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TWF - Tex Willer Forum

juanraza85

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Tutto il contenuto pubblicato da juanraza85

  1. Io non riuscirei a mettere da parte e leggere tutta insieme neanche una storia della serie regolare, figurarsi dunque se riuscirei a farlo con le storie ad alto tasso adrenalinico del giovane Tex Willer . La presente, inutile dirlo, si sta finora evolvendo secondo il medesimo canovaccio, e già in questo secondo albo la vicenda è entrata nel vivo, e per quel che riguarda specificamente Jim Callahan ha trovato conferma quanto avevo ipotizzato un mese addietro. Impossibile non notare, infine, come l'associazione segreta che Tex si accinge ad affrontare si chiami esattamente come una associazione (non così segreta) che Magico Vento affronta e debella in una sua avventura. Mi piacerebbe sapere da @borden se si tratta di casualità o se, piuttosto e come credo, il nome sia stato volutamente ripreso poiché trattasi, del resto, di un nome di indubbio impatto.
  2. Benvenuto sul TWF. Se ne occuperà il solo Boselli .
  3. Chiedo scusa per l'intromissione , tuttavia mi ha colpito che sia stata nuovamente tirata in ballo la similitudine tra Mezcali e I diavoli rossi, che al tempo di uscita della prima anche io avevo sottolineato, e riguardo la quale non posso che confermarmi d'accordo nel sostenere che Mezcali nelle intenzioni di Nizzi intendeva probabilmente essere una sorta di remake de I diavoli rossi, dal mio punto di vista una signora storia. Va da sé che tali probabili intenzioni di Nizzi nella realtà dei fatti si sono tradotte in una storia piuttosto malriuscita (non era invero partita così male nel primo albo, ma si è persa completamente nel secondo), e del resto lo stesso tentativo di scimmiottare una sua vecchia storia a mio parere la dice lunga sulla carenza di idee di Nizzi in questi ultimi anni. Una delle storie di Tex più insipide degli ultimi 20 anni, quando non dell'intera collana, a dispetto di un'idea di fondo che avrebbe concesso svariate soluzioni per lo sviluppo di una trama dignitosa (e ciò, non occorre precisarlo, costituisce purtroppo un'aggravante). In ogni caso, per quel che mi riguarda, preferisco di gran lunga leggere una storia brutta, e magari doverla leggere controvoglia giusto perché ormai ho acquistato l'albo, piuttosto che dovermi sorbire una storia scialba che sa di compitino.
  4. Sì, e non dimentichiamo che lo stesso Mefisto era stato internato in un manicomio criminale ai tempi di "Black Baron", quindi questa è di fatto la sua rivincita e il completo ribaltamento della situazione di una volta: da pazzoide rinchiuso in una cella, a capo incontrastato del manicomio. (Una bella carriera! )Da folle nascosto tra le paludi, a lucida mente diabolica in procinto di estendere il suo potere a tutta una città. Beh, l'idea del soggetto è veramente notevole... Chiavi di lettura entrambe molto affascinanti, che voi avete opportunamente posto in evidenza. In effetti, soprattutto la nuova "carriera" di Mefisto ha un qualcosa di contrappasso dantesco "rovesciato". Ne è logica conseguenza l'organizzazione del manicomio da lui diretto, che egli, date la sua natura e le sue inclinazioni, ha plasmato secondo i suoi canoni, a sua immagine e somiglianza.
  5. juanraza85

    [616/617] Sotto Scorta

    Questa prova di Faraci probabilmente si posiziona un gradino sotto le precedenti, e forse non è neanche così esagerato sostenere che possa aver rappresentato per lui una sorta di "inizio della fine", tuttavia dal mio punto di vista si mantiene ancora su standard più che accettabili. Una sceneggiatura puramente western, che attinge con avidità ad un grande classico del genere quale la scorta di un prigioniero ed i contestuali tentativi dei suoi complici di liberarlo, accompagnata secondo me più che degnamente dal tratto sempre più definito e diretto dei fratelli Cestaro. Ottima la gestione di Tex, una vota tanto privo della compagnia dei suoi pards, che si autoincarica di scortare il pericoloso delinquente Jack Torrent fino a Fort Kearney: nel corso della vicenda, emergono infatti sempre più, pagina dopo pagina, il carattere risoluto e la capacità di leadership del Ranger, in grado di ottenere il meglio da ciascuno dei suoi pards d'occasione, tutti a mio parere caratterizzati molto bene. Mi vengono in mente soprattutto le caratterizzazioni del giovanissimo Devin, ragazzino che si aggrega alla scorta per una sorta di infantile spirito di avventura, che però supera alla grande nel momento decisivo passando attraverso un'umanissima paura, o anche il dottor Burton, che non esita un attimo ad offrire il proprio aiuto a Tex per assecondare il suo desiderio di giustizia, al pari dei tre Benson (padre e figli); stesso dicasi il tenente Rollins di Fort Kearney, giovanissimo anche lui ma in possesso di schiena dritta e senso del dovere. Forse un po' troppo stereotipati, ma comunque efficaci ai fini della narrazione, i tre fratelli Torrent, Frank e Billy oltre al già citato Jack, tre carogne che ispirano antipatia sin dalla prima vignetta. Un solo punto debole, a mio avviso, penalizza un po' la sceneggiatura nella sua seconda e decisiva parte e le impedisce di eguagliare le precedenti di Faraci: il passaggio segreto che collega il forte alla prateria circostante, anziché risultare un effetto sorpresa finisce secondo me per rivelarsi uno stratagemma piuttosto banale per portare avanti la trama. Poiché del passaggio non ne sapeva nulla neanche il tenente Rollins, mi ha fatto storcere un po' il naso che invece ne fosse a conoscenza un membro della banda ex disertore, che sostiene di esserne venuto a suo tempo a conoscenza da un commilitone anziano benché l'esistenza del tunnel fosse nota solo al comandante del forte. Una cosa che può anche essere presa per buona e si può anche accettare, per carità, tuttavia resto del parere che questo dettaglio Faraci avrebbe potuto giocarselo meglio, se proprio non avesse inteso impostare la seconda parte della storia in tutt'altra maniera.
  6. Lo dico con grande dispiacere, poiché memore delle storie che ci ha regalato nel suo periodo d'oro (La Tigre Nera, Furia rossa, L'uomo senza passato, solo per citarne tre), tuttavia visto il livello piuttosto medio basso delle storie da lui sfornate negli ultimi 15 anni circa, contraddistinto essenzialmente dalla tendenza al compitino senza infamia e senza lode, personalmente ritengo che l'addio di Nizzi alla SBE - sulle ragioni preferisco non pronunciarmi - sia stata la migliore soluzione. Quanto a chi potrebbe prenderne il posto, anche per gara a Boselli e Ruju un adeguato "turnover", a me piacerebbe vedere più spesso Jacopo Rauch, che nelle sue prove texiane non mi è affatto dispiaciuto, anche se dati i suoi impegni con Zagor non credo di poterci contare troppo.
  7. juanraza85

    [Texone N. 05] Fiamme Sull'arizona

    Non rileggevo questa storia forse da una quindicina d'anni, per cui i miei ricordi erano pari a zero. Le prime 20/30 pagine, nonostante la sequenza iniziale del vile agguato ai danni della tribù di Naiche, le ho trovate un po' compassato, tali da indurmi ad un giudizio negativo della sceneggiatura di Nizzi; fortunatamente, non ho desistito ed ho proseguito nella lettura, che pagina dopo pagina ha assunto ritmi più sostenuti e dunque interesse, al punto di risultare tra le migliori storie in cui Tex si trova a dover scongiurare i rischi di una guerra indiana. Traendo ispirazione dalla Storia con la S maiuscola, Nizzi ha saputo miscelare bene fatti realmente accaduti - la guerra con gli apaches che insanguinò deLl'Arizona - e personaggi realmente esistiti - su tutti, inutile dirlo, "Volpe Grigia" Crook - ad eventi e personaggi di sua invenzione, dipanando la propria sceneggiatura tra agguati di banditi prezzolati ed apaches rinnegati, la solita cricca di affaristi e politicanti disposta a fomentare tensioni tra bianchi ed indiani pur di trarne vantaggi, tra spietati intrighi e vili agguati. Tex e Carson, nel complesso abbastanza affiatati tra loro, devono adoperarsi non poco per sventare l'ennesima minaccia di guerra indiana, dovendosi guardare da loschi individui come l'avventuriero Latimer (ed i suoi mandanti politici, che in quanto tali si guardano bene dall'uscita dall' ombra che li ammanta) ed il rinnegato Ojo Blanco, nonché da un altro antagonista determinato ma onesto come il generale Crook, ansioso di intraprendere le ostilità ma leale e trasparente nel rapportarsi con i pards e nel valutare i fatti, dimostrando inoltre grande serietà nel momento in cui viene messo dinanzi all'evidenza della colpevolezza e della disonestà del suo sottoposto capitano Carleton. Certamente, se i pards riescono nei loro intenti anche stavolta lo devono in buona parte al loro vecchio amico Cochise, che giunge con invidiabile tempestività a salvare le loro capigliature dalla banda di Ojo Blanco. Poco male, del resto è risaputo che la buona sorte ama strizzare l'occhio agli audaci. Più che buona anche la prova ai disegni di Victor De La Fuente, il cui tratto piuttosto essenziale, ma al contempo piuttosto diretto e dinamico, ben si adatta ad una storia di tale impatto.
  8. Di nulla . Inutile sottolineare che la copertina originale colorata da Villa risulta molto più suggestiva...
  9. Potresti usare Postimage e creare un collegamento diretto per forum... E' un sito completamente gratuito dove senza alcuna iscrizione puoi caricare immagini e renderle così inseribili su forum o altro .
  10. juanraza85

    [581/582] Lo Sceriffo Indiano

    Nel complesso, trovo sia una buonissima storia, una delle migliori sfornate da Faraci, se non la migliore. Curiosa l'idea di inserire nella storia uno sceriffo per metà indiano accusato di duplice omicidio, ben inserita nel contesto di una trama ben sviluppata e non banale, impreziosita dalla prova maiuscola dei Cestaro, che hanno saputo caratterizzare a dovere i personaggi apparsi e, non secondariamente, hanno riportato su carta la grande suggestione di un paesaggio montuoso e ricoperto di neve. Se i Cestaro sono stati bravi, per l'appunto, a caratterizzare bene sul piano grafico i personaggi con cui Tex ha a che fare, Faraci lo è stato almeno altrettanto nell'esaltare le loro peculiarità caratteriali. Se caratterizzare l'onesto sceriffo indiano Jerry Norton, accusato ingiustamente di un orribile crimine, piuttosto che i ricchi Lester e Rick Rowen, rispettivamente padre spregiudicato e figlio avventato ma non troppo intelligente (nonché vero colpevole), poteva essere relativamente facile, non era così scontato caratterizzare in maniera adeguata l'ambiguo giudice Frank Forrest. Con quest'ultimo, invece, Faraci ha a mio avviso compiuto il suo capolavoro, riuscendo a tratteggiare un individuo dall'indole fondamentalmente onesta, amico di Jerry, ma lasciatosi corrompere dalla prospettiva di ottenere ancor più potere, dapprima architettando una macchina del fango contro lo sceriffo, poi manovrando per vedergli attribuita l'accusa dei due omicidi, ed infine unendosi a Tex con la scusa di aiutarlo nelle ricerche, con l'intenzione di uccidere sia il Ranger che lo sceriffo. Un piano apparentemente perfetto, che tuttavia non va in porto: non solo perché Tex si insospettisce, ma anche perché, giorno dopo giorno, Forrest impara ad ammirare Tex ed a dubitare sempre più di potere e volere andare fino in fondo, ed infine redimendosi definitivamente. Solo un aspetto poteva secondo me essere evitato, un impianto riferimento a Fort Laramie nel lontano Wyoming (a meno che vi fosse un avamposto omonimo nel New Mexico, ma ne dubito). A parte questo, un vero peccato che Faraci non sia sempre riuscito ad esprimersi su livelli simili.
  11. A pensarci bene, sotto il profilo narrativo si tratta forse della più grossa pecca della storia, se non di una vera e propria occasione persa. Per essere più preciso, intendo dire che uno sceriffo donna costituiva e tuttora costituisce un unicum nella saga, per cui - tralasciando l'attrazione che mostra nei riguardi del Ranger (che sul piano pratico non avrebbe potuto comunque soddisfare a causa del fresco lutto ) - Susan McIntire avrebbe potuto e forse meritato di essere valorizzata assai più di quanto non lo sia stata, anziché essere relegata a poco più di una comparsa.
  12. juanraza85

    [534/535] La Valle Dell' Odio

    Tra le migliori storie del Nizzi ultima maniera: in altre parole, di guizzi se ne vedono pochi, però la trama risulta scorrevole ed a suo modo non banale, al netto di qualche piccola pecca. Azzeccata e ben gestita la scelta di ricorrere ad una classica tematica western quale la faida tra due potenti famiglie, i cui membri principali - Montez da una parte, Foreman ed il figlio Charlie dall'altra - secondo me sono stati tutto sommato caratterizzati in maniera passabile, così come ho apprezzato che Nizzi abbia inserito nella vicenda un elemento disturbante dato da tale McKinney e dal suo tirapiedi Cox, intenti a riaccendere la faida per i loro interessi. Proprio i due antagonisti, come già rilevato da altri pards nei post precedenti, figurano in un certo senso come i "grandi assenti": Cox, inviato a Pinecreek per seguire da vicino l'evolversi della vicenda, non risulta credibile nella veste di killer col suo aspetto mingherlino (al contrario, conoscendo la classicità di Nizzi, il suo aspetto stupisce un po'), mentre McKinney lo vediamo all'opera solamente nel momento dell'arresto da parte di Tex (che, in tale frangente, corre inoltre il rischio di farsi fregare, non fosse per la tempestiva entrata in azione di Carson). Per il resto, i quattro pards (nella fase iniziale, i solo Tex e Carson) devono svolgere compiti di ordinaria amministrazione, tra indagini e sparatorie di rito, oltre al già citato arresto di McKinney. Curioso, a tal riguardo, come i quattro riescano ad entrare nascostamente a Flagstaff nel doppiofondo del carro di un loro vecchio amico: passi il provvidenziale incontro, tuttavia trovo singolare che il carro fosse provvisto di doppiofondo (a meno che Amos si dedichi o si dedicasse al contrabbando, non se ne comprende la ragione). Di ottimo livello l'apporto grafico dei Cestaro, qui alla loro seconda fatica texiana: personaggi ben caratterizzati, tratto pulito, chiaroscuri molto curati.
  13. Secondo me, nella "cronologia texiana" potrebbero essere passati 5 o 6 anni, se non anche qualcosa di più. Se consideri, per puro termine di paragone, che tra le due storie in cui compare la bella messicana Conchita - L'uomo con la frusta, n° 365-369, e Scorta armata, n° 477-478 - lo stesso Carson afferma siano passati 3 anni, a mio parere può starci che tra il ritorno di Mefisto dalla morte e la sua "promozione" a direttore di manicomio sia passato un lasso di tempo maggiore .
  14. Anche io mi ero fatto un'idea simile, @Diablero . A parte le enormi complicazioni sul piano pratico che tu hai opportunamente osservato, Mefisto non avrebbe avuto alcun interesse ad eliminare definitivamente un medico che, a quanto sembra, nel suo campo di studi ha fama di essere un luminare; sarebbe stato anzi controproducente. Assai più probabile che si sia limitato a prenderne il posto ma tenendolo prigioniero in qualche ala del manicomio, da cui poterlo all'occorrenza rispolverare.
  15. Del resto lo stesso Boselli, nel video di presentazione delle due storie con Mefisto, afferma che il precedente scontro con Yama è stato una sorta di prova generale in vista di questo miniciclo. Considerando quale sia stata la riuscita di quella prova, credo possiamo legittimamente aspettarci grandi cose da qui ad ottobre . E che l'ultima storia con Yama fosse in qualche misura essa stessa propedeutica a questa ed alla prossima, lo si poteva del resto evincere sin dalla conclusione, dove una vignetta in particolare indicava come le idee di Boselli per il ritorno di Mefisto fossero già ben delineate.
  16. Anche io ho notato questo inatteso sentimento paterno di Mefisto, il che inevitabilmente mi induce a domandarmi se si tratti di un'evoluzione psicologica del personaggio (che mi piace pensare sarebbe eventualmente approfondita nel corso del miniciclo), oppure di semplice pietà mista a senso di colpa nei confronti di un individuo che ha perso la ragione in una partita in cui di fatto lo ha a suo tempo coinvolto lo stesso Mefisto. E neanche escludo che si possa trattare di una scelta dettata da calcoli opportunistici, nel senso che Mefisto contava di ridestarlo per avere supporto nella lotta contro Tex, che secondo me aveva in programma di tornare prima o poi ad intraprendere (salvo poi dover riformulare tali eventuali progetti per via dell'improvvisa ed imprevista presenza di Tex e dei pards a Frisco). Di certo, sono sicuro che Boselli non abbia inserito tale sequenza a caso.
  17. juanraza85

    [Maxi Tex N. 30] Dopo la tempesta

    Le due storie di per sé sono passabili, senza entusiasmare troppo ma nemmeno tali da suscitare particolare indignazione. Il pregio maggiore di entrambe è stato a mio avviso, e con mia grande e gradita sorpresa, nei disegni di Scascitelli, soprattutto per quanto concerne la resa grafica dei personaggi, assai meno "imbottiti" rispetto alle prove precedenti, e soprattutto in Dopo la tempesta (c'è da credere, in effetti, che il suo stile che ostenta poco dinamismo si adatta forse meglio a storie di ambientazione cittadina). Questa storia, sceneggiata da Ruju, attinge ad uno dei più classici schemi della narrativa western come il rapporto conflittuale tra due famiglie rivali, e nonostante la trama proceda in maniera un po' scontata ed in alcuni casi "telefonata" (si intuisce con grande anticipo e con una certa facilità chi sia il colpevole del brutale omicidio della ragazza) nel complesso si rivela una lettura gradevole. Non molto dissimile il mio giudizio riguardo L'ultima partita, sceneggiata invece da Zamberletti, altra storia che si trascina docile alla conclusione senza particolari sussulti, tra comprimari ed antagonisti che non si può dire lascino il segno.
  18. Piccola digressione sui disegni dei Cestaro, che io ho trovato molto ben eseguiti e, aspetto ancor più importante, straordinariamente adeguati per una storia dalle atmosfere così cupe e gotiche come questa, sensazione già di per sé evidentemente ed ulteriormente amplificata dall'ambientazione tra la città di San Francisco, nella cui baia la nebbia è presenza fissa, ed una villa imponente e maestosa adibita a sanatorio. Una chicca che, personalmente, mi ha lasciato molto soddisfatto è stata la riproposizione di un nuovo immaginario viaggio di Yama nel Regno di Pietra, che appunto nella sua prima apparizione lo lasciò estremamente terrorizzato. Mi è sembrata evidente la scelta di sceneggiatura di voler porre l'accento sulle paure che attanagliano la mente contorta del figlio di Mefisto (l'altra sono, naturalmente, i quattro pards), ed i Cestaro dal canto loro hanno saputo renderne alla perfezione l'effetto.
  19. Dopo essere riandato ad osservare bene la sequenza mi sembra ancora più evidente la genuina sorpresa di Mefisto nell'apprendere che la sua nemesi Tex sia a San Francisco. Probabilmente, aveva in animo prima o poi di tornare ad occuparsi dei quattro pards, anche se si evince che non la considerasse una priorità assoluta, in quanto subordinata ai tentativi - a loro modo sinceri - di guarire il figlio Yama dai suoi disturbi psichici e, soprattutto, al perseguimento di un piano criminale dai contorni non ancora del tutto chiari (ma il cui fine ultimo sembra, al momento, puramente materiale) che intende perseguire con l'asservimento della masnada di psicopatici che ha fatto in modo di farsi affidare. E' chiaro, comunque, che trovandosi i suoi acerrimi nemici a portata di mano, non ha esitato un attimo a pensare alla sua vendetta e senza dubbio non lascerà nulla di intentato per conseguirla. I "troppi serial killer tutti insieme" non sono una banda autoformatasi (stile "The Avengers") ma i pazienti di un manicomio portati lí a forza per un preciso scopo. Loro e i ricconi. Ovvio che siano tutti insieme. Sui metodi dell'infermiera Ruth non trovo nulla da eccepire: certe "purghe" le somministrano ancora oggi, pure a gente che si scoprirà innocente, in certe civilissime caserme della civilissima società odierna, figuriamoci nel selvaggio west ottocentesco ai danni di delinquenti che non potevi certo ammansire con una caramella... Sotto questo aspetto, è più che pertinente l'escamotage adoperato da Boselli per giustificare la presenza di tanti pendagli da forca, che Mefisto alias professor Weyland intende sfruttare per scopi decisamente prosaici e, dunque, ha fatto in modo di farli spedire presso il suo manicomio col pretesto di prenderli in cura. Parallelamente, è si troppo evidente come mai vi siano tanti pazienti ricchi ed in apparenza non così folli, così come è ancor più evidente che sia i serial killer ed i ricconi vivano fianco a fianco con tanti pazienti autentici, utilissimi a salvare le apparenze alla bisogna . Non credo proprio. Come ha già osservato @PapeSatan, non ne avrebbe avuto alcun motivo (in California non credo penda su di lei alcun mandato, come evidentemente non pende neanche su Mefisto), senza contare che, in occasione della visita di Tex e company, di cui lei sarebbe stata informata con largo preavviso, non solo si sarebbe ben guardata dall'andargli incontro insieme al dottor Crane (e Mefisto avrebbe potuto architettare un altro piano), ma avrebbe anche avuto solo l'imbarazzo della scelta per trovare un comodo ed adeguato nascondiglio in quella reggia dove il fratello si è sistemato. Io credo sia semplicemente assente in questa prima storia del "miniciclo mefistofelico", e destinata dunque a tornare a far combutta col fratello nella successiva.
  20. Sono fresco reduce dalla lettura del primo albo, dalla funzione sostanzialmente introduttiva, di cui ho molto apprezzato l'ambientazione tenebrosa che sa un po' di gotico (e capace, dunque, di suscitare un pelo di inquietudine), a mio parere resta splendidamente dai fratelli Cestaro, e, dunque, promette un prosieguo difficile da prevedere. Se devo adoperare un pizzico di sano peluovismo, anche io sono rimasto un po' meravigliato dall'apprendere che, a differenza di quanto è sempre avvenuto in passato, stavolta l'incontro tra Tex e Mefisto sembra avvenire senza più o meno contorta premeditazione da parte dell'Arcinemico. Tale dettaglio, tuttavia, anziché disturbarmi mi ha se possibile incuriosito ancora di più per il prosieguo della storia, ed ansioso di scoprire cosa Boselli ha preparato per noi . Se poi dovessimo avere un breve excursus che possa illuminarci e contestualizzarci meglio come abbia fatto Mefisto a farsi passare per medico psichiatra e direttore di un manicomio, io ne sarei ulteriormente felice.
  21. juanraza85

    [108/109 ] Massacro!

    Una delle più drammatiche storie di Tex, ma senza alcun dubbio al contempo una delle migliori, con un tocco di ancor palpabile "pionierismo fumettistico" che si può percepire con chiarezza sia nella sceneggiatura, curata con estrema maestria da GLB, sia dai disegni puliti ma al contempo estremamente evocativi di Ticci. Pochissime altre storie di Tex, o forse nessuna, hanno la medesima capacità di essere foriere di pathos e pura drammaticità in quantitativo così abbondante. Il fatto, poi, che si tratti di una storia piuttosto breve, amplifica ancora di più tale effetto. Quella che, nelle prime pagine, sembra essere la classica caccia a una banda di trafficanti d'armi e, contestualmente, ai predoni che essa rifornisce, assume di lì a breve la forma di un susseguirsi di vendette spietate. Dapprima i cittadini di Goldena nei riguardi del baro Fraser, su suggerimento di Tex, non ancora a conoscenza del fatto che il giocatore sia anche un trafficante d'armi in combutta con gli apaches di Woh-ah-tah; troppo tardi Tex lo intuisce, e suo malgrado ciò risulterà fatale per la cittadinanza del piccolo centro, messo nottetempo a ferro e fuoco dagli apaches, su suggerimento dello stesso Fraser. Le pagine che narrano dell'incursione sono tra le più cruente e toccanti dell'intera saga di Tex, tra spietate uccisioni ed eroici sacrifici, tra persone inermi uccise a sangue freddo e coppie che, nel nome dell'amore reciproco, non esitano a morire fianco a fianco per non rischiare che uno/a dei due possa sopravvivere alla perdita dell'altro/a. Non stupisce, dunque, l'insolita spietatezza (quantomeno, per i canoni glbonelliani) con cui Tex conduce il fraterno Carson - un po' marginale, invero, il suo ruolo - ed una decina di altri rangers sulla strada della giustizia per le vittime dell'incursione, una giustizia che assume però in parte i contorni della vendetta, non tanto nei confronti degli indiani (strapazzati anche grazie al contestuale arrivo di uno squadrone di militari), quanto nei riguardi del rinnegato che li aveva fomentati e poi condotti all'assalto di Goldena. Vendetta che risulta ancor più significativa in virtù della decisione di Tex di occuparsene personalmente, senza neanche farsi spalleggiare da Carson, quasi in cuor suo senta la necessità di rimediare in qualche modo a quello che ritiene un suo errore di valutazione, in conseguenza del quale un'intera cittadinanza è stata vilmente massacrata. Dapprima, accortosi che Fraser sta tentando la fuga risalendo una parete rocciosa insieme ad un pugno di apaches superstiti, al contrario delle proprie abitudini inizia a sparare loro addosso, senza stare troppo a preoccuparsi se questi possano cadere nel vuoto. In effetti è quel che accade agli indiani, ma non a Fraser, poiché Tex non vuole limitarsi ad ucciderlo; intende piuttosto terrorizzarlo, prima di riservargli una fine ancor peggiore, che GLB e Ticci cristallizzano in una sequenza tra le più epiche e toccanti di sempre. Raggiunto il rinnegato sulla cima di una altura, Tex lo tampona senza farsi notare sono all'imbrunire, quando decide di mettere in atto la sua personale vendetta, un vero e proprio supplizio dantesco, per prima cosa scuotendogli i nervi con ululati ed agghiaccianti risate, e di lì a poco ingaggiando con lui una breve lotta, al termine della quale Fraser si ritrova gravemente ferito alla gamba e dunque di fatto impossibilitato a salvarsi. Tex potrebbe sparargli a bruciapelo, ma evidentemente sarebbe da una parte troppo in contrasto col suo codice morale, dall'altra sarebbe una via d'uscita troppo semplice per una canaglia come Fraser. Per parafrasare Tex, con l'approssimarsi delle ombre della sera sono prossimi a giungere dal rinnegato gli spettri dei morti di Goldena, col loro bagaglio di angosce, e più prosaicamente i lupi, ansiosi di divorare le sue carni; da qui, dunque, la decisione di Tex di lasciare a lui la scelta: aspettare l'arrivo dei lupi ed essere sbranato vivo, oppure strisciare fino alla pistola che il Nostro lascia a pochi passi da lui, con un solo proiettile, qualora dovesse decidere di farla finita per tacitare terrore e rimorso. Da pelle d'oca, pur nella sua drammaticità, l'ultima vignetta, che mostra la figura di Fraser appoggiata ad un albero e, a poca distanza, la pistola, una scelta di sceneggiatura che, se da un lato può lasciare senza risposte definitive e senza apparenti certezze (solo apparenti!) il lettore, secondo me è indice di suprema bravura da parte di GLB.
  22. juanraza85

    Storia dei Maxi Tex

    Ahimè, il problema è che forse li rivedremo e, rivedendoli, ci tornerà in mente quella ciofeca. Per come la vedo io, potrebbe essere una occasione per tentare di cancellare il brutto ricordo (o, quantomeno, non del tutto buono) che Alaska! ha suscitato e suscita nella maggior parte dei lettori con una storia che la faccia dimenticare, per quanto è bella .
  23. juanraza85

    Storia dei Maxi Tex

    Ovvio che nessuno, credo, qui intenda sottintendere che sia sempre e comunque valido un tentativo di equazione del tipo "bruona sceneggiatura + buoni disegni = bella storia", e lo stesso dicasi di conseguenza per quanto concerne la possibile asserzione secondo cui "buona sceneggiatura + brutti disegni (o anche viceversa, ndr) = storia brutta/così così". Gli esempi che sono stati portati e/o che tu stesso hai portato (Fort Sahara) a mio avviso non dimostrano ciò, al massimo costituiscono di fatto una riconferma di un concetto tanto banale quanto sacrosanto (peraltro già illustrato con esempi estremamente pertinenti da @Diablero nel post appena precedente il mio), ovverosia che una storia può piacere o non piacere a seconda delle sensazioni che può suscitare nel lettore X piuttosto che in quello Y. Allo stesso modo, può accadere che di una storia possa piacere - in varia gradazione, non credo all'esistenza di concetti assoluti - una sceneggiatura ma si ritenga che i disegni non siano stati all'altezza (è per l'appunto un po' il caso, per quanto mi riguarda, di Alaska!, anche se non posso certo considerarla una storia tra le più riuscite in assoluto), così come magari può succedere che di una storia si possano apprezzare molto i disegni ma molto meno la sceneggiatura.
  24. juanraza85

    [190/191] El Muerto

    Probabilmente, la meno nolittiana tra le fatiche nolittiane. O meglio, la mano di Nolitta si percepisce abbastanza nitidamente anche stavolta, tuttavia anche a mio parere in questa storia Sergio Bonelli ha in una certa misura tentato di smussare il "suo" Tex, in modo tale da renderlo più simile a quello canonico creato dal padre Gianluigi. Insieme a Galep, dal canto suo autore di un'ottima prova ai disegni (specie nella caratterizzazione di El Muerto e dei suoi sgherri), a mio avviso Nolitta ha saputo sfornare una storia sì insolita, ma comunque di grande impatto nell'immaginario collettivo di tanti tra noi lettori di Tex. Ottima, a mio avviso, la caratterizzazione sia grafica che caratteriale di Paco Ordoñez, alias El Muerto per via delle orrende cicatrici che deturpano il suo volto a seguito dell'incendio della baracca in cui viveva; cicatrici ben più profonde di quanto già appaiano in superficie, poiché alimentate dall'odio e dal rancore nei confronti di Tex che, anni addietro, aveva ucciso per legittima difesa i suoi due fratelli maggiori, rapinatori come lui, provocando involontariamente insieme ai due malviventi l'incendio della baracca stessa. El Muerto decide di perseguire la sua vendetta a colpi di pesanti provocazioni nei confronti di Tex, dapprima pestando a sangue coi suoi tirapiedi Tiger Jack e poi ferendo gravemente alla spalla Kit, al solo scopo di tentare di minare la proverbiale freddezza del Ranger e, forse, renderlo simile a lui per partire davvero alla pari. Di portata epica, secondo me, il duello tra i due presso la boot hill di Pueblo Feliz, il luogo (una ghost town, ormai) dove tutto era cominciato anni prima: una tomba già scavata da El Muerto per Tex, il racconto di come egli era scampato alla morte a mo' di convenevoli, il suono del carillon a sancire l'inizio del duello, la fronte imperlata di sudore del bandito a fronte del solito sguardo concentrato ed impassibile, quasi scolpito nella roccia, di Tex. Una sequenza da pelle d'oca, senza dubbio il duello della lunga saga texiana che più di tutti merita di essere ricordato, il cui esito tutti conosciamo: forse tradito dall'emozione e dall'odio per colui che - dal suo punto di vista - gli ha rovinato l'esistenza, El Muerto ferisce di striscio al braccio Tex, che invece dal canto suo colpisce all'addome l'avversario, il quale per una tragica ironia della sorte cade nella stessa fossa che aveva scavato prima per il Ranger, e viene poi finito con un altro colpo. Una fine che sa quasi di contrappasso dantesco per un avversario duro e spietato, che però a modo suo si dimostra leale fino all'ultimo. Lo stesso non può certo dirsi per gli sgherri che lo accompagnano per buona parte della vicenda, le cui gesta dal punto di vista narrativo coincidono con le inconfondibili firme nolittiane della storia. In primis, allorquando i quattro balordi pestano senza pietà un Tiger Jack insolitamente poco reattivo, in secundis in occasione dell'agguato ai danni di Kit, anch'egli troppo poco sul chi vive tanto da incassare un paio di cazzotti (va detto, però, che prima di essere colpito da El Muerto si rifà abbondantemente sbatacchiando con ritrovata nonchalance i quattro). Sublimazione della nolittianità è, però, senza alcun dubbio, il fallito agguato che i quattro balordi, in barba alle direttive ed ai desideri dell'ex capo/datore di lavoro, decidono di tendere ai danni di Tex, in cui egli, in verità assai ingenuamente, di fatto cade come un allocco lasciandosi sorprendere alle spalle da uno degli avversari. Sorpreso e, soprattutto, rimasto senza munizioni, il Nostro sembra ormai condannato, non fosse per la provvidenziale apparizione di un Tiger Jack che, imbestialito come non mai per il pestaggio subìto giorni prima, piomba addosso al bandito e lo accoltella senza pietà, ed ancor più spietatamente (al netto di tanti colpi di colt sprecati, ed in effetti da ciò si dedurrebbe come mai la usa così di rado ) uccide il rinnegato navajo Faccia Tagliata. Prima di concludere, è mia premura soffermarmi anche sulla parte centrale della storia, quella del primo incontro tra Tex ed El Muerto presso la cittadina di Sunsetville, anch'essa per quanto mi riguarda foriera di grande pathos. Qui, richiamato dagli spari e dalle grida di aiuto che ode provenire dalla main street, Tex si precipita dinanzi al saloon per assistere agli ultimi palpiti di vita dello sceriffo Larkham, cui El Muerto aveva appena sparato a sangue freddo; risoluto a farla pagare agli assassini dell'amico, Tex decide di entrare nel saloon nonostante gli ammonimenti dei cittadini, asserendo che "in ogni caso, è sempre meglio morire da uomini che vivere come un branco di pecore". Le canaglie riescono a fuggire prendendo in ostaggio il barman, il quale rintracciato poi da Tex dopo essere stato lasciato libero come promesso da El Muerto. Lo stesso barman, nel vedere Tex dirigersi a spron battuto in direzione di Pueblo Feliz, commenta dipingendo il Ranger come un tipo "di quelli che, dopo averli fatti, il Padreterno ha buttato via lo stampo" .
  25. Storia a suo modo simpatica, che sembra in effetti presentare qualche reminiscenza tratta direttamente dal libro Cuore, dotata di qualche spunto potenzialmente interessante, ma che tuttavia a me ha lasciato una netta sensazione di incompiutezza. Da apprezzare il tentativo di Canzio di riprendere - in collaborazione con Letteri, la cui prova è buona ma non tra le migliori - un soggetto che, da quanto ho appreso dal pard @Condor senza meta, Nizzi aveva di fatto abbandonato, peccato però che la sua sceneggiatura risulti piuttosto compassata, senza guizzi particolari, e con alcuni dettagli su cui l'autore avrebbe potuto lavorare meglio. Quel che posso considerare interessante è l'idea di base, ovvero Tex e Carson che si imbattono casualmente nello sventurato orfanello Felipe il quale, ritenuto da alcuni banditi depositario di un segreto che lui stesso conosce a malapena (l'ubicazione di un corposo malloppo), viene da questi rapito perché possa rivelarlo. Da qui in poi, la sceneggiatura presenta diverse lacune: procedendo in ordine cronologico, dapprima Tex e Carson - reduci da uno scontro a fuoco con due banditi, uno dei quali è riuscito a filarsela - affidano Felipe al(la) marshal di Las Cruces e se ne vanno tranquilli al ristorante, senza immaginare (come in effetti avviene) che i lestofanti possano essere ancora nei dintorni e ritentare di rapire il bambino; a seguire, il bandito che era scappato (facendola in barba a Carson) si fa cogliere come un allocco da Tex, non calcolando la possibilità che quest'ultimo, una volta sparito dalla sua visuale, potesse in qualche modo averlo aggirato; di seguito, nello scontro presso la vecchia missione, Indio decide nel bel mezzo di una sparatoria di tentare di salire sul campanile per trivellare di colpi Tex e Carson, ma inevitabilmente esponendosi a sua volta ai loro fucili e venendo in effetti ucciso da Tex (anche io ho faticato un bel po' ad accettare un Tex così insolitamente risoluto nell'uccidere, come fa anche con Sasuelito); infine, risulta difficile credere che la nuova marshal Susan McIntire, vedova del vecchio marshal, non sia in grado di interpretare il verso della Bibbia che racchiude la soluzione del messaggio cifrato per rinvenire il cospicuo malloppo (se il marito era effettivamente così religioso, qualche infarinatura dovrebbe averla anche lei, non solo Tex che risolve l'enigma). La nota più dolente in assoluto, però, è a mio avviso l'eccessiva macchiettizzazione di Kit Carson: passino le solite bonarie punzecchiature che Tex gli rivolge, o anche i suoi fittizi brontolii ogni qual volta Felipe (il quale, in effetti, al pari di Susan ha occhi solo per Tex) a suo modo lo "snobba", ma è difficile da digerire la figura barbina che Canzio decide di fargli fare nel primo scontro con Quinlan, fulmineo nell'approfittare di un suo attimo di distrazione per negargli la colt di mano con un calcio per poi scappare e seminarlo. Figura pessima che, oltretutto, risulta anche poco valorizzata dalle successive imprese di Quinlan, che a dispetto dell'abilità mostrata in tale circostanza da quel momento in poi non ne imbrocca letteralmente più una, fallendo anche piuttosto maldestramente ben due volte nell'attentare alla vita dei due pards. In tutto ciò, voglio in conclusione porre in evidenza la bellissima frase che, quasi a parzialissimo riscatto, Canzio fa pronunciare a Tex nel finale: "La giustizia degli uomini non deve mai seguire la via dell'ottusità, bensì quella del buonsenso". Una frase da incorniciare, che potrebbe risultare quasi "sprecata" se la si considera riportata in una storia non certo tra le migliori della saga, ma che però racchiude appieno l'idea di Giustizia di Tex .
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