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Jim Brandon

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  1. Secondo albo preso e letto in due step, perché si fa davvero fatica a finirlo, dato che la noia regna sovrana: non è davvero una buona indicazione per un fumetto che dovrebbe essere fonte di svago (cosa che, per dire, non mi è successa con l'ultimo maxi di Nizzi). Le idee latitano e le soluzioni narrative sono poco credibili (es. il vice sceriffo costretto a confessare davanti al giudice). Mi sembra che Ruju stia subendo un'involuzione (anche se il top in negativo, difficilmente eguagliabile, lo ha raggiunto già, con la strampalata storia de "il Pistolero vodoo"). In questo caso, inoltre, penso che sia stata sbagliata la scelta di riprendere una dimenticabile storia minore e farne un sequel che, oltretutto, ricalca quasi completamente la trama originaria. La cosa migliore sono i disegni.
  2. Sono d'accordo. A giuste dosi, ci può stare almeno ogni tanto il Tex almeno in parte sconfitto. Ok che molti di noi hanno iniziato a leggere Tex da bambini, ma certe concezioni dell'eroe che non può sbagliare mai mi sembrano legate un po' troppo alla visione che, personalmente, ne avevo nell'infanzia.
  3. Trovo in effetti il giudizio alquanto ingeneroso, considerato che, se non ci fosse stato Nizzi, forse oggi non ci sarebbe più Tex. Mi chiedo però se il giudizio di quei tempi da parte di Borden, da lettore, sia cambiato con gli anni diventando il curatore di Tex, visto che Nizzi era stato richiamato.
  4. POSSIBILE SPOILER Letto oggi il primo albo di questa storia. Devo dire che, pur non presentando finora pecche particolari, la prima cosa che mi è venuta spontanea pensare è stata che del ritorno di Spring e Holmer non si sentiva granché il bisogno. Sfugge un po' il motivo di riesumare due antagonisti abbastanza scialbi, perduti nelle nebbie del tempo, che non sono stati tra quelli che, nella saga texiana, hanno fatto epoca o hanno lasciato un'impronta particolare. La loro vicenda poteva insomma, a mio avviso, ben dirsi conclusa nella storia precedente. Detto questo, i complimenti a Barbanera per il suo secondo soggetto su Tex sono comunque d'obbligo: la storia è abbastanza scorrevole e la vicenda della falsa accusa ai danni dello sceriffo Sander si preannuncia interessante. Vedremo gli sviluppi nel secondo albo. Per quanto riguarda i disegni, quelli di Rossi riconciliano per me con il Tex classico che abbiamo imparato ad amare. In una parte di flash back, anche se il tratto è diverso, mi hanno richiamato fortemente, come in un deja vu, i disegni di Nicolò nella storia anni '70. Spicca fortemente la differenza con quelli del Maxi in edicola, dai volti quasi caricaturali: forse qualcuno potrà dire che il tratto di Rossi non è particolarmente originale ma, personalmente, sono questi i disegni che vorrei vedere su Tex.
  5. Finito ora il nuovo Maxi. Non una storia memorabile, ma una piacevole lettura texiana, dove Nizzi ha dosato, invero senza grandi guizzi di fantasia, alcune componenti classiche delle storie del nostro ranger, con un certo mestiere. Capisco che ormai Nizzi venga spesso criticato a prescindere, ma a me, sinceramente, questo Maxi non è dispiaciuto e lo trovo più che decoroso. Personalmente mi rammarico che sia uscito dalla Bonelli sbattendo la porta e rilasciando delle dichiarazioni spiacevoli, che non gli hanno certo fatto onore. Non mi sarebbe dispiaciuto leggere ogni tanto qualche altra sua storia, probabilmente non particolarmente originale, ma lineare, priva di dialoghi tanto fitti quanto stremanti e di "sottotrame e controtrame", che costringono talvolta il lettore a tornare indietro di diverse pagine per riprendere il filo della storia.
  6. Storia che non era partita male (pur nell'overdose del filone fantastico a cui i lettori sono sottoposti negli ultimi mesi), ma che si conclude con un secondo albo decisamente sotto tono. La liberazione del messicano da parte del ragazzo e il "segreto" svelato dai due fratelli sono colpi di scena che si rivelano fiacchi come il resto dell'albo. Il "top" lo raggiungiamo con la comparsa dei simil-zombi, in un finale dove lo sceneggiatore cerca invano trovate per sopperire alla mancanza di idee. Non sono mai stato un lettore zagoriano, ma se questi sono gli ingredienti tipici, non mi sento certamente invogliato a diventarlo.
  7. Direi che, almeno per un po', ci ha permeato abbastanza
  8. Sarà.. io ultimamente leggo "paginate" più da romanzo che da fumetto. Su Pearl, bisogna dire, siamo ancora a livelli accettabili, le vette di spiegazionismo soporifero sono state raggiunte con "Sierra Nevada".
  9. I punti 1) e 2), sinceramente, non mi sembrano tanto campati in aria.
  10. Il personaggio ricorda in effetti un po' Pat O'Shane, ma in versione da riformatorio, ispirando anche la stessa simpatia. La sovrabbondanza di vignette e balloon appesantisce alcune pagine: preferisco personalmente i cartonati più "visuali", che esaltano l'aspetto grafico del formato particolare, che si distacca (o dovrebbe) da quello consueto delle pubblicazioni Bonelli, che qui invece ritroviamo. Forse in questo senso avrei osato di più, ma credo che l'esigenza di gestire i fitti dialoghi abbia sicuramente condizionato l'impostazione. Cartonato per me sufficiente, ma senza acuti.
  11. Devo dire che la storia di Burattini finora non mi dispiaciuta e anche i disegni sono validi. Potendo scegliere, avrei fatto a meno dei chupacabras, di cui non è che si sentisse grande bisogno. Non mi scandalizzo di certo, perché in anni di letture texiane in campo sovrannaturale abbiamo visto un po' di tutto. Solo avrei dato un po' più di tempo per "riprendersi", dopo la maratona mefistofelica, al lettore, ancora provato dalle ultime quattro verbose ed interminabili tappe, pur alleviate dai disegni di Civitelli (anche se non al suo meglio in questo genere di storie). Personalmente preferisco le storie più spiccatamente western, ma il sovrannaturale in Tex, preso a piccole dosi, non mi dispiace affatto: speriamo che il secondo albo mantenga le buone premesse e di aver trovato un nuovo sceneggiatore da inserire nella "rotazione" per dare respiro a quelli attuali, che a volte sembrano un po' a corto di idee.
  12. Letta oggi questa storia del 1995, dove spiccano bene i difetti di Nizzi nella sua fase di declino. Già la storia di per sé non brilla per particolare originalità (ma fin qui ci può stare, gli spunti per le ambientazioni nel vecchio West non sono infiniti), poi, per soprammercato, prima Tex e Carson se ne vanno bellamente a dormire senza preoccuparsi del turno di guardia, che viene fatto, con esito tragico, solo per l'iniziativa degli uomini della carovana, poi Tex si fa bellamente infinocchiare da Saguaro, venendone risparmiato solo perché, altrimenti, la serie sarebbe terminata lì. Basti questo per bocciare, nel mio giudizio, la storia, tenuta faticosamente in piedi, per il resto, dal mestiere di Nizzi. Ben delineati, ma non certo memorabili, i bozzetti dei personaggi della carovana. Finale a mio avviso molto discutibile: i torti e le discriminazioni subiti dalla giustizia dei bianchi non bastano a giustificare gli omicidi a sangue freddo della guida e degli altri due innocenti uomini della carovana, per uno dei quali Nizzi si premura anche di farci sapere che è stato torturato a morte da Saguaro, rendendo così ancora più stridente la benevola comprensione mostrata da Tex. Sarebbe bastato far morire Saguaro, già ferito, nello scontro finale con i tre assassini per ottenere una conclusione a mio avviso molto più "texiana". Insomma, nulla a che vedere con la storia, dai toni poetici che ne fanno un vero gioiellino, dell'almanacco dell'anno prima, con protagonista Zeke Colter.
  13. Storia recuperata in versione "Le grandi storie di Tex" di Repubblica. Si vede che è stata scritta con intenti ambiziosi, ma, come di rado mi capita, ho faticato a finirla, trovandola verbosa e alquanto prolissa, con una vicenda che, pur essendo classicamente western (tra boss che spadroneggiano in città, carovane, indiani, ecc.), come quelle che apprezzo maggiormente, non mi ha coinvolto appieno, come anche il rapporto sullo sfondo tra Cavallo Bianco e Colpo Coraggioso, sulla cui natura più profonda Sigmund Freud avrebbe avuto forse qualcosa da dire. Buoni i disegni di Font, ma, come sempre mi capita con questo disegnatore, non riesco ad apprezzarne appieno il tratto, specie per quanto riguarda il modo di rappresentare Tex e i pards. In particolare ho trovato, in alcune vignette, un Carson rappresentato in modo per me troppo caricaturale nelle sue espressioni.
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