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Condor senza meta

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Tutto il contenuto pubblicato da Condor senza meta

  1. Come direbbe il vecchio Carson: Se questa non è una storia con i fiocchi, mi mangio il cappello! Citazione a parte, la saga settantennale del ranger poggia il suo longevo successo su solide fondamenta, quali episodi epici e grandi autori, ma anche simili storie "minori" contribuiscono a rendere celebre la collana. G.L. Bonelli tornato saldamente in sella dopo alcuni tentennamenti, riprende seriamente le redini dell'ispirazione e sforna un episodio degno di nota. Partendo da un classico, ma sempre funzionale soggetto, l'autore cesella una sceneggiatura dinamica e divertente, che corre via spedita come un treno sopra i binari della fantasia. Merito anche di dialoghi superbi, azzeccati, divertentissimi e mai troppo verbosi, d'altronde la maestria del Bonelli nel riempire i baloons con testi esplosivi, è il suo marchio di fabbrica. Il villain di turno è l'avido banchiere Brady, un affarista senza scrupoli che pur di far soldi, ingannerebbe pure il diavolo; un autentico vampiro al cui confronto il famigerato Conte Dracula è un povero vegetariano. Il piano di impossessarsi della miniera di Walcott, destabilizzandola con numerosi furti e sfruttando il fratello del proprietario minerario, strozzato dai debiti di gioco, è degno di un infido verme della sua risma. Solo la brillante azione dei quattro pards, in forma smagliante, farà in modo che torni a trionfare la giustizia. L'episodio è zeppo di scene memorabili come la scoppiettante e divertente scazzottata nel saloon contro Bill "manico di scopa" Reno, o la brillante idea di far assoldare Kit e Tiger dalla banda per eliminare i due presunti "esperti di esplosivi" Tex e Carson. Molto ben caratterizzata è la personalità dello stalliere Pop, un furbastro di quattro cotte che si rivela un valido alleato nella indagine, così come si rendono preziose le informazioni del vecchio pescatore, che plausibilmente con i suoi sensi di risentimento, mette i due pards sulla giusta strada, dipingendo il quadro chiaro su Brady. Uniche due note stonate a mio avviso, in primis la leggerezza di Horan che indossa il sigillo sottratto alla sua vittima, azione degna da essere premiata con la targa "L'imbecille dell'anno" e la sequenza finale sulla casa del fiume, molto avvincente, ma non del tutto originale e troppo simile ad altre situazioni già viste sulla saga. Pure il duello finale fra le due anime nere che si uccideranno a vicenda, suona come un epilogo troppo scontato e già visto. Ottima la gestione dei quattro pards, soprattutto i due Kit, con un Carson molto propositivo e acuto e il piccolo Willer molto deciso e intraprendente. Buoni i disegni di Galep, tranne qualche sbavatura nel finale. A tal proposito, come non menzionare la splendida inquadratura della copertina dell'albo "L'aquila e la folgore" a cui fa da contrappasso la bruttissima ultima vignetta dell'episodio, che sembra essere stata disegnata da un'altra mano o da un Galep dopo una bottiglia di Chianti. Il mio voto finale è 8
  2. Il Carson di Nizzi agli inizi era una "spalla" brillante e molto ironica. Di certo non paragonabile alla caratterizzazione originale di G.L. Bonelli, ma decisamente più valida e centrale rispetto all'opaca rappresentazione data da Nolitta, che spesso e volentieri lo lasciava fuori dalle sue storie (sacrilegio a mio avviso!). Purtroppo col calo creativo di Nizzi nei tardi anni '90, anche il suo Carson ha perso spessore e mordente. Però non mancano episodi in cui il valore e la lealtà del Carson nizziano raggiunge cime altissime, come in "Appuntamento con la morte" per farne un esempio. Come non essere d'accordo con Barbanera in merito agli splendidi dialoghi con spassosi battibecchi tra i due pards: una solida amicizia fraterna, che trasuda pagina dopo pagina, rendendoli una coppia affiatatissima e amata agli occhi di molti lettori della mia generazione, che si sono affacciati nell'universo texiano nei lontani anni '80.
  3. Il Tex di Nolitta non mi ha mai tanto entusiasmato a essere sinceri. Alcune storie sono piacevoli e ben strutturate, ma a mio avviso hanno il "piccolo" (per usare un eufemismo) difetto, di essere ciò di più distante possa esistere dalla caratterizzazione del personaggio creata dall'illustre padre.
  4. Su questo episodio si è già detto quasi tutto, tuttavia proverò anch'io a dire la mia, basandomi sui disordinati ricordi delle mie passate letture. Le storie ambientate nel grande nord hanno sempre il loro fascino, poi se illustrate da Fusco (vero maestro in simili ambientazioni) assumono ancora più valore. Nolitta per l'occasione, opta per un soggetto davvero notevole e fin dall'incipit si riscontrano tutte le premesse per un possibile capolavoro. La rivolta indiana, la figura del "profeta" Roger Goudret, lo scontro contro le giubbe rosse, canaglie ben caratterizzate come "Big Bear", in pratica lo sceneggiatore sfoggia sulla scacchiera pedine importanti per dare lo scacco matto al lettore esigente, purtroppo sul più bello, dopo aver messo molta carne sanguinolenta sul fuoco, l'ingranaggio s'inceppa e il presunto capolavoro nolittiano si tramuta in una lunga storia piacevole ma a tratti "tirata per i capelli" e contraddittoria. Piccola parentesi fuori contesto: anche il sottoscritto ha notato delle somiglianze del "Profeta" con John Lennon, ma da appassionato di rock progressive, mi piace credere che Sergio abbia voluto omaggiare David Jackson dei Van Der Graaf Generator! Scusandomi per la breve divagazione, torno alla storia. A mio avviso l'epicità non manca, però la lentezza della sceneggiatura influisce parecchio nell'esito finale. Altro nodo dolente (peculiarità narrativa di Nolitta), l'assenza dei pards, sostituiti da Brandon per l'occasione , è vero, ma in una storia fiume di questo spessore, la loro mancata presenza si sente eccome. Pure la caratterizzazione di Tex convince poco: un'eroe troppo crepuscolare e verboso per non disorientare il lettore, abituato alla vulcanica verve narrativa di Bonelli padre. Poi nell'episodio, la presenza del nostro ranger è troppo ai margini e poco incisiva per i miei gusti; tolta la cattura di Big Bear sul finale (nata da una forzatura che descriverò in seguito) la sua azione risolutiva è quasi impalpabile. Suona come una palese incongruenza l'abbandono della rivolta degli indiani dopo la morte del profeta, più che una rivolta sembra un castello di carte che viene giù facilmente sotto un soffio e poi reputo illogica la caratterizzazione di Donovan. Dovrebbe essere un patriota ribelle, ma non si indigna dinanzi agli eccidi e le imboscate ai danni dei suoi ex commilitoni, opera di volgari assassini suoi complici. Sembrerebbe una canaglia, ma di colpo (ecco la forzatura sopra citata) libera Tex e Jim dal palo della tortura in nome di chissà quale conversione interiore, che puzza tanto di stratagemma dello sceneggiatore per mettere una pezza dopo aver troppo a lungo tenuto fuori dai giochi i protagonisti. Tirando le somme per non tediare oltre: l'episodio presenta molte luci e ombre (oltre alcuni passaggi a vuoto), ma si riscatta con scene degne di nota e personaggi ben riusciti come il simpaticissimo scout Soubrette. Pazienza se Tex nelle mani di Nolitta "indossa la casacca rossa e afferra la scure", storie come i "Ribelli del Canada", con tutte le loro controindicazioni, rimangono comunque delle piacevoli letture. Concludo, con il mio apprezzamento ai disegni di Fusco, che tra le numerose tavole realizzate nell'episodio, mostra grandi progressi grafici e comincia ad affinare il suo inconfondibile stile personale. Il mio voto finale è 7
  5. "Il buon giorno si vede dal mattino" avranno pensato i lettori all'uscita di questo memorabile episodio, che lasciava presagire un ulteriore centinaio ricco di perle compositive e all'altezza del glorioso che lo aveva preceduto. Purtroppo, col senno di poi, possiamo sostenere che non fu esattamente così e il fisiologico calo d'ispirazione di Bonelli padre, non sempre sostituito degnamente dal figlio alla stesura dei testi, contribuirà a rendere altalenante la sequenza di albi del terzo centinaio. Sorvolando su simile premessa, torniamo all'albo in questione e di certo non posso esimermi di unirmi al coro unanime di coloro che definiscono "L'Oro del Colorado" un piccolo gioiello della saga. Le mire, di loschi individui senza scrupoli, all'oro dei Navajos, non rappresentano di certo una novità nella serie, ma l'estrema perfidia della banda di Benson, che senza minima remora stermina la popolazione di un pueblo a suon di dinamite, solo per rapire Moqui e farsi condurre al giacimento aurifero, scuote il petto come un pugno. Ancor più sdegno provoca il ricatto che deve subire il povero indiano, costretto a filare dritto per non assistere alla violenza carnale (e peggio!) della giovane moglie, rapita insieme a lui dal luogo dell'ignobile sterminio. Convinto di aver il coltello dalla parte del manico, il perfido Benson ignora che presto il castigo di "Aquila della Notte" ricadrà sulle sue infide malefatte. Avvisato da un sopravvissuto all'eccidio, Tex si mobiliterà con estrema celerità per mettersi sulla pista della vendetta. Mentre i suoi Navajos, condotti da un brillante Tiger, talloneranno la banda di assassini, il ranger in compagnia di Carson e il figlio, navigheranno le tumultuose correnti del Colorado per anticipare il nemico e chiuderlo in una attanagliante morsa senza scampo. Proprio le scene sul Colorado rappresentano il punto forte dell'episodio: tanta adrenalina, azione e un Carson spassoso e ironico all'ennesima potenza. Anche l'epilogo lascia il segno; la scelta di Tex di affidare i restanti componenti della banda al loro destino, su una canoa senza pagaie lungo le infernali rapide, è di una classe narrativa sopraffina. Superfluo aggiungere che i disegni splendidi di Ticci sono un valore aggiunto alla storia: la sequenza fluviale è da apoteosi visiva! Il mio voto finale è 9
  6. Ricordo che da ragazzino, l'uscita dell'albo celebrativo del centenario a colori era per me un evento tanto atteso, che mi induceva a calcolare sui calendari quanto tempo occorreva aspettare per l'uscita in edicola. Per ragioni anagrafiche, il primo inedito "multicolor" che acquistai fu il 400, ma i tre albi celebrativi precedenti, li recuperai prontamente con le varie ristampe. Oggi con le numerose proposte cromatiche del nostro ranger che affiancano periodicamente la serie regolare, quei tempi in cui ci si emozionava dinanzi le vignette colorate sembrano un lontano ricordo e sebbene la colorazione odierna sia di gran lunga migliorata rispetto ad allora, secondo me si è persa quella specie di "magia". Oltretutto capita spesso che il dover condensare un intero episodio in un solo albo, non permetta allo sceneggiatore di ricavare una prova degna della ricorrenza e la delusione in questi casi è sempre dietro l'angolo. L'Idolo di cristallo, a mio avviso, rappresenta uno dei migliori albi centenari pubblicati, anche se di certo faticherei a definirlo un capolavoro. G.L. Bonelli per l'occasione rispolverò gli odiati Hualpai (popolo che allo sceneggiatore doveva proprio stare sulla pancia, visto che nelle sue storie non fanno altro che rapire squaw, rubare idoli e subire batoste da Tex!) per imbastire un albo dal ritmo serrato e caratterizzato da molta azione e miriadi di "BANG BANG". Inutile ammettere che risulta alquanto ripetitivo lo schema di narrazione, che porta Tex e i suoi pard a mettersi sulle tracce dei predoni rossi, recuperare il maltolto e punirli severamente. A differenza della storia precedente con gli Hualpai antagonisti, stavolta i pards agiscono da soli senza i Navajos di supporto e ciò li costringe a una fuga finale molto avventurosa lunga il ponte fatiscente sospeso sulla profonda gola. Soggetto come già detto molto povero e ripetitivo, ma riabilitato da una sceneggiatura piacevole e discreti dialoghi. Molto espressivi i disegni di Galleppini, ancor più esaltati da un'intensa colorazione che, oggi risulta datata, ma conserva un arcano fascino ai miei occhi nostalgici. Il mio voto finale è 7
  7. Condor senza meta

    [199] A Sud Di Nogales

    Con l'approssimarsi del numero celebrativo del centinaio, Bonelli, armandosi di "forbici e filo", confezionò un episodio dalla giusta taglia per entrare nel ridotto numero di pagine a disposizione. L'esito finale fu alquanto apprezzabile, sebbene risenta, come ovvio, del poco spazio. Il soggetto molto scarno, viene comunque valorizzato da una discreta sceneggiatura e molta azione, nella migliore tradizione western e texiana. Brillanti i dialoghi e la gestione dei quattro pards, che riescono a ritagliarsi una buona parte nelle poche pagine della storia. Pure ben congegnato appare il piano di Slade, con la trovata di ingannare gli inseguitori e far perdere le tracce del settimo bandito nel fiume, per mandarlo a Douglas in cerca di rinforzi per l'agguato alla vecchia miniera di Sulphur Springs. Tuttavia, a parte questa idea, gli antagonisti non danno mai l'impressione di grande consistenza e anche quando sembrano riuscire nell'intento di mettere in difficoltà i nostri, arriva con tempismo la cavalleria a togliere le castagne dal fuoco. Proprio l'epilogo, a mio avviso, molte volte visto in altre avventure, delude un po' le aspettative e lascia quella convinzione che si potesse escogitare qualcosa di diverso per chiudere la prova. Sempre più eleganti ed espressivi i disegni del maestro Ticci; esemplari per chiarezza e pulizia di stile, contraddistinti da magistrali contrasti fra bianco e nero e alcune inquadrature spettacolari. Il mio voto finale è 7
  8. In un altro post, avevo auspicato il ritorno di due personaggi a me cari. Di conseguenza, perchè non proporli in questo simpatico gioco? Laredo ha lasciato l’esercito e, dopo aver acquistato un ranch nella vallata del Pecos, si è trasferito in New Messico in compagnia della moglie Liz. Dopo anni di silenzio, giunge alla riserva un telegramma di Quincannon che esorta Tex ad aiutare il comune amico, detenuto in prigione con l’accusa di duplice omicidio. I quattro pards, raggiunto il villaggio di Roswell, apprendono pure della scomparsa di Liz e del figlioletto e intraprendono le indagini. Sicuri dell’innocenza dell’ex-scout, ma consapevoli di non poter fare affidamento sulle autorità locali (presumibilmente corrotte), decidono di farlo evadere, con l’intenzione di ritrovare insieme la moglie e dimostrarne in seguito l’innocenza. Quello che all’apparenza sembra il classico piano di un ricco e prepotente ranchero confinante, per impossessarsi delle terre del nuovo arrivato, si rivela in realtà un intrigo molto più complesso. I pards scopriranno che dietro la trappola ordita, si cela l’azione del Governatore, un potente pezzo grosso che aspira alla carica di senatore, che, venuto a conoscenza di alcuni documenti per lui compromettenti appartenuti al generale Starrett, cerca con l’ausilio del bieco Thomas Halmer (il ranchero suo complice) di impossessarsene a tutti i costi. Liz, sebbene all’oscuro della presenza di simili carte, mai rese pubbliche dal padre a causa della sua avvenuta morte durante l’indagine, viene segregata e sottoposta a ricatto e solo il tempestivo intervento di Tex e i suoi pards, riesce a salvarla insieme al piccoletto, dopo una lunga battaglia con Halmer e i suoi sgherri. Il successivo rinvenimento del segreto carteggio tra i volumi della vecchia biblioteca di famiglia, permetterà ai nostri di mandare di fronte a un giudice il potente villain e scagionare Laredo.
  9. Lilyth, Taniah, Fiore di Luna. E ci credo che nessuna donna vuole più affiancare i nostri pards: con i precedenti che si ritrovano, prima di innamorarsi di loro, occorre fare una montagna di scongiuri!
  10. Bonelli decise di riproporre Proteus per la serie regolare dopo quasi un decennio dalla sua prima apparizione. Il bandito trasformista (che a tratti sembra la riproposizione di un Diabolik nel Far West), diviene il fulco di un episodio piacevole ma non del tutto esaltante. Confesso che "Mister P greco" mi appassionava più nelle letture da ragazzo rispetto ad adesso, vuoi forse la parziale assonanza con la creatura nera delle sorelle Giussani che all'epoca leggevo assiduamente, vuoi perchè alcune forzature narrative allora non venivano colte appieno. E' vero che il fumetto è un'opera di fantasia e ci stanno le "licenze narrative" , ma alcuni passaggi sono duri da digerire oggi. Passi che un'abile trasformista si travesta in un perfetto carneade per non essere riconosciuto, ma che riesca a prendere le sembianze del celebre nemico e gabbare tutti i suoi conoscenti, rappresenta a mio avviso una forzatura notevole. Perry Drayton con le doti da imitatore di voci e cadenze che evidentemente si ritrovava, avrebbe fatto impallidire il povero Gigi Sabani. La storia tuttavia parte bene ma perde di mordente cammin facendo. Troppo presto Tex riesce a provare la sua innocenza, di conseguenza l'episodio si incanala rapidamente sulla falsa riga dell'avventura narrata dieci anni prima. L'incipiente crisi di Bonelli nei tardi anni settanta, forse si palesa proprio in questo calo di sceneggiature, che gli impedì di avvalorare anche buoni soggetti, al contrario del periodo di suo maggior splendore, quando anche se gli avessero proposto un libretto d'istruzioni di un frullatore per spunto, riusciva a tirar fuori una storia avvincente. Interessante, ma non originalissima, la lotta finale sul soffitto del treno in corsa e prevedibile l'espediente di far sparire nelle acque del fiume Proteus, tenendolo buono per una futura storia che paradossalmente Bonelli non scriverà mai. Molto efficaci i disegni di Letteri, troppo chiari per i miei gusti, ma pur sempre di spessore in quegli anni. Il mio voto finale è 7
  11. Che io sappia, in una dimensione parallela, il nostro ranger si ritrova con tre figli concepiti con tre donne diverse. Non faccio nomi per evitare spoiler alle fanfiction (se no la poliedrica Letizia potrebbe linciarmi! ), tuttavia la sua inusuale rivisitazione dell'universo texiano, è alquanto piacevole e originale
  12. Il mio voto finale alto, prova quanto anch'io sia legato a questa grande storia. Tuttavia mi sembrava doveroso, esprimere onestamente alcune mie perplessità sulla caratterizzazione "insolita" di Tex nella produzione nolittiana.
  13. Venne il giorno in cui Guido Nolitta affiancò il celebre padre nella stesura degli albi di Tex. Premetto che ho stimato molto Sergio Bonelli, sia come editore che sceneggiatore (con Zagor e Mister No si è ritagliato un'importante fetta di gloria nel pianeta fumetto), tuttavia il suo apporto nella saga del ranger, a mio avviso, ha più ombre che luci. "Caccia all'uomo" segna il suo debutto e bisogna ammettere che è davvero una grande storia, ben architettata, con risvolti psicologici notevoli e un finale intenso e coinvolgente. Peccato però che il suo Tex, non è Tex: inutile girarci intorno! Più che il classico eroe tutto d'un pezzo, pensato e caratterizzato negli anni dal padre, mostra certe sfaccettature che lo riconducono maggiormente verso la figura di un abile antieroe, pieno di dubbi e molto impulsivo. Non esistono controprove, ma dubito che, se simili sceneggiature fossero state allora proposte da un autore esterno, avrebbero ricevuto approvazione in Casa Editrice. Chiusa questa breve parentesi, che riassume il mio pensiero sull'opera nolittiana su Tex, torno alla storia in questione e ripeto che il livello complessivo è eccellente. Le peripezie lungo il viaggio che fanno ricredere Tex sulla colpevolezza di Andy "Faccia d'angelo" Wilson, rendono interessante l'episodio però al contempo storcere il naso, visto che di solito il ranger è un ottimo giudice di uomini, mentre qui prende un granchio dietro l'altro. Molto diverso pure lo stile compositivo che induce ad avere sempre il protagonista presente nel vivo della scena, con tempi di sceneggiatura decisamente dilatati, se paragonati ai ritmi tradizionali di Gian Luigi. Il colpo di scena finale con la brutale impiccagione di Andy, con la successiva vendetta contro "Hungman" Maddox e lo sceriffo tirapiedi, è d'alta classe, ma nasce su un'ulteriore leggerezza di Tex che si fa sorprendere banalmente nella stalla (snodo narrativo fondamentale per introdurre l'epilogo). Riassumendo: ottima storia se il protagonista si chiamasse "Tizio Bill" o "Zagor", ma trattandosi di Tex, non ci si può esimere di notare i molteplici paradossi e le incongruenze caratteriali, che marchieranno, fra alti e bassi, l'intera produzione nolittiana sulla collana. In crescendo i disegni di Fusco, alla sua seconda prova nella saga. Paradossi a parte: il mio voto finale è 8
  14. Le cittadine del Far West, con le loro polverose main street, affollati e fumosi saloon, operose botteghe e sfilze di costruzioni in legno, spuntate come funghi attorno le vie principali, hanno da sempre stimolato l'immaginario degli appassionati del genere e ispirato grandi opere, sia letterarie che cinematografiche. Ovviamente, tale location non poteva mancare nel fumetto western nostrano per antonomasia, tanto è vero che spesso Bonelli ha ambientato alcune delle sue sceneggiature tra quartieri cittadini, sceriffi, gambler e manigoldi vari. Non tutte, però, hanno il fascino della storia in questione e mi unisco al coro di chi sostiene che "Una stella per Tex" sia la sua migliore creazione in tal tema. Sebbene il soggetto non brilli di grande originalità, Bonelli ha il pregio di sfornare un episodio scoppiettante con Tex in grandissimo spolvero e tante trovate compositive degne di nota. Azzeccata l'idea di far accettare la stella di sceriffo al nostro eroe sotto falso nome, da qui il via ad alcune scene esilaranti quali l'ultimatum affisso fra le vie del paese, il trattamento ai due teppistelli giunti con la diligenza e non ultimo, la finta sparatoria fra i pards, atta a eliminare il bounty killer assoldato da Clebber, ovvero il villain principale del paese. Sorvolando su altre sottotrame e qualche leggerezza, si arriva alla scena finale della locomotiva kamikaze lanciata contro il saloon posto all'estremità della linea ferrata interrotta: piano davvero spericolato, ideato dal ranger per spazzare la feccia del paese e poter così permettere alla compagnia ferroviaria di riprendere i lavori. Non so a voi, ma personalmente questo epilogo esplosivo mi ha sempre favorevolmente impressionato ed evidenzia che "mostro" di fantasia fosse il grande Bonelli. Purtroppo i disegni non certo eccelsi di Muzzi, giunto alla sua ultima prova texiana, e la scarsa valorizzazione di Clebber, che alla fine si mostra un bandito poco memorabile, mi inducono ad assegnare un voto in meno alla valutazione complessiva. Il mio voto finale è 8
  15. "Nelle botti piccole, ci sta il vino buono". Episodio breve, ma scintillante. Un Bonelli rinvigorito, parte a tutta mostrandoci un classico dell'epopea western: l'assalto dei banditi lungo la via ferrata. La posse con a capo Tex, non si fa crescere l'erba sotto i piedi per scatenare la caccia ai ladri e recuperare gli ottantamila aquilotti, ma incappa in un'iniziale beffa, che avrebbe potuto spalancare la via della libertà alla banda dei malavitosi. Qui, infilatosi in un cul de sac, l'autore, per poter proseguire la narrazione, deve un po' forzare il gioco e in effetti la sosta a Willcox di Carver e soci appare un tantino illogica, tuttavia, a parte questa nota stonata, il resto della melodia composta dall'inossidabile papà di Tex è tutt'altro che inascoltabile. Bella la trovata della finta evasione per stanare il misterioso informatore e recuperare il malloppo seppellito nel villaggio disabitato di Pantan. Un Tex stratega di prim'ordine che ordisce un piano impeccabile e sebbene agisca meno del solito, contribuisce attivamente con la sua mente fine alla risoluzione del caso. Storia davvero divertente e molto scoppiettante. Ottimi i disegni di Ticci, d'altronde osare mettere in dubbio il suo immenso talento artistico, sarebbe come sostenere che la terra fosse piatta. Il mio voto finale è 8
  16. Condor senza meta

    [Tex Willer N. 0]

    I texture in Ps sono molto utili e se gestiti in maniera oculata, arricchiscono molto l'esito finale senza dar troppo l'impressione di disegno "artefatto". Nel caso specifico, si notano ma non appesantiscono troppo la tavola, quindi il lavoro è ben fatto.
  17. Condor senza meta

    [Tex Willer N. 0]

    Colorazione notevole, complimenti! Miss Letizia è una donna dalle molteplici risorse: abile e molto fantasiosa con penna e calamaio ed efficace col photoshop.
  18. La caratteristica principale di ogni recensione è la soggettività; ogni giudizio del singolo lettore è opinabile e non di rado capita che, quella che per alcuni è una storia di spessore, per altri non meriti nemmeno la sufficienza. "Fantasmi nel deserto" è la prova di questa teoria. Esaurita la premessa, mi duole dire che per il sottoscritto la storia non va oltre la mediocrità e col passare degli anni, non ho mai avvertito il desiderio di rileggerla, come invece mi succede per altri albi. Bonelli comincia a palesare un lieve calo d'ispirazione che da lì a poco autorizzerà il figlio Sergio ad affiancarlo nella stesura delle sceneggiature (con risultati alterni ma questa è un'altra storia!) Anche ammettendo che il soggetto possa essere nato da una curiosa notizia storica dell'esercito, l'ennesimo caso di popolo inusuale che si coalizza e cospira nell'ombra in suolo americano, alla lunga stufa un po'. Oltre a questa lacuna di base, l'autore stavolta non riesce come suo consueto a colmare i buchi con una sceneggiatura degna di nota, anzi tira fuori una storia alquanto noiosa, ripetitiva e prevedibile. Poca roba i Tuareg che combattono in maniera suicida, fungendo da carne di macello dinanzi i winchester dei nostri pards, a tratti sembra di trovarsi in uno di quei videogame in cui appaiono nemici dappertutto e il giocatore li stende a ripetizione. Molto stucchevole e poco convincente il finale "a tarallucci e vino" (come si suol dire dalle mie parti), che vorrebbe essere un colpo di scena, ma finisce per rivelarsi un banale epilogo a lieto fine, dopo due albi di sangue e pallottole. Una delle poche scene da ricordare, il siparietto comico di Carson con il dromedario, per il resto molta noia e una lista chilometrica di invocazioni ad Allah. Un evidente passo falso per G.L. Bonelli ma glielo si predona: è umano che anche i grandi possano errare! Nella norma i disegni di Nicolò, un professionista sempre costante e lineare, che però a volte mi sembra troppo "pulito" di tratto per essere adatto al genere western, ma, come accennato all'inizio del commento, anche in queste tipologie di considerazioni vige la regola della soggettività. Il mio voto finale è 5
  19. Durante la rilettura dei vecchi albi di Tex, mi sono imbattuto in questo episodio che avevo in parte dimenticato, vuoi per il lungo lasso di tempo trascorso dall'ultima lettura o per il fatto che realmente non mi ha mai troppo preso. Ben inteso che la storia si fa leggere, ma personalmente non rientra nel cerchio delle mie preferite. Bonelli, reduce dalla straordinaria prova precedente, dall'alto della sua conclamata abilità di sceneggiatore, riesce a ottenere il massimo risultato da uno spunto molto esile. Il soggetto, a mio avviso, è troppo povero e poco originale, ma nonostante questa non esaltante premessa, l'autore riesce a sfoderare con maestria una sceneggiatura cruda e serrata, ricca di azione, ottimi dialoghi e personaggi abbastanza caratterizzati. Alcune scene e snodi narrativi sanno troppo di già visto e la trama marcia spedita senza grandi colpi di scena. Pure l'epilogo appare molto affrettato, con i famigerati Broncos spazzati in un baleno dai quattro pards, neanche fossero sagome da tiro a segno. Concordo sulla perfetta inutilità di Verny, suppongo che lo sceneggiatore lo avesse inserito con delle idee narrative, mutate durante il proseguo della stesura dell'opera. Apprezzabili i disegni di Galep ma lievemente inferiori a prove precedenti: alcune imprecisioni e vignette tirate via, mi danno l'impressione di una certa fretta durante la realizzazione, ma nonostante ciò, siamo ancora su alti livelli. Riassumendo: episodio che a mio avviso merita la sufficienza abbondante, ma catalogabile nella lista dei riempitivi della serie. Il mio voto finale è 6
  20. Condor senza meta

    [171/175] Il Laccio Nero

    Ci sono quelle storie, dove non occorre usare tanti giri di parole per sostenere che ci si trovi al cospetto di vere e proprie gemme compositive: "Il laccio nero" rientra, senza tema di smentite, in questa categoria. Un capitolo della saga che rasenta la perfezione e che una volta letto, rimane custodito nell'imbottito bagaglio della memoria di ogni lettore. G.L. Bonelli sfodera una sceneggiatura-fiume avvincente e dal ritmo serrato. La thong cinese, retta dalla feroce quanto affascinante Ah Toy, stende i suoi silenziosi tentacoli su parecchie attività produttive della città di Frisco e non disdegna di praticare la tratta di giovani schiave, prelevate da povere famiglie nella terra d'origine. Già il soggetto si mostra alquanto interessante, ma ciò che rende esplosiva la storia è proprio la caratterizzazione degli avversari, che mostrano una notevole pericolosità. "Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare" recita un vecchio detto e Tex e la sua affiatata squadra di pards, si prodigano a confermarne la tesi. Non mi soffermerò a elencare tutte le memorabili scene che portano i nostri a sgominare la piovra cinese e distruggerne le attività di copertura, ma non posso esimermi dal menzionare il perfetto gioco di squadra e l'estrema decisione, mostrate durante le intricate indagini. Un Tex duro e impavido che varca a proprio piacimento i labili confini della legalità per ottenere giustizia e che non perde lucidità, nemmeno dopo il colpo di coda della criminosa associazione, che rapisce Carson e lo segrega tra le fogne della città. Una guerra senza esclusione di colpi, vissuta fino all'ultimo respiro; un ritmo narrativo sempre eccellente che non risente minimamente della lunghezza dell'episodio. Adattissimi poi, i disegni di Letteri, sempre a proprio agio nella rappresentazione degli orientali; suppongo che nessun altro disegnatore avrebbe valorizzato meglio l'avvincente sceneggiatura. Le sue dinamiche vignette, frutto di una notevole ispirazione artistica, fungono da ulteriore nodo di forza nell'ottimo episodio. Il mio voto finale è 10
  21. Condor senza meta

    La biografia di Tex

    Un arzillo vecchietto che non ha alcun problema a montare in sella, per andare a caccia del nipote scomparso. Mi pare di averlo letto da qualche parte.
  22. Episodio che risente un po' dell'appannamento creativo vissuto da G.L. Bonelli in quel periodo. L'autore tutto sommato riesce con mestiere a "salvare capra e cavoli", facendo leva sui suoi punti di forza: i dialoghi brillanti e la funzionale caratterizzazione dei protagonisti e dei comprimari. La vicenda di Tom Foster funge da cornice al vero soggetto della storia, ovvero la losca opera dei comancheros e il loro soffiare sul fuoco del malcontento dei nativi, per indurli alla rivolta e riempirsi le tasche con i loro sporchi traffici. Un Tex molto deciso, ben coadiuvato da un ironico Carson e il simpatico agente della Pinkerton, riesce a sventare i piani dei banditi a suon di cazzotti e polvere da sparo. Alcune scene risultano ben scritte, altri passaggi appaiono un po' forzati e già noti, come l'intervento della cavalleria durante l'assedio dei comancheros. Forse un po' troppo verbosi i dialoghi, soprattutto nella seconda parte e lento il ritmo. Tutto sommato, la sceneggiatura si mantiene accettabile e la caratterizzazione del pensiero dei nativi, rende meno amaro il rifiuto di "Capelli Gialli" a far ritorno fra la gente dalla pelle bianca, vanificando così la missione dei nostri. Nella norma la parte grafica curata da Nicolò, sebbene anche il sottoscritto concordi con chi reputa troppo ripetitive le fattezze dei suoi personaggi. Il mio voto finale è 7
  23. Sceneggiatura di ordinaria amministrazione; un riempitivo che molto probabilmente fu studiato su misura per l'esordio di Fusco sulla serie. La trama non brilla di certo per originalità, visto che l'autore, seguendo un canovaccio classico, ripesca i crudeli Hualpai e la loro sinistra tradizione dei sacrifici umani. Nel caso specifico le povere vittime immolate sull'altare sacrificale, sono giovani squaw di tribù vicine, lasciate crudelmente morire su canoe abbandonate sulle rapide di un fiume. Tex, dopo aver salvato fortuitamente l'ultima vittima prescelta, apprende la sanguinosa vicenda e si mobilità per salvare le donne rapite e punire la tribù nemica. Bonelli riesce a imbastire una sceneggiatura funzionale e leggibile, tuttavia a mio avviso, non basta un Tex molto duro e deciso, l'assedio disperato nell'attesa che i Navajos reclutati da Tiger diano manforte, il melodrammatico (ma prevedibile) sacrificio di Hanaba, per lasciare un segno molto marcato nell'immaginario del lettore: non a caso è uno di quelle storie che non sento la necessità di rileggere spesso e finisce ogni volta per essere seppellita nel sabbioso oblio della mia memoria. Accettabile (ma ancora lontano dai suoi canoni che lo renderanno una colonna portante nei decenni successivi), la prova grafica del compianto Fernando Fusco. Il suo ranger appare palesemente ancora "in cantiere" ma lo stile personale e ardito con cui tratteggia le squaw indiane, si fa alquanto apprezzare. Il mio voto finale è 6
  24. @Grande Tex ti ringrazio per l'apprezzamento.
  25. Lascio anch'io un piccolo contributo in questo interessante topic: "Il Saskatchewan è nuovamente teatro di una congiura politica, spalleggiata dalla Compagnia della Hudson’s Bay (con dietro le quinte la Francia) e da alti ufficiali delle Giubbe Rosse, atta a scatenare una rivolta che porti alla formazione di uno stato indipendente dalla corona britannica, nei territori del Nord ovest. I congiuranti favoriscono pure l’evasione di Big Bear, per riorganizzare la rivolta dei Black Foot, ideali alleati per il piano di ribellione. Jim Brandon, visto la partecipazione di alti funzionari dell’esercito nella congiura, decide di indagare in incognito, ma tradito da un suo sottoposto, cade vittima di un agguato nelle foreste nei pressi di un fiume. Richiamati in Canada da Gross-Jean, Tex e i suoi pards iniziano la loro difficile missione in cerca dell’amico e poter contrastare la congiura. Nel frattempo Jim Brandon, gravemente ferito, viene salvato e soccorso dalla bellissima Isabel Libert, la donna del duro Jack Lawson, braccio destro di Big Bear. Non riconosciuto dai nemici, Jim Brandon finge di aver perso la memoria e continua la sua indagine spacciandosi per alleato, sperando che i suoi salvatori lo portino fino alla tana di Big Bear. Durante il periodo della convalescenza, tuttavia fra il giubba rossa e l’affascinante Isabel, nasce del tenero. Dopo varie peripezie, i quattro pards si congiungono al vecchio amico e insieme, contribuiscono allo cattura di Big Bear, lo smantellamento della banda e al crollo della congiura. Durante i processi, Jim deve prendere la difficile decisione di avallare la condanna dell’amata Isabel: il cuore non vorrebbe ma il dovere glielo impone. Tuttavia, sebbene incarcerata con una pena lieve rispetto agli altri componenti della congiura, la donna potrebbe divenire un personaggio riutilizzabile in altri futuri episodi."
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