelli, narrava una vecchia avventura vissuta da Tex e Lilyth proprio all'interno della missione di San Joaquin. Se si tratta della stessa storia (ma potrebbe pure non esserlo, visto che mi par di ricordare che l'assalto era di indiani ribelli e non banditi), desumo che potrebbe essere ripresa nella nuova serie "Tex Willer" ma ovviamente, visto che questa saga segue una cronologia ben marcata, bisognerà attendere l'incontro tra il giovane Tex e la dolce moglie indiana.
  7. Personalmente reputo che il triste finale sia un valore aggiunto di questa storia e contribuisce ulteriormente ad accrescere l'alone di grandezza attorno alla riuscita figura del tenente Torrence. Come scrissi nel mio commento in passato, mi dispiacque un po' che una creatura di questo calibro uscisse di scena alla prima apparizione, ma a bocce ferme, ammetto che la scelta di Borden fu azzeccata; così facendo donò l'episodio di un epilogo commovente e plausibile (punizione per Craig che sennò l'avrebbe fatta franca) ed evitò il rischio di incappare in un eventuale ritorno non all'altezza della sua creatura letteraria. Perchè son certo che il lettore avrebbe preteso un suo ritorno, se il vigliacco Craig non gli avesse sparato a tradimento! Sulla prevedibilità della scena, credo che dipenda molto dalla soggettività di chi legge. E' ovvio che un "lettore forte" che si divora montagne di romanzi, storie a fumetti e sceneggiature cinematografiche varie, rischia il più delle volte di reputare alcune scelte narrative già viste o prevedibili; l'importante è il pathos e l'emozione che una scena ti dona durante la lettura, e indubbiamente, quella composta da Mauro, in tal senso, non scherza. Trovo fastidiose invece, le trovate ripetitive e senza mordente come l'arrivo provvidenziale della cavalleria o altre scorciatoie simili, ma quelle sono un altro paio di maniche.
  8. Mi è capitato di compromettere commenti con un'operazione errata (per non parlare di file lavorativi non salvati e persi ), e memore delle cattive esperienze, per evitare ulteriori problemi in futuro, ho deciso di adottare un piccolo stratagemma, che finora qui si è rivelato molto utile: recensioni o commenti più articolati, li scrivo prima su Word e poi li copio e incollo sul forum.
  9. In effetti, così come scritto nel mio commento e fatto notare da @Leo, la scena dei Nez-Percé, fin dalla prima lettura, l'ho trovata onirica, quasi metafisica. La chiave di lettura di @pecosè molto intensa e mi affascina. Credo che l'intenzione di Borden, durante la composizione, fosse proprio quella di lasciare libera pista alle varie interpretazioni dei lettori, visto che è funzionale da entrambi i punti di vista. Nel mio commento specificavo un aneddoto personale, ovvero che il secondo albo riuscii a leggerlo solo dopo una decina d'anni con la ristampa; son certo che la stessa scena se l'avessi letta in diretta da teenager, mi avrebbe portato a propendere verso una spiegazione più razionale, fisica, mentre all'occhio di un lettore ormai quasi trentenne, si è mostrata sotto una sfaccettatura molto più profonda, nostalgica e metafisica. Nella letteratura si sa, l'autore indica la direzione, ma poi tocca al lettore scegliere quale sentiero seguire per giungere alla meta e non è detto che quest'ultima collimi con quella pensata dal compositore.
  10. Da affezionato carsoniano dichiarato, non posso provare un briciolo di emozione nel commentare questo episodio. È vero che il “vecchio cammello” aveva esordito nella precedente avventura, ma più che altro era stata solo una comparsata fine a sé stessa, una presentazione e niente più. Nella storia in questione invece assistiamo alla prima collaborazione effettiva trai due pards. Tex per la prima volta salva la vita all’amico, caduto precedentemente nelle mani dei nemici e promesso a una banda di indiani che vorrebbero offrirlo in sacrificio alle loro divinità. I due rangers mostrano fin dall’inizio un ottimo affiatamento e pare che si conoscano già da una vita. Rileggere le prime storie a me fa sempre un piacevole effetto: se da un verso sono ancora un po’ acerbe e in alcuni passi debolucce, dall’altro, possiedono un fascino tutto particolare, che difficilmente si può esprimere a parole. Si assiste passo passo all’evoluzione dei personaggi e tra le strisce è tangibile la maturazione stilistica di Bonelli, sempre più a suo agio nelle ambientazioni e nel linguaggio. Per la prima volta si fa accenno all’intenzione di alcuni nativi di intentare una ribellione, questo per provare che le idee di soggetto si fanno sempre più architettate e varie, anche se poi, anche a causa del formato, gli sviluppi sono troppo rapidi e gli spunti non vengono approfonditi. Questa storia ne è un palese esempio a mio modo di vedere. Infatti, se emotivamente la prima storia con Carson lascia il segno, bisogna ammettere che nel complesso la prova bonelliana si rivela debole e non all’altezza delle due che l’hanno preceduta. Troppo poca cosa si rivela la banda di Kid Billy, sebbene il trucco delle zattere per arraffare il bestiame non sia affatto male. Pure i famigerati “dannati rossi” (da notare come ancora il linguaggio di Tex nei confronti dei nativi è alquanto colorito) vengono sbaragliati con apparente semplicità. La trama è troppo esile e la sceneggiatura rapidissima; una lettura veloce e serrata ma niente più. Bonelli dopo il prologo della rissa nel saloon, con tanto di prova di abilità con il “sei di quadri” sforacchiato a dovere, sembrava voler valorizzare meglio la figura del gigante buono Big Tom o lo sceriffo, invece, di colpo, ci ripensa e li lascia per strada senza farli più apparire. La trovata di seguire i banditi in groppa a uno dei vitelli razziati è scintillante ma per il resto il tutto si sviluppa senza eccessivi picchi e la storia non si rivela tanta degna di nota. Sotto l’aspetto grafico mi è parso di scorgere molta discontinuità di Galep, di sicuro dovuta alla consueta esigenza di produrre una mole di strisce in tempi brevissimi per garantire l’uscita settimanale. La sequenza del furto del bestiame è molto ben resa graficamente, con alcuni scorci notturni notevoli. Di contro alcune strisce sono troppo tirate via, soprattutto sul finale. Continuano a esserci le vignette scontornate e i colonnini vengono realizzati con più cura, con tanto di ombra retrostante che, nella semplicità, dona un tocco di eleganza all’elemento descrittivo. Nella prima vignetta di striscia 24 dell’albetto “La banda di Kid Billy” Galep tratteggia la prima cartina geografica della saga e subito dopo esprime tutto il suo talento dinamico nella scena dell’attacco notturno dei banditi, con cavalli e mandrie disegnate sempre con molta classe. Sempre in questa storia il nostro Carson indossa per la prima volta la caratteristica camicia sfrangiata, dopo la meno proponibile camicia a quadri con tanto di gilet nero degli inizi e giunto a Springerville dopo la missione, invita l’amico alla prima bevuta insieme nel “bar” del paese. Altra peculiarità di questi primi episodi è il telegramma di Marshall, che, dopo essersi congratulato del successo della missione precedente, invia l’ordine per la successiva opera di giustizia da svolgere. Metodologia che mi ricorda (non so perché) una serie animata della mia infanzia “L’ispettore Gadget” .
  11. Sulla colorazione dei visi posso pure concordare, sul resto però non c'è paragone. Passando dal panneggio sulle camice (che in edicola appaiono sempre in unica tinta tanto da sembrare di cartone), alle sfumature del cielo, la colorazione digitale toglie tanto alla qualità finale, a mio avviso.
  12. L’episodio che mi appresto a commentare, può essere giustamente definito il capofila del filone cittadino, un’ambientazione che in seguito G.L. Bonelli riprenderà ciclicamente, partorendo, in alcuni casi, episodi memorabili. Sebbene ancora sia presente una buona dose di acerbità, tipica delle origini della saga, si nota immediatamente di quanto lo sceneggiatore stia prendendo decisamente confidenza con la sua creazione letteraria, mettendo a fuoco gli aspetti portanti che diverranno fondamentali per l’ossatura del successo. La trama è abbastanza basilare, ma è sviluppata in modo esplosivo. La sceneggiatura è serrata e al cardiopalma e travolge il lettore come un fiume in piena. Bonelli, mostrando la verve di un vulcano in eruzione, compone la breve storia con un’ispirazione in crescendo e rafforzando striscia dopo striscia, il suo straordinario stile linguistico che si attaglia perfettamente all’asfissiante ritmo narrativo. La triste notizia della morte di Jeff (personaggio secondario ma alquanto basilare per l’ingresso di Tex nel corpo dei rangers) porterà l’ex fuorilegge a Silver City per condurre le dovute indagini. Dietro all’omicidio si cela l’impresa criminosa al comando del capitano Lowett, che, usufruendo dell’apporto del corrotto sceriffo cittadino, intessa la sua tela sulla cittadina, praticando pure un fiorente contrabbando di armi col Messico. Da notare come pian piano, gli spunti di soggetto di Bonelli assumono contorni più ampi e delineati e questo va a netto panaggio per la qualità degli episodi. L’arrivo di Tex in città è paragonabile allo scatenarsi di un ciclone: agguati e sparatorie si susseguono a ritmo serrato e per la prima volta assistiamo al primo gesto d’incendiario del giovane ranger, che manda in fumo i depositi della banda in una scena a fulmicotone. Ciò che però merita un appunto è l’importanza che l’autore dona alle due presenze femminili, ovvero la seducente maliarda bionda Marie Gold e la peperina, ma brava fanciulla, Joan Baker. Da stropicciarsi gli occhi, oserei dire: Tex nell’arco di meno di una cinquantina di pagine riesce a far battere il cuore di due splendide donne, molto differenti fra loro, ma accomunate dal fatto di essere stregate dal fascino del giovane avventuriero solitario e coraggioso, che pur di far trionfare la giustizia non esita a sfidare in contemporanea due decine di avversari armati fino ai denti. Marie Gold è la tipica dark lady agli ordini del villain del paese, ma fin da subito rimane colpita da Tex, tanto da salvargli la vita e garantirgli la sua neutralità nella contesa. Anche qui, come per Tesah, a mio modo di vedere Tex non è indifferente al fascino della statuaria bionda e non mi sorprenderei che, come fatto sempre notare da Bonelli, fra una vignetta e l’altra, all’oscuro del lettore, qualche intimità fra i due ci sia stata . Diverso l’approccio, ma comunque altrettanto chiaro, quello di Joan che teme per le sorti del bel giovanotto e non esita ad abbracciarlo in lacrime appena ferito, con Tex un tantino imbarazzato ma di certo non rifiutante dell’effusione. Come ovvio e ben rimarcato dalle parole di Sam Baker in chiusura, il destino di un eroe è quello di dover sacrificare i sentimenti come prezzo per la libertà, ma queste dosi di romanticismo bonelliane sono indubbiamente un tocco in più nelle prime prove della saga. Pirotecnico l’epilogo con Tex che riesce a sterminare da solo tutta la banda, in mezzo a un diluvio di pallottole. Il responso del medico che lo opera dopo il suo svenimento è da far tremare le vene: una spalla ferita, due pallottole di striscio alle costole e due nella coscia destra. Nella realtà dopo una simile “mazzata” come minimo il malcapitato poteva presentare la domanda all’Inps per l’invalidità civile permanente, ma lo si sa, gli eroi di carta sono immuni al dolore e alle pallottole . Unico neo a mio avviso, ma farà parte dello stile di scrittura del grande Bonelli, il perdersi per strada alcuni personaggi. Marie Gold sparisce dalla scena, senza nemmeno l’ultimo saluto al suo “amato” e anche lo sceriffo in fondo se la cava a buon mercato; ma sono minuzie in un’epoca in cui l’istinto creativo aveva il sopravvento su tutto (soprattutto sulla razionalità compositiva) e meno male aggiungerei, se così non fosse stato, credo che Tex non avrebbe mietuto lo stesso successo. Solita maratona sfiancante di Galep ai pennini, che stoicamente sforna striscia dopo striscia con un accettabile rapporto qualità tempo. Rispetto all’esordio trovo ancora tangibile il miglioramento, ma rivedendo alcune vignette soprattutto nel finale, anch’io credo che un aiuto esterno sia presente, magari solo alle matite. Un esempio che mi porta ad avvalorare questa tesi è la prima vignetta della striscia “Uno contro venti” con un Tex molto differente in viso, con una camicia senza panneggio e un inguardabile fucile tenuto da un braccio sproporzionato che sembra essere il doppio dell’altro. Galep, presumo, ha solo inchiostrato una simile vignetta e forse nemmeno questo! Due curiosità per finire: appare per la prima volta la vignetta scontornata tra le strisce. In rapida sequenza ne troviamo decine di esempi, soprattutto nei primi piani dei personaggi e in alcuni casi (vedere la prima vignetta della striscia 13 dell’albetto “Uno contro venti”) con esiti pure gradevoli da vedere. Seconda curiosità: la terza vignetta della striscia 23 dell’albetto “Sull’orlo dell’abisso” a inizio episodio, è palesemente montata con due disegni già apparsi nelle storie precedenti. Sia per il primo piano di Tex, ma soprattutto per lo sgherro sullo sfondo che è identico e sputato a Coffin del “Totem misterioso”. Uno dei tanti trucchetti a cui lo stacanovista autore sardo doveva ricorrere per mantenere i suoi vertiginosi ritmi creativi.
  13. Non sappiamo ancora se Carrillo sia uno zombi o meno, l'unica cosa certa al momento è che il suo look mi ricorda quello di Slash dei Guns 'N Roses.
  14. Io non riuscirei a immaginare una copertina di Tex realizzata da un altro autore, al momento. In quasi trent'anni il mitico Claudio ha mantenuto, a mio avviso, un livello qualitativo straordinario e consideriamo che è stato "spremuto" parecchio, visto che oltre alla serie regolare e alcuni speciali, si è dovuto sobbarcare tutte le cover della CSAC e una miriade di cartoline allegate alla Nuova Ristampa. Alcune possono apparire un tantino statiche, ma è fisiologico su un campione così ampio. A mio avviso Claudio è anche penalizzato dalla colorazione digitale troppo piatta, imposta dalla redazione sulla regolare. Ogni volta che sui social mostra l'opera originale, il raffronto con quello che finisce in edicola è impietoso!
  15. Condor senza meta

    [001] El Diablo

    “El Diablo uccise, Tex Willer vendicherà” con queste concise parole, scritte sulla croce dell’improvvisato sepolcro di un pover’uomo ucciso da ignoti banditi, inizia la terza vicenda del giovane fuorilegge, stavolta concatenata, senza stacco di numero con la precedente avventura. Fin dal prologo è chiaro che Tex, sebbene ricercato, sia un uomo giusto, che si spende per vendicare una povera vittima di un crimine e cercar di liberar l’incolpevole figlia, rapita dai sanguinosi banditi. La vicenda si mostra un tantino più articolata rispetto a quelle che l’avevano preceduta. Le indagini personali del giovane eroe conducono oltre confine e la serie vede il primo duello del nostro in un saloon e la prima grande bevuta offerta generosamente agli avventori. Dietro all’organizzazione capitanata dal fantomatico El Diablo, c’è molto di più del solito arrogante che intende arricchirsi sulle spalle dei coloni deboli, infatti Bonelli crea il primo “intrigo internazionale” fra Messico e Usa, con tanto di servizi segreti in azione, vedi il simpatico Jeff. Ovviamente il formato tende anche questa volta a velocizzare molto la narrazione e curar poco l’interessante spunto dell’autore, tuttavia la storia in questione funge da primo spartiacque importante per il futuro della saga. Aldilà del pirotecnico confronto finale contro le truppe irregolari al soldo del messicano, sarà proprio l’incontro con Jeff e il suo interessamento per far incontrare Marshal e Tex a segnare un primo punto fondamentale per il futuro del nostro eroe. Tex, oltre a incontrare per la prima volta colui che diventerà il pard più fidato (oltre che un fratello), vale a dire il nostro amato Kit Carson, entrerà per la prima volta nel corpo dei Rangers, vedendosi condonati tutti i suoi passati peccati. Suppongo che anche questa idea sia arrivata in corsa a Bonelli, però è innegabile che costituisce un primo passo fondamentale della saga. Tornando all’episodio in sé, la fine di El Diablo è troppo sbrigativa ma l’autore aggiunge un tocco in più con la figlia, che ignorando i piani del padre, diviene alleata di Tex ma sarà destinata a un’amara fine, cadendo nelle grinfie del sordido Bill Mohican, in quella che rappresenta in tutti gli effetti una minitrama nella trama. A Tex non rimarrà che vendicarla, punendo il malvagio e maniaco Bill e ripartendo per nuove avventure, anche stavolta senza stacchi, garantendo la continuity narrativa optata dallo sceneggiatore in quei pioneristici tempi. Rileggendo la sessione, riscontro un tangibile miglioramento nei disegni di Galep, prova di una maggiore cura nelle tavole. Da notare il maggior dettaglio dell’abbigliamento dei messicani, per non tacere di alcune vignette molto insolite ma interessanti, vedi l’inquadratura dall’alto nella seconda striscia dell’albetto “Nel covo del Diablo”, o la trovata grafica nella seconda vignetta della striscia 23 dello stesso albetto. Non manca neppure un tocco d’ironia in alcune sequenze, come quella con gli uomini al soldo del messicano, che dopo l’esplosione con la dinamite, si ritrovano con i quadri in testa (striscia 4 del “La figlia del desperado”) o la sequenza in cui Dinamite “tradisce” Tex perché s’invaghisce della cavalla del bandito in transito nella gola. Piccoli espedienti che ci dimostrano come gli autori stessero allora prendendo sempre più coscienza della loro creatura fumettistica, dedicando il giusto impegno per la realizzazione e la crescita della giovane saga.
  16. Condor senza meta

    [001] La Mano Rossa

    Grazie Loriano. In merito alle votazioni, le ho sempre messe nelle mie passate recensioni, tuttavia per le prime storie trovo difficile riassumere in un numerino una valutazione; gli episodi degli albori sono molto diversi dalla canonica forma narrativa che la saga ha assunto in seguito. Di certo, proseguendo la rilettura, tornerò a riprendere la mia vecchia abitudine di chiudere il commento con il voto finale. Ti confido che l' ampia sufficienza, citata in questo caso specifico, può essere tradotta numericamente in 6,50 o giù di lì.
  17. Condor senza meta

    [001] La Mano Rossa

    Conclusa l’inaugurale vicenda con Coffin, gli autori si rituffarono su un nuovo soggetto, stavolta più marcatamente western. La scena iniziale è alquanto tipica: un corriere che trasporta in incognito le paghe del forte e una banda di delinquenti, che grazie a una soffiata, si pone in agguato per arraffare il bottino. La presenza di Tex scompiglia i piani, ma purtroppo per il giovane fuorilegge rappresenterà un iniziale problema, visto che una pattuglia del forte, vedendolo chino sul corpo del povero Scott, lo riterrà responsabile del crimine. La vicenda conserva il consueto ritmo serrato tipico del formato a strisce del periodo e, sebbene sia contraddistinta da passaggi un po’ ingenui (d’altronde Bonelli era ancora in fase di “praticantato” con la nuova serie) si fa comunque apprezzare. Per la prima volta compare una scena che spesso capiterà nella saga, ovvero Tex che compila la lista dei nemici e man mano che li elimina, spunta i nominativi dalla stessa. Per la prima volta vediamo un corpo di Ranger nella storia, tuttavia è grossolana l’inesattezza grafica (indotta evidentemente da errate indicazioni in sceneggiatura) che ce li presenta come un distaccamento militare con tanto di divise. Tex dimostra tutto il suo coraggio a presentarsi dinanzi al colonnello del forte per far valere la sua innocenza in merito all’omicidio Scott, in effetti il giovane fuorilegge nelle prime strisce ci viene presentato come una sorta di Robin Hood, che uccide i cattivi per il bene della comunità e tale sarà la sua figura fino al colpo di scena dell’ingresso nel corpo dei Rangers. In effetti, sebbene per comodità si dividono gli episodi in questa sessione, Bonelli imbastì la prima continuity fra le avventure che si susseguono senza stacco e coinvolgono il lettore in un ritmo narrativo forsennato, carico di azione, polvere da sparo e trappole varie. Sergio in parecchi dei suoi interventi, specificò che dovette intervenire a cancellare nella prima didascalia una data che rischiava di compromettere ogni sorta di cronologia logica della saga; d’altronde, come già accennato in altri commenti, lo sceneggiatore, navigando a vista, poco curava questi dettagli, soprattutto agli arbori, e la genesi del personaggio avvenne gradatamente durante la realizzazione. Stesso discorso per ciò che concerne la caratterizzazione grafica di Galep, che nelle prime storie paga molto i ritmi ossessivi di realizzazione e una cura non del tutto idonea, dovuta alla fretta. Tex continua troppo spesso a cambiare fattezze da una vignetta e un’altra, con dei primi piani con naso adunco, che effettivamente non si possono vedere. La dinamicità grafica è buona, il tratto in miglioramento, evidentemente il riscontro di vendite settimana dopo settimana, indusse gli autori a dedicare man mano più attenzione. Già ottimi, a mio modo di vedere, i cavalli tratteggiati dal maestro sardo: a mio avviso Galep sotto questo aspetto è impareggiabile! Interessante la scena con Tex che lotta contro la furia della corrente del fiume sotterraneo (come nuoti senza uscire le braccia non si sa, ma questi errorini sono perdonabili ), anche se nasce dall’ulteriore leggerezza del nostro che si fa beccare alle spalle dai nemici e subisce un colpo in zucca (evidentemente il figlio Sergio prendeva spunto da queste strisce per scrivere le sue vicende negli anni 70 ). Riassumendo: trama non trascendentale ma che pone un’ulteriore pietra nelle fondamenta della saga. Da notare come l’epilogo della vicenda e il prologo della successiva, con “l’ingresso” di El Diablo, sono contenuti nello stesso albetto a striscia, introducendo quella continuità di episodi già accennata in precedenza. Ovviamente il mio commento si chiude qui, visto che aspetterò l’apposita sezione del forum per esprimere le mie impressioni relativi alla sfida contro il famigerato pezzo grosso messicano. Anche stavolta mi asterrò dal dare un voto, ma è sottinteso che la sufficienza è ampiamente raggiunta.
  18. Condor senza meta

    [001] Il Totem Misterioso

    Dopo un po’ di pausa, ho ripreso la rilettura dei vecchi albi di Tex, con l’intenzione di scriverne altre recensioni. La mia scelta è stata quella di riprendere proprio le storie delle origini, iniziando dal mitico numero uno, il celeberrimo “Totem misterioso”. Sono consapevole che recensire i primi episodi non sia affatto semplice, considerata la struttura, il ritmo narrativo e l’estrema mutabilità delle situazioni in un’epoca in cui il personaggio era un autentico “cantiere aperto” e che molto probabilmente nemmeno gli autori ancora avevano le idee chiare di dove andare a parare, ma ci provo lo stesso, sebbene ritengo sia opportuno, soprattutto per i primi albi, astenermi dal dare un voto finale. “Le origini del mito” mi verrebbe da riassumere, rileggendo la breve ma concitata avventura che sancì il battesimo editoriale del nostro amato ranger; suona un po’ come una frase fatta, lo ammetto, ma tuttavia lo fu davvero visto che, senza l’acerba sceneggiatura del “Totem misterioso” oggi non avremmo la nostra serie preferita tra gli scaffali delle edicole e lo stesso forum che adoriamo, non avrebbe senso di esistere. Lo smilzo formato a striscia, che costringeva Bonelli a ritmi di sceneggiatura molto serrati e a un utilizzo massiccio di didascalie per scandire bene le varie sequenze narrative, al giorno d’oggi appare ai lettori moderni molto datato e forse anche questo aspetto tende le giovani leve a prendere un po’ le distanze da quelle storie, tuttavia c’è da dire che la scelta fu felice, visto che Tex riuscì a sopravvivere in edicola, di contro a testate come Occhio Cupo, che pagarono pure il fatto di essere troppo costose per i tempi difficili del dopoguerra. Il fatto che Tex, fosse il “piano di riserva” della casa editrice di Tea Bonelli, influì soprattutto agli inizi sul tratto grafico di Galleppini. L’indimenticabile autore sardo, sottoposto a turni di lavoro MASSACRANTI, dopo aver per tutta la giornata dedicato la sua opera all’eroe in calzamaglia (tavole molto curate e raffinate che sbugiardano a mio modo di vedere chi reputa Galep un autore poco elegante o dettagliato), dopo cena e per tutta la notte si dedicava alle strisce del giovane fuorilegge del west e i ritmi di consegna, ovviamente lo costringevano a tirar un po’ via le vignette e ad avere poco tempo per studiare documentazione e fattezze del personaggio. In una vecchia intervista, lessi che Galep spesso tratteggiava le vignette senza nemmeno fare prima le matite, per risparmiare tempo e che affidava il lettering al suo coinquilino nel locale di Milano. La fretta fu tuttavia un’arma a doppio taglio: se da un lato portò l’autore a uno stile incerto e con molte variazioni facciali del protagonista, soprattutto nelle prime strisce, dall’altro gli permise di ottenere un dinamismo di tratto che col west è sempre molto azzeccato. Tempi pioneristici del fumetto, dove non contava azzeccare il modello di fucile e colt (Galep ammise che inizialmente li inventava di sana pianta) e dove la camicia di Tex poteva perdere le frange da una vignetta e l’altra, senza un motivo; tuttavia striscia dopo striscia il duo Bonelli – Galleppini affinò l’intesa e gettò le basi al longevo successo della saga. La prima storia, oltre a consegnarci due personaggi memorabili come Coffin e la bella Tesah che di recente Borden ha riesumato nella sua ottima interpretazione del passato di Tex, ci mostra già quanto fosse fervida la fantasia dello sceneggiatore, che, forte di un’abilità narrativa non indifferente, si diverte e diverte il lettore con ottime sequenze e buoni colpi di scena. Il suo primo soggetto è più vicino al romanzo di avventura, con tesori nascosti e mappe per recuperarlo, che a un classico western. Il Tex che appare nelle prime vignette, sebbene molto abile, ancora mostra una buona dose di ingenuità, visto le numerose volte in cui si fa catturare e legare, tuttavia il coraggio e il senso della giustizia non gli mancano, sebbene ancora confinato dall’altra parte della barricata. Ovviamente, albetto dopo albetto la caratterizzazione del personaggio verrà raffinata, soprattutto man mano che le vendite consolidavano la certezza di riuscita. Infatti dovremmo solo fermarci un attimo a pensare cosa potesse significare comporre allora, senza alcuna garanzia di sopravvivere in edicola. Non essendoci ancora programmazioni editoriali o studi di marketing, si testava la riuscita del prodotto solo dall’effettiva vendita e questo poteva benissimo significare che di colpo, dopo aver faticato per produrre un albo, di dover mollare tutto, se le vendite fossero state insufficienti. Fortunatamente la storia ci insegna che non fu così e che oggi, l’allora piccolissima casa editrice a gestione familiare, compie ottant’anni, periodo in cui non ha mai smesso di produrre e donarci sogni, con quel magico mezzo che è il fumetto. Cosa aggiungere; la breve storia confesso di conoscerla quasi a memoria e suppongo che molti utenti faranno altrettanto. Aneddoti e curiosità, soprattutto nei buffi disegnini di Galep, atti a riempire i colonnini vuoti, sono arcinoti, comunque chiudo il commento soffermandomi un attimo sulla figura di Tesah: la giovane Pawnee è coraggiosa, leale e seducente; un’alleata perfetta per il giovane Tex, che a mio modo di vedere un “pensierino” fra una striscia e l’altra lo fa . Nelle storie delle origini, contrariamente a quel che si pensa, la componente femminile nel mondo di Tex è molto presente e importante (vedere anche nella seguenti storie Johan o Marie Gold) e fa bene, a mio avviso, Borden nella nuova serie, a liberarsi dalla presunta regola bigotta che il nostro eroe debba rimanere freddo dinanzi il muliebre fascino. Chiudo la digressione e il commento, attenendomi alla mia scelta di non esprimere un voto numerico (d’altronde sarebbe davvero arduo riuscire a farlo in questo caso), posso solo dire che la lettura, al netto di fisiologiche ingenuità del debutto, a me diverte sempre molto e di tanto in tanto sento l’esigenza di rituffarmi sui vecchi albi che hanno segnato le “Origini del mito”
  19. Caffè nero, forte e bollente, come piace a Carson o bistecche tenere come il burro. In effetti, credo che potremmo riempire post e post col gergo molto particolare della saga. Come fatto notare sopra da @Red Arrow, Bonelli era davvero un vulcano in eruzione in merito alla composizione di battute ed esclamazioni pittoresche.
  20. In effetti Carson è un personaggio che ha sempre usato esclamazioni molto pittoresche . Mi vengono in mente su due piedi: "Per la barba di Giosafatte" o "Gran putifarre" (quest'ultima molto presente anche nelle storie recenti).
  21. Rileggendo le primissime storie, mi sono imbattuto in alcune alquanto improbabili , come "Testa di formaggio" per apostrofare un nemico o "Nespole" come esclamazione.
  22. Tra i molteplici motivi del longevo successo editoriale della saga, va annoverata senz’altro anche l’esplosività del gergo bonelliano. Dialoghi avvincenti e imprecazioni “colorite” facevano parte del Dna creativo di G.L. Bonelli e son diventate un autentico marchio di fabbrica del personaggio, tanto è vero che, pure la schiera di autori che si sono approcciati alla scrittura del ranger succedendosi al patriarca del fumetto italico, hanno dovuto garantire questo non secondario aspetto della serie. Con il presente thread, chiedo a voi pards, qual è l’imprecazione (o esclamazione bonelliana!) che più preferite o che vi ha sempre incuriosito e divertito. La mia preferenza: “Gran Matusalemme ballerino”. La vostra?
  23. Sottoscrivo in pieno le parole di @Leo, "Gli invincibili" è davvero un capolavoro. Una di quelle storie che puoi rileggere anche cento volte, ma ogni volta ti emoziona e commuove. Borden raggiunge vette di lirismo altissime e confeziona una prova d'autore che rimarrà tra le pietre miliari della saga. Lo stile compositivo di Mauro è molto diverso da quello del grande Bonelli, ma storie simili (per quanto lui per modestia non lo ammetterà mai), a mio parere, sono degne di stare appaiate nell'Olimpo texiano assieme ai capisaldi composti dal compianto papà di Tex.
  24. Niente male come idea , magari un figlio illegittimo che crescendo diventa un bandito e cova sentimenti di rivalsa contro il padre. Ovviamente si sta scherzando, non vorrei che gli altri utenti del forum ci "scomunichino"
  25. La posse La banca di Bisbee viene assaltata da un’efferata banda di rapinatori, che si lascia alle spalle il cadavere di un innocuo cassiere. Lo sceriffo Blisset raduna una posse per mettersi sulle tracce dei malviventi, ma in prossimità di una gola nei dintorni della cittadina, i volontari reclutati cadono in un mortale agguato e i pochi superstiti, tra i quali lo stesso Blisset, rientrano a Bisbee mestamente e con un triste carico di cadaveri. Dieci anni dopo, Tex e Carson ricevono la richiesta di aiuto di Billie Banyon. L’affascinante reporter del Tombstone Epitaph negli ultimi periodi è presa di mira da strani atti di sabotaggio e le vengono recapitate minacce e intimidazioni da ignoti avversari. Billie ne è sicura: il tutto è dovuto al suo interessamento per la vecchia faccenda della rapina di Bisbee. Roger, il suo ragazzo, figlio di uno dei componenti della posse trucidata, le ha confidato che il padre, un investigatore privato in incognito, stava allora indagando su manovre poco pulite di alcuni pezzi grossi e la giovane si è convinta che sia la rapina che l’agguato alla gola, fossero solo una messinscena sanguinosa, per mascherare il vero obbiettivo: eliminare l’investigatore non destando sospetti. Giunti a Tombstone, i quattro pards avviano le indagini e sebbene la pista sia ormai fredda dopo un decennio, scoprono che i sospetti della giovane reporter sono fondati e che Blisset, divenuto ormai un facoltoso uomo d’affari, era complice dei banditi. Dopo una lotta senza esclusione di colpi, che porterà all’uccisione di Roger e al rapimento della dolce Beth Driscoll, per indurre i nostri a mollare la presa, Tex riuscirà a sconfiggere la banda di Blisset e stanare il vero burattinaio della faccenda, ovvero il governatore Lorrigan, colui che aveva ideato il piano per eliminare lo scomodo investigatore dieci anni prima e grazie alle sue imprese criminose, a scalare la piramide del potere politico. I nostri eroi lasciano così Tombstone dopo aver fatto giustizia e vendicato Roger, anche se, purtroppo, senza riuscire a risparmiare a Billie il dolore per la perdita dell’amato, immolatosi per salvarla.
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