-
Posts
173 -
Joined
-
Last visited
-
Days Won
2
Content Type
Profiles
Forums
Calendar
Gallery
Downloads
Everything posted by Jim Brandon
-
Storia che non era partita male (pur nell'overdose del filone fantastico a cui i lettori sono sottoposti negli ultimi mesi), ma che si conclude con un secondo albo decisamente sotto tono. La liberazione del messicano da parte del ragazzo e il "segreto" svelato dai due fratelli sono colpi di scena che si rivelano fiacchi come il resto dell'albo. Il "top" lo raggiungiamo con la comparsa dei simil-zombi, in un finale dove lo sceneggiatore cerca invano trovate per sopperire alla mancanza di idee. Non sono mai stato un lettore zagoriano, ma se questi sono gli ingredienti tipici, non mi sento certamente invogliato a diventarlo.
-
Direi che, almeno per un po', ci ha permeato abbastanza
-
Sarà.. io ultimamente leggo "paginate" più da romanzo che da fumetto. Su Pearl, bisogna dire, siamo ancora a livelli accettabili, le vette di spiegazionismo soporifero sono state raggiunte con "Sierra Nevada".
-
Come non essere d'accordo?
-
I punti 1) e 2), sinceramente, non mi sembrano tanto campati in aria.
-
Il personaggio ricorda in effetti un po' Pat O'Shane, ma in versione da riformatorio, ispirando anche la stessa simpatia. La sovrabbondanza di vignette e balloon appesantisce alcune pagine: preferisco personalmente i cartonati più "visuali", che esaltano l'aspetto grafico del formato particolare, che si distacca (o dovrebbe) da quello consueto delle pubblicazioni Bonelli, che qui invece ritroviamo. Forse in questo senso avrei osato di più, ma credo che l'esigenza di gestire i fitti dialoghi abbia sicuramente condizionato l'impostazione. Cartonato per me sufficiente, ma senza acuti.
-
Devo dire che la storia di Burattini finora non mi dispiaciuta e anche i disegni sono validi. Potendo scegliere, avrei fatto a meno dei chupacabras, di cui non è che si sentisse grande bisogno. Non mi scandalizzo di certo, perché in anni di letture texiane in campo sovrannaturale abbiamo visto un po' di tutto. Solo avrei dato un po' più di tempo per "riprendersi", dopo la maratona mefistofelica, al lettore, ancora provato dalle ultime quattro verbose ed interminabili tappe, pur alleviate dai disegni di Civitelli (anche se non al suo meglio in questo genere di storie). Personalmente preferisco le storie più spiccatamente western, ma il sovrannaturale in Tex, preso a piccole dosi, non mi dispiace affatto: speriamo che il secondo albo mantenga le buone premesse e di aver trovato un nuovo sceneggiatore da inserire nella "rotazione" per dare respiro a quelli attuali, che a volte sembrano un po' a corto di idee.
-
Trattasi di errore.
-
Letta oggi questa storia del 1995, dove spiccano bene i difetti di Nizzi nella sua fase di declino. Già la storia di per sé non brilla per particolare originalità (ma fin qui ci può stare, gli spunti per le ambientazioni nel vecchio West non sono infiniti), poi, per soprammercato, prima Tex e Carson se ne vanno bellamente a dormire senza preoccuparsi del turno di guardia, che viene fatto, con esito tragico, solo per l'iniziativa degli uomini della carovana, poi Tex si fa bellamente infinocchiare da Saguaro, venendone risparmiato solo perché, altrimenti, la serie sarebbe terminata lì. Basti questo per bocciare, nel mio giudizio, la storia, tenuta faticosamente in piedi, per il resto, dal mestiere di Nizzi. Ben delineati, ma non certo memorabili, i bozzetti dei personaggi della carovana. Finale a mio avviso molto discutibile: i torti e le discriminazioni subiti dalla giustizia dei bianchi non bastano a giustificare gli omicidi a sangue freddo della guida e degli altri due innocenti uomini della carovana, per uno dei quali Nizzi si premura anche di farci sapere che è stato torturato a morte da Saguaro, rendendo così ancora più stridente la benevola comprensione mostrata da Tex. Sarebbe bastato far morire Saguaro, già ferito, nello scontro finale con i tre assassini per ottenere una conclusione a mio avviso molto più "texiana". Insomma, nulla a che vedere con la storia, dai toni poetici che ne fanno un vero gioiellino, dell'almanacco dell'anno prima, con protagonista Zeke Colter.
-
Storia recuperata in versione "Le grandi storie di Tex" di Repubblica. Si vede che è stata scritta con intenti ambiziosi, ma, come di rado mi capita, ho faticato a finirla, trovandola verbosa e alquanto prolissa, con una vicenda che, pur essendo classicamente western (tra boss che spadroneggiano in città, carovane, indiani, ecc.), come quelle che apprezzo maggiormente, non mi ha coinvolto appieno, come anche il rapporto sullo sfondo tra Cavallo Bianco e Colpo Coraggioso, sulla cui natura più profonda Sigmund Freud avrebbe avuto forse qualcosa da dire. Buoni i disegni di Font, ma, come sempre mi capita con questo disegnatore, non riesco ad apprezzarne appieno il tratto, specie per quanto riguarda il modo di rappresentare Tex e i pards. In particolare ho trovato, in alcune vignette, un Carson rappresentato in modo per me troppo caricaturale nelle sue espressioni.
-
Riletta a distanza di sei mesi, devo dire che ho apprezzato maggiormente questa storia, che è un vero e proprio "gioiellino western". È scritta senza ambizioni di entrare nell'epica texiana e questo a mio avviso gli giova, rendendola priva di quella sensazione di "costruito", di ricerca del "capolavoro" che talora si ravvisa in alcune storie di Boselli, specie fra quelle più complesse e ricche di personaggi e sottotrame. Qui tutto è essenziale, senza fronzoli: i personaggi, pur non essendo pochi, hanno tutti un loro ruolo nella storia e nessuno di essi restituisce quella sensazione di esser lì quasi per far numero, come avviene altre volte. I disegni di Letteri non fanno che aumentare la sensazione, piacevole, di "classicità texiana" di questa storia, molto più dai toni bonelliani che, malgrado il sottofondo giallo, nizziani, come avevo scritto mesi fa alla prima lettura: d'altronde nella vicenda non compare nessun origlione...
-
Credo cheĺ Mi sembra che talora Boselli tenda ad affezionarsi un po' troppo a certi suoi personaggi: passi, ad esempio, per Dawn (a piccole dosi), ma nella storia delle navi perdute Dallas e Mike costituivano, a mio avviso, due vere "zavorre".
-
Storia letta solo ora, nel corso del progressivo recupero dei numeri persi durante la mia pluridecennale "assenza texiana". Presenta pressoché tutti i topos boselliani: vicenda corale, un po' intricata, tanti personaggi (i cui destini si intrecciano nel corso della storia), alcuni dei quali virano durante la vicenda dal bianco al nero (o viceversa). Ma anche usando gli stessi ingredienti (che sia il caso di variarli un po', ogni tanto?), non sempre la pietanza riesce in modo ottimale, come in questo caso, in cui, complice anche un finale non proprio indovinato, il giudizio complessivo è solo a stento sufficiente. Insopportabile, fin dalla sua prima apparizione, il personaggio di Durango (quasi quanto il fratello Kid, di cui il momento che ricordo con più piacere è il manrovescio mollatogli da Carson): spero che la superflua presenza di Dallas nella recente vicenda delle navi perdute abbia chiuso definitivamente il sipario sulla famiglia Rainey, anche se temo di no.
-
I disegni sembrano molto validi, speriamo la storia sia all'altezza...
-
Credo che potrebbe essere, indicato in modo che genera equivoci, il numero complessivo delle strisce previste, 66x3, con un'uscita finale di 2 strisce per terminare la serie...
-
Boselli, a mio avviso, come curatore tiene molto alla qualità delle storie, anche se, ovviamente, come si suol dire, non tutte le ciambelle possono uscire con il buco. Pensare che possa aver richiamato Nizzi perché "certi lettori si contentano di 'sta roba" mi pare francamente offensivo nei suoi confronti.
-
Io penso che, se le storie residue di Nizzi sono state già ritenute idonee alla pubblicazione sulla serie regolare, escluderle del tutto o dirottarle al di fuori della stessa per una sorta di ripicca verso le parole che ha pronunciaro non avrebbe senso, sta dal punto di vista logico (sarebbe una reazione puerile e poco professionale, a livello dell'intervista di Nizzi), che, ancor più, da quello economico (si tratta di lavoro già pagato dalla casa editrice e, da quanto abbiamo letto sopra, anche a caro prezzo). Personalmente, più che di quelle di Nizzi residue, che sono in ogni caso poche, a questo punto sono preoccupato più della qualità delle prossime storie degli sceneggiatori ancora in attività, pensando, con una punta di raccapriccio, a quanti "pistoleri voodoo" potrebbero ancora attendere in futuro i lettori.
-
Penso che il comportamento di Nizzi in questa occasione sia indifendibile. Oltretutto non si è fatto trascinare dalla foga del discorso ma, a giudicare dalle sue ripetute richieste di portare il discorso su Tex, si è trattato di un comportamento premeditato, con giudizi e frasi, quindi, ben ponderati prima. È stato davvero un comportamento inelegante, se non altro perché fino a ieri ha continuato a sceneggiare Tex e a collaborare con la casa editrice che ora attacca: sarebbe bastato evitare giudizi sul Tex odierno, dicendo che preferiva non esprimersi per motivi di opportunità, e tutti avrebbero capito ugualmente cosa ne pensava. Oltretutto, questo aspetto così "rancoroso" dell'intervista ha oscurato spunti e considerazioni interessanti che ha espresso nel corso dell'intervento.
-
Non si può dire che la diplomazia sia la sua dote principale Pur con le cadute di stile nelle critiche alla casa editrice attuale e a Boselli, qualche passaggio è interessante per ricostruire la storia di Tex e della Bonelli, almeno nel punto di vista di Nizzi, e la visione "nizziana" della costruzione della sceneggiatura e dell'interazione con i disegnatori.
-
Analisi verosimile... tra l'altro, ho notato anche io la diversa tipologia di ombreggiature sul volto di Tex e su quello degli altri personaggi, per i quali talvolta mi sono sembrate troppo insistite, tanto da farli sembrare simili a reduci da una miniera di carbone.
-
Sono andato anche a rivedermi le tavole e, seppure il Tex di Scascitelli in questo Maxi non si può dire che brilli per vastità della gamma espressiva, resto del mio parere. È, a mio avviso, un Tex molto canonico e senza guizzi particolari, ma più che decoroso rispetto ad altri visti nel tempo (uno per tutti, quello di Alaska). Dirò di più: in alcune tavole mi sembra anche decisamente ben riuscito.
-
Storie senza slanci particolari, ma quantomeno decorose, per una lettura poco impegnativa. Disegni tra i migliori visti su Tex negli ultimi tempi: alcune tavole di paesaggi sono davvero notevoli e i particolari degli interni sono davvero dettagliati. È vero che le figure non brillano per dinamicità e che il volto di Tex, di chiara ispirazione Ticciana, è poco personale, ma non so davvero come lo si possa definire "il più orribile mai disegnato", tanto più tenendo conto che sul Maxi, negli anni, senza entrare nei particolari, è apparso di gran lunga di peggio.
-
[738/740] Il Manicomio del Dottor Weyland
Jim Brandon replied to ymalpas's topic in Le Storie dal 701 al 800
Buona partenza di questo atteso ritorno di Mefisto. Atmosfera horror finora diversa da quella cui ci avevano abituato le precedenti apparizioni di Steve Dickart (anche se la copertina del prossimo numero ci fa pensare ad un ritorno al passato nel prosieguo), con caratteristiche di maggiore realismo. Visibile l'impronta di Boselli, con dialoghi "abbondanti" ed una galleria di personaggi che ricordano in qualche modo i "freaks" de "i 7 assassini" in versione horror. Spero che nel prosieguo della storia quest'ultimo aspetto "corale" non sia troppo insistito: il protagonista qui può essere solo Mefisto, che, in materia di malvagità, grazie anche alla sue arti magiche, supera tutti gli altri comprimari. I disegni dei Cestaro sono adatti alla storia, creando atmosfere cupe alla Dylan Dog, ma le fisionomie, di Tex e Carson, mi sembrano troppo personali nell'interpretazione e, di conseguenza, poco centrate. -
A mio avviso, il problema di Alaska non sono soltanto i disegni pessimi. La trama ad un certo punto diventa troppo dilatata e la trovata finale del "pupazzo gigante" è tanto deludente quanto poco credibile. Probabile che le vicissitudini con i disegni abbiano alla fine demotivato anche lo sceneggiatore.