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Poe

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  1. Poe

    [726/727] Il pistolero vudu

    SPOILER SPOILER SPOILER SPOILER Storia dalla trama esile, poco ispirata, poco convincente. Potremmo considerarla la terza parte di una trilogia di Ruju sull’identità, dopo “Il ritorno di Proteus” e “Sulla strada maestra”, tutte storie che vedono Tex affrontare personaggi che assumono un aspetto e un’identità diverse per ingannarlo: un trasformista, un gemello cattivo e ora una strega vudu che può entrare nel corpo altrui. Tutte e tre storielle poco riuscite, a mio parere. Qui il primo albo non mi era dispiaciuto, Ruju e Ramella erano riusciti a creare una bella atmosfera, e l’intreccio e le scene d’azione ti inducevano a proseguire con interesse. Nel secondo albo invece la storia si affloscia piano piano, la vicenda diventa lineare, prevedibile, “legnosa” in certi passaggi, con dialoghi sbrigativi, personaggi senza spessore e alcune situazioni assurde. La più grave è quando Tex e Carson nascondono una delle vittime designate nel retro di un ristorante, mettendo così a rischio la vita della proprietaria, per di più facendolo sorvegliare da un aiuto-sceriffo dichiaratamente incapace e andandosene assieme fuori città a cercare tracce, per poi tornare frettolosamente indietro rendendosi conto di aver fatto una sciocchezza! (Ruju, anche tu, liberati dalla possessione del Nizzi che è in te!!!). Poi tante piccole cose: Carson che all’assalto dei coccodrilli dice che non ha mai visto niente di simile, dimenticandosi l’avventura “Nelle paludi della Louisiana”; il pistolero Carrillo che affronta per la seconda volta Tex senza la protezione del medaglione, con la strega che lo salva dicendogli che non era ancora pronto ad affrontare l’avversario senza un nuovo amuleto magico (e non glielo poteva dire prima!); i Cajun zombizzati dalla strega per mezzo dell’acqua infetta, che sembrano usciti pari pari da una storia di Zagor; e, per concludere, un duello finale con un Carrillo ormai senza più alcun carisma, con i proiettile di Tex che per magia deviano dal bersaglio, resi da Ramella in modo non molto brillante!... Insomma, dopo quella di Zamberletti, un’altra storia non proprio esaltante. Speriamo in Manuela Montoya... P.S.: tutte le polemiche e gli scandali prematuri sulla "resurrezione" del pistolero hanno qui una semplice risposta: bastava aspettare! E in ogni caso non è quello il problema della riuscita della storia...
  2. Poe

    Il Tex di Boselli è veramente Tex?

    Questo è vero. Con "Colorado Belle" Boselli ha superato di gran lunga GL Bonelli nelle storie di fantasmi (La dama di picche, Il tesoro di Victorio, ecc.). Anche in Dampyr le storie di fantasmi gli riescono particolarmente bene.
  3. Poe

    Il Tex di Boselli è veramente Tex?

    Sì, è detto molto bene: in Boselli Tex non viene sminuito dalla presenza di numerosi comprimari o di personaggi dalla forte personalità. Nonostante quantitativamente le pagine in cui il Nostro compare in una storia possano essere minori che in passato, la sua presenza non risulta per questo meno incisiva e determinante e il carattere ambiguo e di non facile lettura di molti antagonisti rende sia più interessante la vicenda, sia più difficile - e alla fine meritorio - il compito di Tex. Ecco, se si può fare una critica al Tex di Boselli è quella - secondo me - di non aver saputo rinnovare le storie magico-fantastiche, o almeno non come è riuscito a fare invece con quelle del filone "realistico". Non a caso le storie più apprezzate dai lettori appartengono al western realistico, solo raramente si citano "Il segno di Yama" o "Omicidio a Bourbon Street", e di solito nei piani bassi delle classifiche. E' strano ma lo sceneggiatore di Dampyr su Tex non ha (ancora) trovato una formula personale per raccontare in modo diverso il lato fantastico-sovrannaturale del West. In questo GL Bonelli è ancora imbattibile (le storie di Mefisto, di El Morisco, Diablero, Le terre dell'abisso, ecc. ). Nizzi e Nolitta non ne parliamo. Ecco, una maggiore asciuttezza nella narrazione non guasterebbe a Boselli. O meglio: nel periodo 400-500 l'asciuttezza c'è (non come Berardi ma c'è), nelle grandi storie disegnate da Marcello, per esempio, tutto fila che è un piacere (l'unico neo può essere talvolta un eccesso di pathos o di "buonismo", ma neanche tanto). Successivamente invece, e ancora oggi, alcune storie risentono di una certa pesantezza, a volte nella trama, a volte nei dialoghi, a volte in una minore capacità di sintesi. Sì, io aggiungerei anche il nome di Nolitta, tra le influenze. Nonostante le storie texiane di Sergio Bonelli non siano le preferite di Boselli, mi pare, qualcosa nel modo di delineare i personaggi né buoni né cattivi lo ha appreso anche da lui. Storie come "Caccia all'uomo" o "Giungla crudele", per esempio, anticipano alcune situazioni e personaggi boselliani. Non solo. Boselli fa qualcosa in più, aggiunge ai flashback un ritorno al presente, in cui vediamo come il passato abbia influenzato il presente, e come i personaggi attuali siano cambiati e stiano ancora cambiando (in meglio o in peggio). GL Bonelli nei pochi casi di flashback (Il passato di Tex, Il giuramento, Tra due bandiere), si limitava a raccontare un passato ormai concluso o al massimo (ne Il giuramento), una vicenda che si concludeva nel presente ma in cui tutti i protagonisti del passato erano praticamente identici (caratterialmente e fisicamente) al presente (Tex e Tiger, Brennan, ecc. erano sempre loro). Boselli fa tornare vecchi amici o antagonisti invecchiati, e non uguali a com'erano una volta, insomma riesce a rendere l'idea del passare del tempo (anche se i 4 pards hanno sempre la stessa età!).
  4. Complimenti anche da parte mia per la recensione. Però a proposito dell'identità della salma, in realtà all'inizio non si capisce bene di chi sia il funerale anche perché Boselli depista un po', anzi secondo me c'è un vero proprio errore - mi pare perché è da molto che non la rileggo - quando qualcuno all'inizio dice del defunto che era un tipo riservato e di poche parole (o qualcosa del genere), definizione che non corrisponde certo al carattere di Corbett. Per quanto mi riguarda ci ho messo un po' a intuire il finale...
  5. Ottima storia di Boselli (e del grande Marcello) che in un albo e mezzo concentra tutte le caratteristiche tipiche delle sue sceneggiature: tanta azione sapientemente orchestrata, personaggi complessi resi con pochi tratti, molta atmosfera (in questo caso invernale) che aumenta il fascino della vicenda, un Tex determinato e in gran forma (un po’ troppo supereroe, unico difetto della storia), sequenze mozzafiato ben costruite, ma non basta… In questa storia prevalentemente d’azione Boselli riesce a inserire anche la sua poetica sul tempo. E lo fa attraverso Castelman, tipico suo personaggio che non ha risolto i conti col passato, che ha cambiato la propria vita da trapper a ingegnere delle ferrovie, ma con insoddisfazione e rimpianti (“Nel tuo cuore tu sei morto Castleman”, gli dice "il fantasma" di Corvo Giallo), e che però nel finale si ripromette di tornare sulla “giusta strada”. Una sorta di Scrooge di Dickens/Carl Barks dal cuore indurito e peggiorato rispetto al se stesso di una volta, che viene visitato dai fantasmi del tempo passato (in questo caso dai fantasmi dei Nez-Percé) e dai ricordi della moglie indiana Daino selvaggio che ha abbandonato e dimenticato, l’ennesimo personaggio boselliano che ha lasciato dietro di sé un amore non vissuto (Daino selvaggio come Doretta Doremì?). In entrambi i casi per desiderio di ricchezza o maggior benessere. Ma oltre al conflitto personale di Castelman, in questa storia c’è di più, c’è come dice Pecos più sopra, il tema di una civiltà moderna che distrugge quella passata (Il treno che annienta gli indiani). Sono d'accordo. La vicenda personale e sentimentale di Castelman si intreccia con quello della storia del West e della civiltà. In entrambi i casi qualcuno viene sacrificato e lasciato indietro, alle proprie spalle, dimenticato, e il passato viene sepolto. (“Io ho fatto del male alla gente che abitava queste terre… ho portato qui la ferrovia e la civiltà”, confessa Castelman a Tex). Solo che se “il passato è passato, e non ritorna”, come ci ripetono spesso i personaggi di Boselli in varie storie, è anche vero che i fantasmi (i ricordi) inquieti prima o poi si riaffacciano, bussano al presente, riaffiorano quando meno te lo aspetti. E a quel punto sta ai vari personaggi decidere se cancellarlo del tutto, il passato, in nome della modernità, del cambiamento o dell’avidità, oppure farne tesoro e trarne insegnamento, non per tornare indietro, ma per costruire un futuro diverso. E in questo caso non è solo un cambiamento interiore, ma un cambiamento di vita in favore degli indiani: “Credete che potrei fare qualcosa per aiutarli?... Tornerò in primavera… e dirò che sono tornato sulla vecchia pista” , conclude Castelman (che speriamo tanto di rivedere prima o poi anche noi!) In questa storia l'ex trapper capisce il suo errore e cerca di rimediare confrontandosi con i suoi fantasmi (come Scrooge nel Canto di Natale). Non così tanti altri personaggi di Boselli, che di fronte al ritorno del passato decidono di continuare a essere quello che sono sempre stati o che sono diventati (dagli Innocenti alle canaglie di Colorado Belle a Mickey Finn di fronte a Tex, l’uomo che gli aveva salvato la vita da giovane). Insomma un piccolo racconto morale che Boselli incastona in una storia d’azione, di sparatorie e di bufere di neve che appassiona il lettore fino alla fine, lasciandolo divertito e soddisfatto per la bella conclusione, con lo stesso entusiasmo di Carson che festeggia il ritorno di Tex.
  6. Ma infatti non vi sono apparizioni vere e proprie o creature strane, solo presenze accennate (o meglio assenze!), è una foresta cupa, inquietante, un po' come una ghost town, soffia il vento, si odono rumori, si avverte qualcosa che però non si vede mai. E' uno scenario minaccioso per eventi cruenti del presente, avvenuti anche in passato, che può far tornare in mente, in chi lo attraversa, ricordi del passato o generare sogni premonitori... Non sono entrato nei dettagli, perché il soggetto mi sembrava già fin troppo lungo così...
  7. Ray Clemmons è cambiato dopo 25 anni? Il passare del tempo è servito a qualcosa per lui? La domanda è fondamentale perché "Il passato di Carson" ruota attorno a questo, a come ogni personaggio si rapporta col tempo che scorre. Kit Carson in quei 25 anni è andato avanti, ha vissuto una vita piena, non si è voltato indietro a rimpiangere qualcosa che poteva essere e non è stato (il suo amore per Lena). Tutti gli altri personaggi, invece, sono rimasti gli stessi, come se il tempo non fosse passato o fosse passato inutilmente. E questo vale per le canaglie sempre canaglie, così come per Lena che, ancorata a Bannock, non è stata capace di farsi una vita diversa. Solo nel finale, quando Donna dice che potrebbero usare l'oro per far tornare Bannock una vera città, Lena risponde: "Il passato non ritorna", come se per lei quello che è accaduto (rivedere Ray e Kit) fosse servito a capire che è giunto il momento di voltare pagina e iniziare una nuova vita. E Ray Clemmons? Col passare del tempo il suo amore per l'oro a qualunque costo non è cambiato, e neanche il cinismo con cui uccide alle spalle a sangue freddo ("Ti vedo nel tuo vero aspetto", gli dice Carson vedendolo uccidere un indifeso Johnny Lame), né è cambiato il suo egocentrismo che gli fa mettere al di sopra di tutto i suoi interessi (e l'affetto per Lena o per Donna non lo rende più sensibile perché loro fanno parte dei suoi "interessi", del suo mondo, della sua "famiglia", come per i mafiosi, pronti ad ammazzare chiunque senza battere ciglio ma attaccatissimi ai membri della propria "famiglia"). Però qui entra in gioco l'altro grande tema di questa storia: l'amicizia. E se una volta l'amicizia poteva essere sacrificata, 25 anni dopo no, l'amicizia vince su tutto. E in fondo non era forse questo l'unico valore importante che avevano gli Innocenti? Basta questo a convincerci che Ray Clemmons è cambiato negli anni? Forse no, ma è comunque un elemento positivo del suo carattere, un po' di luce nella sua anima nera, che avrebbe potuto essere l'inizio di un vero e più profondo cambiamento, insieme a Lena e a Donna, chissà? La complessità del personaggio non lo fa escludere... Resta il fatto che "Il passato di Carson", per quanto sia una storia intrisa di nostalgia e malinconia, non ti lascia l'amaro in bocca. Il finale - a proposito di finali - è luminoso, apre a un un nuovo futuro, a una possibilità di futuro... Opposto invece è il finale di "Colorado Belle", la storia più pessimista di Boselli, secondo me. Lì nessun cattivo accenna minimamente a modificare il proprio comportamento, e Alice non ha alcun futuro visto che è morta da un pezzo in fondo a un pozzo. "Colorado Belle" è una storia di fantasmi e morti (il villain è Deadman, non a caso). Solo il reverendo Morrow si modifica nel corso dell'avventura, ma solo dal punto di vista della consapevolezza, non del comportamento ("Come è cambiato... E come è triste!" pensa Alice rivedendolo dopo anni in città, da dietro i vetri di una finestra), per una maggiore coscienza di quanto possa essere grande il Male commesso dagli uomini. E infatti l'ultima vignetta della storia vede i Nostri di spalle (non frontalmente), andarsene dalla città fantasma nel grigiore e nel vento. In questo caso il passare del tempo non è servito a molto.
  8. (Perdonate se è troppo lungo...) La foresta nera Cupe foreste del Grande Nord. Kit Carson e Tiger stanno inseguendo una banda di uccisori di indiani con cui si sono già scontrati. Carson è ferito. Giungono a un villaggio indiano devastato e abbandonato. Nonostante l’atmosfera spettrale, decidono di fermarsi per la notte. Carson è febbricitante per la ferita infetta. Tiger veglia e ode strani rumori provenire dalla foresta, il vento che sibila tra gli alberi, un sensazione strana, come di oscure presenze, ma nulla si manifesta. Carson intanto, nel delirio, sogna un uomo con una paurosa maschera indiana che gli chiede di ritrovarla, perché lei è perduta. Chi? Nel frattempo Tex affronta il secondo gruppo di assassini (si erano divisi) e li uccide tutti tranne un giovane, Vic, che cattura. Da lui viene a sapere che con il primo gruppo c’è anche una ragazza indiana, che hanno risparmiato e portato con sé. Poi Tex raggiunge i due pards e insieme arrivano a un villaggio indiano mentre il tempo sta peggiorando. Nevica. Qui devono fermarsi perché Carson ha la febbre alta. Di notte sogna ancora, lo stesso sogno, solo che questa volta l’uomo con la maschera, dopo aver ripetuto di ritrovarla, mostra il suo volto, che è quello di Carson da giovane. Tex vorrebbe proseguire la caccia ma non si fida a lasciare Kit da solo, perché nel villaggio alcune teste calde non vedono di buon occhio i bianchi. Tiger si offre di seguire da solo le tracce degli uccisori, sono in quattro. Lo stregone lo sconsiglia, quella dove sono scappati è una foresta maledetta, nessuno ne uscirà vivo. Tiger non si fa impressionare e va. Tex durante la notte riesce a sventare un agguato di indiani ostili con l’aiuto di Vic, il bandito catturato. Poi, visto che Carson sta meglio ripartono dietro a Tiger. Nel frattempo il navajo attraversa la foresta nera e come, all’inizio, ha strane sensazioni, come di presenze, ma ancora una volta non vede nulla di preciso. Avanzando tra gli alberi neri, ripensa a Taniah, la sua prima fiamma. Poi raggiunge i quattro assassini e li uccide. Prima però viene a sapere che la ragazza che era con loro è stata ceduta a un meticcio, incontrato lungo la strada. Tiger segue il meticcio. Lo raggiunge, si scontra con lui e lo uccide, ma la ragazza ancora una volta non c’è. Dalle tracce si capisce che era riuscita a fuggire da sola. Tiger la segue. Nel frattempo Tex, Carson e Vic attraversano la foresta nera. Carson sta meglio e ora si ricorda, quei luoghi li ha visti da giovane, prima di conoscere Tex. Già allora avevano una brutta fama per fatti di sangue lì avvenuti, che lui aveva totalmente dimenticato. Di notte Tex, mentre veglia, avverte come Tiger strane presenze, il vento che sibila, minacce invisibili. Poi però arrivano pericoli concreti: indiani ostili li aggrediscono. Vic ne approfitta e riesce a sfuggire ai due pards. Tiger intanto ritrova finalmente la ragazza: è in pericolo in mezzo al fiume in piena che ha cercato di guadare, aggrappata a un tronco che sta per essere trascinato via dalla corrente. Cerca di salvarla ma all’ultimo la corrente la strappa via e Tiger, disperato, non riesce ad afferrarla. A valle c’è Vic, che decide di fermarsi ad aiutarla invece di proseguire nella fuga, come sarebbe tentato di fare. In mezzo alla corrente forte, fatica a portarla a riva, ma con l’aiuto di Tex e Carson, che l’hanno raggiunto, alla fine ce la fa. Anche Tiger arriva, e tutti e quattro accendono un fuoco per riscaldare la ragazza che, svenuta e infreddolita, piano piano riprende vita.
  9. Poe

    [478/479] La Miniera Del Fantasma

    Concordo col giudizio positivo su "La miniera del fantasma", un'ottima storia ricca di fascino e d'atmosfera, degna rilettura di quella di Blueberry. Sul fatto che Boselli "non ha ancora sbagliato un colpo" (riferito alla fascia 400-500) è vero, se questo significa che non ha scritto nessun albo brutto, insufficiente, non riuscito. Ma questo si può estendere a tutta la sua "carriera texiana" finora. Se ci limitiamo anche solo alla serie regolare, non c'è nessuna storia - a mio parere - anche tra quelle minori, anche tra quelle meno originali e meno ambiziose, che non abbia comunque una sceneggiatura curata nei dialoghi, nei personaggi, nello sviluppo della vicenda, nessuna che dia l'impressione di essere tirata via, raffazzonata, sciatta. Insomma, un grande esempio di professionalità, oltre che di amore e di rispetto per il personaggio (e rispetto per il lettore). Forse le meno interessanti di Boselli in questo periodo sono "Terra di confine" e "A sangue freddo", due storie comunque discrete e piacevoli da leggere (impossibile sfornare capolavori a getto continuo!). La sua più modesta in assoluto sulla regolare è, per me, "Faccia di cuoio" (n. 603) che comunque una sufficienza se la merita. ("Alaska" è fuori serie e non l'ho mai letta...) P.S.: Buon compleanno!
  10. Mi avete fanno venir voglia di scrivere un soggetto. Ci provo... (Scusate se è un po' lungo, ma non riesco ad accorciarlo) Lama doppia Notte buia e tempestosa in una cittadina dell’Arizona. Tex e il figlio Kit escono dal ristorante dove hanno cenato in compagnia dello sceriffo, del pezzo grosso del paese, Mr. Ring e di suo figlio Ted, un ragazzo dell’età di Kit. Un urlo agghiacciante: un uomo viene in quel momento barbaramente ucciso a coltellate in un vicolo lì vicino, Tex e Kit accorrono. La vittima è morta e presenta numerose ferite e due tagli a forma di X sulla faccia. Il killer viene inseguito dai due pards, Kit resta ferito e l’assassino scappa. Lo sceriffo dice che un delitto simile è capitato già il giorno prima, stessa modalità, stessi tagli sul viso. Entrambe le vittime sono due cowboys di un piccolo ranch lì vicino. Non vi si è ancora recato perché il maltempo non lo ha permesso. Il giorno dopo, finita la tempesta, mentre Kit resta a letto ferito, Tex e lo sceriffo si recano al ranch. Scena macabra: i due anziani proprietari e due altri cowboys morti accoltellati, stesse modalità. Sulla strada del ritorno subiscono un agguato misterioso a fucilate, lo sceriffo muore, Tex rimane appiedato. Intanto Kit in città disubbidisce al padre e si alza dal letto per indagare. In un saloon una ragazza, Susan, gli sussurra di sapere qualcosa e lo invita nella sua stanza dopo un’ora. Ovviamente Kit quando vi sale la trova morta accoltellata. Viene accusato dell’omicidio dal vicesceriffo ottuso e scappa. Si rifugia nella casa del pezzo grosso del paese, Mr Ring, aiutato da suo figlio Ted (conosciuti al ristorante all'inizio), che gli rivela i suoi sospetti sul colpevole degli omicidi, cioè un meticcio abile nel coltello che era stato adottato da bambino dai proprietari del ranch e che aveva anche avuto una storia tormentata con la ragazza del saloon appena uccisa, Susan. Il suo nome indiano era Lama doppia. Sarebbe tornato da pochi giorni, dopo anni, per vendicarsi del modo ingiusto e falsamente accogliente - a suo dire - con cui era stato trattato dai genitori adottivi e un po’ da tutti. Ted ha saputo che si rifugia in una baracca vicino a una miniera, non lontano dalla città. Kit vi si reca con Ted. Nel frattempo Tex riesce a tornare in città, malmena il vicesceriffo e anche lui viene a sapere di Lama doppia e della baracca accanto alla miniera… Dopo varie peripezie Lama doppia viene ferito da Kit, aiutato da Tex che giunge in suo aiuto, ma riesce a scappare. Però qualcosa non torna, il comportamento di Ted è ambiguo e, insomma, dopo ulteriori indagini alla fine si viene a scoprire che i primi due omicidi erano davvero stati compiuti da Lama doppia per odio verso i due cowboys che lo avevano ingannato e deriso, ma quello di Susan e dei proprietari del ranch erano stati compiuti da uomini di Mr. Ring e da suo figlio Ted. Lo scopo era quello di impadronirsi del piccolo ranch su cui è stato trovato dell’oro e che i proprietari non volevano vendere, cercando di far ricadere la colpa su Lama doppia, approfittando del suo spirito di vendetta (che in realtà era rivolto solo ai due cowboys). Ma prima di arrivare alla verità Tex e Kit devono scontrarsi con molti cittadini complici di Mr Ring e figlio, e con lo stesso Lama doppia, che, ferito, si è nascosto in città, pronto, questa volta, a vendicarsi di Mr Ring e Ted, che oltre a volerlo incolpare di omicidi non commessi hanno ucciso Susan, che Lama doppia ancora amava. Alla fine i nostri ovviamente trionfano su tutti.
  11. Poe

    [Texone N. 06] La Grande Rapina

    “La grande rapina” comincia con questo scambio di battute tra Carson e Tex in treno: Kit: - Dormi? Tex: - Dormi anche tu! - Come si può dormire su questa traballante baracca? - Si può… a patto di non avere accanto un rompiscatole. Carson si addormenta, russa forte e Tex: - Peste! Faceva meno baccano da sveglio! Il tono ironico dell’avventura è impostato fin da subito e non riguarda solo i due pards, ma un po’ tutti i personaggi che agiscono e si esprimono per tutta la vicenda con battute sarcastiche, brevi, secche, spesso ciniche ma sempre senza esagerare, per non scadere nel grottesco o nella caricatura, per non annacquare il dramma e la tensione della storia. Ironia a volte involontaria: - Tutto sotto controllo – dice l’ufficiale ignaro che in quel momento i rapinatori stanno staccando la locomotiva. - Siamo in una botte di ferro! – dice l’uomo che custodisce i soldi poco prima che il vagone venga fatto saltare con la dinamite. E il direttore della banca che viene tradito dalla ragazza: - Dimmi che non è vero Linda! Tu… tu avevi giurato di amarmi!… - Non prendertela, Henry caro… L’ho giurato a tanti uomini! Meraviglioso Texone, con dialoghi splendidi, divertenti, non scontanti, uno stile asciutto, senza fronzoli, che non annoia neanche un secondo. Tex e Carson in perfetta sintonia tra loro, sempre all’inseguimento di avversari che lasciano dietro di sé una scia di cadaveri. Carson: - E lo abbandoniamo qui [il cadavere]? Tex: - Ci penseremo più tardi. Non possiamo passare il nostro tempo a fare i becchini... Un inseguimento entusiasmante (disegni di Ortiz da oscar del fumetto) in cui gli avversari, spietati e calcolatori, resteranno sempre sconosciuti ai nostri due segugi, compresa Linda, la complice. - Bella pupattola? - chiede informazioni un insolito Tex. - Da mozzare il fiato – gli rispondono E Carson, lisciandosi i baffi: - Darei volentieri una buona sbirciata a questa pupattola! - Una sbirciata e nient’altro? - insiste Tex - Bah! Si fa per dire – taglia corto Carson. Una storia in crescendo, che migliora e appassiona più si va avanti e si sfogliano le pagine (di solito avviene il contrario), imprevedibile non perché abbia in serbo chissà quali sorprese, ma perché l’autore nasconde bene le sue carte, non lasciando immaginare in anticipo cosa accadrà nelle scene successive. Anche il finale - uno dei migliori di sempre - è emozionante e imprevedibile e non delude (anche questo purtroppo non accade spesso), lasciando il lettore quasi con l’amaro in bocca davanti all’ultima vignetta, con i corpi morti della coppia di rapinatori ricoperti di soldi e le mani vicine fin quasi a toccarsi. Se fossero sopravvissuti - viene da chiedersi - si sarebbero uccisi a vicenda anche loro, come hanno fatto tutti i banditi, o il loro amore era l’unico sentimento vero in questa storia di inganni, imbrogli e avidità? D’altra parte Linda l’aveva detto a Lynch: - Sei una vera carogna, lo sai?... Ma mi piaci per questo! Tex è ancora più lapidario nel vedere i due amanti morti ricoperti di monete: - Volevano l’oro e l’hanno avuto…
  12. Poe

    [Tex Willer N. 29 / 33] Sull'alto Missouri

    Forse hai ragione, ma è impossibile anche per un altro motivo che tutti ci siamo dimenticati e che mi è venuta in mente, e cioè che ne "Il passato di Carson" Tex dice esplicitamente che lui e Carson ai tempi della banda degli Innocenti non si conoscevano! E quindi, ovviamente non si possono incontrare "Sull'alto Missouri" che è precedente a quei fatti, giusto?... Sono andato a dare un'occhiata al n. 407 "Il passato di Carson" e a p. 55 ultima vignetta Tex inizia a raccontare la storia al figlio dicendo che è avvenuta "prima ancora che io conoscessi il vecchio Carson", e a p. 111 prima vignetta ribadisce che "le nostre strade non si erano ancora incrociate". Direi che questo taglia la testa al toro, come si dice. E alle speranze... In realtà Carson sempre nel "Passato..." era famoso per tanti motivi, ma non come ranger. Lo dice proprio Ray Clemmons all'inizio, ancora ignaro dell'identità dell'amico. Esatto. Quindi anche Tex lo conosceva di fama solo come scout, pistolero, ecc. E lo stesso vale, immagino, per Arkansas Joe. Quindi l'ultima vignetta dell'incontro glbonelliano tra Tex e Carson non è un controsenso. Tex: "Non pensavo che i due più famosi uomini del West fossero rangers". E poi Boselli è iperscrupoloso filologicamente, e della tradizione cerca di cambiare il meno possibile, solo quando è strettamente necessario, quindi mi sa proprio che lo storico incontro avverrà - che ci piaccia o meno - nell'ufficio di Marshall...
  13. Poe

    [Tex Willer N. 29 / 33] Sull'alto Missouri

    Scusate ma io non sono molto d'accordo con la vostra interpretazione di questa pagina. A me sembra proprio il contrario, e cioè che Tex incontra qui Carson e Arkansas Joe per la prima volta. 1) Tex li chiama per nome, ma perché è Marshall per primo che glieli presenta!! Dice infatti: "Kit Carson... Arkansas Joe... stringete la mano a Tex..." e solo allora Tex stringe la mano a Carson e pronuncia il suo nome come se lo vedesse per la prima volta. 2) Ma la vignetta successiva è ancora più chiara. Dice Arkansas Joe rivolto a Tex: "Il tuo nome non era tanto nuovo per le nostre orecchie". Quindi entrambi l'hanno sentito nominare, ma - è sottinteso - non l'hanno mai conosciuto di persona!! Insomma si conoscevano tutti e tre di fama e basta! Secondo me. E' la vostra smania di far incontrare i due pards a farvi travisare il testo... A me, tutto sommato, non dispiace vederli agire in parallelo. Come ho già detto, non la trovo una forzatura, anzi mi sembra un'idea originale e interessante, come quella di Pinkerton Lady con Mefisto. Poi, è chiaro, che una situazione simile non può essere ripetuta troppe volte perché rischia di diventare poco plausibile...
  14. Come in altri argomenti, non sono molto d'accordo con te... Quando i lettori inizieranno a ragionare sul MARCHIO TEX e non sul FUMETTO TEX - ammesso che accada - il fumetto Tex non sarà più Tex e i lettori non lo leggeranno più, competitors o non competitors... Nel senso che è ovvio che Tex, come qualunque altro fumetto, ha bisogno di un ricambio generazionale, altrimenti i vecchi lettori prima o poi finiscono... Ma Tex - secondo me - è per molti versi un fumetto ormai obsoleto, come tutto il genere western, che potrà attirare ancora qualche giovane nuovo lettore, ma non più di tanto. E' già un miracolo che dopo 72 anni esista ancora!... E quando finiranno i vecchi lettori? Eh be', prima o poi anche Tex finirà - speriamo il più tardi possibile - visto che nessuna serie a fumetti è infinita, ma non credo che puntare sul MARCHIO TEX sia il modo giusto per ritardarne il declino, anzi... In passato Tex ha venduto perché erano tempi totalmente diversi, ora Tex - ripeto - difficilmente riuscirà ad attirare nuovi giovani lettori, quindi è giusto che si tenga stretto almeno i vecchi, a cui non interessa molto - credo - il tuo discorso sul brand o sui videogiochi di Tex o quant'altro (o forse a qualcuno sì, chissà). Il tuo ragionamento che la Bonelli deve diversificare e deve affiancare altro per sopravvivere probabilmente è giusto, ma è valido principalmente per altre testate della casa editrice, per altri "prodotti", per altre iniziative, non per Tex. D'altra parte mi sembra che lo stia già facendo, non so con quali risultati, ma da quel che leggo in giro non mi sembra siano eccelsi... Certo, deve creare il lettore di domani, e per farlo - dico io - per prima cosa dovrebbe creare nuove serie di fumetti di qualità, poi anche questo forse non basterebbe, visto il periodo che stiamo attraversando, ma almeno dovrebbe provarci. Poi può affiancarci quello che vuole, trovare altre strategie, ma se non ci sono serie nuove, belle e moderne... Per quanto riguarda Tex, la cosa migliore che può fare, a parer mio, è semplicemente continuare a pubblicare ottime storie (e tenersi stretto Boselli!), che piacciano sia ai vecchi lettori che a qualche giovane, come la serie "Tex Willer" sta dimostrando. E questo non è un discorso "passatista", è un discorso realista.
  15. Poe

    [Tex Willer N. 29 / 33] Sull'alto Missouri

    Sì, ottimo secondo albo! Dopo un primo un po' interlocutorio, a mio parere, qui la vicenda comincia a decollare alla grande... SPOILER SPOILER Le storie di Tex e Carson che procedono in parallelo e si alternano rendono piacevole la lettura, e i disegni di Del Vecchio sono perfetti per un'avventura simile (avrei visto bene anche Frisenda, ma chissà cosa sta disegnando ora). Boselli non delude nel descrivere il giovane Kit, il suo animo generoso e idealistico, il suo preoccuparsi dei figli e delle vedove delle vittime, anche se lui dovese morire, così come nel tratteggiare l'inizio dell'amicizia tra lui e Ray Clemmons, con Carson che lo ringrazia e Ray che gli risponde: "E di che?... Questo e altro per un amico!" Da segnalare poi una novità assoluta per Tex: un personaggio - in questo caso Kit - che esce da un bagno, cioè da una latrina, dopo aver fatto i suoi bisogni! Situazione mai vista prima nella serie regolare, se non mi sbaglio, e in ogni caso non compiuta dai quattro pards... Un tabù che cade?...
  16. Poe

    [416/418] Cercatori Di Piste

    A me sembra - sembra - che Boselli avesse in mente anche i finali di GL Bonelli in "Sangue Navajo" e "Vendetta indiana" in cui il sanguinario comandante militare di turno viene riconosciuto incapace dai suoi superiori e degradato (per questo non fa morire Craig prima, per la ferita, perché deve subire il processo ed essere condannato). Però Craig è troppo odioso e malvagio e deve morire, come in "Vendetta indiana" il colonnello Arlington (ucciso nel finale dall'indiana). Quindi il modo migliore è farlo morire dopo il processo e - secondo Boselli -, in seguito all'uccisione di Torrence. Sul fatto che la morte di Torrence abbia reso più commovente la storia non c'è dubbio, che tra i motivi ci sia anche quello di evitare un suo possibile ritorno, non credo. Se uno sceneggiatore non vuol far tornare un personaggio... non lo fa ritornare! Non c'è bisogno di ammazzarlo... Questo sì, la morte dell'eroe lo rende sempre più grande ed epico, soprattutto se è riuscito nell'impresa che si era prefissato, la salvezza della sua comunità. Muore ma è riuscito nell'impresa eroica, un classico, da Mosè a Leonida, ecc. Farlo morire dopo che ha vinto, non durante lo scontro a fuoco precedente, ne risalta ancora di più la grandezza e la tragicità. Ecco anche a me pare che in una storia tendenzialmente realistica e "dura" com'è di fatto "Cercatori di piste", con avversari molto tosti e crudeli, un finale troppo positivo avrebbe stonato. E poi se l'ha detto chi l'ha scritta, non c'è dubbio che abbia ragione lui! Io avevo pensato anche che la vittoria della comunità di indiani e bianchi di Torrence in un periodo storico in cui in realtà i pellerossa erano in fase "declinante", per usare un eufemismo (Tex è ambientato negli anni '80 dell'800, Wounded Knee è del 1890), potesse aver contribuito a fare un finale meno ottimista, ma forse queste sono solo mie elucubrazioni. Non sono d'accordo (Guerre stellari non rappresenta la fantascienza degli ultimi decenni, che è quasi tutta ultra pessimista), ma non importa è un discorso troppo lungo e soprattutto OT! Magari un'altra volta, in un altro topic Non sono un moderatore, ma mi pare che tra te e Diablero il più ossessionato da Nizzi sei tu (anche lui non scherza, eh). Ok, Nizzi ti piace come sceneggiatore, non sopporti che qualcuno ne parli male, però dai, lascia perdere ogni tanto, non ne vale la pena... "Non nominare il suo nome invano" è un comandamento che non è stato scritto riferendosi a Nizzi.
  17. Poe

    [416/418] Cercatori Di Piste

    Be', d'accordo, la Storia è una tragedia continua, ma ci sono eventi storici più drammatici e altri meno: la guerra di liberazione americana dagli inglesi di fine '700 ispira più un lieto fine di quella fratricida del 1861, il Risorgimento italiano (con tutti i suoi lati oscuri, per carità) è meno drammatico (storicamente e narrativamente parlando) del fascismo o del nazismo, e così via... Non so, non sono uno scrittore, ma non mi verrebbe di scrivere una storia a lieto fine sulla guerra del Vietnam o sulla recente dell'Afghanistan, mentre sulla liberazione dal nazifascismo o sulla fine del colonialismo in Africa sì... Poi dipende... Per tornare ai nativi americani, raccontare la loro storia all''inizio dell'800 è diverso che raccontarla alla fine dell'800 quando ormai sono stati sterminati e messi nelle riserve. Non è che all'inizio dell''800 fossero rose e fiori, è chiaro, ma non è paragonabile a quello che è successo dopo. Infine bisogna intendersi sul concetto di lieto fine, perché per me "Cercatori di piste" è una via di mezzo tra una storia amara (la morte di Torrence) e una a lieto fine (la comunità è salva e i cattivi sono puniti). Esistono insomma anche le vie di mezzo, e quasi sempre quelli che tu chiami finali tragici nella Bonelli sono delle vie di mezzo, perché poi gli eroi alla fine vincono e quasi sempre risolvono i casi e vivono (abbastanza) felici e contenti (vedi Julia, per es., o anche Dampyr). I finali veramente amari li faceva Tiziano Sclavi e prima ancora Berardi, quando concludeva con Ken Parker ferito o in carcere e tutti gli indiani buoni e i suoi amici ammazzati! Quelli sì che erano finali tristissimi... Manfredi su Magico Vento, è vero, era un'eccezione perché si vedeva che cercava a tutti i costi di trovare dei lieto fine e degli elementi di speranza in storie che apparentemente non ne avevano, era quasi una scelta ideologica, la sua, perché voleva valorizzare a tutti i costi gli indiani, la loro cultura e il loro modo di vivere, e dare al pubblico più giovane degli esempi morali. Insomma parlava degli indiani, ma spesso come una metafora dell'oggi... Non sono d'accordo col discorso: - semplificando - quando le cose vanno bene nella società l'arte si può permettere di essere deprimente, mentre quando vanno male la gente cerca l'evasione e i finali positivi. Innanzitutto ti contraddici perché secondo te la Storia umana è sempre tutta una continua tragedia, quindi l'arte dovrebbe sempre - secondo te - compensare questo fatto cercando di rallegrare il pubblico. Poi gli esempi che porti possono essere confutati con altri (durante il boom economico c'erano sì i film deprimenti tipo Antonioni ma non li guardava nessuno, il tipico genere dell'epoca era la commedia all'italiana sostanzialmente ottimista), e inoltre dipende dai media, il cinema ha avuto una storia, il fumetto un'altra, la letteratura un'altra ancora. Un conto poi è la letteratura di alto livello (che è pessimista dall'inizio dell'800 in poi e non ha mai smesso di esserlo) e un altro la letteratura di genere, che cambia a seconda del periodo storico. La fantascienza, per es., non rientra nel tuo schema: quando la società era ottimista (il positivismo di fine '800) la fantascienza era ottimista, quando la società era sconvolta da guerre mondiali e guerre fredde era pessimista (1984 di Orwell), e lo è anche adesso in piena crisi ambientale. Quindi la fantascienza è un genere che di solito rispecchia il periodo storico in cui viene scritta. Anche questa è un'affermazione che può avere delle verità, ma è troppo generica. Il fumetto più che un media di nicchia per privilegiati è diventato un intrattenimento per lettori adulti, che di fatto richiedono storie meno ingenue e più vicine alla realtà, quindi più amare. Più che una condizione sociale, i fumetti (e i film, i libri) riflettono una scarsa speranza nel futuro (che un po' tutti oggi - consciamente o inconsciamente - hanno), e una visione egocentrica, nel senso che gli sceneggiatori non si sforzano più di vedere il mondo attraverso gli occhi di un ragazzino o di un giovane e nemmeno pensano di rivolgersi a lui quando scrivono, per cui alla fine la mancanza di lieto fine e di speranze finiscono per prevalere. Significativo è stato "Orfani". Recchioni ha provato a fare un fumetto di ragazzini per ragazzini - e all'inizio pareva funzionare - , poi un po' alla volta, uno dopo l'altro, li ha ammazzati tutti tranne Ringo! E le vendite sono crollate... I ragazzini evidentemente non hanno apprezzato questa visione cupissima e gli adulti non l'hanno considerato un fumetto abbastanza per grandi...
  18. Poe

    [416/418] Cercatori Di Piste

    E' una giusta osservazione, ma non parlerei solo di clichè per i finali amari. Certo, i fumetti (e i libri, i film...) si ispirano ad altri fumetti, ad altre opere, e seguono le mode e determinate convenzioni e stilemi che vanno per la maggiore, ma vengono influenzati anche - e soprattutto - dalla realtà in cui vivono i loro scrittori. E sinceramente la realtà di oggi - e dagli anni 70 in poi - non induce molto i narratori a raccontare storie a lieto fine. Voglio dire, la cronaca nazionale o la politica internazionale o le ingiustizie quotidiane, a cui uno assiste tutti i giorni, non ti fanno sperare molto in un lieto fine. Oggi sembra davvero, a vedere le facce di certi capi politici, che vincano sempre i cattivi!!... E anche a rileggersi la Storia dei nativi americani non ti viene molto da scrivere dei lieto fine. La morte di Torrence ha anche questo significato: attenuare il finale troppo positivo con cui sostanzialmente la vicenda si era conclusa, cioè la vittoria della sua comunità di indiani e bianchi, e la giustizia ottenuta contro il maggiore Craig (ma quando mai nella Storia avviene, di solito - ieri come oggi - li promuovono!).
  19. Poe

    [Tex Willer N. 29 / 33] Sull'alto Missouri

    E quindi, che ci dici della storia? Prosegue bene? Facci sapere (senza spoilerare), visto che hai il raro privilegio di leggertelo ben 3 giorni prima degli altri! Ho molte aspettative su questa storia, io, e pur non essendo un "carsoniano" sfegatato come altri, sono curiosissimo di vedere il giovane Kit in azione...
  20. Poe

    [416/418] Cercatori Di Piste

    Io negli ultimi mesi le ho rilette quasi tutte e posso assicurare che nel mio caso hanno mantenuto tutta la freschezza di un tempo, anzi alcune a una seconda (o terza o quarta...) rilettura mi sono apparse persino migliori di come le ricordassi. Sono poche quelle che mi hanno deluso (e che non mi erano piaciute neanche a suo tempo). "Cercatori di piste" è una storia solo un pelino inferiore agli altri capolavori boselliani disegnati da Marcello, mantenendo comunque gli stessi elementi: personaggi intriganti e complessi, splendide scene d'azione, ottimi dialoghi, pathos e sfumature sentimentali e psicologiche, un gran finale e un forte senso del passato che - come si diceva nel post precedente - grava continuamente sul destino dei principali personaggi, un passato che non passa mai del tutto, sia nel bene che nel male. E questa è una tematica fortemente innovativa introdotta da Boselli nella serie di Tex, che né GL Bonelli, né Nolitta né Nizzi avevano mai toccato con simile profondità e insistenza. Il Tex di GL Bonelli era sempre perfettamente inserito nel presente e così gli altri personaggi, poco propensi a guardarsi indietro (forse solo Mefisto aveva qualche problemino con lo scorrere del Tempo!); il Tex (e il Carson) di Boselli cominciano a vivere in una dimensione temporale nuova in cui il passato torna spesso e con insistenza a bussare alla loro porta (Gli invincibili), in modo minaccioso (Missouri, Luna insanguinata), o per far incontrare di nuovo vecchi amici (Jethro, Hutch, Jim Bridger in Nueces Valley) o per mostrare come le persone siano cambiate col tempo, a volte in meglio (Ada Stark in Luna insanguinata, Glenn Corbett), a volte in peggio (Mickey Finn), oppure siano rimaste com'erano (Lena nel Passato di Carson). Il passato, insomma, per Boselli è un fantasma inquieto che aleggia sul presente, può essere malvagio (La vendetta delle ombre) o benigno (Colorado Belle), è un destino ma non del tutto, è anche una scelta. Solo per queste grandi storie di Tex, come "Cercatori di piste", il tempo sembra non passare!
  21. Ora, è vero che continui paragoni col passato possono essere asfissianti, ma è altrettanto vero che - per i lettori di Tex come per qualunque altra serie a fumetti di lunga data - è normale riferirsi alla propria storia e alle proprie origini. Non tanto per nostalgia, o per rifarsi a una mitica età dell'oro, quanto perché il passato può essere una continua fonte di ispirazione e stimolo per il presente, soprattutto nei momenti di crisi. Io non vedo qui tanti "passatisti" o nostalgici, quanto semmai a volte l'opposto, degli elogiatori del nuovo a prescindere - come poi nella società in cui viviamo. Tanto è vero che l'unico che ha difeso a spada tratta qualcuno sei stato tu , dicendo che Villa (che è il nuovo) è PERFETTO (l'hai ripetuto due volte), quasi intoccabile, mentre invece chi faceva notare i pregi di Galep (il passato) era molto meno assolutista, non ha mai usato dei toni così perentori, e non mi pare che qualcuno abbia messo Galep su un piedestallo sacro, ne ha solo evidenziato le qualità come copertinista in gran parte ancora attuali. Tutti hanno - abbiamo - detto che Villa fa copertine capolavoro e che dovrebbe continuare, poi per qualcuno è in calo, per altri no. Io penso semplicemente che possa migliorare - visto che non è perfetto, e condivido le osservazioni critiche nei suoi confronti riassunte da Pecos sopra - e che possa prendere una direzione più stilizzata e un po' più dinamica, meno rigida nelle pose, meno piena di dettagli, ma forse lo sta già facendo pian pianino visto che - come dici tu - le copertine senza sfondo stanno aumentando così come quelle con piani sovrapposti (anche se a me la prossima della strega non è che mi faccia impazzire, come Guatemala o l'"Assedio di Mezcali)... Qui sotto ci sono un ottimo Villa dinamico che mi piace molto e un ottimo Galep statico che, grazie alla postura di Tex, alla sapiente composizione stilizzata e al colore, secondo me è altrettanto d'effetto, pur in modo diverso. Ma non è un derby, è solo un modo per ragionare meglio, sono entrambi dei grandi. Per il resto, penso che le copertine non saranno fondamentali, ma sono però importanti. Nonostante tutto sono ancora una calamita per molti. Perché, se per caso vedete in edicola una nuova serie di una casa editrice sconosciuta con una copertina strepitosa, non vi viene voglia di comprarla subito? A me sì... Poi è ovvio che se la storia è una ciofeca il secondo numero non lo compro... La Bonelli potrebbe utilizzare meglio i talenti che ha, visto che le copertine non sempre le fanno i migliori disegnatori a disposizione, secondo me (vedi Zagor, Dampyr, Dragonero, Nathan Never). Carnevale, che è bravissimo, per esempio io lo sfrutterei di più, magari per numeri speciali, magari anche non su Tex, su altre serie. Chi dice che è troppo west anni '70 non tiene conto della sua estrema versatilità, e della sua capacità di adattarsi a quello che l'editore gli richiede. La qualità media delle copertine della Bonelli potrebbe elevarsi, insomma, con un po' più di coraggio... Che in realtà la Bonelli ha avuto, ma solo nelle miniserie, chiamando fumettisti come Gipi (Orfani-Terra), Manuel Fior o le copertine di Deadwood Dick e Morgan Lost... Poi, va be', il problema principale della Bonelli - non c'è dubbio - sono gli sceneggiatori, non certo i copertinisti. Ma questo è un altro discorso e un altro topic...
  22. E' vero, e infatti anche in "Gilas" è proprio una questione di postura del corpo, che ha un che di più risoluto, intrepido, di meno rigido, rispetto a Villa Poi, per carità, Villa ha fatto copertine di tutti i tipi, capolavori anche spettacolari. Tipo queste due, che sicuramente non passano inosservate, in mezzo ad altri albi in edicola. E che sono, guarda caso, più essenziali e più a fuoco del solito:
  23. Aggiungici l'ultimo Maxi (con il quartetto spostato un centimetro più a destra però...) E invece no - secondo me - la copertina dell'ultimo Maxi, per quanto bella, è tutt'altro che perfetta, non è abbastanza evocativa. I 4 pards sembrano in posa per una foto o che guardino lontano, ma senza particolare tensione per qualcosa. Soprattutto la postura dei corpi, in Villa, è spesso poco significativa, e l'espressione corrucciata dei visi non basta a compensarla. La postura di Tex in "Massacro", per fare un esempio, è molto più riuscita (parere mio), così come nelle copertine postate più su da Pecos. Con questo non voglio dire che Galep sia migliore in tutto, da questo punto di vista sì.
  24. Esempi di copertine di Galep e Villa tra le mie preferite. Essenziali, evocative, drammatiche, Tex centrale. Non voglio fare confronti - sia chiaro - tutte meravigliose e diverse tra loro come soggetto, ma quelle di Villa tendenzialmente meno drammatiche, con un Tex un po' più "composto", meno in tensione. Quelle di Galep con pochissimi dettagli sullo sfondo, ma ben scelti.
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