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juanraza85

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Tutto il contenuto pubblicato da juanraza85

  1. Boh, due storie sicuramente sì. Posto che si tratta di una considerazione puramente personale, a questo punto mi preme argomentarla meglio: Sei divise nella polvere mi è sembrata tutto sommato abbastanza scorrevole ma nulla di trascendentale, Oro nero! raggiunge a mio avviso la sufficienza ma nulla di più, mentre La grande sete e La banda dei serpenti le ho trovate assai sonnacchiose (soprattutto la prima), benché nelle intenzioni di Manfredi fosse evidente l'intenzione di non consegnarci storie scontate, obiettivo che purtroppo dal mio punto di vista non è stato conseguito. Confrontandola con le precedenti performances di Manfredi, La regina dei vampiri appare nettamente superiore, ma prescindendo da qualsiasi confronto la ritengo comunque una storia di ottimo livello. Non la inserirei nella mia top ten texiana, ma credo che Manfredi&Bocci abbiano lavorato molto ma molto bene.
  2. Buongiorno a tutti, sono fresco reduce dall'acquisto e dalla lettura della seconda ed ultima parte di questa storia: se già la prima mi aveva lasciato una forte impronta del lavoro di Manfredi ed altrettanto forti rimandi al mondo in bilico tra western ed horror (con non indifferenti punte di thriller) di Magico Vento, Il tempio nella giungla ha ulteriormente rinvigorito questa mia opinione. Non mi riferisco solo all'atmosfera di continua ed orrorifica tensione che la sceneggiatura di Manfredi ed i disegni di Bocci hanno saputo trasferire dalla prima all'ultima pagina della storia, ma anche se non soprattutto alla capacità dell'autore di lasciar prima subodorare sin dalla conclusione del primo albo che qualcosa (o meglio, qualcuno) non tornava del tutto, e successivamente far sì che queste sensazioni - che immagino abbiano provato e proveranno molti di noi nel leggere queste pagine - trovassero conferma, prescindendo dal fatto non trascurabile che... davvero nulla è come sembra !! A differenza delle precedenti performances texiane, che eufemisticamente parlando non hanno certo consegnato alla saga del Ranger avventure memorabili, stavolta a mio parere Manfredi ha decisamente centrato il bersaglio, forse appunto perché messo in condizione di lavorare ad una storia le cui basi di partenza erano a lui più congeniali. Non ritengo personalmente si possa parlare addirittura di capolavoro, ma di sicuro si tratta di un ottimo lavoro: una storia emozionante, mai banale e scontata, nient'affatto avara di azione né di colpi di scena, piena di situazioni non sempre cristalline, e parimenti contraddistinta dalla presenza di personaggi molto ben caratterizzati e neanche loro mai scontati. In particolare, senza nulla togliere a De La Hoya o ad Ikal, ho molto apprezzato la gestione della figura del capitano dei Rurales Garrido, non proprio uno stinco di santo ma comunque a suo modo utilissimo alla buona riuscita dell'impresa.
  3. La copertina sembra davvero molto bella, ed anche i disegni di Acciarino sembrano tutto sommato aver reso bene alla prova del passaggio da un contesto tipicamente western come quello della precedente storia con Bowen a quello in edicola tra un mese, in cui il pistolero ricomparirà in una grande città come San Francisco. Anche io, in tempi non sospetti, mi ero detto scettico circa l'uscita di una nuova storia con questo personaggio a poco più di due anni di distanza dalla prima, davvero un'inezia nel mondo di Tex, per quanto la presentazione curata da NK lascerebbe ben sperare, benché si tratti del classico topos del personaggio dal passato violento in cerca di redenzione ma, suo malgrado, costretto a confrontarsi nuovamente con i fantasmi del passato e dunque a dover rimettere mano alla pistola...
  4. juanraza85

    [Maxi Tex N. 24] Il cavallo di ferro

    Dalle mie parti il Maxi è uscito nelle edicole stamani, l'ho acquistato e letto tra la tarda mattinata ed il primo pomeriggio. Contrariamente alle mie abitudini, questa volta anche io inizierò a dareil mio giudizio partendo dai disegni di Cossu, a mio parere davvero troppo "essenziali" ed inadeguati per Tex: tralasciando la buona caratterizzazione grafica di alcuni personaggi (il bieeco macchinista del treno ed i banditi nella prima storia, i migranti cherokee nella seconda), a me il tratto di Cossu continua a risultare assai piatto e poco dinamico, caratteristica che a mio personalissimo giudizio di lettore privo di nozioni tecniche di disegno si ripercuote inevitabilmente sui personaggi, facendoli apparire molto stantii, e ritengo che in un fumetto western ciò sia decisamente fuori luogo. Detto ciò, un fumetto non è fatto solo di disegni, per cui tanto vale passare alle due storie, entrambe espressione di classici topoi western, ed entrambe secondo me nel complesso abbastanza riuscite. La prima, ll cavallo di ferro, è forse la migliore e meglio realizzata delle due, in virtù dell'intersecarsi ed unirsi nel finale della trama principale e di una sorta di sottotrama nonché, soprattutto, dell'apprezzabilissima caratterizzazione del principale antagonista della vicenda, il giovane indiano che, spinto dalla vendetta verso quel "cavallo di ferro" che ha distrutto la civiltà delle tribù delle praterie, medita un'atroce vendetta. La seconda, La carovana dei cherokee, rapisce meno l'attenzione del lettore, a dispetto dell'inusuale scelta di presentare come coprotagonisti della vicenda un gruppo di migranti dalla pelle rossa. Anche in questo caso, comunque, gli antagonisti ute - in particolare, il loro capo di guerra Cavallo Giallo - appaiono in possesso di ragioni in qualche modo comprensibili a monte delle loro azioni comunque da condannare.
  5. juanraza85

    [399] La Lettera Bruciata

    Storia fondamentalmente riempitiva, sicuramente non destinata a segnare un'epoca né particolarmente avvincente, ma che al contempo sa lasciarsi leggere e rileggere con piacere ogni volta, anche e soprattutto per merito degli occasionali alleati (l'attempato sceriffo alle prese col formicolio alle gambe, il becchino beone, la prostituta Margot), magari pittoreschi e macchiettistici ma tutti, ciascuno a proprio modo, fautori di contributi decisivi alla riuscita della missione di Tex, da parte propria alle prese con antagonisti che, alla prova dei fatti, si rivelano per lui "ordinaria amministrazione". Si tratta di caratteristiche che, a mio personale avviso, risultano in maniera ancor più netta dall'estrema brevità della storia, davvero unica nel suo genere dati l'anno di stesura e pubblicazione e la collocazione nella collana principale. Da elogiare inoltre la scelta di affidarne i disegni al Maestro Fusco, bravissimo nel caratterizzare i comprimari del Ranger.
  6. juanraza85

    [Tex Willer N. 05 / 09] I due disertori

    Acquistato e letto tutto di un fiato stamattina... Come parlare della prima parte della seconda storia della nuova serie se non in termini estremamente positivi? Ritmi incalzanti, azione a gogò, personaggi tutt'altro che scontati, disertori messicani, comancheros, per tacere degli ottimi disegni di Brindisi che - al pari di quelli di De Angelis - si adattano perfettamente alla frenesia delle avventure del giovane Tex. In altre parole, tutto lascia presagire che I due disertori possa quantomeno eguagliare Vivo o morto!...
  7. Buonissimo inizio per la nuova storia texiana di Manfredi, che sembra effettivamente non essere mai partito in maniera così promettente sulle pagine di Tex. Alla fine, abbiamo appurato che per "vampiri" non si intendevano i mostri, bensì più prosaicamente i pipistrelli vampiri diffusi nel continente americano: una scelta, questa, che devo dire di aver accolto positivamente, non perché io non apprezzi contaminazioni horror in un fumetto western (ho letto e tuttora rileggo Magico Vento, lo stesso Tex è pieno di storie del genere), ma perché a mio personalissimo avviso, e per quanto possa apparire paradossale, conferisce alla storia un'atmosfera meno prevedibile ma, forse proprio per questo, ancora più tetra ed inquietante. Azzeccatissima a tal proposito, del resto, la scelta di affidare i disegni ad un disegnatore come Bocci, forgiato da anni di militanza su un fumetto horror come Dampyr, dove negli anni ho imparato ad apprezzarne il tratto dal forte sapore gotico ed "esoterico". La vicenda, per come è stata illustrata nelle pagine del primo albo, mi ha vagamente ricordato - sia pure con le dovute proporzioni e differenziazioni - avventure epocali quali Il signore dell'abisso e I Figli della notte: del resto, il modo di agire degli antagonisti, la strega Eztli ed i suoi fedelissimi Ikal e Kabil, è comunque a me parso assai simile a quello degli avversari incontrati in quelle due memorabili storie, ostinati e spietati nel portare avanti progetti di rinascita delle antichissime culture di cui sono a diverso titolo rappresentanti, progetti che comprendono anche il cieco asservimento (garantito dalla paura) di gente comune che vanta tutt'altre discendenze. Interessanti anche l'amico del Morisco, il professor De La Hoya, ed il capitano Sancho dei Rurales, entrambi personaggi che almeno a mio naso sembrerebbero non contarla del tutto giusta... Ci sono tanti elementi, insomma, che rendono piacevole l'attesa della seconda ed ultima parte della storia...
  8. Bella storia targata Ruju, incardinata su uno spietato assassino assetato di vendetta nei confronti degli ex componenti di una squadra di rangers che gli avevano sbrigativamente giustiziato i fratelli. Ancor più da rimarcare, almeno dal mio punto di vista, l'ambientazione agli albori del rapporto tra Tex e Carson, con quest'ultimo a fare da mentore al comunque già smaliziato scugnizzo della Nueces Valley, magari non infallibili come siamo stati abituati a vederli ma comunque alle prese con un avversario tenace, ostinato e dalle sette vite, oltretutto dotato di una psicologia che a me è parsa ben più complessa di quanto può essere emerso dal limitato numero di pagine del cartonato, senza dubbio uno dei migliori dell'intera collana. Molto suggestivi anche i disegni di Guera, per quanto fa sempre un effetto curioso vedere Tex e Carson con capelli più lunghi del solito.
  9. La copertina del prossimo numero è qualcosa di eccezionale pur nella sua apparente semplicità, con Tex in primo piano e sopra di lui, inquietante e minacciosa, colei che sembra essere l'antagonista della storia. La curiosità è ovviamente moltissima, in virtù della presenza dell'elemento vampirico che mai, francamente, mi sarei aspettato di vedere apparire nella saga di Aquila della Notte, ma a tal riguardo un autore un po' fuori dai classici schemi texiani come Manfredi ed un disegnatore come Bocci, forgiato da anni di storie di Dampyr, rappresentano a mio avvsio ottime garanzie. Di conseguenza, per tutti i motivi elencati, le mie aspettative non possono che essere moderatamente elevate, direttamente proporzionali alla mia attesa di leggere questa storia.
  10. Due storie di buon livello, anche e soprattutto perché non esattamente canoniche per Tex, quindi da considerare a tutti gli effetti degne di essere state inserite nel contesto della celebrazione del settantennale. Ambientazione decisamente poco texiana, più zagoriana dato appunto l'autore (anche se, personalmente, l'avrei vista più che bene anche in Magico Vento), per la prima avventura, che ha visto Tex doversi disimpegnare in un contesto di West assai fosco, per certi versi quasi primordiale. Un villaggio sperduto, lontano da tutto, abitato da un pugno di contadini chiusi e sanguinariamente superstiziosi, vittime che sono tali sino ad un certo punto, nemici che non sono da cercare in una sola direzione: ne è venuto fuori un buon lavoro, ottimamente illustrato dai disegni di Poli, che magari in una storia di 110 pagine (non di più) avrebbe reso anche meglio. Per sua natura ancor più interessante l'esperimento della seconda storia, la prima in assoluto nella lunga saga di Tex in cui vi sia stata una storia in cui non sia comparso né lui, né in solitaria uno dei suoi abituali pards. L'onore e l'onere del protagonismo, stavolta, sono toccati al ricorrente "veterano" Gros-Jean ed all'ormai sempre più ricorrente ed affascinante Dawn. Trama decisamente semplice ed assai lineare, ma a tal riguardo sono anche io del parere che, essendone protagonista un personaggio mitico ma pur sempre semplicione come il buon Gros-Jean, una trama più arzigogolata sarebbe stata fupri luogo. Molto buoni i disegni di Font, decisamente a suo agio in storie ambientate nel Grande Nord.
  11. juanraza85

    [Tex Willer N. 01 / 04] Vivo o morto!

    Con notevole ritardo rispetto al mio solito, intervengo per dire la mia sulla conclusione della prima storia completa del giovane Tex. Il quarto ed ultimo albo non ha fatto che confermare la strabordante dinamicità e velocità dei ritmi di Tex ed in generale del contesto nel quale egli si è trovato a dover agire, nolente e molto più spesso volente. I disegni di De Angelis, anch'essi confermatisi numero dopo numero su standard decisamente elevati, hanno ben assecondato i ritmi incalzanti della vicenda, nella quale è emersa alla grande la pur giovanissima Tesah, tanto che personalmente mi è anche venuto da pensare che in un certo senso sia stato quasi un peccato che la si sia vista così poco nel corso della saga texiana. Nota di merito, infine, per il lavoro di riproposizione grafica e magari "attualizzazione" di vecchi personaggi e, soprattutto, vecchie sequenze: dal mio punto di vista, è stato un lavoro svolto in maniera egregia e, cosa ancor più importante, saggiamente inserito nel contesto della narrazione di nuove avventure, tale da fugare, o almeno credo, qualsiasi dubbio su un'eventuale opera di reboot di vecchie avventure. In altre parole, una riproposizione che ha ben accompagnato e/o ben introdotto le sospirate vicende inedite. Non possiamo, dunque, che ben sperare per le prssime storie della nuova collana.
  12. juanraza85

    [700] L'oro dei Pawnee

    La mia lettura della storia è ormai vecchia di due giorni, il che credo possa consentirmi di esprimere un giudizio più lucido, e credo proprio di poter dire di aver avuto il piacere di leggere un ottimo numero centenario, probabilmente anche migliore di due storie superlative come Uomini in fuga (n° 500) e I demoni del Nord (n°600), e senza alcun dubbio degnissimo canto del cigno delle celebrazioni per i primi 70 anni di Tex..! Trama articolata, che va ad interconnettersi con il raccoto da poco intrapreso delle avventure giovanili di Tex, saggiamente sospesa tra "passato" e "presente", in grado di mantenere il lettore incollato alle pagine per tutto il tempo della lettura. Complimenti, dunque, al soggettista/sceneggiatore: se li merita tutti !! Come sempre di altissimo livello anche i disegni di Civitelli, per quanto anche io ribadisco la mia opinione secondo cui il suo tratto, ricco di chiaroscuri e giochi di sfumature, rende assai meglio nel consueto bianco/nero, ferma restando la bravura dimostrata da Celestini nella colorazione. Voglio concludere esprimendo un augurio, o forse una speranza che a mio avviso ha ottime possibilità di dimostrarsi fondata: che i prossimi cento e più numeri di Tex riservino un gran numero di storie di almeno eguale livello alle ultime tre che abbiamo letto!!
  13. Il mio voto stavolta è andato, ancora in ordine rigorosamente decrescente, a L'ombra del Maestro (credo sia superfluo motivare la scelta), Jethro! (una storia che attendevo da tempoe non ha deluso le mie aspettative) ed infine L'ultima vendetta (storia non solo celebrativa, ma anche di un certo tenore narrativo).
  14. L'idea in sé è tutt'altro che malvagia, questo ci tengo a chiarirlo subito, tuttavia a me la trama da te proposta sembra una sorta di crossover tra I giustizieri di Vegas, che tu stesso hai citato, ed I fratelli Donegan. Fosse una sceneggiatura inedita - e soprattutto se io fossi membro del direttivo della SBE - sarebbe da pubblicare senza riserve, ma ha un sapore di roba già vista...
  15. Il quarto albo della storia è pedissequamente giunto in edicola nella data attesa, l'ho letto tutto di un fiato e sostanzialmente non ha deluso le mie aspettative. Cercherò di dire la mia senza essere troppo rivelator, onde evitare di guastare la lettura a coloro che non avessero ancora avuto modo di effettuarla. Partirei dal finale, secondo molti deludente poiché Tex e Carson non avrebbero avuto l'onore di assestare il colpo decisivo alla vicenda, invece a parere mio i due pards hanno semplicemente fatto il 99% del lavoro, lasciando l'1% finale alla polizia i New York. Del resto, entrambi sono tipi abbastanza pragmatici da non essere troppo ansiosi di protagonismo, ed anzi hanno adeguato buonsenso per rendersi conto che l'importante è il risultato, che in questo caso era pressoché fondamentale. Sono rimasto un po' perplesso, viceversa, dal ruolo meno che marginale riservato nella lunga avventura newyorchese al simpatico Pat (fondamentale eccezione, il cazzottone che assesta nel finale al sedicente Mick Crane), tanto che col senno di poi mi sento di affermare che, probabilmente, il suo mancato inserimento non avrebbe mutato di una virgola l'andamento della vicenda. Comprendo bene l'esigenza di dare spazio a tanti personaggi di una certa importanza nell'economia della narrazione, tuttavia confinare a una decina di pagine su 440 totali le apparizioni del mastino irlandese mi è sembrato quasi inutile, oltretutto considerando che l'amico mancava da circa 20 anni. Tanto valeva, forse, lasciarlo fuori da questa storia e tenerlo in caldo per un'altra in cui potesse avere più spazio. Decisamente interessante, invece, la figura di Byrnes, che anche nell'albo conclusivo mi ha confermato le impressioni che avevo tratto nei precedenti, nello specifico riguardo il rapporto instauratosi tra lui ed i pards: l'ispettore capo è un individuo fondamentalmente onesto, seppur dai modi non sempre cavallereschi (il che, se si immagina come dovevano essere i bassifondi della Grande Mela tardottocentesca, può anche starci), decisamente attaccato alla poltrona ed abituato ad essere il solo gallo nel pollaio. Pur riconoscendone il valore, non è mai riuscito a fidarsi ciecamente dei due pards nei primi tre albi, sia per divergenze di opinione che per differenti approcci professionali, ed ha confermato tale atteggiamento di collaborazionismo quasi forzato anche nel quato albo. In altre parole, ritengo che sotto sotto un po' gli bruci essere stato messo quasi in secondo piano da Tex e Carson, per quanto nel finale non ha avuto problemi a riconoscerne i meriti e le capacità. Chissà, dunque, che non possa tornare buono anche lui per una ipotetica riproposizione in futuro... Riproposizione che, a quanto leggo sopra, prima o poi ci sarà certamente per Nick Castle (ed al riguardo non ho mai avuto troppi dubbi): che rimanga o meno sfigurato, se l'è comunque cavata con l'arresto ed immagino una successiva condanna al carcere, e da un carcere lui sa bene come si possa sempre evadere... Stesso discorso per la sua degna spalla Muggs.
  16. A Trieste Tex esce anche con tre giorni di anticipo ?? Però..!!!
  17. juanraza85

    Un nuovo nemico numero uno

    Credo che nella saga texiana sia già successo una volta di troppo che un nemico storico (anzi, nel caso in esame, IL NEMICO, LA NEMESI) sia stato resuscitato. Ma si trattava appunto del Nemico per antonomasia, che automaticamente sta una spanna sopra agli altri, per cui l'eccezione è comprensibile ma credo e soprattutto spero sia destinata a rimanere tale. Quanto a chi potrà celarsi sotto la maschera della Tigre, l'ipotesi di @Santana è senza dubbio la più immediata e plausibile, ma non esente dal rischio che l'eventuale "nuova" Tigre non riesca a rendere quanto Sumankan. Per cui, mi permetto di rispolverare la mia vecchia tesi secondo cui potrebbe anche trattarsi dello stesso Sumankan, che magari nella precedente avventura ha mandato a morire un sosiamo suo fanatico seguace...
  18. juanraza85

    [378/381] Guerriero Apache

    Concordo con @Barbanera: Guerriero apache non sarà un capolavoro, ma è una di quelle storie che si avvicina molto a poter essere ritenuta tale, per vari motivi. In primis, una trama tutt'altro che banale e piena di sottotrame (Tex e Carson contro Cobra Galindez, Tex e Carson contro Baker, Tex e Carson contro Maynard, Maynard contro Cochise, Cobra Galindez che traffica per non dover dividere i lingotti con nessuno dei suoi complici) che Nizzi ha saputo egregiamente orchestrare e gestire, riuscendo a far sì che queste non siano mai risultate in conflitto tra loro, né si è mai avuta l'impressione che potessero ostacolarsi a vicenda, al contrario sono risultate funzionali l'una alle altre. Scelte di sceneggiatura, quelle appena elencate, che a mio avviso hanno condotto Nizzi a creare una storia che io ho l'ardire di ritenere uno dei picchi più elevati della sua opera texiana. Mi è piaciuta molto la caratterizzazione che egli ha conferito in questa avventura al leggendario Cochise, che ne è uscito veramente come un uomo tutto di un pezzo, la cui parola è assoluta garanzia, un capo in grado di sapersi dimostrare audace o prudente a seconda delle necessità, bravissimo a non farsi mai prendere dal panico e nel saper scegliere sempre quel che è meglio per la sua gente. Una delle comparsate in cui, secondo me, il capo dei Chiricahuas meglio dimostra il suo fraterno legame con Tex. Ancor di più, però, mi ha colpito il modo in cui è stato tratteggiato il principale antagonista, Cobra Galindez: già in L'uomo con la frusta avevamo potuto constatarne l'astuzia e la pericolosità, in questa seconda apparizione direi che il personaggio, pur nella sua negatività, ha raggiunto la sua sublimazione, imbastendo un piano contortissimo ma astutissimo per servirsi di un inconsapevole Tex (il quale, a dimostrazione della sua umanissima non infallibilità, non sospetta nulla e nemmeno sospetta mai di Baker) e successivamente incastrarlo, riuscendo poi ad infinocchiare ed eliminare o far eliminare da complici inconsapevoli tutti i propri alleati (tra cui Tex e Carson, di nuovo), Baker compreso. Due aspetti, tuttavia, mi hanno lasciato qualche perplessità. Per prima cosa, la sostituzione dei lingotti con le pietre nella cripta: a parte il fatto di essere riuscito a fare tutto da solo durante la breve assenza di TUTTI i suoi hombres, è plausibile che nemmeno UNO di loro, dopo un attacco subìto dai Chiricahuas, abbia pensato di rimanere per non lasciare il villaggio sguarnito? Ma, soprattutto, mi ha lasciato perplesso ed un po' deluso la fine dell'ex guerrillero doppiogiochista: mai mi sarei aspettato che un individuo freddo, calcolatore e soprattutto concreto come lui si potesse rivelare tanto impressionabile da rimanere attonito dinanzi ad un pur raccapricciante spettacolo come un muro di teschi che gli frana addosso, al punto da vedere o credere di vedere il fantasma dell'ex complice Venustiano e morire di crepacuore. Ho già scritto altrove che si sarebbe potuto lasciarlo in vita per riproporlo in una terza storia (secondo me, la statura e la versatilità criminale del character lo avrebbero ampiamente consentito), ma se proprio era necessario farlo morire si poteva scegliere a mio parere un'altra strada.
  19. L'ambientazione è senza dubbio calzante con un romanzo di King... Restando nel campo dei fumetti, una storia impostata in tale maniera a me sembra scritta su misura per Magico Vento...
  20. Bella copertina, coerente con lo stile del Magazine. I soggetti delle due storie, dalle primissime anticipazioni sopra riportate, si direbbero interessanti, al punto che, sempre ragionando di primissimo acchitto, personalmente li troverei più che adeguati anche per la serie regolare, ovviamente previo sviluppo delle rispettive vicende su almeno un paio di albi ciascuna. I disegni di Font li conosciamo, e personalmente non mi dispiacciono, interessanti invece le due pagine postate in anteprima della storia di Poli: il livello sembra decisamente buono...
  21. juanraza85

    [700] L'oro dei Pawnee

    Sulla bellezza della copertina, impreziosita da fantastici giochi di luce, credo sia superfluo qualsiasi commento... Stesso discorso per i disegni di Civitelli, che oltretutto rispetto al recente Color sembrano caratterizzati da una colorazione di livello assai migliore (non si offenda il Maestro di Lucignano, che curò personalmente la colorazione della sua storia contenuta in quell'albo), la storia dalle poche indiscrezioni trapelate sembra promettente, degna di celebrare il numero 700. Insomma, credo si possa ben sperare...
  22. juanraza85

    Un nuovo nemico numero uno

    Sottoscrivo quasi in pieno... Il "quasi" si riferisce alle motivazioni che hai elencato: le condivido tutte, dissento in un certosenso relativamente alla vendetta. Nell'avventura in corso, Castle non sembra assolutamente coltivare vendetta nel senso stretto del termine nei confronti di Tex, questo senza alcun dubbio, tuttavia un pizzico di volontà di rivalsa nei confronti del Ranger in Castle mi è sembrto di coglierla. Una volontà di rivalsa, la sua, che io ritengo figlia della vanità del personaggio, che personalmente ribadisco di trovare interessante, e mi piacerebbe vedere all'opera in una prossima avventura...
  23. In ordine decrescente di gradimento, io ho votato Il segno di Yama, I rangers di Lost Valley e Winnipeg. Voglio precisare che non si è trattato di una scelta così facile, in quanto avrebbero meritato il mio voto almeno un altro paio delle storie di questo lotto...
  24. juanraza85

    [Tex Willer N. 01 / 04] Vivo o morto!

    Assolutamente d'accordo anche io... Già in generale sono ultrafavorevole alla maggiore attenzione possibile ai dettagli nelle storie di Tex, figuriamoci per uno degli elementi principali quale l'infinita varietà del mondo nativo. Sarebbe un peccato banalizzare e non cercare di rimarcare per quanto possibile le differenze tra tribù e tribù, ne va della qualità del prodotto che, io credo, trarrebbe solo vantaggi da una adeguata cura di tali peculiarità. Anzi, a dirla tutta, non solo la recente rivisitazione grafica di una figura pur marginale come Orso Grigio ha incontrato il mio plauso entusiastico, ma personalmente qualora si decidesse di ritoccare nella nuova serie anche Freccia Rossa - ovvero, renderlo graficamente più navajo - io sarei il primo ad approvare. Mi rendo però conto che, data l'importanza del personaggio, la cosa è di assai difficile attuazione. Me ne farò una ragione ...
  25. juanraza85

    [Tex Willer N. 01 / 04] Vivo o morto!

    A me risulta che vi fossero/siano sia i Kiowa-Apache che i Kiowa, due tribù ben distinte l'una dall'altra... Il nome Kiowa-Apache, fondamentalmente, sarebbe però frutto di una classificazione a tavolino dei bianchi: popolo di origine incerta, probabilmente di ceppo South Athapascan, chiamavano sé stessi Naishan Dene (o, secondo altee versioni, Kataka), sembrano essere un ramo del gruppo apache stanziato nelle pianure, e sarebbero stati così denominati in virtù di una loro provvisoria alleanza con i Kiowa. Ovvero, un tale di nome W. P. Clark li notò sistemati di fianco ai Kiowa in un accampamento. Invece, i Kiowa sono un popolo di origini altrettanto incerte, appartenenti al ceppo Uto-Azteco come i Comanche, cui non a caso erano considerati strettamente connessi.
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