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TWF - Tex Willer Forum

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Mostrando i contenuti con la più alta reputazione il 16/01/2024 in tutte le sezioni

  1. Il "white savior" non ha connotazioni positive, è una definizione critica / negativa / sarcastica. Non la si usa per "nobilitare" qualcuno, infatti anche per Madre Teresa viene usata in senso negativo (in giro ci sono molti blasfemi)
    1 point
  2. Storia esemplificativa di una tendenza che ultimamente noto sempre più spesso sulla collana, quella di andare a manomettere i classici del passato per poi presentarne degli pseudo-remake narcotizzati. L’originale di GL Bonelli era un piccolo gioiellino facente parte del filone minerario/cittadino, perfettamente compiuto e che non lasciava spazio a seguiti (sarebbe da ridere se una storia del genere venisse pubblicata oggi visto che Tex e Carson passano metà del tempo tra saloon e ristoranti a bere birra e mangiare bistecche). A che pro andarne a recuperare i personaggi (uno dei quali era morto alla fine della storia e l’altro finito a spaccare pietre a Yuma), dimostrando che i nostri avevano di fatto fallito completamente nella loro opera di "pulizia", per fare una storia che ripresenta a grandi linee lo stesso canovaccio (l’unico cattivo che era morto e non poteva essere resuscitato, il predone apache, viene sostituito con uno uguale facente le medesime funzioni)? L’idea mi pare pessima anche perché espone Ruju al massacrante confronto con l’opera originale: l’ineguagliato page turning di GLB viene sostituito da una narrazione soporifera e anestetizzata e i dialoghi taglienti e briosi da scambi di battute forzati e legnosi. Ciliegina sulla torta il finale 'faraciano' con i nostri che fanno fuori da soli una ventina di uomini, chiosa imbarazzante su una storia che per me non doveva essere scritta.
    1 point
  3. Ma lo leggi bene quello che scrivo? No, perché altrimenti o io mi spiego proprio male o tu hai seri problemi di comprensione. Ma proprio per niente. Il fenomeno white savior, anche come tropo cinematografico / letterario / fumettistico, implica una differenza di razza tra il salvatore (bianco) e il salvato (non bianco).
    1 point
  4. Ci andrei piano.Io non l' avevo capito affatto e non credo di essere il solo. Ma tu non sei Tex... È un esperienza abbastanza normale in un giallo sia il capire prima chi è l'assassino (Ellery Queen ad un certo punto della storia metteva direttamente la "sfida al lettore" prima che Ellery risolvesse il caso, dicendo "avete già tutti gli elementi necessari"), sia il non capirlo, non è di solito così importante, tranne nei casi in cui è tanto banale che non sta in piedi che non lo capiscano subito. Ma quando NON il lettore, ma persino l'investigatore (se è rappresentato come abile) non capisce chi è l'assassino... beh, bisogna che il colpevole sia DAVVERO diabolico. Ben più di quanto serva a vincere la "sfida al lettore" per Ellery Queen. In questo caso LO DICE IL COLPEVOLE STESSO CHE SE JOHN PARLA, LUI È SPACCIATO! Il "giallo" in realtà...non è un giallo! È una FILA! Quando è stata aperta la cassa, l'aveva John. Che l'ha sottratta a Leslie. Che l'ha avuta in custodia dallo zio. John - Leslie - Zio. Il colpevole deve essere uno di questi tre. PER QUESTO lo zio deve per forza "buttare la colpa" su John: se sia John che Leslie risultassero innocenti, il colpevole sarebbe subito scoperto: lui. Nizzi cerca di "nascondere" la banalità del mistero NON dando tutte le informazioni al lettore (tacendo il ruolo dello Zio nel trasporto della cassa), e quindi il lettore non ha gli elementi necessari per collegarlo al furto (facile così, "ingannare il lettore" ) ma si "frega" prima con la sua "pigrizia" (chi altri potrebbe essere il colpevole? Non ha messo altri personaggi a parte lo zio...) e poi con l'uccisione di Leslie (e lì... se solo lo Zio sa che sono lì, o è stato lo zio o è stato John...) Se il piano dello zio fosse così "diabolico", se fosse così "insospettabile"... non avrebbe bisogno di un capro espiatorio. Il piano dello Zio si basa sul fatto che TUTTI SIANO TANTO CONVINTI CHE È STATO JOHN che NESSUNO vada ad indagare oltre (scoprendo molto facilmente chi è stato l'ultimo ad avere in custodia la cassa prima della partenza) Ma lo Zio non ha agito abbastanza in fretta. C'è QUALCUNO CHE SA. Qualcuno che ha parlato con John, e sa che John non è stato (e glielo ripete anche in punto di morte John, l'uomo che gli ha salvato la vita...). Qualcuno che ha parlato con Leslie, e sa che Leslie non è stato, e che sa che Leslie è stato ucciso da qualcuno che conosceva. Per fortuna dello Zio... questa persona è il Tex non molto sveglio (eufemismo) di Nizzi! BASTEREBBE CHE TEX CREDESSE A JOHN. Se Tex avesse creduto a John, automaticamente "a cascata" tutto diventa chiaro: la cassa era GIÀ piena di sassi (e scoprire da chi l'aveva avuta Leslie sarebbe stato un gioco da ragazzi, c'erano tutti i documenti ufficiali...), avuto il nome dello Zio bastava fare 2+2 anche con il fatto che Leslie conosceva il suo assassino (ma purtroppo, anche per quello il fiuto raffreddato di questo Tex incolpa John ) Come si dice "non esiste il delitto perfetto, esistono investigatori scarsi". Lo zio ha fatto di tutto per incolpare John perchè senza un colpevole "pronto", sarebbero subito arrivati a lui. Anche l'investigatore più scarso avrebbe capito che la cassa era piena di sassi già alla partenza. Lo Zio non si salva perchè fa un piano "diabilico", è un piano in effetti raffazzonato e pieno di buchi (bastava che Tex non si fermava da lui a raccontargli tutto e non avrebbe potuto fare quella corsa affannosa per chiudere la bocca a Leslie), per sua fortuna ha di fronte un investigatore scarsissimo. Il suo piano funziona perchè TEX NON CREDERÀ MAI A JOHN. Non è questione di "dubbi": se hai dei dubbi, se non sei un idiota integrale, te li togli indagando: Tex non lo fa. Il fatto che non sappia, nemmeno 20 anni dopo, che era stato lo Zio a consegnare la cassa a Leslie indica che NON È MAI ANDATO A CONTROLLARE. Quando parla di "dubbio" in realtà quello che intende dire che è MAI, NEMMENO PER UN ISTANTE, HA RIFLETTUTO SULLA POSSIBILITÀ CHE JOHN AVESSE DETTO LA VERITÀ
    1 point
  5. Questa storia ha diversi punti in comune con la prima che Nizzi scrisse alla fine degli anni Ottanta e che si reggeva su un personaggio proteiforme, capace di assumere, con una "maschera" diversa, diverse identità, un character teatrale che recitava abilmente la commedia sia con i suoi affiliati sia con chi veniva a indagare sulla scia dei suoi fatti criminosi. Anche quest'ultimo albo ha, seppure in misura minore rispetto al primo di cui si è discusso nelle pagine iniziali, confermato come l'autore si sia divertito a far recitare la commedia ai suoi personaggi, pensiamo a Kit Willer e a come riesce a liberarsi dei due scagnozzi che la Tigre gli ha messo alle calcagna in cui finge di essere morso da un serpente oppure alla recita di Daniel che vuole dare a bere al padre che terrà prigioniero Kit Willer mentre invece combattono assieme per la liberazione dei villaggi, o ancora, in tono minore, durante la scalata della torre per liberare van Horn, il lamento di aiuto di quest'ultimo che servirà a distrarre le guardie alle porte. Se non teatrale almeno filmica è la scena in cui la Tigre dà l'assalto alla reggia con un "avanti miei prodi" che è preso ovviamente da Salgari. Ora Nizzi nel suo libro intervista specifica come la Tigre solo inconsciamente nacque da Salgari, se dobbiamo credergli dice che non aveva pensato affatto ai bei racconti scritti a cavallo del Novecento dall'autore veronese. Con questo ultimo capitolo della lunga saga Mauro Boselli ha dunque deciso di sterzare vistosamente verso quella direzione, lo richiedeva la storia, lo richiedeva il disegno iniziale che lo stesso Nizzi aveva pensato vent'anni fa e che gli fu bocciato da Sergio Bonelli, lo richiedeva soprattutto il paesaggio d'incanto rappresentato dal Borneo. E curiosamente, quei quattro albi che sarebbero stati troppi nel 2006 per un disegnatore lento come Venturi, sono stati disegnati proprio da lui in tempi tutto sommato ragionevoli. Da un punto di vista di storia editoriale la cosa fa un po' sorridere. Venturi ha probabilmente con queste pagine realizzato il suo capolavoro grafico: è perfetto in ogni situazione ed è giunto a un'invidiabile maturazione stilistica che ne fa uno dei disegnatori di punta della Casa editrice. Un po' di spazio anche per la povera Lohana. Muore come Marianna nello sceneggiato televisivo, ma dopo che la Tigre ha dato il suo nome alla sua nave ammiraglia. Con la sua morte abbiamo comunque anche un'esplicita citazione dal finale della seconda storia della Tigre ambientata nel delta del Mississippi, in cui Nizzi aveva previsto che lei cadesse intercettando il tiro di Tex che aveva mirato al fuggitivo Omoro e che Sergio Bonelli rifiutò con la motivazione che Tex non poteva macchiarsi del sangue di una donna. La scena l'abbiamo rivista quasi identica in questo quarto albo, la cosa penso debba aver fatto piacere a Nizzi, penso che Boselli abbia pensato un pochino anche a lui scrivendola. E' una scena d'impatto, fortemente melodrammatica, anche se l'autore riesce a evitare lo scoglio lacrimevole che Nizzi invece aveva previsto, rendendo l'azione concitatissima e dedicando le ultimissime pagine, come era logico, al vero attore della storia, la Tigre che in punto di morte si riconcilia con il suo grande nemico, con Tex che promette che darà una mano al figlio, riconoscendo implicitamente alla fine come le gesta della Tigre finalizzate alla riconquista del suo regno nascessero da una buona e giusta causa. Boselli ha deciso di sbarazzarsi in un colpo solo non solo della Tigre ma anche di tutto il clan di vuduisti, la cui sorte era rimasta in sospeso nella storia precedente e come nel caso di Mefisto e Yama Boselli riprende in mano i personaggi e scrive un coerente finale alle loro gesta. Lohana paga la sorte di tante eroine che negli albi di Tex non hanno avuto vita lunga, pensiamo a Fiore di Luna. Sono personaggi ingombranti, che narrativamente non hanno più niente da dire e che comunque non possono essere lasciati in sospeso. All'inizio non avrei scommesso molto sulla sua morte, ma riflettendoci bene era legata a quella della Tigre e quindi pochissime erano le speranze che potesse sopravvivere. Un personaggio come Daniel invece aveva tutte le possibilità di vedersi alla fine insediato nel trono. Nell'ultima pagina ci lascia con un quien sabe? Non deve trarre però in inganno, non è un Nick Castle per cui è già pronto un seguito nella testa dell'autore, resta solo una porticina aperta se mai venisse fuori un'idea geniale per ripescarlo. Il trono, in questo senso, cui si aggrappa, lo salva dalla sfortuna nera che perseguita da anni gli amici più cari di Kit Willer. Una delle cose più meritevoli di questo ultimo albo è lo spazio lasciato a Kit Willer e, anche se meno appariscente, il ruolo recitato in queste pagine da Tiger Jack. Del primo personaggio molto bella è la scena in cui lui si batte con il coccodrillo e instaura poi un bel rapporto con la bella e altrettanto protettiva malese Dara, un rapporto caratterizzato dall'incomunicabilità e tutto regolato a gesti e azioni molto teatrali, molto hollywoodiana per esempio è la scena dell'arrivo della cavalleria (dei dayaki) che lo tolgono da una brutta situazione quando ha il fucile puntato sulle sue ginocchia. Kit Willer è il vero protagonista della storia, tutte le scene migliori convergono su di lui, a cominciare nel secondo albo dalla scena in cui il figlio della Tigre lo addormenta con il sonnifero, pratica che cita più o meno volontariamente le criminali gesta dei recrutatori che nelle bettole dei porti di mezzo mondo arruolavano i marinai da spedire a bordo anche se non consenzienti, con il seguito che ci ha permesso di rivivere una delle pagine più emozionanti della storia che GLB scrisse a metà anni Settanta con protagonista Barbanera. Non dimentichiamo poi la situazione da fibrillazione a cui Kit riesce a sottrarsi nelle pagine iniziali del quarto albo: se non si fosse imbarcato di nascosto, situazione che fa da contrappeso alla precedente che ho appena descritto e che gli rimedia la figuraccia, lui sarebbe stato giustiziato dalla Tigre. Ma ritorniamo a Tiger Jack. Parla e agisce. E' un piacere vederlo aiutare il vecchio maltrattato quando arrivano a palazzo, poi addestrare gli incapaci sepoys, ancor di più è vederlo emozionarsi e abbracciare la causa dei malesi maltrattati che restano comunque dei pirati (stesse dinamiche per i pellerossa del sudovest americano, se ci pensiamo), quindi sposare apertamente le idee di Kit Willer pur sapendo che con Tex avranno qualche difficoltà a passare. Non l'abbiamo mai visto così vivo e partecipativo. Un Tiger che è anche lui una Tigre, se ci limitiamo almeno al nome. Il fatto è che Mauro Boselli, evitando ogni retorica, ci dà uno spaccato cruento ma realistico della colonizzazione fatta dagli europei a fine Ottocento ai danni delle popolazioni locali che loro sottomettevano, che sia il West americano o l''Oriente, un potere di vita e di morte che resta costantemente sospeso sul capo dei pards e che solo la loro abilità questa volta "politica" di negoziatori riesce a evitare. Un ultimo appunto lo vorrei spendere parlando di tecnica narrativa: la storia segue un tracciato molto caro all'autore e il soggetto si riduce sostanzialmente a una lunga caccia che porta gli eroi nella tana del nemico che affrontano e sconfiggono. Di storie come questa, con queste dinamiche, Boselli ne ha scritto a bizzeffe, solo per citarne una pensiamo a El Supremo. In questo caso però ha aggiunto il terzo incomodo, Van Gulik, che recita a differenza dei personaggi terzi delle altre sue precedenti avventure un ruolo almeno paritario con quello del grande cattivo rappresentato stavolta dalla Tigre. E soprattutto ha abbracciato uno stile narrativo che ricorda i grandi classici del feuilleton ottocentesco. Ogni albo si conclude, se ci facciamo caso, con una situazione molto drammatica lasciata in sospeso per il numero successivo: nel primo albo non sappiamo come Tex uscirà vivo dalla palude, nel secondo ignoriamo la sorte di Kit Willer e non sappiamo quali delle due navi è quella della Tigre, nel terzo albo è addirittura la vita di Kit Willer a essere minacciata. Dal feuilleton Boselli prende anche i colpi di scena a effetto: pensiamo all'identità di Daniel Silva che diventa clamorosamente il figlio della Tigre, pensiamo nel quarto e ultimo albo al modo in cui Kit Willer riesce a sottrarsi al pericolo di morte nascondendosi a bordo della nave. Adesso è difficile dire se questa storia possa un giorno salire agli onori dei grandi classici scritta da Mauro Boselli, solo il tempo potrà dircelo, ma ha tutte le carte in regola per poterlo diventare. Da dire c'è che i ritorni di vecchi personaggi quasi mai riescono a ripetere per interesse e bellezza gli albi in cui i personaggi sono apparsi per la prima volta. Lo stesso Boselli, penso a Zagor, ha avuto in passato esisti contrastanti. Questa volta no. Ha ripreso un personaggio non suo e ha, con molta delicatezza, se non superato almeno pareggiato la prima storica avventura che narrava le gesta delle Tigre. Per storie come questa, ora, mi sento portato a spendere un 10 ai testi e un 10 ai disegni.
    1 point
  6. Infatti, la cosa che fa sembrare "storta" a me la storia, è proprio che sia una storia di TEX. Che sia Tex quello rappresentato in quella maniera e ridicolizzato. Mettici un altro personaggio, "Mex Tiller", e appena vedi quanto è pasticcione, non ti incavoli, dici "OK, questo personaggio è pasticcione", lo accetti. e vai avanti. E gran parte delle magagne che ho elencato cadono (Mex Tiller non è un bugiardo spergiuro perchè non è lui che ha giurato di non combattere più, e ci sta che Mex Tiller non creda MAI a John nonostante gli abbia salvato la vita) Alcuni problemi ci sono ancora (la rappresentazione della guerra, la retorica, il nero messo apposta per morire, etc.) ma non sono quelli che fanno incavolare di più. ---------------- Detto questo, per non continuare a rivangare sempre le stesse scene e le stesse cose, stavo riflettendo su una cosa. Nelle storie ambientate in quel periodo, Boselli ci mette sempre Damned Dick. E andando a controllare Tramonto Rosso, Tex usa il plurale quando parla di "cos'hanno fatto" fino alla fine della guerra. Stavo pensando che Tex non solo ad inizio storia sta facendo la spia dietro le linee nemiche, ma è da solo. E non nomina mai Dick. Inoltre, il discorso "non fa fuori nessuno" è troppo ridicolo quando lo vedi sparare, al buio, su una folla di soldati. E su un altra cosa che ho scritto tempo fa su Nizzi: che visti i numerosi errori che ha fatto, evidentemente non è vero che si sia letto tutti i Tex di GL Bonelli. (Pensiamo come autori con meno ego di lui hanno reagito all'invito di Boselli di leggersi una piccola selezione di storie...). È molto probabile che Sergio Bonelli abbia dato anche a Nizzi solo qualche albo, almeno all'inizio (e Fuga da Anderville è una delle prima storie). Dovendo dare una selezione del "tipico Tex", mi pare probabile che storie come "Fra Due Bandiere" non fossero fra quegli albi. Anche perchè... possibile che subito, così all'inizio, Nizzi abbia subito fatto rinnegare a Tex tutto quanto aveva detto in quella storia? Ecco come penso sia andata: (il dialogo è ovviamente romanzato, probabilmente non è avvenuto di persona e non tutto in una volta) Nizzi: "Ho un idea fantastica: una storia di intrighi e tradimenti familiari, ambientata durante la guerra di secessione, in cui Tex ovviamente combatte per i buoni. Ci saranno inseguimenti, sparatorie, Tex farà fuori un sacco di sudisti. Ma contro gli intrighi politici di uno più sveglio di lui non ce la fa, e alla fine Tex viene sconfitto" Sergio Bonelli: "il finale mi piace! Ma c'è un problema: in una vecchia storia GL Bonelli ha fatto giurare a Tex che non avrebbe più ucciso nessuno in guerra" Nizzi: "accidenti! Sai che ti dico? Non cambio una virgola, basta che ogni volta che spara Tex li ferisca solo o gli faccia volare via il cappello, e tutto può restare uguale!" E così nacque "Fuga da Anderville"....
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  7. La definizione presuppone che ci sia un "salvatore bianco" e delle persone, di una razza non bianca, che devono essere da lui salvate. Quindi San Francesco e la mamma non vanno bene come esempi, mentre Madre Teresa viene in effetti considerata spesso come uno degli esempi supremi di "white savior"...
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