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San Antonio Spurs

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Tutto il contenuto pubblicato da San Antonio Spurs

  1. Abbiamo invece avuto la conferma che a Kit piace guardare il mare. Finirà con il voler cambiare il nome navajo: da Piccolo Falco a Piccolo Gabbiano
  2. Ecco, sulle tavole troppo bianche e troppo vuote concordo, perché c'è un evidente squilibrio fra scene all'interno e all'esterno e queste ultime abbassano di molto il giudizio complessivo; che per me a un primo approccio non è da sufficienza. Poi, in un altro settore, sono stato praticante anche io e so quanto siano difficili i tempi dell'esordio, dunque viro verso uno stiracchiato 6. In quanto alla storia, è interessante il riferimento all'impiego della manovalanza cinese che di fatto si rivela essere di sfruttamento, così come la netta virata rispetto ai tempi in cui i cinesi erano solo infidi e malavitosi. Ma parliamo del secolo (texiano) scorso. Leggo che la si ritiene una storia interlocutoria e/o riadattata. Preferisco una breve ad una con finale affrettato e non vado molto indietro nel tempo a ricordarne qualcuna. Post Scriptum: parla solo il lettore che ammette la sua ignoranza nella gestione di certe (di certe) tematiche editoriali, ma che non rinuncia - da giornalista - alla facoltà di critica. Purché sia chiara, disposto al fatto che possa essere confutata da chi ne sa di più.
  3. Visti i primi di Candita lo metto intanto in pole position.
  4. Storia che alla fine rivela l'esistenza di molti polli, dai due Kit inverosimili fin dall'inizio agli accoliti sempre più sprovveduti di Sebastian; da qualche cappone tipo l'affarista e il generale fino allo stesso Sebastian che viene pure presentato in una simildivisa. Diverse forzature, tipo i già citati Kit in versione Enzo Maiorca e la comparsata finale e decisiva di Tex e della sua banda, puntuale e attesa come la Marcia di Radetzky al concerto di Capodanno a Vienna. Quattro albi a saliscendi controverso il primo, godibili i due centrali, scontato quello finale. Ottimi disegni, ma voto finale non superiore al sei e mezzo, come a dire, soprattutto allo sceneggiatore: bravo, ma dovrebbe impegnarsi di più. P.S. Io non avrei saputo fare di meglio, certo, ma come sostengo da tempo a un giornalista - quale io sono e non si tratta di questo caso, ma di teoria generale - oggi si concede il diritto di cronaca ma si combatte quello di critica.
  5. Il Monaco che cosa si romperà, saltando da quell'altezza? 1) Tibia 2) Femore 3) Bacino 4) Niente perchè sotto anche se non si vede c'è un telone dei pompieri o un carretto di frutta. Lo chiede uno che da meno di un metro lo scorso agosto si è frantumato il polso e ancora ci sta andando dietro e he non vuole essere polemico, perché senza quel folletto la copertina di Villa sarebbe perfetta, anche se ripetitiva rispetto alla precedente.
  6. Poi, guarda caso, il post è stato reso da altri più nascosto. Non avevo allora tutti i torti nel lamento...
  7. Insomma, se ci si lamenta perché la maggioranza non lo ha ancora letto, si può anche resistere alla tentazione di commentare subito. Io, ad esempio, vista la copertina del 725 ho qualche perplessità, ma le tengo per me ancora per qualche giorno. Siamo una comunità abbastanza coesa e che segue comunque certe regole, quella di non anticipare troppo - ripeto: troppo o troppo presto - dovrebbe essere da una parte praticata e dall'altra consigliata.
  8. Dal momento che l'albo non è ancora uscito in tutta Italia, non vedo la ragione di dover anticipare quello che è lo sviluppo della storia. La giudico un'inutile iniziativa, non assolta dalla frase "seguono spoiler", errata fin dalla declinazione del verbo.
  9. Emilia Romagna, ultima ruota del carro del Nord Est... Ahinoi. Solo per quanto riguarda la distribuzione di Tex, eh?!
  10. Ok che siete una ragione a statuto speciale ma due giorni di anticipo sul resto d'Italia... ;-)
  11. Solo una serie di appunti, momentanei, con il timore che sia stata messa troppa carne al fuoco e che la conclusione a metà del prossimo albo finisca con un'arrampicata sugli specchi. Mi appare confuso il legame fra le trame parallele della storia. C'è uno statunitense che vuole fare affari anche non del tutto corretti . C'è Montales che in Guatemala doveva già andare per i fatti suoi e che sicuramente è preso di mira dall'affarista di cui sopra e dai suoi sgherri. Incavolati perché sull'esportazione di caffè in Messico Montales ha detto "No, grazie". Per questo, viene seguito da presunti sicari cittadini. C'è un gruppo di fanatici indigeni che sanno benissimo chi è Montales e un Sebastian che pare Serse nel film "Trecento" e anziché affidarsi a sicari che lo sorvegliano adopera un poveraccio per uccidere Montales. Che, ripeto, non si è capito che cosa sia andato a fare in Guatemala. Ma questo è un dettaglio. C'è uno spocchioso generale candidato presidente, che sembra proprio non essere vicinissimo ai nativi, con i quali si fa fatica finora ad immaginare un collegamento. C'è un Tex che ovviamente sgominerà Sebastian, dopo essersi sganciato dei due Kit per aiutare il poveraccio già salvato due volte, ma... e poi?
  12. Il livello rimane alto e mi fa piacere notare come ruotino bene i comprimari, o chiamiamoli attori non protagonisti, ognuno dei quali - amici o rivali - dà un contributo importante alla storia. Tex cresce grazie ai loro aiuti o ai loro agguati e a parte l'istruzione fondamentale degli inizi da parte di Gunny Bill la sua esperienza aumenta. Cresce, si affina proprio grazie a loro. Che si chiamino Soledad o Jimmy, Rebo o Coffin, l'istruzione è esemplare. Vale anche oggi: puoi avere delle grandissime doti, ma per migliorarle devi (in)(scon) (confronta)rti con qualcuno. Ed è quello che succede nella serie Tex Willer
  13. San Antonio Spurs

    Ancora Su Tex & Zagor

    So che andremo avanti un bel po' a forza di illazioni. Il che conferma le positività del progetto: creare attesa e discussione (moderata) Fra Tex e Zagor ci sono 28 anni di differenza, quindi - ad esempio - nel 1858 Tex incontrerebbe uno Zagor più o meno della sua età nella serie mensile. Lima un annetto di qua, un annetto di là, ci sta. Se l'incontro avvenisse sulla serie dello Spirito con la Scure, ci sarebbe anche una macchina del tempo; a parti invertite penso proprio di no. E adesso mi ritiro, aspettando senza fretta: quando saranno svelati gli arcani avrò pur sempre un anno di più e non ne ho 21. Mi godo con calma tutto quello che arriverà prima.
  14. In effetti, storia che zoppica sia nel primo che nel terzo albo e che, ripeto, temo si concluda troppo in fretta nel quarto. Viene dichiarato fin da subito che i pard e Montales sono riconosciuti e identificati, poi la storia si dirama fra i pollastri di Sebastian e i complottisti nelle città; con sviluppi assai prevedibili in entrambi i casi. Aspetto la fine, immagino verso pagina 80 del numero di febbraio, per dare un voto, ma il racconto complessivo mi sta progressivamente deludendo.
  15. Volevo dire rapido declino.
  16. Storia purtroppo in raoidocelino, con molti sprechi: vedi la sparatoria da pagina 14 e l'ennesima riproposizione di una Dark Lady per Kit Willer.Temo un altro finale affrettato, perché poi i pard devono comunque ricongiungersi.
  17. Scrivo a Claudio Villa: "Una curiosità. Sulla copertina di "La negra muerte" i tre avversari di Tex hanno armi diverse: coltello, fucile e lancia. Scelta casuale o no?". Risposta: "Niente è casuale sulle copertine". E faccina sorridente. "
  18. Non ho ancora avuto tempo di leggere il terzo numero della storia, laconiche spero di colmare questa sera, però rilevo una curiosità: in copertina i tre "avversari" di Tex hanno ciascuno un'arma diversa: coltello, fucile, lancia. Chiederò a Claudio Villa su Facebook se è un caso o no.
  19. San Antonio Spurs

    [Texone N. 23] Patagonia

    Devo essere l'unico uomo al mondo a cui non piace la cioccolata (e i dolci in genere) e "Patagonia", ma da tempo me ne sono già fatto una ragione. Non infierite, ché siamo sotto le Feste ;-)
  20. San Antonio Spurs

    [Texone N. 09] La Valle Del Terrore

    Ho trovato in rete questo articolo di Luigi Bernardi, per anni editore di Magnus, in un articolo apparso sul volume celebrativo "Al servizio dell'eroe", della Punto Zero (articolo che confesso di non ricordare, anche se ho quel volume. Forse è che all'epoca non mi fece provare la perplessità di oggi, per giudizi di fatto tendenti a ridurre il capolavoro nel semplice manufatto di un grande artista). La nobile sconfitta di Magnus Amava il fumetto, Magnus. Lo si capiva da come pronunciava i nomi dei grandi eroi del passato. Gordon, per esempio, con una bellissima “o” aperta, apertissima, quasi un oblò spalancato su altri mondi che lui soltanto poteva vedere. O Gim Toro, o il Principe Valiant. Amava il fumetto, ma solo quello nel quale era impresso il sudore della fronte degli autori. Una volta litigammo perché era sconcertato dal fatto che sulla rivista Nova Express avessi pubblicato le tavole di Give me Liberty: non gli piacevano i disegni sbrigativi e un po’ volgarotti di Dave Gibbons. Io difesi il disegnatore inglese e lui mi tolse il saluto per almeno tre mesi. Ripensandoci, aveva ragione lui. Il fumetto ha bisogno di un impegno totale, fisico, dell’autore, e non soltanto di una svagata partecipazione. Anni fa, quando si cominciò a parlare di una riedizione in grande formato de La Compagnia della Forca, insistette a lungo perché il rimontaggio prevedesse come dimensione finale quella degli albi pubblicati negli anni Sessanta dai fratelli Spada, il formato di Flash Gordon e del Principe Valiant. Fu difficile convincerlo che quel tipo di pubblicazione, quasi quadrata con l’altezza di poco superiore alla base, non aveva alcun riscontro a livello europeo e che, se riedizione doveva essere, si sarebbero dovuti tenere presenti certi standard. Si convinse, ma credo ne sia restato amareggiato. Forse si era innamorato dell’idea di vedere la sua Compagnia nello stesso scaffale delle opere di Alex Raymond e di Harold Foster. E Saturnino Farandola… quante volte nel bel mezzo di un discorso tornava a quelle tavole, disegnate forse maldestramente ma proprio per questo intrise di stupefacente naiveté, da Pier Luigi De Vita, o ancora le saghe del Vittorioso, le pillole di ingenuità degli albi a striscia. Perché in Magnus l’amore per il fumetto si estendeva all’immagine, tattile, sensuale della loro pubblicazione. A un certo punto, aveva persino pensato di realizzare una sorta di Avventuroso Anni Novanta, con la ristampa dei grandi classici del passato e alcune sue storie, disegnate per l’occasione. Solo questo aspetto, questo amore storico di Magnus per il fumetto, per la classicità del fumetto, può spiegare il suo contatto con il mondo di Tex. A prescindere da questa profonda passione per i capisaldi della propria arte, non c’era infatti alcun motivo perché i due si incontrassero. Magnus è il cantore della Vita. Tex il protagonista dell’Avventura. Magnus guarda la storia (e le sue storie) dalla parte dei perdenti. Tex non può neppure concepire l’idea della sconfitta. Magnus vive e suda. Tex è solo un freddo simbolo. Ci torneremo sopra. Un aspetto poco analizzato dell’amore di Magnus per i fumetti è il profondo rispetto che ha sempre nutrito per i suoi personaggi. Quando lo contattai per convincerlo a riprendere le storie de Lo Sconosciuto per la rivista Orient Express, riuscii a vincere ogni sua perplessità accettando di pagargli un breve racconto di dieci pagine (La fata dell’improvviso risveglio, che avrebbe disegnato più tardi), nel quale descriveva l’operazione chirurgica subita dal personaggio per giustificarne la rimessa in sesto, dopo che tutti lo avevano dato per morto in seguito agli avvenimenti dell’ultimo episodio della serie tascabile. Amava gli eroi, Magnus, ma non poteva tollerare che non venissero trattati come persone comuni. Sempre a proposito de Lo Sconosciuto – una sorta di simbolo del proprio vagabondaggio spirituale – poco prima di morire aveva accettato di dare una terza vita al proprio personaggio. E non è un caso se il primo (e unico) di questi siparietti – apparso sulla rivista Comix – lo ha impiegato per regalargli un'intera collezione di denti nuovi, i vecchi andati distrutti durante l’epilogo della sua seconda esistenza, nel romanzo per immagini L’uomo che uccise Ernesto “Che” Guevara. Detto questo, si capisce che se fosse stato per lui Tex lo avrebbe disegnato con il volto e il corpo deturpati di cicatrici, ognuna a testimoniare una battaglia, una vittoria. E infatti ci aveva pensato. Ma non era soddisfatto e alla fine aveva concluso che mai avrebbe potuto scalfire il personaggio di Giovanni Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini. Tex aveva regole proprie, che bisognava accettare a priori. Molti hanno detto che a un certo punto della sua carriera, il contatto di Magnus con Tex era inevitabile: non è forse vero che prima o poi tutti i Grandi si incontrano? È probabile, e comunque così è stato. Il libro che avete fra le mani documenta questo lungo rapporto, sofferto ai limiti della consunzione. C’è però qualcosa di incomprensibile nella scelta di Magnus di realizzare un’avventura di Tex Willer: nel suo viaggio attraverso le religioni e le filosofie orientali, l’autore bolognese era giunto ad abbracciare l’idea di quanto nobile potesse essere la sconfitta, e di quanto altrettanto nobile potesse essere il raccontarla. Le femmine incantate, le Storie da Calendario, Le avventure di Giuseppe Pignata, Il Conte Notte, lo stesso Sconosciuto: tutti sconfitti, tutti dignitosi e nobili davanti al fallimento della propria esistenza, tutti animati da una umanità che solo chi perde può orgogliosamente detenere. D’altra parte, anche tutta la carriera di Magnus è all’ombra della sconfitta: è stato uno dei quattro/cinque grandi autori del secolo, ma a parte l’affetto dei lettori non gli è rimasto quasi nulla, neppure i diritti d’autore di gran parte del proprio lavoro. Personalmente, ho sempre nutrito il sospetto, qua e là avvalorato da alcune conversazioni avute nel corso del tempo, che Magnus si sia posto di fronte a Tex come i minuscoli kamikaze giapponesi di fronte al potente esercito statunitense. Come quei piloti che davano la vita per arrecare una perdita anche minima al nemico, così Magnus ha messo tutta la propria arte, la propria straordinaria capacità di disegno, per restituire una parvenza di umanità all’eroe Tex Willer (che, sia chiaro, non ha mai considerato un nemico), storicizzandolo e ambientandolo in contesti estremamente credibili. Che altro senso poteva avere tutta la fatica documentata in questo libro, se non quella di smitizzare l’eroe, farlo divenire partecipe delle cose del mondo? Poteva il piccolo Magnus infliggere ferite nel corpo di Tex? Poteva restituirgli la fiamma della vita? Poteva farlo diventare uno dei suoi personaggi scalcinati, offesi, umiliati, deperiti? No, non poteva. L’Eroe è troppo forte, troppo forte anche per il più grande. Così, il suo Tex è – appunto – una delle tante storie di Tex, e non un’opera di Magnus. Qui sta tutta la dignità di Roberto Raviola, ancora prima che del Maestro Magnus. Accettare, a un certo punto, di perdere. Non è un capolavoro, La valle del terrore, come hanno raccontato i soliti gazzettieri del fumetto. Non lo è a partire dal titolo, che riporta alla mente popolaresche narrazioni anni Cinquanta. Non lo è perché la trama è scontata. Non lo è perché alla soglia del terzo millennio l’intrattenimento non può generare capolavori. Sono già stati scritti tutti. La valle del terrore non è un’opera di Magnus. È una storia di Tex, magistralmente interpretata da Magnus. Magnus ha dato tutto se stesso a Tex. È stato sconfitto e il fato ha voluto che questa sconfitta fosse l’ultima. La più nobile.
  21. I conti fra 1857 e 1860 tornerebbero comunque, è tutto in base al mese di nascita, perché se sei nato a dicembre per quasi dodici mesi all'anagrafe risulta l'anno inferiore e noi sappiamo solo di un Tex nato nel mese di maggio 1838, senza indicazione di un giorno preciso come qualcuno, qui, ha preteso di fare in maniera arbitraria.
  22. Rivalutazione meritata de "Il dittatore dello stato libero di Bananas" :-)
  23. Non me la prendo, semmai ripeto i complimenti e i dubbi, ma fa parte di un rapporto che come ti ho detto conosco bene da tempo, quello fra chi propone e chi usufruisce di un prodotto. E ribadisco un apprezzamento forse già espresso, quello per la tua disponibilità nei confronti di noi semplici (ma a volte complicati) lettori. Che se poi siamo critici è per eccesso di amore nei confronti del mondo di Tex. Nel quale, va bene, per una volta è entrato anche la storia dedicata al fratello.
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