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Condor senza meta

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Tutto il contenuto pubblicato da Condor senza meta

  1. Ma infatti, salvo rare eccezioni, con un occhio più maturo, reputo queste storie alquanto puerili, seppur a tratti avvincenti e spesso il voto è stato influenzato da questa mia considerazione. Sia chiaro, è un pensiero soggettivo, non voglio di certo convincere nessuno. Il gotico e la magia in qualche modo lo accetto, ma un Tex che spara con la pistola a raggi, mi stona un po'. A tal punto lo facciamo pure viaggiare nel tempo e lo catapultiamo nella Guerra del Vietnam.
  2. Personalmente ritengo che le probabilità che Nizzi torni su Tex, siano pari a quelle che la storia piaccia al pard Diablero 😂
  3. Ormai è assodato che sulla regolare a Borden tocchino le storie più ambiziose o particolari. Fatto salva la maratona narrativa sui Netadahe dal sapore più classico, in rapida sequenza sono state sfornate la splendida storia sull’Erebus, l’atteso ritorno di Mefisto, che ha catalizzato sette mesi di pubblicazioni e l’esotico ritorno della Tigre Nera, personaggio di Nizzi ma molto amato dai lettori. Anche stavolta l’impegno narrativo è un particolare sequel, che riprende una delle ultime storie bonelliane con un soggetto che dire che "fa l’occhiolino alla fantascienza", è quasi riduttivo. Non ho mai nascosto il fatto di non aver mai molto apprezzato “Il mondo perduto” e nella recensione apposita cercavo di spiegarne i motivi, così come trovo la fantascienza su Tex alquanto indigesta. La brillante storia della “Valle della Luna” che Bonelli propose ai lettori molti decenni fa, rappresenta a mio avviso una piacevole eccezione, soprattutto per come l’autore la imbastì, lasciando un grosso velo di mistero che arricchiva l’atmosfera e faceva stridere meno il concetto. Tex e Carson capiscono di trovarsi di fronte un avversario strano e pericoloso, ma non hanno mai la perfetta percezione di chi possa rappresentare, a dispetto del lettore che lo capisce durante il proseguo della storia, ma così funziona: i lettori fanno un patto con l’autore accettando quella tanto nominata sospensione dell’incredulità, mentre i personaggi che animano le tavole sono sempre gli ultimi a sapere le cose, parafrasando una frase del comico Aldo Baglio in uno dei suoi film . Ma l’eccezione è valida quando rimane un unicum, se no tutto decade. Per la valutazione stavolta dovrò scindere il valore della sceneggiatura dalla texianità del soggetto. Un po’ come fatto con la maggior parte delle storie di Nolitta, finirò per assegnare un sei politico e spiego il perché. La sceneggiatura, a mio avviso, è valida. Mauro prepara con calma il terreno nei primi due albi per dare una giusta svolta nell’albo finale. La sessione d’epilogo è molto avvincente e col giusto ritmo; anche i dialoghi sono più agili del solito e il terzo albo si legge d’un fiato con l’adrenalina che scorre a fiumi. Qualche passaggio più labile c’è, vedi la presenza della sopravvissuta “fantasma” nell’antro della montagna e il quasi innocuo effetto della paurosa valanga, con Tex che riesce a scalare la parete di ghiaccio “duro come il marmo” col coltellino da stivale. Ma sono piccole scorciatoie che non inficiano eccessivamente l’esito complessivo. Se fosse stata una semplice storia di fantascienza non avrei avuto nulla da eccepire, ma trattandosi di Tex, non digerisco tanto alieni volanti, il nostro che usa l’arma a raggi manco fosse Martin Mystere, lo scienziato che vola tra le stelle e tutto il contorno. O meglio: se avessi letto da ragazzo l’episodio, molto probabilmente ne sarei rimasto entusiasta visto le emozioni che comunque mi ha donato, ma l’eccessiva commistione di generi oggi la gradisco poco. Spero di rivedere presto sulla regolare Borden alle prese con storie prettamente western e cazzute come “La mano del morto” (non a caso scelta come ristampa per la collana “Le grandi storie”). Ma questa è una considerazione puramente soggettiva. Sotto l’aspetto grafico, Bocci promosso senza eccessive riserve. Tavole molto curate, dei tratteggi splendidi, così come sono splendidi i suoi sfondi naturali. Personalmente sono rimasto estasiato dai suoi paesaggi innevati e dai contrasti che rendono esemplari le tavole. Si può migliorare un tantino sulle fisionomie dei nostri e la leggibilità di alcune vignette, dove l’eccessiva dovizia di particolari rappresenta un peso per l’occhio del lettore. Se l’artista sintetizza un po’ le scene dinamiche, rendendole più snelle e immediate all’occhio, raggiunge un livello eccelso. Grande acquisto comunque per la collana. Il mio voto finale è 6
  4. E in redazione si mandavano le lettere, una pratica che oggi ci pare assurda, ma in passato molto diffusa. Anch'io da ragazzino ne scrissi alcune ed era una grande soddisfazione ricevere la risposta firmata di pugno da Sergio in persona. Proprio in una di queste, quando chiesi alcune curiosità inerenti la tecnica della sceneggiatura, Sergio citò "Caccia all'uomo" poiché era consapevole che il suo stile divideva le platee.
  5. La qualità delle storie, a mio avviso, è il fulcro su cui ruota il discorso del crollo delle vendite. "Crollo", non "calo", poichè il calo è fisiologico e graduale e risente delle componenti esterne quali variazioni sociali, di attrazioni diverse e crisi della lettura generale. Ma se una testata crolla di botto, evidentemente qualcosa ha allontanato i lettori o spostati su altri lidi e di solito questo dipende da cause interne, quali calo qualitativo, crisi compositiva degli autori o scadenza di contenuti. Conoscendo o meno il nome dell'autore sul tamburino, l'apporto di Sergio nei tardi anni '70 e primi anni '80 diede una svolta involutiva al personaggio (non dico che le sue storie fossero brutte, ma tradivano del tutto la caratterizzazione del personaggio). Magari in molti apprezzarono questo stile diverso, ma chi era abituato alle vulcaniche sceneggiature del padre, non mi sorprendo che finì con declinare l'acquisto (se avessi vissuto da lettore quegli anni, credo proprio che anch'io l'avrei fatto). Anche Bonelli non era più ai suoi livelli migliori e storie come la Foresta Pietrificata o Yama, non inducevano a risollevare l'umore. Proprio in questa ottica l'arrivo di Nizzi, più manierista e capace di imitare meglio (almeno all'inizio) lo stile di Bonelli senior, contribuì a una boccata d'ossigeno per i lettori. Anche Nizzi come Nolitta, non vide scritto il suo nome sul tamburino, quindi come si spiega che col secondo le vendite crollarono e con l'autore di Fiumalbo si stabilizzarono? Anche se non venisse specificato, credete che un appassionato non riconosca un assolo di un turnista poco ispirato al posto di Gilmour in un brano dei Pink Floyd? Ma dai, mi si permetta ma alcune tesi sono aria fritta.
  6. Non volendo entrare in merito sulla questione del calo di vendite a colpa di Nolitta, poichè non ho le conoscenze adatte dei numeri per farlo, però credo che per una buona fetta di lettori non servì l'assenza del nome sul tamburino dell'autore per comprendere che sotto la storia ci fosse una mano diversa. Onestamente lo stile di Sergio era molto diverso da quello dal padre per non destare sospetti, quindi, anche ammettendo che parecchi lettori non diedero peso, altri agirono in modo diverso. Lo stesso fatto che Sergio avesse voluto "bleffare" nascondendo il suo nome, denota a mio avviso una grande insicurezza sull'eventuale impatto sulla platea.
  7. Le storie del periodo in questione, che sto affrontando durante questa mia rilettura, alternano con discreta frequenza tematiche western più classiche con spunti davvero inusuali e fantasiosi. Ancora non si erano spenti del tutto gli echi della magia di Mefisto o il particolare incontro con gli abitanti medioevali della Città dell'Oro, che ecco fare apparizione sulla serie niente poco di meno che i dinosauri. Durante la lettura pensavo che episodi simili hanno una particolarità definibile: letti da ragazzino ti appassionano a tal punto da lasciare il segno, ma rivisti a un'età più matura, continuano ad appassionare per via dell'ottima tensione narrativa della sceneggiatura, ma denotano un pizzico di puerilità nel soggetto. Poco male in fondo, poichè la fantasia è il carburante imprescindibile per una saga seriale come Tex, ma per accettare la presenza di un'intera colonia di dinosauri e uomini primitivi, nelle cavità del Grand Canyon occorre davvero una dose abbondante di "sospensione d'incredulità". Considerazioni a parte, Bonelli è davvero bravissimo a creare suspance con il suo racconto. La misteriosa presenza dell'affascinante strega Ma-Shai che soggioga con la superstizione gli stregoni indiani e si avvale del grandissimo potere dei fiori estratti dall'abisso, appassiona il lettore e rappresenta una sorta di preludio a ciò che sarà Mitla nella più celebre storia del Diablero. Molto a impatto pure la scena in cui la strega, morta a causa di un morso di crotalo, si ritrova di colpo invecchiata, evidentemente Bonelli si fece ispirare dal Dorian Grey celeberrimo del romanzo di Wilde. Certamente è il proseguo della storia a caratterizzare il soggetto fantasioso dell'autore, visto che l'odissea nel mondo dell'abisso è davvero molto serrata e tiene il lettore col fiato sospeso striscia dopo striscia. La maestria compositiva di Bonelli rende davvero avvincente uno spunto totalmente inadatto su Tex e sebbene non arrivi a pareggiare l'episodio della Citta dell'Oro, l'esito è soddisfacente. E lo dice il sottoscritto che di solito ama poco simili contaminazioni sulla saga. La consueta distruzione di questo universo alternativo è il metodo che permette ai nostri di tornare a infilare il varco dimensionale e ritrovarsi nel west ottocentesco, ma dopo la bella adrenalina accumulata durante la lettura, si accetta questo epilogo reciclato, ma pur sempre efficace. Merito pure a Galep per aver tratteggiato con buona dovizia gli animaletti preistorici e aver accompagnato col consueto estro e dinamismo, il tornado di fantasia dello sceneggiatore. Chiudo dicendo, che nonostante preferisca trame più classiche o quantomeno più plausibili, la lettura di storie un tantino ingenue come questa, ma sceneggiate con piglio e talento, non mi disturbano poi più di tanto. Il mio voto finale è 7
  8. Condor senza meta

    [Texone N. 04] Piombo Rovente

    Zaniboni era comunque abituato su Diabolik a fare solo le matite. Passava ad altri poi le informazioni per le chine e le retinature.
  9. Condor senza meta

    [Texone N. 04] Piombo Rovente

    In effetti non era affatto male l'idea di una ristampa con le tavole a matita originali. Il metodo di realizzazione di questo texone mi ha sempre incuriosito e son certo che, con l'ipotesi di proposta di Diablero, le qualità grafiche del disegnatore sarebbero state valorizzate maggiormente rispetto alla stampa di allora.
  10. Infatti, devo ammettere che l'episodio mi ha colpito tantissimo anche per la grande capacità di Bonelli di coinvolgere il lettore e trascinarlo tra le scoppiettanti pieghe della trama. Un ritmo perfetto, azione e strategia ben bilanciate e il consueto Tex che buca la pagina e coinvolge. Anche l'albetto senza i pards è comunque carico di pathos e la trovata dell'orripilante macchina della tortura (con nome poetico ma così paurosa da indurre pure don Manuel a fare cessare il supplizio) una nota di gran classe. Non eravamo ancora giunti in quello che viene definito periodo d'oro Bonelliano, ma ormai l'autore aveva raggiunto un livello compositivo straordinario. Poi che dialoghi strepitosi: asciutti, azzeccati, avvincenti, ironici.
  11. Ho letto questa brillante storia qualche settimana fa, purtroppo la mancanza di tempo non mi ha permesso di stendere a caldo le mie positive impressioni e mi ritrovo a doverlo fare adesso, a mente molto fredda. Ne andrà, desumo, della qualità dell'intervento, ma ci tengo comunque a scriverlo lo stesso. Di certo mi sono divertito tantissimo: Bonelli si sbizzarisce in una trama scoppiettante, dai ritmi narrativi celeri e con il quartetto di pards in grande spolvero. Ognitalvolta che il papà di Tex si cimenta con le gang cinesi è puro spettacolo e il lettore può essere certo di essere sbalzato sulla giostra del più assoluto divertimento. Parecchie trovate rendono particolare l'episodio: il ruolo di "guardaspalle" di Tiger che si renderà prezioso per far fallire le velleità di attentati degli avversari; l'agire sotto falso nome dei nostri, con Tex che rispolvererà quel "killer" indigesto a Tea Bonelli alle origini. Non male la figura di don Manuel, che spadroneggia in combutta col Bieco Drago Nero nella mafia dei saloon e del gioco di professione, ma finisce col farsi spezzare le unghia entrando in contatto con la furia dei nostri. Tex, prima si inventa proprietario di saloon e poi si diletta a chiedere il pizzo ai gambler della cittadina di Texas City nell'intento di stanare gli avversari e poterli colpire allo scoperto. Se lo sceriffo è poca cosa, e farà una brutta fine prendendosi il veleno nel pugnale destinato a Tex dalla giovane cinese, che vorrebbe vendicare il fratello e finisce con l'essere graziata dai nostri (il Tex Bonelliano ha il suo impareggiabile codice di giustizia e ciò contribuì al suo successo imho), si fa notare il vice e il gambler Nilsen, simpatico e attivo, che diviene un fedele alleato dei nostri, anche dopo averne appreso le reali identità. Ho trovato molto a effetto le terribili macchine di tortura poste nei sotterranei base della setta cinese, soprattutto ho notato il voluto contrasto tra il nome poetico "La porta delle mille felicità" e l'effettiva valenza della struttura. Paradossalmente proprio il marrchigegno di morte, aiuterà Tex e soci a sfuggire alla rocambolesca scena dell'incendio. A proposito, la striscia che porta proprio il nome "La porta delle mille felicità" non vede mai presenti nè Tex, nè i suoi pards, credo sia il primo caso del genere e quasi un unicum, di fatto anche Bonelli senior spesso allontanava la "cinepresa" da Tex per lunghi tratti, non è la sola prerogativa attuale che viene a tratti imputata al povero Borden . Molto effervescente pure il finale, ma vorrei soffermarmi sulla scena scoppiettante dell'agguato sul ponte di Galveston; sequenza che avrà pure impressionato Nizzi che la cita in una delle sue prime storie ambientata proprio da quelle parti. Galep straordinario nel dinamismo e nella resa, ma che lo dico a fare? Il mio voto finale è 8
  12. Condor senza meta

    [Texone N. 31] Capitan Jack

    Al netto di lineamenti "tozzi" molto lontani dalla consueta rappresentazione di Tex a cui siamo abituati, bisogna riconoscere che il texone di Breccia è un capolavoro grafico. L'ultima vignetta postata dal pard @Poene è il fulgido esempio. Letteralmente splendida.
  13. Condor senza meta

    [Texone N. 13] Sangue Sul Colorado

    Quasi sempre coglie il punto, ma non sempre . E' quando non lo coglie che rischia di divenire irritante, ma è ovvio che ognuno ha il suo carattere e comunicare dietro una tastiera complica le cose. Sia chiaro, sono il primo a elogiare Diablero e stimarlo, visto che è una risorsa per il Forum con il suo acume e conoscenza fumettistica, però quando esagera è giusto farlo notare. Peace and love people
  14. Caspita, brutto segno! Se anche al nord ritarda l'uscita, qui in Sicilia l'albo arriva come minino a fine maggio
  15. Storia atipica ma molto bella. Bonelli, molto ispirato, introduce la trama montando una sorta di giallo, molto carico di tensione e mistero. A tal proposito, molto ad effetto la sequenza iniziale con il nostro eroe che apprende da impauriti cowboy la paurosa storia del tagliatore di teste. Concordo con chi sostiene che simile scena sia stata emulata da Nizzi nella sua "Uomo serpente". Tex, in solitaria stavolta, inizia la sua breve indagine e certamente l'immagine del peloso scimmione che decapita le sua malcapitate vittime, galoppando in groppa a un cavallo e blandendo una notevole sciabola, è una trovata molto forte e d'impatto dell'autore. Contrariamente a ciò che il ranger ipotizza in primis, il killer seriale non è un Orango ammaestrato, ma "semplicemente" l'opera di un folle che usa un simile travestimento per distogliere la caccia. Aldilà della "forzata" idea di un simile travestimento, la grandezza della storia non sta nell'individuare il reale colpevole, ma nella sua introspezione psicologica, che rende lo spunto molto originale e particolare. Cosa successe in Borneo per rendere così folle il povero Barrera? In cosa consiste la voce che sente nella mente e lo induce alle maggiori nefandezze? Bonelli glissa sulle spiegazioni e, a mio avviso fa benissimo, così come rende davvero magistralmente la figura della bellissima orientale, che col suo agire si rende inquietante e buca la pagina (e che Nizzi userà come modello per la sua maiarda nel Texone di Magnus). Cosa lega Mayumba al padrone Barrera? Qual è la posizione della giovane figlia in questo spettrale quadro familiare, visto che più volte si attenta alla sua vita? Tutte domande che assillano il lettore, ma che Bonelli lascia alla libera interpretazione; uniche certezze: la consueta maestria di Tex nel risolvere la questione (con una buona dose di magnanimità nei confronti della giovane) e il fatto che si finisce quasi per compatire il povero Barrera, che almeno grazie al piombo che pone fine alla sua esistenza, si libera dell'inferno in terra in cui si è ritrovato condannato in Borneo. Episodio davvero dall'atmosfera inquietante ma che ti prende fin dalle prime pagine e ti rimane impresso nella mente. Che genio era Bonelli alla macchina da scrivere! Ottimi e altamente espressivi anche i disegni di un impeccabile Galep, che accompagna alla grande la fantasia dello sceneggiatore e tira fuori una funzionale recitazione dei suoi personaggi e rende memorabile la figura clou dell'assassino atipico con sciabola in mano, che galoppa selvaggiamente nella notte. Il mio voto finale è 8
  16. Una bella camicia di lino fresca e con fantasia hawayana, ideale contro la calura dei deserti del sud-ovest e anche il problema del "sudore" è risolto!
  17. Condor senza meta

    [44/45] Contrabbando

    Altro episodio con soggetto classicamente western, breve e senza eccessive pretese. Una sorta di riempitivo, affidato peraltro all'esordio di Muzzi, nei panni di disegnatore completo e autonomo (compreso i volti di Tex, cosa che diverrà rara nel proseguo). Bonelli riesce a colmare la debolezza dello spunto iniziale, con mestiere e maestria. Buoni i tempi di sceneggiatura, interessante la figura del tenente Corbett, così come si fanno apprezzare alcune sequenze particolari e ardite, come la "corsa della morte" per far parlare Floyd o l'eroica fine del navajo che pur di non tradire la sua presenza e mettere a rischio il piano di Tex, si lascia morire dopo il morso di crotalo evitando di accendere il fuoco per curare la ferita. Il contrabbando con i Comanches viene abilmente smantellato dall'opera di Tex e i suoi pard, in una sequela di eventi e azione che accompagna piacevolmente il lettore ma non lascia la sensazione di aver assistito a una trama memorabile. Muzzi a mio avviso se la cava meglio di Gamba in termini di resa e realismo, ma paga il confronto con l'immenso talento di Galep, davvero irrangiungibile per le sue capacità grafiche. Personalmente ho fatto spesso fatica a distinguere i personaggi, sia Tiger dagli altri navajos ma pure gli avversari barbuti, aspetto che anche in seguito caratterizzerà l'opera del disegnatore, poco incline a creare fisionomie del tutto originali. Comunque l'autore milanese, fra alti e bassi, fornirà il suo contributo per svariati anni e arriverà a far comunque parte nel ristretto staff di disegnatori attivi nel periodo d'oro della testata, fornendo i suoi pennelli a storie comunque importanti. Il mio voto finale è 6
  18. Senza entrare nell'annosa questione dell'integralismo o meno, ritengo che le modifiche apportate da Mauro nella sua versione della Mano Rossa possono pure starci nell'ottica di una serie moderna come Tex Willer. La giovane saga verosimilmente deve pure mantenere una sorta di autonomia dalla serie regolare ed è rivolta anche a un pubblico più giovane che non conosce a fondo i classici bonelliani. La mia non vuole essere una critica alla iniziativa editoriale, che finora è stata di grande spessore e qualità e anche in futuro ci proporrà spunti interessanti, ma personalmente questi inevitabili toccate nella "tappe imprescindibili" della vita di Tex (che si trasformano in parziali remake), mi appassionano poco. Gusto soggettivo ovviamente, ma preferisco di gran lunga gli episodi con soggetti inediti; ciò non toglie che continuerò ad acquistare Tex Willer, ma per quanto ben sceneggiato, all'episodio della Mano Rossa attualmente in edicola, prediligo le ariose trame ambientate in Florida o in Montana.
  19. Condor senza meta

    [44] Una Audace Rapina

    Prosegue, tra mille intervalli, la mia rilettura degli albi relativi al primo centinaio. Mi sono imbattuto in questa breve storia, che a dire il vero avevo quasi del tutto rimosso dalla memoria, che però tutto sommato intrattiene e si fa apprezzare, sebbene non trascendentale. Una sorta di "disimpegno" di Bonelli, da intervallare in mezzo alle trame più corpose e altisonanti. Una banda di rapinatori alquanto decisi e spietati, una rapina alla banca, un'immediata caccia all'uomo portata avanti dai nostri, che fortuitamente si ritrovano a riposare nella cittadina teatro dell'azione criminosa. Il soggetto è basilare e prettamente western, d'altronde dopo la precedente escursione cappa e spada e profezie varie, l'idea di riprendere i binari più classici e affini alla saga, ci sta tutta. Bonelli, di par suo, brilla in cabina di sceneggiatura e imbastisce una trama ritmata, resa ancor più vivace dalla trovata di dividere i tre pards e fargli seguire a ognuno un bandito diverso. La posse messa su dallo sceriffo, si scioglie come neve al sole e solo i tre pards, mai paghi, si prodigano al proseguimento della caccia per assicurare alla giustizia gli autori della violenta rapina. Al giorno d'oggi, autori come Mauro avrebbero inserito in mezzo ai comuni cittadini che gettano la spugna per stanchezza o mancanza di adeguato coraggio, qualche comprimario abile da dividere la scena con i protagonisti, ma allora Bonelli fece di tutto per liberarsi presto dal "contorno" di carneadi per mettere in evidenza le gesta di Tex, Carson e il giovane Kit. Mentre Tex assolve al pieno al suo compito e si permette il lusso di graziare la sua preda dopo averla sconfitta e fatta parlare, sia Carson che Kit sudano le proverbiali sette camicie e rischiano grosso sotto la dinamite degli avversari. Una sorta di iniziale "sconfitta" che l'autore riesce a non rendere umiliante, anzi che dimostra il valore degli avversari, tuttavia l'epilogo, sebbene un po' accelerato, farà in modo di ristabilire la giustizia, affidando a messere belzebù i restanti componenti della banda, falcidiati dal preciso piombo di Tex. Riassumendo, una storia minore ma valida, come tante altre del periodo. Graficamente, c'è poco da aggiungere rispetto a simili giudizi riferiti a episodi di quei tempi: Galep macina striscia su striscia senza tanti fronzoli, puntando più alla quantità, ma garantendo comunque una qualità consona alla pubblicazione, forte ormai di un ben congegnato stile e acquisita esperienza. Leggo che in questi episodi minori Muzzi aiutava il collega chinando le matite del papà di Tex e permettendo una perfetta catena di montaggio per rispettare le scadenze e le uscite settimanali degli albetti. Il mio voto finale è 7
  20. E dire che Marcello l'aveva iniziata a disegnare la storia, ma essendo ormai in grosse difficoltà di salute, l'esito finale fu considerato non sufficiente in redazione e l'episodio affidato a Font. Purtroppo anche il talento si piega all'inesorabile legge della natura!
  21. Concordo con Lety, l'assenza di Mauro si fa sentire parecchio sul Forum. Il fatto che ci legga è già qualcosa, evidentemente il legame col sito c'è ancora e lo stacco non è stato totale. Confido che prima o poi possa tornare ad arricchire con la sua graditissima presenza la nostra comunità virtuale. P.s. @Carlo Monnicontinua a fare da tramite e riferiscigli che ci manca e di ripensanrci, lo aspettiamo a braccia aperte!
  22. Condor senza meta

    [Maxi Tex N.33] La città che scotta

    L'unica patente che mi riconosco, è quella di guida e dire che quest'anno il giorno del mio compleanno dovrò rinnovarla. A dire il vero, mi ricordava un carabiniere che mi ha recentemente fermato in un posto di blocco, che in quei giorni mi scade pure la revisione dell'auto, quindi non c'è male come regalo l'esborso previsto. Per arrotondare sarò costretto a fare il gambler .
  23. Sono d'accordo col tuo commento Franco: i disegni di Bocci sono nettamente superiori alle ultime opere di Diso e dell'attuale Laurenti, così come sul fatto che Borden ultimamente pecchi sulla verbosità dei dialoghi in alcune sessioni narrative. L'equilibrio tra testo e disegno è indiscutibile nella scorrevolezza di un fumetto, ma la leggibilità che intendevo è quella grafica. Cerco di spiegarmi: anche una vignetta senza balloon rischia di essere poco leggibile se il soggetto principale (nell'esempio dello stampede, il manzo impazzito) viene rappresentato senza adeguato stacco con lo sfondo. L'occhio a primo impatto viene colpito dai tanti oggetti presenti nella vignetta e non focalizza subito il manzo che dovrebbe essere al centro dell'azione. Sono frazioni di secondo, ma la lettura si rallenta. In una vignetta statica e "noiosa" come un dialogo, la ricchezza di dettagli può pure essere un piacevole diversivo, ma nella dinamicità della scena, una sintesi maggiore ti aiuta a rendere più snella la sequenza. Per il resto Bocci ha finora fatto un ottimo lavoro e lo reputo uno dei disegnatori più in gamba della "giovane leva".
  24. Fermo restando la soggettività dei gusti (personalmente a differenza tua ho apprezzato nel complesso la prova di Bocci ai pennelli), concordo sull'aspetto della poca leggibilità di alcune sequenze. La ricchezza di dettagli rende molto accattivante sfondi e vignette "statiche", ma andrebbe dosata con più parsimonia nelle scene dinamiche e di azione pura. Come te, ho faticato non poco durante alcune sequenze tipo quella dello stampede: gli sfondi ricchi in queste vignette distraggono l'occhio o lo distolgono dal soggetto principale della vignetta. Bocci è un disegnatore di talento ma questo aspetto dovrebbe curarlo di più e non farsi prendere la mano dalla mania del dettaglio a tutti i costi. Questa osticità di lettura la riscontravo nel primo Mastantuono, ma il disegnatore romano pian piano ha messo a fuoco il suo stile ed è migliorato tantissimo sotto questo aspetto, son certo che può farlo benissimo pure Bocci.
  25. Dopo la prima parte più consona al genere western, Bonelli decide di virare verso un proseguo con una tematica a lui cara, ovvero la narrativa "cappa e spada". Per apprezzare l'episodio, occorre assumere abbondanti dosi di sospensione d'incredulità, visto che la presenza di un borgo medioevale nel far west è davvero una "licenza poetica" possente. Un lettore classico storce il muso, ma se ci si cala con la mente sgombra da simili pregiudizi, si finisce per rimare rapiti dalla trama, contraddistinta da traditori, ribellioni, intrighi di corte, nani subdoli, profeti dall'aria sinistra, tiranni despoti e uno sfondo particolare con castelli, ponte levatoi, armature e sciabole, degne di un romanzo di Dumas. Per una volta, Tex e Tiger sono catapultati tra le pieghe della trama e forniranno il loro contributo per appoggiare i ribelli. L'epilogo porterà all'avverarsi della profezia, con la distruzione della mitologica citta dell'oro e i due pards, sventati miracolosamente al disastro, verranno soccorsi da Kit e Carson estranei fino ad allora alla vicenda. Bonelli costruisce il suo epilogo dando l'opportunità al lettore di una seconda chiave di lettura: e se Tex e Tiger avessero solo sognato? Un'ambiguità narrativa che si fa apprezzare e fa da degno suggello a questa avventura un po' sui generis, ma comunque piacevole, resa stupendamente dai pennelli di un Galep ispirato, che dona agli scenari e ai costumi d'epoca un tocco di magia. Il mio voto finale è 7
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